Che resterebbe d’altro senza Altri? E. Lévinas I minori Cambiamenti afferenti i minori : differenti per fasce d’età e tipologia somatico : statura, peso, aspetto esteriore; psicologico: bisogni, capacità, abilità cognitive e relazionali; Excursus storico : Rousseau1 1700: compie un’indagine non empirica2 bensì teorica: bambino buono per natura e responsabilità educativa dell’adulto 1 In relazione alla teoria pedagogica di Rousseau, possiamo enucleare alcuni punti chiave della sua teoria pedagogica: (vedi il sito Giardino dei pensieri) filios Osservare i bambini. Il più grave limite della pedagogia a lui precedente e della prassi educativa del suo tempo è che entrambe non partono dalla concreta esperienza della specificità dell'infanzia. Il bambino è considerato solo un piccolo uomo. Al contrario Rousseau insegna - sulla base dell'osservazione - che l'infanzia ha tratti psicologici, fisici, logici diversi da quelli dell'adulto e scientificamente identificabili. Ogni pedagogia scientifica dovrà tenerne conto. Allo stesso tempo sottolinea che non è corretto pensare all'infanzia solo come età di preparazione al mondo degli adulti. La vita ha le sue stagioni e nessuna ha diritti sulle altre. L'educazione e la vita cominciano dalla nascita Rispettare l'infanzia. È il principio di gradualità. Poiché ogni età ha le sue caratteristiche, a ogni età corrispondono determinate finalità dell'azione educativa e metodi adeguati allo sviluppo delle facoltà, alla situazione psicomotoria, agli interessi dei giovani. Conoscere la mente dell'uomo. Rousseau scrive da pedagogista, ma fonda le sue teorie su un tessuto di riflessioni filosofiche piuttosto esplicite che affondano le radici nella tradizione sei-settecentesca, ma devono molto anche alla cultura antica (soprattutto Socrate, lo stoicismo, l'epicureismo ). d) Formare l'uomo. Non si tratta di sviluppare delle abilità, insegnare un mestiere, comunicare ai nuovi nati dei contenuti culturali storicamente determinati. Si tratta invece di formare l'uomo, la persona integrale. La natura stessa ci insegna che la coscienza che forma la dignità dell'uomo è un elaborato prodotto sviluppatosi in interazione col mondo. La pedagogia è la scienza di questo divenire della coscienza. e) Costruire la società nuova. L'obiettivo dell'attività educativa è formare l'uomo, ma l'uomo non è un Robinson. Non v'è infatti libertà e felicità nell'integrità della persona se non all'interno di un ambiente affettivo. La pedagogia è dunque scienza che sfocia nella politica, nella costruzione di una società libera e felice attraverso la formazione di coscienze libere e felici. Rousseau ritiene che l'azione educativa sia, in senso profondo, un rapporto totale tra persone, tra coscienze diverse che legano le loro vite in un unico quadro d'insieme. Si potrebbe addirittura dire che la formazione del più giovane non possa avvenire senza una contemporanea autoformazione dell'adulto . Essere educatori è dunque in senso forte una scelta esistenziale, e per questo è legata alla personalità dei singoli ed alle disposizioni individuali. Costruire una teoria pedagogica universale è quindi compito estremamente complesso, perché qualunque tesi abbia la pretesa di valere in modo universale deve essere definita tenendo nel debito conto le particolarità individuali. Se a questo si aggiunge che 1 1800: prime biografie infantili del comportamento filiale; 1900: ricerche empiriche e successiva psicologia dello sviluppo; caratteristiche del mondo contemporaneo: 1) mancanza, a volte, di esperienza diretta col mondo infantile e conseguente creazione di stereotipi e pregiudizi3 sul “come dovrebbe essere” del bambino senza maturare il percorso educativo avviene all'interno di un determinato contesto storico caratterizzato da specifiche condizioni di vita e dalle tradizioni locali , ci si rende conto che il compito di una pedagogia universale è assai arduo 2 Empirico: questo aggettivo ha i seguenti significati principali: - esso designa quella specie di sapere che si acquista attraverso la pratica, ossia attraverso la ripetizione e la memoria; esso significa “intuitivo” o “sensibile” e si dicono empirici gli elementi semplici di cui è costituita la conoscenza sensibile o intuitiva; esso significa o si riferisce a quella conoscenza valida, e quindi verificabile e certa, che si contrappone alla conoscenza metafisica in questo senso empirico si contrappone a sperimentale per indicare quell’esperienza grezza e non controllata in opposizione all’osservazione controllata dell’esperimento in questo senso, con empirico, ci si riferisce a qualcosa di fattuale, ad esempio un enunciato empirico si riferisce a stati di fatto. In questo senso gli enunciati empirici non sono enunciati analitici, che esprimono semplici rapporti concettuali o linguistici - 3 Il pregiudizio è un atteggiamento. Ma cos’è un Atteggiamento: in genere la definizione di atteggiamento utilizza termini quali tendenza, risposta, modalità di risposta per spiegarne il significato. Forse però possiamo partire da alcuni esempi per rendere più chiaro tale significato: - ascolto un pezzo di Beethoven : mi esprimo affermando:“…Che barba” - una persona mi offre una sigaretta ed io rispondo “non mi piace il fumo”. Questi sono esempi di atteggiamenti in quanto ho valutato un “oggetto” del mondo sociale rispondendovi, di conseguenza, in modo negativo o positivo. Qualsiasi persona, cosa, evento, sollecita in noi un complesso di sensazioni, valutazioni, sentimenti, etc, che poi ci porteranno a rispondere in un determinato modo. Per essere più specifici, ogni atteggiamento implica: 1) convinzioni intorno ad un “oggetto” risultanti dalle nostre idee in merito: (aspetto cognitivo); 2) emozioni provate\suscitate nei confronti dell’oggetto (cosa, persona,evento):(aspetto emotivo); 3) tendenze ad assumere comportamenti conseguenti (aspetto conativo). La formazione degli atteggiamenti è causata dall’ambiente familiare e sociale di appartenenza (famiglia, scuola, lavoro, etc.), dai mezzi di comunicazione di massa, ma anche dalle proprie insicurezze, dalle proprie esperienze passate e dai propri conflitti. L’atteggiamento non è quindi una aspettativa, una semplice credenza (semmai questa è un aspetto implicato ), un progetto, ma una generale tendenza a valutare e rispondere ad uno stimolo. La risposta è sempre un comportamento verbale o meno allo stimolo anche se non è detto che tale comportamento venga esibito, per timore o altro (restrizioni sociali) filios 2 quelle abilità adulte che consistono nel rispondere in modo adeguato ai bisogni del minore, ivi compresa la: capacità di dare frustrazioni senza essere travolti dal senso di colpa; abilità nell’accettare gli attacchi dei bambini in modo consapevole e responsabile comprendendone: i bisogni, i timori, le paure, i mancati, i desideri, le eventuali difficoltà cognitive, la comunicazione non verbale, i non detti, etc.. capacità di mettersi in gioco senza sprofondare nella disistima nei casi in cui non vi sia ancora un immediato successo delle strategie adottate per superare un problema. 2) Famiglie abbandonate nel loro compito educativo: in relazione ai nuovi cambiamenti sociali (fam. mononucleari, distanze dalla fam. di origine) si possono determinare: tensioni ed insoddisafazioni della donna, lavoratrice o meno, nel nuovo ruolo di madre a tempo pieno; ambivalenze : bambino amato e contemporaneamente limitante; difficoltà paterne nel contenere e “dare senso” ai disagi materni (se sussistono) senza entrare in reciproco conflitto. 3) Investimento affettivo egocentrico nella scelta del figlio: le aspettative narcisistiche dei genitori devono essere soddisfatte dall’erede senza tema di delusione. In questo senso vengono messi in scena dei rituali (degli acquisti ad esempio) finalizzati a sancire il ruolo attribuito al figlio o rituali cognitivi quali quelli legati all’esaltazione delle sue supposte abilità cognitive. In questo senso il\i genitore\i non riescono a far sì che l’identità socioaffetiva (costruzione del Sé) del minore cresca in modo armonioso ed adeguato al contesto di pertinenza del soggetto. Il genitore si priva ,inconsciamente o meno, della possibilità di riconoscere gli eventuali disagi e\o potenzialità del figlio determinando una dinamica di conflitti irrisolti che si ripercuote, inevitabilmente, nella costruzione di una relazione genitoriale matura e consapevole. Esempio: il padre\madre rifiuta di riconoscere (negazione) un eventuale disagio relazionale del figlio ascrivendo alla comunità, scuola o quant’ altro, la causa del disagio. Se ciò dovesse accadere nella Scuola Elementare, la Maestra, come figura istituzionale preposta all’educazione e formazione del minore, dopo ripetuti colloqui ed incontri informativi con i genitori (prima modalità di intervento) tesi a determinare e risolvere la problematica descritta, può decidere come ulteriore modalità di Intervento, (collegialmente ed unitamente al Dirigente Scolastico) di rivolgersi ai Servizi Sociali. 4) Mass media che producono modelli irrealistici: Bambino bello e felice come immagine desiderabile che rende più complesso il confronto e l’adattamento ad una realtà non sempre felice. Ancora, la relazione col minore sembra essere quasi mediata dalla presenza di beni o cose pubblicizzate che filios 3 sole garantiscono l’essere buoni genitori. I giocattoli ed i regali possono allora diventare, in alcuni casi, il modo per sentirsi meno in colpa verso il minore , ad esempio per il poco tempo dedicatogli. 5) Bambini soli di fronte alla crescita: La crescita del minore non è solo garantita dalla soddisfazione dei bisogni primari quanto dalla possibilità di frequentare e relazionarsi con i coetanei al di fuori degli spazi formalizzati : palestra, scuola, etc… Se il bisogno del minore in tenera età è di tipo ludico deve sussistere la possibilità di giocare (gioco parellelo, singolo, in comunità) con i coetanei in libera espressione. Solo con l’ interazione (reciproca azione dei comunicanti tra loro) si dà la concreta possibilità di sviluppare le proprie potenzialità socioaffettive. Gli strumenti informatici, sempre più presenti nella società contemporanea, sono senz’altro fonte di potenziamento della abilità cognitive e di sviluppo delle conoscenze sebbene non siano occasione di sviluppo delle abilità socioaffettive. 6) Autonomia\dipendenza: questi due termini designano, in contrapposizione, le caratteristiche\proprietà di un individuo che disponga della capacità decisionale di determinare, per quanto possibile, il corso della sua vita: nei diversi ambiti della vita quotidiana, un soggetto consapevole e maturo dovrebbe essere in grado di gestire il corso degli eventi (il proprio futuro) in modo il più possibile libero da condizionamenti (siano essi sociali familiari, culturali, affettivi). La dipendenza4, per converso, designa quel particolare stato in cui un soggetto non è in grado di scegliere liberamente ed autonomamente il corso della propria vita. Ovviamente, non esiste la pura autonomia o la pura dipendenza: nessuno è veramente e totalmente autonomo. Ora, è possibile che a livello educativo, i genitori non favoriscano, consapevolmente o meno, il processo di crescita e dell’acquisizione progressiva dell’autonomia, continuando a sostituirsi ai figli in alcuni compiti elementari ed alla loro portata, o concedendo\autorizzando comportamenti ed attività che non favoriscono il generale processo di crescita (concessione conseguente a senso di colpa). Si tratta allora di uscire dall’ambiguità genitoriale di chiedere autonomia negandola nei fatti concreti. In una battuta, si diventa genitori allorquando, in questo caso, si favoriscono le potenzialità senza bloccarle in schemi mi precostituiti o stereotipati di comportamento e contemporaneamente si pongono dei limiti alle richieste filiali senza cadere in eccessivi sensi di colpa alleviati da concessioni inadeguate( puoi fare quello che mi hai chiesto così sei contento ed io sto meglio). Si badi che con questo non si vuole dare un giudizio sul come essere genitori, cosa complessa e difficile come tutte le attività umane regolate apparentemente dalla razionalità, ma semplicemente indicare quei comportamenti e\o atteggiamenti che, a livello educativo (insegnamento, relazioni sociali con minori, centri educativi, etc.) possono costituire una impasse per lo sviluppo della personalità dell’individuo. 4 Si badi: la dipendenza non è un fenomeno psicologico totalmente negativo. Nel processo di innamoramento essa è contemplata come parte integrante della relazione all’altro. Espressioni quali: “senza te morirei” non sono da considerasi negative in quanto dipendenti, al contrario, esprimono la vera natura del rapporto amoroso che patisce l’altro come gioia ed affettività. Tuttavia, quando in tale processo l’Altro viene idealizzato oltremodo sino a scomparire come identità personale, quando “non faccio un passo senza di lui” può configurarsi la mancata ristrutturazione del sé che vive solo di riflesso. E’ questo tipo di dipendenza che si dovrebbe evitare o cercare di ridurre. filios 4 7) Cultura5 dell’infanzia: se è vero, come è vero, che la cultura dell’infanzia è mutata considerevolmente in questi ultimi anni allora la società nel suo complesso pone in essere dei servizi che concretizzano tale cultura intesa come complesso di idee, contenuti, opinioni ed atteggiamenti (e non comportamenti6), stereotipati o meno, nei confronti del mondo del minore .La scuola può costituire un esempio di tale attuazione dei presupposti culturali sul minore: alle volte può emergere una differenza tra le richieste genitoriali ed il modello educativo presente nella singola realtà locale. Tale discrepanza ha a che fare con il senso: 1) Delle regole: Insegnare ai propri figli il controllo di sé fa parte dei compiti fondamentali di ogni genitore. Aiutare i propri figli a raggiungere l'autocontrollo significa renderli capaci di poter "scegliere" come comportarsi nelle varie circostanze anziché divenire preda dei propri impulsi ed emozioni. Un bambino (e un adulto) dotato di auto-controllo è in grado, in una situazione che suscita in lui forti emozioni, di fermarsi e di valutare le conseguenze dei comportamenti che vorrebbe mettere in atto in quel momento; dopodiché deciderà come agire. E' evidente come questa capacità costituisca una risorsa fondamentale nella vita di ogni persona. Innanzitutto evita di 'mettersi nei guai' ogni qual volta ci sentiamo arrabbiati per qualcosa - pensiamo a quante volte avremmo dovuto pagare delle gravi conseguenze se avessimo agito seguendo soltanto l'impulso del momento - e poi semplicemente ci permette di convivere in maniera serena con altre persone, di stabilire e mantenere dei Cultura, una definizione sociologica: in questo ambito l’attenzione è stata rivolta a due concetti: la cultura di massa; la cultura subalterna. Col primo termine si intende quella cultura che si rivolge a tutti , costruendosi secondo un gusto medio tendenzialmente omogeneo, ed interessando con la sua azione suggestiva ed emozionale, i comportamenti superficiali dell’uomo; facilitandone gli stereotipi, i luoghi comuni, i pregiudizi, senza alcuno spunto alla criticità. 5 Col secondo termine si intendono o le culture locali subordinate perché hanno minor forza e limitate possibilità, pur disponendo in molti casi di una buona organizzazione dei valori, oppure le culture emarginate o perché diverse o perché povere, dove tuttavia è rintracciabile un sistema codificato di valori, idee, comportamenti, condivisi dagli appartenenti a quella cultura, e trasmessi da una generazione all’altra. Comportamento: insieme stabile di azioni e reazioni di un organismo ad una stimolazione proveniente dall’ambiente esterno (stimolo) o dall’organismo stesso (motivazione o bisogno) il termine è stato introdotto da Watson che, nell’intenzione di rendere la Psicologia una branca sperimentale oggettiva delle scienze naturali affermò che tale disciplina ha come unico oggetto le manifestazioni direttamente osservabili dell’organismo e come obiettivo il controllo del comportamento. Costitutive del comportamento sono: le relazioni temporali che si raccolgono intorno alla memoria senza la quale il comportamento non avrebbe il senso della continuità (il comportamento è definito dalla durata) le relazioni di conoscenza . Il comportamento è un fenomeno osservabile per cui è necessario un soggetto che compia l’osservazione ; in questo senso il comportamento può dirsi tale solo all’interno della relazione conoscitiva tra il conoscente (soggetto) e il conosciuto (comportamento). L’ osservatore ha il compito di definire la causa del fenomeno osservato (il comportamento è spiegato dalla causa ipotetica che lo motiva )e la sua differenziazione rispetto ad uno standard comportamentale precedentemente definito 6 le relazioni spaziali per cui il comportamento è definito dalla mediazione che sussiste tra lo spazio esterno (dimensioni) e quello interno ( quella cosa mi è vicina o lontana; il cielo è sopra di me; etc.) filios 5 legami, che altrimenti potrebbero andare distrutti ogni qualvolta qualcosa nella relazione ci arreca disturbo. E' stato inoltre visto che i bambini con scarse capacità di autocontrollo, da adolescenti finiscono con il cedere facilmente alle pressioni del gruppo dei pari e possono facilmente indulgere in comportamenti antisociali o assunzione di alcol e droghe. Ovviamente, il primo modo in cui possiamo insegnare l'autocontrollo ai nostri figli è con l'esempio. Se noi stessi saremo in grado di non dare in escandescenze anche nelle situazioni più difficili, riuscire a fare una pausa, e soffermarci sulle conseguenze di nostri eventuali comportamenti, metà del lavoro è fatto.. Ecco alcuni suggerimenti su come aiutare i nostri figli a seconda dell'età in cui si trovano. Ovviamente il riferimento all'età è del tutto indicativo. Se è vero che la maggior parte dei bambini raggiunge determinate capacità ad una certa età, è pur vero che ci sono dei bambini che possono avere dei tempi diversi, che possono essere in grado di raggiungere un determinato livello di autocontrollo un po' prima o un po' dopo la maggior parte dei bambini. Quindi atteniamoci pure a queste indicazioni, ma ricordiamoci che ogni bambino e unico, cerchiamo di conoscerlo e semplicemente di 'osservare' le sue reazioni ai nostri comportamenti. Detto questo, ecco come possiamo comportarci a seconda dell'età del bambino/ragazzo: Fino a 2 anni. I bambini molto piccoli sperimentano frequentemente delle frustrazioni dovute alla discrepanza tra ciò che vorrebbero fare e ciò che effettivamente sono in grado di fare. Per questo motivo spesso appariranno irritati e potranno avere delle manifestazioni di rabbia (piangere, urlare, battere la testa, lanciare via qualcosa che hanno nelle mani). Con i più piccoli è opportuno usare la distrazione. E' esperienza comune che un bambino piccolo smette facilmente di piangere o di mostrare un comportamento irritato se gli si propone qualche stimolo piacevole che attiri la sua attenzione (un suono, un oggetto di suo gradimento, un giochino da fare insieme). Man mano che il bambino si avvicina al compimento del secondo anno di età è opportuno utilizzare dei brevi "time-out": si invita il bambino a trascorrere pochi minuti in un'area a ciò designata (può essere una sedia della cucina, un angolo della casa, il suo lettino, etc.) finché non si sia calmato. In questo modo gli si insegna che gli scoppi d'ira hanno delle conseguenze e che è meglio trascorrere del tempo da soli quando ci si sente particolarmente frustrati o irritati. Dai 3 ai 5 anni. In questo periodo si può continuare ad usare il metodo del "time out", allungando i tempi a seconda dell'età del bambino (senza superare i 5 minuti), per dargli la possibilità di calmarsi. Per molti bambini è meglio interrompere il "time-out" non appena sia passato lo stato di irritazione, anziché rispettare dei tempi definiti: questo può essere un metodo molto efficace per rinforzare il raggiungimento dell'auto-controllo. A quest'età si può anche cominciare a chiedere verbalmente ai bambini di non perdere il controllo di sé in situazioni frustranti o difficili. Dai 6 ai 9 anni. A 6 anni di solito i bambini cominciano a frequentare la scuola elementare. Le regole che si incontrano alla scuola elementare in genere sono più severe filios 6 di quelle della scuola materna e ben presto il bambino è in grado di rendersi conto delle conseguenze di determinati comportamenti. A questa età i bambini cominciano anche a rendersi conto che sono effettivamente in grado di controllare il proprio comportamento ed effettuare delle scelte. E' questo il momento di insegnare delle strategie per poterlo fare nelle maniera più efficace. Ad esempio si può aiutare il bambino a fermarsi e pensare prima di agire, insegnandogli a visualizzare un segnale di stop o una luce rossa. O ancora si possono esaminare, insieme a lui, differenti modi di rispondere a determinate situazioni, valutandone le possibili conseguenze, sia negative che positive. Possiamo inoltre insegnargli a rilassarsi quando si trova in situazioni stressanti e che potrebbero portare ad una perdita di controllo. Suggeriamo al bambino di fare dei respiri profondi o di allontanarsi fisicamente da situazioni che ritiene pericolose o particolarmente in grado di suscitare la sua emotività. Qualche bambino riesce a calmarsi dedicandosi a qualche attività piacevole che riesca ad allontanare temporaneamente i suoi pensieri da ciò che lo sta turbando. Dai 10 ai 12 anni. I ragazzi di questa età sono ormai capaci di analizzare il modo in cui pensano. E' importante incoraggiare i ragazzi a parlare delle situazioni in cui tendono a perdere il controllo e analizzare insieme tali situazioni. Spesso le situazioni che fanno tanto irritare i ragazzi di questa età non sono così drammatiche come a loro sembra quando si verificano. Se li si aiuta a riflettere su quanto accaduto, sarà più facile per loro trovare una soluzione diversa quando vi incorreranno di nuovo. Dai 13 ai 15 anni. A questa età i ragazzi saranno capaci di controllare la maggior parte delle loro azioni. Comunque è importante ricordare che gli adolescenti non sono particolarmente capaci di valutare le conseguenze a lungo termine del proprio comportamento. E' importante incoraggiare i ragazzi a sviluppare le capacità di visualizzazione e di rilassamento per far fronte alle situazioni stressanti. 2) dei limiti; 3) delle aspettative; 4) dei bisogni e della loro soddisafazione, attuata nella realtà scolastica, a volte contrario o comunque diverso dal senso e dalla pratica educativa familiare. Su come poi la Scuola debba porre in essere la pratica educativa esistono ampi dibattiti di difficile sintetizzazione. In una battuta, il senso della problematica educativa e pedagogica7 si concentra sulla differenza istruzione\educazione secondo un ordine del 7 Etimologicamente il termine significa “arte di guidare i fanciulli”. In modo più scientifico non è facile dare una definizione di questo termine: in sintesi ogniqualvolta si distingue la pedagogia dall’educazione si intende sottolineare la funzione riflessiva sulla educazione da parte della Pedagogia. In questo senso non si ritiene corretto una identificazione con la Filosofia della Pedagogia in quanto non sussisterebbero i criteri di praticità e della concretezza tipici di questa vera e propria scienza dell’educazione. Tantomeno, appare corretto parlare di scienza non unitaria : biologia pedagogica, psicologia pedagogica, etc.. Al contrario appare utile sottolinearne il valore unitario in quanto è unitario l’oggetto di riferimento: - il soggetto educando . piuttosto è corretto fare presente le tre dimensioni attraverso cui si articola la riflessione pedagogica: la dimensione teoretica (la natura dell’uomo, valori e fini educativi), la dimensione scientifica (apertura alle altre scienze umane per individuare le caratteristiche ed i condizionamenti dell’educando, le esigenze di un epoca, etc.), la dimensione tecnica ( metodologia pedagogica e filios 7 discorso che prende in esame non solo la dimensione cognitiva dell’acquisizione dei significati ma anche la dimensione socioaffettiva dei limiti e delle valorizzazioni delle potenzialità sempre presenti nel discente (dietro una prova vi è sempre qualcuno che si mette alla prova). didattica). La presenza di queste tre dimensione è dunque la condizione stessa della scientificità della pedagogia . Ultima ma non ultima va valutata la dimensione artistica che consente all’educatore, che si trova ad operare in un contesto definito da norme e regole educative di carattere personale e sociale, di operare una scelta educativa che si fonda non solo sulle tre dimensioni accennate sopra ma anche sulla fondamentale capacità innovativa ed originale di affrontare un problema cosi come accade nella creazione o nella realizzazione di un opera d’arte. filios 8 I bisogni8 del minore Prima infanzia: 0\2 anni - Fisici: alimentazione, protezione, accudimento materiale. Attraverso la soddisfazione di tali bisogni si attua la possibilità di veicolare scambi affettivi (sensazioni corporee) interagendo con il mondo. - Psicologici: di affetto ed attaccamento; di rassicurazione e contenimento: secondo Winnicot, l’holding (contenimento) definisce la capacità della madre di fungere da contenitore delle angosce del bambino. L'holding allora indica la capacità di contenimento della madre sufficientemente buona, la quale sa quando intervenire, dando cure e protezione al bambino o quando lasciare spazio al bambino per favorire il soddisfacimento del suo bisogno innato di curiosità ed esplorazione del mondo o di gioco. In questo senso la madre è “sufficientemente buona” quando accudisce il bambino senza frustrarlo in modo inadeguato, quando si occupa del bambino in modo amorevole e non meccanico e ripetitivo, riempiendo così di significato quella gestualità che da rituale può diventare abitudine. Attraverso il soddisfacimento di tali bisogni, il bambino matura una prima esplorazione di sé che consente il potenziamento delle abilità cognitive e socioaffettive . Breve excursus Freud : Con il termine es equivalente all’id latino (esso) Freud intende proporci il primo termine di una topica qual è la divisione es\io\super-io. L’es è l’insieme delle risorse pulsionali\biologiche dell’individuo. Nell’es troviamo dunque quell’energia pulsionale detta libido che presiede allo sviluppo delle fasi orale\anale in cui consiste lo sviluppo della Bisogno: necessità di tipo materiale e non, che l’uomo sente in una progressione crescente, correlata allo stadio di sviluppo civile e psicologico in cui si trova in quel momento. Cfr. Dizionario di Psicologia UTET a cura di U. Galimberti. 8 Motivazione: il bisogno, per sua natura, chiede di essere soddisfatto. L’individuo sente questa spinta emotiva tesa alla soddisfazione del bisogno. Tale spinta, via via crescente, genera la motivazione. Il passaggio all’azione per mettere in atto le modalità di soddisfacimento del bisogno potrebbe essere così esemplificata : sensazione di fame (bisogno primario); aumento della sensazione di fame e conseguente sensazione di dover mangiare; orientamento all’azione tesa al ritrovamento di qualcosa che soddisfi il bisogno; decisone di procurarsi del cibo compatibilmente con le proprie possibilità del momento (denaro, spostamento, comunicazione del bisogno, etc.); decisione di entrare in un negozio od altro con del denaro per comprare del cibo (strategia d’azione). In buona sostanza i punti 3,4 e 5 sono espressione della Motivazione, i punti 1 e 2 del Bisogno. filios 9 personalità. Più determinatamente la fase orale è la prima organizzazione pre-genitale della libido che si forma nei primissimi mesi di vita del bambino e dura approssimativamente fino al secondo anno d’età. Parallelamente la fase anale, tra i due ed i quattro anni, in cui il bambino raggiunge il controllo degli sfinteri, è la seconda fase di sviluppo della libido. Successivamente, la fase fallica, ossia la terza fase dello sviluppo libidico, si sviluppa attorno alla coppia fallico\castrato dove il soggetto in evoluzione (es: maschietto) si distingue dall’altro sesso (femmina) per l’avere, il possedere qualcosa che manca (assenza del fallo) nell’altro sesso a causa di una castrazione\amputazione. Durante la fase fallica il bambino investa la sua energia libidica nei confronti della madre, che vuole per sé. Investimento contrastato, fantasticamente, dal padre che si oppone a tale progetto. Nasce allora l’angoscia di castrazione nel bambino che si sente frustrato nel suo desiderio di essere amato, protetto, desiderato dalla madre nonché di possederne totalmente l’affetto. Il risultato di questo processo è un allontanamento dall’oggetto desiderato, la madre, e la formazione, per introiezione, del super-io ossia di quell’istanza critica sull’io (la parte cosciente e vigile) che corrisponde alla funzione di giudice, di autoosservazione e formazione degli ideali. Winnicot era uno psicoanalista inglese specializzatosi successivamente in Psichiatria. Gli aspetti principali della teoria di W. si possono condensare in una : _ inesauribile interpretabilità dei fatti osservati a livello psicologico e clinico; _ fiducia nella capacità di adattamento del soggetto all’ambiente; _ tendenza del soggetto a risolvere positivamente i conflitti. Nello specifico W. incentra i suoi intressi sul rapporto madre\bambino che costituisce il paradigma del successivo comportamento del soggetto in età adulta (formazione del Sé, costruzione dell’IO). Dopo la nascita il bambino sperimenta ciò che W. chiama holding ossia il contenimento della madre nei confronti del bambino: se la madre sarà premurosa ed attenta (empatica) nei confronti della soddisfazione di bisogni del neonato ( di cura, alimentari, etc.), ossia soddisferà le esigenze del bambino in modo non parziale e non ansioso, allora si potrà instaurare una reazione positiva (adattamento progressivo) agli stimoli che il mondo esterno (ormai differenziato dal mondo interno) esercita sull’infante. In questa delicata fase, il bambino perde quell’onnipotenza del pensiero (Freud la chiamava processo primario) che crea l’oggetto esterno ottenendone gratificazione e soddisfazione, per approdare ad uno stadio in cui il bambino differenzia oramai, sebbene ancora in modo impreciso, tra un dentro e un fuori ; un fuori abitato da oggetti cosiddetti transizionali –che appunto rassicurano il bambino durante l’assenza della madre, mantenendo una continuità di presenza (con la madre) rassicurante e positiva. In questa fase inizia quindi quel delicato processo di separazione\individuazione ottenuto tramite l’oggetto transizionale (coperta, animali di peluche, etc.) che permette, secondo W. di avviare quel delicato processo di sviluppo cognitivo ed emozionale che conduce all’età adulta. Spitz: psicoanalista statunitense di origine austriaca. La sua ricerca di svolse principalmente nell'’ambito della psicologia dell’Io (approccio interdisciplinare: psicoanalisi, etologia, etc.) privilegiando un metodo d’indagine di tipo empirico e non speculativo. Attraverso un’osservazione controllata, analizzò direttamente lo sviluppo delle relazioni oggettuali del bambino, sia in condizioni naturali che in situazioni controllate. Secondo S. esistono diversi stadi evolutivi: filios 10 - preoggettuale (o\3 mesi): non differenziazione tra mondo esterno ed interno. Questa fase è dominata dal principio di costanza che è finalizzato al raggiungimento di uno stato di quiete; - oggetto precursore: (3\8) in cui il bambino comincia ad avere consapevolezza dei cosiddetti oggetti parziali (volto\voce della madre). Questa fase è caratterizzata dalla risposta del sorriso con la quale il bambino riconosce il volto materno ed insatura una forma comunicativa; - oggetto libidico: (8\15) il bambino riconosce l’oggetto nella sua unicità.Questa fase è dominata dall’angoscia dell’ottavo mese con cui il bambino reagisce all’assenza della madre considerata come oggetto d’amore; - ristrutturazione del Sé: dopo i quindici mesi in cui iniziano i “no” del bambino e l’opposizione alle richieste del mondo esterno. (tratto dal Dizionario di Psicologia UTET). Il bambino in questa fascia d’età, può anche accedere all’asilo nido: nati come luogo di custodia per i figli delle lavoratrici, è solo con l'approvazione della legge n. 1044 del 6/12/1971 che gli asili nido diventano comunali, istituiti con il concorso dello Stato. Il nido offre una serie di esperienze in spazi strutturati, dove i bambini sono aiutati dagli educatori a: esprimere le proprie potenzialità; comunicare con i coetanei e gli adulti; esplorare l'ambiente. Sono aperti da settembre a luglio, esclusi i sabati e i festivi, con interruzioni per le vacanze di Natale e Pasqua. La frequenza di luglio è subordinata ad una specifica richiesta da parte dei genitori L'orario di apertura degli asili nido a tempo lungo è dalle 7,30 alle 17,30, quello degli asili a tempo corto dalle 7,30 alle 14,30. A richiesta prolungamento fino alle 15,30 - 16,30 - 17,30 - 18,00. (ma gli orari possono variare a seconda dell'asilo nido). In ogni asilo nido i bambini sono suddivisi in gruppi omogenei per età,: - i piccoli (da 3 a 11 mesi), i medi (da 12 a 19 mesi); - i grandi (da 20 mesi in poi). Alcuni nidi non hanno bambini del gruppo piccoli. Nello specifico, elenchiamo qui di seguito i disturbi psicologici infantili, anche se possono essere diagnosticati da adulti filios 11 Principali disturbi infantili: Ritardo mentale: fuzionamento intellettivo inferiore alla media, con scarso livello di: cura di se stessi, adattamento alla vita familiare, socializzazione ... Disturbi dell'apprendimento: difficolta' ad imparare a parlare, ascoltare, leggere e scrivere correttamente. o o dislessia (disturbo della lettura e della scrittura) discalculia (disturbo del calcolo) Disturbi della comunicazione: o o o dell'espressione del linguaggio della fonazione balbuzie Disturbi dello sviluppo: o autismo - disturbo autistico Disturbo da deficit di attenzione e comportamento dirompente: o o o deficit attenzione e iperattivita' disturbo della condotta disturbo oppositivo provocatorio Disturbi della nutrizione e dell'alimentazione: o o pica disturbo di ruminazione Disturbi da tic: o disturbo di Tourette: tic motori e vocali. Disturbi dell'evacuazione: o o filios enuresi encopresi: evacuazione delle feci in modo ripetuto e solitamente involontario nei vestiti o a terra. 12 Seconda infanzia interazione (3\5 anni): gioco9 e scoperta, autonomia, iniziativa, In relazione alla maturata capacità di rappresentarsi il mondo, ossia di pensare ad eventi ed oggetti in assenza dei medesimi, il bambino attua il“gioco simbolico” che consiste nel fare finta di essere qualcuno del suo mondo (mamma, dottore, etc.) così da potenziare le proprie abilità cognitive ed affettive, non ultime quelle abilità socioaffettive che sono messe in atto in ordine ai conflitti e disaccordi sempre presenti nelle interazioni umane. Ancora, il bambino vuole scoprire il mondo circostante così da allargare le proprie conoscenze sul mondo. Ecco che l'esperienza concreta degli oggetti e dell'ambiente fisico in cui il bambino è immerso favorisce la comprensione e quindi l'acquisizione di nuovi concetti prima non presenti.Tale esperienza concreta, inizia ad attuarsi in maggiore autonomia, così da favorire quel processo che dalla dipendenza porta, progressivamente, alla capacità di scegliere e regolarsi nella propria vita. Il bambino, nello specifico, si esprime soprattutto nel fare per il fare, manifestando un forte interesse per l’attività che sta facendo piuttosto che per il fine a cui può portare. Terza infanzia: (6\11 anni) avventura, aggregazione, stima e riconoscimento Concretizzando la fase precedente, il bambino allarga i propri orizzonti esperienziali, cercando di esplorare realtà meno immediate (ambiente urbano, orizzonti culturali) in aggregazione con i coetanei scelti per affinità e fiducia (stesso sesso, “bande”). Tali interazioni, non ultima quella attuata nell'ambiente scolastico favorisce o meno la fiducia e la stima di sé. (Sé ideale\Sé reale). Si ricordi che il pensiero, in questa fase diventa reversibile: capacità di prendere in esame diverse aspetti della realtà contemporaneamente (indipendentemente dalle proprietà percettive\percepite degli oggetti). Si raggiunge cosi la capacità di seriazione, di conservazione della quantità e di classificazione. Il linguaggio diventa più ricco e fluido, il lessico si arricchisce ed il pensiero si applica alla conoscenza della struttura linguistica della frase. Si verifica anche il superamento dell’egocentrismo del pensiero così da permettere l’accettazione di regole condivise nel gioco ed in altri ambiti. Anche la condivisione di uno scopo comune al gioco ed al gruppo entra a far parte della modalità di questa fascia d’età. 9 Secondo Piaget, il gioco contribuisce a strutturare il pensiero come processo mentale. I giochi senso motori del primo anno di vita riflettono la presenza dell’intelligenza senso motoria che proprio attraverso il gioco viene sviluppata potenziata: gli schemi d’azione vengono agiti ed interiorizzati. Secondo Vygotskij, il gioco è il mezzo più efficace per sviluppare il pensiero astratto: nel gioco il bambino immagina delle situazioni astratte (immaginarie appunto) che gli permettono di comprendere come poter intervenire in tali situazioni e come poterle risolvere. Ecco che allora il gioco diventa fonte di sviluppo ed adattamento a possibili situazioni nuove. Viceversa, secondo Freud, il gioco consentirebbe al bambino di esprimere ansie e timori che possono così manifestarsi in modo simbolico inconscio. I sintomi legati allora a situazioni conflittuali ed irrisolte possono così attenuarsi e rendere la vita del bambino più adatta alla realtà sociale. Da ricordare anche la Klein che ritiene l’uso degli oggetti (alcuni oggetti) nel gioco come caricati di particolare rilevanza affettiva per il bambino. Gioco senso motorio: (primi mesi di vita) : attività rivolta verso se stessi ed il proprio corpo per poi rivolgersi a degli oggetti; gioco simbolico: (18 mesi\ sei anni): rappresentazione di persona\situazione\oggetto non presente al fine di immaginare una situazione che prescinda dalla specifica funzione dell’oggetto immaginato: es. banana\ come far finta che sia un telefono. filios 13 Adolescenza10: aspetti essenziali e problematiche correlate capacità di utilizzare concetti11 astratti: superamento del pensiero operatorio concreto, così da poter riflettere su contenuti astratti: le ideologie, i valori sociali, la giustizia, etc. 3) raggiungimento del pensiero deduttivo;12 2) 4) - formulazione di ipotesi : un determinato fenomeno, per essere compreso nel sua darsi, ossia nel suo diventare un problema per chi lo osserva, deve essere inteso a partire dalla formulazione di una ipotesi che ne spieghi la causa e da un esperimento che miri a verificarne(dell’ipotesi) la verità\falsità; si ricordi anche che l'adolescente riesce ora a comprendere che in un esperimento scientifico 13, le tappe del metodo scientifico sono progressive e sistematiche. L’adolescente si interessa 10 Convenzionalmente si intende con questo termine la fascia d’età che va dai dodici ai vent’anni ed in cui avvengono profondi cambiamenti sul piano psicologico e sociale (pubertà, media adolescenza, giovinezza). Pubertà: insieme delle trasformazioni corporee e fisiologiche che avvengono con la maturazione delle gonadi e l’inizio della funzione sessuale. Le caratteristiche di tale fase o periodo sono: - lo scatto di crescita, --la maturazione sessuale - la nuova immagine corporea - la sessualità. 11 Concetto: risultato di un processo di astrazione (procedimento messo in atto da un soggetto per pervenire a concetti universali a partire da oggetti individuali) che ha come conseguenza la categorizzazione di oggetti od eventi: es. vedo diversi animali a quattro zampe con caratteristiche simili (coda, dimensioni, etc.) ed inizio a pensare che facciano parte di una unica specie (cavallo). Posso allora affermare che conoscere il significato del termine x (cavallo) equivale a possederne il concetto. V’è da dire che il concetto (cavallo) non è la parola “cavallo”, infatti diverse parole posso indicare lo stesso concetto (animale a quattro zampe che nitrisce) oppure posso possedere il concetto di un animale che nitrisce e galoppa senza sapere il nome del concetto che lo identifica. In sintesi è possibile affermare che i concetti sono una sorta di unità minime di un pensiero; per quanto riguarda invece la validità universale del concetto questa (la validità) è in relazione alla comunicabilità del concetto. La comunicabilità del concetto è tanto più univoca quanto più il concetto denota correttamente gli oggetti che pretende di descrivere Coscienza: secondo una linea di tendenza che reca con sé i contributi del comportamentismo e della psicologia sperimentale la coscienza è un processo psicofisiologico complesso che si manifesta con la consapevolezza a) del proprio passato b) della propria identità c) della propria situazione percettiva ed emozionale. Si aggiunga che la coscienza garantisce un processo continuo ed adeguato di informazione ed adattamento tra l’Io, il sistema nervoso e l’ambiente. 12 Deduzione: processo di natura logica che consente di pervenire ad una conclusione partendo da premesse considerate come vere: es. Prima premessa: Tutti gli uomini sono mortali , seconda premessa: Socrate è un uomo – conclusione: Socrate è mortale. Ovviamente la deduzione non ci dice che le premesse siano vere, ci permette soltanto di concludere che Socrate è un uomo. Si pensi infatti a questa obiezione: la prima premessa (premessa maggiore), quando è vera? Quando tutti gli uomini sono o saranno morti? 13 Per scienza si intende un complesso organico di conoscenze ottenuto con un processo sistematico (afferente un metodo di indagine) di acquisizione delle stesse allo scopo di giungere ad una descrizione precisa della realtà fenomenica . Le regole che governano il processo di acquisizione delle conoscenze sono precisate dal metodo sperimentale. Le fasi successive del metodo sperimentale sono: filios l'osservazione di un evento o di un fenomeno che costituisca un problema (naturale o sociale), la formulazione di un'ipotesi generale che spieghi il perché del darsi del fenomeno le conseguenze dell’ipotesi 14 anche a i valori sociali (ciò che si ritiene sia giusto a livello sociale oppure no) ed al bene comune; 5) - dinamiche affettive: anche a causa di modificazioni ormonali e fisiche,gli oggetti d’amore di tipo primario (padre, madre) vengono sostituiti con altri esterni all’ambito familiare. La tematica dell’abbandono degli oggetti d'amore (ciò di cui parla la Mahler) nel processo di individuazione\separazione (mi individuo come soggetto e corpo separato dalla madre che diventa oggetto di investimento affettivo) può attagliarsi anche all'adolescenza in cui i genitori vengono de-idealizzati al fine di costituirsi (l'adolescente) come soggetto pensante e deliberante. Tale separazione – che tende a de-idealizzare il genitore privandolo di quelle caratteristiche ritenute sino ad allora certe e buone - può comportare un senso di colpa per l'allontanamento dal nucleo familiare. Allontanamento come distacco, che deve essere sostenuto dai genitori: - 14 maturi per sostenere frustrazioni ed insoddisfazioni (proprie e del giovane) ; adulti nel dare amore al giovane (ossia sostegno e fiducia disinteressati) che sta cercando di definirsi come Sé e come persona progressivamente autonoma e deliberante. In una battuta : sta cercando la sua strada. 6) gruppo: come elemento di appartenenza in cui si rafforza l'identità personale. Il Sé14 si riorganizza anche sulla base dell'opposizione alle regole degli adulti. L'appartenenza al gruppo può comportare peraltro la presenza di conformismo (assumere le medesime forme di comportamento del gruppo ma anche le medesime forme del pensare, ivi compresi stereotipi e pregiudizi) mediante l'imitazione (apprendimento per imitazione o modellamento) che possono sfociare , in alcuni casi, in comportamenti devianti. In generale, il gruppo ha una valenza positiva in quanto permette: - di rafforzare il senso di appartenenza grazie allo status ed al ruolo che il singolo riveste al suo interno con conseguente aumento della stima di sé; - di comprendere il senso ed il valore del rispetto delle norme interne al gruppo; l’allestimento di un esperimento la possibilità di verifica dell'ipotesi mediante osservazioni successive che considerino la presenza di una variabile indipendente che sia causa della variazione della variabile indipendente Sé: ci riferiamo a un costrutto personale su noi stessi, un insieme di conoscenze che noi abbiamo su noi stessi, ebbene tale costrutto prevede: un primo livello che comprende la coscienza di sé: esperienza che consente di riconoscerci come individui unici ed irripetibili, centro delle nostre azioni ma anche unità in mezzo ad altre unità del mondo (oggetto tra gli altri oggetti ) .un secondo livello detto dei sé contingenti, ossia le impressioni del momento su ciò che ci accade: sensazione di una passeggiata, rabbia per un torto subito, etc. un terzo livello dei Sé concettuali che sono descrizioni organiche che noi facciamo di noi stessi: autostima, identità psico-sociale, immagini di sé e concetto di sé. filios 15 - di rafforzare il senso dell'identità collettiva che, se da un alto comporta un aumento della dipendenza dal gruppo in quanto il singolo ha valore se e solo se si riconosce nei valori ed idee del gruppo, dall'altro permettono il costituirsi di un nuovo senso di stare al mondo – non familiare o formale nei gruppi con scopi istituiti – che permette al giovane di comprendere il proprio sé e di evolversi verso nuovi orizzonti, siano essi culturali che sociali e personali nonché di costruirsi delle nuove amicizie15. D'altro lato non esiste una pura dipendenza o una pura autonomia bensì un continuo processo di interdipendenza tra i due aspetti. In alcuni casi si può assistere al fenomeno della devianza: in questi casi, il gruppo è teso ad ottenere e realizzare scopi concreti e materiali (ruberie, etc.) che violano le norme sociali. In genere l'adolescente ha difficoltà a comprendere la portata delle proprie azioni. 7) abbandono del corpo infantile: cambiano gli aspetti estetici e motori legati al corpo fondamentali per la formazione dell'identità – sé corporeo – in questo senso la dimensione motoria può risultare difficile da gestire in ordine ai cambiamenti di altezza, postura, peso, etc., ma anche la dimensione estetica così profondamente legate a ciò che gli altri pensano di me può risultare di difficile gestione. Alcune risposte a questi possibili disagi possono essere il controllo sull'attività fisica e sull'alimentazione. Anche la dimensione sessuale è fondamentale. L'identificazione, precedente alla pubertà, con il sesso opposto diventa, in genere, con l'adolescenza, identificazione con lo stesso sesso ma questo processo può comportare difficoltà e disagi fonti di ansia e preoccupazioni – maschi con comportamenti effeminati, etc,. 8) Abbandono di una identità infantile. Per la formazione di un sé adulto si ritiene che: la stima di sé16 si potenzi anche sulla base dei successi ottenuti in ambito scolastico, sociale; nello specifico la Stima di sé è la positività della valutazione di sé che non dipende solo da ciò che uno pensa di essere (concetto di sé) ma anche da ciò che desidera essere che a sua volta è collegato alle aspettative che gli altri significativi hanno sull’adolescente. Facciamo un esempio: se un ragazzo\a desidera diventare musicista, eventuali insuccessi avranno incidenza sulla stima di sé mentre gli insuccessi in campo sportivo non lo toccheranno più di tanto. Ma sarà anche importante la relazione o le relazioni educative ed affettive che l’adolescente 15 Amicizia: è un sentimento che scaturisce dall’incontro tra due persone che, percependo il bisogno di uscire dalla propria egoità, sperimentano una comunanza di interessi, ideali, preoccupazioni. Tale comunanza produce come conseguenza la reciproca comprensione e la reciproca intimità nella relazione. Nella misura in cui l’amicizia, soprattutto nella sua espressione adolescenziale, riveste i caratteri del bisogno e dell’esclusività, o della pronunciata dipendenza, può dar origine a forme di gelosia. Si aggiunga che, nel caso sopra menzionato, l’amicizia presenta molte analogie con la relazione amorosa. filios 16 si troverà ad intrattenere: il come affrontare una sconfitta si apprende all’interno di una esperienza di vita insieme agli altri. Si apprende a non temere la sconfitta, a gioire di un abbraccio, a reagire ad un disagio, non tanto perché le emozioni cambiano ma perché cambia il senso che ognuno di noi può dare ad un evento: quell’uomo laggiù nell’angolo è una minaccia per me? Il voto di quell’insegnante è una sconfitta? Insieme agli altri impariamo che quell’uomo è un amico e quel voto un occasione per mettermi alla prova: educazione emotiva. Ancora più nello specifico: l’autostima è la considerazione globale che un individuo ha di se stesso e delle proprie capacità. Ora, la mancanza di convinzione circa le proprie capacità e competenze può generare ansia, ansia che può condurre al fallimento di una prestazione pur in presenza di una buona preparazione. E’ del resto vero che anche un eccesso di sicurezza non supportato dalla realtà porta a sottovalutare le difficoltà e quindi a non munirsi di strumenti adeguati. Alla base dell’autostima, quindi, c’è un processo di autovalutazione, che può tuttavia tradursi in due eccessi: SOPRAVVALUTAZIONE: Chi si sopravvaluta Tende a non valutare realisticamente le difficoltà. Si considera sempre pronto e preparato a priori. Crede di poter riuscire in qualsiasi cosa senza sforzo. Non considera la possibilità di fallire. Davanti all’insuccesso può reagire negando la realtà o “crollando”. Attribuisce i successi ottenuti unicamente alle proprie capacità, mentre imputa i fallimenti a cause esterne (sfortuna, persecuzione, incapacità altrui). SVALUTAZIONE: Chi si sottovaluta Non si sente mai sufficientemente adeguato rispetto ai compiti da affrontare e vive ogni nuova prova con ansia eccessiva. Di fronte al successo ne imputa la ragione a fattori esterni (fortuna, coincidenze, aiuto altrui), mentre attribuisce gli insuccessi esclusivamente ai propri limiti. Fra questi due estremi si colloca la situazione di autostima ideale, le cui caratteristiche sono: filios Accettazione globale di sé : Sensazione di poter essere accettati così come si è, nonostante i difetti, a prescindere dalle proprie prestazioni. Consapevolezza di sé: Sapere quali sono i propri punti di forza e debolezza. Conoscere i propri obiettivi a breve e lungo termine. Autoefficacia percepita: Convinzione di essere capaci di dominare specifiche situazioni, di poter portare a termine con successo determinate attività e progetti. 17 L’alta autostima prevede attività ed assertività, unite ad accettazione di sé, sicurezza e fiducia nelle proprie capacità ed abilità nonché desiderio di eccellere. La bassa autostima prevede passività, a volte sottomissione e dipendenza, scarsa fiducia nelle proprie capacità ed abilità nonché scarsa attribuzione ai giudizi positivi dati da altri. In genere, Chi ha un’alta autostima, pur essendo soddisfatto di sé, lavora per migliorarsi ulteriormente. Chi ha una bassa autostima, tende ad impegnarsi poco, ad essere sopraffatto dall’ansia e a non persistere nello sforzo se i primi tentativi sono inefficaci. Nel secondo caso quindi si viene a creare un circolo vizioso: La bassa autostima, vero motore del ragionamento, predispone ad aspettative negative sul proprio successo ed efficacia nel controllo delle situazioni\esperienze. Ciò porta inevitabilmente allo sviluppo dell’ ansia in relazione ad una possibile\futura esperienza negativa nonché alla riduzione dell’impegno nelle proprie attività (visto il fine insperato ). La conseguenza è un fallimento probabile della prestazione ed una conseguente scarsa valutazione di sé e delle proprie capacità ed abilità. Ora, se non sempre è possibile influire sui fattori esterni che condizionano l'autostima, è possibile provare ad agire su quelli interni: Ridimensionare i propri obiettivi : se si fallisce un esame un certo numero di volte, può essere utile metterlo momentaneamente da parte ed affrontarne un altro meno complesso. In pratica è lo sviluppo della teoria dei piccoli passi. In questo modo si possono trarre nuove energie dal successo ottenuto e riacquisire fiducia nelle proprie capacità per nuove prove più complesse. Assegnare importanza agli scopi che si è in grado di raggiungere: alcune volte, la tendenza a concentrarsi su obiettivi non compatibili con le proprie capacità\abilità quando ve ne sono altri per cui si è molto più portati, può mettere in crisi l’autostima di uno studente. Per tale motivo un percorso accademico non può essere scelto a priori, ma sempre in relazione alla persona: alle sue competenze, ai suoi interessi, ai suoi desideri, alle sue aspettative. In una battuta, lo studente deve far appello alla sua “vocazione”. Non attribuirsi tutta la colpa di un fallimento: l’insuccesso agli esami è spesso determinato da una serie di fattori interni ed esterni. È molto importante saper distinguere tra di essi. Ad esempio: se si affronta l’esame in condizioni di salute compromesse dall’influenza, non ci si può rimproverare di aver fallito un compito che richiede molta concentrazione. Non valutarsi in maniera troppo rigida: Si può essere persone competenti e sbagliare comunque un test. Il giudizio su una prova d’esame non è un giudizio sulla persona. In effetti, le persone che riescono meglio nei test sono coloro che ritengono che dagli errori si impara (prove sperimentali a riguardo hanno dimostrato questa affermazione) Ridimensionare l’importanza attribuita agli insuccessi :fallire un esame non è mai un errore irrimediabile. Può comportare dei disagi e dei ritardi, può modificare qualche progetto, ma se ci si pensa bene non determina mai esiti catastrofici. Anche qui, possiamo dire che sarebbe opportuno dare il giusto peso alle prove: un esame di stato andato male può condurre, per compensazione (Adler), ad una laurea brillante. Potremmo anche dire che il ragionamento è guidato dalle emozioni e non viceversa come tendiamo a credere: il futuro esito negativo immaginato è determinato dalle nostre paure e non dalla logica. filios 18 Imparare ad essere assertivi: comunicare le proprie opinioni, i propri pensieri, desideri, diritti e sentimenti in modo diretto, appropriato ed onesto con i colleghi ed i docenti, può portare ottimi risultati. 9) Sé reale\Sé ideale\Sé normativo: sussiste all'interno del soggetto una possibile suddivisione in: o ciò che penso di essere; o ciò che vorrei essere; o ciò che dovrei essere. Se non sono come vorrei posso sperimentare scoraggiamento e delusione; se non sono come dovrei posso sperimentare ansia ed agitazione, non ultimo il senso di depressione che può insorgere come risposta all'incapacità di progettarsi nel futuro dovuta a discrepanza tra i diversi stati del sé. Tali problematiche possono essere determinate : Iperprotezione familiare: costruzione dell'identità sulle aspettative genitoriali e conseguente incapacità di svolgere scelte autonome: sono come vogliono; povertà di stimoli culturali: la situazione condiziona l'orizzonte delle scelte possibili; caratteristiche personali: se sussiste discrepanza tra sé reale e normativo l'adolescente può evitare di impegnarsi nella direzione del dover essere sostituendo tale obiettivo con altri possibili ma ancora da rintracciare (disimpegno). Se sussiste una discrepanza tra sé reale ed ideale ciò può tradursi in un impegno a colmare tale lacuna. Bisogni dell'adolescenza Identità: “chi sono, come dovrei essere e vorrei essere” sono le domande che il giovane si rivolge al fine di poter formare, con risposte adeguate, la propria identità. Il giovane si prefigura anche il suo futuro ruolo da adulto. Indipendenza: l'allentamento dei legami familiari permette al giovane di conquistare gradatamente quella indipendenza che dovrebbe essere una delle peculiarità del mondo adulto. Tale processo può essere inficiato, per alcuni aspetti, dalla presenza del cosiddetto “pensiero di onnipotenza” che può portare l'adolescente a ritenere che nulla di grave gli possa mai accadere. Senso. Questa categoria, di origine cristiana, come la categoria della speranza, permette al giovane di chiedersi perché fare qualcosa: perché lo faccio? In buona sostanza il nesso tra il pensiero e l'agire è mediato dalla ragione che cerca di comprendere il senso delle attività che si compiono. filios 19 Il Maltrattamento La letteratura sui fenomeni sociali ci insegna che, a dispetto di quanto si possa pensare, molte delle violenze verso i minori avvengono all’interno della famiglia, da parte di quelle figure allevanti da cui dovremmo sentirci protetti. Inizialmente. il maltrattamento venne considerato essenzialmente come fisico: si faceva riferimento in particolar modo all’abuso sessuale e al problema sociale dell’incesto. Solo in tempi recenti si è superato il limite che voleva il maltrattamento infantile circoscritto a quello fisico e sessuale, estendendolo ad una visione più ampia in cui furono presi in considerazione anche la trascuratezza e l’abuso psicologico. Nel 1978 fu il Consiglio D’Europa a darne una definizione, sostenendo che l’abuso è rappresentato: “dagli atti e le carenze che turbano gravemente il bambino e attenuano la sua incolumità corporea, al suo sviluppo fisico, affettivo, intellettivo e morale, le cui manifestazioni sono la trascuratezza e/o le lesioni di ordine fisico e/o psichico e/o sessuale da parte di un familiare o di altri che hanno cure del bambino”. Il child abuse comprende ogni forma di violenza fisica e psichica subita dal bambino e suggerisce una classificazione degli abusi che comprende sia quello fisico che psicologico. Nello specifico, il maltrattamento si può manifestare : come violenza fisica: accertabile direttamente da colui che interagisce col bambino ( medico, operatore, genitore, educatore) come violenza emozionale: riscontrabile in sede osservativa (comportamenti) o di dialogo (espressioni verbali e non verbali compatibili con la diagnosi di maltrattamento)) come abuso sessuale : riscontrabile sia con accertamenti medici che con il dialogo ed il colloquio; come conseguenza di mancanze: di cure adeguate tipiche della trascuratezza. Ogni maltrattamento è accomunato dalle conseguenza negative sul piano fisico e psicologico (stima di sé., futuro ruolo sociale, sviluppo psicosociale) che il minore subisce. Nello specifico, tali conseguenza non sono subitanee ma si prolungano nel lungo periodo: i cosiddetti danni invisibili. filios 20 Indicatori di maltrattamento fisico Il maltrattamento fisico può presentare alcuni indizi che possono far pensare ad una sua presenza: - il ritardo nel chiamare il medico,; - il racconto vago ed impreciso dei presenti alle cause del supposto incidente possono insospettire; - un bambino che nasconde i lividi, oppositivo; - un genitore non coinvolto e troppo distaccato. Tutto ciò può essere fonte di sospetto. Negare quanto accaduto o negarne il valore, avere atteggiamenti molto depressi o aggressivi senza esprimere senso di colpa per l’accaduto possono essere indicazioni ulteriori. Fisici: ustioni da immersione in liquidi o a secco;lividi di forme particolari causate da oggetti contundenti, abrasioni, lacerazioni, morsi, lievi ferite cutanee, lesioni interne, fratture, emorragie, traumi, ospedalizzazioni frequenti. Comportamentali: reattività esagerata o chiusura: collerico\iperattivo o passivo\assente. Attaccamento indiscriminato verso gli estranei e resistena verso gli estranei. Ritardo nello sviluppo: controllo sfinetrico, capacità motoria, socializzazione. Problemi di apprendimento. Autolesionismo. Indicatori familiari: genitori che hanno sofferto per deprivazioni affettive o maltrattamenti. Genitori immaturi, con poca autostima, isolamento sociale, solitudine, gravidanze ravvicinate, incapacità a chiedere aiuto, abuso di alcool e droghe. lNDlCATORl Dl GRAVE NEGLIGENZA O TRASCURATEZZA Indicatori fisici malnutrizione e spesso conseguente ritardo nello sviluppo ; scarsa igiene che causa anche difficoltà rapporto con l coetanei; ritardo mentale per carenza dl stimolazioni; filios 21 carenza dl cure mediche, assenza dl controlli sanitari, in alcuni casi anche dl vaccinazioni obbligatorie abbigliamento inadeguato rispetto alla stagione e trascurato nell’igiene che e causa anche dl problemi sanitari (affezioni delle vie respiratorie da eccessivo raffreddamento oppure scottature da esposizione al sole) Indicatori comportamentali lamenta dl avere fame , si fa dare o ruba la merenda al compagni stanchezza permanente, scarsa attenzione, si addormenta spesso in classe passività e apatia appare distaccato nel confronti dei familiari e ricerca affetto e attenzioni dagli estranei ritardo nel linguaggio per carenza dl stimoli rimane spesso in strada e sta fuori dl casa fino a tarda sera dichiara che non c'e nessuno che si occupa dl lui ha esperienze precoci dl alcool e droghe Indicatori familiari I genitori che lasciano spesso l figli, anche neonati incustoditi oppure affidati a persone che non sono in grado dl averne cura adeguata I genitori che sono mentalmente ritardati oppure che sono alcolisti tossicodipendenti, oppure con problemi psichiatrici madri confuse o depresse, oppure molto giovani o senza partner o con numerose gravidanze non volute isolamento sociale, scarso sostegno dalla famiglia d’origine dei coniugi filios 22 abitazione inadeguata, mancanza di un minimo dl risorse economiche, dipendenza dall’aiuto assistenziale come unica forma dl reddito disinteresse nel confronti del figli, incapacità di occuparsi di loro, con una vita familiare caotica scarsa capacità ad affrontare l problemi, poca motivazione al cambiamento, passività rispetto alla propria situazione indicatori di maltrattamento psicologico Relativi al minore: ritardo nello sviluppo, rigidità, ossessioni, fobie, ipocondria, terrore notturno, enuresi, problemi di apprendimento, iperattività impulsività, stereotipie (mordere, succhiare, dondolarsi), asocialità\vischiosità nei rapporti. Familiari: mancato riconoscimento dei bisogni filiali, ivi compresa la difficoltà a comprendere la soddisfazione de bisogno come problema a cui dare una risposta. Scarsa capacità di dare stimolazioni in modo adeguato. Gli interventi: la prevenzione primaria In questa fase vedremo principalmente gli interventi di sostegno alla genitorialità come aspetto principale degli interventi che si possono effettuare, a scopo preventivo, per l’armonioso e corretto sviluppo della personalità del bambino. Tali interventi, si concretizzano nella presenza, all’interno delle diverse strutture sociali ed educative dell’infanzia, di momenti condivisi (con esperti, educatori, genitori, età.) con funzione di sostegno alla genitorialità. Nello specifico, si tratta di assicurare lo sviluppo della funzione genitoriale grazie al dialogo con diverse figure operative e non, al fine di permettere una riflessione sulla propria cultura genitoriale (idee, valori, atteggiamenti, comportamenti) ed una diversa consapevolezza del proprio agire educativo. Più che uno scambio con l’esperto di turno, si tratta di un confronto tra coscienze pensanti al fine di una felice interazione tra sapere teorico e sapere pratico o agire pedagogico. Come esempio è possibile annoverare l’intervento sulla: filios 23 scelta della paternità \maternità: aspetti correlati ad aspettative, convinzioni, e conseguenze della nascita primi anni di vita: aspetti correlati ai bisogni del bambino, alle pratiche educative, alla disponibilità alla relazione,etc.; adolescenza: come coinvolgimento dei ragazzi e degli adulti sulle diverse problematiche che li attanagliano. I servizi ricreativi diurni per il tempo libero : 8\12 anni – Sono servizi finalizzati allo sviluppo dell’attività di gioco del bambino: il fare insieme nel gioco di gruppo permette al bambino si scoprirsi come potenzialità e modalità relazionali. Anche il piano fantastico\simbolico si struttura maggiormente in relazione al piano di realtà che il bambino sperimenta continuamente nel qui ed ora del gioco con altri. Le esperienze cosiddette ludiche in questa fascia d’età permettono allora di sviluppare il piacere del gioco per il gioco in moda da sviluppare una buona socializzazione tra tutti i bambini\ragazzi anche appartenenti a diverse culture ed etnie. Nel gioco, in effetti, si accantonano le differenze culturali in favore del rapporto tra pari, con la condivisione delle regole con sapute anche tra sessi diversi. Le diverse attività che il servizio predispone, sia di laboratorio che di animazione o creatività , consente allora lo sviluppo della parte creativa ed interazionale dl bambino nonché lo sviluppo delle sue potenzialità e dei suoi interessi. L’identità pedagogica del servizio è peraltro rivolta anche alla prevenzione ed rischio e del disagio che l’educatore può intravedere nelle interazioni: si cercherà di curare in particolar modo la singola relazione con il ragazzo grazie all’ascolto ed alla empatia modulata sulle sue risposte comunicative . Centri aggregativi diurni per preadolescenti Nella misura in cui i bisogni della preadolescenza sono condizionati dalle modificazioni somatiche e del pensiero, nonché dalla ricerca della indipendenza nei confronti dell’adulto, questi centri si prefiggono di fornire un sostegno: - - filios alla transizione verso l’età adulta mediante l’assunzione di un ruolo connesso a delle responsabilità e la possibile identificazione con una figura adulta (attività laboratoriali, semplici attività ludiche, spazi teatrali, sostegno scolastico, etc.) orientare verso un senso possibile del proprio futuro in relazione all’ambiente in cui si è inseriti. (centri di interesse sociale, centri di incontro, luoghi di 24 discussione, attività di prevenzione adolescenziale, rispetto delle norme,etc..) del rischio Centri aggregativi per adolescenti In questi centri, che hanno di mira lo sviluppo dell’identità sociale dell’adolescente (bisogni materiali e simbolici, etici e ludici), la finalità educativa è rivolta all’impiego del tempo libero (e dello spazio) di cui dispongono i ragazzi (ascolto della musica, sport, attività sociali, etc.). Un luogo qualsiasi che funga da riferimento (centro città, giardino, etc.) assume rilevanza come polo di aggregazione per modalità relazionali svincolate dal mondo adulto (compagnia\banda). Centri educativi (servizio continuativo pomeridiano e serale, anche fine settimana) Bisogni: sostegno educativo (prevenzione secondaria) Attività: laboratori manualità, gioco, sport, sostegno scolastico Metodologia: ascolto, accettazione non giudicante ed autentica, accoglienza Finalità: recupero di alcune problematiche specifiche di ragazzi della scuola dell’obbligo Obiettivi educativi: recupero di modalità relazionali e\o educative tramite progetti finalizzati e personalizzati; Integrazione del ragazzo nel territorio per contrastare episodi di emarginazione L’affido L’affido è un intervento (affido parziale per alcuni giorni a settimana; a tempo pieno per periodi brevi o lunghi) che mira a risolvere o contenere delle problematiche (disturbi del comportamento, socioaffettivi, per trascuratezza, negligenza, etc ) del minore e della famiglia d’origine. Nello specifico si tratta di un minore la cui permanenza nella famiglia d’origine inciderebbe negativamente sul suo sviluppo psicosociale. L’inserimento in una famiglia affidataria , disposto dai servizi socioassistenziali previo consenso genitoriale, è reso esecutivo dal giudice tutelare ed è teso a : filios valutare la recettività e tipologia della famiglia affidataria al fine di garantire al minore le risorse per il suo pieno sviluppo: funzione educativa per la normalizzazione del minore; funzione terapeutica per curare i disagi subiti; funzione nutritiva per minori trascurati, ipostimolati, passivizzati; recuperare le risorse presenti nella famiglia d’origine e predisporre un piano di rientro del minore. 25