Scheda di approfondimento n. 2 Aprile 2013 Nella fede della Chiesa CHI CREDE NON È MAI SOLO’ VIVIAMO LA COMPASSIONE DI GESÙ BUON PASTORE CHE DEPONE LA VITA Approfondiamo qualche aspetto comunitario del nostro carisma, del ‘noi’ che ‘vive la compassione di Gesù buon Pastore …’: il noi di sorelle nella fede e nel carisma stesso, che partecipa del noi della Chiesa, lasciandone trasparire il volto di comunione, di riconciliazione, di unità, pur ‘tra le rughe’ che lo segnano di debolezze e limiti. È il noi della Chiesa che fa tutt’uno con Gesù buon Pastore crocifisso e risorto: primizia di legami veri, purificati nel passaggio pasquale, ri-creati dal soffio dello Spirito consegnato sulla Croce. La fede della Chiesa, Corpo di Cristo e Madre di tutti i credenti, precede, genera, sostiene e nutre la fede personale. La fede ‘ci fa Chiesa’, comunità dei credenti: è il noi della comunione1. La compassione di Gesù buon Pastore è generata in questo essere-con i fratelli, essereper i fratelli, che ci precede come grazia e che edifichiamo nella responsabilità. (Allegato 1) Attraversiamo ancora una volta la ‘porta della fede’ «(…) nessuno di noi diventi pigro nella fede. Essa è compagna di vita che permette di percepire con sguardo sempre nuovo le meraviglie che Dio compie per noi (…) Noi crediamo con ferma certezza che il Signore ha sconfitto il male e la morte. Con questa fiducia ci affidiamo a Lui: Egli è presente in mezzo a noi, vince il potere del maligno (cfr. Lc 11,20) e la Chiesa, comunità visibile della sua misericordia, permane in Lui come segno della riconciliazione definitiva con il Padre». (Cfr. Porta fidei, n. 15) RADICATE NELLA PAROLA NELLA FEDE DELLA CHIESA IL DISEGNO DI DIO La Chiesa appartiene alla Rivelazione. La Lumen Gentium al n. 9 ne fa un racconto completo. “Dio volle santificare e salvare gli uomini non individualmente e senza alcun legame tra loro, ma volle costituire di loro un popolo …”: è il piccolo gregge dei credenti che si forma e avanza nella storia, un germe di comunione attraverso il quale Dio continua a dialogare con tutta l’umanità. In Cristo Pastore i ‘figli dispersi’ sono raccolti nel nuovo popolo di Dio: in Lui divengono ‘una cosa sola’ e insieme camminano nella storia verso il Padre, guidati dallo Spirito, aprendo i confini dell’universalità. La fede inaugura per tutti questo ‘spazio di salvezza e compagnia’, è l’ekklesìa, che ha un carattere ‘speciale’, di origine divina, rispetto ad ogni altro gruppo umano: si raduna per ascoltare la voce di Dio e manifestargli l’obbedienza (Cfr. Es 19,4-7). Il Figlio obbediente si è fatto uno con l’umanità perché lo Spirito con il Sangue del mistero pasquale scrivesse la nuova alleanza nel cuore dei credenti. L’umanità è così resa ‘una sola in Cristo Gesù’ (Gal 3,16.26-29). (Allegato 2) «La fede trinitaria, essendo comunione, implica che il credere secondo la Trinità significa diventare comunione. Storicamente parlando, vuol dire che l’io del Credo è un io collettivo: l’io della Chiesa», J. Ratzinger, citato in R. Fisichella ed.. Noi crediamo. Per una teologia dell’atto di fede, EDB Roma 1993, p. 84. 1 1 IL PERCORSO DELLA FEDE L’incontro con Cristo è decisivo. E’ sempre un incontro preparato, atteso, vissuto, celebrato da una comunità credente che, nella misura in cui è testimone di Cristo, mantiene viva la domanda trafiggente della conversione: che cosa dobbiamo fare, fratelli? Si diventa credenti per la testimonianza di altri, con i passi della conversione, unendosi alla comunità. (Cfr. At 2,32-47). È dinamica permanente e non solo iniziale della fede e avviene nella circolarità del dono vicendevole. Avviene anche secondo un’esistenza cristiana dalle molte e diverse fisionomie di cui la Chiesa è spazio. Pietro e la vedova, Maria e Giairo, l’anziano Simeone e l’emorroissa, gli apostoli e i martiri, Ignazio di Antiochia e Gregorio Magno, Francesco d’Assisi e Caterina da Siena, il Beato Alberione e Tecla Merlo: la stessa fede, ma vissuta, alla luce della chiamata di Dio, non allo stesso modo. L’autentica singolarità dell’esperienza di fede sempre si lascia ricondurre nello Spirito alla totalità e all’insieme. Il noi della fede, attraversando i cuori, percorre tempi e luoghi: è la traditio vivente che si dona e si consegna nelle culture, nelle generazioni, nelle relazioni, come fede vissuta, testimoniale, affidabile. La Chiesa, comunità educante, è spazio in cui la fede è donata e nutrita. (Allegato 3) IL SIMBOLO DELLA FEDE2 La formulazione simbolica della fede ci permette di cogliere tutto lo spessore teologico e spirituale della fede. Al cuore della celebrazione eucaristica, confessiamo comunitariamente l’unica fede della Chiesa; nella preghiera carismatica che ci caratterizza il Credo sigilla la prima parte dell’adorazione eucaristica, dedicata a Gesù Verità3. Lo sfondo è liturgico, comunitario, orante. Il Credo dà gloria all’Amore trinitario; quando ci si sente toccati da questo Amore, allora le parole sgorgano non come affermazioni logiche e aride, ma come narrazione di una storia consapevole del cammino di salvezza che sta vivendo. La liturgia battesimale è il contesto nel quale il Credo nasce, in forma di dialogo tra la comunità e i catecumeni; saranno poi i Concili ad elaborare in chiave dogmatica e dottrinale le iniziali ed essenziali formule di fede. Ma in ogni caso il Credo rispecchia la natura della fede: un ascolto che interpella (testimonianza), una risposta che trasforma (conversione), un accogliere che impegna (relazioni vissute nel dono). Per questo il Credo, anche se professato sempre con le stesse parole è anche sempre nuovo: si riempie infatti dell’opera creativa della Trinità e del vissuto che, immerso nel Credo, rivive nel suo significato di salvezza e di speranza. Simbolo vuol dire mettere insieme, riunire insieme: confessare la fede ‘esige’ i compagni di fede. La fede infatti è tale solo se vive e si muove nel «noi» della Chiesa: la comune confessione infatti plasma nella dedizione e nel dono, le cui opere assicurano vitalità, perché ‘la fede senza le opere è morta’. (Cfr. Gc 2,14-26) (Allegato 4) CON LA FEDE CHE CI FA CHIESA IN CRISTO, NELLO SPIRITO «Sono stato crocifisso con Cristo, e non vivo più io, ma Cristo vive in me. E questa vita, che io vivo nel corpo, la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha consegnato se stesso per me». (Gal 2,20) Vuol dire che: « (…) Il mio io è inserito nell’io di Cristo e così unito a quello di tutti i miei fratelli. Soltanto a partire da questa profondità di rinnovamento del singolo nasce la Chiesa, nasce la comunità che unisce in vita e in morte»4. Nulla nella vita del cristiano si sottrae a Cristo e al suo legame con il Padre e lo Spirito, all’interno del quale il battesimo fa entrare. È una comunione di vita nuova (Cfr. 1 Cor 1,9) possibile perché è donato lo Spirito: l’unico e indivisibile Spirito che abita in Cristo nuovo Adamo e 2 Ci riferiamo ai due Simboli: Il Simbolo degli Apostoli, così chiamato perché a buon diritto è ritenuto il riassunto fedele della fede degli Apostoli. «È il Simbolo accolto dalla Chiesa di Roma, dove ebbe la sua sede Pietro, il primo tra gli Apostoli, e dove egli portò l'espressione della fede comune» (CCC 194). Il Simbolo detto niceno-costantinopolitano, frutto dei primi due Concili Ecumenici (di Nicea nel 325 e primo di Costantinopoli nel 381). È tuttora comune a tutte le grandi Chiese dell'Oriente e dell'Occidente (CCC 195). 3 Cfr. G. Alberione, Opera omnia, Preghiere, p. 94. 4 J. Ratzinger, La chiesa. Una comunità sempre in cammino. Ed. San Paolo 20083, p. 134. 2 in ogni credente, che coinvolge nella Pasqua per la nuova creazione, che dona la caparra della vita futura e definitiva. Per caratterizzare la comunione dei figli di Dio nell’unità di vita che proviene dallo Spirito nell’obbedienza a Cristo, Paolo usa l’espressione Corpo di Cristo (1 Cor 12,13. 27-28; Col 1,18; Ef 1,22-23)5, un unico Corpo di Cristo e in Cristo, membra plasmate dallo Spirito, che mostrano comunque tutto il loro spessore umano. Non si può essere di Cristo senza essere del suo Corpo. La vita riconciliata con Dio è vita con gli altri; la fede non è solo vita nella Chiesa, ma vita di Chiesa, di solidarietà fraterna e comunione nel servizio reciproco. La vicenda personale non è soffocata o cancellata: sempre si è un membro del corpo di Cristo, come persona nella comunità, come comunità nella Chiesa locale, come Chiesa locale nella Chiesa universale. (Allegato 5) CORPO ECCLESIALE, CORPO EUCARISTICO6 Un passo ulteriore porta a riconoscere la sorgente sacramentale della comunione ecclesiale. La comunione dei credenti è il frutto del battesimo che l’eucaristia porta al suo pieno compimento. Non è un noi psicologico, o esteriormente uniforme o espressivo di soli sentimenti. È un ‘corpo per Dio’ e il suo fondamento è in Dio. La Chiesa si origina nella comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito e si realizza nel ‘passaggio’ della Pasqua che vince il peccato e la morte: quando tutti e ognuno dei credenti, con le proprie differenze e storie, gioie e dolori, diventano una realtà sola con il Cristo morto e risorto, nel memoriale dell’eucaristia. Capo e corpo formano dunque un’unica comunione. Il pane spezzato e il calice condiviso operano il passaggio dal Corpo personale di Cristo al Corpo mistico che i credenti uniti a Cristo formano nel loro insieme. Le divisioni (schísmata) e le fazioni (hairéseis) di cui parla Paolo denunciando la comunità di Corinto, sono la lacerazione della Chiesa di Dio: quella che si riunisce in uno stesso luogo, in assemblea, per il pasto del Signore risorto (1Cor 11,18ss). ‘Tutti coloro che partecipano all’unico pane sono un corpo solo’. La comunità dei credenti diventa una cosa sola con il Cristo; la ferita di ogni comunità umana guarisce, ogni distinzione è annullata. E se Cristo ha generato la Chiesa (nell’acqua, nel sangue e nello Spirito), nel sacramento del battesimo e del Corpo di Cristo è la Chiesa a generare il Corpo sacramentale di Cristo, offrendogli, nello Spirito, le sue membra. Su queste basi ha origine la solidità dei legami fraterni. Il vivere nella comunione fraterna è dunque la conseguenza del coinvolgimento di tutta la persona nel Corpo sacramentale del Signore: l’eucaristia, la Chiesa. In Lui la comunità diventa sacrificio vivente gradito al Padre. (Allegato 6) IL DEPORRE LA VITA: SACRIFICIO DELLA FEDE, SACRIFICIO DELLA CHIESA La fede è sacrificio di lode perché riconosce e accoglie la vita come dono gratuito di Dio e, in Cristo e nello Spirito, la vive come un’esistenza che glorifica il Padre. Ciò che il credente compie nella comunione con Cristo è sacrificio offerto a Dio, non come aggiunta, ma in Lui e nello Spirito. In questo ‘sacrificio di comunione’ si riconosce il deporre la vita. E’ per la fede, espressione di una relazione d’amore con Cristo e con i fratelli, che si accetta di deporre la vita ed è Cristo che ne rivela la fecondità. Cristo raduna la Chiesa con il suo sacrificio. Con la fede l’‘io personale e comunitario’ è passato in Lui: «Questo è il sacrificio dei cristiani: “Pur essendo molti, siamo un corpo solo in Cristo”; e la chiesa lo celebra continuamente nel sacramento dell’altare, noto ai fedeli, dove si vede che in ciò che offre, la Chiesa offre anche se stessa» (S. Agostino). ‘La Chiesa è il sacrificio che, in Cristo, glorifica il Padre. Questo perché al momento dell’eucaristia essa viene trasformata in quello stesso sacrificio che celebra. In questo senso è l’eucaristia che fa la Chiesa’. La qualità sacrificale dell’eucaristia è nel suo essere sacramento del dono, che fa del credente stesso un dono. Il momento sacramentale non chiude, anzi inaugura l’esistenza di un Corpo di comunione, in cui le membra sono chiamate a rimanere dentro l’abbraccio della riconciliazione attraverso la consegna di sé: lo Spirito continua la sua opera di ricreazione perchè prendano parte alla vita del Padre creature e popoli di ogni luogo e di ogni tempo. (Allegato 7) 5 In altri momenti e contesti abbiamo avuto modo di attingere anche alla tradizione giovannea e petrina che, con altre immagini, evocano la compenetrazione tra comunione con Dio e i fratelli. (la vite e i tralci, pietre vive ed edificio spirituale …). 6 Cfr. Prima lettera di San Paolo ai Corinzi, cc. 10-11-12. 3 IN COMUNIONE E CONVERSIONE PASTORALE Per la riflessione personale e la condivisione comunitaria LA REGOLA DI VITA Per grazia del Signore Gesù ci è dato di vivere la consacrazione pastorale nella comunione di vita per essere segno visibile che tutti gli uomini sono chiamati alla fraternità e alla riconciliazione in Cristo. n. 17 Viviamo perciò in comunità fraterne, nella condivisione dei beni e, giorno dopo giorno, edifichiamo, intorno alla Parola e all’Eucaristia, una comunione visibile a servizio del Regno. n. 18 Al Padre che ci chiama e che nello Spirito ci consacra rispondiamo con il dono di noi stesse manifestato nella dedizione pastorale e nella professione pubblica dei consigli evangelici vissuti nella vita comune. n. 36 1. Dopo aver letto la scheda e i testi allegati, sottolinea qualche espressione che ti ha colpito e soffermati su di esse. Quali pensieri e sentimenti suscitano in te? Quale preghiera fanno nascere in te? 2. L’appartenenza alla comunità cristiana è appartenenza al corpo di Cristo. Come esprimo questa grazia nella vita fraterna, nella collaborazione pastorale, in rapporto al creato, nelle relazioni in genere …? PER UNA RINNOVATA PRESENZA NELLA CHIESA E APERTE ALL’INTERCULTURALITÀ L’interculturalità è l’apertura delle diverse culture al Vangelo e, proprio perché evangelizzate, entrano in dialogo ed accoglienza reciproca, fino alla comunione nell’unico Corpo di Cristo. Dalla riflessione comunitaria è sorta qualche intuizione o ispirazione al riguardo? (Casa generalizia, aprile 2013) 4