I minori - Pagina didattica di Andrea Filieri

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Che resterebbe d’altro senza Altri?
E. Lévinas
I minori
Cambiamenti afferenti i minori : differenti per fasce d’età e tipologia
 somatico : statura, peso, aspetto esteriore;
 psicologico: bisogni, capacità, abilità cognitive e
relazionali;
Excursus storico :
 Rousseau1 1700: compie un’indagine non empirica2 bensì teorica: bambino
buono per natura e responsabilità educativa dell’adulto
1
In relazione alla teoria pedagogica di Rousseau, possiamo enucleare alcuni punti chiave della sua teoria pedagogica:
(vedi il sito Giardino dei pensieri)
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Osservare i bambini. Il più grave limite della pedagogia a lui precedente e della prassi educativa del suo
tempo è che entrambe non partono dalla concreta esperienza della specificità dell'infanzia. Il bambino è
considerato solo un piccolo uomo. Al contrario Rousseau insegna - sulla base dell'osservazione - che
l'infanzia ha tratti psicologici, fisici, logici diversi da quelli dell'adulto e scientificamente identificabili. Ogni
pedagogia scientifica dovrà tenerne conto. Allo stesso tempo sottolinea che non è corretto pensare all'infanzia
solo come età di preparazione al mondo degli adulti. La vita ha le sue stagioni e nessuna ha diritti sulle altre.
L'educazione e la vita cominciano dalla nascita
Rispettare l'infanzia. È il principio di gradualità. Poiché ogni età ha le sue caratteristiche, a ogni età
corrispondono determinate finalità dell'azione educativa e metodi adeguati allo sviluppo delle facoltà, alla
situazione psicomotoria, agli interessi dei giovani.
Conoscere la mente dell'uomo. Rousseau scrive da pedagogista, ma fonda le sue teorie su un tessuto di
riflessioni filosofiche piuttosto esplicite che affondano le radici nella tradizione sei-settecentesca, ma devono
molto anche alla cultura antica (soprattutto Socrate, lo stoicismo, l'epicureismo ).
d) Formare l'uomo. Non si tratta di sviluppare delle abilità, insegnare un mestiere, comunicare ai nuovi nati
dei contenuti culturali storicamente determinati. Si tratta invece di formare l'uomo, la persona integrale. La
natura stessa ci insegna che la coscienza che forma la dignità dell'uomo è un elaborato prodotto sviluppatosi in
interazione col mondo. La pedagogia è la scienza di questo divenire della coscienza.
e) Costruire la società nuova. L'obiettivo dell'attività educativa è formare l'uomo, ma l'uomo non è un
Robinson. Non v'è infatti libertà e felicità nell'integrità della persona se non all'interno di un ambiente affettivo.
La pedagogia è dunque scienza che sfocia nella politica, nella costruzione di una società libera e felice
attraverso la formazione di coscienze libere e felici. Rousseau ritiene che l'azione educativa sia, in senso
profondo, un rapporto totale tra persone, tra coscienze diverse che legano le loro vite in un unico quadro
d'insieme. Si potrebbe addirittura dire che la formazione del più giovane non possa avvenire senza una
contemporanea autoformazione dell'adulto . Essere educatori è dunque in senso forte una scelta esistenziale, e
per questo è legata alla personalità dei singoli ed alle disposizioni individuali. Costruire una teoria pedagogica
universale è quindi compito estremamente complesso, perché qualunque tesi abbia la pretesa di valere in modo
universale deve essere definita tenendo nel debito conto le particolarità individuali. Se a questo si aggiunge che
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 1800: prime biografie infantili del comportamento filiale;
 1900: ricerche empiriche e successiva psicologia dello sviluppo;
 caratteristiche del mondo contemporaneo:
1) mancanza, a volte, di esperienza diretta col mondo infantile e conseguente creazione
di stereotipi e pregiudizi3 sul “come dovrebbe essere” del bambino senza maturare
il percorso educativo avviene all'interno di un determinato contesto storico caratterizzato da specifiche
condizioni di vita e dalle tradizioni locali , ci si rende conto che il compito di una pedagogia universale è assai
arduo
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Empirico: questo aggettivo ha i seguenti significati principali:
-
esso designa quella specie di sapere che si acquista attraverso la pratica, ossia attraverso la ripetizione e la
memoria;
esso significa “intuitivo” o “sensibile” e si dicono empirici gli elementi semplici di cui è costituita la
conoscenza sensibile o intuitiva;
esso significa o si riferisce a quella conoscenza valida, e quindi verificabile e certa, che si contrappone alla
conoscenza metafisica
in questo senso empirico si contrappone a sperimentale per indicare quell’esperienza grezza e non controllata in
opposizione all’osservazione controllata dell’esperimento
in questo senso, con empirico, ci si riferisce a qualcosa di fattuale, ad esempio un enunciato empirico si riferisce
a stati di fatto. In questo senso gli enunciati empirici non sono enunciati analitici, che esprimono semplici
rapporti concettuali o linguistici
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Il pregiudizio è un atteggiamento. Ma cos’è un Atteggiamento: in genere la definizione di atteggiamento utilizza
termini quali tendenza, risposta, modalità di risposta per spiegarne il significato. Forse però possiamo partire da
alcuni esempi per rendere più chiaro tale significato:
- ascolto un pezzo di Beethoven : mi esprimo affermando:“…Che barba”
- una persona mi offre una sigaretta ed io rispondo “non mi piace il fumo”.
Questi sono esempi di atteggiamenti in quanto ho valutato un “oggetto” del mondo sociale rispondendovi, di
conseguenza, in modo negativo o positivo. Qualsiasi persona, cosa, evento, sollecita in noi un complesso di sensazioni,
valutazioni, sentimenti, etc, che poi ci porteranno a rispondere in un determinato modo. Per essere più specifici, ogni
atteggiamento implica:
 1) convinzioni intorno ad un “oggetto” risultanti dalle nostre idee in merito: (aspetto cognitivo);
 2) emozioni provate\suscitate nei confronti dell’oggetto (cosa, persona,evento):(aspetto emotivo);
 3) tendenze ad assumere comportamenti conseguenti (aspetto conativo).
La formazione degli atteggiamenti è causata dall’ambiente familiare e sociale di appartenenza (famiglia, scuola, lavoro,
etc.), dai mezzi di comunicazione di massa, ma anche dalle proprie insicurezze, dalle proprie esperienze passate e dai
propri conflitti. L’atteggiamento non è quindi una aspettativa, una semplice credenza (semmai questa è un aspetto
implicato ), un progetto, ma una generale tendenza a valutare e rispondere ad uno stimolo. La risposta è sempre un
comportamento verbale o meno allo stimolo anche se non è detto che tale comportamento venga esibito, per timore o
altro (restrizioni sociali)
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quelle abilità adulte che consistono nel rispondere in modo adeguato ai bisogni del
minore, ivi compresa la:
 capacità di dare frustrazioni senza essere travolti dal senso
di colpa;
 abilità nell’accettare gli attacchi dei bambini in modo
consapevole e responsabile comprendendone: i bisogni, i
timori, le paure, i mancati, i desideri, le eventuali difficoltà
cognitive, la comunicazione non verbale, i non detti, etc..
 capacità di mettersi in gioco senza sprofondare nella
disistima nei casi in cui non vi sia ancora un immediato
successo delle strategie adottate per superare un problema.
2) Famiglie abbandonate nel loro compito educativo: in relazione ai nuovi cambiamenti
sociali (fam. mononucleari, distanze dalla fam. di origine) si possono determinare:
 tensioni ed insoddisafazioni della donna, lavoratrice o meno, nel nuovo ruolo di
madre a tempo pieno;
 ambivalenze : bambino amato e contemporaneamente limitante;
 difficoltà paterne nel contenere e “dare senso” ai disagi materni (se sussistono)
senza entrare in reciproco conflitto.
3) Investimento affettivo egocentrico nella scelta del figlio: le aspettative narcisistiche
dei genitori devono essere soddisfatte dall’erede senza tema di delusione. In questo
senso vengono messi in scena dei rituali (degli acquisti ad esempio) finalizzati a sancire il
ruolo attribuito al figlio o rituali cognitivi quali quelli legati all’esaltazione delle sue
supposte abilità cognitive. In questo senso il\i genitore\i non riescono a far sì che l’identità
socioaffetiva (costruzione del Sé) del minore cresca in modo armonioso ed adeguato al
contesto di pertinenza del soggetto. Il genitore si priva ,inconsciamente o meno, della
possibilità di riconoscere gli eventuali disagi e\o potenzialità del figlio determinando una
dinamica di conflitti irrisolti che si ripercuote, inevitabilmente, nella costruzione di una
relazione genitoriale matura e consapevole. Esempio: il padre\madre rifiuta di riconoscere
(negazione) un eventuale disagio relazionale del figlio ascrivendo alla comunità, scuola o
quant’ altro, la causa del disagio. Se ciò dovesse accadere nella Scuola Elementare, la
Maestra, come figura istituzionale preposta all’educazione e formazione del minore, dopo
ripetuti colloqui ed incontri informativi con i genitori (prima modalità di intervento) tesi a
determinare e risolvere la problematica descritta, può decidere come ulteriore modalità di
Intervento, (collegialmente ed unitamente al Dirigente Scolastico) di rivolgersi ai Servizi
Sociali.
4) Mass media che producono modelli irrealistici:
Bambino bello e felice come immagine desiderabile che rende più complesso il
confronto e l’adattamento ad una realtà non sempre felice. Ancora, la relazione col
minore sembra essere quasi mediata dalla presenza di beni o cose pubblicizzate che
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sole garantiscono l’essere buoni genitori. I giocattoli ed i regali possono allora
diventare, in alcuni casi, il modo per sentirsi meno in colpa verso il minore , ad
esempio per il poco tempo dedicatogli.
5) Bambini soli di fronte alla crescita:
La crescita del minore non è solo garantita dalla soddisfazione dei bisogni primari
quanto dalla possibilità di frequentare e relazionarsi con i coetanei al di fuori degli spazi
formalizzati : palestra, scuola, etc… Se il bisogno del minore in tenera età è di tipo
ludico deve sussistere la possibilità di giocare (gioco parellelo, singolo, in comunità)
con i coetanei in libera espressione. Solo con l’ interazione (reciproca azione dei
comunicanti tra loro) si dà la concreta possibilità di sviluppare le proprie potenzialità
socioaffettive. Gli strumenti informatici, sempre più presenti nella società
contemporanea, sono senz’altro fonte di potenziamento della abilità cognitive e di
sviluppo delle conoscenze sebbene non siano occasione di sviluppo delle abilità
socioaffettive.
6) Autonomia\dipendenza: questi due termini designano, in contrapposizione, le
caratteristiche\proprietà di un individuo che disponga della capacità decisionale di
determinare, per quanto possibile, il corso della sua vita: nei diversi ambiti della vita
quotidiana, un soggetto consapevole e maturo dovrebbe essere in grado di gestire il
corso degli eventi (il proprio futuro) in modo il più possibile libero da condizionamenti
(siano essi sociali familiari, culturali, affettivi). La dipendenza4, per converso, designa
quel particolare stato in cui un soggetto non è in grado di scegliere liberamente ed
autonomamente il corso della propria vita. Ovviamente, non esiste la pura autonomia
o la pura dipendenza: nessuno è veramente e totalmente autonomo. Ora, è possibile
che a livello educativo, i genitori non favoriscano, consapevolmente o meno, il
processo di crescita e dell’acquisizione progressiva dell’autonomia, continuando a
sostituirsi ai figli in alcuni compiti elementari ed alla loro portata, o
concedendo\autorizzando comportamenti ed attività che non favoriscono il generale
processo di crescita (concessione conseguente a senso di colpa). Si tratta allora di
uscire dall’ambiguità genitoriale di chiedere autonomia negandola nei fatti concreti. In
una battuta, si diventa genitori allorquando, in questo caso, si favoriscono le
potenzialità senza bloccarle in schemi mi precostituiti o stereotipati di comportamento e
contemporaneamente si pongono dei limiti alle richieste filiali senza cadere in eccessivi
sensi di colpa alleviati da concessioni inadeguate( puoi fare quello che mi hai chiesto
così sei contento ed io sto meglio).
Si badi che con questo non si vuole dare un giudizio sul come essere genitori, cosa
complessa e difficile come tutte le attività umane regolate apparentemente dalla
razionalità, ma semplicemente indicare quei comportamenti e\o atteggiamenti che, a
livello educativo (insegnamento, relazioni sociali con minori, centri educativi, etc.)
possono costituire una impasse per lo sviluppo della personalità dell’individuo.
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Si badi: la dipendenza non è un fenomeno psicologico totalmente negativo. Nel processo di innamoramento essa è
contemplata come parte integrante della relazione all’altro. Espressioni quali: “senza te morirei” non sono da
considerasi negative in quanto dipendenti, al contrario, esprimono la vera natura del rapporto amoroso che patisce
l’altro come gioia ed affettività. Tuttavia, quando in tale processo l’Altro viene idealizzato oltremodo sino a
scomparire come identità personale, quando “non faccio un passo senza di lui” può configurarsi la mancata
ristrutturazione del sé che vive solo di riflesso. E’ questo tipo di dipendenza che si dovrebbe evitare o cercare di
ridurre.
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7) Cultura5 dell’infanzia: se è vero, come è vero, che la cultura dell’infanzia è mutata
considerevolmente in questi ultimi anni allora la società nel suo complesso pone in
essere dei servizi che concretizzano tale cultura intesa come complesso di idee,
contenuti, opinioni ed atteggiamenti (e non comportamenti6), stereotipati o meno, nei
confronti del mondo del minore .La scuola può costituire un esempio di tale attuazione
dei presupposti culturali sul minore: alle volte può emergere una differenza tra le
richieste genitoriali ed il modello educativo presente nella singola realtà locale. Tale
discrepanza ha a che fare con il senso:
1) Delle regole: Insegnare ai propri figli il controllo di sé fa parte dei compiti fondamentali
di ogni genitore. Aiutare i propri figli a raggiungere l'autocontrollo significa renderli
capaci di poter "scegliere" come comportarsi nelle varie circostanze anziché divenire
preda dei propri impulsi ed emozioni. Un bambino (e un adulto) dotato di auto-controllo
è in grado, in una situazione che suscita in lui forti emozioni, di fermarsi e di valutare le
conseguenze dei comportamenti che vorrebbe mettere in atto in quel momento;
dopodiché deciderà come agire.
E' evidente come questa capacità costituisca una risorsa fondamentale nella vita di ogni
persona. Innanzitutto evita di 'mettersi nei guai' ogni qual volta ci sentiamo arrabbiati per
qualcosa - pensiamo a quante volte avremmo dovuto pagare delle gravi conseguenze se
avessimo agito seguendo soltanto l'impulso del momento - e poi semplicemente ci
permette di convivere in maniera serena con altre persone, di stabilire e mantenere dei
Cultura, una definizione sociologica: in questo ambito l’attenzione è stata rivolta a due concetti:
 la cultura di massa;
 la cultura subalterna.
Col primo termine si intende quella cultura che si rivolge a tutti , costruendosi secondo un gusto medio
tendenzialmente omogeneo, ed interessando con la sua azione suggestiva ed emozionale, i comportamenti superficiali
dell’uomo; facilitandone gli stereotipi, i luoghi comuni, i pregiudizi, senza alcuno spunto alla criticità.
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Col secondo termine si intendono o le culture locali subordinate perché hanno minor forza e limitate possibilità, pur
disponendo in molti casi di una buona organizzazione dei valori, oppure le culture emarginate o perché diverse o perché
povere, dove tuttavia è rintracciabile un sistema codificato di valori, idee, comportamenti, condivisi dagli appartenenti a
quella cultura, e trasmessi da una generazione all’altra.
Comportamento: insieme stabile di azioni e reazioni di un organismo ad una stimolazione proveniente dall’ambiente
esterno (stimolo) o dall’organismo stesso (motivazione o bisogno) il termine è stato introdotto da Watson che,
nell’intenzione di rendere la Psicologia una branca sperimentale oggettiva delle scienze naturali affermò che tale
disciplina ha come unico oggetto le manifestazioni direttamente osservabili dell’organismo e come obiettivo il
controllo del comportamento. Costitutive del comportamento sono:
 le relazioni temporali che si raccolgono intorno alla memoria senza la quale il comportamento non avrebbe il
senso della continuità (il comportamento è definito dalla durata)
 le relazioni di conoscenza . Il comportamento è un fenomeno osservabile per cui è necessario un soggetto che
compia l’osservazione ; in questo senso il comportamento può dirsi tale solo all’interno della relazione conoscitiva
tra il conoscente (soggetto) e il conosciuto (comportamento). L’ osservatore ha il compito di definire la causa del
fenomeno osservato (il comportamento è spiegato dalla causa ipotetica che lo motiva )e la sua differenziazione
rispetto ad uno standard comportamentale precedentemente definito
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 le relazioni spaziali per cui il comportamento è definito dalla mediazione che sussiste tra lo
spazio esterno (dimensioni) e quello interno ( quella cosa mi è vicina o lontana; il cielo è sopra
di me; etc.)
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legami, che altrimenti potrebbero andare distrutti ogni qualvolta qualcosa nella relazione ci
arreca disturbo.
E' stato inoltre visto che i bambini con scarse capacità di autocontrollo, da adolescenti
finiscono con il cedere facilmente alle pressioni del gruppo dei pari e possono facilmente
indulgere in comportamenti antisociali o assunzione di alcol e droghe.
Ovviamente, il primo modo in cui possiamo insegnare l'autocontrollo ai nostri figli è con
l'esempio. Se noi stessi saremo in grado di non dare in escandescenze anche nelle
situazioni più difficili, riuscire a fare una pausa, e soffermarci sulle conseguenze di nostri
eventuali comportamenti, metà del lavoro è fatto..
Ecco alcuni suggerimenti su come aiutare i nostri figli a seconda dell'età in cui si trovano.
Ovviamente il riferimento all'età è del tutto indicativo. Se è vero che la maggior parte dei
bambini raggiunge determinate capacità ad una certa età, è pur vero che ci sono dei
bambini che possono avere dei tempi diversi, che possono essere in grado di raggiungere
un determinato livello di autocontrollo un po' prima o un po' dopo la maggior parte dei
bambini. Quindi atteniamoci pure a queste indicazioni, ma ricordiamoci che ogni bambino
e unico, cerchiamo di conoscerlo e semplicemente di 'osservare' le sue reazioni ai nostri
comportamenti. Detto questo, ecco come possiamo comportarci a seconda dell'età del
bambino/ragazzo:
Fino a 2 anni. I bambini molto piccoli sperimentano frequentemente delle frustrazioni
dovute alla discrepanza tra ciò che vorrebbero fare e ciò che effettivamente sono in grado
di fare. Per questo motivo spesso appariranno irritati e potranno avere delle manifestazioni
di rabbia (piangere, urlare, battere la testa, lanciare via qualcosa che hanno nelle mani).
Con i più piccoli è opportuno usare la distrazione. E' esperienza comune che un bambino
piccolo smette facilmente di piangere o di mostrare un comportamento irritato se gli si
propone qualche stimolo piacevole che attiri la sua attenzione (un suono, un oggetto di
suo gradimento, un giochino da fare insieme). Man mano che il bambino si avvicina al
compimento del secondo anno di età è opportuno utilizzare dei brevi "time-out": si invita il
bambino a trascorrere pochi minuti in un'area a ciò designata (può essere una sedia della
cucina, un angolo della casa, il suo lettino, etc.) finché non si sia calmato. In questo modo
gli si insegna che gli scoppi d'ira hanno delle conseguenze e che è meglio trascorrere del
tempo da soli quando ci si sente particolarmente frustrati o irritati.
Dai 3 ai 5 anni. In questo periodo si può continuare ad usare il metodo del "time out",
allungando i tempi a seconda dell'età del bambino (senza superare i 5 minuti), per dargli la
possibilità di calmarsi. Per molti bambini è meglio interrompere il "time-out" non appena
sia passato lo stato di irritazione, anziché rispettare dei tempi definiti: questo può essere
un metodo molto efficace per rinforzare il raggiungimento dell'auto-controllo. A quest'età
si può anche cominciare a chiedere verbalmente ai bambini di non perdere il controllo di
sé in situazioni frustranti o difficili.
Dai 6 ai 9 anni. A 6 anni di solito i bambini cominciano a frequentare la scuola
elementare. Le regole che si incontrano alla scuola elementare in genere sono più severe
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di quelle della scuola materna e ben presto il bambino è in grado di rendersi conto delle
conseguenze di determinati comportamenti. A questa età i bambini cominciano anche a
rendersi conto che sono effettivamente in grado di controllare il proprio comportamento
ed effettuare delle scelte.
E' questo il momento di insegnare delle strategie per poterlo fare nelle maniera più
efficace. Ad esempio si può aiutare il bambino a fermarsi e pensare prima di agire,
insegnandogli a visualizzare un segnale di stop o una luce rossa. O ancora si possono
esaminare, insieme a lui, differenti modi di rispondere a determinate situazioni,
valutandone le possibili conseguenze, sia negative che positive.
Possiamo inoltre insegnargli a rilassarsi quando si trova in situazioni stressanti e che
potrebbero portare ad una perdita di controllo. Suggeriamo al bambino di fare dei respiri
profondi o di allontanarsi fisicamente da situazioni che ritiene pericolose o
particolarmente in grado di suscitare la sua emotività. Qualche bambino riesce a
calmarsi dedicandosi a qualche attività piacevole che riesca ad allontanare
temporaneamente i suoi pensieri da ciò che lo sta turbando.
Dai 10 ai 12 anni. I ragazzi di questa età sono ormai capaci di analizzare il modo in cui
pensano. E' importante incoraggiare i ragazzi a parlare delle situazioni in cui tendono a
perdere il controllo e analizzare insieme tali situazioni. Spesso le situazioni che fanno
tanto irritare i ragazzi di questa età non sono così drammatiche come a loro sembra
quando si verificano. Se li si aiuta a riflettere su quanto accaduto, sarà più facile per loro
trovare una soluzione diversa quando vi incorreranno di nuovo.
Dai 13 ai 15 anni. A questa età i ragazzi saranno capaci di controllare la maggior parte
delle loro azioni. Comunque è importante ricordare che gli adolescenti non sono
particolarmente capaci di valutare le conseguenze a lungo termine del proprio
comportamento. E' importante incoraggiare i ragazzi a sviluppare le capacità di
visualizzazione e di rilassamento per far fronte alle situazioni stressanti.
2) dei limiti;
3) delle aspettative;
4) dei bisogni e della loro soddisafazione, attuata nella realtà scolastica, a volte
contrario o comunque diverso dal senso e dalla pratica educativa familiare. Su come
poi la Scuola debba porre in essere la pratica educativa esistono ampi dibattiti di
difficile sintetizzazione. In una battuta, il senso della problematica educativa e
pedagogica7 si concentra sulla differenza istruzione\educazione secondo un ordine del
7
Etimologicamente il termine significa “arte di guidare i fanciulli”. In modo più scientifico non è facile dare una
definizione di questo termine: in sintesi ogniqualvolta si distingue la pedagogia dall’educazione si intende
sottolineare la funzione riflessiva sulla educazione da parte della Pedagogia. In questo senso non si ritiene corretto
una identificazione con la Filosofia della Pedagogia in quanto non sussisterebbero i criteri di praticità e della
concretezza tipici di questa vera e propria scienza dell’educazione. Tantomeno, appare corretto parlare di scienza
non unitaria : biologia pedagogica, psicologia pedagogica, etc.. Al contrario appare utile sottolinearne il valore
unitario in quanto è unitario l’oggetto di riferimento: - il soggetto educando . piuttosto è corretto fare presente le tre
dimensioni attraverso cui si articola la riflessione pedagogica: la dimensione teoretica (la natura dell’uomo, valori e
fini educativi), la dimensione scientifica (apertura alle altre scienze umane per individuare le caratteristiche ed i
condizionamenti dell’educando, le esigenze di un epoca, etc.), la dimensione tecnica ( metodologia pedagogica e
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7
discorso che prende in esame non solo la dimensione cognitiva dell’acquisizione dei
significati ma anche la dimensione socioaffettiva dei limiti e delle valorizzazioni delle
potenzialità sempre presenti nel discente (dietro una prova vi è sempre qualcuno che si
mette alla prova).
didattica). La presenza di queste tre dimensione è dunque la condizione stessa della scientificità della pedagogia .
Ultima ma non ultima va valutata la dimensione artistica che consente all’educatore, che si trova ad operare in un
contesto definito da norme e regole educative di carattere personale e sociale, di operare una scelta educativa che si
fonda non solo sulle tre dimensioni accennate sopra ma anche sulla fondamentale capacità innovativa ed originale di
affrontare un problema cosi come accade nella creazione o nella realizzazione di un opera d’arte.
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I bisogni8 del minore
Prima infanzia: 0\2 anni
- Fisici: alimentazione, protezione, accudimento materiale. Attraverso la soddisfazione
di tali bisogni si attua la possibilità di veicolare scambi affettivi (sensazioni corporee)
interagendo con il mondo.
- Psicologici: di affetto ed attaccamento; di rassicurazione e contenimento: secondo
Winnicot, l’holding (contenimento) definisce la capacità della madre di fungere da
contenitore delle angosce del bambino. L'holding allora indica
la capacità di
contenimento della madre sufficientemente buona, la quale sa quando intervenire,
dando cure e protezione al bambino o quando lasciare spazio al bambino per favorire il
soddisfacimento del suo bisogno innato di curiosità ed esplorazione del mondo o di gioco.
In questo senso la madre è “sufficientemente buona” quando accudisce il bambino
senza frustrarlo in modo inadeguato, quando si occupa del bambino in modo amorevole e
non meccanico e ripetitivo, riempiendo così di significato quella gestualità che da rituale
può diventare abitudine. Attraverso il soddisfacimento di tali bisogni, il bambino matura
una prima esplorazione di sé che consente il potenziamento delle abilità cognitive e
socioaffettive .
Breve excursus
Freud : Con il termine es equivalente all’id latino (esso) Freud intende proporci il primo
termine di una topica qual è la divisione es\io\super-io. L’es è l’insieme delle risorse
pulsionali\biologiche dell’individuo. Nell’es troviamo dunque quell’energia pulsionale detta
libido che presiede allo sviluppo delle fasi orale\anale in cui consiste lo sviluppo della
Bisogno: necessità di tipo materiale e non, che l’uomo sente in una progressione crescente,
correlata allo stadio di sviluppo civile e psicologico in cui si trova in quel momento. Cfr. Dizionario
di Psicologia UTET a cura di U. Galimberti.
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Motivazione: il bisogno, per sua natura, chiede di essere soddisfatto. L’individuo sente questa
spinta emotiva tesa alla soddisfazione del bisogno. Tale spinta, via via crescente, genera la
motivazione. Il passaggio all’azione per mettere in atto le modalità di soddisfacimento del
bisogno potrebbe essere così esemplificata :




sensazione di fame (bisogno primario);
aumento della sensazione di fame e conseguente sensazione di dover mangiare;
orientamento all’azione tesa al ritrovamento di qualcosa che soddisfi il bisogno;
decisone di procurarsi del cibo compatibilmente con le proprie possibilità del momento
(denaro, spostamento, comunicazione del bisogno, etc.);
 decisione di entrare in un negozio od altro con del denaro per comprare del cibo (strategia
d’azione).
In buona sostanza i punti 3,4 e 5 sono espressione della Motivazione, i punti 1 e 2 del Bisogno.
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personalità. Più determinatamente la fase orale è la prima organizzazione pre-genitale
della libido che si forma nei primissimi mesi di vita del bambino e dura
approssimativamente fino al secondo anno d’età. Parallelamente la fase anale, tra i due
ed i quattro anni, in cui il bambino raggiunge il controllo degli sfinteri, è la seconda fase di
sviluppo della libido. Successivamente, la fase fallica, ossia la terza fase dello sviluppo
libidico, si sviluppa attorno alla coppia fallico\castrato dove il soggetto in evoluzione (es:
maschietto) si distingue dall’altro sesso (femmina) per l’avere, il possedere qualcosa che
manca (assenza del fallo) nell’altro sesso a causa di una castrazione\amputazione.
Durante la fase fallica il bambino investa la sua energia libidica nei confronti della madre,
che vuole per sé. Investimento contrastato, fantasticamente, dal padre che si oppone a
tale progetto. Nasce allora l’angoscia di castrazione nel bambino che si sente frustrato nel
suo desiderio di essere amato, protetto, desiderato dalla madre nonché di possederne
totalmente l’affetto. Il risultato di questo processo è un allontanamento dall’oggetto
desiderato, la madre, e la formazione, per introiezione, del super-io ossia di quell’istanza
critica sull’io (la parte cosciente e vigile) che corrisponde alla funzione di giudice, di
autoosservazione e formazione degli ideali.
Winnicot era uno psicoanalista inglese specializzatosi successivamente in Psichiatria. Gli
aspetti principali della teoria di W. si possono condensare in una :
_ inesauribile interpretabilità dei fatti osservati a livello psicologico e clinico;
_ fiducia nella capacità di adattamento del soggetto all’ambiente;
_ tendenza del soggetto a risolvere positivamente i conflitti.
Nello specifico W. incentra i suoi intressi sul rapporto madre\bambino che costituisce il
paradigma del successivo comportamento del soggetto in età adulta (formazione del Sé,
costruzione dell’IO).
Dopo la nascita il bambino sperimenta ciò che W. chiama holding ossia il contenimento
della madre nei confronti del bambino: se la madre sarà premurosa ed attenta (empatica)
nei confronti della soddisfazione di bisogni del neonato ( di cura, alimentari, etc.), ossia
soddisferà le esigenze del bambino in modo non parziale e non ansioso, allora si potrà
instaurare una reazione positiva (adattamento progressivo) agli stimoli che il mondo
esterno (ormai differenziato dal mondo interno) esercita sull’infante. In questa delicata
fase, il bambino perde quell’onnipotenza del pensiero (Freud la chiamava processo
primario) che crea l’oggetto esterno ottenendone gratificazione e soddisfazione, per
approdare ad uno stadio in cui il bambino differenzia oramai, sebbene ancora in modo
impreciso, tra un dentro e un fuori ; un fuori abitato da oggetti cosiddetti transizionali –che
appunto rassicurano il bambino durante l’assenza della madre, mantenendo una continuità
di presenza (con la madre) rassicurante e positiva. In questa fase inizia quindi quel
delicato processo di separazione\individuazione ottenuto tramite l’oggetto transizionale
(coperta, animali di peluche, etc.) che permette, secondo W. di avviare quel delicato
processo di sviluppo cognitivo ed emozionale che conduce all’età adulta.
Spitz: psicoanalista statunitense di origine austriaca. La sua ricerca di svolse
principalmente nell'’ambito della psicologia dell’Io (approccio interdisciplinare: psicoanalisi,
etologia, etc.) privilegiando un metodo d’indagine di tipo empirico e non speculativo.
Attraverso un’osservazione controllata, analizzò direttamente lo sviluppo delle relazioni
oggettuali del bambino, sia in condizioni naturali che in situazioni controllate. Secondo S.
esistono diversi stadi evolutivi:
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- preoggettuale (o\3 mesi): non differenziazione tra mondo esterno ed interno.
Questa fase è dominata dal principio di costanza che è finalizzato al raggiungimento di
uno stato di quiete;
- oggetto precursore: (3\8) in cui il bambino comincia ad avere consapevolezza
dei cosiddetti oggetti parziali (volto\voce della madre). Questa fase è caratterizzata dalla
risposta del sorriso con la quale il bambino riconosce il volto materno ed insatura una
forma comunicativa;
- oggetto libidico: (8\15) il bambino riconosce l’oggetto nella sua unicità.Questa fase è
dominata dall’angoscia dell’ottavo mese con cui il bambino reagisce all’assenza della
madre considerata come oggetto d’amore;
- ristrutturazione del Sé: dopo i quindici mesi in cui iniziano i “no” del bambino e
l’opposizione alle richieste del mondo esterno. (tratto dal Dizionario
di Psicologia UTET).
Il bambino in questa fascia d’età, può anche accedere all’asilo nido: nati come luogo di
custodia per i figli delle lavoratrici, è solo con l'approvazione della legge n. 1044 del
6/12/1971 che gli asili nido diventano comunali, istituiti con il concorso dello Stato.
Il nido offre una serie di esperienze in spazi strutturati, dove i bambini sono aiutati dagli
educatori a:

esprimere le proprie potenzialità;

comunicare con i coetanei e gli adulti;

esplorare l'ambiente.
Sono aperti da settembre a luglio, esclusi i sabati e i festivi, con interruzioni per le vacanze
di Natale e Pasqua. La frequenza di luglio è subordinata ad una specifica richiesta da
parte dei genitori L'orario di apertura degli asili nido a tempo lungo è dalle 7,30 alle 17,30,
quello degli asili a tempo corto dalle 7,30 alle 14,30. A richiesta prolungamento fino alle
15,30 - 16,30 - 17,30 - 18,00. (ma gli orari possono variare a seconda dell'asilo nido).
In ogni asilo nido i bambini sono suddivisi in gruppi omogenei per età,:
- i piccoli (da 3 a 11 mesi), i medi (da 12 a 19 mesi);
-
i grandi (da 20 mesi in poi). Alcuni nidi non hanno bambini del gruppo piccoli.
Nello specifico, elenchiamo qui di seguito i disturbi psicologici infantili, anche se possono
essere diagnosticati da adulti
filios
11
Principali disturbi infantili:
Ritardo mentale: fuzionamento intellettivo inferiore alla media, con scarso livello di: cura
di se stessi, adattamento alla vita familiare, socializzazione ...
Disturbi dell'apprendimento: difficolta' ad imparare a parlare, ascoltare, leggere e
scrivere correttamente.
o
o
dislessia (disturbo della lettura e della scrittura)
discalculia (disturbo del calcolo)
Disturbi della comunicazione:
o
o
o
dell'espressione del linguaggio
della fonazione
balbuzie
Disturbi dello sviluppo:
o
autismo - disturbo autistico
Disturbo da deficit di attenzione e comportamento dirompente:
o
o
o
deficit attenzione e iperattivita'
disturbo della condotta
disturbo oppositivo provocatorio
Disturbi della nutrizione e dell'alimentazione:
o
o
pica
disturbo di ruminazione
Disturbi da tic:
o
disturbo di Tourette: tic motori e vocali.
Disturbi dell'evacuazione:
o
o
filios
enuresi
encopresi: evacuazione delle feci in modo ripetuto e solitamente
involontario nei vestiti o a terra.
12
Seconda infanzia
interazione
(3\5 anni): gioco9 e scoperta, autonomia, iniziativa,
In relazione alla maturata capacità di rappresentarsi il mondo, ossia di pensare ad eventi
ed oggetti in assenza dei medesimi, il bambino attua il“gioco simbolico” che consiste nel
fare finta di essere qualcuno del suo mondo (mamma, dottore, etc.) così da potenziare le
proprie abilità cognitive ed affettive, non ultime quelle abilità socioaffettive che sono messe
in atto in ordine ai conflitti e disaccordi sempre presenti nelle interazioni umane. Ancora, il
bambino vuole scoprire il mondo circostante così da allargare le proprie conoscenze sul
mondo. Ecco che l'esperienza concreta degli oggetti e dell'ambiente fisico in cui il bambino
è immerso favorisce la comprensione e quindi l'acquisizione di nuovi concetti prima non
presenti.Tale esperienza concreta, inizia ad attuarsi in maggiore autonomia, così da
favorire quel processo che dalla dipendenza porta, progressivamente, alla capacità di
scegliere e regolarsi nella propria vita. Il bambino, nello specifico, si esprime soprattutto
nel fare per il fare, manifestando un forte interesse per l’attività che sta facendo piuttosto
che per il fine a cui può portare.
Terza infanzia: (6\11 anni) avventura, aggregazione, stima e riconoscimento
Concretizzando la fase precedente, il bambino allarga i propri orizzonti esperienziali,
cercando di esplorare realtà meno immediate (ambiente urbano, orizzonti culturali) in
aggregazione con i coetanei scelti per affinità e fiducia (stesso sesso, “bande”). Tali
interazioni, non ultima quella attuata nell'ambiente scolastico favorisce o meno la
fiducia e la stima di sé. (Sé ideale\Sé reale). Si ricordi che il pensiero, in questa fase
diventa reversibile: capacità di prendere in esame diverse aspetti della realtà
contemporaneamente (indipendentemente dalle proprietà percettive\percepite degli
oggetti). Si raggiunge cosi la capacità di seriazione, di conservazione della quantità e
di classificazione. Il linguaggio diventa più ricco e fluido, il lessico si arricchisce ed il
pensiero si applica alla conoscenza della struttura linguistica della frase. Si verifica
anche il superamento dell’egocentrismo del pensiero così da permettere l’accettazione
di regole condivise nel gioco ed in altri ambiti. Anche la condivisione di uno scopo
comune al gioco ed al gruppo entra a far parte della modalità di questa fascia d’età.
9
Secondo Piaget, il gioco contribuisce a strutturare il pensiero come processo mentale. I giochi senso motori del primo
anno di vita riflettono la presenza dell’intelligenza senso motoria che proprio attraverso il gioco viene sviluppata
potenziata: gli schemi d’azione vengono agiti ed interiorizzati. Secondo Vygotskij, il gioco è il mezzo più efficace
per sviluppare il pensiero astratto: nel gioco il bambino immagina delle situazioni astratte (immaginarie appunto)
che gli permettono di comprendere come poter intervenire in tali situazioni e come poterle risolvere. Ecco che allora
il gioco diventa fonte di sviluppo ed adattamento a possibili situazioni nuove. Viceversa, secondo Freud, il gioco
consentirebbe al bambino di esprimere ansie e timori che possono così manifestarsi in modo simbolico inconscio. I
sintomi legati allora a situazioni conflittuali ed irrisolte possono così attenuarsi e rendere la vita del bambino più
adatta alla realtà sociale. Da ricordare anche la Klein che ritiene l’uso degli oggetti (alcuni oggetti) nel gioco come
caricati di particolare rilevanza affettiva per il bambino.
Gioco senso motorio: (primi mesi di vita) : attività rivolta verso se stessi ed il proprio corpo per poi rivolgersi a degli
oggetti;
gioco simbolico: (18 mesi\ sei anni): rappresentazione di persona\situazione\oggetto non presente al fine di
immaginare una situazione che prescinda dalla specifica funzione dell’oggetto immaginato: es. banana\ come far
finta che sia un telefono.
filios
13
Adolescenza10: aspetti essenziali e problematiche correlate
capacità di utilizzare concetti11 astratti: superamento del pensiero operatorio
concreto, così da poter riflettere su contenuti astratti: le ideologie, i valori sociali, la
giustizia, etc.
3) raggiungimento del pensiero deduttivo;12
2)
4)
- formulazione di ipotesi : un determinato fenomeno, per essere compreso nel
sua darsi, ossia nel suo diventare un problema per chi lo osserva, deve essere
inteso a partire dalla formulazione di una ipotesi che ne spieghi la causa e da un
esperimento che miri a verificarne(dell’ipotesi) la verità\falsità; si ricordi anche che
l'adolescente riesce ora a comprendere che in un esperimento scientifico 13, le tappe
del metodo scientifico sono progressive e sistematiche. L’adolescente si interessa
10
Convenzionalmente si intende con questo termine la fascia d’età che va dai dodici ai vent’anni ed in cui
avvengono profondi cambiamenti sul piano psicologico e sociale (pubertà, media adolescenza, giovinezza).
Pubertà: insieme delle trasformazioni corporee e fisiologiche che avvengono con la maturazione delle gonadi e
l’inizio della funzione sessuale. Le caratteristiche di tale fase o periodo sono:
 - lo scatto di crescita,
--la maturazione sessuale
 - la nuova immagine corporea
 - la sessualità.
11
Concetto: risultato di un processo di astrazione (procedimento messo in atto da un soggetto per pervenire a concetti
universali a partire da oggetti individuali) che ha come conseguenza la categorizzazione di oggetti od eventi: es. vedo
diversi animali a quattro zampe con caratteristiche simili (coda, dimensioni, etc.) ed inizio a pensare che facciano parte
di una unica specie (cavallo). Posso allora affermare che conoscere il significato del termine x (cavallo) equivale a
possederne il concetto. V’è da dire che il concetto (cavallo) non è la parola “cavallo”, infatti diverse parole posso
indicare lo stesso concetto (animale a quattro zampe che nitrisce) oppure posso possedere il concetto di un animale che
nitrisce e galoppa senza sapere il nome del concetto che lo identifica. In sintesi è possibile affermare che i concetti sono
una sorta di unità minime di un pensiero; per quanto riguarda invece la validità universale del concetto questa (la
validità) è in relazione alla comunicabilità del concetto. La comunicabilità del concetto è tanto più univoca quanto più il
concetto denota correttamente gli oggetti che pretende di descrivere
Coscienza: secondo una linea di tendenza che reca con sé i contributi del comportamentismo e della psicologia
sperimentale la coscienza è un processo psicofisiologico complesso che si manifesta con la consapevolezza
a) del proprio passato
b) della propria identità
c) della propria situazione percettiva ed emozionale.
Si aggiunga che la coscienza garantisce un processo continuo ed adeguato di informazione ed
adattamento tra l’Io, il sistema nervoso e l’ambiente.
12
Deduzione: processo di natura logica che consente di pervenire ad una conclusione partendo da
premesse considerate come vere: es. Prima premessa: Tutti gli uomini sono mortali , seconda premessa: Socrate è un
uomo – conclusione: Socrate è mortale. Ovviamente la deduzione non ci dice che le premesse siano vere, ci permette
soltanto di concludere che Socrate è un uomo. Si pensi infatti a questa obiezione: la prima premessa (premessa
maggiore), quando è vera? Quando tutti gli uomini sono o saranno morti?
13
Per scienza si intende un complesso organico di conoscenze ottenuto con un processo sistematico
(afferente un metodo di indagine) di acquisizione delle stesse allo scopo di giungere ad una
descrizione precisa della realtà fenomenica . Le regole che governano il processo di acquisizione delle
conoscenze sono precisate dal metodo sperimentale. Le fasi successive del metodo sperimentale
sono:



filios
l'osservazione di un evento o di un fenomeno che costituisca un problema (naturale o sociale),
la formulazione di un'ipotesi generale che spieghi il perché del darsi del fenomeno
le conseguenze dell’ipotesi
14
anche a i valori sociali (ciò che si ritiene sia giusto a livello sociale oppure no) ed al
bene comune;
5)
- dinamiche affettive: anche a causa di modificazioni ormonali e fisiche,gli
oggetti d’amore di tipo primario (padre, madre) vengono sostituiti con altri esterni
all’ambito familiare.
La tematica dell’abbandono degli oggetti d'amore (ciò di cui parla la Mahler) nel
processo di individuazione\separazione (mi individuo come soggetto e corpo separato
dalla madre che diventa oggetto di investimento affettivo) può attagliarsi anche
all'adolescenza in cui i genitori vengono de-idealizzati al fine di costituirsi
(l'adolescente) come soggetto pensante e deliberante. Tale separazione – che tende a
de-idealizzare il genitore privandolo di quelle caratteristiche ritenute sino ad allora certe
e buone - può comportare un senso di colpa per l'allontanamento dal nucleo
familiare. Allontanamento come distacco, che deve essere sostenuto dai genitori:
-
14
maturi per sostenere frustrazioni ed insoddisfazioni
(proprie e del giovane) ;
adulti nel dare amore al giovane (ossia sostegno e
fiducia disinteressati) che sta cercando di definirsi come
Sé e come persona progressivamente autonoma e
deliberante. In una battuta : sta cercando la sua strada.
6)
gruppo: come elemento di appartenenza in cui si rafforza l'identità personale.
Il Sé14 si riorganizza anche sulla base dell'opposizione alle regole degli adulti.
L'appartenenza al gruppo può comportare peraltro la presenza di conformismo
(assumere le medesime forme di comportamento del gruppo ma anche le
medesime forme del pensare, ivi compresi stereotipi e pregiudizi) mediante
l'imitazione (apprendimento per imitazione o modellamento) che possono sfociare ,
in alcuni casi, in comportamenti devianti. In generale, il gruppo ha una valenza
positiva in quanto permette:
- di rafforzare il senso di appartenenza grazie allo status
ed al ruolo che il singolo riveste al suo interno con
conseguente aumento della stima di sé;
- di comprendere il senso ed il valore del rispetto delle
norme interne al gruppo;


l’allestimento di un esperimento
la possibilità di verifica dell'ipotesi mediante osservazioni successive che considerino la presenza di
una variabile indipendente che sia causa della variazione della variabile indipendente
Sé: ci riferiamo a un costrutto personale su noi stessi, un insieme di conoscenze che noi abbiamo su noi stessi,
ebbene tale costrutto prevede:
un primo livello che comprende la coscienza di sé: esperienza che consente di riconoscerci come individui unici ed
irripetibili, centro delle nostre azioni ma anche unità in mezzo ad altre unità del mondo (oggetto tra gli altri oggetti )
.un secondo livello detto dei sé contingenti, ossia le impressioni del momento su ciò che ci accade: sensazione di una
passeggiata, rabbia per un torto subito, etc.
un terzo livello dei Sé concettuali che sono descrizioni organiche che noi facciamo di noi stessi: autostima, identità
psico-sociale, immagini di sé e concetto di sé.
filios
15
-
di rafforzare il senso dell'identità collettiva che, se da un
alto comporta un aumento della dipendenza dal gruppo
in quanto il singolo ha valore se e solo se si riconosce
nei valori ed idee del gruppo, dall'altro permettono il
costituirsi di un nuovo senso di stare al mondo – non
familiare o formale nei gruppi con scopi istituiti – che
permette al giovane di comprendere il proprio sé e di
evolversi verso nuovi orizzonti, siano essi culturali che
sociali e personali nonché di costruirsi delle nuove
amicizie15. D'altro lato non esiste una pura dipendenza o
una pura autonomia bensì un continuo processo di
interdipendenza tra i due aspetti.
In alcuni casi si può assistere al fenomeno della devianza: in questi casi, il gruppo è teso
ad ottenere e realizzare scopi concreti e materiali (ruberie, etc.) che violano le norme
sociali. In genere l'adolescente ha difficoltà a comprendere la portata delle proprie azioni.
7) abbandono del corpo infantile:
cambiano gli aspetti estetici e motori legati al corpo fondamentali per la formazione
dell'identità – sé corporeo – in questo senso la dimensione motoria può risultare
difficile da gestire in ordine ai cambiamenti di altezza, postura, peso, etc., ma anche la
dimensione estetica così profondamente legate a ciò che gli altri pensano di me può
risultare di difficile gestione. Alcune risposte a questi possibili disagi possono essere il
controllo sull'attività fisica e sull'alimentazione. Anche la dimensione sessuale è
fondamentale. L'identificazione, precedente alla pubertà, con il sesso opposto diventa,
in genere, con l'adolescenza, identificazione con lo stesso sesso ma questo processo
può comportare difficoltà e disagi fonti di ansia e preoccupazioni – maschi con
comportamenti effeminati, etc,.
8) Abbandono di una identità infantile. Per la formazione di un sé adulto si ritiene
che: la stima di sé16 si potenzi anche sulla base dei successi ottenuti in ambito
scolastico, sociale; nello specifico la Stima di sé è la positività della valutazione di
sé che non dipende solo da ciò che uno pensa di essere (concetto di sé) ma anche
da ciò che desidera essere che a sua volta è collegato alle aspettative che gli altri
significativi hanno sull’adolescente. Facciamo un esempio: se un ragazzo\a
desidera diventare musicista, eventuali insuccessi avranno incidenza sulla stima di
sé mentre gli insuccessi in campo sportivo non lo toccheranno più di tanto. Ma sarà
anche importante la relazione o le relazioni educative ed affettive che l’adolescente
15
Amicizia: è un sentimento che scaturisce dall’incontro tra due persone che, percependo il bisogno di uscire dalla
propria egoità, sperimentano una comunanza di interessi, ideali, preoccupazioni. Tale comunanza produce come
conseguenza la reciproca comprensione e la reciproca intimità nella relazione. Nella misura in cui l’amicizia, soprattutto
nella sua espressione adolescenziale, riveste i caratteri del bisogno e dell’esclusività, o della pronunciata dipendenza,
può dar origine a forme di gelosia. Si aggiunga che, nel caso sopra menzionato, l’amicizia presenta molte analogie con
la relazione amorosa.
filios
16
si troverà ad intrattenere: il come affrontare una sconfitta si apprende all’interno di
una esperienza di vita insieme agli altri. Si apprende a non temere la sconfitta, a
gioire di un abbraccio, a reagire ad un disagio, non tanto perché le emozioni
cambiano ma perché cambia il senso che ognuno di noi può dare ad un evento:
quell’uomo laggiù nell’angolo è una minaccia per me? Il voto di quell’insegnante è
una sconfitta? Insieme agli altri impariamo che quell’uomo è un amico e quel voto
un occasione per mettermi alla prova: educazione emotiva. Ancora più nello
specifico: l’autostima è la considerazione globale che un individuo ha di se stesso e
delle proprie capacità. Ora, la mancanza di convinzione circa le proprie capacità e
competenze può generare ansia, ansia che può condurre al fallimento di una
prestazione pur in presenza di una buona preparazione. E’ del resto vero che
anche un eccesso di sicurezza non supportato dalla realtà porta a sottovalutare le
difficoltà e quindi a non munirsi di strumenti adeguati. Alla base dell’autostima,
quindi, c’è un processo di autovalutazione, che può tuttavia tradursi in due
eccessi:
 SOPRAVVALUTAZIONE: Chi si sopravvaluta





Tende a non valutare realisticamente le difficoltà.
Si considera sempre pronto e preparato a priori.
Crede di poter riuscire in qualsiasi cosa senza sforzo.
Non considera la possibilità di fallire.
Davanti all’insuccesso può reagire negando la realtà o “crollando”. Attribuisce i
successi ottenuti unicamente alle proprie capacità, mentre imputa i fallimenti a
cause esterne (sfortuna, persecuzione, incapacità altrui).
 SVALUTAZIONE: Chi si sottovaluta

Non si sente mai sufficientemente adeguato rispetto ai compiti da affrontare e vive
ogni nuova prova con ansia eccessiva.
 Di fronte al successo ne imputa la ragione a fattori esterni (fortuna, coincidenze,
aiuto altrui), mentre attribuisce gli insuccessi esclusivamente ai propri limiti.
Fra questi due estremi si colloca la situazione di autostima ideale, le cui caratteristiche
sono:



filios
Accettazione globale di sé :
Sensazione di poter essere accettati così come si è, nonostante i difetti, a
prescindere dalle proprie prestazioni.
Consapevolezza di sé:
Sapere quali sono i propri punti di forza e debolezza. Conoscere i propri obiettivi a
breve e lungo termine.
Autoefficacia percepita:
Convinzione di essere capaci di dominare specifiche situazioni, di poter portare a
termine con successo determinate attività e progetti.
17
L’alta autostima prevede attività ed assertività, unite ad accettazione di sé, sicurezza e
fiducia nelle proprie capacità ed abilità nonché desiderio di eccellere. La bassa autostima
prevede passività, a volte sottomissione e dipendenza, scarsa fiducia nelle proprie
capacità ed abilità nonché scarsa attribuzione ai giudizi positivi dati da altri. In genere, Chi
ha un’alta autostima, pur essendo soddisfatto di sé, lavora per migliorarsi ulteriormente.
Chi ha una bassa autostima, tende ad impegnarsi poco, ad essere sopraffatto dall’ansia e
a non persistere nello sforzo se i primi tentativi sono inefficaci. Nel secondo caso quindi si
viene a creare un circolo vizioso:
La bassa autostima, vero motore del ragionamento, predispone ad aspettative negative
sul proprio successo ed efficacia nel controllo delle situazioni\esperienze. Ciò porta
inevitabilmente allo sviluppo dell’ ansia in relazione ad una possibile\futura esperienza
negativa nonché alla riduzione dell’impegno nelle proprie attività (visto il fine insperato
). La conseguenza è un fallimento probabile della prestazione ed una conseguente scarsa
valutazione di sé e delle proprie capacità ed abilità. Ora, se non sempre è possibile
influire sui fattori esterni che condizionano l'autostima, è possibile provare ad agire su
quelli interni:
 Ridimensionare i propri obiettivi : se si fallisce un esame un certo numero di volte, può
essere utile metterlo momentaneamente da parte ed affrontarne un altro meno complesso.
In pratica è lo sviluppo della teoria dei piccoli passi. In questo modo si possono trarre
nuove energie dal successo ottenuto e riacquisire fiducia nelle proprie capacità per nuove
prove più complesse.
 Assegnare importanza agli scopi che si è in grado di raggiungere: alcune volte, la
tendenza a concentrarsi su obiettivi non compatibili con le proprie capacità\abilità quando
ve ne sono altri per cui si è molto più portati, può mettere in crisi l’autostima di uno
studente. Per tale motivo un percorso accademico non può essere scelto a priori, ma
sempre in relazione alla persona: alle sue competenze, ai suoi interessi, ai suoi desideri,
alle sue aspettative. In una battuta, lo studente deve far appello alla sua “vocazione”.
 Non attribuirsi tutta la colpa di un fallimento: l’insuccesso agli esami è spesso
determinato da una serie di fattori interni ed esterni. È molto importante saper distinguere
tra di essi. Ad esempio: se si affronta l’esame in condizioni di salute compromesse
dall’influenza, non ci si può rimproverare di aver fallito un compito che richiede molta
concentrazione.
 Non valutarsi in maniera troppo rigida: Si può essere persone competenti e sbagliare
comunque un test. Il giudizio su una prova d’esame non è un giudizio sulla persona. In
effetti, le persone che riescono meglio nei test sono coloro che ritengono che dagli
errori si impara (prove sperimentali a riguardo hanno dimostrato questa
affermazione)
 Ridimensionare l’importanza attribuita agli insuccessi :fallire un esame non è mai un
errore irrimediabile. Può comportare dei disagi e dei ritardi, può modificare qualche
progetto, ma se ci si pensa bene non determina mai esiti catastrofici. Anche qui, possiamo
dire che sarebbe opportuno dare il giusto peso alle prove: un esame di stato andato male
può condurre, per compensazione (Adler), ad una laurea brillante. Potremmo anche dire
che il ragionamento è guidato dalle emozioni e non viceversa come tendiamo a credere: il
futuro esito negativo immaginato è determinato dalle nostre paure e non dalla logica.
filios
18
 Imparare ad essere assertivi: comunicare le proprie opinioni, i propri pensieri, desideri,
diritti e sentimenti in modo diretto, appropriato ed onesto con i colleghi ed i docenti, può
portare ottimi risultati.
9) Sé reale\Sé ideale\Sé normativo: sussiste all'interno del soggetto una possibile
suddivisione in:
o ciò che penso di essere;
o ciò che vorrei essere;
o ciò che dovrei essere.
Se non sono come vorrei posso sperimentare scoraggiamento e delusione; se non sono
come dovrei posso sperimentare ansia ed agitazione, non ultimo il senso di depressione
che può insorgere come risposta all'incapacità di progettarsi nel futuro dovuta a
discrepanza tra i diversi stati del sé. Tali problematiche possono essere determinate :
 Iperprotezione familiare: costruzione dell'identità sulle aspettative genitoriali e
conseguente incapacità di svolgere scelte autonome: sono come vogliono;
 povertà di stimoli culturali: la situazione condiziona l'orizzonte delle scelte
possibili;
 caratteristiche personali: se sussiste discrepanza tra sé reale e normativo
l'adolescente può evitare di impegnarsi nella direzione del dover essere sostituendo
tale obiettivo con altri possibili ma ancora da rintracciare (disimpegno). Se sussiste
una discrepanza tra sé reale ed ideale ciò può tradursi in un impegno a colmare
tale lacuna.
Bisogni dell'adolescenza
Identità: “chi sono, come dovrei essere e vorrei essere” sono le domande che il
giovane si rivolge al fine di poter formare, con risposte adeguate, la propria identità. Il
giovane si prefigura anche il suo futuro ruolo da adulto.
Indipendenza: l'allentamento dei legami familiari permette al giovane di conquistare
gradatamente quella indipendenza che dovrebbe essere una delle peculiarità del
mondo adulto. Tale processo può essere inficiato, per alcuni aspetti, dalla presenza del
cosiddetto “pensiero di onnipotenza” che può portare l'adolescente a ritenere che nulla
di grave gli possa mai accadere.
Senso. Questa categoria, di origine cristiana, come la categoria della speranza,
permette al giovane di chiedersi perché fare qualcosa: perché lo faccio? In buona
sostanza il nesso tra il pensiero e l'agire è mediato dalla ragione che cerca di
comprendere il senso delle attività che si compiono.
filios
19
Il Maltrattamento
La letteratura sui fenomeni sociali ci insegna che, a dispetto di quanto si possa pensare,
molte delle violenze verso i minori avvengono all’interno della famiglia, da parte di quelle
figure allevanti da cui dovremmo sentirci protetti.

Inizialmente. il maltrattamento venne considerato essenzialmente come fisico: si
faceva riferimento in particolar modo all’abuso sessuale e al problema sociale
dell’incesto. Solo in tempi recenti si è superato il limite che voleva il maltrattamento
infantile circoscritto a quello fisico e sessuale, estendendolo ad una visione più
ampia in cui furono presi in considerazione anche la trascuratezza e l’abuso
psicologico. Nel 1978 fu il Consiglio D’Europa a darne una definizione, sostenendo
che l’abuso è rappresentato: “dagli atti e le carenze che turbano gravemente il
bambino e attenuano la sua incolumità corporea, al suo sviluppo fisico,
affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o
le lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o
di altri che hanno cure del bambino”. Il child abuse comprende ogni forma di
violenza fisica e psichica subita dal bambino e suggerisce una classificazione degli
abusi che comprende sia quello fisico che psicologico.
Nello specifico, il maltrattamento si può manifestare :
 come violenza fisica: accertabile direttamente da colui che interagisce col
bambino ( medico, operatore, genitore, educatore)
 come violenza emozionale: riscontrabile in sede osservativa (comportamenti) o di
dialogo (espressioni verbali e non verbali compatibili con la diagnosi di
maltrattamento))
 come abuso sessuale : riscontrabile sia con accertamenti medici che con il dialogo
ed il colloquio;
 come conseguenza di mancanze: di cure adeguate tipiche della trascuratezza.
Ogni maltrattamento è accomunato dalle conseguenza negative sul piano fisico e
psicologico (stima di sé., futuro ruolo sociale, sviluppo psicosociale)
che il minore
subisce. Nello specifico, tali conseguenza non sono subitanee ma si prolungano nel lungo
periodo: i cosiddetti danni invisibili.
filios
20
Indicatori di maltrattamento fisico
Il maltrattamento fisico può presentare alcuni indizi che possono far pensare ad una sua
presenza:
- il ritardo nel chiamare il medico,;
- il racconto vago ed impreciso dei presenti alle cause
del supposto incidente possono insospettire;
- un bambino che nasconde i lividi, oppositivo;
- un genitore non coinvolto e troppo distaccato.
Tutto ciò può essere fonte di sospetto. Negare quanto accaduto o negarne il valore,
avere atteggiamenti molto depressi o aggressivi senza esprimere senso di colpa per
l’accaduto possono essere indicazioni ulteriori.
 Fisici: ustioni da immersione in liquidi o a secco;lividi di forme particolari causate
da oggetti contundenti, abrasioni, lacerazioni, morsi, lievi ferite cutanee, lesioni
interne, fratture, emorragie, traumi, ospedalizzazioni frequenti.
 Comportamentali: reattività esagerata o chiusura: collerico\iperattivo
o
passivo\assente. Attaccamento indiscriminato verso gli estranei e resistena verso
gli estranei. Ritardo nello sviluppo: controllo sfinetrico, capacità motoria,
socializzazione. Problemi di apprendimento. Autolesionismo.
 Indicatori familiari: genitori che hanno sofferto per deprivazioni affettive o
maltrattamenti. Genitori immaturi, con poca autostima, isolamento sociale,
solitudine, gravidanze ravvicinate, incapacità a chiedere aiuto, abuso di alcool e
droghe.
lNDlCATORl Dl GRAVE NEGLIGENZA O TRASCURATEZZA
Indicatori fisici
 malnutrizione e spesso conseguente ritardo nello sviluppo ;
 scarsa igiene che causa anche difficoltà rapporto con l coetanei;
ritardo mentale per carenza dl stimolazioni;
filios
21
 carenza dl cure mediche, assenza dl controlli sanitari, in alcuni casi anche dl
vaccinazioni obbligatorie
 abbigliamento inadeguato rispetto alla stagione e trascurato nell’igiene che e causa
anche dl problemi sanitari (affezioni delle vie respiratorie da eccessivo
raffreddamento oppure scottature da esposizione al sole)
Indicatori comportamentali
 lamenta dl avere fame , si fa dare o ruba la merenda al compagni
 stanchezza permanente, scarsa attenzione, si addormenta
 spesso in classe
 passività e apatia
 appare distaccato nel confronti dei familiari e ricerca affetto e attenzioni dagli
estranei
 ritardo nel linguaggio per carenza dl stimoli
 rimane spesso in strada e sta fuori dl casa fino a tarda sera
 dichiara che non c'e nessuno che si occupa dl lui
 ha esperienze precoci dl alcool e droghe
Indicatori familiari
 I genitori che lasciano spesso l figli, anche neonati incustoditi oppure affidati a
persone che non sono in grado dl averne cura adeguata
 I genitori che sono mentalmente ritardati oppure che sono alcolisti
tossicodipendenti, oppure con problemi psichiatrici madri confuse o depresse,
oppure molto giovani o senza partner o con numerose gravidanze non volute
 isolamento sociale, scarso sostegno dalla famiglia d’origine dei coniugi
filios
22
 abitazione inadeguata, mancanza di
un minimo dl risorse economiche,
dipendenza dall’aiuto assistenziale come unica forma dl reddito
 disinteresse nel confronti del figli, incapacità di occuparsi di loro, con una vita
familiare caotica
 scarsa capacità ad affrontare l problemi, poca motivazione al cambiamento,
passività rispetto alla propria situazione
indicatori di maltrattamento psicologico
Relativi al minore: ritardo nello sviluppo, rigidità, ossessioni, fobie, ipocondria, terrore
notturno, enuresi, problemi di apprendimento, iperattività impulsività, stereotipie (mordere,
succhiare, dondolarsi), asocialità\vischiosità nei rapporti.
Familiari: mancato riconoscimento dei bisogni filiali, ivi compresa la difficoltà a
comprendere la soddisfazione de bisogno come problema a cui dare una risposta. Scarsa
capacità di dare stimolazioni in modo adeguato.
Gli interventi: la prevenzione primaria
In questa fase vedremo principalmente gli interventi di sostegno alla genitorialità come
aspetto principale degli interventi che si possono effettuare, a scopo preventivo, per
l’armonioso e corretto sviluppo della personalità del bambino. Tali interventi, si
concretizzano nella presenza, all’interno delle diverse strutture sociali ed educative
dell’infanzia, di momenti condivisi (con esperti, educatori, genitori, età.) con funzione di
sostegno alla genitorialità. Nello specifico, si tratta di assicurare lo sviluppo della
funzione genitoriale grazie al dialogo con diverse figure operative e non, al fine di
permettere una riflessione sulla propria cultura genitoriale (idee, valori, atteggiamenti,
comportamenti) ed una diversa consapevolezza del proprio agire educativo. Più che uno
scambio con l’esperto di turno, si tratta di un confronto tra coscienze pensanti al fine di
una felice interazione tra sapere teorico e sapere pratico o agire pedagogico. Come
esempio è possibile annoverare l’intervento sulla:
filios
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


scelta della paternità \maternità: aspetti correlati ad
aspettative, convinzioni, e conseguenze della nascita
primi anni di vita: aspetti correlati ai bisogni del
bambino, alle pratiche educative, alla disponibilità alla
relazione,etc.;
adolescenza: come coinvolgimento dei ragazzi e degli
adulti sulle diverse problematiche che li attanagliano.
I servizi ricreativi diurni per il tempo libero : 8\12 anni –
Sono servizi finalizzati allo sviluppo dell’attività di gioco del bambino: il fare insieme nel
gioco di gruppo permette al bambino si scoprirsi come potenzialità e modalità relazionali.
Anche il piano fantastico\simbolico si struttura maggiormente in relazione al piano di realtà
che il bambino sperimenta continuamente nel qui ed ora del gioco con altri. Le esperienze
cosiddette ludiche in questa fascia d’età permettono allora di sviluppare il piacere del
gioco per il gioco in moda da sviluppare una buona socializzazione tra tutti i
bambini\ragazzi anche appartenenti a diverse culture ed etnie. Nel gioco, in effetti, si
accantonano le differenze culturali in favore del rapporto tra pari, con la condivisione
delle regole con sapute anche tra sessi diversi. Le diverse attività che il servizio
predispone, sia di laboratorio che di animazione o creatività , consente allora lo sviluppo
della parte creativa ed interazionale dl bambino nonché lo sviluppo delle sue potenzialità
e dei suoi interessi. L’identità pedagogica del servizio è peraltro rivolta anche alla
prevenzione ed rischio e del disagio che l’educatore può intravedere nelle interazioni: si
cercherà di curare in particolar modo la singola relazione con il ragazzo grazie all’ascolto
ed alla empatia modulata sulle sue risposte comunicative .
Centri aggregativi diurni per preadolescenti
Nella misura in cui i bisogni della preadolescenza sono condizionati dalle modificazioni
somatiche e del pensiero, nonché dalla ricerca della indipendenza nei confronti
dell’adulto, questi centri si prefiggono di fornire un sostegno:
-
-
filios
alla transizione verso l’età adulta mediante
l’assunzione di un ruolo connesso a delle responsabilità
e la possibile identificazione con una figura adulta
(attività laboratoriali, semplici attività ludiche, spazi
teatrali, sostegno scolastico, etc.)
orientare verso un senso possibile del proprio futuro in
relazione all’ambiente in cui si è inseriti. (centri di
interesse sociale, centri di incontro, luoghi di
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discussione,
attività di prevenzione
adolescenziale, rispetto delle norme,etc..)
del
rischio
Centri aggregativi per adolescenti
In questi centri, che hanno di mira lo sviluppo
dell’identità sociale dell’adolescente
(bisogni materiali e simbolici, etici e ludici), la finalità educativa è rivolta all’impiego del
tempo libero (e dello spazio) di cui dispongono i ragazzi (ascolto della musica, sport,
attività sociali, etc.). Un luogo qualsiasi che funga da riferimento (centro città, giardino,
etc.) assume rilevanza come polo di aggregazione per modalità relazionali svincolate dal
mondo adulto (compagnia\banda).
Centri educativi (servizio continuativo pomeridiano e serale, anche fine settimana)





Bisogni: sostegno educativo (prevenzione secondaria)
Attività: laboratori manualità, gioco, sport, sostegno scolastico
Metodologia: ascolto, accettazione non giudicante ed autentica, accoglienza
Finalità: recupero di alcune problematiche specifiche di ragazzi della scuola
dell’obbligo
Obiettivi educativi: recupero di modalità relazionali e\o educative tramite progetti
finalizzati e personalizzati; Integrazione del ragazzo nel territorio per contrastare
episodi di emarginazione
L’affido
L’affido è un intervento (affido parziale per alcuni giorni a settimana; a tempo pieno per
periodi brevi o lunghi) che mira a risolvere o contenere delle problematiche (disturbi del
comportamento, socioaffettivi, per trascuratezza, negligenza, etc ) del minore e della
famiglia d’origine. Nello specifico si tratta di un minore la cui permanenza nella famiglia
d’origine inciderebbe negativamente sul suo sviluppo psicosociale. L’inserimento in una
famiglia affidataria , disposto dai servizi socioassistenziali previo consenso genitoriale, è
reso esecutivo dal giudice tutelare ed è teso a :


filios
valutare la recettività e tipologia della famiglia affidataria al fine di garantire al
minore le risorse per il suo pieno sviluppo: funzione educativa per la
normalizzazione del minore; funzione terapeutica per curare i disagi subiti;
funzione nutritiva per minori trascurati, ipostimolati, passivizzati;
recuperare le risorse presenti nella famiglia d’origine e predisporre un piano di
rientro del minore.
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