5. D.Lgs. 30 luglio 1999, n. 300 (e successive modifiche)
Riforma dell'organizzazione del Governo, a norma dell'articolo 11 della L. 15 marzo 1997, n. 59.
1. Oggetto
1. Il presente decreto legislativo, in attuazione della delega disposta con l'articolo 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59, modificato
dall'articolo 1 della legge 16 giugno 1998, n. 191 e dall'articolo 9 della legge 8 marzo 1999, n. 50, detta norme per la
razionalizzazione, il riordino, la soppressione e la fusione di ministeri, l'istituzione di agenzie, il riordino dell'amministrazione
periferica dello Stato.
2. In nessun caso le norme del presente decreto legislativo possono essere interpretate nel senso della attribuzione allo Stato, alle sue
amministrazioni o ad enti pubblici nazionali, di funzioni e compiti trasferiti, delegati o comunque attribuiti alle regioni, agli enti
locali e alle autonomie funzionali dalle disposizioni vigenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, ovvero da
conferire ai sensi dei decreti legislativi emanati in attuazione della legge 15 marzo 1997, n. 59.
2. Ministeri
1. I Ministeri sono i seguenti: 1) Ministero degli affari esteri; 2) Ministero dell'interno; 3) Ministero della giustizia;
4) Ministero della difesa; 5) Ministero dell'economia e delle finanze; 6) Ministero delle attività produttive; 7) Ministero delle
comunicazioni; 8) Ministero delle politiche agricole e forestali; 9) Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio; 10) Ministero
delle infrastrutture e dei trasporti; 11) Ministero del lavoro e delle politiche sociali;
12) Ministero della salute; 13) Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca; 14) Ministero per i beni e le attività culturali.1
2. I ministeri svolgono, per mezzo della propria organizzazione, nonché per mezzo delle agenzie disciplinate dal presente decreto
legislativo, le funzioni di spettanza statale nelle materie e secondo le aree funzionali indicate per ciascuna amministrazione dal
presente decreto, nel rispetto degli obblighi derivanti dall'appartenenza all'Unione europea.
3. Sono in ogni caso attribuiti ai ministri, anche con riferimento alle agenzie dotate di personalità giuridica, la titolarità dei poteri di
indirizzo politico di cui agli articoli 3 e 14 del decreto legislativo n. 29 del 1993 e la relativa responsabilità.
4. I ministeri intrattengono, nelle materie di rispettiva competenza, i rapporti con l'Unione europea e con le organizzazioni e le
agenzie internazionali di settore, fatte salve le competenze del ministero degli affari esteri.
TITOLO I L'Organizzazione dei ministeri
3. Disposizioni generali.
1. Nei Ministeri costituiscono strutture di primo livello, alternativamente: a) i dipartimenti; b) le direzioni generali.
2. Nei Ministeri in cui le strutture di primo livello sono costituite da dipartimenti non può essere istituita la figura del segretario
generale. Nei Ministeri organizzati in dipartimenti l'ufficio del segretario generale, ove previsto da precedenti disposizioni di legge o
regolamento, è soppresso. I compiti attribuiti a tale ufficio sono distribuiti tra i capi dipartimento con il regolamento di cui all'articolo
4 2.
4. Disposizioni sull'organizzazione
1. L'organizzazione, la dotazione organica, l'individuazione degli uffici di livello dirigenziale generale ed il loro numero, le relative
funzioni e la distribuzione dei posti di funzione dirigenziale, l'individuazione dei dipartimenti, nei casi e nei limiti fissati dalle
disposizioni del presente decreto legislativo, e la definizione dei rispettivi compiti sono stabiliti con regolamenti o con decreti del
ministro emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. Si applica l'articolo 19 della legge 15
marzo 1997, n. 59. I regolamenti prevedono la soppressione dei ruoli esistenti e l'istituzione di un ruolo unico del personale non
dirigenziale di ciascun ministero, articolato in aree dipartimentali e per direzioni generali. Fino all'istituzione del ruolo unico del
personale non dirigenziale di ciascun ministero, i regolamenti assicurano forme ordinarie di mobilità tra i diversi dipartimenti e le
diverse direzioni generali, nel rispetto dei requisiti di professionalità richiesti per l'esercizio delle relative funzioni, ferme restando le
normative contrattuali in materia. La nuova organizzazione e la dotazione organica del personale non devono comunque comportare
incrementi di spesa.
2. I ministeri che si avvalgono di propri sistemi informativi automatizzati sono tenuti ad assicurarne l'interconnessione con i sistemi
informativi automatizzati delle altre amministrazioni centrali e locali per il tramite della rete unitaria delle pubbliche
amministrazioni.
3. Il regolamento di cui al precedente comma 1 si attiene, inoltre, ai criteri fissati dall'articolo 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e
dall'articolo 2 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni e integrazioni.
4. All'individuazione degli uffici di livello dirigenziale non generale di ciascun ministero e alla definizione dei relativi compiti si
provvede con decreto ministeriale di natura non regolamentare.
5. Con le medesime modalità di cui al precedente comma 1 si procede alla revisione periodica dell'organizzazione ministeriale, con
cadenza almeno biennale.
6. I regolamenti di cui al comma 1 raccolgono tutte le disposizioni normative relative a ciascun ministero. Le restanti norme vigenti
sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore dei regolamenti medesimi.
5. I dipartimenti
1. I dipartimenti sono costituiti per assicurare l'esercizio organico ed integrato delle funzioni del ministero. Ai dipartimenti sono
attribuiti compiti finali concernenti grandi aree di materie omogenee e i relativi compiti strumentali ivi compresi quelli di indirizzo e
coordinamento delle unità di gestione in cui si articolano i dipartimenti stessi, quelli di organizzazione e quelli di gestione delle
risorse strumentali, finanziarie ed umane ad essi attribuite.
2. L'incarico di capo del dipartimento viene conferito in conformità alle disposizioni, di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni.
1
2
Art. 1, D.L. 12 giugno 2001, n. 217.
Art. 1, D. Lgs. 6 dicembre 2002, n. 287.
33
3. Il capo del dipartimento svolge compiti di coordinamento, direzione e controllo degli uffici di livello dirigenziale generale
compresi nel dipartimento stesso, al fine di assicurare la continuità delle funzioni dell'amministrazione ed è responsabile dei risultati
complessivamente raggiunti dagli uffici da esso dipendenti, in attuazione degli indirizzi del ministro.
4. Dal capo del dipartimento dipendono funzionalmente gli uffici di livello dirigenziale generale compresi nel dipartimento stesso.
5. Nell'esercizio dei poteri di cui ai precedenti commi 3 e 4, in particolare, il capo del dipartimento: a) determina i programmi per
dare attuazione agli indirizzi del ministro; b) alloca le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili per l'attuazione dei
programmi secondo principi di economicità, efficacia ed efficienza, nonché di rispondenza del servizio al pubblico interesse; c)
svolge funzioni di propulsione, di coordinamento, di controllo e di vigilanza nei confronti degli uffici del dipartimento; d) promuove
e mantiene relazioni con gli organi competenti dell'Unione europea per la trattazione di questioni e problemi attinenti al proprio
dipartimento; e) adotta gli atti per l'utilizzazione ottimale del personale secondo criteri di efficienza, disponendo gli opportuni
trasferimenti di personale all'interno del dipartimento; f) è sentito dal ministro ai fini dell'esercizio del potere di proposta per il
conferimento degli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale generale, ai sensi dell'articolo 19, comma 4, del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29; g) può proporre al ministro l'adozione dei provvedimenti di revoca degli incarichi di direzione
degli uffici di livello dirigenziale generale, ai sensi dell'articolo 19, comma 7, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e,
comunque, viene sentito nel relativo procedimento; h) è sentito dal ministro per l'esercizio delle attribuzioni a questi conferite
dall'articolo 14, comma 1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
6. Con le modalità di cui all'articolo 16, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, possono essere definiti ulteriori
compiti del capo del dipartimento.
6. Il segretario generale
1. Nei Ministeri in cui le strutture di primo livello sono costituite da direzioni generali può essere istituito l'ufficio del segretario
generale. Il segretario generale, ove previsto, opera alle dirette dipendenze del Ministro. Assicura il coordinamento dell'azione
amministrativa, provvede all'istruttoria per l'elaborazione degli indirizzi e dei programmi di competenza del Ministro, coordina gli
uffici e le attività del Ministero, vigila sulla loro efficienza e rendimento e ne riferisce periodicamente al Ministro3.
7. Uffici di diretta collaborazione con il ministro
1. La costituzione e la disciplina degli uffici di diretta collaborazione del ministro, per l'esercizio delle funzioni ad esso attribuite
dagli articoli 3 e 14 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni ed integrazioni, l'assegnazione di
personale a tali uffici e il relativo trattamento economico, il riordino delle segreterie particolari dei sottosegretari di Stato, sono
regolati dall'articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29.
2. I regolamenti di cui al suddetto articolo 14, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, si attengono, tra l'altro, ai
seguenti principi e criteri direttivi: a) attribuzione dei compiti di diretta collaborazione secondo criteri che consentano l'efficace e
funzionale svolgimento dei compiti di definizione degli obiettivi, di elaborazione delle politiche pubbliche e di valutazione della
relativa attuazione e delle connesse attività di comunicazione, nel rispetto del principio di distinzione tra funzioni di indirizzo e
compiti di gestione; b) assolvimento dei compiti di supporto per l'assegnazione e la ripartizione delle risorse ai dirigenti preposti ai
centri di responsabilità, ai sensi dell'articolo 3 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, anche in funzione della verifica della
gestione effettuata dagli appositi uffici, nonché del compito di promozione e sviluppo dei sistemi informativi; c) organizzazione degli
uffici preposti al controllo interno di diretta collaborazione con il ministro, secondo le disposizioni del decreto legislativo di riordino
e potenziamento dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta
dalle amministrazioni pubbliche, in modo da assicurare il corretto ed efficace svolgimento dei compiti ad essi assegnati dalla legge,
anche attraverso la provvista di adeguati mezzi finanziari, organizzativi e personali; d) organizzazione del settore giuridicolegislativo in modo da assicurare: il raccordo permanente con l'attività normativa del Parlamento, l'elaborazione di testi normativi del
Governo garantendo la valutazione dei costi della regolazione, la qualità del linguaggio normativo, l'applicabilità delle norme
introdotte, lo snellimento e la semplificazione della normativa, la cura dei rapporti con gli altri organi costituzionali, con le autorità
indipendenti e con il Consiglio di Stato; e) attribuzione dell'incarico di Capo degli uffici di cui al comma 1 ad esperti, anche estranei
all'amministrazione, dotati di elevata professionalità.
TITOLO II Le agenzie
8. L'ordinamento
1. Le agenzie sono strutture che, secondo le previsioni del presente decreto legislativo, svolgono attività a carattere tecnico-operativo
di interesse nazionale, in atto esercitate da ministeri ed enti pubblici. Esse operano al servizio delle amministrazioni pubbliche,
comprese anche quelle regionali e locali.
2. Le agenzie hanno piena autonomia nei limiti stabiliti dalla legge e sono sottoposte al controllo della Corte dei conti, ai sensi
dell'articolo 3, comma 4, della legge 14 gennaio 1994, n. 20. Esse sono sottoposte ai poteri di indirizzo e di vigilanza di un ministro
secondo le disposizioni del successivo comma 4, e secondo le disposizioni generali dettate dagli articoli 3, comma 1, e 14 del decreto
legislativo n. 29 del 1993 e successive modificazioni.
3. L'incarico di direttore generale dell'agenzia viene conferito in conformità alle disposizioni dettate dal precedente articolo 5 del
presente decreto per il conferimento dell'incarico di capo del dipartimento.
4. Con regolamenti emanati ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del presidente del
consiglio dei ministri e dei ministri competenti, di concerto con il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, sono emanati gli statuti delle agenzie istituite dal presente decreto legislativo, in conformità ai seguenti principi e criteri
direttivi:
a) definizione delle attribuzioni del direttore generale dell'agenzia anche sulla base delle previsioni contenute nel precedente articolo
5 del presente decreto con riferimento al capo del dipartimento;
b) attribuzione al direttore generale e ai dirigenti dell'agenzia dei poteri e della responsabilità della gestione, nonché della
responsabilità per il conseguimento dei risultati fissati dal ministro competente nelle forme previste dal presente decreto; nell'ambito,
ove possibile, di massimali di spesa predeterminati dal bilancio o, nell'ambito di questo, dal ministro stesso;
3
Art. 2, D. Lgs. 6 dicembre 2002, n.287.
34
c) previsione di un comitato direttivo, composto da dirigenti dei principali settori di attività dell'agenzia, in numero non superiore a
quattro, con il compito di coadiuvare il direttore generale nell'esercizio delle attribuzioni ad esso conferite;
d) definizione dei poteri ministeriali di vigilanza, che devono comprendere, comunque, oltre a quelli espressamente menzionati nel
precedente comma 2:
d1) l'approvazione dei programmi di attività dell'agenzia e di approvazione dei bilanci e rendiconti, secondo modalità idonee a
garantire l'autonomia dell'agenzia;
d2) l'emanazione di direttive con l'indicazione degli obiettivi da raggiungere;
d3) l'acquisizione di dati e notizie e l'effettuazione di ispezioni per accertare l'osservanza delle prescrizioni impartite;
d4) l'indicazione di eventuali specifiche attività da intraprendere;
e) definizione, tramite una apposita convenzione da stipularsi tra il ministro competente e il direttore generale dell'agenzia, degli
obiettivi specificamente attribuiti a questa ultima, nell'ambito della missione ad essa affidata dalla legge; dei risultati attesi in un arco
temporale determinato; dell'entità e delle modalità dei finanziamenti da accordare all'agenzia stessa; delle strategie per il
miglioramento dei servizi; delle modalità di verifica dei risultati di gestione; delle modalità necessarie ad assicurare al ministero
competente la conoscenza dei fattori gestionali interni all'agenzia, quali l'organizzazione, i processi e l'uso delle risorse;
f) attribuzione all'agenzia di autonomia di bilancio, nei limiti del fondo stanziato a tale scopo in apposita unità previsionale di base
dello stato di previsione del ministero competente; attribuzione altresì all'agenzia di autonomi poteri per la determinazione delle
norme concernenti la propria organizzazione ed il proprio funzionamento, nei limiti fissati dalla successiva lettera l);
g) regolazione su base convenzionale dei rapporti di collaborazione, consulenza, assistenza, servizio, supporto, promozione tra
l'agenzia ed altre pubbliche amministrazioni, sulla base di convenzioni quadro da deliberarsi da parte del ministro competente;
h) previsione di un collegio dei revisori, nominato con decreto del ministro competente, composto di tre membri, due dei quali scelti
tra gli iscritti all'albo dei revisori dei conti o tra persone in possesso di specifica professionalità; previsione di un membro supplente;
attribuzione dei relativi compensi, da determinare con decreto del ministro competente di concerto con quello del tesoro;
i) istituzione di un apposito organismo preposto al controllo di gestione ai sensi del decreto legislativo di riordino e potenziamento
dei meccanismi e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei rendimenti e dei risultati dell'attività svolta dalle
amministrazioni pubbliche;
l) determinazione di una organizzazione dell'agenzia rispondente alle esigenze di speditezza, efficienza ed efficacia dell'adozione
amministrativa; attribuzione a regolamenti interni di ciascuna agenzia, adottati dal direttore generale dell'agenzia e approvati dal
ministro competente, della possibilità di adeguare l'organizzazione stessa, nei limiti delle disponibilità finanziarie, alle esigenze
funzionali, e devoluzione ad atti di organizzazione di livello inferiore di ogni altro potere di organizzazione; applicazione dei criteri
di mobilità professionale e territoriale previsti dal decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni e integrazioni;
m) facoltà del direttore generale dell'agenzia di deliberare e proporre all'approvazione del ministro competente, di concerto con
quello del tesoro, regolamenti interni di contabilità ispirati, ove richiesto dall'attività dell'agenzia, a principi civilistici, anche in
deroga alle disposizioni sulla contabilità pubblica.
9. Il personale e la dotazione finanziaria
1. Alla copertura dell'organico delle agenzie, nei limiti determinati per ciascuna di esse dai successivi articoli, si provvede,
nell'ordine: a) mediante l'inquadramento del personale trasferito dai ministeri e dagli enti pubblici, di cui al precedente articolo 8,
comma 1; b) mediante le procedure di mobilità di cui al capo III del titolo II del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 e
successive modificazioni ed integrazioni; c) a regime, mediante le ordinarie forme di reclutamento.
2. Al termine delle procedure di inquadramento di cui al precedente comma 1, sono corrispondentemente ridotte le dotazioni
organiche delle amministrazioni e degli enti di provenienza e le corrispondenti risorse finanziarie sono trasferite all'agenzia. In ogni
caso, le suddette dotazioni organiche non possono essere reintegrate.
3. Al personale inquadrato nell'organico dell'agenzia, ai sensi del precedente comma 1, è mantenuto il trattamento giuridico ed
economico spettante presso gli enti, le amministrazioni e gli organismi di provenienza al momento dell'inquadramento, fino alla
stipulazione del primo contratto integrativo collettivo di ciascuna agenzia.
4. Gli oneri di funzionamento dell'agenzia sono coperti: a) mediante le risorse finanziarie trasferite da amministrazioni, secondo
quanto disposto dal precedente comma 2; b) mediante gli introiti derivanti dai contratti stipulati con le amministrazioni per le
prestazioni di collaborazione, consulenza, assistenza, servizio, supporto, promozione;
c) mediante un finanziamento annuale, nei limiti del fondo a tale scopo stanziato in apposita unità previsionale di base dello stato di
previsione del ministero competente e suddiviso in tre capitoli, distintamente riferiti agli oneri di gestione, calcolati tenendo conto dei
vincoli di servizio, alle spese di investimento, alla quota incentivante connessa al raggiungimento degli obiettivi gestionali.
10. Agenzie fiscali
1. Le agenzie fiscali sono disciplinate, anche in deroga agli articoli 8 e 9, dalle disposizioni del Capo II del Titolo V del presente
decreto legislativo ed alla loro istituzione si provvede secondo le modalità e nei termini ivi previsti4.
TITOLO III L'amministrazione periferica
11. L'ufficio territoriale del governo.
1. Le prefetture sono trasformate in uffici territoriali del governo.
2. Gli uffici territoriali del governo mantengono tutte le funzioni di competenza delle prefetture, assumono quelle ad essi assegnate
dal presente decreto e, in generale, sono titolari di tutte le attribuzioni dell'amministrazione periferica dello Stato non espressamente
conferite ad altri uffici. Sono in ogni caso fatte salve le competenze spettanti alle regioni a statuto speciale e alle province autonome.
3. Il prefetto preposto all'ufficio territoriale del governo nel capoluogo della regione assume anche le funzioni di commissario del
governo.
4. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, si provvede alla specificazione
dei compiti e delle responsabilità del titolare dell'ufficio territoriale del governo, al riordino, nell'ambito dell'ufficio territoriale del
governo, dei compiti degli uffici periferici delle amministrazioni diverse da quelle di cui al comma 5 e all'accorpamento, nell'ambito
4
Art. 1, D.L. 7 settembre 2001, n. 343.
35
dell'ufficio territoriale del governo, delle relative strutture, garantendo la concentrazione dei servizi comuni e delle funzioni
strumentali da esercitarsi unitamente, assicurando un'articolazione organizzativa e funzionale atta a valorizzare la specificità
professionali, con particolare riguardo alle competenze di tipo tecnico. Il regolamento disciplina inoltre le modalità di svolgimento in
sede periferica da parte degli uffici territoriali del governo di funzioni e compiti di amministrazione periferica la cui competenza
ecceda l'ambito provinciale. Il regolamento prevede altresì il mantenimento dei ruoli di provenienza per il personale delle strutture
periferiche trasferite all'ufficio territoriale del governo e della disciplina vigente per il reclutamento e l'accesso ai suddetti ruoli,
nonché la dipendenza funzionale dell'ufficio territoriale del governo o di sue articolazioni dai ministeri di settore per gli aspetti
relativi alle materie di competenza.
5. Le disposizioni dei comuni precedenti non si applicano alle amministrazioni periferiche degli affari esteri, della giustizia, della
difesa, del tesoro, delle finanze, della pubblica istruzione, dei beni e delle attività culturali; non si applicano inoltre agli uffici i cui
compiti sono attribuiti dal presente decreto legislativo ad agenzie. Il titolare dell'ufficio territoriale del governo è coadiuvato da una
conferenza permanente, da lui presieduta e composta dai responsabili delle strutture periferiche dello Stato. Il titolare dell'ufficio
territoriale di governo nel capoluogo della regione è coadiuvato da una conferenza permanente composta dai rappresentanti delle
strutture periferiche regionali dello Stato.
TITOLO IV I Ministeri Capo I - Il ministero degli affari esteri
12. Attribuzioni.
1. Al ministero degli affari esteri sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di rapporti politici, economici,
sociali e culturali con l'estero; di rappresentanza, di coordinamento e di tutela degli interessi italiani in sede internazionale; di analisi,
definizione e attuazione dell'azione italiana in materia di politica internazionale; di rapporti con gli altri Stati con le organizzazioni
internazionali; di stipulazione e di revisione dei trattati e delle convenzioni internazionali e di coordinamento delle relative attività di
gestione; di studio e di risoluzione delle questioni di diritto internazionale, nonché di contenzioso internazionale; di rappresentanza
della posizione italiana in ordine all'attuazione delle disposizioni relative alla politica estera e di sicurezza comune previste dal
Trattato dell'Unione europea e di rapporti attinenti alle relazioni politiche ed economiche esterne dell'Unione europea; di
cooperazione allo sviluppo; di emigrazione e tutela delle collettività italiane e dei lavoratori all'estero; cura delle attività di
integrazione europea in relazione alle istanze ed ai processi negoziali riguardanti i trattati dell'Unione europea, della Comunità
europea, della CECA, dell'EURATOM.
2. Nell'esercizio delle sue attribuzioni, il ministero degli affari esteri assicura la coerenza delle attività internazionali ed europee delle
singole amministrazioni con gli obiettivi di politica internazionale.
3. Restano attribuite alla presidenza del consiglio dei ministri le funzioni ad essa spettanti in ordine alla partecipazione dello Stato
italiano all'Unione europea, nonché all'attuazione delle relative politiche.
13. Ordinamento.
1. Il ministero si articola in direzioni generali in numero non superiore a 20, coordinate da un segretario generale.
2. Restano in vigore, per il ministero degli affari esteri, la riserva di cui all'articolo 6, comma 5, del decreto legislativo 3 febbraio
1993, n. 29, così come modificato dal decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, concernente le particolari disposizioni dettate dalle
normative di settore e l'articolo 4 del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio 1967, n. 18.
Capo II - Il ministero dell'interno
14. Attribuzioni.
1. Al Ministero dell'interno sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di: garanzia della regolare
costituzione e del funzionamento degli organi degli enti locali e funzioni statali esercitate dagli enti locali, tutela dell'ordine e della
sicurezza pubblica, difesa civile, politiche di protezione civile e prevenzione incendi, salve le specifiche competenze in materia del
Presidente del Consiglio dei Ministri, tutela dei diritti civili, cittadinanza, immigrazione, asilo e soccorso pubblico5.
2. Il ministero svolge in particolare le funzioni e i compiti di spettanza statale nelle seguenti aree funzionali:
a) garanzia della regolare costituzione degli organi elettivi degli enti locali e del loro funzionamento, finanza locale, servizi elettorali,
vigilanza sullo stato civile e sull'anagrafe e attività di collaborazione con gli enti locali;
b) tutela dell'ordine e della sicurezza pubblica e coordinamento delle forze di polizia;
c) amministrazione generale e supporto dei compiti di rappresentanza generale di governo sul territorio;
d) tutela dei diritti civili, ivi compresi quelli delle confessioni religiose, di cittadinanza, immigrazione e asilo.
3. Il ministero svolge attraverso il corpo nazionale dei vigili del fuoco anche gli altri compiti ad esso assegnato dalla normativa
vigente6.
4. Restano ferme le disposizioni della legge 1° aprile 1981, n. 121.
15. Ordinamento.
1. Il ministero si articola in dipartimenti, disciplinati ai sensi degli articoli 4 e 5 del presente decreto.
Il numero dei dipartimenti non può essere superiore a quattro.
2. L'organizzazione periferica del ministero è costituita dagli Uffici territoriali del governo di cui all'articolo 11, anche con compiti di
rappresentanza generale del governo sul territorio, dalle Questure e dalle strutture periferiche del corpo nazionale dei vigili del fuoco.
Capo III - Il ministero della giustizia
16. Attribuzioni.
1. Il ministro di grazia e giustizia e il ministero di grazia e giustizia assumono rispettivamente la denominazione di ministro della
giustizia e ministero della giustizia.
2. Il ministero della giustizia svolge le funzioni e i compiti ad esso attribuiti dalla Costituzione, dalle leggi e dai regolamenti in
materia di giustizia e attività giudiziaria ed esecuzione delle pene, rapporti con il consiglio superiore della magistratura, attribuzioni
concernenti i magistrati ordinari, vigilanza sugli ordini professionali, archivi notarili, cooperazione internazionale in materia civile e
penale.
3. Il ministero esercita in particolare le funzioni e i compiti concernenti le seguenti aree funzionali:
5
6
Sostituito dalla legge di conversione del D.L. 7 settembre 2001, n. 343.
Sostituito dall'art. 1, D.L. 7 settembre 2001, n. 343.
36
a) servizi relativi alla attività giudiziaria: gestione amministrativa della attività giudiziaria in ambito civile e penale; attività
preliminare all'esercizio da parte del ministro delle sue competenze in materia processuale; casellario giudiziale; cooperazione
internazionale in materia civile e penale; studio e proposta di interventi normativi nel settore di competenza;
b) organizzazione e servizi della giustizia: organizzazione e funzionamento dei servizi relativi alla giustizia; gestione amministrativa
del personale amministrativo e dei mezzi e strumenti anche informatici necessari; attività relative alle competenze del ministro in
ordine ai magistrati; studio e proposta di interventi normativi nel settore di competenza;
c) servizi dell'amministrazione penitenziaria: gestione amministrativa del personale e dei beni della amministrazione penitenziaria;
svolgimento dei compiti relativi alla esecuzione delle misure cautelari, delle pene e delle misure di sicurezza detentive; svolgimento
dei compiti previsti dalle leggi per il trattamento dei detenuti e degli internati;
d) servizi relativi alla giustizia minorile: svolgimento dei compiti assegnati dalla legge al ministero della giustizia in materia di
minori e gestione amministrativa del personale e dei beni ad essi relativi.
4. Relativamente all'ispettorato generale restano salve le disposizioni della legge 12 agosto 1962, n. 1311 e successive modifiche ed
integrazioni, nonché dell'articolo 8 della legge 24 marzo 1958, n. 195.
17. Ordinamento.
1. Il ministero si articola in dipartimenti, disciplinati ai sensi degli articoli 4 e 5 del presente decreto. Il numero dei dipartimenti non
può essere superiore a quattro, in riferimento alle aree funzionali definite nel precedente articolo.
18. Incarichi dirigenziali.
1. Agli uffici di diretta collaborazione con il ministro ed ai dipartimenti, sono preposti i dirigenti di cui all'articolo 23 del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall'articolo 15 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80, i magistrati delle
giurisdizioni ordinarie e amministrative, i professori e ricercatori universitari, gli avvocati dello Stato, gli avvocati; quando ricorrono
specifiche esigenze di servizio, ai medesimi uffici possono essere preposti anche soggetti estranei all'amministrazione ai sensi
dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall'articolo 23 del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 80.
2. Agli uffici dirigenziali generali istituiti all'interno dei dipartimenti, sono preposti i dirigenti di cui all'articolo 23 del decreto
legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, come sostituito dall'articolo 15 del decreto legislativo 1998, n. 80, ed i magistrati della
giurisdizione ordinaria; quando ricorrono specifiche esigenze di servizio, ai medesimi uffici possono essere preposti anche gli altri
soggetti elencati al comma 1.
19. Magistrati.
1. Il numero massimo dei magistrati collocati fuori dal ruolo organico della magistratura e destinati al ministero non deve superare le
50 unità.
Capo IV - Il ministero della difesa
20. Attribuzioni.
1. Al ministero della difesa sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di difesa e sicurezza militare dello
Stato, politica militare e partecipazione a missioni a supporto della pace, partecipazione ad organismi internazionali di settore,
pianificazione generale e operativa delle forze armate e interforze, pianificazione relativa all'area industriale di interesse della difesa.
2. Il ministero esercita in particolare le funzioni e i compiti concernenti le seguenti aree:
a) area tecnico operativa: difesa e sicurezza dello Stato, del territorio nazionale e delle vie di comunicazione marittime ed aree,
pianificazione generale operative delle Forze armate e Interforze con i conseguenti programmi tecnico finanziari; partecipazione a
missioni anche multinazionali per interventi a supporto della pace; partecipazione agli organismi internazionali ed europei
competenti in materia di difesa e sicurezza militare o le cui deliberazioni comportino effetti sulla difesa nazionale ed attuazione delle
decisioni da questi adottate; rapporti con le autorità militari degli altri Stati; informativa al Parlamento sull'evoluzione del quadro
strategico e degli impegni operativi; classificazione, organizzazione e funzionamento degli enti dell'area operativa: interventi di tutela
ambientale, concorso nelle attività di protezione civile su disposizione del Governo, concorso alla salvaguardia delle libere istituzioni
ed il bene della collettività nazionale nei casi di pubbliche calamità;
b) area tecnico amministrativa e tecnico industriale: politica degli armamenti e relativi programmi di cooperazione internazionale;
conseguimento degli obiettivi di efficienza fissati per lo strumento militare; bilancio ed affari finanziari; ispezioni amministrative;
affari giuridici, economici, contenzioso, disciplinari e sociali del personale militare e civile; armamenti terrestri, navali ed
aeronautici; telecomunicazioni, informatica e tecnologie avanzate; lavori e demanio; commissariato e servizi generali; leva e
reclutamento; sanità militare; attività di ricerca e sviluppo, approvvigionamento dei materiali e dei sistemi d'arma; programmi di
studio nel settore delle nuove tecnologie per lo sviluppo dei programmi d'armamento; pianificazione dell'area industriale pubblica e
privata; classificazione, organizzazione e funzionamento degli enti dell'area tecnico industriale.
21. Ordinamento.
1. Il ministero si articola in direzioni generali in numero non superiore a dieci, coordinate da un segretario generale.
2. Sono fatte salve le disposizioni contenute nella legge 18 febbraio 1997, n. 25 e nel decreto legislativo 16 luglio 1997, n. 264, nel
decreto legislativo 28 novembre 1997, n. 459 e nel decreto legislativo 28 novembre 1997, n. 464, nonché nell'articolo 2 del decreto
del Presidente della Repubblica 18 novembre 1965, n. 1478.
22. Agenzia Industrie Difesa.
1. È istituita, nelle forme disciplinate dagli articoli 8 e 9, l'Agenzia Industrie Difesa, con personalità giuridica di diritto pubblico.
L'agenzia è posta sotto la vigilanza del ministro della difesa, ed è organizzata in funzione del conseguimento dei suoi specifici
obiettivi, ai sensi dell'articolo 12, lettera r), della legge 15 marzo 1997, n. 59. Scopo dell'agenzia è quello di gestire unitariamente le
attività delle unità produttive ed industriali della difesa di cui alla tabella C allegata al decreto 20 gennaio 1998 del ministro della
difesa indicati con uno o più decreti dello stesso ministro, da adottare entro il 31 marzo 2000. L'agenzia utilizza le risorse finanziarie
materiali ed umane delle unità dalla stessa amministrate nella misura stabilita dal regolamento di cui al comma 2.
2. Le norme concernenti l'organizzazione ed il funzionamento dell'agenzia sono definite con regolamento da emanare ai sensi
dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400, nel rispetto dell'obiettivo dell'economia gestione e dei principi che
regolano la concorrenza ed il mercato in quanto applicabili. Con decreto del ministro della difesa, di concerto con il ministro del
tesoro, bilancio e programmazione economica, possono essere aggiornati i termini di cui all'articolo 4, comma 5, del decreto
legislativo 28 novembre 1997, n. 459, e ridefinita la procedura ivi prevista, nonché definite le modalità per la trasformazione in
37
società per azioni delle unità produttive ed industriali di cui al comma 1 ovvero per la loro alienazione, assicurando al personale il
diritto di cui all'articolo 4, comma 4, del decreto legislativo n. 283 del 1998.
Capo V - Il ministero dell'economia e delle finanze
23. Istituzione del ministero e attribuzioni.
1. È istituito il ministero dell'economia e delle finanze.
2. Al ministero sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di politica economica, finanziaria e di bilancio,
programmazione degli investimenti pubblici, coordinamento della spesa pubblica e verifica dei suoi andamenti, politiche fiscali e
sistema tributario, demanio e patrimonio statale, catasto e dogane, programmazione, coordinamento e verifica degli interventi per lo
sviluppo economico, territoriale e settoriale e politiche di coesione. Il ministero svolge altresì i compiti di vigilanza su enti e attività e
le funzioni relative ai rapporti con autorità di vigilanza e controllo previsti dalla legge.
3. Al ministero sono trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni dei ministeri del tesoro, bilancio e programmazione economica e
delle finanze, eccettuate quelle attribuite, anche dal presente decreto, ad altri ministeri o ad agenzie fatte in ogni caso salve, ai sensi e
per gli effetti degli articoli 1, comma 2, e 3, comma 1, lettere a) e b) della legge 15 marzo 1997, n. 59, le funzioni conferite dalla
vigente legislazione alle regioni ed agli enti locali e alle autonomie funzionali.
24. Aree funzionali.
1. Il ministero svolge, in particolare, le funzioni di spettanza statale nelle seguenti aree funzionali:
a) politica economica e finanziaria, con particolare riguardo all'analisi dei problemi economici, monetari e finanziari interni e
internazionali, alla vigilanza sui mercati finanziari e sul sistema creditizio, all'elaborazione delle linee di programmazione economica
e finanziaria, alle operazioni di copertura del fabbisogno finanziario e di gestione del debito pubblico e alla gestione di partecipazioni
azionarie dello Stato, compreso l'esercizio dei diritti dell'azionista e l'alienazione dei titoli azionari di proprietà dello Stato;
b) politiche, processi e adempimenti di bilancio, con particolare riguardo alla formazione e gestione del bilancio dello Stato,
compresi gli adempimenti di tesoreria e la verifica dei relativi andamenti e flussi di cassa, assicurandone il raccordo operativo con gli
adempimenti in materia di copertura del fabbisogno finanziario previsto dalla lettera a), nonché alla verifica della quantificazione
degli oneri derivanti dai provvedimenti e dalle innovazioni normative ed al monitoraggio della spesa pubblica, coordinandone e
verificandone gli andamenti e svolgendo i controlli previsti dall'ordinamento;
c) programmazione economica e finanziaria, coordinamento e verifica degli interventi per lo sviluppo economico territoriale e
settoriale e delle politiche di coesione, anche avvalendosi delle Camere di commercio, con particolare riferimento alle aree depresse,
esercitando a tal fine le funzioni attribuite dalla legge in materia di strumenti di programmazione negoziata e di programmazione
dell'utilizzo dei fondi strutturali comunitari;
d) politiche fiscali, con particolare riguardo alle funzioni di cui all'articolo 56, all'analisi del sistema fiscale e delle scelte inerenti alle
entrate tributarie ed erariali in sede nazionale, comunitaria e internazionale, alle attività di coordinamento, indirizzo, vigilanza e
controllo previste dalla legge sulle agenzie fiscali e sugli altri enti o organi che comunque esercitano funzioni in materia di tributi ed
entrate erariali di competenza dello Stato, al coordinamento, monitoraggio e controllo del sistema informativo della fiscalità e della
rete unitaria di settore, alla informazione istituzionale nel settore della fiscalità, alle funzioni previste dalla legge in materia di
demanio, patrimonio dello Stato, catasto e conservatorie dei registri immobiliari;
e) amministrazione generale, personale e servizi indivisibili e comuni del ministero, con particolare riguardo alle attività di
promozione, coordinamento e sviluppo della qualità dei processi e dell'organizzazione e alla gestione delle risorse; servizi del tesoro
e provveditorato generale dello Stato; gestione delle risorse necessarie all'attività delle commissioni tributarie.
25. Ordinamento.
1. Il ministero si articola in dipartimenti, disciplinati ai sensi degli articoli 4 e 5 del presente decreto. Il numero dei dipartimenti non
può essere superiore a cinque, in riferimento alle aree funzionali definite nel precedente articolo.
2. Restano ferme le disposizioni dell'articolo 7 del decreto legislativo 5 dicembre 1997, n. 430.
26. Riforma del ministero delle finanze.
1. In attesa della costituzione del ministero dell'economia e delle finanze, e comunque entro il termine di diciotto mesi dalla data
dell'entrata in vigore del presente decreto legislativo, si provvede, anche in fasi successive, alla trasformazione del ministero delle
finanze, alla istituzione delle agenzie fiscali e all'ordinato trasferimento delle funzioni e delle risorse, secondo le disposizioni e con le
modalità stabilite dal Capo II del Titolo V.
Capo VI - Il ministero delle attività produttive
27. Istituzione del Ministero e attribuzioni.
1. È istituito il Ministero delle attività produttive.
2. Al Ministero sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di industria, artigianato, energia, commercio, fiere
e mercati, prodotti agroindustriali, salvo quanto stabilito dall'articolo 33, comma 3, lettera b), turismo e industria alberghiera,
miniere, cave e torbiere, politiche per i consumatori, con eccezione dei prodotti agricoli e agroalimentari, commercio con l'estero e
internazionalizzazione del sistema produttivo.
3. Al Ministero sono trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni del Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato, del
Ministero del commercio con l'estero, del Dipartimento del turismo istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, fatte
salve le risorse e il personale che siano attribuiti con il presente decreto legislativo ad altri Ministeri, agenzie o autorità, perché
concernenti funzioni specificamente assegnate ad essi, e fatte in ogni caso salve, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1, comma 2, e
3, comma 1, lettere a) e b), della legge 15 marzo 1997, n. 59, le funzioni conferite dalla vigente legislazione alle regioni ed agli enti
locali e alle autonomie funzionali.
4. Spettano inoltre al Ministero delle attività produttive le risorse e il personale del Ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, del Ministero della sanità, del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, concernenti le funzioni
assegnate al Ministero delle attività produttive dal presente decreto legislativo
5. Restano ferme le competenze spettanti al Ministero della difesa. 7
28. Aree funzionali.
1. Il ministero svolge in particolare le funzioni e i compiti di spettanza statale nelle seguenti aree funzionali:
7
Sostituito dall'art. 3, D.L. 12 giugno 2001, n. 217, come modificato dalla relativa legge di conversione.
38
a) sviluppo del sistema produttivo: indirizzi di politica industriale, agroindustriale, del commercio e dei servizi; definizione di un
sistema coordinato di monitoraggio della legislazione commerciale e dell'entità e dell'efficienza della rete distributiva, agevolazioni,
contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici alle attività produttive che abbiano come diretto destinatario le imprese, ivi compresi
quelli per la ricerca applicata; sviluppo e vigilanza della cooperazione; rilascio delle autorizzazioni prescritte; definizione degli
obiettivi e delle linee della politica energetica e mineraria nazionale e provvedimenti ad essa inerenti; tutela e valorizzazione della
qualità dei prodotti agroindustriali e loro valorizzazione economica; definizione, in accordo con le regioni, dei principi e degli
obiettivi per la valorizzazione e lo sviluppo del sistema turistico; coordinamento delle attività statali connesse alla promozione,
sviluppo e valorizzazione del sistema turistico nazionale; agevolazioni, contributi, sovvenzioni, incentivi e benefici alle attività
produttive diretti ad attuare politiche di coesione, ivi comprese le funzioni concernenti agevolazioni, contributi, sovvenzioni,
incentivi e benefici per le attività produttive e per le rispettive infrastrutture nel mezzogiorno e nelle aree depresse; brevetti, modelli e
marchi; politiche per i consumatori; determinazione di caratteristiche di macchine, impianti e prodotti industriali, esclusi i profili di
sicurezza nell'impiego sul lavoro, con esclusione dei mezzi destinati alla circolazione stradale, delle macchine, impianti e prodotti
destinati specificamente ad attività sanitarie o ospedaliere, nonché dei prodotti alimentari; autorizzazioni, certificazioni,
omologazioni e immatricolazioni per le macchine, impianti, prodotti e servizi di competenza; vigilanza sugli enti di normazione
tecnica e di accreditamento degli organismi di certificazione di qualità e dei laboratori di prova; promozione e diffusione dei sistemi
di qualità aziendale e dei prodotti;
b) commercio estero e internazionalizzazione del sistema economico: indirizzi di politica commerciale verso l'estero, disciplina degli
scambi con i paesi terzi, elaborazioni, negoziazione e gestione degli accordi bilaterali e multilaterali; rapporti con gli organismi
economici e finanziari internazionali e con le istituzioni multilaterali limitatamente ai settori di competenza; collaborazione
all'attività di cooperazione internazionale e di aiuto allo sviluppo svolta dal ministero degli affari esteri; coordinamento delle attività
della commissione CIPE per la politica commerciale con l'estero; rapporti con i soggetti pubblici e privati che svolgono attività di
promozione degli scambi con l'estero; incentivazioni e sostegno delle iniziative di internazionalizzazione delle imprese e delle attività
produttive e promozione degli investimenti esteri in Italia, fatte salve le funzioni concernenti specificamente la disciplina valutaria
assegnata alla competenza del ministero dell'economia e delle finanze; vigilanza sull'Istituto per il commercio con l'estero, credito
all'esportazione, assicurazione del credito all'esportazione e agli investimenti esteri in Italia; esercizio dei diritti di azionista nelle
società a partecipazione pubblica aventi ad oggetto l'internazionalizzazione del sistema produttivo; rilascio delle autorizzazioni
prescritte per l'esportazione e l'importazione, ferme le disposizioni vigenti sull'esportazione e l'importazione dei materiali per la
difesa e dei materiali con duplice uso; tutela della produzione italiana all'estero; promozione della formazione professionale dei
soggetti operanti nel settore dell'internazionalizzazione delle imprese.
29. Ordinamento.
1. Il ministero si articola in dipartimenti, disciplinati ai sensi degli articoli 4 e 5 del presente decreto. Il numero dei dipartimenti non
può essere superiore a tre, in riferimento alle aree funzionali definite nel precedente articolo 8[10].
2. Il ministero delle attività produttive si avvale degli uffici territoriali del governo, nonché, sulla base di apposita convenzione, degli
uffici delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, delle regioni e degli enti locali.
30. Attribuzioni di funzioni ad altri ministeri.
1. Le funzioni inerenti ai rapporti con l'istituto per la vigilanza delle assicurazioni private e di interesse pubblico, attualmente
esercitate dal ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato sono trasferite al ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica. Il relativo personale e le risorse relative sono assegnati al ministero del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica.
31. Agenzia per le normative ed i controlli tecnici.
1. È istituita l'agenzia per le normative ed i controlli tecnici, nelle forme disciplinate dagli articoli 8 e 9.
2. Spettano all'agenzia le competenze inerenti ai controlli di conformità delle macchine, degli impianti e di prodotti nelle materie di
spettanza del ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato e degli enti pubblici da esso vigilati. Spetta, inoltre, all'agenzia
la vigilanza sugli enti di normazione tecnica e sugli organismi di accreditamento dei sistemi di qualità aziendale e dei prodotti.
3. Spetta inoltre all'agenzia la predisposizione delle normative tecniche e degli standard per la certificazione dei prodotti nelle materie
indicate al comma 2, ai fini della loro approvazione ministeriale.
4. ...9. 5. Nell'esercizio delle funzioni a livello periferico, l'agenzia può stipulare convenzioni con le regioni ed avvalersi, oltre che
degli uffici territoriali di governo di cui all'articolo 11, degli uffici delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura,
sulla base di apposita convenzione.
6. Sono soppresse le strutture del ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato che svolgono le attività demandate
all'agenzia. Il relativo personale e le relative risorse sono assegnati all'agenzia 10.
32. Agenzia per la proprietà industriale.
1. È istituita l'agenzia per la proprietà industriale, nelle forme disciplinate dagli articoli 8 e 9.
2. L'agenzia svolge i compiti e le funzioni dell'ufficio centrale dei brevetti per invenzioni, modelli e marchi, ai sensi delle
disposizioni vigenti in materia di proprietà industriale.
3. Rimangono ferme le competenze assegnate dalle norme vigenti alla commissione ricorsi prevista dall'articolo 71 del regio decreto
29 giugno 1939, n. 1127, e successive modificazioni.
4. Nell'esercizio delle funzioni a livello periferico, l'agenzia può stipulare convenzioni con le regioni ed avvalersi, oltre che degli
uffici territoriali di governo di cui all'articolo 11, degli uffici delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, sulla
base di apposita convenzione.
5. Sono soppresse le strutture del ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato che svolgono le attività demandate
all'agenzia; il relativo personale e le relative risorse sono assegnate all'agenzia.
Capo VI-bis Ministero delle comunicazioni11
8
Modificato dall'art. 4-bis, D.L. 12 giugno 2001, n. 217, aggiunto dalla relativa legge di conversione.
Soppresso dall'art. 5, D.L. 12 giugno 2001, n. 217 .
10
Modificato dall'art. 5, D.L. 12 giugno 2001, n. 217.
11
Aggiunto dall'art. 6, D.L. 12 giugno 2001, n. 217, modificato dalla relativa legge di conversione.
9
39
32-bis. Istituzione del Ministero e attribuzioni.
1. È istituito il Ministero delle comunicazioni.
2. Al Ministero sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di poste, telecomunicazioni, reti multimediali,
informatica, telematica, radiodiffusione sonora e televisiva, tecnologie innovative applicate al settore delle comunicazioni, ferme
restando le competenze in materia di stampa ed editoria del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del
Consiglio dei Ministri. Restano ferme le competenze dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
32-ter. Aree funzionali.
1. Il Ministero svolge in particolare le funzioni e i compiti di spettanza statale nelle seguenti aree funzionali:
a) comunicazioni e tecnologie dell'informazione: politiche nel settore delle comunicazioni, adeguamento periodico del servizio
universale delle telecomunicazioni; piano nazionale di ripartizione delle frequenze e relativo coordinamento internazionale,
radiodiffusione sonora e televisiva e telecomunicazioni, con particolare riguardo alla concessione del servizio pubblico
radiotelevisivo ed ai rapporti con il concessionario, alla disciplina del settore delle telecomunicazioni, al rilascio delle concessioni,
delle autorizzazioni e delle licenze, alla verifica degli obblighi di servizio universale nel settore delle telecomunicazioni, alla
vigilanza sulla osservanza delle normative di settore e sulle emissioni radioelettriche ed alla emanazione delle norme di impiego dei
relativi apparati, alla sorveglianza sul mercato; servizi postali e bancoposta, con particolare riferimento alla regolamentazione del
settore, ai contratti di programma e di servizio con le Poste Italiane, alle concessioni ed autorizzazioni nel settore dei servizi postali,
alla emissione delle carte valori, alla vigilanza sul settore e sul rispetto degli obblighi di servizio universale; produzioni multimediali,
con particolare riferimento alle iniziative volte alla trasformazione su supporti innovativi e con tecniche interattive delle produzioni
tradizionali, ferme restando le competenze dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni; tecnologie dell'informazione, con
particolare riferimento alle funzioni di normazione tecnica, standardizzazione, accreditamento, certificazione ed omologazione nel
settore, coordinamento della ricerca applicata per le tecnologie innovative nel settore delle telecomunicazioni e per l'adozione e
l'implementazione dei nuovi standard.
32-quater. Ordinamento.
1. Per l'organizzazione degli uffici e per l'ordinamento interno del Ministero si applica la normativa vigente alla data del 9 giugno
2001.
32-quinquies. Funzioni in materia di requisiti e controlli tecnici.
1. Sono attribuite al Ministero delle comunicazioni le funzioni relative:
a) al rilascio dei titoli di abilitazione all'esercizio dei servizi radioelettrici;
b) alla determinazione dei requisiti tecnici di apparecchiature e alle procedure di omologazione; all'accreditamento dei laboratori di
prova; al rilascio delle autorizzazioni ad effettuare collaudi, installazioni, allacciamenti e manutenzione.
Capo VII - Il ministero per le politiche agricole e forestali
33. Attribuzioni.
1. Il ministro per le politiche agricole e il ministero per le politiche agricole assumono rispettivamente la denominazione di ministro
delle politiche agricole e forestali e ministero delle politiche agricole e forestali.
2. Sono attribuiti al ministero le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di agricoltura e foreste, caccia e pesca, ai sensi
dell'articolo 2 del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 25 e 26 del presente decreto
legislativo.
3. Il ministero svolge in particolare, nei limiti stabiliti dal predetto articolo 2 del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, le funzioni
e i compiti nelle seguenti aree funzionali:
a) agricoltura e pesca: elaborazione e coordinamento, di intesa con la conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
province autonome di Trento e Bolzano, delle linee di politica agricola e forestale, in coerenza con quella comunitaria; trattazione,
cura e rappresentanza degli interessi della pesca e acquicoltura nell'ambito della politica di mercato in sede comunitaria ed
internazionale; disciplina generale e coordinamento delle politiche relative all'attività di pesca e acquicoltura, in materia di gestione
delle risorse ittiche marine di interesse nazionale, di importazione e di esportazione dei prodotti ittici, nell'applicazione della
regolamentazione comunitaria e di quella derivante dagli accordi internazionali e l'esecuzione degli obblighi comunitari ed
internazionali riferibili a livello statale; adempimenti relativi al Fondo Europeo di Orientamento e Garanzia in Agricoltura (FEOGA),
sezioni garanzia e orientamento, a livello nazionale e comunitario, compresa la verifica della regolarità delle operazioni relative al
FEOGA, sezione garanzia; riconoscimento e vigilanza sugli organismi pagatori statali di cui al regolamento n. 1663/95 della
Commissione del 7 luglio 1995;
b) qualità dei prodotti agricoli e dei servizi: riconoscimento degli organismi di controllo e certificazione per la qualità; trasformazione
e commercializzazione dei prodotti agricoli e agroalimentari come definiti dal paragrafo 1 dell'articolo 32 del trattato che istituisce la
Comunità europea, come modificato dal trattato di Amsterdam, di cui alla legge 16 giugno 1998, n. 209; tutela e valorizzazione della
qualità dei prodotti agricoli e ittici; agricoltura biologica; promozione e tutela della produzione ecocompatibile e delle attività
agricole nelle aree protette; certificazione delle attività agricole e forestali ecocompatibile; elaborazione del codex alimentarius;
valorizzazione economica dei prodotti agricoli, e ittici; riconoscimento e sostegno delle unioni e delle associazioni nazionali dei
produttori agricoli; accordi interprofessionali di dimensione nazionale; prevenzione e repressione - attraverso l'ispettorato centrale
repressione frodi di cui all'articolo 10 del decreto-legge 18 giugno 1986, n. 282, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto
1986, n. 462 - nella preparazione e nel commercio dei prodotti agroalimentari e ad uso agrario; controllo sulla qualità delle merci di
importazione, nonché lotta alla concorrenza sleale. 12
34. Ordinamento.
1. Il ministero si articola in dipartimenti disciplinati ai sensi degli articoli 4 e 5 del presente decreto. Il numero dei dipartimenti non
può essere superiore a due, in riferimento alle aree funzionali definite nel precedente articolo.
Capo VIII - Il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio
35. Istituzione del ministero e attribuzioni.
1. È istituito il ministero dell'ambiente e della tutela del territorio.
12
Art. 6-bis, D.L. 12 giugno 2001, n. 217, aggiunto dalla relativa legge di conversione.
40
2. Al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato relativi alla tutela
dell'ambiente, del territorio e dell'ecosistema, con particolare riguardo alle seguenti materie:
a) individuazione, conservazione e valorizzazione delle aree naturali protette, tutela della biodiversità e della biosicurezza, della
fauna e della flora, attuazione e gestione, fatte salve le competenze della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero degli
affari esteri, della Convenzione di Washington (CITES) e dei relativi regolamenti comunitari, della difesa del mare e dell'ambiente
costiero, e della comunicazione ambientale; b) gestione dei rifiuti ed interventi di bonifica dei siti inquinati; tutela delle risorse
idriche e relativa gestione, fatta salva la competenza del Ministero delle politiche agricole e forestali; c) promozione di politiche di
sviluppo durevole e sostenibile, nazionali e internazionali; d) sorveglianza, monitoraggio e recupero delle condizioni ambientali
conformi agli interessi fondamentali della collettività e all'impatto sull'ambiente, con particolare riferimento alla prevenzione e
repressione delle violazioni compiute in danno dell'ambiente, prevenzione e protezione dall'inquinamento atmosferico, acustico ed
elettromagnetico e dai rischi industriali; e) difesa e assetto del territorio con riferimento ai valori naturali e ambientali 13.
3. Al ministero sono trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni e i compiti dei ministeri dell'ambiente e dei lavori pubblici,
eccettuate quelle attribuite, anche dal presente decreto, ad altri ministeri o agenzie e fatte in ogni caso salve le funzioni conferite alle
regioni e agli enti locali anche ai sensi e per gli effetti degli articoli 1, comma 2, e 3, comma 1, lettere a) e b), della legge 15 marzo
1997, n. 59; sono altresì trasferite le funzioni e i compiti attribuiti al ministero delle politiche agricole in materia di polizia forestale
ambientale
36. Aree funzionali.
1. Al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio è attribuita la titolarità dei poteri di indirizzo politico, di cui agli articoli 4 e
14 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, nonché la titolarità del potere di vigilanza con
riferimento all'Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici (APAT), ai sensi degli articoli 8, comma 2, 38, comma
1, e dell'articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 8 agosto 2002 n. 207, e all'Istituto centrale per la ricerca applicata al
mare (ICRAM). Con successivo decreto ministeriale, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, si
provvede a ridefinire i compiti e l'organizzazione dell'ICRAM 14
37. Ordinamento.
1. Il Ministero si articola in un numero non superiore a sei direzioni generali, alla cui individuazione ed organizzazione si provvede ai
sensi dell'articolo 4, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative 15[.
2. Il ministero si avvale altresì degli uffici territoriali del governo di cui all'articolo 11.
38. Agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici.
1. È istituita l'agenzia per la protezione dell'ambiente e per i servizi tecnici nelle forme disciplinate dagli articoli 8 e 9.
2. L'agenzia svolge i compiti e le attività tecnico-scientifiche di interesse nazionale per la protezione dell'ambiente, per la tutela delle
risorse idriche e della difesa del suolo, ivi compresi l'individuazione e delimitazione dei bacini idrografici nazionali e interregionali.
3. All'agenzia sono trasferite le attribuzioni dell'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, quelle dei servizi tecnici nazionali
istituiti presso la presidenza del consiglio dei ministri, ad eccezione di quelle del servizio sismico nazionale.
4. Lo statuto dell'Agenzia, emanato ai sensi dell'articolo 8, comma 4, prevede l'istituzione di un consiglio federale rappresentativo
delle agenzie regionali per la protezione dell'ambiente, con funzioni consultive nei confronti del direttore generale e del comitato
direttivo. Lo statuto prevede altresì che il comitato direttivo sia composto di quattro membri, di cui due designati dal Ministero
dell'ambiente e due designati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di
Bolzano. Lo statuto disciplina inoltre le funzioni e le competenze degli organismi sopra indicati e la loro durata, nell'àmbito delle
finalità indicate dagli articoli 03, comma 5, e 1, comma 1, lettera b), del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito, con
modificazioni, dalla legge 21 gennaio 1994, n. 6116.
5. Sono soppressi l'agenzia nazionale per la protezione dell'ambiente, i servizi tecnici nazionali istituiti presso la presidenza del
consiglio dei ministri. Il relativo personale e le relative risorse sono assegnate all'agenzia.
39. Funzioni dell'agenzia.
1. L'agenzia svolge, in particolare, le funzioni concernenti:
a) la protezione dell'ambiente, come definite dall'articolo 1 del decreto-legge 4 dicembre 1993, n. 496, convertito dalla legge 21
gennaio 1994, n. 61, nonché le altre assegnate all'agenzia medesima con decreto del ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio;
b) il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo e delle acque di cui agli articoli 1 e 4 della legge 18 maggio 1989, n.
183, nonché ogni altro compito e funzione di rilievo nazionale di cui all'articolo 88 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
40. Abrogazioni.(...)
Capo IX - Ministero delle infrastrutture e dei trasporti
41. Istituzione del ministero e attribuzioni.
1. È istituito il ministro delle infrastrutture e dei trasporti.
2. Al ministero sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di identificazione delle linee fondamentali
dell'assetto del territorio con riferimento alle reti infrastrutturali e al sistema delle città e delle aree metropolitane; reti infrastrutturali
e opere di competenza statale; politiche urbane e dell'edilizia abitativa; opere marittime e infrastrutture idrauliche; trasporti e
viabilità.
3. Al ministero sono trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni e i compiti dei ministeri dei lavori pubblici e dei trasporti e della
navigazione, nonché del dipartimento per le aree urbane istituito presso la presidenza del consiglio dei ministri, eccettuate quelle
attribuite, anche dal presente decreto, ad altri ministeri o agenzie e fatte in ogni caso salve le funzioni conferite alle regioni e agli enti
locali, anche ai sensi e per gli effetti degli articoli 1, comma 2 e 3, comma 1, lettere a) e b), della legge 15 marzo 1997 n. 59.
42. Aree funzionali.
1. Il ministero svolge in particolare le funzioni e i compiti di spettanza statale nelle seguenti aree funzionali:
Sostituito dall’art. 3, D. lgs. 6 dicembre 2002, n. 287.
Sostituito dall’art. 4, D. lgs. 6 dicembre 2002, n. 287.
15
Sostituito dall’ art. 5 D. lgs. 6 dicembre 2002, n. 287.
16
Sostituito dall’art. 2, L. 23 marzo 2001, n. 93.
13
14[
41
a) programmazione, finanziamento, realizzazione e gestione delle reti infrastrutturali di interesse nazionale, ivi comprese le reti
elettriche, idrauliche e acquedottistiche, e delle altre opere pubbliche di competenza dello Stato, ad eccezione di quelle in materia di
difesa; qualificazione degli esecutori di lavori pubblici; costruzioni nelle zone sismiche; integrazione modale fra i sistemi di
trasporto;
b) edilizia residenziale: aree urbane;
c) navigazione e trasporto marittimo; vigilanza sui porti; demanio marittimo; sicurezza della navigazione e trasporto nelle acque
interne; programmazione, previa intesa con le regioni interessate, del sistema idroviario padano-veneto; aviazione civile e trasporto
aereo;
d) trasporto terrestre, circolazione dei veicoli e sicurezza dei trasporti terrestri.
2. Il ministero svolge, altresì, funzioni e compiti di monitoraggio, controllo e vigilanza nelle aree di cui al comma 1, nonché funzioni
di vigilanza sui gestori del trasporto derivanti dalla legge, dalla concessione e dai contratti di programma o di servizio, fatto salvo
quanto previsto dal decreto legislativo 16 marzo 1999, n. 79.
43. Ordinamento.
1. Il ministero si articola in dipartimenti, disciplinati ai sensi degli articoli 4 e 5. Il numero dei dipartimenti non può essere superiore a
quattro, in relazione alle aree funzionali definite dal precedente articolo.
2. Il ministero si avvale degli uffici territoriali del governo, dell'agenzia dei trasporti terrestri e delle infrastrutture e delle capitanerie
di porto, alle quali non si applica il disposto dell'articolo 11.
44. Agenzia dei trasporti terrestri e delle infrastrutture.
1. È istituita l'agenzia dei trasporti terrestri e delle infrastrutture nelle forme disciplinate dagli articoli 8 e 9.
2. L'agenzia svolge le funzioni spettanti allo Stato in relazione:
a) alla definizione degli standard e prescrizioni tecniche in materia di sicurezza dei trasporti terrestri;
b) alla vigilanza ai fini della sicurezza dei trasporti ad impianto fisso, fatto salvo quanto stabilito dall'articolo 4, comma 1, lettera b),
del decreto legislativo 19 novembre 1997, n. 422;
c) alla omologazione e approvazione dei veicoli a motore e loro rimorchi, loro componenti e unità tecniche indipendenti;
d) alla vigilanza e al controllo tecnico in materia di revisioni generali e parziali sui veicoli a motore e i loro rimorchi, anche se svolte
tramite officine autorizzate ai sensi della lettera d) del comma 3 dell'articolo 105 del decreto legislativo 31 marzo 1998,n. 112,
nonché in materia di visite e prove di veicoli in circolazione per trasporti nazionali e internazionali, anche con riferimento ai veicoli
adibiti al trasporto di merci pericolose e deperibili;
e) alla certificazione attribuita all'organismo notificato di cui all'articolo 20 della direttiva 96/48/CE del Consiglio 23 luglio 1996, ed
in generale alla certificazione in applicazione delle norme di base nell'ambito dei sistemi, sottosistemi, prodotti e processi relativi ai
sistemi di trasporto;
f) alla definizione di standard e prescrizioni tecniche in materia di sicurezza stradale e norme tecniche relative alle strade e loro
pertinenze ed alla segnaletica stradale, ai sensi dl decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285;
g) ai collegamenti informatici e alle banche dati nazionali gestiti presso il centro elaborazione dati della motorizzazione civile.
3. Spetta altresì all'agenzia il coordinamento dell'interoperabilità dei sistemi di trasporto.
4. All'agenzia sono assegnate le competenze progettuali e gestionali in materia di infrastrutture di competenza statale, ivi comprese
quelle esercitate dai provveditorati alle opere pubbliche e dagli uffici opere marittime.
5. Sono soppresse le strutture del ministero dei trasporti e della navigazione e del ministero dei lavori pubblici che svolgono le
funzioni ed i compiti demandati all'agenzia, ai sensi dei precedenti commi. Il relativo personale e le relative risorse sono assegnate
all'agenzia.
6. L'agenzia può articolarsi in strutture territoriali di livello regionale.
Capo X - Il ministero del lavoro e delle politiche sociali 17
45. Istituzione del ministero e attribuzioni.
1. È istituito il Ministero del lavoro e delle politiche sociali
2. Sono attribuite al Ministero le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di politiche sociali, con particolare riferimento
alla prevenzione e riduzione delle condizioni di bisogno e disagio delle persone delle famiglie, di politica del lavoro e sviluppo
dell'occupazione, di tutela del lavoro e dell'adeguatezza del sistema previdenziale 18[21].
3. Al Ministero sono trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, nonché le
funzioni del Dipartimento per gli affari sociali, operante presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ivi compresa quelle in
materia di immigrazione, eccettuate quelle attribuite, anche dal presente decreto, ad altri Ministeri o Agenzie, e fatte in ogni caso
salve, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1, comma 2, e 3, comma 1, lettere a) e b), della legge 15 marzo 1997, n. 59, le funzioni
conferite dalla vigente legislazione alle regioni e agli enti locali. Il Ministero esercita le funzioni di vigilanza sull'Agenzia per il
servizio civile, di cui all'articolo 10, commi 7 e seguenti, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303. Il Ministero esercita altresì le
funzioni di vigilanza spettanti al Ministero del lavoro e della previdenza sociale, a norma dell'articolo 88, sull'Agenzia per la
formazione e istruzione professionale 19.
4. Al ministero sono altresì trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni che, da parte di apposite strutture e con riferimento alle
materie di cui al comma 1, sono esercitate: dal ministero degli affari esteri, in materia di tutela previdenziale dei lavoratori emigrati;
dal ministero dei trasporti e della navigazione, in materia di vigilanza sul trattamento giuridico, economico, previdenziale ed
assistenziale del personale delle aziende autoferrotranviarie e delle gestioni governative, nonché in materia di organizzazione,
assistenza e previdenza del lavoro marittimo, portuale e della pesca; dallo stesso ministero dei trasporti e della navigazione in materia
di previdenza e assistenza dei lavoratori addetti ai servizi di trasporto aereo; dal ministero dell'industria, del commercio e
dell'artigianato, in materia di servizio ispettivo per la sicurezza mineraria e di vigilanza sull'applicazione della legislazione attinente
17
Art. 7, D.L. 12 giugno 2001, n. 217, modificato dalla relativa legge di conversione.
Art. 8, D.L. 12 giugno 2001, n. 217.
19
Art. 8, D.L. 12 giugno 2001, n. 217, modificato dalla relativa legge di conversione.
18
42
alla salute sui luoghi di lavoro; dal ministero dell'interno, iniziative di cooperazione internazionale e attività di prevenzione e studio
sulle emergenze sociali.20
46. Aree funzionali.
1. Il ministero, in particolare, svolge le funzioni di spettanza statale nelle seguenti aree funzionali:
a), b) (...)21; c) politiche sociali, previdenziali: principi ed obiettivi della politica sociale, criteri generali per la programmazione della
rete degli interventi di integrazione sociale; standard organizzativi delle strutture interessate; standard dei servizi sociali essenziali;
criteri di ripartizione delle risorse del Fondo nazionale per le politiche sociali, politica di tutela abitativa a favore delle fasce sociali
deboli ed emarginate; assistenza tecnica, a richiesta degli enti locali e territoriali; rapporti con gli organismi internazionali,
coordinamento dei rapporti con gli organismi comunitari; requisiti per la determinazione dei profili professionali degli operatori
sociali e per la relativa formazione; controllo e vigilanza amministrativa e tecnico-finanziaria sugli enti di previdenza e assistenza
obbligatoria e sulle organizzazioni non lucrative di utilità sociale e sui patronati;
d) politiche del lavoro e dell'occupazione e tutela dei lavoratori: indirizzo, programmazione, sviluppo, coordinamento e valutazione
delle politiche del lavoro dell'occupazione; gestione degli incentivi alle persone a sostegno dell'occupabilità e della nuova
occupazione; politiche della formazione professionale come strumento delle politiche attive del lavoro; indirizzo, promozione e
coordinamento in materia di collocamento e politiche attive del lavoro; vigilanza dei flussi di entrata dei lavoratori esteri non
comunitari; raccordo con organismi internazionali; conciliazione delle controversie di lavoro individuali e plurime e risoluzione delle
controversie collettive di rilevanza pluriregionale; conduzione del sistema informativo del lavoro; condizioni di sicurezza nei posti di
lavoro; profili di sicurezza dell'impiego sul lavoro di macchine, impianti e prodotti industriali, con esclusione di quelli destinati ad
attività sanitarie e ospedaliere e dei mezzi di circolazione stradale; ispezioni sul lavoro e controllo sulla disciplina del rapporto di
lavoro subordinato ed autonomo; assistenza e accertamento delle condizioni di lavoro degli italiani all'estero.
47. Ordinamento.
1. Il ministero si articola in dipartimenti, disciplinati ai sensi degli articoli 4 e 5 del presente decreto. Il numero di dipartimenti non
può essere superiore a due, in relazione alle aree funzionali di cui al precedente articolo 46 22[26].
2. Le funzioni svolte dagli uffici periferici del Ministero del lavoro e previdenza sociale sono attribuite agli uffici territoriali del
Governo di cui all'articolo 1123.
3. Presso il ministero continua ad operare il comitato nazionale delle pari opportunità di cui all'articolo 5 della legge 10 aprile 1991,
n. 125.
Capo X-bis Ministero della salute 24
47-bis. Istituzione del Ministero e attribuzioni.
1. È istituito il Ministero della salute.
2. Nell'àmbito e con finalità di salvaguardia e di gestione integrata dei servizi socio-sanitari e della tutela dei diritti alla dignità della
persona umana e alla salute, sono attribuite al Ministero le funzioni spettanti allo Stato in materia di tutela della salute umana, di
coordinamento del sistema sanitario nazionale, di sanità veterinaria, di tutela della salute nei luoghi di lavoro, di igiene e sicurezza
degli alimenti.
3. Al Ministero sono trasferite, con inerenti risorse, le funzioni del Ministero della sanità. Il Ministero, con modalità definite d'intesa
con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, esercita la
vigilanza sull'Agenzia per i servizi sanitari regionali di cui al decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 115.
47-ter. Aree funzionali.
1. Il Ministero, in particolare, svolge le funzioni di spettanza statale nelle seguenti aree funzionali:
a) ordinamento sanitario: indirizzi generali e coordinamento in materia di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione delle malattie
umane, ivi comprese le malattie infettive e diffusive; prevenzione, diagnosi e cura delle affezioni animali, ivi comprese le malattie
infettive e diffusive e le zoonosi; programmazione sanitaria di rilievo nazionale, indirizzo, coordinamento e monitoraggio delle
attività regionali; rapporti con le organizzazioni internazionali e l'Unione europea; ricerca scientifica in materia sanitaria;
b) tutela della salute umana e sanità veterinaria: tutela della salute umana anche sotto il profilo ambientale, controllo e vigilanza sui
farmaci, sostanze e prodotti destinati all'impiego in medicina e sull'applicazione delle biotecnologie; adozione di norme, linee guida e
prescrizioni tecniche di natura igienico-sanitaria, relative anche a prodotti alimentari; organizzazione dei servizi sanitari; professioni
sanitarie; concorsi e stato giuridico del personale del servizio sanitario nazionale; polizia veterinaria; tutela della salute nei luoghi di
lavoro.
47-quater. Ordinamento.
1. Il Ministero si articola in dipartimenti, disciplinati ai sensi degli articoli 4 e 5. Il numero di dipartimenti non può essere superiore a
quattro, in relazione alle aree funzionali di cui all'articolo 47-ter.
2. Le funzioni già svolte dagli uffici periferici del Ministero della sanità sono attribuite agli uffici territoriali del Governo di cui
all'articolo 11. Per lo svolgimento delle funzioni inerenti alla tutela sanitaria e veterinaria, gli uffici territoriali possono avvalersi delle
aziende sanitarie locali e delle aziende ospedaliere, sulla base di apposite convenzioni. Lo schema tipo delle convenzioni è definito
dal Ministero in sede di Conferenza unificata di cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.
48. Istituto superiore di sanità e Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro25(...)
Capo XI - Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca
49. Istituzione del ministero e attribuzioni.
1. È istituito il ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca.
2. Al ministero sono attribuite le funzioni e i compiti spettanti allo Stato in materia di istruzione scolastica ed istruzione superiore, di
istruzione universitaria, di ricerca scientifica e tecnologica.
20
Art. 9, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 419.
Art. 9, D.L. 12 giugno 2001, n. 217.
22
Modificato dal comma 01 dell'art. 10, D.L. 12 giugno 2001, n. 217, aggiunto dalla relativa legge di conversione.
23
Sostituito dall'art. 10, D.L. 12 giugno 2001, n. 217.
24
Aggiunto dall’art.11, D. L. 12 giugno 2001, n.217, come modificato dalla relativa legge di conversione.
25
Abrogato dall'art. 9, D.Lgs. 29 ottobre 1999, n. 419.
21
43
3. Al ministero sono trasferite, con le inerenti risorse finanziarie, strumentali e di personale, le funzioni dei ministeri della pubblica
istruzione e della università e ricerca scientifica e tecnologica, eccettuate quelle attribuite, anche dal presente decreto, ad altri
ministeri o ad agenzie, e fatte in ogni caso salve, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1, comma 2, e 3, comma 1, lettere a) e b), della
legge 15 marzo 1997, n. 59, le funzioni conferite dalla vigente legislazione alle regioni ed agli enti locali. È fatta altresì salva
l'autonomia delle istituzioni scolastiche e l'autonomia delle istituzioni universitarie e degli enti di ricerca, nel quadro di cui all'articolo
1, comma 6, e dell'articolo 21 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e del decreto legislativo 5 giugno 1998, n. 204. Il ministero esercita
le funzioni di vigilanza spettanti al ministero della pubblica istruzione, a norma dell'articolo 88, sull'agenzia per la formazione e
l'istruzione professionale.
50. Aree funzionali.
1. Il ministero, in particolare, svolge le funzioni di spettanza statale nelle seguenti aree funzionali:
a) istruzione non universitaria: organizzazione generale dell'istruzione scolastica, ordinamenti e programmi scolastici, stato giuridico
del personale; definizione dei criteri e dei parametri per l'organizzazione della rete scolastica; criteri e parametri per l'attuazione delle
politiche sociali nella scuola; determinazione e assegnazione delle risorse finanziarie a carico del bilancio dello Stato e del personale
alle istituzioni scolastiche autonome; valutazione del sistema scolastico; ricerca e sperimentazione delle innovazioni funzionali alle
esigenze formative; riconoscimento dei titoli di studio e delle certificazioni in ambito europeo e internazionale e attivazione di
politiche dell'educazione comuni ai paesi dell'Unione europea; assetto complessivo dell'intero sistema formativo, individuazione
degli obiettivi e degli standard formativi e percorsi formativi in materia di istruzione superiore e di formazione tecnica superiore;
consulenza e supporto all'attività delle istituzioni scolastiche autonome; competenze di cui alla legge 11 gennaio 1996, n. 23;
istituzioni di cui all'articolo 137, comma 2, ed all'articolo 138, comma 3, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112;
b) compiti di indirizzo, programmazione e coordinamento della ricerca scientifica e tecnologica nazionale di cui al decreto legislativo
5 giugno 1998, n. 204; istruzione universitaria, ricerca scientifica e tecnologica: programmazione degli interventi sul sistema
universitario e degli enti di ricerca non strumentali; indirizzo e coordinamento, normazione generale e finanziamento delle università
e degli enti di ricerca non strumentali; monitoraggio e valutazione, anche mediante specifico Osservatorio, in materia universitaria;
attuazione delle norme comunitarie e internazionali in materia di istruzione universitaria, armonizzazione europea e integrazione
internazionale del sistema universitario, anche in attuazione degli accordi culturali stipulati a cura del ministero degli affari esteri;
monitoraggio degli enti di ricerca non strumentali e supporto alla valutazione del CIVR; completamento dell'autonomia universitaria;
formazione di grado universitario; razionalizzazione delle condizioni d'accesso all'istruzione universitaria; partecipazione alle attività
relative all'accesso alle amministrazioni e alle professioni, al raccordo tra istruzione universitaria, istruzione scolastica e formazione;
valorizzazione e sostegno della ricerca libera nelle università e negli enti di ricerca; integrazione tra ricerca applicata e ricerca
pubblica; coordinamento della partecipazione italiana a programmi nazionali e internazionali di ricerca; indirizzo e sostegno della
ricerca aerospaziale; cooperazione scientifica in ambito nazionale, comunitario ed internazionale; promozione e sostegno della
ricerca delle imprese ivi compresa la gestione di apposito fondo per le agevolazioni anche con riferimento alle aree depresse e
all'integrazione con la ricerca pubblica.
51. Ordinamento.
1. Il ministero si articola in dipartimenti, disciplinati ai sensi degli articoli 4 e 5 del presente decreto. Il numero dei dipartimenti non
può essere superiore a tre, in relazione alle aree funzionali di cui all'articolo 50.
Capo XII - Il ministero per i beni e le attività culturali
52. Attribuzioni.
1. Il ministero per i beni e le attività culturali esercita, anche in base alle norme del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, e del
testo unico approvato con decreto legislativo 29 ottobre 1999, n. 490, le attribuzioni spettanti allo Stato in materia di beni culturali e
ambientali, spettacolo e sport, eccettuate quelle attribuite, anche dal presente decreto, ad altri ministeri o ad agenzie, e fatte in ogni
caso salve, ai sensi e per gli effetti degli articoli 1, comma 2, e 3, comma 1, lettere a) e b), della legge 15 marzo 1997, n. 59, le
funzioni conferite dalla vigente legislazione alle regioni ed agli enti locali26.
2. Al ministero sono altresì trasferite, con le inerenti risorse, le funzioni esercitate dal dipartimento per l'informazione e l'editoria,
istituito presso la presidenza del consiglio dei ministri, in materia di diritto d'autore e disciplina della proprietà letteraria e
promozione delle attività culturali.
53. Aree funzionali.
1. Il ministero, in particolare, svolge le funzioni di spettanza statale in materia di tutela, gestione e valorizzazione dei beni culturali e
dei beni ambientali; promozione delle attività culturali; promozione dello spettacolo (attività teatrali, musicali, cinematografiche, di
danza, circensi, dello spettacolo viaggiante), anche tramite la promozione delle produzioni cinematografiche, radiotelevisive e
multimediali; promozione del libro e sviluppo dei servizi bibliografici e bibliotecari nazionali; promozione della cultura urbanistica e
architettonica e partecipazione alla progettazione di opere destinate ad attività culturali; studio, ricerca, innovazione ed alta
formazione nelle materie di competenza, anche mediante sostegno all'attività degli istituti culturali; vigilanza sul CONI e sull'Istituto
del credito sportivo.
54. Ordinamento.
1. Il ministero si articola in non più di dieci direzioni generali, coordinate da un segretario generale, alla cui individuazione ed
organizzazione si provvede ai sensi dell'articolo 4.
2. L'organizzazione periferica del ministero si articola nelle soprintendenze regionali, nelle soprintendenze di cui all'articolo 30,
comma 1, lettere a), b), c) e d) del decreto del Presidente della Repubblica 3 dicembre 1975, n. 805, negli archivi di Stato e nelle
biblioteche pubbliche statali. Si applicano gli articoli 7 e 8 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368.
3. All'articolo 7 del decreto legislativo 20 ottobre 1998, n. 368, sono apportate le seguenti modifiche:
(...), b) nel comma 2, dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Con i provvedimenti di cui all'articolo 11, comma 1, può essere
attribuito al soprintendente regionale il coordinamento di altre attività del ministero nella regione»; (...).
TITOLO V Disposizioni finali e transitorie
Capo I - Procedura di attuazione ed entrata in vigore 55. (omissis)
26
Modificato dall'art. 4, L. 29 dicembre 2000, n. 400.
44
Capo II - Riforma del Ministero delle finanze e dell'amministrazione fiscale. Sezione I - Ministero delle finanze
56. Attribuzioni del ministero delle finanze.
1. Il ministero delle finanze svolge le seguenti funzioni statali:
a) analisi, indagini e studi sulle politiche fiscali e sulla loro attuazione, ai fini della valutazione del sistema tributario e delle scelte di
settore in sede nazionale, comunitaria e internazionale; b) predisposizione dei relativi atti normativi, di programmazione e di
indirizzo e cura dei rapporti interni ed internazionali per il conseguimento degli obiettivi fissati;
c) indirizzo, vigilanza e controllo sui risultati di gestione delle agenzie fiscali, nel rispetto dell'autonomia gestionale ad esse attribuita;
esercizio dei poteri di coordinamento e vigilanza attribuiti dalla legge su altri enti o organi che comunque esercitano funzioni in
settori della fiscalità di competenza dello Stato; d) coordinamento, secondo le modalità previste dal presente decreto e salva la
possibilità di definire autonomamente forme di diretta collaborazione tra loro, delle attività e dei rapporti tra le agenzie fiscali e con
gli altri enti e organi di cui alla lettera c); e) coordinamento, monitoraggio e controllo, anche attraverso apposite strutture per
l'attuazione di strategie di integrazione tra i sistemi del ministero, delle agenzie e della guardia di finanza, del sistema informativo
della fiscalità e della rete unitaria di settore;
f) comunicazione istituzionale con i contribuenti e con l'opinione pubblica per favorire la corretta applicazione della legislazione
tributaria; g) amministrazione del personale e delle risorse necessarie allo svolgimento dei compiti del ministero e all'attività
giurisdizionale delle commissioni tributarie.
2. Fermi restando l'articolo 1 della legge 23 aprile 1959, n. 189, l'autonomia organizzativa ed i compiti di polizia economica e
finanziaria attribuiti al corpo della guardia di finanza, il coordinamento fra la guardia di finanza e le agenzie fiscali nelle attività
operative inerenti alle funzioni trasferite alle agenzie stesse è curato sulla base delle direttive impartite dal ministro delle finanze per
realizzare la migliore collaborazione nella lotta all'evasione fiscale.
3. Nell'esercizio delle proprie funzioni il ministero favorisce ed attua la cooperazione con le regioni e gli enti locali ed il
coordinamento con le loro attività.
57. Istituzione delle agenzie fiscali.
1. Per la gestione delle funzioni esercitate dai dipartimenti delle entrate, delle dogane, del territorio e di quelle connesse svolte da altri
uffici del ministero sono istituite l'agenzia delle entrate, l'agenzia delle dogane, l'agenzia del territorio e l'agenzia del demanio, di
seguito denominate agenzie fiscali. Alle agenzie fiscali sono trasferiti i relativi rapporti giuridici, poteri e competenze che vengono
esercitate secondo la disciplina dell'organizzazione interna di ciascuna agenzia.
2. Le regioni e gli enti locali possono attribuire alle agenzie fiscali, in tutto o in parte, la gestione delle funzioni ad essi spettanti,
regolando con autonome convenzioni le modalità di svolgimento dei compiti e gli obblighi che ne conseguono.
58. Organizzazione del ministero.
1. Il ministero è organizzato secondo i princìpi di distinzione tra direzione politica e gestione amministrativa.
2. Gli uffici nei quali si articola il ministero fanno capo ad un unico dipartimento.
3. L'organizzazione, la disciplina degli uffici e le dotazioni organiche del ministero sono stabilite con regolamento ai sensi
dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
59. Rapporti con le agenzie fiscali.
1. Il ministro delle finanze dopo l'approvazione da parte del Parlamento del documento di programmazione economica-finanziaria ed
in coerenza con i vincoli e gli obiettivi stabiliti in tale documento, determina annualmente, e comunque entro il mese di settembre,
con un proprio atto di indirizzo e per un periodo almeno triennale, gli sviluppi della politica fiscale, le linee generali e gli obiettivi
della gestione tributaria, le grandezze finanziarie e le altre condizioni nelle quali si sviluppa l'attività delle agenzie fiscali. Il
documento di indirizzo è trasmesso al Parlamento.
2. Il ministro e ciascuna agenzia, sulla base del documento di indirizzo, stipulano, per ciascun esercizio finanziario, una convenzione,
con la quale vengono fissati: a) i servizi dovuti e gli obiettivi da raggiungere; b) le direttive generali sui criteri della gestione ed i
vincoli da rispettare; c) le strategie per il miglioramento; d) le risorse disponibili; e) gli indicatori ed i parametri in base ai quali
misurare l'andamento della gestione.
3. La convenzione prevede, inoltre:
a) le modalità di verifica dei risultati di gestione; b) le disposizioni necessarie per assicurare al ministero la conoscenza dei fattori
gestionali interni all'agenzia, quali l'organizzazione, i processi e l'uso delle risorse. Le informazioni devono essere assunte in forma
organizzata e sistematica ed esser tali da consentire una appropriata valutazione dell'attività svolta dall'agenzia; c) le modalità di
vigilanza sull'operato dell'agenzia sotto il profilo della trasparenza, dell'imparzialità e della correttezza nell'applicazione delle norme,
con particolare riguardo ai rapporti con i contributi.
4. Nella convenzione solo stabiliti, nei limiti delle risorse stanziate su tre capitoli che vanno a comporre una unità previsionale di
base per ciascuna agenzia, gli importi che vengono trasferiti, distinti per:
a) gli oneri di gestione calcolati, per le diverse attività svolte dall'agenzia, sulla base di una efficiente conduzione aziendale e dei
vincoli di servizio imposti per esigenze di carattere generale;
b) le spese di investimento necessarie per realizzare i miglioramenti programmati;
c) la quota incentivante connessa al raggiungimento degli obiettivi della gestione e graduata in modo da tenere conto del
miglioramento dei risultati complessivi e del recupero di gettito nella lotta all'evasione effettivamente conseguiti.
5. Il ministero e le agenzie fiscali possono promuovere la costituzione o partecipare a società e consorzi che, secondo le disposizioni
del codice civile, abbiano ad oggetto la prestazione di servizi strumentali all'esercizio delle funzioni pubbliche ad essi attribuite; a tal
fine, può essere ampliato l'oggetto sociale della società costituita in base alle disposizioni dell'articolo 10, comma 12, della legge 8
maggio 1998, n. 146, fermo restando che il ministero e le agenzie fiscali detengono la maggioranza delle azioni ordinarie della
predetta società.
60. Controlli sulle agenzie fiscali.
1. Le agenzie sono sottoposte all'alta vigilanza del ministro, il quale la esercita secondo le modalità previste nel presente decreto
legislativo.
2. Le deliberazioni del comitato direttivo relative agli statuti, ai regolamenti e agli atti di carattere generale che regolano il
funzionamento delle agenzie sono trasmesse al ministero delle finanze che, nei dieci giorni successivi alla ricezione, può richiedere di
sospenderne l'esecutività. Nei trenta giorni successivi, il ministro può chiedere una nuova delibera del comitato direttivo,
45
prospettando le ragioni di legittimità o di merito del rinvio. Per l'approvazione dei bilanci e dei piani pluriennali di investimento si
applicano le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 9 novembre 1998, n. 439.
3. Fermi i controlli sui risultati, gli altri atti di gestione delle agenzie non sono sottoposti a controllo ministeriale preventivo.
Sezione II - Le agenzie fiscali
61. Princìpi generali.
1. Le agenzie fiscali hanno personalità giuridica di diritto pubblico.
2. In conformità con le disposizioni del presente decreto legislativo e dei rispettivi statuti, le agenzie fiscali, hanno autonomia
regolamentare, amministrativa, patrimoniale, organizzativa, contabile e finanziaria.
3. Le agenzie fiscali operano nell'esercizio delle funzioni pubbliche ad esse affidate in base ai princìpi di legalità, imparzialità e
trasparenza, con criteri di efficienza, economicità ed efficacia nel perseguimento delle rispettive missioni.
62. Agenzia delle entrate.
1. All'agenzia delle entrate sono attribuite tutte le funzioni concernenti le entrate tributarie erariali che non sono assegnate alla
competenza di altre agenzie, enti od organi, con il compito di perseguire il massimo livello di adempimento degli obblighi fiscali sia
attraverso l'assistenza ai contribuenti, sia attraverso i controlli diretti a contrastare gli inadempimenti e l'evasione fiscale.
2. L'agenzia è competente in particolare a svolgere i servizi relativi alla amministrazione, alla riscossione e al contenzioso dei tributi
diretti e dell'imposta sul valore aggiunto, nonché di tutte le imposte, diritti o entrate erariali o locali già di competenza del
dipartimento delle entrate del ministero delle finanze o affidati alla sua gestione in base alla legge o ad apposite convenzioni stipulate
con gli enti impositori.
3. In fase di prima applicazione il ministro delle finanze stabilisce con decreto i servizi da trasferire alla competenza dell'agenzia.
63. Agenzia delle dogane.
1. L'agenzia delle dogane è competente a svolgere i servizi relativi all'amministrazione, alla riscossione e al contenzioso dei diritti
doganali e della fiscalità interna negli scambi internazionali, delle accise sulla produzione e sui consumi, operando in stretto
collegamento con gli organi dell'Unione europea nel quadro dei processi di armonizzazione e di sviluppo dell'unificazione europea.
All'agenzia spettano tutte le funzioni attualmente svolte dal dipartimento delle dogane del ministero delle finanze, incluse quelle
esercitate in base ai trattati dell'Unione europea o ad altri atti e convenzioni internazionali.
2. L'agenzia gestisce con criteri imprenditoriali i laboratori doganali di analisi; può anche offrire sul mercato le relative prestazioni.
3. In fase di prima applicazione il ministro delle finanze stabilisce con decreto i servizi da trasferire alla competenza dell'agenzia.
64. Agenzia del territorio.
1. L'agenzia del territorio è competente a svolgere i servizi relativi al catasto, i servizi geotopocartografici e quelli relativi alle
conservatorie dei registri immobiliari, con il compito di costituire l'anagrafe dei beni immobiliari esistenti sul territorio nazionale
sviluppando, anche ai fini della semplificazione dei rapporti con gli utenti, l'integrazione fra i sistemi informativi attinenti alla
funzione fiscale ed alle trascrizioni ed iscrizioni in materia di diritti sugli immobili. L'agenzia opera in stretta collaborazione con gli
enti locali per favorire lo sviluppo di un sistema integrato di conoscenze sul territorio.
2. L'agenzia costituisce l'organismo tecnico di cui all'articolo 67 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 e può gestire, sulla
base di apposite convenzioni stipulate con i comuni o a livello provinciale con le associazioni degli enti locali, i servizi relativi alla
tenuta e all'aggiornamento del catasto.
3. L'agenzia gestisce l'osservatorio del mercato immobiliare ed i connessi servizi estimativi che può offrire direttamente sul mercato.
4. Il comitato direttivo di cui all'articolo 67 del presente decreto legislativo è integrato, per l'agenzia del territorio, da due membri
nominati su designazione della Conferenza Stato-città ed autonomie locali.
65. Agenzia del demanio.
1. All'agenzia del demanio è attribuita l'amministrazione dei beni immobili dello Stato, con il compito di razionalizzarne e
valorizzarne l'impiego, di sviluppare il sistema informativo sui beni del demanio e del patrimonio, utilizzando in ogni caso, nella
valutazione dei beni a fini conoscitivi ed operativi, criteri di mercato, di gestire con criteri imprenditoriali i programmi di vendita, di
provvista, anche mediante l'acquisizione sul mercato, di utilizzo e di manutenzione ordinaria e straordinaria di tali immobili.
2. L'agenzia può stipulare convenzioni per le gestioni dei beni immobiliari con le regioni gli enti locali ed altri enti pubblici. Può
avvalersi, a supporto delle proprie attività estimative e sulla base di apposita convenzione, dei dati forniti dall'osservatorio del
mercato immobiliare dell'agenzia del territorio.
66. Statuti.
1. Le agenzie fiscali sono regolate dal presente decreto legislativo, nonché dai rispettivi statuti, deliberati da ciascun comitato
direttivo ed approvati con le modalità di cui all'articolo 60 dal ministro delle finanze.
2. Gli statuti disciplinano le competenze degli organi di direzione dell'agenzia, istituendo inoltre apposite strutture di controllo
interno, e recano princìpi generali in ordine alla organizzazione ed al funzionamento dell'agenzia, prevedendo forme adeguate di
consultazione con le organizzazioni sindacali.
3. L'articolazione degli uffici, a livello centrale e periferico, è stabilita con disposizioni interne che si conformano alle esigenze della
conduzione aziendale favorendo il decentramento delle responsabilità operative, la semplificazione dei rapporti con i cittadini e il
soddisfacimento delle necessità dei contribuenti meglio compatibile con i criteri di economicità e di efficienza dei servizi.
67. Organi.
1. Sono organi delle agenzie fiscali: a) il direttore dell'agenzia, scelto in base a criteri di alta professionalità, di capacità manageriale e
di qualificata esperienza nell'esercizio di funzioni attinenti al settore operativo dell'agenzia; b) il comitato direttivo, composto da un
numero massimo di sei membri e dal direttore dell'agenzia, che lo presiede; c) il collegio dei revisori dei conti.
2. Il direttore è nominato con decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del consiglio dei ministri, su proposta del
ministro delle finanze, sentita la conferenza unificata Stato-regioni-autonomie locali. L'incarico ha la durata massima di cinque anni,
è rinnovabile ed è incompatibile con altri rapporti di lavoro subordinato e con qualsiasi altra attività professionale pubblica o privata.
3. Il comitato direttivo è nominato per la durata di cinque anni con decreto del presidente della Repubblica previa deliberazione del
consiglio dei ministri, su proposta del ministro delle finanze. Metà dei componenti possono essere scelti fra dipendenti delle
amministrazioni pubbliche dotati di qualificata competenza nei settori in cui opera l'agenzia. Gli altri membri sono scelti fra i
dirigenti dei principali settori dell'agenzia.
4. Il collegio dei revisori dei conti è composto dal presidente, da due membri effettivi e due supplenti iscritti al registro dei revisori
contabili, nominati con decreto del ministro delle finanze di concerto con il ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
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economica. I revisori durano in carica cinque anni e possono essere confermati una sola volta. Il collegio dei revisori dei conti
esercita le funzioni di cui all'articolo 2403 del codice civile, in quanto applicabile.
5. I componenti del comitato direttivo non possono svolgere attività professionale, né essere amministratori o dipendenti di società o
imprese, nei settori di intervento dell'agenzia.
6. I compensi dei componenti degli organi collegiali sono stabiliti con decreto del ministro delle finanze, di concerto con il ministro
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e sono posti a carico del bilancio dell'agenzia.
68. Funzioni.
1. Il direttore rappresenta l'agenzia e la dirige, emanando tutti i provvedimenti che non siano attribuiti, in base alle norme del presente
decreto legislativo o dello statuto, ad altri organi.
2. Il comitato direttivo delibera, su proposta del presidente, lo statuto, i regolamenti e gli altri atti di carattere generale che regolano il
funzionamento dell'agenzia, i bilanci preventivi e consuntivi, i piani aziendali e le spese che impegnano il bilancio dell'agenzia, anche
se ripartite in più esercizi, per importi superiori al limite fissato dallo statuto. Il direttore sottopone alla valutazione del comitato
direttivo le scelte strategiche aziendali e le nomine dei dirigenti responsabili delle strutture di vertice a livello centrale e periferico.
69. Commissario straordinario.
1. Nei casi di gravi inosservanze degli obblighi sanciti nella convenzione, di risultati particolarmente negativi della gestione, di
manifesta impossibilità di funzionamento degli organi di vertice dell'agenzia o per altre gravi ragioni di interesse pubblico, con
decreto del presidente del consiglio dei ministri su proposta del ministro delle finanze può essere nominato un commissario
straordinario, il quale assume i poteri, previsti dal presente decreto legislativo e dallo statuto di ciascuna agenzia, del direttore del
comitato direttivo dell'agenzia. Per i compensi del commissario straordinario si applicano le disposizioni dell'articolo 67, comma 6.
2. La nomina è disposta per il periodo di un anno e può essere prorogata per non oltre sei mesi. A conclusione, dell'incarico del
commissario sono nominati il direttore e il comitato direttivo subentranti.
70. Bilancio e finanziamento.
1. Le entrate delle agenzie fiscali sono costituite da: a) i finanziamenti erogati in base alle disposizioni dell'articolo 59 del presente
decreto legislativo a carico del bilancio dello Stato; b) i corrispettivi per i servizi prestati a soggetti pubblici o privati, incluse le
amministrazioni statali per le prestazioni che non rientrano nella convenzione di cui all'articolo 59;
c) altri proventi patrimoniali e di gestione.
2. I finanziamenti di cui al comma 1, lettera a), vengono determinati ai sensi dell'articolo 11, comma 3 lettera d) della legge 5 agosto
1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. I fondi vengono accreditati a ciascuna agenzia su apposita contabilità
speciale soggetta ai vincoli del sistema di tesoreria unica.
3. Le agenzie, che possono stipulare convenzioni con aziende di credito per la gestione del servizio di tesoreria, non hanno facoltà di
accendere mutui, né di adire ad alcuna forma di indebitamento, fatta eccezione per le anticipazioni di cassa previste nelle convenzioni
per la gestione del servizio di tesoreria.
4. In sede di prima attuazione i finanziamenti di cui alla lettera a) del comma 1 sono determinati sulla base delle assegnazioni di
bilancio iscritte nello stato di previsione del ministero delle finanze destinate all'espletamento delle funzioni trasferite a ciascuna
agenzia.
5. Il comitato direttivo delibera il regolamento di contabilità, che è sottoposto al ministro delle finanze secondo le disposizioni
dell'articolo 60. Il regolamento si conforma, nel rispetto delle disposizioni generali in materia di contabilità pubblica e anche
prevedendo apposite note di raccordo della contabilità aziendale, ai princìpi desumibili dagli articoli 2423 e seguenti del codice
civile.
6. Le agenzie fiscali non possono impegnare o erogare spese eccedenti le entrate. I piani di investimento e gli impegni a carattere
pluriennale devono conformarsi al limite costituito dalle risorse finanziarie stabilite dalla legge finanziaria e dalle altre entrate proprie
delle agenzie fiscali.
71. Personale.
1. Il rapporto di lavoro del personale dipendente delle agenzie fiscali è disciplinato dalla contrattazione collettiva e dalle leggi che
regolano il rapporto di lavoro privato, in conformità delle norme del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni ed integrazioni, anche per quanto attiene alla definizione del comparto di contrattazione per le agenzie fiscali; ciascuna
agenzia definisce la contrattazione integrativa aziendale di secondo livello.
2. Al fine di garantire l'imparzialità e il buon andamento nell'esercizio della funzione pubblica assegnata alle agenzie fiscali, con
regolamento da emanare entro sei mesi dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo, ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della
legge 23 agosto 1988, n. 400, sono emanate disposizioni idonee a garantire l'indipendenza e l'autonomia tecnica del personale .
3. Il regolamento di amministrazione è deliberato, su proposta del direttore dell'agenzia, dal comitato direttivo ed è sottoposto al
ministro vigilante secondo le disposizioni dell'articolo 60 del presente decreto legislativo. In particolare esso, in conformità con i
princìpi contenuti nel decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni: a) disciplina
l'organizzazione e il funzionamento dell'agenzia; b) detta le norme per l'assunzione del personale dell'agenzia, per l'aggiornamento e
per la formazione professionale; c) fissa le dotazioni organiche complessive del personale dipendente dall'agenzia; d) determina le
regole per l'accesso alla dirigenza.
72. Rappresentanza in giudizio.
1. Le agenzie fiscali possono avvalersi del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato, ai sensi dell'articolo 43 del testo unico approvato
con regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, e successive modificazioni.
Sezione III - Disposizioni transitorie 73.-74 (omissis)
Capo III – V (omissis)
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6. D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (e successive modifiche)
Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.
TITOLO I Disposizioni generali
Articolo 1 Oggetto.
1. Il presente testo unico contiene i princìpi e le disposizioni in materia di ordinamento degli enti locali.
2. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di
Bolzano se incompatibili con le attribuzioni previste dagli statuti e dalle relative norme di attuazione.
3. La legislazione in materia di ordinamento degli enti locali e di disciplina dell'esercizio delle funzioni ad essi conferite enuncia
espressamente i princìpi che costituiscono limite inderogabile per la loro autonomia normativa. L'entrata in vigore di nuove leggi che
enunciano tali princìpi abroga le norme statutarie con essi incompatibili. Gli enti locali adeguano gli statuti entro 120 giorni dalla
data di entrata in vigore delle leggi suddette.
4. Ai sensi dell'articolo 128 della Costituzione le leggi della Repubblica non possono introdurre deroghe al presente testo unico se
non mediante espressa modificazione delle sue disposizioni.
Articolo 2 Àmbito di applicazione.
1. Ai fini del presente testo unico si intendono per enti locali i comuni, le province, le città metropolitane, le comunità montane, le
comunità isolane e le unioni di comuni.
2. Le norme sugli enti locali previste dal presente testo unico si applicano, altresì, salvo diverse disposizioni, ai consorzi cui
partecipano enti locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto
dallo statuto, dei consorzi per la gestione dei servizi sociali.
Articolo 3 Autonomia dei comuni e delle province.
1. Le comunità locali, ordinate in comuni e province, sono autonome.
2. Il comune è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne promuove lo sviluppo.
3. La provincia, ente locale intermedio tra comune e Regione, rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e
ne coordina lo sviluppo.
4. I comuni e le province hanno autonomia statutaria, normativa, organizzativa e amministrativa, nonché autonomia impositiva e
finanziaria nell'àmbito dei propri statuti e regolamenti e delle leggi di coordinamento della finanza pubblica.
5. I comuni e le province sono titolari di funzioni proprie e di quelle conferite loro con legge dello Stato e della Regione, secondo il
principio di sussidiarietà. I comuni e le province svolgono le loro funzioni anche attraverso le attività che possono essere
adeguatamente esercitate dalla autonoma iniziativa dei cittadini e delle loro formazioni sociali.
Articolo 4 Sistema regionale delle autonomie locali.
1. Ai sensi dell'articolo 117, primo e secondo comma, e dell'articolo 118, primo comma, della Costituzione, le regioni, ferme
restando le funzioni che attengono ad esigenze di carattere unitario nei rispettivi territori, organizzano l'esercizio delle funzioni
amministrative a livello locale attraverso i comuni e le province.
2. Ai fini di cui al comma 1, le leggi regionali si conformano ai princìpi stabiliti dal presente testo unico in ordine alle funzioni del
comune e della provincia, identificando nelle materie e nei casi previsti dall'articolo 117 della Costituzione, gli interessi comunali e
provinciali in rapporto alle caratteristiche della popolazione e del territorio.
3. La generalità dei compiti e delle funzioni amministrative è attribuita ai comuni, alle province e alle comunità montane, in base ai
princìpi di cui all'articolo 4, comma 3, della L. 15 marzo 1997, n. 59, secondo le loro dimensioni territoriali, associative ed
organizzative, con esclusione delle sole funzioni che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale.
4. La legge regionale indica i princìpi della cooperazione dei comuni e delle province tra loro e con la Regione, al fine di realizzare
un efficiente sistema delle autonomie locali al servizio dello sviluppo economico, sociale e civile.
5. Le regioni, nell'àmbito della propria autonomia legislativa, prevedono strumenti e procedure di raccordo e concertazione, anche
permanenti, che diano luogo a forme di cooperazione strutturali e funzionali, al fine di consentire la collaborazione e l'azione
coordinata fra regioni ed enti locali nell'àmbito delle rispettive competenze.
Articolo 5 Programmazione regionale e locale.
1. La Regione indica gli obiettivi generali della programmazione economico-sociale e territoriale e su questi ripartisce le risorse
destinate al finanziamento del programma di investimenti degli enti locali.
2. Comuni e province concorrono alla determinazione degli obiettivi contenuti nei piani e programmi dello Stato e delle regioni e
provvedono, per quanto di propria competenza, alla loro specificazione ed attuazione.
3. La legge regionale stabilisce forme e modi della partecipazione degli enti locali alla formazione dei piani e programmi regionali e
degli altri provvedimenti della Regione.
4. La legge regionale indica i criteri e fissa le procedure per gli atti e gli strumenti della programmazione socio-economica e della
pianificazione territoriale dei comuni e delle province rilevanti ai fini dell'attuazione dei programmi regionali.
5. La legge regionale disciplina, altresì, con norme di carattere generale, modi e procedimenti per la verifica della compatibilità fra
gli strumenti di cui al comma 4 e i programmi regionali, ove esistenti.
Articolo 6 Statuti comunali e provinciali.
1. I comuni e le province adottano il proprio statuto.
2. Lo statuto, nell'àmbito dei princìpi fissati dal presente testo unico, stabilisce le norme fondamentali dell'organizzazione dell'ente e,
in particolare, specifica le attribuzioni degli organi e le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze, i modi di esercizio
della rappresentanza legale dell'ente, anche in giudizio. Lo statuto stabilisce, altresì, i criteri generali in materia di organizzazione
dell'ente, le forme di collaborazione fra comuni e province, della partecipazione popolare, del decentramento, dell'accesso dei
cittadini alle informazioni e ai procedimenti amministrativi, lo stemma e il gonfalone e quanto ulteriormente previsto dal presente
testo unico.
3. Gli statuti comunali e provinciali stabiliscono norme per assicurare condizioni di pari opportunità tra uomo e donna ai sensi della
legge 10 aprile 1991, n. 125, e per promuovere la presenza di entrambi i sessi nelle giunte e negli organi collegiali del comune e della
provincia, nonché degli enti, aziende ed istituzioni da essi dipendenti.
4. Gli statuti sono deliberati dai rispettivi consigli con il voto favorevole dei due terzi dei consiglieri assegnati. Qualora tale
maggioranza non venga raggiunta, la votazione è ripetuta in successive sedute da tenersi entro trenta giorni e lo statuto è approvato se
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ottiene per due volte il voto favorevole della maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati. Le disposizioni di cui al presente comma
si applicano anche alle modifiche statutarie.
5. Dopo l'espletamento del controllo da parte del competente organo regionale, lo statuto è pubblicato nel bollettino ufficiale della
Regione, affisso all'albo pretorio dell'ente per trenta giorni consecutivi ed inviato al Ministero dell'interno per essere inserito nella
raccolta ufficiale degli statuti. Lo statuto entra in vigore decorsi trenta giorni dalla sua affissione all'albo pretorio dell'ente.
6. L'ufficio del Ministero dell'interno, istituito per la raccolta e la conservazione degli statuti comunali e provinciali, cura anche
adeguate forme di pubblicità degli statuti stessi.
Articolo 7 Regolamenti.
1. Nel rispetto dei princìpi fissati dalla legge e dello statuto, il comune e la provincia adottano regolamenti nelle materie di propria
competenza ed in particolare per l'organizzazione e il funzionamento delle istituzioni e degli organismi di partecipazione, per il
funzionamento degli organi e degli uffici e per l'esercizio delle funzioni.
Articolo 7-bis Sanzioni amministrative.
1. Salvo diversa disposizione di legge, per le violazioni delle disposizioni dei regolamenti comunali e provinciali si applica la
sanzione amministrativa pecuniaria da 25 euro a 500 euro.
1-bis. La sanzione amministrativa di cui al comma 1 si applica anche alle violazioni alle ordinanze adottate dal sindaco e dal
presidente della provincia sulla base di disposizioni di legge, ovvero di specifiche norme regolamentari 27.
2. L'organo competente a irrogare la sanzione amministrativa è individuato ai sensi dell'articolo 17 della legge 24 novembre 1981, n.
68928.
Articolo 8 Partecipazione popolare.
1. I comuni, anche su base di quartiere o di frazione, valorizzano le libere forme associative e promuovono organismi di
partecipazione popolare all'amministrazione locale. I rapporti di tali forme associative sono disciplinati dallo statuto.
2. Nel procedimento relativo all'adozione di atti che incidono su situazioni giuridiche soggettive devono essere previste forme di
partecipazione degli interessati secondo le modalità stabilite dallo statuto, nell'osservanza dei princìpi stabiliti dalla legge 7 agosto
1990, n. 241.
3. Nello statuto devono essere previste forme di consultazione della popolazione nonché procedure per l'ammissione di istanze,
petizioni e proposte di cittadini singoli o associati dirette a promuovere interventi per la migliore tutela di interessi collettivi e devono
essere, altresì, determinate le garanzie per il loro tempestivo esame. Possono essere, altresì, previsti referendum anche su richiesta di
un adeguato numero di cittadini.
4. Le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non
possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali.
5. Lo statuto, ispirandosi ai princìpi di cui alla legge 8 marzo 1994, n. 203 e al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, promuove
forme di partecipazione alla vita pubblica locale dei cittadini dell'Unione europea e degli stranieri regolarmente soggiornanti.
Articolo 9 Azione popolare e delle associazioni di protezione ambientale.
1. Ciascun elettore può far valere in giudizio le azioni e i ricorsi che spettano al comune e alla provincia.
2. Il giudice ordina l'integrazione del contraddittorio nei confronti del comune ovvero della provincia. In caso di soccombenza, le
spese sono a carico di chi ha promosso l'azione o il ricorso, salvo che l'ente costituendosi abbia aderito alle azioni e ai ricorsi
promossi dall'elettore.
3. Le associazioni di protezione ambientale di cui all'articolo 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349, possono proporre le azioni
risarcitorie di competenza del giudice ordinario che spettino al comune e alla provincia, conseguenti a danno ambientale. L'eventuale
risarcimento è liquidato in favore dell'ente sostituito e le spese processuali sono liquidate in favore o a carico dell'associazione.
Articolo 10 Diritto di accesso e di informazione.
1. Tutti gli atti dell'amministrazione comunale e provinciale sono pubblici, ad eccezione di quelli riservati per espressa indicazione
di legge o per effetto di una temporanea e motivata dichiarazione del sindaco o del presidente della provincia che ne vieti l'esibizione,
conformemente a quanto previsto dal regolamento, in quanto la loro diffusione possa pregiudicare il diritto alla riservatezza delle
persone, dei gruppi o delle imprese.
2. Il regolamento assicura ai cittadini, singoli e associati, il diritto di accesso agli atti amministrativi e disciplina il rilascio di copie di
atti previo pagamento dei soli costi; individua, con norme di organizzazione degli uffici e dei servizi, i responsabili dei procedimenti;
detta le norme necessarie per assicurare ai cittadini l'informazione sullo stato degli atti e delle procedure e sull'ordine di esame di
domande, progetti e provvedimenti che comunque li riguardino; assicura il diritto dei cittadini di accedere, in generale, alle
informazioni di cui è in possesso l'amministrazione.
3. Al fine di rendere effettiva la partecipazione dei cittadini all'attività dell'amministrazione, gli enti locali assicurano l'accesso alle
strutture ed ai servizi agli enti, alle organizzazioni di volontariato e alle associazioni.
Articolo 11 Difensore civico.
1. Lo statuto comunale e quello provinciale possono prevedere l'istituzione del difensore civico, con compiti di garanzia
dell'imparzialità e del buon andamento della pubblica amministrazione comunale o provinciale, segnalando, anche di propria
iniziativa, gli abusi, le disfunzioni, le carenze ed i ritardi dell'amministrazione nei confronti dei cittadini.
2. Lo statuto disciplina l'elezione, le prerogative ed i mezzi del difensore civico nonché i suoi rapporti con il consiglio comunale o
provinciale.
3. Il difensore civico comunale e quello provinciale svolgono altresì la funzione di controllo nell'ipotesi prevista all'articolo 127.
Articolo 12 Sistemi informativi e statistici.
1. Gli enti locali esercitano i compiti conoscitivi e informativi concernenti le loro funzioni in modo da assicurare, anche tramite
sistemi informativo-statistici automatizzati, la circolazione delle conoscenze e delle informazioni fra le amministrazioni, per
consentirne, quando prevista, la fruizione su tutto il territorio nazionale.
27
28
Art. 1-quater, D.L. 31 marzo 2003, n. 50, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, L. 20 maggio 2003, n. 116.
Art. 16, L. 16 gennaio 2003, n. 3.
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2. Gli enti locali, nello svolgimento delle attività di rispettiva competenza e nella conseguente verifica dei risultati, utilizzano sistemi
informativo-statistici che operano in collegamento con gli uffici di statistica in applicazione del decreto legislativo 6 settembre 1989,
n. 322. È in ogni caso assicurata l'integrazione dei sistemi informativo-statistici settoriali con il sistema statistico nazionale.
3. Le misure necessarie sono adottate con le procedure e gli strumenti di cui agli articoli 6 e 9 del d. lgs. 28 agosto 1997, n. 281.
TITOLO II Soggetti. Capo I - Comune
Articolo 13 Funzioni.
1. Spettano al comune tutte le funzioni amministrative che riguardano la popolazione ed il territorio comunale, precipuamente nei
settori organici dei servizi alla persona e alla comunità, dell'assetto ed utilizzazione del territorio e dello sviluppo economico, salvo
quanto non sia espressamente attribuito ad altri soggetti dalla legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.
2. Il comune, per l'esercizio delle funzioni in ambiti territoriali adeguati, attua forme sia di decentramento sia di cooperazione con
altri comuni e con la provincia.
Articolo 14 Compiti del comune per servizi di competenza statale.
1. Il comune gestisce i servizi elettorali, di stato civile, di anagrafe, di leva militare e di statistica.
2. Le relative funzioni sono esercitate dal sindaco quale ufficiale del Governo, ai sensi dell'articolo 54.
3. Ulteriori funzioni amministrative per servizi di competenza statale possono essere affidate ai comuni dalla legge che regola anche
i relativi rapporti finanziari, assicurando le risorse necessarie.
Articolo 15 Modifiche territoriali, fusione ed istituzione di comuni.
1. A norma degli articoli 117 e 133 della Costituzione, le regioni possono modificare le circoscrizioni territoriali dei comuni sentite
le popolazioni interessate, nelle forme previste dalla legge regionale. Salvo i casi di fusione tra più comuni, non possono essere
istituiti nuovi comuni con popolazione inferiore ai 10.000 abitanti o la cui costituzione comporti, come conseguenza, che altri comuni
scendano sotto tale limite.
2. La legge regionale che istituisce nuovi comuni, mediante fusione di due o più comuni contigui, prevede che alle comunità di
origine o ad alcune di esse siano assicurate adeguate forme di partecipazione e di decentramento dei servizi.
3. Al fine di favorire la fusione dei comuni, oltre ai contributi della Regione, lo Stato eroga, per i dieci anni successivi alla fusione
stessa, appositi contributi straordinari commisurati ad una quota dei trasferimenti spettanti ai singoli comuni che si fondono.
4. La denominazione delle borgate e frazioni è attribuita ai comuni ai sensi dell'articolo 118 della Costituzione.
Articolo 16 Municipi.
1. Nei comuni istituiti mediante fusione di due o più comuni contigui lo statuto comunale può prevedere l'istituzione di municipi nei
territori delle comunità di origine o di alcune di esse.
2. Lo statuto e il regolamento disciplinano l'organizzazione e le funzioni dei municipi, potendo prevedere anche organi eletti a
suffragio universale diretto. Si applicano agli amministratori dei municipi le norme previste per gli amministratori dei comuni con
pari popolazione.
Articolo 17 Circoscrizioni di decentramento comunale.
1. I comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti articolano il loro territorio per istituire le circoscrizioni di decentramento,
quali organismi di partecipazione, di consultazione e di gestione di servizi di base, nonché di esercizio delle funzioni delegate dal
comune.
2. L'organizzazione e le funzioni delle circoscrizioni sono disciplinate dallo statuto comunale e da apposito regolamento.
3. I comuni con popolazione tra i 30.000 ed i 100.000 abitanti possono articolare il territorio comunale per istituire le circoscrizioni
di decentramento secondo quanto previsto dal comma 2.
4. Gli organi delle circoscrizioni rappresentano le esigenze della popolazione delle circoscrizioni nell'àmbito dell'unità del comune e
sono eletti nelle forme stabilite dallo statuto e dal regolamento.
5. Nei comuni con popolazione superiore a 300.000 abitanti, lo statuto può prevedere particolari e più accentuate forme di
decentramento di funzioni e di autonomia organizzativa e funzionale, determinando, altresì, anche con il rinvio alla normativa
applicabile ai comuni aventi uguale popolazione, gli organi di tali forme di decentramento, lo status dei componenti e le relative
modalità di elezione, nomina o designazione. Il consiglio comunale può deliberare, a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati,
la revisione della delimitazione territoriale delle circoscrizioni esistenti e la conseguente istituzione delle nuove forme di autonomia
ai sensi della normativa statutaria.
Articolo 18 Titolo di città.
1. Il titolo di città può essere concesso con decreto del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro dell'interno ai comuni
insigni per ricordi, monumenti storici e per l'attuale importanza.
Capo II Provincia
Articolo 19 Funzioni.
1. Spettano alla provincia le funzioni amministrative di interesse provinciale che riguardino vaste zone intercomunali o l'intero
territorio provinciale nei seguenti settori: a) difesa del suolo, tutela e valorizzazione dell'ambiente e prevenzione delle calamità;
b) tutela e valorizzazione delle risorse idriche ed energetiche; c) valorizzazione dei beni culturali; d) viabilità e trasporti;
e) protezione della flora e della fauna parchi e riserve naturali; f) caccia e pesca nelle acque interne; g) organizzazione dello
smaltimento dei rifiuti a livello provinciale, rilevamento, disciplina e controllo degli scarichi delle acque e delle emissioni
atmosferiche e sonore; h) servizi sanitari, di igiene e profilassi pubblica, attribuiti dalla legislazione statale e regionale; i) compiti
connessi alla istruzione secondaria di secondo grado ed artistica ed alla formazione professionale, compresa l'edilizia scolastica,
attribuiti dalla legislazione statale e regionale; l) raccolta ed elaborazione dati, assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali.
2. La provincia, in collaborazione con i comuni e sulla base di programmi da essa proposti, promuove e coordina attività, nonché
realizza opere di rilevante interesse provinciale sia nel settore economico, produttivo, commerciale e turistico, sia in quello sociale,
culturale e sportivo.
3. La gestione di tali attività ed opere avviene attraverso le forme previste dal presente testo unico per la gestione dei servizi pubblici
locali.
Articolo 20 Compiti di programmazione.
1. La provincia: a) raccoglie e coordina le proposte avanzate dai comuni, ai fini della programmazione economica, territoriale ed
ambientale della Regione;
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b) concorre alla determinazione del programma regionale di sviluppo e degli altri programmi e piani regionali secondo norme dettate
dalla legge regionale;
c) formula e adotta, con riferimento alle previsioni e agli obiettivi del programma regionale di sviluppo, propri programmi pluriennali
sia di carattere generale che settoriale e promuove il coordinamento dell'attività programmatoria dei comuni.
2. La provincia, inoltre, ferme restando le competenze dei comuni ed in attuazione della legislazione e dei programmi regionali,
predispone ed adotta il piano territoriale di coordinamento che determina gli indirizzi generali di assetto del territorio e, in
particolare, indica:
a) le diverse destinazioni del territorio in relazione alla prevalente vocazione delle sue parti;
b) la localizzazione di massima delle maggiori infrastrutture e delle principali linee di comunicazione;
c) le linee di intervento per la sistemazione idrica, idrogeologica ed idraulico-forestale ed in genere per il consolidamento del suolo e
la regimazione delle acque;
d) le aree nelle quali sia opportuno istituire parchi o riserve naturali.
3. I programmi pluriennali e il piano territoriale di coordinamento sono trasmessi alla Regione ai fini di accertarne la conformità agli
indirizzi regionali della programmazione socio-economica e territoriale.
4. La legge regionale detta le procedure di approvazione, nonché norme che assicurino il concorso dei comuni alla formazione dei
programmi pluriennali e dei piani territoriali di coordinamento.
5. Ai fini del coordinamento e dell'approvazione degli strumenti di pianificazione territoriale predisposti dai comuni, la provincia
esercita le funzioni ad essa attribuite dalla Regione ed ha, in ogni caso, il compito di accertare la compatibilità di detti strumenti con
le previsioni del piano territoriale di coordinamento.
6. Gli enti e le amministrazioni pubbliche, nell'esercizio delle rispettive competenze, si conformano ai piani territoriali di
coordinamento delle province e tengono conto dei loro programmi pluriennali.
Articolo 21 Circondari e revisione delle circoscrizioni provinciali.
1. La provincia, in relazione all'ampiezza e peculiarità del territorio, alle esigenze della popolazione ed alla funzionalità dei servizi,
può disciplinare nello statuto la suddivisione del proprio territorio in circondari e sulla base di essi organizzare gli uffici, i servizi e la
partecipazione dei cittadini.
2. Nel rispetto della disciplina regionale, in materia di circondario, lo statuto della provincia può demandare ad un apposito
regolamento l'istituzione dell'assemblea dei sindaci del circondario, con funzioni consultive, propositive e di coordinamento, e la
previsione della nomina di un presidente del circondario indicato a maggioranza assoluta dall'assemblea dei sindaci e componente del
consiglio comunale di uno dei comuni appartenenti al circondario. Il presidente ha funzioni di rappresentanza, promozione e
coordinamento. Al presidente del circondario si applicano le disposizioni relative allo status del presidente del consiglio di comune
con popolazione pari a quella ricompresa nel circondario.
3. Per la revisione delle circoscrizioni provinciali e l'istituzione di nuove province i comuni esercitano l'iniziativa di cui all'articolo
133 della Costituzione, tenendo conto dei seguenti criteri ed indirizzi:
a) ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici
e culturali della popolazione residente;
b) ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per ampiezza, entità demografica, nonché per le attività produttive
esistenti o possibili, da consentire una programmazione dello sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale e
culturale del territorio provinciale e regionale;
c) l'intero territorio di ogni comune deve far parte di una sola provincia;
d) l'iniziativa dei comuni, di cui all'articolo 133 della Costituzione, deve conseguire l'adesione della maggioranza dei comuni
dell'area interessata, che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell'area stessa, con delibera
assunta a maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati;
e) di norma, la popolazione delle province risultanti dalle modificazioni territoriali non deve essere inferiore a 200.000 abitanti;
f) l'istituzione di nuove province non comporta necessariamente l'istituzione di uffici provinciali delle amministrazioni dello Stato e
degli altri enti pubblici;
g) le province preesistenti debbono garantire alle nuove, in proporzione al territorio ed alla popolazione trasferiti, personale, beni,
strumenti operativi e risorse finanziarie adeguati.
4. Ai sensi del secondo comma dell'articolo 117 della Costituzione le regioni emanano norme intese a promuovere e coordinare
l'iniziativa dei comuni di cui alla lettera d) del comma 3
Capo III Aree metropolitane
Articolo 22 Aree metropolitane.
1. Sono considerate aree metropolitane le zone comprendenti i comuni di Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze,
Roma, Bari, Napoli e gli altri comuni i cui insediamenti abbiano con essi rapporti di stretta integrazione territoriale e in ordine alle
attività economiche, ai servizi essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali.
2. Su conforme proposta degli enti locali interessati la Regione procede entro centottanta giorni dalla proposta stessa alla
delimitazione territoriale dell'area metropolitana. Qualora la Regione non provveda entro il termine indicato, il Governo, sentita la
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, invita la Regione a provvedere entro un
ulteriore termine, scaduto il quale procede alla delimitazione dell'area metropolitana.
3. Restano ferme le città metropolitane e le aree metropolitane definite dalle regioni a statuto speciale.
Articolo 23 Città metropolitane.
1. Nelle aree metropolitane di cui all'articolo 22, il comune capoluogo e gli altri comuni ad esso uniti da contiguità territoriale e da
rapporti di stretta integrazione in ordine all'attività economica, ai servizi essenziali, ai caratteri ambientali, alle relazioni sociali e
culturali possono costituirsi in città metropolitane ad ordinamento differenziato.
2. A tale fine, su iniziativa degli enti locali interessati, il sindaco del comune capoluogo e il presidente della provincia convocano
l'assemblea dei rappresentanti degli enti locali interessati. L'assemblea, su conforme deliberazione dei consigli comunali, adotta una
proposta di statuto della città metropolitana, che ne indichi il territorio, l'organizzazione, l'articolazione interna e le funzioni.
3. La proposta di istituzione della città metropolitana è sottoposta a referendum a cura di ciascun comune partecipante, entro
centottanta giorni dalla sua approvazione. Se la proposta riceve il voto favorevole della maggioranza degli aventi diritto al voto
51
espressa nella metà più uno dei comuni partecipanti, essa è presentata dalla Regione entro i successivi novanta giorni ad una delle
due Camere per l'approvazione con legge.
4. All'elezione degli organi della città metropolitana si procede nel primo turno utile ai sensi delle leggi vigenti in materia di elezioni
degli enti locali.
5. La città metropolitana, comunque denominata, acquisisce le funzioni della provincia; attua il decentramento previsto dallo statuto,
salvaguardando l'identità delle originarie collettività locali.
6. Quando la città metropolitana non coincide con il territorio di una provincia, si procede alla nuova delimitazione delle
circoscrizioni provinciali o all'istituzione di nuove province, anche in deroga alle previsioni di cui all'articolo 21, considerando l'area
della città come territorio di una nuova provincia. Le regioni a statuto speciale possono adeguare il proprio ordinamento ai princìpi
contenuti nel presente comma.
7. Le disposizioni del comma 6 possono essere applicate anche in materia di riordino, ad opera dello Stato, delle circoscrizioni
provinciali nelle regioni a statuto speciale nelle quali siano istituite le aree metropolitane previste dalla legislazione regionale.
Articolo 24 Esercizio coordinato di funzioni.
1. La Regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può definire ambiti sovracomunali per l'esercizio coordinato delle funzioni
degli enti locali, attraverso forme associative e di cooperazione, nelle seguenti materie: a) pianificazione territoriale;
b) reti infrastrutturali e servizi a rete; c) piani di traffico intercomunali; d) tutela e valorizzazione dell'ambiente e rilevamento
dell'inquinamento atmosferico; e) interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica; f) raccolta, distribuzione e depurazione delle
acque; g) smaltimento dei rifiuti; h) grande distribuzione commerciale; i) attività culturali; l) funzioni dei sindaci ai sensi dell'articolo
50, comma 7.
2. Le disposizioni regionali emanate ai sensi del comma 1 si applicano fino all'istituzione della città metropolitana.
Articolo 25 Revisione delle circoscrizioni comunali.
1. Istituita la città metropolitana, la Regione, previa intesa con gli enti locali interessati, può procedere alla revisione delle
circoscrizioni territoriali dei comuni compresi nell'area metropolitana.
Articolo 26 Norma transitoria.
1. Sono fatte salve le leggi regionali vigenti in materia di aree metropolitane.
2. La legge istitutiva della città metropolitana stabilisce i termini per il conferimento, da parte della Regione, dei compiti e delle
funzioni amministrative in base ai princìpi dell'articolo 4, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e le modalità per l'esercizio
dell'intervento sostitutivo da parte del Governo in analogia a quanto previsto dall'articolo 3, comma 4, del decreto legislativo 31
marzo 1998, n. 112.
Capo IV Comunità montane
Articolo 27 Natura e ruolo.
1. Le comunità montane sono unioni di comuni, enti locali costituiti fra comuni montani e parzialmente montani, anche appartenenti
a province diverse, per la valorizzazione delle zone montane per l'esercizio di funzioni proprie, di funzioni conferite e per l'esercizio
associato delle funzioni comunali.
2. La comunità montana ha un organo rappresentativo e un organo esecutivo composti da sindaci, assessori o consiglieri dei comuni
partecipanti. Il presidente può cumulare la carica con quella di sindaco di uno dei comuni della comunità. I rappresentanti dei comuni
della comunità montana sono eletti dai consigli dei comuni partecipanti con il sistema del voto limitato garantendo la rappresentanza
delle minoranze.
3. La Regione individua, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 4, gli ambiti o le zone omogenee per la costituzione
delle comunità montane, in modo da consentire gli interventi per la valorizzazione della montagna e l'esercizio associato delle
funzioni comunali. La costituzione della comunità montana avviene con provvedimento del presidente della Giunta regionale.
4. La legge regionale disciplina le comunità montane stabilendo in particolare: a) le modalità di approvazione dello statuto; b) le
procedure di concertazione; c) la disciplina dei piani zonali e dei programmi annuali; d) i criteri di ripartizione tra le comunità
montane dei finanziamenti regionali e di quelli dell'Unione europea; e) i rapporti con gli altri enti operanti nel territorio.
5. La legge regionale può escludere dalla comunità montana i comuni parzialmente montani nei quali la popolazione residente nel
territorio montano sia inferiore al 15 per cento della popolazione complessiva, restando sempre esclusi i capoluoghi di provincia e i
comuni con popolazione complessiva superiore a 40.000 abitanti. L'esclusione non priva i rispettivi territori montani dei benefìci e
degli interventi speciali per la montagna stabiliti dall'Unione europea e dalle leggi statali e regionali. La legge regionale può
prevedere, altresì, per un più efficace esercizio delle funzioni e dei servizi svolti in forma associata, l'inclusione dei comuni
confinanti, con popolazione non superiore a 20.000 abitanti, che siano parte integrante del sistema geografico e socio-economico
della comunità.
6. Al comune montano nato dalla fusione dei comuni il cui territorio coincide con quello di una comunità montana sono assegnate le
funzioni e le risorse attribuite alla stessa in base a norme comunitarie, nazionali e regionali. Tale disciplina si applica anche nel caso
in cui il comune sorto dalla fusione comprenda comuni non montani. Con la legge regionale istitutiva del nuovo comune si provvede
allo scioglimento della comunità montana.
7. Ai fini della graduazione e differenziazione degli interventi di competenza delle regioni e delle comunità montane, le regioni, con
propria legge, possono provvedere ad individuare nell'àmbito territoriale delle singole comunità montane fasce altimetriche di
territorio, tenendo conto dell'andamento orografico, del clima, della vegetazione, delle difficoltà nell'utilizzazione agricola del suolo,
della fragilità ecologica, dei rischi ambientali e della realtà socio-economica.
8. Ove in luogo di una preesistente comunità montana vengano costituite più comunità montane, ai nuovi enti spettano nel
complesso i trasferimenti erariali attribuiti all'ente originario, ripartiti in attuazione dei criteri stabiliti dall'articolo 36 del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 504 e successive modificazioni.
Articolo 28 Funzioni.
1. L'esercizio associato di funzioni proprie dei comuni o a questi conferite dalla Regione spetta alle comunità montane. Spetta,
altresì, alle comunità montane l'esercizio di ogni altra funzione ad esse conferita dai comuni, dalla provincia e dalla Regione.
2. Spettano alle comunità montane le funzioni attribuite dalla legge e gli interventi speciali per la montagna stabiliti dalla Unione
europea o dalle leggi statali e regionali.
52
3. Le comunità montane adottano piani pluriennali di opere ed interventi e individuano gli strumenti idonei a perseguire gli obiettivi
dello sviluppo socio-economico, ivi compresi quelli previsti dalla Unione europea, dallo Stato e dalla Regione, che possono
concorrere alla realizzazione dei programmi annuali operativi di esecuzione del piano.
4. Le comunità montane, attraverso le indicazioni urbanistiche del piano pluriennale di sviluppo, concorrono alla formazione del
piano territoriale di coordinamento.
5. Il piano pluriennale di sviluppo socioeconomico ed i suoi aggiornamenti sono adottati dalle comunità montane ed approvati dalla
provincia secondo le procedure previste dalla legge regionale.
6. Gli interventi finanziari disposti dalle comunità montane e da altri soggetti pubblici a favore della montagna sono destinati
esclusivamente ai territori classificati montani.
7. Alle comunità montane si applicano le disposizioni dell'articolo 32, comma 5.
Articolo 29 Comunità isolane o di arcipelago.
1. In ciascuna isola o arcipelago di isole, ad eccezione della Sicilia e della Sardegna, ove esistono più comuni, può essere istituita,
dai comuni interessati, la comunità isolana o dell'arcipelago, cui si estendono le norme sulle comunità montane.
Capo V Forme associative
Articolo 30 Convenzioni.
1. Al fine di svolgere in modo coordinato funzioni e servizi determinati, gli enti locali possono stipulare tra loro apposite
convenzioni.
2. Le convenzioni devono stabilire i fini, la durata, le forme di consultazione degli enti contraenti, i loro rapporti finanziari ed i
reciproci obblighi e garanzie.
3. Per la gestione a tempo determinato di uno specifico servizio o per la realizzazione di un'opera lo Stato e la Regione, nelle materie
di propria competenza, possono prevedere forme di convenzione obbligatoria fra enti locali, previa statuizione di un disciplinare-tipo.
4. Le convenzioni di cui al presente articolo possono prevedere anche la costituzione di uffici comuni, che operano con personale
distaccato dagli enti partecipanti, ai quali affidare l'esercizio delle funzioni pubbliche in luogo degli enti partecipanti all'accordo,
ovvero la delega di funzioni da parte degli enti partecipanti all'accordo a favore di uno di essi, che opera in luogo e per conto degli
enti deleganti.
Articolo 31 Consorzi.
1. Gli enti locali per la gestione associata di uno o più servizi e l'esercizio associato di funzioni possono costituire un consorzio
secondo le norme previste per le aziende speciali di cui all'articolo 114, in quanto compatibili. Al consorzio possono partecipare altri
enti pubblici, quando siano a ciò autorizzati, secondo le leggi alle quali sono soggetti.
2. A tal fine i rispettivi consigli approvano a maggioranza assoluta dei componenti una convenzione ai sensi dell'articolo 30,
unitamente allo statuto del consorzio.
3. In particolare la convenzione deve disciplinare le nomine e le competenze degli organi consortili coerentemente a quanto disposto
dai commi 8, 9 e 10 dell'articolo 50 e dell'articolo 42, comma 2, lettera m), e prevedere la trasmissione, agli enti aderenti, degli atti
fondamentali del consorzio; lo statuto, in conformità alla convenzione, deve disciplinare l'organizzazione, la nomina e le funzioni
degli organi consortili.
4. Salvo quanto previsto dalla convenzione e dallo statuto per i consorzi, ai quali partecipano a mezzo dei rispettivi rappresentanti
legali anche enti diversi dagli enti locali, l'assemblea del consorzio è composta dai rappresentanti degli enti associati nella persona
del sindaco, del presidente o di un loro delegato, ciascuno con responsabilità pari alla quota di partecipazione fissata dalla
convenzione e dallo statuto.
5. L'assemblea elegge il consiglio di amministrazione e ne approva gli atti fondamentali previsti dallo statuto.
6. Tra gli stessi enti locali non può essere costituito più di un consorzio.
7. In caso di rilevante interesse pubblico, la legge dello Stato può prevedere la costituzione di consorzi obbligatori per l'esercizio di
determinate funzioni e servizi. La stessa legge ne demanda l'attuazione alle leggi regionali.
8. Ai consorzi che gestiscono attività di cui all'articolo 113-bis, si applicano le norme previste per le aziende speciali29.
Articolo 32 Unioni di comuni.
1. Le unioni di comuni sono enti locali costituiti da due o più comuni di norma contermini, allo scopo di esercitare congiuntamente
una pluralità di funzioni di loro competenza.
2. L'atto costitutivo e lo statuto dell'unione sono approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza
richieste per le modifiche statutarie. Lo statuto individua gli organi dell'unione e le modalità per la loro costituzione e individua
altresì le funzioni svolte dall'unione e le corrispondenti risorse.
3. Lo statuto deve comunque prevedere il presidente dell'unione scelto tra i sindaci dei comuni interessati e deve prevedere che altri
organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze.
4. L'unione ha potestà regolamentare per la disciplina della propria organizzazione, per lo svolgimento delle funzioni ad essa affidate
e per i rapporti anche finanziari con i comuni.
5. Alle unioni di comuni si applicano, in quanto compatibili, i princìpi previsti per l'ordinamento dei comuni. Si applicano, in
particolare, le norme in materia di composizione degli organi dei comuni; il numero dei componenti degli organi non può comunque
eccedere i limiti previsti per i comuni di dimensioni pari alla popolazione complessiva dell'ente. Alle unioni competono gli introiti
derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati.
Articolo 33 Esercizio associato di funzioni e servizi da parte dei comuni.
1. Le regioni, nell'emanazione delle leggi di conferimento delle funzioni ai comuni, attuano il trasferimento delle funzioni nei
confronti della generalità dei comuni.
2. Al fine di favorire l'esercizio associato delle funzioni dei comuni di minore dimensione demografica, le regioni individuano livelli
ottimali di esercizio delle stesse, concordandoli nelle sedi concertative di cui all'articolo 4. Nell'àmbito della previsione regionale, i
comuni esercitano le funzioni in forma associata, individuando autonomamente i soggetti, le forme e le metodologie, entro il termine
29
Art. 35, co. 12, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
53
temporale indicato dalla legislazione regionale. Decorso inutilmente il termine di cui sopra, la Regione esercita il potere sostitutivo
nelle forme stabilite dalla legge stessa.
3. Le regioni predispongono, concordandolo con i comuni nelle apposite sedi concertative, un programma di individuazione degli
ambiti per la gestione associata sovracomunale di funzioni e servizi, realizzato anche attraverso le unioni, che può prevedere altresì la
modifica di circoscrizioni comunali e i criteri per la corresponsione di contributi e incentivi alla progressiva unificazione. Il
programma è aggiornato ogni tre anni, tenendo anche conto delle unioni di comuni regolarmente costituite.
4. Al fine di favorire il processo di riorganizzazione sovracomunale dei servizi, delle funzioni e delle strutture, le regioni provvedono
a disciplinare, con proprie leggi, nell'àmbito del programma territoriale di cui al comma 3, le forme di incentivazione dell'esercizio
associato delle funzioni da parte dei comuni, con l'eventuale previsione nel proprio bilancio di un apposito fondo. A tale fine, oltre a
quanto stabilito dal comma 3 e dagli articoli 30 e 32, le regioni si attengono ai seguenti princìpi fondamentali:
a) nella disciplina delle incentivazioni:
1. favoriscono il massimo grado di integrazione tra i comuni, graduando la corresponsione dei benefìci in relazione al livello di
unificazione, rilevato mediante specifici indicatori con riferimento alla tipologia ed alle caratteristiche delle funzioni e dei servizi
associati o trasferiti in modo tale da erogare il massimo dei contributi nelle ipotesi di massima integrazione;
2. prevedono in ogni caso una maggiorazione dei contributi nelle ipotesi di fusione e di unione, rispetto alle altre forme di gestione
sovracomunale;
b) promuovono le unioni di comuni, senza alcun vincolo alla successiva fusione, prevedendo comunque ulteriori benefìci da
corrispondere alle unioni che autonomamente deliberino, su conforme proposta dei consigli comunali interessati, di procedere alla
fusione.
Articolo 34 Accordi di programma.
1. Per la definizione e l'attuazione di opere, di interventi o di programmi di intervento che richiedono, per la loro completa
realizzazione, l'azione integrata e coordinata di comuni, di province e regioni, di amministrazioni statali e di altri soggetti pubblici, o
comunque di due o più tra i soggetti predetti, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il sindaco, in relazione alla
competenza primaria o prevalente sull'opera o sugli interventi o sui programmi di intervento, promuove la conclusione di un accordo
di programma, anche su richiesta di uno o più dei soggetti interessati, per assicurare il coordinamento delle azioni e per determinarne
i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento.
2. L'accordo può prevedere altresì procedimenti di arbitrato, nonché interventi surrogatori di eventuali inadempienze dei soggetti
partecipanti.
3. Per verificare la possibilità di concordare l'accordo di programma, il presidente della Regione o il presidente della provincia o il
sindaco convoca una conferenza tra i rappresentanti di tutte le amministrazioni interessate.
4. L'accordo, consistente nel consenso unanime del presidente della Regione, del presidente della provincia, dei sindaci e delle altre
amministrazioni interessate, è approvato con atto formale del presidente della Regione o del presidente della provincia o del sindaco
ed è pubblicato nel bollettino ufficiale della Regione. L'accordo, qualora adottato con decreto del presidente della Regione, produce
gli effetti della intesa di cui all'articolo 81 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616, determinando le
eventuali e conseguenti variazioni degli strumenti urbanistici e sostituendo le concessioni edilizie, sempre che vi sia l'assenso del
comune interessato.
5. Ove l'accordo comporti variazione degli strumenti urbanistici, l'adesione del sindaco allo stesso deve essere ratificata dal consiglio
comunale entro trenta giorni a pena di decadenza.
6. Per l'approvazione di progetti di opere pubbliche comprese nei programmi dell'amministrazione e per le quali siano
immediatamente utilizzabili i relativi finanziamenti si procede a norma dei precedenti commi. L'approvazione dell'accordo di
programma comporta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza delle medesime opere; tale dichiarazione cessa di
avere efficacia se le opere non hanno avuto inizio entro tre anni.
7. La vigilanza sull'esecuzione dell'accordo di programma e gli eventuali interventi sostitutivi sono svolti da un collegio presieduto
dal presidente della Regione o dal presidente della provincia o dal sindaco e composto da rappresentanti degli enti locali interessati,
nonché dal commissario del Governo nella Regione o dal prefetto nella provincia interessata se all'accordo partecipano
amministrazioni statali o enti pubblici nazionali.
8. Allorché l'intervento o il programma di intervento comporti il concorso di due o più regioni finitime, la conclusione dell'accordo di
programma è promossa dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a cui spetta convocare la conferenza di cui al comma 3. Il
collegio di vigilanza di cui al comma 7 è in tal caso presieduto da un rappresentante della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed è
composto dai rappresentanti di tutte le regioni che hanno partecipato all'accordo. La Presidenza del Consiglio dei Ministri esercita le
funzioni attribuite dal comma 7 al commissario del Governo ed al prefetto.
Articolo 35 Norma transitoria.
1. L'adozione delle leggi regionali previste dall'articolo 33, comma 4, avviene entro il 21 febbraio 2001. Trascorso inutilmente tale
termine, il Governo, entro i successivi sessanta giorni, sentite le regioni inadempienti e la Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del
decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, provvede a dettare la relativa disciplina nel rispetto dei princìpi enunciati nel citato
articolo del presente testo unico. La disciplina adottata nell'esercizio dei poteri sostitutivi si applica fino alla data di entrata in vigore
della legge regionale.
TITOLO III Organi. Capo I - Organi di governo del comune e della provincia
Articolo 36 Organi di governo.
1. Sono organi di governo del comune il consiglio, la Giunta, il sindaco.
2. Sono organi di governo della provincia il consiglio, la Giunta, il Presidente.
Articolo 37 Composizione dei consigli.
1. Il consiglio comunale è composto dal sindaco e:
a) da 60 membri nei comuni con popolazione superiore ad un milione di abitanti;
b) da 50 membri nei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti;
c) da 46 membri nei comuni con popolazione superiore a 250.000 abitanti;
d) da 40 membri nei comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti o che, pur avendo popolazione inferiore, siano capoluoghi
di provincia;
54
e) da 30 membri nei comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti;
f) da 20 membri nei comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti;
g) da 16 membri nei comuni con popolazione superiore a 3.000 abitanti;
h) da 12 membri negli altri comuni.
2. Il consiglio provinciale è composto dal presidente della provincia e:
a) da 45 membri nelle province con popolazione residente superiore a 1.400.000 abitanti;
b) da 36 membri nelle province con popolazione residente superiore a 700.000 abitanti;
c) da 30 membri nelle province con popolazione residente superiore a 300.000 abitanti;
d) da 24 membri nelle altre province.
3. Il presidente della provincia e i consiglieri provinciali rappresentano l'intera provincia.
4. La popolazione è determinata in base ai risultati dell'ultimo censimento ufficiale.
Articolo 38 Consigli comunali e provinciali.
1. L'elezione dei consigli comunali e provinciali, la loro durata in carica, il numero dei consiglieri e la loro posizione giuridica sono
regolati dal presente testo unico.
2. Il funzionamento dei consigli, nel quadro dei princìpi stabiliti dallo statuto, è disciplinato dal regolamento, approvato a
maggioranza assoluta, che prevede, in particolare, le modalità per la convocazione e per la presentazione e la discussione delle
proposte. Il regolamento indica altresì il numero dei consiglieri necessario per la validità delle sedute, prevedendo che in ogni caso
debba esservi la presenza di almeno un terzo dei consiglieri assegnati per legge all'ente, senza computare a tale fine il sindaco e il
presidente della provincia.
3. I consigli sono dotati di autonomia funzionale e organizzativa. Con norme regolamentari i comuni e le province fissano le
modalità per fornire ai consigli servizi, attrezzature e risorse finanziarie. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e
nelle province possono essere previste strutture apposite per il funzionamento dei consigli. Con il regolamento di cui al comma 2 i
consigli disciplinano la gestione di tutte le risorse attribuite per il proprio funzionamento e per quello dei gruppi consiliari
regolarmente costituiti.
4. I consiglieri entrano in carica all'atto della proclamazione ovvero, in caso di surrogazione, non appena adottata dal consiglio la
relativa deliberazione.
5. I consigli durano in carica sino all'elezione dei nuovi, limitandosi, dopo la pubblicazione del decreto di indizione dei comizi
elettorali, ad adottare gli atti urgenti e improrogabili.
6. Quando lo statuto lo preveda, il consiglio si avvale di commissioni costituite nel proprio seno con criterio proporzionale. Il
regolamento determina i poteri delle commissioni e ne disciplina l'organizzazione e le forme di pubblicità dei lavori.
7. Le sedute del consiglio e delle commissioni sono pubbliche salvi i casi previsti dal regolamento.
8. Le dimissioni dalla carica di consigliere, indirizzate al rispettivo consiglio, devono essere assunte immediatamente al protocollo
dell'ente nell'ordine temporale di presentazione. Esse sono irrevocabili, non necessitano di presa d'atto e sono immediatamente
efficaci. Il consiglio, entro e non oltre dieci giorni, deve procedere alla surroga dei consiglieri dimissionari, con separate
deliberazioni, seguendo l'ordine di presentazione delle dimissioni quale risulta dal protocollo. Non si fa luogo alla surroga qualora,
ricorrendone i presupposti, si debba procedere allo scioglimento del consiglio a norma dell'articolo 141.
9. In occasione delle riunioni del consiglio vengono esposte all'esterno degli edifici, ove si tengono, la bandiera della Repubblica
italiana e quella dell'Unione europea per il tempo in cui questi esercita le rispettive funzioni e attività. Sono fatte salve le ulteriori
disposizioni emanate sulla base della legge 5 febbraio 1998, n. 22, concernente disposizioni generali sull'uso della bandiera italiana
ed europea.
Articolo 39 Presidenza dei consigli comunali e provinciali.
1. I consigli provinciali e i consigli comunali dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti sono presieduti da un
presidente eletto tra i consiglieri nella prima seduta del consiglio. Al presidente del consiglio sono attribuiti, tra gli altri, i poteri di
convocazione e direzione dei lavori e delle attività del consiglio. Quando lo statuto non dispone diversamente, le funzioni vicarie di
presidente del consiglio sono esercitate dal consigliere anziano individuato secondo le modalità di cui all'articolo 40. Nei comuni con
popolazione sino a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la figura del presidente del consiglio.
2. Il presidente del consiglio comunale o provinciale è tenuto a riunire il consiglio, in un termine non superiore ai venti giorni,
quando lo richiedano un quinto dei consiglieri, o il sindaco o il presidente della provincia, inserendo all'ordine del giorno le questioni
richieste.
3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti il consiglio è presieduto dal sindaco che provvede anche alla
convocazione del consiglio salvo differente previsione statutaria.
4. Il presidente del consiglio comunale o provinciale assicura una adeguata e preventiva informazione ai gruppi consiliari ed ai
singoli consiglieri sulle questioni sottoposte al consiglio.
5. In caso di inosservanza degli obblighi di convocazione del consiglio, previa diffida, provvede il prefetto.
Articolo 40 Convocazione della prima seduta del consiglio.
1. La prima seduta del consiglio comunale e provinciale deve essere convocata entro il termine perentorio di dieci giorni dalla
proclamazione e deve tenersi entro il termine di dieci giorni dalla convocazione.
2. Nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta, è convocata dal sindaco ed è presieduta dal consigliere
anziano fino alla elezione del presidente del consiglio. La seduta prosegue poi sotto la presidenza del presidente del consiglio per la
comunicazione dei componenti della Giunta e per gli ulteriori adempimenti. È consigliere anziano colui che ha ottenuto la maggior
cifra individuale ai sensi dell'articolo 73 con esclusione del sindaco neoeletto e dei candidati alla carica di sindaco, proclamati
consiglieri ai sensi del comma 11 del medesimo articolo 73.
3. Qualora il consigliere anziano sia assente o rifiuti di presiedere l'assemblea, la presidenza è assunta dal consigliere che, nella
graduatoria di anzianità determinata secondo i criteri di cui al comma 2, occupa il posto immediatamente successivo.
4. La prima seduta del consiglio provinciale è presieduta e convocata dal presidente della provincia sino alla elezione del presidente
del consiglio.
5. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti, la prima seduta del consiglio è convocata e presieduta dal sindaco sino
all'elezione del presidente del consiglio.
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6. Le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5 si applicano salvo diversa previsione regolamentare nel quadro dei princìpi stabiliti dallo
statuto .
Articolo 41 Adempimenti della prima seduta.
1. Nella prima seduta il consiglio comunale e provinciale, prima di deliberare su qualsiasi altro oggetto, ancorché non sia stato
prodotto alcun reclamo, deve esaminare la condizione degli eletti a norma del capo II Titolo III e dichiarare la ineleggibilità di essi
quando sussista alcuna delle cause ivi previste, provvedendo secondo la procedura indicata dall'articolo 69.
2. Il consiglio comunale, nella prima seduta, elegge tra i propri componenti la commissione elettorale comunale ai sensi degli articoli
12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1967, n. 223.
Articolo 42 Attribuzioni dei consigli.
1. Il consiglio è l'organo di indirizzo e di controllo politico-amministrativo.
2. Il consiglio ha competenza limitatamente ai seguenti atti fondamentali:
a) statuti dell'ente e delle aziende speciali, regolamenti salva l'ipotesi di cui all'articolo 48, comma 3, criteri generali in materia di
ordinamento degli uffici e dei servizi;
b) programmi, relazioni previsionali e programmatiche, piani finanziari, programmi triennali e elenco annuale dei lavori pubblici,
bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, rendiconto, piani territoriali ed urbanistici, programmi annuali e pluriennali per la
loro attuazione, eventuali deroghe ad essi, pareri da rendere per dette materie;
c) convenzioni tra i comuni e quelle tra i comuni e provincia, costituzione e modificazione di forme associative;
d) istituzione, compiti e norme sul funzionamento degli organismi di decentramento e di partecipazione;
e) organizzazione dei pubblici servizi, costituzione di istituzioni e aziende speciali, concessione dei pubblici servizi, partecipazione
dell'ente locale a società di capitali, affidamento di attività o servizi mediante convenzione30[4];
f) istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote; disciplina generale delle tariffe
per la fruizione dei beni e dei servizi;
g) indirizzi da osservare da parte delle aziende pubbliche e degli enti dipendenti, sovvenzionati o sottoposti a vigilanza;
h) contrazione dei mutui non previsti espressamente in atti fondamentali del consiglio comunale ed emissione dei prestiti
obbligazionari;
i) spese che impegnino i bilanci per gli esercizi successivi, escluse quelle relative alle locazioni di immobili ed alla somministrazione
e fornitura di beni e servizi a carattere continuativo;
l) acquisti e alienazioni immobiliari, relative permute, appalti e concessioni che non siano previsti espressamente in atti fondamentali
del consiglio o che non ne costituiscano mera esecuzione e che, comunque, non rientrino nella ordinaria amministrazione di funzioni
e servizi di competenza della Giunta, del segretario o di altri funzionari;
m) definizione degli indirizzi per la nomina e la designazione dei rappresentanti del comune presso enti, aziende ed istituzioni,
nonché nomina dei rappresentanti del consiglio presso enti, aziende ed istituzioni ad esso espressamente riservata dalla legge.
3. Il consiglio, nei modi disciplinati dallo statuto, partecipa altresì alla definizione, all'adeguamento e alla verifica periodica
dell'attuazione delle linee programmatiche da parte del sindaco o del presidente della provincia e dei singoli assessori.
4. Le deliberazioni in ordine agli argomenti di cui al presente articolo non possono essere adottate in via d'urgenza da altri organi del
comune o della provincia, salvo quelle attinenti alle variazioni di bilancio adottate dalla Giunta da sottoporre a ratifica del consiglio
nei sessanta giorni successivi, a pena di decadenza.
Articolo 43 Diritti dei consiglieri.
1. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di iniziativa su ogni questione sottoposta alla deliberazione del consiglio. Hanno
inoltre il diritto di chiedere la convocazione del consiglio secondo le modalità dettate dall'articolo 39, comma 2, e di presentare
interrogazioni e mozioni.
2. I consiglieri comunali e provinciali hanno diritto di ottenere dagli uffici, rispettivamente, del comune e della provincia, nonché
dalle loro aziende ed enti dipendenti, tutte le notizie e le informazioni in loro possesso, utili all'espletamento del proprio mandato.
Essi sono tenuti al segreto nei casi specificamente determinati dalla legge.
3. Il sindaco o il presidente della provincia o gli assessori da essi delegati rispondono, entro 30 giorni, alle interrogazioni e ad ogni
altra istanza di sindacato ispettivo presentata dai consiglieri. Le modalità della presentazione di tali atti e delle relative risposte sono
disciplinate dallo statuto e dal regolamento consiliare.
4. Lo statuto stabilisce i casi di decadenza per la mancata partecipazione alle sedute e le relative procedure, garantendo il diritto del
consigliere a far valere le cause giustificative.
Articolo 44 Garanzia delle minoranze e controllo consiliare.
1. Lo statuto prevede le forme di garanzia e di partecipazione delle minoranze attribuendo alle opposizioni la presidenza delle
commissioni consiliari aventi funzioni di controllo o di garanzia, ove costituite.
2. Il consiglio comunale o provinciale, a maggioranza assoluta dei propri membri, può istituire al proprio interno commissioni di
indagine sull'attività dell'amministrazione. I poteri, la composizione ed il funzionamento delle suddette commissioni sono disciplinati
dallo statuto e dal regolamento consiliare.
Articolo 45 Surrogazione e supplenza dei consiglieri provinciali, comunali e circoscrizionali.
1. Nei consigli provinciali, comunali e circoscrizionali il seggio che durante il quinquennio rimanga vacante per qualsiasi causa,
anche se sopravvenuta, è attribuito al candidato che nella medesima lista segue immediatamente l'ultimo eletto.
2. Nel caso di sospensione di un consigliere ai sensi dell'articolo 59, il consiglio, nella prima adunanza successiva alla notifica del
provvedimento di sospensione, procede alla temporanea sostituzione affidando la supplenza per l'esercizio delle funzioni di
consigliere al candidato della stessa lista che ha riportato, dopo gli eletti, il maggior numero di voti. La supplenza ha termine con la
cessazione della sospensione. Qualora sopravvenga la decadenza si fa luogo alla surrogazione a norma del comma 1.
Articolo 46 Elezione del sindaco e del presidente della provincia - Nomina della Giunta.
1. Il sindaco e il presidente della provincia sono eletti dai cittadini a suffragio universale e diretto secondo le disposizioni dettate
dalla legge e sono membri dei rispettivi consigli.
30 Art.
35, co. 12, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
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2. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i componenti della Giunta, tra cui un vicesindaco e un vicepresidente, e ne
danno comunicazione al consiglio nella prima seduta successiva alla elezione.
3. Entro il termine fissato dallo statuto, il sindaco o il presidente della provincia, sentita la Giunta, presenta al consiglio le linee
programmatiche relative alle azioni e ai progetti da realizzare nel corso del mandato.
4. Il sindaco e il presidente della provincia possono revocare uno o più assessori, dandone motivata comunicazione al consiglio.
Articolo 47 Composizione delle giunte.
1. La Giunta comunale e la Giunta provinciale sono composte rispettivamente dal sindaco e dal presidente della provincia, che le
presiedono, e da un numero di assessori, stabilito dagli statuti, che non deve essere superiore a un terzo, arrotondato aritmeticamente,
del numero dei consiglieri comunali e provinciali, computando a tale fine il sindaco e il presidente della provincia, e comunque non
superiore a sedici unità.
2. Gli statuti, nel rispetto di quanto stabilito dal comma 1, possono fissare il numero degli assessori ovvero il numero massimo degli
stessi.
3. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti e nelle province gli assessori sono nominati dal sindaco o dal presidente
della provincia, anche al di fuori dei componenti del consiglio, fra i cittadini in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e
compatibilità alla carica di consigliere.
4. Nei comuni con popolazione inferiore a 15.000 abitanti lo statuto può prevedere la nomina ad assessore di cittadini non facenti
parte del consiglio ed in possesso dei requisiti di candidabilità, eleggibilità e compatibilità alla carica di consigliere.
5. Fino all'adozione delle norme statutarie di cui al comma 1, le giunte comunali e provinciali sono composte da un numero di
assessori stabilito rispettivamente nelle seguenti misure:
a) non superiore a 4 nei comuni con popolazione inferiore a 10.000 abitanti; non superiore a 6 nei comuni con popolazione compresa
tra 10.001 e 100.000 abitanti; non superiore a 10 nei comuni con popolazione compresa tra 100.001 e 250.000 abitanti e nei
capoluoghi di provincia con popolazione inferiore a 100.000 abitanti; non superiore a 12 nei comuni con popolazione compresa tra
250.001 e 500.000 abitanti: non superiore a 14 nei comuni con popolazione compresa tra 500.001 e 1.000.000 di abitanti e non
superiore a 16 nei comuni con popolazione superiore a 1.000.000 di abitanti;
b) non superiore a 6 per le province a cui sono assegnati 24 consiglieri; non superiore a 8 per le province a cui sono assegnati 30
consiglieri; non superiore a 10 per le province a cui sono assegnati 36 consiglieri; non superiore a 12 per quelle a cui sono assegnati
45 consiglieri.
Articolo 48 Competenze delle giunte.
1. La Giunta collabora con il sindaco o con il presidente della provincia nel governo del comune o della provincia ed opera
attraverso deliberazioni collegiali.
2. La Giunta compie tutti gli atti rientranti ai sensi dell'articolo 107, commi 1 e 2, nelle funzioni degli organi di governo, che non
siano riservati dalla legge al consiglio e che non ricadano nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o del
presidente della provincia o degli organi di decentramento; collabora con il sindaco e con il presidente della provincia nell'attuazione
degli indirizzi generali del consiglio; riferisce annualmente al consiglio sulla propria attività e svolge attività propositive e di impulso
nei confronti dello stesso.
3. È, altresì, di competenza della Giunta l'adozione dei regolamenti sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri
generali stabiliti dal consiglio.
Articolo 49 Pareri dei responsabili dei servizi.
1. Su ogni proposta di deliberazione sottoposta alla Giunta ed al consiglio che non sia mero atto di indirizzo deve essere richiesto il
parere in ordine alla sola regolarità tecnica del responsabile del servizio interessato e, qualora comporti impegno di spesa o
diminuzione di entrata, del responsabile di ragioneria in ordine alla regolarità contabile. I pareri sono inseriti nella deliberazione.
2. Nel caso in cui l'ente non abbia i responsabili dei servizi, il parere è espresso dal Segretario dell'ente, in relazione alle sue
competenze.
3. I soggetti di cui al comma 1 rispondono in via amministrativa e contabile dei pareri espressi.
Articolo 50 Competenze del sindaco e del presidente della provincia.
1. Il sindaco e il presidente della provincia sono gli organi responsabili dell'amministrazione del comune e della provincia.
2. Il sindaco e il presidente della provincia rappresentano l'ente, convocano e presiedono la Giunta, nonché il consiglio quando non è
previsto il presidente del consiglio, e sovrintendono al funzionamento dei servizi e degli uffici e all'esecuzione degli atti.
3. Salvo quanto previsto dall'articolo 107 essi esercitano le funzioni loro attribuite dalle leggi, dallo statuto e dai regolamenti e
sovrintendono altresì all'espletamento delle funzioni statali e regionali attribuite o delegate al comune e alla provincia.
4. Il sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di
legge.
5. In particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le ordinanze contingibili e
urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunità locale. Negli altri casi l'adozione dei provvedimenti d'urgenza,
ivi compresa la costituzione di centri e organismi di referenza o assistenza, spetta allo Stato o alle regioni in ragione della dimensione
dell'emergenza e dell'eventuale interessamento di più ambiti territoriali regionali.
6. In caso di emergenza che interessi il territorio di più comuni, ogni sindaco adotta le misure necessarie fino a quando non
intervengano i soggetti competenti ai sensi del precedente comma.
7. Il sindaco, altresì, coordina e riorganizza, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell'àmbito dei criteri
eventualmente indicati dalla Regione, gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa
con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici
localizzati nel territorio, al fine di armonizzare l'espletamento dei servizi con le esigenze complessive e generali degli utenti.
8. Sulla base degli indirizzi stabiliti dal consiglio il sindaco e il presidente della provincia provvedono alla nomina, alla designazione
e alla revoca dei rappresentanti del comune e della provincia presso enti, aziende ed istituzioni.
9. Tutte le nomine e le designazioni debbono essere effettuate entro quarantacinque giorni dall'insediamento ovvero entro i termini
di scadenza del precedente incarico. In mancanza, il comitato regionale di controllo adotta i provvedimenti sostitutivi ai sensi
dell'articolo 136.
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10. Il sindaco e il presidente della provincia nominano i responsabili degli uffici e dei servizi, attribuiscono e definiscono gli
incarichi dirigenziali e quelli di collaborazione esterna secondo le modalità ed i criteri stabiliti dagli articoli 109 e 110, nonché dai
rispettivi statuti e regolamenti comunali e provinciali
11. Il sindaco e il presidente della provincia prestano davanti al consiglio, nella seduta di insediamento, il giuramento di osservare
lealmente la Costituzione italiana.
12. Distintivo del sindaco è la fascia tricolore con lo stemma della Repubblica e lo stemma del comune, da portarsi a tracolla.
Distintivo del presidente della provincia è una fascia di colore azzurro con lo stemma della Repubblica e lo stemma della propria
provincia, da portare a tracolla.
Articolo 51 Durata del mandato del sindaco, del presidente della provincia e dei consigli. Limitazione dei mandati.
1. Il sindaco e il consiglio comunale, il presidente della provincia e il consiglio provinciale durano in carica per un periodo di cinque
anni.
2. Chi ha ricoperto per due mandati consecutivi la carica di sindaco e di presidente della provincia non è, allo scadere del secondo
mandato, immediatamente rieleggibile alle medesime cariche.
3. È consentito un terzo mandato consecutivo se uno dei due mandati precedenti ha avuto durata inferiore a due anni, sei mesi e un
giorno, per causa diversa dalle dimissioni volontarie.
Articolo 52 Mozione di sfiducia.
1. Il voto del consiglio comunale o del consiglio provinciale contrario ad una proposta del sindaco, del presidente della provincia o
delle rispettive giunte non comporta le dimissioni degli stessi.
2. Il sindaco, il presidente della provincia e le rispettive giunte cessano dalla carica in caso di approvazione di una mozione di
sfiducia votata per appello nominale dalla maggioranza assoluta dei componenti il consiglio. La mozione di sfiducia deve essere
motivata e sottoscritta da almeno due quinti dei consiglieri assegnati, senza computare a tal fine il sindaco e il presidente della
provincia, e viene messa in discussione non prima di dieci giorni e non oltre trenta giorni dalla sua presentazione. Se la mozione
viene approvata, si procede allo scioglimento del consiglio e alla nomina di un commissario ai sensi dell'articolo 141.
Articolo 53 Dimissioni, impedimento, rimozione, decadenza, sospensione o decesso del sindaco o del presidente della provincia.
1. In caso di impedimento permanente, rimozione, decadenza o decesso del sindaco o del presidente della provincia, la Giunta
decade e si procede allo scioglimento del consiglio. Il consiglio e la Giunta rimangono in carica sino alla elezione del nuovo
consiglio e del nuovo sindaco o presidente della provincia. Sino alle predette elezioni, le funzioni del sindaco e del presidente della
provincia sono svolte, rispettivamente, dal vicesindaco e dal vicepresidente.
2. Il vicesindaco ed il vicepresidente sostituiscono il sindaco e il presidente della provincia in caso di assenza o di impedimento
temporaneo, nonché nel caso di sospensione dall'esercizio della funzione ai sensi dell'articolo 59.
3. Le dimissioni presentate dal sindaco o dal presidente della provincia diventano efficaci ed irrevocabili trascorso il termine di 20
giorni dalla loro presentazione al consiglio. In tal caso si procede allo scioglimento del rispettivo consiglio, con contestuale nomina
di un commissario.
4. Lo scioglimento del consiglio comunale o provinciale determina in ogni caso la decadenza del sindaco o del presidente della
provincia nonché delle rispettive giunte.
Articolo 54 Attribuzioni del sindaco nei servizi di competenza statale.
1. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, sovrintende:
a) alla tenuta dei registri di stato civile e di popolazione ed agli adempimenti demandatigli dalle leggi in materia elettorale, di leva
militare e di statistica;
b) alla emanazione degli atti che gli sono attribuiti dalle leggi e dai regolamenti in materia di ordine e di sicurezza pubblica;
c) allo svolgimento, in materia di pubblica sicurezza e di polizia giudiziaria, delle funzioni affidategli dalla legge;
d) alla vigilanza su tutto quanto possa interessare la sicurezza e l'ordine pubblico, informandone il prefetto.
2. Il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento giuridico,
provvedimenti contingibili e urgenti al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini; per
l'esecuzione dei relativi ordini può richiedere al prefetto, ove occorra, l'assistenza della forza pubblica.
3. In casi di emergenza, connessi con il traffico e/o con l'inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze
straordinarie si verifichino particolari necessità dell'utenza, il sindaco può modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei
pubblici esercizi e dei servizi pubblici, nonché, d'intesa con i responsabili territorialmente competenti delle amministrazioni
interessate, gli orari di apertura al pubblico degli uffici pubblici localizzati nel territorio, adottando i provvedimenti di cui al comma
2.
4. Se l'ordinanza adottata ai sensi del comma 2 è rivolta a persone determinate e queste non ottemperano all'ordine impartito, il
sindaco può provvedere d'ufficio a spese degli interessati, senza pregiudizio dell'azione penale per i reati in cui fossero incorsi.
5. Chi sostituisce il sindaco esercita anche le funzioni di cui al presente articolo.
6. Nell'àmbito dei servizi di cui al presente articolo, il prefetto può disporre ispezioni per accertare il regolare funzionamento dei
servizi stessi nonché per l'acquisizione di dati e notizie interessanti altri servizi di carattere generale.
7. Nelle materie previste dalle lettere a), b), c) e d) del comma 1, nonché dall'articolo 14, il sindaco, previa comunicazione al
prefetto, può delegare l'esercizio delle funzioni ivi indicate al presidente del consiglio circoscrizionale; ove non siano costituiti gli
organi di decentramento comunale, il sindaco può conferire la delega ad un consigliere comunale per l'esercizio delle funzioni nei
quartieri e nelle frazioni.
8. Ove il sindaco o chi ne esercita le funzioni non adempia ai compiti di cui al presente articolo, il prefetto può nominare un
commissario per l'adempimento delle funzioni stesse.
9. Alle spese per il commissario provvede l'ente interessato.
10. Ove il sindaco non adotti i provvedimenti di cui al comma 2, il prefetto provvede con propria ordinanza.
Capo II Incandidabilità, ineleggibilità, incompatibilità
Articolo 55 Elettorato passivo.
1. Sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale gli elettori di un
qualsiasi comune della Repubblica che abbiano compiuto il diciottesimo anno di età, nel primo giorno fissato per la votazione.
2. Per l'eleggibilità alle elezioni comunali dei cittadini dell'Unione europea residenti nella Repubblica si applicano le disposizioni del
decreto legislativo 12 aprile 1996, n. 197.
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Articolo 56 Requisiti della candidatura.
1. Nessuno può presentarsi come candidato a consigliere in più di due province o in più di due comuni o in più di due circoscrizioni,
quando le elezioni si svolgano nella stessa data. I consiglieri provinciali, comunali o di circoscrizione in carica non possono
candidarsi, rispettivamente, alla medesima carica in altro consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale.
2. Nessuno può essere candidato alla carica di sindaco o di presidente della provincia in più di un comune ovvero di una provincia.
Articolo 57 Obbligo di opzione.
1. Il candidato che sia eletto contemporaneamente consigliere in due province, in due comuni, in due circoscrizioni, deve optare per
una delle cariche entro cinque giorni dall'ultima deliberazione di convalida. Nel caso di mancata opzione rimane eletto nel consiglio
della provincia, del comune o della circoscrizione in cui ha riportato il maggior numero di voti in percentuale rispetto al numero dei
votanti ed è surrogato nell'altro consiglio.
Articolo 58 Cause ostative alla candidatura.
1. Non possono essere candidati alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali e non possono comunque ricoprire le cariche di
presidente della provincia, sindaco, assessore e consigliere provinciale e comunale, presidente e componente del consiglio
circoscrizionale, presidente e componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, presidente e componente dei consigli e delle
giunte delle unioni di comuni, consigliere di amministrazione e presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo
114, presidente e componente degli organi delle comunità montane:
a) coloro che hanno riportato condanna definitiva per il delitto previsto dall'articolo 416-bis del codice penale o per il delitto di
associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all'articolo 74 del testo unico approvato con
D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, o per un delitto di cui all'articolo 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di
dette sostanze, o per un delitto concernente la fabbricazione, l'importazione, l'esportazione, la vendita o cessione, nonché, nei casi in
cui sia inflitta la pena della reclusione non inferiore ad un anno, il porto, il trasporto e la detenzione di armi, munizioni o materie
esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;
b) coloro che hanno riportato condanna definitiva per i delitti previsti dagli articoli 314 (peculato), 316 (peculato mediante profitto
dell'errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d'ufficio), 319
(corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di
un pubblico servizio) del codice penale;
c) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno
o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio
diversi da quelli indicati nella lettera b);
d) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per delitto non colposo;
e) coloro nei cui confronti il tribunale ha applicato, con provvedimento definitivo, una misura di prevenzione, in quanto indiziati di
appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo 13 della
legge 13 settembre 1982, n. 646.
2. Per tutti gli effetti disciplinati dal presente articolo e dall'articolo 59 la sentenza prevista dall'articolo 444 del codice di procedura
penale è equiparata a condanna.
3. Le disposizioni previste dal comma 1 si applicano a qualsiasi altro incarico con riferimento al quale l'elezione o la nomina è di
competenza:
a) del consiglio provinciale, comunale o circoscrizionale;
b) la Giunta provinciale o del presidente, della Giunta comunale o del sindaco, di assessori provinciali o comunali.
4. L'eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla. L'organo che ha provveduto
alla nomina o alla convalida dell'elezione è tenuto a revocare il relativo provvedimento non appena venuto a conoscenza
dell'esistenza delle condizioni stesse.
5. Le disposizioni previste dai commi precedenti non si applicano nei confronti di chi è stato condannato con sentenza passata in
giudicato o di chi è stato sottoposto a misura di prevenzione con provvedimento definitivo, se è concessa la riabilitazione ai sensi
dell'articolo 178 del codice penale o dell'articolo 15 della legge 3 agosto 1988, n. 327.
Articolo 59 Sospensione e decadenza di diritto.
1. Sono sospesi di diritto dalle cariche indicate al comma 1 dell'articolo 58:
a) coloro che hanno riportato una condanna non definitiva per uno dei delitti indicati all'articolo 58, comma 1, lettera a), o per uno dei
delitti previsti dagli articoli 314, primo comma, 316, 316-bis, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del codice penale;
b) coloro che, con sentenza di primo grado, confermata in appello per la stessa imputazione, hanno riportato, dopo l'elezione o la
nomina, una condanna ad una pena non inferiore a due anni di reclusione per un delitto non colposo;
c) coloro nei cui confronti l'autorità giudiziaria ha applicato, con provvedimento non definitivo, una misura di prevenzione in quanto
indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, come sostituito dall'articolo
13 della legge 13 settembre 1982, n. 646. La sospensione di diritto consegue, altresì, quando è disposta l'applicazione di una delle
misure coercitive di cui agli articoli 284, 285 e 286 del codice di procedura penale.
2. Nel periodo di sospensione i soggetti sospesi, ove non sia possibile la sostituzione ovvero fino a quando non sia convalidata la
supplenza, non sono computati al fine della verifica del numero legale, né per la determinazione di qualsivoglia quorum o
maggioranza qualificata.
3. La sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto mesi. La cessazione non opera, tuttavia, se entro i termini di cui
al precedente periodo l'impugnazione in punto di responsabilità è rigettata anche con sentenza non definitiva. In quest'ultima ipotesi
la sospensione cessa di produrre effetti decorso il termine di dodici mesi dalla sentenza di rigetto.
4. A cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero i provvedimenti giudiziari che comportano la
sospensione sono comunicati al prefetto, il quale, accertata la sussistenza di una causa di sospensione, provvede a notificare il
relativo provvedimento agli organi che hanno convalidato l'elezione o deliberato la nomina.
5. La sospensione cessa nel caso in cui nei confronti dell'interessato venga meno l'efficacia della misura coercitiva di cui al comma 1,
ovvero venga emessa sentenza, anche se non passata in giudicato, di non luogo a procedere, di proscioglimento o di assoluzione o
provvedimento di revoca della misura di prevenzione o sentenza di annullamento ancorché con rinvio. In tal caso la sentenza o il
provvedimento di revoca devono essere pubblicati nell'albo pretorio e comunicati alla prima adunanza dell'organo che ha proceduto
all'elezione, alla convalida dell'elezione o alla nomina.
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6. Chi ricopre una delle cariche indicate al comma 1 dell'articolo 58 decade da essa di diritto dalla data del passaggio in giudicato
della sentenza di condanna o dalla data in cui diviene definitivo il provvedimento che applica la misura di prevenzione.
7. Quando, in relazione a fatti o attività comunque riguardanti gli enti di cui all'articolo 58, l'autorità giudiziaria ha emesso
provvedimenti che comportano la sospensione o la decadenza dei pubblici ufficiali degli enti medesimi e vi è la necessità di
verificare che non ricorrano pericoli di infiltrazione di tipo mafioso nei servizi degli stessi enti, il prefetto può accedere presso gli enti
interessati per acquisire dati e documenti ed accertare notizie concernenti i servizi stessi.
8. Copie dei provvedimenti di cui al comma 7 sono trasmesse al Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 2 comma 2-quater del
decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410 e successive modifiche ed
integrazioni.
Articolo 60 Ineleggibilità.
1. Non sono eleggibili a sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale e circoscrizionale:
1) il Capo della polizia, i vice capi della polizia, gli ispettori generali di pubblica sicurezza che prestano servizio presso il Ministero
dell'interno, i dipendenti civili dello Stato che svolgono le funzioni di direttore generale o equiparate o superiori 31[5];
2) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i Commissari di Governo, i prefetti della Repubblica, i vice prefetti ed i
funzionari di pubblica sicurezza;
3) nel territorio, nel quale esercitano il comando, gli ufficiali generali, gli ammiragli e gli ufficiali superiori delle Forze armate dello
Stato;
4) nel territorio, nel quale esercitano il loro ufficio, gli ecclesiastici ed i ministri di culto, che hanno giurisdizione e cura di anime e
coloro che ne fanno ordinariamente le veci;
5) i titolari di organi individuali ed i componenti di organi collegiali che esercitano poteri di controllo istituzionale
sull'amministrazione del comune o della provincia nonché i dipendenti che dirigono o coordinano i rispettivi uffici;
6) nel territorio, nel quale esercitano le loro funzioni, i magistrati addetti alle corti di appello, ai tribunali, ai tribunali amministrativi
regionali, nonché i giudici di pace;
7) i dipendenti del comune e della provincia per i rispettivi consigli;
8) il direttore generale, il direttore amministrativo e il direttore sanitario delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere;
9) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle strutture convenzionate per i consigli del comune il cui territorio coincide con il territorio
dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionati o lo ricomprende, ovvero dei comuni che concorrono a
costituire l'azienda sanitaria locale o ospedaliera con cui sono convenzionate;
10) i legali rappresentanti ed i dirigenti delle società per azioni con capitale maggioritario rispettivamente del comune o della
provincia;
11) gli amministratori ed i dipendenti con funzioni di rappresentanza o con poteri di organizzazione o coordinamento del personale di
istituto, consorzio o azienda dipendente rispettivamente dal comune o dalla provincia;
12) i sindaci, presidenti di provincia, consiglieri comunali, provinciali o circoscrizionali in carica, rispettivamente in altro comune,
provincia o circoscrizione.
2. Le cause di ineleggibilità di cui al numero 8) non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate almeno centottanta giorni
prima della data di scadenza dei periodi di durata degli organi ivi indicati. In caso di scioglimento anticipato delle rispettive
assemblee elettive, le cause di ineleggibilità non hanno effetto se le funzioni esercitate siano cessate entro i sette giorni successivi alla
data del provvedimento di scioglimento. Il direttore generale, il direttore amministrativo ed il direttore sanitario, in ogni caso, non
sono eleggibili nei collegi elettorali nei quali sia ricompreso, in tutto o in parte, il territorio dell'azienda sanitaria locale o ospedaliera
presso la quale abbiano esercitato le proprie funzioni in un periodo compreso nei sei mesi antecedenti la data di accettazione della
candidatura. I predetti, ove si siano candidati e non siano stati eletti, non possono esercitare per un periodo di cinque anni le loro
funzioni in aziende sanitarie locali e ospedaliere comprese, in tutto o in parte, nel collegio elettorale nel cui àmbito si sono svolte le
elezioni.
3. Le cause di ineleggibilità previste nei numeri 1), 2), 3), 4), 5), 6), 7), 9), 10), 11) e 12) non hanno effetto se l'interessato cessa
dalle funzioni per dimissioni, trasferimento, revoca dell'incarico o del comando, collocamento in aspettativa non retribuita non oltre il
giorno fissato per la presentazione delle candidature.
4. Le strutture convenzionate, di cui al numero 9) del comma 1, sono quelle indicate negli articoli 43 e 44 della legge 23 dicembre
1978, n. 833.
5. La pubblica amministrazione è tenuta ad adottare i provvedimenti di cui al comma 3 entro cinque giorni dalla richiesta. Ove
l'amministrazione non provveda, la domanda di dimissioni o aspettativa accompagnata dalla effettiva cessazione delle funzioni ha
effetto dal quinto giorno successivo alla presentazione.
6. La cessazione delle funzioni importa la effettiva astensione da ogni atto inerente all'ufficio rivestito.
7. L'aspettativa è concessa anche in deroga ai rispettivi ordinamenti per tutta la durata del mandato, ai sensi dell'articolo 81.
8. Non possono essere collocati in aspettativa i dipendenti assunti a tempo determinato.
9. Le cause di ineleggibilità previste dal numero 9) del comma 1 non si applicano per la carica di consigliere provinciale.
Articolo 61 Ineleggibilità a sindaco e presidente della provincia.
1. Non può essere eletto alla carica di sindaco o di presidente della provincia:
1) il ministro di un culto;
2) coloro che hanno ascendenti o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che coprano nelle rispettive
amministrazioni il posto di segretario comunale o provinciale, di appaltatore di lavori o di servizi comunali o provinciali o in
qualunque modo loro fideiussore 32[6].
Articolo 62 Decadenza dalla carica di sindaco e di presidente della provincia.
1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7 del decreto del Presidente della Repubblica 30 marzo 1957, n. 361, e dall'articolo 5
del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533, l'accettazione della candidatura a deputato o senatore comporta, in ogni caso, per i
31
Art. 4, L. 6 luglio 2002, n. 137.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 450/2000 ha dichiarato l'illegittimità del presente numero, nella parte in cui stabilisce che chi ha ascendenti
o discendenti ovvero parenti o affini fino al secondo grado che rivestano la qualità di appaltatore di lavori o di servizi comunali non può essere eletto
alla carica di sindaco, anziché stabilire che chi si trova in detta situazione non può ricoprire la carica di sindaco.
32
60
sindaci dei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti e per i presidenti delle province la decadenza dalle cariche elettive
ricoperte.
Articolo 63 Incompatibilità.
1. Non può ricoprire la carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale:
1) l'amministratore o il dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento di ente, istituto o azienda soggetti a vigilanza
rispettivamente da parte del comune o della provincia o che dagli stessi riceva, in via continuativa, una sovvenzione in tutto o in parte
facoltativa, quando la parte facoltativa superi nell'anno il dieci per cento del totale delle entrate dell'ente;
2) colui che, come titolare, amministratore, dipendente con poteri di rappresentanza o di coordinamento ha parte, direttamente o
indirettamente, in servizi, esazioni di diritti, somministrazioni o appalti, nell'interesse del comune o della provincia, ovvero in società
ed imprese volte al profitto di privati, sovvenzionate da detti enti in modo continuativo, quando le sovvenzioni non siano dovute in
forza di una legge dello Stato o della Regione;
3) il consulente legale, amministrativo e tecnico che presta opera in modo continuativo in favore delle imprese di cui ai numeri 1) e
2) del presente comma;
4) colui che ha lite pendente, in quanto parte di un procedimento civile od amministrativo, rispettivamente, con il comune o la
provincia. La pendenza di una lite in materia tributaria ovvero di una lite promossa ai sensi dell'articolo 9 del presente decreto non
determina incompatibilità. Qualora il contribuente venga eletto amministratore comunale, competente a decidere sul suo ricorso è la
commissione del comune capoluogo di circondario sede di tribunale ovvero sezione staccata di tribunale. Qualora il ricorso sia
proposto contro tale comune, competente a decidere è la commissione del comune capoluogo di provincia. Qualora il ricorso sia
proposto contro quest'ultimo comune, competente a decidere è, in ogni caso, la commissione del comune capoluogo di Regione.
Qualora il ricorso sia proposto contro quest'ultimo comune, competente a decidere è la commissione del capoluogo di provincia
territorialmente più vicino. La lite promossa a seguito di o conseguente a sentenza di condanna determina incompatibilità soltanto in
caso di affermazione di responsabilità con sentenza passata in giudicato. La costituzione di parte civile nel processo penale non
costituisce causa di incompatibilità. La presente disposizione si applica anche ai procedimenti in corso 33[7] (57/a);
5) colui che, per fatti compiuti allorché era amministratore o impiegato, rispettivamente, del comune o della provincia ovvero di
istituto o azienda da esso dipendente o vigilato, è stato, con sentenza passata in giudicato, dichiarato responsabile verso l'ente, istituto
od azienda e non ha ancora estinto il debito;
6) colui che, avendo un debito liquido ed esigibile, rispettivamente, verso il comune o la provincia ovvero verso istituto od azienda da
essi dipendenti è stato legalmente messo in mora ovvero, avendo un debito liquido ed esigibile per imposte, tasse e tributi nei riguardi
di detti enti, abbia ricevuto invano notificazione dell'avviso di cui all'articolo 46 del decreto del Presidente della Repubblica 29
settembre 1973, n. 602;
7) colui che, nel corso del mandato, viene a trovarsi in una condizione di ineleggibilità prevista nei precedenti articoli.
2. L'ipotesi di cui al numero 2) del comma 1 non si applica a coloro che hanno parte in cooperative o consorzi di cooperative, iscritte
regolarmente nei registri pubblici.
3. L'ipotesi di cui al numero 4) del comma 1 non si applica agli amministratori per fatto connesso con l'esercizio del mandato.
Articolo 64 Incompatibilità tra consigliere comunale e provinciale e assessore nella rispettiva Giunta.
1. La carica di assessore è incompatibile con la carica di consigliere comunale e provinciale.
2. Qualora un consigliere comunale o provinciale assuma la carica di assessore nella rispettiva Giunta, cessa dalla carica di
consigliere all'atto dell'accettazione della nomina, ed al suo posto subentra il primo dei non eletti.
3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non si applicano ai comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti.
4. Non possono far parte della Giunta il coniuge, gli ascendenti, i discendenti, i parenti ed affini fino la terzo grado, rispettivamente,
del sindaco e del presidente della provincia. Gli stessi non possono essere nominati rappresentanti del comune e della provincia.
Articolo 65 Incompatibilità per consigliere regionale, provinciale, comunale e circoscrizionale.
1. Il presidente e gli assessori provinciali, nonché il sindaco e gli assessori dei comuni compresi nel territorio della Regione, sono
incompatibili con la carica di consigliere regionale.
2. Le cariche di consigliere provinciale, comunale e circoscrizionale sono, altresì, incompatibili, rispettivamente, con quelle di
consigliere provinciale di altra provincia, di consigliere comunale di altro comune, di consigliere circoscrizionale di altra
circoscrizione.
3. La carica di consigliere comunale è incompatibile con quella di consigliere di una circoscrizione del comune.
Articolo 66 Incompatibilità per gli organi delle aziende sanitarie locali e ospedaliere.
1. La carica di direttore generale, di direttore amministrativo e di direttore sanitario delle aziende sanitarie locali e ospedaliere è
incompatibile con quella di consigliere provinciale, di sindaco, di assessore comunale, di presidente o di assessore della comunità
montana.
Articolo 67 Esimente alle cause di ineleggibilità o incompatibilità.
1. Non costituiscono cause di ineleggibilità o di incompatibilità gli incarichi e le funzioni conferite ad amministratori del comune,
della provincia e della circoscrizione previsti da norme di legge, statuto o regolamento in ragione del mandato elettivo.
Articolo 68 Perdita delle condizioni di eleggibilità e incompatibilità.
1. La perdita delle condizioni di eleggibilità previste dal presente capo importa la decadenza dalla carica di sindaco, presidente della
provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale.
2. Le cause di incompatibilità, sia che esistano al momento della elezione sia che sopravvengano ad essa, importano la decadenza
dalle predette cariche.
3. Ai fini della rimozione delle cause di ineleggibilità sopravvenute alle elezioni, ovvero delle cause di incompatibilità sono
applicabili le disposizioni di cui ai commi 2, 3, 5, 6 e 7 dell'articolo 60.
4. La cessazione dalle funzioni deve avere luogo entro dieci giorni dalla data in cui è venuta a concretizzarsi la causa di ineleggibilità
o di incompatibilità.
Articolo 69 Contestazione delle cause di ineleggibilità ed incompatibilità.
33
Modificato dall'art. 3-ter, D.L. 22 febbraio 2002, n. 13 nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, L. 24 aprile 2002, n. 75.
61
1. Quando successivamente alla elezione si verifichi qualcuna delle condizioni previste dal presente capo come causa di
ineleggibilità ovvero esista al momento della elezione o si verifichi successivamente qualcuna delle condizioni di incompatibilità
previste dal presente capo il consiglio di cui l'interessato fa parte gliela contesta.
2. L'amministratore locale ha dieci giorni di tempo per formulare osservazioni o per eliminare le cause di ineleggibilità sopravvenute
o di incompatibilità.
3. Nel caso in cui venga proposta azione di accertamento in sede giurisdizionale ai sensi del successivo articolo 70, il temine di dieci
giorni previsto dal comma 2 decorre dalla data di notificazione del ricorso.
4. Entro i 10 giorni successivi alla scadenza del termine di cui al comma 2 il consiglio delibera definitivamente e, ove ritenga
sussistente la causa di ineleggibilità o di incompatibilità, invita l'amministratore a rimuoverla o ad esprimere, se del caso, la opzione
per la carica che intende conservare.
5. Qualora l'amministratore non vi provveda entro i successivi 10 giorni il consiglio lo dichiara decaduto. Contro la deliberazione
adottata è ammesso ricorso giurisdizionale al tribunale competente per territorio.
6. La deliberazione deve essere, nel giorno successivo, depositata nella segreteria del consiglio e notificata, entro i cinque giorni
successivi, a colui che è stato dichiarato decaduto.
7. Le deliberazioni di cui al presente articolo sono adottate di ufficio o su istanza di qualsiasi elettore.
Articolo 70 Azione popolare.
1. La decadenza dalla carica di sindaco, presidente della provincia, consigliere comunale, provinciale o circoscrizionale può essere
promossa in prima istanza da qualsiasi cittadino elettore del comune, o da chiunque altro vi abbia interesse davanti al tribunale civile,
con ricorso da notificare all'amministratore ovvero agli amministratori interessati, nonché al sindaco o al presidente della provincia.
2. L'azione può essere promossa anche dal prefetto.
3. Per tali giudizi si osservano le norme di procedura ed i termini stabiliti dall'articolo 82 del decreto del Presidente della Repubblica
16 maggio 1960, n. 570.
4. Contro la sentenza del Tribunale, sono ammesse le impugnazioni ed i ricorsi previsti dagli articoli 82/2 e 82/3 del decreto del
Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570.
Capo III Sistema elettorale
Articolo 71 Elezione del sindaco e del consiglio comunale nei comuni sino a 15.000 abitanti.
1. Nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti, l'elezione dei consiglieri comunali si effettua con sistema maggioritario
contestualmente alla elezione del sindaco.
2. Con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di
sindaco e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio.
3. Ciascuna candidatura alla carica di sindaco è collegata ad una lista di candidati alla carica di consigliere comunale, comprendente
un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri da eleggere e non inferiore ai tre quarti.
4. Nella scheda è indicato, a fianco del contrassegno, il candidato alla carica di sindaco.
5. Ciascun elettore ha diritto di votare per un candidato alla carica di sindaco, segnando il relativo contrassegno. Può altresì
esprimere un voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale compreso nella lista collegata al candidato alla
carica di sindaco prescelto, scrivendone il cognome nella apposita riga stampata sotto il medesimo contrassegno.
6. È proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene il maggior numero di voti. In caso di parità di voti si procede ad un
turno di ballottaggio fra i due candidati che hanno ottenuto il maggior numero di voti, da effettuarsi la seconda domenica successiva.
In caso di ulteriore parità viene eletto il più anziano di età.
7. A ciascuna lista di candidati alla carica di consigliere si intendono attribuiti tanti voti quanti sono i voti conseguiti dal candidato
alla carica di sindaco ad essa collegato.
8. Alla lista collegata al candidato alla carica di sindaco che ha riportato il maggior numero di voti sono attribuiti due terzi dei seggi
assegnati al consiglio, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri da assegnare alla lista contenga una
cifra decimale superiore a 50 centesimi. I restanti seggi sono ripartiti proporzionalmente fra le altre liste. A tal fine si divide la cifra
elettorale di ciascuna lista successivamente per 1, 2, 3, 4,... sino a concorrenza del numero dei seggi da assegnare e quindi si
scelgono, tra i quozienti così ottenuti, i più alti, in numero eguale a quello dei seggi da assegnare, disponendoli in una graduatoria
decrescente. Ciascuna lista ottiene tanti seggi quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi nella graduatoria. A parità di
quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito alla lista che ha ottenuto la maggiore cifra elettorale e, a parità di
quest'ultima, per sorteggio.
9. Nell'àmbito di ogni lista i candidati sono proclamati eletti consiglieri comunali secondo l'ordine delle rispettive cifre individuali,
costituite dalla cifra di lista aumentata dei voti di preferenza. A parità di cifra, sono proclamati eletti i candidati che precedono
nell'ordine di lista. Il primo seggio spettante a ciascuna lista di minoranza è attribuito al candidato alla carica di sindaco della lista
medesima.
10. Ove sia stata ammessa e votata una sola lista, sono eletti tutti i candidati compresi nella lista, ed il candidato a sindaco collegato,
purché essa abbia riportato un numero di voti validi non inferiore al 50 per cento dei votanti ed il numero dei votanti non sia stato
inferiore al 50 per cento degli elettori iscritti nelle liste elettorali del comune. Qualora non si siano raggiunte tali percentuali, la
elezione è nulla.
11. In caso di decesso di un candidato alla carica di sindaco, intervenuto dopo la presentazione delle candidature e prima del giorno
fissato per le elezioni, si procede al rinvio delle elezioni con le modalità stabilite dall'articolo 18, terzo, quarto e quinto comma del
decreto del Presidente della Repubblica 16 maggio 1960, n. 570, consentendo, in ogni caso, l'integrale rinnovo del procedimento di
presentazione di tutte le liste e candidature a sindaco e a consigliere comunale.
Articolo 72 Elezione del sindaco nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
1. Nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, il sindaco è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente
all'elezione del consiglio comunale.
2. Ciascun candidato alla carica di sindaco deve dichiarare all'atto della presentazione della candidatura il collegamento con una o
più liste presentate per l'elezione del consiglio comunale. La dichiarazione ha efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione
resa dai delegati delle liste interessate.
3. La scheda per l'elezione del sindaco è quella stessa utilizzata per l'elezione del consiglio. La scheda reca i nomi e i cognomi dei
candidati alla carica di sindaco, scritti entro un apposito rettangolo, al cui fianco sono riportati i contrassegni della lista o delle liste
62
con cui il candidato è collegato. Ciascun elettore può, con un unico voto, votare per un candidato alla carica di sindaco e per una
delle liste ad esso collegate, tracciando un segno sul contrassegno di una di tali liste. Ciascun elettore può altresì votare per un
candidato alla carica di sindaco, anche non collegato alla lista prescelta, tracciando un segno sul relativo rettangolo.
4. È proclamato eletto sindaco il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi.
5. Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui al comma 4, si procede ad un secondo turno elettorale che ha luogo la
seconda domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di sindaco che hanno
ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità di voti tra i candidati, è ammesso al ballottaggio il candidato
collegato con la lista o il gruppo di liste per l'elezione del consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale
complessiva. A parità di cifra elettorale, partecipa al ballottaggio il candidato più anziano di età.
6. In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio ai sensi del comma 5, secondo
periodo, partecipa al ballottaggio il candidato che segue nella graduatoria. Detto ballottaggio ha luogo la domenica successiva al
decimo giorno dal verificarsi dell'evento.
7. Per i candidati ammessi al ballottaggio rimangono fermi i collegamenti con le liste per l'elezione del consiglio dichiarati al primo
turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno tuttavia facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il
collegamento con ulteriori liste rispetto a quelle con cui è stato effettuato il collegamento nel primo turno. Tutte le dichiarazioni di
collegamento hanno efficacia solo se convergenti con analoghe dichiarazioni rese dai delegati delle liste interessate.
8. La scheda per il ballottaggio comprende il nome e il cognome dei candidati alla carica di sindaco, scritti entro l'apposito
rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i simboli delle liste collegate. Il voto si esprime tracciando un segno sul rettangolo entro il
quale è scritto il nome del candidato prescelto.
9. Dopo il secondo turno è proclamato eletto sindaco il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti validi. In caso di parità
di voti, è proclamato eletto sindaco il candidato collegato, ai sensi del comma 7, con la lista o il gruppo di liste per l'elezione del
consiglio comunale che ha conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è proclamato eletto
sindaco il candidato più anziano d'età.
Articolo 73 Elezione del consiglio comunale nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti.
1. Le liste per l'elezione del consiglio comunale devono comprendere un numero di candidati non superiore al numero dei consiglieri
da eleggere e non inferiore ai due terzi, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri da comprendere nella
lista contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi.
2. Con la lista di candidati al consiglio comunale deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di
sindaco e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio. Più liste possono presentare lo stesso candidato alla carica di
sindaco. In tal caso le liste debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di loro collegate.
3. Il voto alla lista viene espresso, ai sensi del comma 3 dell'art. 72, tracciando un segno sul contrassegno della lista prescelta.
Ciascun elettore può esprimere inoltre un voto di preferenza per un candidato della lista da lui votata, scrivendone il cognome
sull'apposita riga posta a fianco del contrassegno.
4. L'attribuzione dei seggi alle liste è effettuata successivamente alla proclamazione dell'elezione del sindaco al termine del primo o
del secondo turno.
5. La cifra elettorale di una lista è costituita dalla somma dei voti validi riportati dalla lista stessa in tutte le sezioni del comune.
6. La cifra individuale di ciascun candidato a consigliere comunale è costituita dalla cifra di lista aumentata dei voti di preferenza.
7. Non sono ammesse all'assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei voti validi
e che non appartengano a nessun gruppo di liste che abbia superato tale soglia.
8. Salvo quanto disposto dal comma 10, per l'assegnazione del numero dei consiglieri a ciascuna lista o a ciascun gruppo di liste
collegate, nel turno di elezione del sindaco, con i rispettivi candidati alla carica di sindaco si divide la cifra elettorale di ciascuna lista
o gruppo di liste collegate successivamente per 1, 2, 3, 4,... sino a concorrenza del numero dei consiglieri da eleggere e quindi si
scelgono, fra i quozienti così ottenuti, i più alti, in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria
decrescente. Ciascuna lista o gruppo di liste avrà tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad essa appartenenti compresi nella
graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito alla lista o gruppo di liste che ha ottenuto la
maggiore cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per sorteggio. Se ad una lista spettano più posti di quanti sono i suoi candidati, i
posti eccedenti sono distribuiti, fra le altre liste, secondo l'ordine dei quozienti.
9. Nell'àmbito di ciascun gruppo di liste collegate la cifra elettorale di ciascuna di esse, corrispondente ai voti riportati nel primo
turno, è divisa per 1, 2, 3, 4, .....sino a concorrenza del numero dei seggi spettanti al gruppo di liste. Si determinano in tal modo i
quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti ad ogni lista.
10. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al primo turno, alla lista o al gruppo di liste a lui collegate che
non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio, ma abbia ottenuto almeno il 40 per
cento dei voti validi, viene assegnato il 60 per cento dei seggi, sempreché nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate abbia
superato il 50 per cento dei voti validi. Qualora un candidato alla carica di sindaco sia proclamato eletto al secondo turno, alla lista o
al gruppo di liste ad esso collegate che non abbia già conseguito, ai sensi del comma 8, almeno il 60 per cento dei seggi del consiglio,
viene assegnato il 60 per cento dei seggi, semprechè nessuna altra lista o altro gruppo di liste collegate al primo turno abbia già
superato nel turno medesimo il 50 per cento dei voti validi. I restanti seggi vengono assegnati alle altre liste o gruppi di liste collegate
ai sensi del comma 8.
11. Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascuna lista o gruppo di liste collegate, sono in primo luogo proclamati
eletti alla carica di consigliere i candidati alla carica di sindaco, non risultati eletti, collegati a ciascuna lista che abbia ottenuto
almeno un seggio. In caso di collegamento di più liste al medesimo candidato alla carica di sindaco risultato non eletto, il seggio
spettante a quest'ultimo è detratto dai seggi complessivamente attribuiti al gruppo di liste collegate.
12. Compiute le operazioni di cui al comma 11 sono proclamati eletti consiglieri comunali i candidati di ciascuna lista secondo
l'ordine delle rispettive cifre individuali. In caso di parità di cifra individuale, sono proclamati eletti i candidati che precedono
nell'ordine di lista.
Articolo 74 Elezione del presidente della provincia.
1. Il presidente della provincia è eletto a suffragio universale e diretto, contestualmente alla elezione del consiglio provinciale. La
circoscrizione per l'elezione del presidente della provincia coincide con il territorio provinciale.
63
2. Oltre a quanto previsto dall'art. 14 della legge 8 marzo 1951, n. 122, e successive modificazioni, il deposito, l'affissione presso
l'albo pretorio della provincia e la presentazione delle candidature alla carica di consigliere provinciale e di presidente della provincia
sono disciplinati dalle disposizioni di cui all'art. 3, commi 3 e 4, della legge 25 marzo 1993, n. 81, in quanto compatibili.
3. All'atto di presentare la propria candidatura ciascun candidato alla carica di presidente della provincia deve dichiarare di collegarsi
ad almeno uno dei gruppi di candidati per l'elezione del consiglio provinciale. La dichiarazione di collegamento ha efficacia solo se
convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati dei gruppi interessati.
4. La scheda per l'elezione del presidente della provincia è quella stessa utilizzata per l'elezione del consiglio e reca, alla destra del
nome e cognome di ciascun candidato alla carica di presidente della provincia, il contrassegno o i contrassegni del gruppo o dei
gruppi di candidati al consiglio cui il candidato ha dichiarato di collegarsi. Alla destra di ciascun contrassegno è riportato il nome e
cognome del candidato al consiglio provinciale facente parte del gruppo di candidati contraddistinto da quel contrassegno.
5. Ciascun elettore può votare per uno dei candidati al consiglio provinciale tracciando un segno sul relativo contrassegno. Ciascun
elettore può, altresì, votare sia per un candidato alla carica di presidente della provincia, tracciando un segno sul relativo rettangolo,
sia per uno dei candidati al consiglio provinciale ad esso collegato, tracciando anche un segno sul relativo contrassegno. Il voto
espresso nei modi suindicati si intende attribuito sia al candidato alla carica di consigliere provinciale corrispondente al contrassegno
votato sia al candidato alla carica di presidente della provincia. Ciascun elettore può, infine, votare per un candidato alla carica di
presidente della provincia tracciando un segno sul relativo rettangolo. Il voto in tal modo espresso si intende attribuito solo al
candidato alla carica di presidente della provincia.
6. È proclamato eletto presidente della provincia il candidato alla carica che ottiene la maggioranza assoluta dei voti validi.
7. Qualora nessun candidato ottenga la maggioranza di cui al comma 6, si procede ad un secondo turno elettorale che ha luogo la
seconda domenica successiva a quella del primo. Sono ammessi al secondo turno i due candidati alla carica di presidente della
provincia che hanno ottenuto al primo turno il maggior numero di voti. In caso di parità di voti fra il secondo ed il terzo candidato è
ammesso al ballottaggio il più anziano di età.
8. In caso di impedimento permanente o decesso di uno dei candidati ammessi al ballottaggio, partecipa al secondo turno il
candidato che segue nella graduatoria. Detto ballottaggio dovrà aver luogo la domenica successiva al decimo giorno dal verificarsi
dell'evento.
9. I candidati ammessi al ballottaggio mantengono i collegamenti con i gruppi di candidati al consiglio provinciale dichiarati al
primo turno. I candidati ammessi al ballottaggio hanno facoltà, entro sette giorni dalla prima votazione, di dichiarare il collegamento
con ulteriori gruppi di candidati rispetto a quelli con cui è stato effettuato il collegamento nel primo turno. La dichiarazione ha
efficacia solo se convergente con analoga dichiarazione resa dai delegati dei gruppi interessati.
10. La scheda per il ballottaggio comprende il nome ed il cognome dei candidati alla carica di presidente della provincia, scritti entro
l'apposito rettangolo, sotto il quale sono riprodotti i simboli dei gruppi di candidati collegati. Il voto si esprime tracciando un segno
sul rettangolo entro il quale è scritto il nome del candidato prescelto.
11. Dopo il secondo turno è proclamato eletto presidente della provincia il candidato che ha ottenuto il maggior numero di voti
validi. In caso di parità di voti, è proclamato eletto presidente della provincia il candidato collegato con il gruppo o i gruppi di
candidati per il consiglio provinciale che abbiano conseguito la maggiore cifra elettorale complessiva. A parità di cifra elettorale, è
proclamato eletto il candidato più anziano di età .
Articolo 75 Elezione del consiglio provinciale.
1. L'elezione dei consiglieri provinciali è effettuata sulla base di collegi uninominali e secondo le disposizioni dettate dalla legge 8
marzo 1951, n. 122, e successive modificazioni, in quanto compatibili con le norme di cui all'articolo 74 e al presente articolo.
2. Con il gruppo di candidati collegati deve essere anche presentato il nome e cognome del candidato alla carica di presidente della
provincia e il programma amministrativo da affiggere all'albo pretorio. Più gruppi possono presentare lo stesso candidato alla carica
di presidente della provincia. In tal caso i gruppi debbono presentare il medesimo programma amministrativo e si considerano fra di
loro collegati.
3. L'attribuzione dei seggi del consiglio provinciale ai gruppi di candidati collegati è effettuata dopo la proclamazione dell'elezione
del presidente della provincia.
4. La cifra elettorale di ogni gruppo è data dal totale dei voti validi ottenuti da tutti i candidati del gruppo stesso nei singoli collegi
della provincia.
5. Non sono ammessi all'assegnazione dei seggi i gruppi di candidati che abbiano ottenuto al primo turno meno del 3 per cento dei
voti validi e che non appartengano a nessuna coalizione di gruppi che abbia superato tale soglia.
6. Per l'assegnazione dei seggi a ciascun gruppo di candidati collegati, si divide la cifra elettorale conseguita da ciascun gruppo di
candidati successivamente per 1, 2, 3, 4,.... sino a concorrenza del numero di consiglieri da eleggere. Quindi tra i quozienti così
ottenuti si scelgono i più alti, in numero eguale a quello dei consiglieri da eleggere, disponendoli in una graduatoria decrescente. A
ciascun gruppo di candidati sono assegnati tanti rappresentanti quanti sono i quozienti ad esso appartenenti compresi nella
graduatoria. A parità di quoziente, nelle cifre intere e decimali, il posto è attribuito al gruppo di candidati che ha ottenuto la maggior
cifra elettorale e, a parità di quest'ultima, per sorteggio. Se ad un gruppo spettano più posti di quanti sono i suoi candidati, i posti
eccedenti sono distribuiti tra gli altri gruppi, secondo l'ordine dei quozienti.
7. Le disposizioni di cui al comma 6 si applicano quando il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato proclamato eletto
presidente della provincia abbiano conseguito almeno il 60 per cento dei seggi assegnati al consiglio provinciale.
8. Qualora il gruppo o i gruppi di candidati collegati al candidato proclamato eletto presidente della provincia non abbiano
conseguito almeno il 60 per cento dei seggi assegnati al consiglio provinciale, a tale gruppo o gruppi di candidati viene assegnato il
60 per cento dei seggi, con arrotondamento all'unità superiore qualora il numero dei consiglieri da attribuire al gruppo o ai gruppi
contenga una cifra decimale superiore a 50 centesimi. In caso di collegamento di più gruppi con il candidato proclamato eletto
presidente, per determinare il numero di seggi spettanti a ciascun gruppo, si dividono le rispettive cifre elettorali corrispondenti ai
voti riportati al primo turno, per 1, 2, 3, 4, ..... sino a concorrenza del numero dei seggi da assegnare. Si determinano in tal modo i
quozienti più alti e, quindi, il numero dei seggi spettanti ad ogni gruppo di candidati.
9. I restanti seggi sono attribuiti agli altri gruppi di candidati ai sensi del comma 6.
10. Una volta determinato il numero dei seggi spettanti a ciascun gruppo di candidati, sono in primo luogo proclamati eletti alla
carica di consigliere i candidati alla carica di presidente della provincia non risultati eletti, collegati a ciascun gruppo di candidati che
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abbia ottenuto almeno un seggio. In caso di collegamento di più gruppi con il candidato alla carica di presidente della provincia non
eletto, il seggio spettante a quest'ultimo è detratto dai seggi complessivamente attribuiti ai gruppi di candidati collegati.
11. Compiute le operazioni di cui al comma 10 sono proclamati eletti consiglieri provinciali i candidati di ciascun gruppo secondo
l'ordine delle rispettive cifre individuali.
12. La cifra individuale dei candidati a consigliere provinciale viene determinata moltiplicando il numero dei voti validi ottenuto da
ciascun candidato per cento e dividendo il prodotto per il totale dei voti validi espressi nel collegio per i candidati a consigliere
provinciale. Nel caso di candidature presentate in più di un collegio si assume, ai fini della graduatoria, la maggiore cifra individuale
riportata dal candidato.
Articolo 76 Anagrafe degli amministratori locali e regionali.
1. Avvenuta la proclamazione degli eletti, il competente ufficio del Ministero dell'interno in materia elettorale raccoglie i dati relativi
agli eletti a cariche locali e regionali nella apposita anagrafe degli amministratori locali, nonché i dati relativi alla tenuta ed
all'aggiornamento anche in corso di mandato.
2. L'anagrafe è costituita dalle notizie relative agli eletti nei comuni, province e regioni concernenti i dati anagrafici, la lista o gruppo
di appartenenza o di collegamento, il titolo di studio e la professione esercitata. I dati sono acquisiti presso comuni, province e
regioni, anche attraverso i sistemi di comunicazione telematica.
3. Per gli amministratori non elettivi l'anagrafe è costituita dai dati indicati al comma 2 consensualmente forniti dagli amministratori
stessi.
4. Al fine di assicurare la massima trasparenza è riconosciuto a chiunque il diritto di prendere visione ed estrarre copia, anche su
supporto informatico, dei dati contenuti nell'anagrafe.
Capo IV Status degli amministratori locali
Articolo 77 Definizione di amministratore locale.
1. La Repubblica tutela il diritto di ogni cittadino chiamato a ricoprire cariche pubbliche nelle amministrazioni degli enti locali ad
espletare il mandato, disponendo del tempo, dei servizi e delle risorse necessari ed usufruendo di indennità e di rimborsi spese nei
modi e nei limiti previsti dalla legge.
2. Il presente capo disciplina il regime delle aspettative, dei permessi e delle indennità degli amministratori degli enti locali. Per
amministratori si intendono, ai soli fini del presente capo, i sindaci, anche metropolitani, i presidenti delle province, i consiglieri dei
comuni anche metropolitani e delle province, i componenti delle giunte comunali, metropolitane e provinciali, i presidenti dei
consigli comunali, metropolitani e provinciali, i presidenti, i consiglieri e gli assessori delle comunità montane, i componenti degli
organi delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, nonché i componenti degli organi di decentramento.
Articolo 78 Doveri e condizione giuridica.
1. Il comportamento degli amministratori, nell'esercizio delle proprie funzioni, deve essere improntato all'imparzialità e al principio
di buona amministrazione, nel pieno rispetto della distinzione tra le funzioni, competenze e responsabilità degli amministratori di cui
all'articolo 77, comma 2, e quelle proprie dei dirigenti delle rispettive amministrazioni.
2. Gli amministratori di cui all'articolo 77, comma 2, devono astenersi dal prendere parte alla discussione ed alla votazione di
delibere riguardanti interessi propri o di loro parenti o affini sino al quarto grado. L'obbligo di astensione non si applica ai
provvedimenti normativi o di carattere generale, quali i piani urbanistici, se non nei casi in cui sussista una correlazione immediata e
diretta fra il contenuto della deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini fino al quarto grado.
3. I componenti la Giunta comunale competenti in materia di urbanistica, di edilizia e di lavori pubblici devono astenersi
dall'esercitare attività professionale in materia di edilizia privata e pubblica nel territorio da essi amministrato.
4. Nel caso di piani urbanistici, ove la correlazione immediata e diretta di cui al comma 2 sia stata accertata con sentenza passata in
giudicato, le parti di strumento urbanistico che costituivano oggetto della correlazione sono annullate e sostituite mediante nuova
variante urbanistica parziale. Nelle more dell'accertamento di tale stato di correlazione immediata e diretta tra il contenuto della
deliberazione e specifici interessi dell'amministratore o di parenti o affini è sospesa la validità delle relative disposizioni del piano
urbanistico.
5. Al sindaco ed al presidente della provincia, nonché agli assessori ed ai consiglieri comunali e provinciali è vietato ricoprire
incarichi e assumere consulenze presso enti ed istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo ed alla vigilanza dei relativi
comuni e province.
6. Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a
trasferimenti durante l'esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il
mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità. Nell'assegnazione della sede per
l'espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la priorità per la sede di
espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato
nell'ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione.
Articolo 79 Permessi e licenze.
1. I lavoratori dipendenti, pubblici e privati, componenti dei consigli comunali, provinciali, metropolitani, delle comunità montane e
delle unioni di comuni, nonché dei consigli circoscrizionali dei comuni con popolazione superiore a 500.000 abitanti, hanno diritto di
assentarsi dal servizio per l'intera giornata in cui sono convocati i rispettivi consigli. Nel caso in cui i consigli si svolgano in orario
serale, i predetti lavoratori hanno diritto di non riprendere il lavoro prima delle ore 8 del giorno successivo; nel caso in cui i lavori dei
consigli si protraggano oltre la mezzanotte, hanno diritto di assentarsi dal servizio per l'intera giornata successiva.
2. Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o richiamati e di coloro che svolgono il
servizio sostitutivo previsto dalla legge. Ai sindaci, ai presidenti di provincia, ai presidenti delle comunità montane che svolgono
servizio militare di leva o che sono richiamati o che svolgono il servizio sostitutivo, spetta, a richiesta, una licenza illimitata in attesa
di congedo per la durata del mandato.
3. I lavoratori dipendenti facenti parte delle giunte comunali, provinciali, metropolitane, delle comunità montane, nonché degli
organi esecutivi dei consigli circoscrizionali, dei municipi, delle unioni di comuni e dei consorzi fra enti locali, ovvero facenti parte
delle commissioni consiliari o circoscrizionali formalmente istituite nonché delle commissioni comunali previste per legge, ovvero
membri delle conferenze dei capogruppo e degli organismi di pari opportunità, previsti dagli statuti e dai regolamenti consiliari,
hanno diritto di assentarsi dal servizio per partecipare alle riunioni degli organi di cui fanno parte per la loro effettiva durata. Il diritto
di assentarsi di cui al presente comma comprende il tempo per raggiungere il luogo della riunione e rientrare al posto di lavoro. Le
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disposizioni di cui al presente comma si applicano altresì nei confronti dei militari di leva o di coloro che sono richiamati o che
svolgono il servizio sostitutivo.
4. I componenti degli organi esecutivi dei comuni, delle province, delle città metropolitane, delle unioni di comuni, delle comunità
montane e dei consorzi fra enti locali, e i presidenti dei consigli comunali, provinciali e circoscrizionali, nonché i presidenti dei
gruppi consiliari delle province e dei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti, hanno diritto, oltre ai permessi di cui ai
precedenti commi, di assentarsi dai rispettivi posti di lavoro per un massimo di 24 ore lavorative al mese, elevate a 48 ore per i
sindaci, presidenti delle province, sindaci metropolitani, presidenti delle comunità montane, presidenti dei consigli provinciali e dei
comuni con popolazione superiore a 30.000 abitanti.
5. I lavoratori dipendenti di cui al presente articolo hanno diritto ad ulteriori permessi non retribuiti sino ad un massimo di 24 ore
lavorative mensili qualora risultino necessari per l'espletamento del mandato.
6. L'attività ed i tempi di espletamento del mandato per i quali i lavoratori chiedono ed ottengono permessi, retribuiti e non retribuiti,
devono essere prontamente e puntualmente documentati mediante attestazione dell'ente.
Articolo 80 Oneri per permessi retribuiti.
1. Le assenze dal servizio di cui ai commi 1, 2, 3 e 4 dell'articolo 79 sono retribuite al lavoratore dal datore di lavoro. Gli oneri per i
permessi retribuiti dei lavoratori dipendenti da privati o da enti pubblici economici sono a carico dell'ente presso il quale gli stessi
lavoratori esercitano le funzioni pubbliche di cui all'articolo 79. L'ente, su richiesta documentata del datore di lavoro, è tenuto a
rimborsare quanto dallo stesso corrisposto, per retribuzioni ed assicurazioni, per le ore o giornate di effettiva assenza del lavoratore.
Il rimborso viene effettuato dall'ente entro trenta giorni dalla richiesta. Le somme rimborsate sono esenti da imposta sul valore
aggiunto ai sensi dell'articolo 8, comma 35, della legge 11 marzo 1988, n. 6734[8].
Articolo 81 Aspettative.
1. Gli amministratori locali di cui all'articolo 77, comma 2, che siano lavoratori dipendenti possono essere collocati a richiesta in
aspettativa non retribuita per tutto il periodo di espletamento del mandato. Il periodo di aspettativa è considerato come servizio
effettivamente prestato, nonché come legittimo impedimento per il compimento del periodo di prova.
Articolo 82 Indennità.
1. Il decreto di cui al comma 8 del presente articolo determina una indennità di funzione, nei limiti fissati dal presente articolo, per il
sindaco, il presidente della provincia, il sindaco metropolitano, il presidente della comunità montana, i presidenti dei consigli
circoscrizionali, i presidenti dei consigli comunali e provinciali, nonché i componenti degli organi esecutivi dei comuni e ove previste
delle loro articolazioni, delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane, delle unioni di comuni e dei consorzi fra
enti locali. Tale indennità è dimezzata per i lavoratori dipendenti che non abbiano richiesto l'aspettativa.
2. I consiglieri comunali, provinciali, circoscrizionali e delle comunità montane hanno diritto a percepire, nei limiti fissati dal
presente capo, un gettone di presenza per la partecipazione a consigli e commissioni. In nessun caso l'ammontare percepito
nell'àmbito di un mese da un consigliere può superare l'importo pari ad un terzo dell'indennità massima prevista per il rispettivo
sindaco o presidente in base al decreto di cui al comma 8.
3. Ai soli fini dell'applicazione delle norme relative al divieto di cumulo tra pensione e redditi, le indennità di cui ai commi 1 e 2 non
sono assimilabili ai redditi da lavoro di qualsiasi natura.
4. Gli statuti e i regolamenti degli enti possono prevedere che all'interessato competa, a richiesta, la trasformazione del gettone di
presenza in una indennità di funzione, sempre che tale regime di indennità comporti per l'ente pari o minori oneri finanziari. Il regime
di indennità di funzione per i consiglieri prevede l'applicazione di detrazioni dalle indennità in caso di non giustificata assenza dalle
sedute degli organi collegiali.
5. Le indennità di funzione previste dal presente capo non sono tra loro cumulabili. L'interessato opta per la percezione di una delle
due indennità ovvero per la percezione del 50 per cento di ciascuna.
6. Le indennità di funzione sono cumulabili con i gettoni di presenza quando siano dovuti per mandati elettivi presso enti diversi,
ricoperti dalla stessa persona.
7. Agli amministratori ai quali viene corrisposta l'indennità di funzione prevista dal presente capo non è dovuto alcun gettone per la
partecipazione a sedute degli organi collegiali del medesimo ente, né di commissioni che di quell'organo costituiscono articolazioni
interne ed esterne.
8. La misura delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza di cui al presente articolo è determinata, senza maggiori oneri a
carico del bilancio dello Stato, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della
programmazione economica, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sentita la Conferenza Stato-città
ed autonomie locali nel rispetto dei seguenti criteri:
a) equiparazione del trattamento per categorie di amministratori;
b) articolazione delle indennità in rapporto con la dimensione demografica degli enti, tenuto conto delle fluttuazioni stagionali della
popolazione, della percentuale delle entrate proprie dell'ente rispetto al totale delle entrate, nonché dell'ammontare del bilancio di
parte corrente;
c) articolazione dell'indennità di funzione dei presidenti dei consigli, dei vicesindaci e dei vice presidenti delle province, degli
assessori e dei consiglieri che hanno optato per tale indennità, in rapporto alla misura della stessa stabilita per il sindaco e per il
presidente della provincia. Al presidente e agli assessori delle unioni di comuni, dei consorzi fra enti locali e delle comunità montane
sono attribuite le indennità di funzione nella misura prevista per un comune avente popolazione pari alla popolazione dell'unione di
comuni, del consorzio fra enti locali o alla popolazione montana della comunità montana;
d) definizione di speciali indennità di funzione per gli amministratori delle città metropolitane in relazione alle particolari funzioni ad
esse assegnate;
e) determinazione dell'indennità spettante al presidente della provincia e al sindaco dei comuni con popolazione superiore a dieci
mila abitanti, comunque, non inferiore al trattamento economico fondamentale del segretario generale dei rispettivi enti; per i comuni
con popolazione inferiore a dieci mila abitanti, nella determinazione dell'indennità si tiene conto del trattamento economico
fondamentale del segretario comunale;
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Art. 2-bis, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, L. 28 febbraio 2001, n. 26.
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f) previsione dell'integrazione dell'indennità dei sindaci e dei presidenti di provincia, a fine mandato, con una somma pari a una
indennità mensile, spettante per ciascun anno di mandato.
9. Su richiesta della Conferenza Stato-città ed autonomie locali si può procedere alla revisione del decreto ministeriale di cui al
comma 8 con la medesima procedura ivi indicata.
10. Il decreto ministeriale di cui al comma 8 è rinnovato ogni tre anni ai fini dell'adeguamento della misura delle indennità e dei
gettoni di presenza sulla base della media degli indici annuali dell'ISTAT di variazione del costo della vita applicando, alle misure
stabilite per l'anno precedente, la variazione verificatasi nel biennio nell'indice dei prezzi al consumo rilevata dall'ISTAT e pubblicata
nella Gazzetta Ufficiale relativa al mese di luglio di inizio ed al mese di giugno di termine del biennio.
11. Le indennità di funzione e i gettoni di presenza, determinati ai sensi del comma 8, possono essere incrementati o diminuiti con
delibera di Giunta e di consiglio per i rispettivi componenti. Nel caso di incremento la spesa complessiva risultante non deve superare
una quota predeterminata dello stanziamento di bilancio per le spese correnti, fissata, in rapporto alla dimensione demografica degli
enti, dal decreto di cui al comma 8. Sono esclusi dalla possibilità di incremento gli enti locali in condizioni di dissesto finanziario.
Articolo 83 Divieto di cumulo.
1. I parlamentari nazionali o europei, nonché i consiglieri regionali possono percepire solo i gettoni di presenza previsti dal presente
Capo.
Articolo 84 Rimborsi spese e indennità di missione.
1. Agli amministratori che, in ragione del loro mandato, si rechino fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente,
previa autorizzazione del capo dell'amministrazione, nel caso di componenti degli organi esecutivi, ovvero del presidente del
consiglio, nel caso di consiglieri, sono dovuti il rimborso delle spese di viaggio effettivamente sostenute, nonché la indennità di
missione alle condizioni dell'articolo 1, comma 1, e dell'articolo 3, commi 1 e 2, della legge 18 dicembre 1973, n. 836, e per
l'ammontare stabilito al numero 2) della tabella A allegata alla medesima legge, e successive modificazioni.
2. La liquidazione del rimborso delle spese o dell'indennità di missione è effettuata dal dirigente competente, su richiesta
dell'interessato, corredata della documentazione delle spese di viaggio e soggiorno effettivamente sostenute e di una dichiarazione
sulla durata e sulle finalità della missione.
3. Agli amministratori che risiedono fuori del capoluogo del comune ove ha sede il rispettivo ente, spetta il rimborso per le sole spese
di viaggio effettivamente sostenute, per la partecipazione ad ognuna delle sedute dei rispettivi organi assembleari ed esecutivi,
nonché per la presenza necessaria presso la sede degli uffici per lo svolgimento delle funzioni proprie o delegate.
4. I consigli e le assemblee possono sostituire all'indennità di missione il rimborso delle spese effettivamente sostenute, disciplinando
con regolamento i casi in cui si applica l'uno o l'altro trattamento.
Articolo 85 Partecipazione alle associazioni rappresentative degli enti locali.
1. Le norme stabilite dal presente capo, relative alla posizione, al trattamento e ai permessi dei lavoratori pubblici e privati chiamati
a funzioni elettive, si applicano anche per la partecipazione dei rappresentanti degli enti locali alle associazioni internazionali,
nazionali e regionali tra enti locali.
2. Le spese che gli enti locali ritengono di sostenere, per la partecipazione dei componenti dei propri organi alle riunioni e alle
attività degli organi nazionali e regionali delle associazioni, fanno carico ai bilanci degli enti stessi.
Articolo 86 Oneri previdenziali, assistenziali e assicurativi e disposizioni fiscali e assicurative.
1. L'amministrazione locale prevede a proprio carico, dandone comunicazione tempestiva ai datori di lavoro, il versamento degli
oneri assistenziali, previdenziali e assicurativi ai rispettivi istituti per i sindaci, per i presidenti di provincia, per i presidenti di
comunità montane, di unioni di comuni e di consorzi fra enti locali, per gli assessori provinciali e per gli assessori dei comuni con
popolazione superiore a 10.000 abitanti, per i presidenti dei consigli dei comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti, per i
presidenti dei consigli provinciali che siano collocati in aspettativa non retribuita ai sensi del presente testo unico. La medesima
disposizione si applica per i presidenti dei consigli circoscrizionali nei casi in cui il comune abbia attuato nei loro confronti un
effettivo decentramento di funzioni e per i presidenti delle aziende anche consortili fino all'approvazione della riforma in materia di
servizi pubblici locali che si trovino nelle condizioni previste dall'articolo 81.
2. Agli amministratori locali che non siano lavoratori dipendenti e che rivestano le cariche di cui al comma 1 l'amministrazione locale
provvede, allo stesso titolo previsto dal comma 1, al pagamento di una cifra forfettaria annuale, versata per quote mensili. Con
decreto dei Ministri dell'interno, del lavoro e della previdenza sociale e del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
sono stabiliti i criteri per la determinazione delle quote forfettarie in coerenza con quanto previsto per i lavoratori dipendenti, da
conferire alla forma pensionistica presso la quale il soggetto era iscritto o continua ad essere iscritto alla data dell'incarico.
3. L'amministrazione locale provvede, altresì, a rimborsare al datore di lavoro la quota annuale di accantonamento per l'indennità di
fine rapporto entro i limiti di un dodicesimo dell'indennità di carica annua da parte dell'ente e per l'eventuale residuo da parte
dell'amministratore.
4. Alle indennità di funzione e ai gettoni di presenza si applicano le disposizioni di cui all'articolo 26, comma 1, della legge 23
dicembre 1994, n. 724.
5. I comuni, le province, le comunità montane, le unioni di comuni e i consorzi fra enti locali possono assicurare i propri
amministratori contro i rischi conseguenti all'espletamento del loro mandato.
6. Al fine di conferire certezza alla posizione previdenziale e assistenziale dei soggetti destinatari dei benefìci di cui al comma 1 è
consentita l'eventuale ripetizione degli oneri assicurativi, assistenziali e previdenziali, entro cinque anni dalla data del loro
versamento, se precedente alla data di entrata in vigore della legge 3 agosto 1999, n. 265, ed entro tre anni se successiva.
Articolo 87 Consigli di amministrazione delle aziende speciali.
1. Fino all'approvazione della riforma in materia di servizi pubblici locali, ai componenti dei consigli di amministrazione delle
aziende speciali anche consortili si applicano le disposizioni contenute nell'articolo 78, comma 2, nell'articolo 79, commi 3 e 4,
nell'articolo 81, nell'articolo 85 e nell'articolo 86.
TITOLO IV Organizzazione e personale. Capo I - Uffici e personale
Articolo 88 Disciplina applicabile agli uffici ed al personale degli enti locali.
1. All'ordinamento degli uffici e del personale degli enti locali, ivi compresi i dirigenti ed i segretari comunali e provinciali, si
applicano le disposizioni del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, e le altre
disposizioni di legge in materia di organizzazione e lavoro nelle pubbliche amministrazioni nonché quelle contenute nel presente
testo unico.
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Articolo 89 Fonti.
1. Gli enti locali disciplinano, con propri regolamenti, in conformità allo statuto, l'ordinamento generale degli uffici e dei servizi, in
base a criteri di autonomia, funzionalità ed economicità di gestione e secondo princìpi di professionalità e responsabilità.
2. La potestà regolamentare degli enti locali si esercita, tenendo conto di quanto demandato alla contrattazione collettiva nazionale,
nelle seguenti materie:
a) responsabilità giuridiche attinenti ai singoli operatori nell'espletamento delle procedure amministrative;
b) organi, uffici, modi di conferimento della titolarità dei medesimi;
c) princìpi fondamentali di organizzazione degli uffici;
d) procedimenti di selezione per l'accesso al lavoro e di avviamento al lavoro;
e) ruoli, dotazioni organiche e loro consistenza complessiva;
f) garanzia della libertà di insegnamento ed autonomia professionale nello svolgimento dell'attività didattica, scientifica e di ricerca;
g) disciplina della responsabilità e delle incompatibilità tra impiego nelle pubbliche amministrazioni ed altre attività e casi di divieto
di cumulo di impieghi e incarichi pubblici.
3. I regolamenti di cui al comma 1, nella definizione delle procedure per le assunzioni, fanno riferimento ai princìpi fissati
dall'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
4. In mancanza di disciplina regolamentare sull'ordinamento degli uffici e dei servizi o per la parte non disciplinata dalla stessa, si
applica la procedura di reclutamento prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487.
5. Gli enti locali, nel rispetto dei princìpi fissati dal presente testo unico, provvedono alla rideterminazione delle proprie dotazioni
organiche, nonché all'organizzazione e gestione del personale nell'àmbito della propria autonomia normativa ed organizzativa con i
soli limiti derivanti dalle proprie capacità di bilancio e dalle esigenze di esercizio delle funzioni, dei servizi e dei compiti loro
attribuiti. Restano salve le disposizioni dettate dalla normativa concernente gli enti locali dissestati e strutturalmente deficitari.
6. Nell'àmbito delle leggi, nonché dei regolamenti di cui al comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e le misure
inerenti alla gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dai soggetti preposti alla gestione con la capacità e i poteri del privato datore
di lavoro.
Articolo 90 Uffici di supporto agli organi di direzione politica.
1. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi può prevedere la costituzione di uffici posti alle dirette dipendenze del
sindaco, del presidente della provincia, della Giunta o degli assessori, per l'esercizio delle funzioni di indirizzo e di controllo loro
attribuite dalla legge, costituiti da dipendenti dell'ente, ovvero, salvo che per gli enti dissestati o strutturalmente deficitari, da
collaboratori assunti con contratto a tempo determinato, i quali, se dipendenti da una pubblica amministrazione, sono collocati in
aspettativa senza assegni.
2. Al personale assunto con contratto di lavoro subordinato a tempo determinato si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro
del personale degli enti locali.
3. Con provvedimento motivato della Giunta, al personale di cui al comma 2 il trattamento economico accessorio previsto dai
contratti collettivi può essere sostituito da un unico emolumento comprensivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la
produttività collettiva e per la qualità della prestazione individuale.
Articolo 91 Assunzioni.
1. Gli enti locali adeguano i propri ordinamenti ai princìpi di funzionalità e di ottimizzazione delle risorse per il migliore
funzionamento dei servizi compatibilmente con le disponibilità finanziarie e di bilancio. Gli organi di vertice delle amministrazioni
locali sono tenuti alla programmazione triennale del fabbisogno di personale, comprensivo delle unità di cui alla legge 12 marzo
1999, n. 68, finalizzata alla riduzione programmata delle spese del personale.
2. Gli enti locali, ai quali non si applicano discipline autorizzatorie delle assunzioni, programmano le proprie politiche di assunzioni
adeguandosi ai princìpi di riduzione complessiva della spesa di personale, in particolare per nuove assunzioni, di cui ai commi 2-bis,
3, 3-bis e 3-ter dell'articolo 39 del decreto legislativo 27 dicembre 1997, n. 449, per quanto applicabili, realizzabili anche mediante
l'incremento della quota di personale ad orario ridotto o con altre tipologie contrattuali flessibili nel quadro delle assunzioni
compatibili con gli obiettivi della programmazione e giustificate dai processi di riordino o di trasferimento di funzioni e competenze.
3. Gli enti locali che non versino nelle situazioni strutturalmente deficitarie possono prevedere concorsi interamente riservati al
personale dipendente, solo in relazione a particolari profili o figure professionali caratterizzati da una professionalità acquisita
esclusivamente all'interno dell'ente.
4. Per gli enti locali le graduatorie concorsuali rimangono efficaci per un termine di tre anni dalla data di pubblicazione per
l'eventuale copertura dei posti che si venissero a rendere successivamente vacanti e disponibili, fatta eccezione per i posti istituiti o
trasformati successivamente all'indizione del concorso medesimo.
Articolo 92 Rapporti di lavoro a tempo determinato e a tempo parziale.
1. Gli enti locali possono costituire rapporti di lavoro a tempo parziale e a tempo determinato, pieno o parziale, nel rispetto della
disciplina vigente in materia. I dipendenti degli enti locali a tempo parziale, purché autorizzati dall'amministrazione di appartenenza,
possono prestare attività lavorativa presso altri enti.
2. Nei comuni interessati da mutamenti demografici stagionali in relazione a flussi turistici o a particolari manifestazioni anche a
carattere periodico, al fine di assicurare il mantenimento di adeguati livelli quantitativi e qualitativi dei servizi pubblici, il
regolamento può prevedere particolari modalità di selezione per l'assunzione del personale a tempo determinato per esigenze
temporanee o stagionali, secondo criteri di rapidità e trasparenza ed escludendo ogni forma di discriminazione. Si applicano, in ogni
caso, le disposizioni dei commi 7 e 8 dell'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed
integrazioni.
Articolo 93 Responsabilità patrimoniale.
1. Per gli amministratori e per il personale degli enti locali si osservano le disposizioni vigenti in materia di responsabilità degli
impiegati civili dello Stato.
2. Il tesoriere ed ogni altro agente contabile che abbia maneggio di pubblico denaro o sia incaricato della gestione dei beni degli enti
locali, nonché coloro che si ingeriscano negli incarichi attribuiti a detti agenti devono rendere il conto della loro gestione e sono
soggetti alla giurisdizione della Corte dei conti secondo le norme e le procedure previste dalle leggi vigenti.
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3. Gli agenti contabili degli enti locali, salvo che la Corte dei conti lo richieda, non sono tenuti alla trasmissione della
documentazione occorrente per il giudizio di conto di cui all'articolo 74 del regio decreto 18 novembre 1923, n. 2440, ed agli articoli
44 e seguenti del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214.
4. L'azione di responsabilità si prescrive in cinque anni dalla commissione del fatto. La responsabilità nei confronti degli
amministratori e dei dipendenti dei comuni e delle province è personale e non si estende agli eredi salvo il caso in cui vi sia stato
illecito arricchimento del dante causa e conseguente illecito arricchimento degli eredi stessi.
Articolo 94 Responsabilità disciplinare.
1. Qualora ricorra alcuna delle condizioni di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1 dell'articolo 58, nonché alle lettere a), b) e
c) del comma 1 dell'articolo 59 nei confronti del personale dipendente delle amministrazioni locali, compresi gli enti ivi indicati, si fa
luogo alla immediata sospensione dell'interessato dalla funzione o dall'ufficio ricoperti. La sospensione è disposta dal responsabile
dell'ufficio secondo la specifica competenza, con le modalità e procedure previste dai rispettivi ordinamenti. A tal fine i
provvedimenti emanati dal giudice sono comunicati, a cura della cancelleria del tribunale o della segreteria del pubblico ministero, ai
responsabili delle amministrazioni o enti locali indicati nelle predette disposizioni.
2. Al personale dipendente di cui al comma precedente si applicano altresì le disposizioni del comma 5 dell'articolo 58 e del comma 6
dell'articolo 59 previa attivazione del procedimento disciplinare.
Articolo 95 Dati sul personale degli enti locali.
1. Il Ministero dell'interno aggiorna periodicamente, sentiti l'Associazione nazionale comuni italiani (Anci), l'Unione delle province
d'Italia (Upi) e l'Unione nazionale comuni, comunità enti montani (Uncem), i dati del censimento generale del personale in servizio
presso gli enti locali.
2. Resta ferma la disciplina sulla banca dati sulle dotazioni organiche degli enti locali prevista dall'articolo 16-ter del decreto-legge
18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 marzo 1993, n. 68.
Articolo 96 Riduzione degli organismi collegiali.
1. Al fine di conseguire risparmi di spese e recuperi di efficienza nei tempi dei procedimenti amministrativi i consigli e le giunte,
secondo le rispettive competenze, con provvedimento da emanare entro sei mesi dall'inizio di ogni esercizio finanziario, individuano
i comitati, le commissioni, i consigli ed ogni altro organo collegiale con funzioni amministrative ritenuti indispensabili per la
realizzazione dei fini istituzionali dell'amministrazione o dell'ente interessato. Gli organismi non identificati come indispensabili sono
soppressi a decorrere dal mese successivo all'emanazione del provvedimento. Le relative funzioni sono attribuite all'ufficio che
riveste preminente competenza nella materia.
Capo II Segretari comunali e provinciali
Articolo 97 Ruolo e funzioni.
1. Il comune e la provincia hanno un segretario titolare dipendente dall'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari
comunali e provinciali, di cui all'articolo 102 e iscritto all'albo di cui all'articolo 98.
2. Il segretario comunale e provinciale svolge compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei
confronti degli organi dell'ente in ordine alla conformità dell'azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti.
3. Il sindaco e il presidente della provincia, ove si avvalgano della facoltà prevista dal comma 1 dell'articolo 108, contestualmente al
provvedimento di nomina del direttore generale disciplinano, secondo l'ordinamento dell'ente e nel rispetto dei loro distinti ed
autonomi ruoli, i rapporti tra il segretario ed il direttore generale.
4. Il segretario sovrintende allo svolgimento delle funzioni dei dirigenti e ne coordina l'attività, salvo quando ai sensi e per gli effetti
del comma 1 dell'articolo 108 il sindaco e il presidente della provincia abbiano nominato il direttore generale. Il segretario inoltre:
a) partecipa con funzioni consultive, referenti e di assistenza alle riunioni del consiglio e della Giunta e ne cura la verbalizzazione;
b) esprime il parere di cui all'articolo 49, in relazione alle sue competenze, nel caso in cui l'ente non abbia responsabili dei servizi;
c) può rogare tutti i contratti nei quali l'ente è parte ed autenticare scritture private ed atti unilaterali nell'interesse dell'ente;
d) esercita ogni altra funzione attribuitagli dallo statuto o dai regolamenti, o conferitagli dal sindaco o dal presidente della provincia;
e) esercita le funzioni di direttore generale nell'ipotesi prevista dall'articolo 108, comma 4.
5. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, può prevedere un vicesegretario per coadiuvare il segretario e sostituirlo
nei casi di vacanza, assenza o impedimento.
6. Il rapporto di lavoro dei segretari comunali e provinciali è disciplinato dai contratti collettivi ai sensi del decreto legislativo 3
febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni.
Articolo 98 Albo nazionale.
1. L'albo nazionale dei segretari comunali e provinciali, al quale si accede per concorso, è articolato in sezioni regionali.
2. Il numero complessivo degli iscritti all'albo non può essere superiore al numero dei comuni e delle province ridotto del numero
delle sedi unificate, maggiorato di una percentuale determinata ogni due anni dal consiglio di amministrazione dell'Agenzia di cui
all'articolo 102 e funzionale all'esigenza di garantire una adeguata opportunità di scelta da parte dei sindaci e dei presidenti di
provincia.
3. I comuni possono stipulare convenzioni per l'ufficio di segretario comunale comunicandone l'avvenuta costituzione alla Sezione
regionale dell'Agenzia.
4. L'iscrizione all'albo è subordinata al possesso dell'abilitazione concessa dalla Scuola superiore per la formazione e la
specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero dalla sezione autonoma della Scuola superiore
dell'amministrazione dell'interno.
5. Al relativo corso si accede mediante concorso nazionale a cui possono partecipare i laureati in giurisprudenza, scienze politiche,
economia.
Articolo 99 Nomina.
1. Il sindaco e il presidente della provincia nominano il segretario, che dipende funzionalmente dal capo dell'amministrazione,
scegliendolo tra gli iscritti all'albo di cui all'articolo 98.
2. Salvo quanto disposto dall'articolo 100, la nomina ha durata corrispondente a quella del mandato del sindaco o del presidente della
provincia che lo ha nominato. Il segretario cessa automaticamente dall'incarico con la cessazione del mandato del sindaco e del
presidente della provincia, continuando ad esercitare le funzioni sino alla nomina del nuovo segretario.
3. La nomina è disposta non prima di sessanta giorni e non oltre centoventi giorni dalla data di insediamento del sindaco e del
presidente della provincia, decorsi i quali il segretario è confermato.
69
Articolo 100 Revoca.
1. Il segretario può essere revocato con provvedimento motivato del sindaco o del presidente della provincia, previa deliberazione
della Giunta, per violazione dei doveri d'ufficio.
Articolo 101 Disponibilità e mobilità.
1. Il segretario comunale o provinciale non confermato, revocato o comunque privo di incarico è collocato in posizione di
disponibilità per la durata massima di quattro anni.
2. Durante il periodo di disponibilità rimane iscritto all'albo ed è posto a disposizione dell'Agenzia autonoma di cui all'articolo 102
per le attività dell'Agenzia stessa o per l'attività di consulenza, nonché per incarichi di supplenza e di reggenza, ovvero per
l'espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni pubbliche che lo richiedano con oneri a
carico dell'ente presso cui presta servizio. Per il periodo di disponibilità al segretario compete il trattamento economico in godimento
in relazione agli incarichi conferiti.
3. Nel caso di collocamento in disponibilità per mancato raggiungimento di risultati imputabile al segretario oppure motivato da gravi
e ricorrenti violazioni dei doveri d'ufficio, allo stesso, salva diversa sanzione, compete il trattamento economico tabellare spettante
per la sua qualifica detratti i compensi percepiti a titolo di indennità per l'espletamento degli incarichi di cui al comma 2.
4. Decorsi quattro anni senza che abbia preso servizio in qualità di titolare in altra sede il segretario viene collocato d'ufficio in
mobilità presso altre pubbliche amministrazioni nella piena salvaguardia della posizione giuridica ed economica.
4-bis. Le disposizioni di cui all'articolo 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applicano ai segretari comunali e
provinciali equiparati ai dirigenti statali ai fini delle procedure di mobilità per effetto del contratto collettivo nazionale di lavoro. Alla
cessazione dell'incarico, il segretario comunale o provinciale viene collocato nella posizione di disponibilità nell'àmbito dell'albo di
appartenenza35.
Articolo 102 Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali.
1. È istituita l'Agenzia autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali e provinciali, avente personalità giuridica di diritto
pubblico e sottoposta alla vigilanza del Ministero dell'Interno.
2. L'Agenzia è gestita da un consiglio di amministrazione, nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e composto
da due sindaci nominati dall'Anci, da un presidente di provincia designato dall'Upi, da tre segretari comunali e provinciali eletti tra
gli iscritti all'albo e da tre esperti designati dalla Conferenza Stato-città e autonomie locali. Il consiglio elegge nel proprio seno un
presidente e un vicepresidente36.
3. Con la stessa composizione e con le stesse modalità sono costituiti i consigli di amministrazione delle sezioni regionali.
4. L'Agenzia, con deliberazione del consiglio nazionale di amministrazione, può adeguare la dotazione organica in relazione alle
esigenze di funzionamento, entro i limiti derivanti dalle disponibilità di bilancio. Al reclutamento del personale, ferma restando
l'utilizzazione delle procedure e degli istituti previsti dal comma 2, lettera a), dell'articolo 103, si provvede anche con le modalità
previste dall'articolo 36 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni, nel rispetto della disciplina
programmatoria delle assunzioni del personale prevista dall'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni37.
5. All'Agenzia è attribuito un fondo finanziario di mobilità a carico degli enti locali, disciplinato dal regolamento di cui all'articolo
103, percentualmente determinato sul trattamento economico del segretario dell'ente, graduato in rapporto alla dimensione dell'ente, e
definito in sede di accordo contrattuale.
6. Per il proprio funzionamento e per quello della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei dirigenti della
pubblica amministrazione locale l'Agenzia si avvale del fondo di mobilità di cui al comma 5 a cui sono attribuiti i proventi dei diritti
di segreteria di cui all'articolo 42 della legge 8 giugno 1962, n. 604, e successive modificazioni.
Articolo 103 Organizzazione e funzionamento dell'Agenzia autonoma.
1. Salvo quanto previsto dal presente testo unico, sono disciplinati con regolamento, emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 2,
della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro competente, sentite le organizzazioni sindacali e le rappresentanze degli
enti locali, l'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento contabile dell'Agenzia, l'amministrazione dell'albo e la sua
articolazione in sezioni e in fasce professionali, le modalità di svolgimento dei concorsi per l'iscrizione all'albo, il passaggio tra le
fasce professionali, il procedimento disciplinare e le modalità di utilizzazione dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria.
2. Il regolamento si conforma ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) reclutamento del personale da destinare all'Agenzia mediante utilizzo delle procedure in materia di mobilità, ricorrendo
prioritariamente, anche in deroga alle disposizioni dell'ordinamento speciale, al personale dell'amministrazione civile dell'interno,
utilizzando anche l'istituto del comando o del fuori ruolo;
b) previsione di un esame di idoneità per l'iscrizione all'albo riservato ai frequentatori dei corsi promossi dalla Scuola superiore per la
formazione e la specializzazione dei dirigenti della pubblica amministrazione locale, ovvero dalla sezione autonoma della Scuola
superiore dell'amministrazione dell'interno;
c) disciplina dell'ordinamento contabile dell'Agenzia anche in deroga alle disposizioni sulla contabilità generale dello Stato, fermo
restando l'obbligo di sottoporre il rendiconto della gestione finanziaria al controllo della Corte dei Conti;
d) utilizzazione in via prioritaria dei segretari non chiamati a ricoprire sedi di segreteria per le esigenze dell'Agenzia e per incarichi di
supplenza e di reggenza, ovvero per l'espletamento di funzioni corrispondenti alla qualifica rivestita presso altre amministrazioni
pubbliche con oneri retributivi a loro carico.
Articolo 104 Scuola superiore della pubblica amministrazione locale e scuole regionali e interregionali.
1. L'organizzazione, il funzionamento e l'ordinamento contabile della Scuola superiore per la formazione e la specializzazione dei
dirigenti della pubblica amministrazione locale e delle scuole di cui al comma 2 sono disciplinati con regolamento, determinando i
criteri per l'eventuale stipula di convenzioni per l'attività formativa anche in sede decentrata con istituti, enti, società di formazione e
ricerca.
35 Art.
7, comma 2, L. 15 luglio 2002, n. 145.
Art. 5, L. 16 gennaio 2003, n. 3.
37
Art. 2, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392.
36
70
2. L'Agenzia istituisce scuole regionali ed interregionali per la formazione e la specializzazione dei segretari comunali e provinciali e
dei dirigenti della pubblica amministrazione locale ovvero può avvalersi, previa convenzione, della sezione autonoma della Scuola
superiore dell'amministrazione dell'interno.
Articolo 105 Regioni a statuto speciale.
1. Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le materie di cui al presente capo con
propria legislazione.
2. Nel territorio della Regione Trentino-Alto Adige, fino all'emanazione di apposita legge regionale, rimane ferma l'applicazione del
titolo VI della legge 11 marzo 1972, n. 118.
Articolo 106 Disposizioni finali e transitorie.
1. Fino alla stipulazione di una diversa disciplina del contratto collettivo nazionale di lavoro resta ferma la classificazione dei
comuni e delle province ai fini dell'assegnazione del segretario prevista dalle tabelle A e B allegate al decreto del Presidente della
Repubblica 23 giugno 1972, n. 749.
2. I segretari già iscritti alla sezione speciale dell'albo ai sensi dell'articolo 17, comma 82, della legge 15 maggio 1997, n. 127, e
trasferiti presso altre pubbliche amministrazioni, permangono nel ruolo statale e mantengono ad esaurimento qualifica e trattamento
economico pensionabile in godimento.
3. Ai fini dell'attuazione della legge 8 marzo 1999, n. 50, i segretari comunali di cui all'articolo 18, comma 14, del decreto del
Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, o all'articolo 39, comma 22, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, possono
essere collocati o mantenuti in posizione di fuori ruolo con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, anche dopo il
trasferimento alle amministrazioni di destinazione e con effetto dalla data di entrata in vigore della citata legge n. 50 del 1999. Gli
oneri relativi al trattamento economico, fondamentale ed accessorio, dei predetti dipendenti rimangono a carico dell'Agenzia
autonoma per la gestione dell'albo dei segretari comunali fino alla data del trasferimento alle amministrazioni di destinazione;
successivamente sono a queste imputate. Analogamente si provvede, con decreto del Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro
per la funzione pubblica, per i segretari comunali in servizio presso il Ministero dell'interno ai sensi dell'articolo 34, comma 2, del
decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465.
Capo III Dirigenza ed incarichi
Articolo 107 Funzioni e responsabilità della dirigenza.
1. Spetta ai dirigenti la direzione degli uffici e dei servizi secondo i criteri e le norme dettati dagli statuti e dai regolamenti. Questi si
uniformano al principio per cui i poteri di indirizzo e di controllo politico-amministrativo spettano agli organi di governo, mentre la
gestione amministrativa, finanziaria e tecnica è attribuita ai dirigenti mediante autonomi poteri di spesa, di organizzazione delle
risorse umane, strumentali e di controllo.
2. Spettano ai dirigenti tutti i compiti, compresa l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi che impegnano
l'amministrazione verso l'esterno, non ricompresi espressamente dalla legge o dallo statuto tra le funzioni di indirizzo e controllo
politico-amministrativo degli organi di governo dell'ente o non rientranti tra le funzioni del segretario o del direttore generale, di cui
rispettivamente agli articoli 97 e 108.
3. Sono attribuiti ai dirigenti tutti i compiti di attuazione degli obiettivi e dei programmi definiti con gli atti di indirizzo adottati dai
medesimi organi, tra i quali in particolare, secondo le modalità stabilite dallo statuto o dai regolamenti dell'ente:
a) la presidenza delle commissioni di gara e di concorso;
b) la responsabilità delle procedure d'appalto e di concorso;
c) la stipulazione dei contratti;
d) gli atti di gestione finanziaria, ivi compresa l'assunzione di impegni di spesa;
e) gli atti di amministrazione e gestione del personale;
f) i provvedimenti di autorizzazione, concessione o analoghi, il cui rilascio presupponga accertamenti e valutazioni, anche di natura
discrezionale, nel rispetto di criteri predeterminati dalla legge, dai regolamenti, da atti generali di indirizzo, ivi comprese le
autorizzazioni e le concessioni edilizie;
g) tutti i provvedimenti di sospensione dei lavori, abbattimento e riduzione in pristino di competenza comunale, nonché i poteri di
vigilanza edilizia e di irrogazione delle sanzioni amministrative previsti dalla vigente legislazione statale e regionale in materia di
prevenzione e repressione dell'abusivismo edilizio e paesaggistico-ambientale;
h) le attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto costituente
manifestazione di giudizio e di conoscenza;
i) gli atti ad essi attribuiti dallo statuto e dai regolamenti o, in base a questi, delegati dal sindaco.
4. Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all'articolo 1, comma 4, possono essere derogate soltanto
espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative.
5. A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente testo unico, le disposizioni che conferiscono agli organi di cui al Capo I
Titolo III l'adozione di atti di gestione e di atti o provvedimenti amministrativi, si intendono nel senso che la relativa competenza
spetta ai dirigenti, salvo quanto previsto dall'articolo 50, comma 3, e dall'articolo 54.
6. I dirigenti sono direttamente responsabili, in via esclusiva, in relazione agli obiettivi dell'ente, della correttezza amministrativa,
della efficienza e dei risultati della gestione.
7. Alla valutazione dei dirigenti degli enti locali si applicano i princìpi contenuti nell'articolo 5, commi 1 e 2, del decreto legislativo
30 luglio 1999, n. 286, secondo le modalità previste dall'articolo 147 del presente testo unico.
Articolo 108 Direttore generale.
1. Il sindaco nei comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti e il presidente della provincia, previa deliberazione della
Giunta comunale o provinciale, possono nominare un direttore generale, al di fuori della dotazione organica e con contratto a tempo
determinato, e secondo criteri stabiliti dal regolamento di organizzazione degli uffici e dei servizi, che provvede ad attuare gli
indirizzi e gli obiettivi stabiliti dagli organi di governo dell'ente, secondo le direttive impartite dal sindaco o dal presidente della
provincia, e che sovrintende alla gestione dell'ente, perseguendo livelli ottimali di efficacia ed efficienza. Compete in particolare al
direttore generale la predisposizione del piano dettagliato di obiettivi previsto dall'articolo 197, comma 2, lettera a), nonché la
proposta di piano esecutivo di gestione previsto dall'articolo 169. A tali fini, al direttore generale rispondono, nell'esercizio delle
funzioni loro assegnate, i dirigenti dell'ente, ad eccezione del segretario del comune e della provincia.
71
2. Il direttore generale è revocato dal sindaco o dal presidente della provincia, previa deliberazione della Giunta comunale o
provinciale. La durata dell'incarico non può eccedere quella del mandato del sindaco o del presidente della provincia.
3. Nei comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti è consentito procedere alla nomina del direttore generale previa stipula di
convenzione tra comuni le cui popolazioni assommate raggiungano i 15.000 abitanti. In tal caso il direttore generale dovrà
provvedere anche alla gestione coordinata o unitaria dei servizi tra i comuni interessati.
4. Quando non risultino stipulate le convenzioni previste dal comma 3 e in ogni altro caso in cui il direttore generale non sia stato
nominato, le relative funzioni possono essere conferite dal sindaco o dal presidente della provincia al segretario.
Articolo 109 Conferimento di funzioni dirigenziali.
1. Gli incarichi dirigenziali sono conferiti a tempo determinato, ai sensi dell'articolo 50, comma 10, con provvedimento motivato e
con le modalità fissate dal regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, secondo criteri di competenza professionale, in
relazione agli obiettivi indicati nel programma amministrativo del sindaco o del presidente della provincia e sono revocati in caso di
inosservanza delle direttive del sindaco o del presidente della provincia, della Giunta o dell'assessore di riferimento, o in caso di
mancato raggiungimento al termine di ciascun anno finanziario degli obiettivi assegnati nel piano esecutivo di gestione previsto
dall'articolo 169 o per responsabilità particolarmente grave o reiterata e negli altri casi disciplinati dai contratti collettivi di lavoro.
L'attribuzione degli incarichi può prescindere dalla precedente assegnazione di funzioni di direzione a seguito di concorsi.
2. Nei comuni privi di personale di qualifica dirigenziale le funzioni di cui all'articolo 107, commi 2 e 3, fatta salva l'applicazione
dell'articolo 97, comma 4, lettera d), possono essere attribuite, a seguito di provvedimento motivato del sindaco, ai responsabili degli
uffici o dei servizi, indipendentemente dalla loro qualifica funzionale, anche in deroga a ogni diversa disposizione.
Articolo 110 Incarichi a contratto.
1. Lo statuto può prevedere che la copertura dei posti di responsabili dei servizi o degli uffici, di qualifiche dirigenziali o di alta
specializzazione, possa avvenire mediante contratto a tempo determinato di diritto pubblico o, eccezionalmente e con deliberazione
motivata, di diritto privato, fermi restando i requisiti richiesti dalla qualifica da ricoprire.
2. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi, negli enti in cui è prevista la dirigenza, stabilisce i limiti, i criteri e le
modalità con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, contratti a tempo determinato per i dirigenti e le alte
specializzazioni, fermi restando i requisiti richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura
complessivamente non superiore al 5 per cento del totale della dotazione organica della dirigenza e dell'area direttiva e comunque per
almeno una unità. Negli altri enti, il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi stabilisce i limiti, i criteri e le modalità
con cui possono essere stipulati, al di fuori della dotazione organica, solo in assenza di professionalità analoghe presenti all'interno
dell'ente, contratti a tempo determinato di dirigenti, alte specializzazioni o funzionari dell'area direttiva, fermi restando i requisiti
richiesti per la qualifica da ricoprire. Tali contratti sono stipulati in misura complessivamente non superiore al 5 per cento della
dotazione organica dell'ente arrotondando il prodotto all'unità superiore, o ad una unità negli enti con una dotazione organica
inferiore alle 20 unità38.
3. I contratti di cui ai precedenti commi non possono avere durata superiore al mandato elettivo del sindaco o del presidente della
provincia in carica. Il trattamento economico, equivalente a quello previsto dai vigenti contratti collettivi nazionali e decentrati per il
personale degli enti locali, può essere integrato, con provvedimento motivato della Giunta, da una indennità ad personam,
commisurata alla specifica qualificazione professionale e culturale, anche in considerazione della temporaneità del rapporto e delle
condizioni di mercato relative alle specifiche competenze professionali. Il trattamento economico e l'eventuale indennità ad personam
sono definiti in stretta correlazione con il bilancio dell'ente e non vanno imputati al costo contrattuale e del personale.
4. Il contratto a tempo determinato è risolto di diritto nel caso in cui l'ente locale dichiari il dissesto o venga a trovarsi nelle
situazioni strutturalmente deficitarie.
5. Il rapporto di impiego del dipendente di una pubblica amministrazione è risolto di diritto con effetto dalla data di decorrenza del
contratto stipulato con l'ente locale ai sensi del comma 2. L'amministrazione di provenienza dispone, subordinatamente alla vacanza
del posto in organico o dalla data in cui la vacanza si verifica, la riassunzione del dipendente qualora lo stesso ne faccia richiesta
entro i 30 giorni successivi alla cessazione del rapporto di lavoro a tempo determinato o alla data di disponibilità del posto in
organico.
6. Per obiettivi determinati e con convenzioni a termine, il regolamento può prevedere collaborazioni esterne ad alto contenuto di
professionalità.
Articolo 111Adeguamento della disciplina della dirigenza.
1. Gli enti locali, tenendo conto delle proprie peculiarità, nell'esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano lo
statuto ed il regolamento ai princìpi del presente capo e del capo II del decreto legislativo del 3 febbraio 1993, n. 29, e successive
modificazioni ed integrazioni.
TITOLO V Servizi e interventi pubblici locali
Articolo 112 Servizi pubblici locali.
1. Gli enti locali, nell'àmbito delle rispettive competenze, provvedono alla gestione dei servizi pubblici che abbiano per oggetto
produzione di beni ed attività rivolte a realizzare fini sociali e a promuovere lo sviluppo economico e civile delle comunità locali.
2. (...) 12 bis.3. Ai servizi pubblici locali si applica il capo III del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, relativo alla qualità dei
servizi pubblici locali e carte dei servizi.
Articolo 113 Gestione delle reti ed erogazione dei servizi pubblici locali di rilevanza industriale39.
1. Le disposizioni del presente articolo si applicano ai servizi pubblici locali di rilevanza industriale. Restano ferme le disposizioni
previste per i singoli settori e quelle nazionali di attuazione delle normative comunitarie.
2. Gli enti locali non possono cedere la proprietà degli impianti, delle reti e delle altre dotazioni destinati all'esercizio dei servizi
pubblici di cui al comma 1, salvo quanto stabilito dal comma 13.
38
Art. 51, comma 9, L. 23 dicembre 2000, n. 388.
Art. 35, co. 12, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
39
Art. 35, co. 1, L. 28 dicembre 2001, n. 448
12 bis
72
3. Le discipline di settore stabiliscono i casi nei quali l'attività di gestione delle reti e degli impianti destinati alla produzione dei
servizi pubblici locali di cui al comma 1 può essere separata da quella di erogazione degli stessi. È, in ogni caso, garantito l'accesso
alle reti a tutti i soggetti legittimati all'erogazione dei relativi servizi.
4. Qualora sia separata dall'attività di erogazione dei servizi, per la gestione delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni
patrimoniali gli enti locali, anche in forma associata, si avvalgono:
a) di soggetti allo scopo costituiti, nella forma di società di capitali con la partecipazione maggioritaria degli enti locali, anche
associati, cui può essere affidata direttamente tale attività;
b) di imprese idonee, da individuare mediante procedure ad evidenza pubblica, ai sensi del comma 7.
5. L'erogazione del servizio, da svolgere in regime di concorrenza, avviene secondo le discipline di settore, con conferimento della
titolarità del servizio a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica.
6. Non sono ammesse a partecipare alle gare di cui al comma 5 le società che, in Italia o all'estero, gestiscono a qualunque titolo
servizi pubblici locali in virtù di un affidamento diretto, di una procedura non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi;
tale divieto si estende alle società controllate o collegate, alle loro controllanti, nonché alle società controllate o collegate con queste
ultime. Sono parimenti esclusi i soggetti di cui al comma 4.
7. La gara di cui al comma 5 è indetta nel rispetto degli standard qualitativi, quantitativi, ambientali, di equa distribuzione sul
territorio e di sicurezza definiti dalla competente Autorità di settore o, in mancanza di essa, dagli enti locali. La gara è aggiudicata
sulla base del migliore livello di qualità e sicurezza e delle condizioni economiche e di prestazione del servizio, dei piani di
investimento per lo sviluppo e il potenziamento delle reti e degli impianti, per il loro rinnovo e manutenzione, nonché dei contenuti
di innovazione tecnologica e gestionale. Tali elementi fanno parte integrante del contratto di servizio.
8. Qualora sia economicamente più vantaggioso, è consentito l'affidamento contestuale con gara di una pluralità di servizi pubblici
locali diversi da quelli del trasporto collettivo. In questo caso, la durata dell'affidamento, unica per tutti i servizi, non può essere
superiore alla media calcolata sulla base della durata degli affidamenti indicata dalle discipline di settore.
9. Alla scadenza del periodo di affidamento, e in esito alla successiva gara di affidamento, le reti, gli impianti e le altre dotazioni
patrimoniali di proprietà degli enti locali o delle società di cui al comma 13 sono assegnati al nuovo gestore. Sono, inoltre, assegnati
al nuovo gestore le reti o loro porzioni, gli impianti e le altre dotazioni realizzate, in attuazione dei piani di investimento di cui al
comma 7, dal gestore uscente. A quest'ultimo è dovuto da parte del nuovo gestore un indennizzo pari al valore dei beni non ancora
ammortizzati, il cui ammontare è indicato nel bando di gara.
10. È vietata ogni forma di differenziazione nel trattamento dei gestori di pubblico servizio in ordine al regime tributario, nonché alla
concessione da chiunque dovuta di contribuzioni o agevolazioni per la gestione del servizio.
11. I rapporti degli enti locali con le società di erogazione del servizio e con le società di gestione delle reti e degli impianti sono
regolati da contratti di servizio, allegati ai capitolati di gara, che dovranno prevedere i livelli dei servizi da garantire e adeguati
strumenti di verifica del rispetto dei livelli previsti.
12. L'ente locale può cedere tutto o in parte la propria partecipazione nelle società erogatrici di servizi. Tale cessione non comporta
effetti sulla durata delle concessioni e degli affidamenti in essere.
13. Gli enti locali, anche in forma associata, possono conferire la proprietà delle reti, degli impianti e delle altre dotazioni
patrimoniali a società di capitali di cui detengono la maggioranza, che è incedibile. Tali società pongono le reti, gli impianti e le altre
dotazioni patrimoniali a disposizione dei gestori incaricati della gestione del servizio o, ove prevista la gestione separata della rete,
dei gestori di quest'ultima, a fronte di un canone stabilito dalla competente Autorità di settore, ove prevista, o dagli enti locali. Alla
società suddetta gli enti locali possono anche assegnare, ai sensi della lettera a) del comma 4, la gestione delle reti, nonché il compito
di espletare le gare di cui al comma 5.
14. Fermo restando quanto disposto dal comma 3, se le reti, gli impianti e le altre dotazioni patrimoniali per la gestione dei servizi di
cui al comma 1 sono di proprietà di soggetti diversi dagli enti locali, questi possono essere autorizzati a gestire i servizi o loro
segmenti, a condizione che siano rispettati gli standard di cui al comma 7 e siano praticate tariffe non superiori alla media regionale,
salvo che le discipline di carattere settoriale o le relative Autorità dispongano diversamente. Tra le parti è in ogni caso stipulato, ai
sensi del comma 11, un contratto di servizio in cui sono definite, tra l'altro, le misure di coordinamento con gli eventuali altri gestori.
15. Le disposizioni del presente articolo non si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di
Bolzano, se incompatibili con le attribuzioni previste dallo statuto e dalle relative norme di attuazione.
Articolo 113-bis Gestione dei servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale40.
1. Ferme restando le disposizioni previste per i singoli settori, i servizi pubblici locali privi di rilevanza industriale sono gestiti
mediante affidamento diretto a: a) istituzioni; b) aziende speciali, anche consortili; c) società di capitali costituite o partecipate dagli
enti locali, regolate dal codice civile.
2. È consentita la gestione in economia quando, per le modeste dimensioni o per le caratteristiche del servizio, non sia opportuno
precedere ad affidamento ai soggetti di cui al comma 1.
3. Gli enti locali possono procedere all'affidamento diretto dei servizi culturali e del tempo libero anche ad associazioni e fondazioni
da loro costituite o partecipate.
4. Quando sussistono ragioni tecniche, economiche o di utilità sociale, i servizi di cui ai commi 1, 2 e 3 possono essere affidati a
terzi, in base a procedure ad evidenza pubblica, secondo le modalità stabilite dalle normative di settore.
5. I rapporti tra gli enti locali ed i soggetti erogatori dei servizi di cui al presente articolo sono regolati da contratti di servizio.
Articolo 114 Aziende speciali ed istituzioni.
1. L'azienda speciale è ente strumentale dell'ente locale dotato di personalità giuridica, di autonomia imprenditoriale e di proprio
statuto, approvato dal consiglio comunale o provinciale.
2. L'istituzione è organismo strumentale dell'ente locale per l'esercizio di servizi sociali, dotato di autonomia gestionale.
3. Organi dell'azienda e dell'istituzione sono il consiglio di amministrazione, il presidente e il direttore, al quale compete la
responsabilità gestionale. Le modalità di nomina e revoca degli amministratori sono stabilite dallo statuto dell'ente locale.
4. L'azienda e l'istituzione informano la loro attività a criteri di efficacia, efficienza ed economicità ed hanno l'obbligo del pareggio di
bilancio da perseguire attraverso l'equilibrio dei costi e dei ricavi, compresi i trasferimenti.
40
Art. 35, co. 15, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
73
5. Nell'àmbito della legge, l'ordinamento ed il funzionamento delle aziende speciali sono disciplinati dal proprio statuto e dai
regolamenti; quelli delle istituzioni sono disciplinati dallo statuto e dai regolamenti dell'ente locale da cui dipendono.
6. L'ente locale conferisce il capitale di dotazione; determina le finalità e gli indirizzi; approva gli atti fondamentali; esercita la
vigilanza; verifica i risultati della gestione; provvede alla copertura degli eventuali costi sociali.
7. Il collegio dei revisori dei conti dell'ente locale esercita le sue funzioni anche nei confronti delle istituzioni. Lo statuto dell'azienda
speciale prevede un apposito organo di revisione, nonché forme autonome di verifica della gestione.
8. Ai fini di cui al comma 6 sono fondamentali i seguenti atti: a) il piano-programma, comprendente un contratto di servizio che
disciplini i rapporti tra ente locale ed azienda speciale; b) i bilanci economici di previsione pluriennale ed annuale;
c) il conto consuntivo; d) il bilancio di esercizio.
Articolo 115 Trasformazione delle aziende speciali in società per azioni.
1. I comuni, le province e gli altri enti locali possono, per atto unilaterale, trasformare le aziende speciali in società di capitali, di cui
possono restare azionisti unici per un periodo comunque non superiore a due anni dalla trasformazione. Il capitale iniziale di tali
società è determinato dalla deliberazione di trasformazione in misura non inferiore al fondo di dotazione delle aziende speciali
risultante dall'ultimo bilancio di esercizio approvato e comunque in misura non inferiore all'importo minimo richiesto per la
costituzione delle società medesime. L'eventuale residuo del patrimonio netto conferito è imputato a riserve e fondi, mantenendo ove
possibile le denominazioni e le destinazioni previste nel bilancio delle aziende originarie. Le società conservano tutti i diritti e gli
obblighi anteriori alla trasformazione e subentrano pertanto in tutti i rapporti attivi e passivi delle aziende originarie41.
2. La deliberazione di trasformazione tiene luogo di tutti gli adempimenti in materia di costituzione delle società previsti dalla
normativa vigente, ferma l'applicazione delle disposizioni degli articoli 2330, commi terzo e quarto, e 2330-bis del codice civile.
3. Ai fini della definitiva determinazione dei valori patrimoniali conferiti, entro tre mesi dalla costituzione delle società, gli
amministratori devono richiedere a un esperto designato dal presidente del tribunale una relazione giurata ai sensi e per gli effetti
dell'articolo 2343, primo comma, del codice civile. Entro sei mesi dal ricevimento di tale relazione gli amministratori e i sindaci
determinano i valori definitivi di conferimento dopo avere controllato le valutazioni contenute nella relazione stessa e, se sussistono
fondati motivi, aver proceduto alla revisione della stima. Fino a quando i valori di conferimento non sono stati determinati in via
definitiva le azioni delle società sono inalienabili.
4. Le società di cui al comma 1 possono essere costituite anche ai fini dell'applicazione delle norme di cui al decreto-legge 31 maggio
1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 1994, n. 474.
5.(...)15bis. 6. Il conferimento e l'assegnazione dei beni degli enti locali e delle aziende speciali alle società di cui al comma 1 sono
esenti da imposizioni fiscali, dirette e indirette, statali e regionali.
7. La deliberazione di cui al comma 1 può anche prevedere la scissione dell'azienda speciale e la destinazione a società di nuova
costituzione di un ramo aziendale di questa. Si applicano, in tal caso, per quanto compatibili, le disposizioni di cui ai commi da 1 a 6
del presente articolo, nonché agli articoli 2504-septies e 2504-decies del codice civile.
7-bis. Le disposizioni di cui ai commi precedenti si applicano anche alla trasformazione dei consorzi, intendendosi sostituita al
consiglio comunale l'assemblea consortile. In questo caso le deliberazioni sono adottate a maggioranza dei componenti; gli enti locali
che non intendono partecipare alla società hanno diritto alla liquidazione sulla base del valore nominale iscritto a bilancio della
relativa quota di capitale 42.
Articolo 116 Società per azioni con partecipazione minoritaria di enti locali.
1. Gli enti locali possono, per l'esercizio di servizi pubblici di cui all'articolo 113-bis e per la realizzazione delle opere necessarie al
corretto svolgimento del servizio nonché per la realizzazione di infrastrutture ed altre opere di interesse pubblico, che non rientrino,
ai sensi della vigente legislazione statale e regionale, nelle competenze istituzionali di altri enti, costituire apposite società per azioni
senza il vincolo della proprietà pubblica maggioritaria anche in deroga ai vincoli derivanti da disposizioni di legge specifiche. Gli
enti interessati provvedono alla scelta dei soci privati e all'eventuale collocazione dei titoli azionari sul mercato con procedure di
evidenza pubblica. L'atto costitutivo delle società deve prevedere l'obbligo dell'ente pubblico di nominare uno o più amministratori e
sindaci. Nel caso di servizi pubblici locali una quota delle azioni può essere destinata all'azionariato diffuso e resta comunque sul
mercato 43.
2. La costituzione di società miste con la partecipazione non maggioritaria degli enti locali è disciplinata da apposito regolamento
adottato ai sensi dell'articolo 4, comma 1, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni dalla legge 29
marzo 1995, n. 95, e successive modifiche e integrazioni.
3. Per la realizzazione delle opere di qualunque importo si applicano le norme vigenti di recepimento delle direttive comunitarie in
materia di lavori pubblici.
4. Fino al secondo esercizio successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera, l'ente locale partecipante potrà rilasciare garanzia
fidejussoria agli istituti mutuanti in misura non superiore alla propria quota di partecipazione alla società di cui al presente articolo.
5. Per i conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi e di ogni altro bene effettuati dai soggetti di cui al comma 1,
anche per la costituzione con atto unilaterale delle società di cui al medesimo comma, si applicano le disposizioni dell'articolo 7,
commi 1 e 2, della legge 30 luglio 1990, n. 218, e successive modificazioni.
Articolo 117 Tariffe dei servizi.
1. Gli enti interessati approvano le tariffe dei servizi pubblici in misura tale da assicurare l'equilibrio economico-finanziario
dell'investimento e della connessa gestione. I criteri per il calcolo della tariffa relativa ai servizi stessi sono i seguenti:
a) la corrispondenza tra costi e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento
tecnico-finanziario;
b) l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito;
c) l'entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto anche degli investimenti e della qualità del servizio;
d) l'adeguatezza della remunerazione del capitale investito, coerente con le prevalenti condizioni di mercato.
41
Art. 35, co. 12, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
Art. 35, co. 12 L. 28 dicembre 2001, n. 448.
42
Art. 35, co. 12L. 28 dicembre 2001, n. 448.
43
Art. 35, co. 12, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
15bis
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2. La tariffa costituisce il corrispettivo dei servizi pubblici; essa è determinata e adeguata ogni anno dai soggetti proprietari,
attraverso contratti di programma di durata poliennale, nel rispetto del disciplinare e dello statuto conseguenti ai modelli
organizzativi prescelti.
3. Qualora i servizi siano gestiti da soggetti diversi dall'ente pubblico per effetto di particolari convenzioni e concessioni dell'ente o
per effetto del modello organizzativo di società mista, la tariffa è riscossa dal soggetto che gestisce i servizi pubblici.
Articolo 118 Regime del trasferimento di beni.
1. I trasferimenti di beni mobili ed immobili effettuati dai comuni, dalle province e dai consorzi fra tali enti a favore di aziende
speciali o di società di capitali di cui al comma 13 dell'articolo 113 sono esenti, senza limiti di valore, dalle imposte di bollo, di
registro, di incremento di valore, ipotecarie, catastali e da ogni altra imposta, spesa, tassa o diritto di qualsiasi specie o natura. Gli
onorari previsti per i periti designati dal tribunale per la redazione della stima di cui all'articolo 2343 del codice civile, nonché gli
onorari previsti per i notai incaricati della redazione degli atti conseguenti ai trasferimenti, sono ridotti alla metà44.
2. Le disposizioni previste nel comma 1 si applicano anche ai trasferimenti ed alle retrocessioni di aziende, di complessi aziendali o
di rami di essi posti in essere nell'àmbito di procedure di liquidazione di aziende municipali e provinciali o di aziende speciali,
adottate a norma delle disposizioni vigenti in materia di revoca del servizio e di liquidazione di aziende speciali, qualora dette
procedure siano connesse o funzionali alla contestuale o successiva costituzione di società per azioni, aventi per oggetto lo
svolgimento del medesimo servizio pubblico in precedenza svolto dalle aziende soppresse, purché i beni, i diritti, le aziende o rami di
aziende trasferiti o retrocessi vengano effettivamente conferiti nella costituenda società per azioni. Le stesse disposizioni si applicano
altresì ai conferimenti di aziende, di complessi aziendali o di rami di essi da parte delle province e dei comuni in sede di costituzione
o trasformazione dei consorzi in aziende speciali e consortili ai sensi degli articoli 31 e 274, comma 4, per la costituzione di società
per azioni ai sensi dell'articolo 116, ovvero per la costituzione, anche mediante atto unilaterale, da parte di enti locali, di società per
azioni al fine di dismetterne le partecipazioni ai sensi del decreto-legge 31 maggio 1994, n. 332, convertito, con modificazioni, dalla
legge 30 luglio 1994, n. 474, e successive modificazioni. 3. [...]. 19
Articolo 119 Contratti di sponsorizzazione, accordi di collaborazione e convenzioni.
1. In applicazione dell'articolo 43 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, al fine di favorire una migliore qualità dei servizi prestati, i
comuni, le province e gli altri enti locali indicati nel presente testo unico, possono stipulare contratti di sponsorizzazione ed accordi
di collaborazione, nonché convenzioni con soggetti pubblici o privati diretti a fornire consulenze o servizi aggiuntivi.
Articolo 120 Società di trasformazione urbana.
1. Le città metropolitane e i comuni, anche con la partecipazione della provincia e della Regione, possono costituire società per
azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione degli strumenti urbanistici vigenti. A tal fine le
deliberazioni dovranno in ogni caso prevedere che gli azionisti privati delle società per azioni siano scelti tramite procedura di
evidenza pubblica.
2. Le società di trasformazione urbana provvedono alla preventiva acquisizione degli immobili interessati dall'intervento, alla
trasformazione e alla commercializzazione degli stessi. Le acquisizioni possono avvenire consensualmente o tramite ricorso alle
procedure di esproprio da parte del comune20.
3. Gli immobili interessati dall'intervento di trasformazione sono individuati con delibera del consiglio comunale. L'individuazione
degli immobili equivale a dichiarazione di pubblica utilità, anche per gli immobili non interessati da opere pubbliche. Gli immobili di
proprietà degli enti locali interessati dall'intervento possono essere conferiti alla società anche a titolo di concessione21.
4. I rapporti tra gli enti locali azionisti e la società per azioni di trasformazione urbana sono disciplinati da una convenzione
contenente, a pena di nullità, gli obblighi e i diritti delle parti.
Articolo 121 Occupazione d'urgenza di immobili.22
Articolo 122 Lavori socialmente utili.
1. Restano salve le competenze dei comuni e delle province in materia di lavori socialmente utili, previste dall'articolo 4, commi 6, 7
e 8, del decreto-legge 31 gennaio 1995, n. 26, convertito, con modificazioni, dalla legge 29 marzo 1995, n. 95, e successive
modifiche ed integrazioni.
Articolo 123 Norma transitoria.
1. Resta fermo l'obbligo per gli enti locali di adeguare l'ordinamento delle aziende speciali alle disposizioni di cui all'articolo 114; gli
enti locali iscrivono per gli effetti di cui al primo comma dell'articolo 2331 del codice civile, le aziende speciali nel registro delle
imprese.
2. Restano salvi gli effetti degli atti e dei contratti che le medesime aziende speciali hanno posto in essere anteriormente alla data di
attuazione del registro delle imprese, di cui all'articolo 8 della legge 29 dicembre 1993, n. 580. 3. [...]. 23
TITOLO VI Controlli. Capo I Controllo sugli atti
Articolo 124 Pubblicazione delle deliberazioni.
1. Tutte le deliberazioni del comune e della provincia sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio, nella sede dell'ente, per
quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge.
2. Tutte le deliberazioni degli altri enti locali sono pubblicate mediante affissione all'albo pretorio del comune ove ha sede l'ente, per
quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni.
Articolo 125 Comunicazione delle deliberazioni ai capigruppo.
44
Art. 35, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
Comma abrogato dal comma 12 dell’art.35, L. 28 dicembre 2001, n.448.
Comma così sostituito dall'art. 44, L. 1° agosto 2002, n. 166.
21 Comma così sostituito dall'art. 44, L. 1° agosto 2002, n. 166.
22 Articolo abrogato dall'art. 58, D.Lgs. 8 giugno 2001, n. 325, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto e dall'art.
58, D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, con la decorrenza indicata nell'art. 59 dello stesso decreto.
19
20
23
Art. 35, co. 12, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
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1. Contestualmente all'affissione all'albo le deliberazioni adottate dalla Giunta sono trasmesse in elenco ai capigruppo consiliari; i
relativi testi sono messi a disposizione dei consiglieri nelle forme stabilite dallo statuto o dal regolamento.
Articolo 126 Deliberazioni soggette in via necessaria al controllo preventivo di legittimità.
1. Il controllo preventivo di legittimità di cui all'articolo 130 della Costituzione sugli atti degli enti locali si esercita esclusivamente
sugli statuti dell'ente, sui regolamenti di competenza del consiglio, esclusi quelli attinenti all'autonomia organizzativa e contabile
dello stesso consiglio, sui bilanci annuali e pluriennali e relative variazioni, adottate o ratificate dal consiglio, sul rendiconto della
gestione, secondo le disposizioni del presente testo unico.
2. Il controllo preventivo di legittimità si estende anche agli atti delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza.
Articolo 127 Controllo eventuale.
1. Le deliberazioni della Giunta e del consiglio sono sottoposte al controllo, nei limiti delle illegittimità denunziate, quando un quarto
dei consiglieri provinciali o un quarto dei consiglieri nei comuni con popolazione superiore a 15.000 abitanti ovvero un quinto dei
consiglieri nei comuni con popolazione sino a 15.000 abitanti ne facciano richiesta scritta e motivata con l'indicazione delle norme
violate, entro dieci giorni dall'affissione all'albo pretorio, quando le deliberazioni stesse riguardino:
a) appalti e affidamento di servizi o forniture di importo superiore alla soglia di rilievo comunitario;
b) dotazioni organiche e relative variazioni;
c) assunzioni del personale.
2. Nei casi previsti dal comma 1, il controllo è esercitato dal comitato regionale di controllo ovvero, se istituito, dal difensore civico
comunale o provinciale. L'organo che procede al controllo, se ritiene che la deliberazione sia illegittima, ne da comunicazione
all'ente, entro quindici giorni dalla richiesta, e lo invita ad eliminare i vizi riscontrati. In tal caso, se l'ente non ritiene di modificare la
delibera, essa acquista efficacia se viene confermata con il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti il consiglio.
3. La Giunta può altresì sottoporre al controllo preventivo di legittimità dell'organo regionale di controllo ogni altra deliberazione
dell'ente secondo le modalità di cui all'articolo 133.
Articolo 128 Comitato regionale di controllo.
1. Per l'esercizio del controllo di legittimità è istituito, con decreto del presidente della Giunta regionale, il comitato regionale di
controllo sugli atti dei comuni e delle province.
2. Sono disciplinate con legge regionale l'elezione, a maggioranza qualificata dei componenti del comitato regionale di controllo di
cui all'articolo 130, comma 1, lettera a), e comma 2, prima parte, la tempestiva sostituzione degli stessi in caso di morte, dimissioni,
decadenza per reiterate assenze ingiustificate o incompatibilità sopravvenuta, nonché per la supplenza del presidente.
3. La legge regionale può articolare il comitato in sezioni per territorio o per materia, salvaguardando con forme opportune
l'unitarietà di indirizzo. A tal fine la Regione, in collaborazione con gli uffici del comitato, cura la pubblicazione periodica delle
principali decisioni del comitato regionale di controllo con le relative motivazioni di riferimento.
4. Le pronunce degli organi di controllo previsti nel presente capo sono provvedimenti definitivi.
5. I componenti dei comitati regionali di controllo sono personalmente e solidalmente responsabili nei confronti degli enti locali per i
danni a questi arrecati con dolo o colpa grave nell'esercizio delle loro funzioni.
Articolo 129 Servizi di consulenza del comitato regionale di controllo.
1. Possono essere attivati nell'àmbito dei comitati regionali di controllo servizi di consulenza ai quali gli enti locali possono
rivolgersi al fine di ottenere preventivi elementi valutativi in ordine all'adozione di atti o provvedimenti di particolare complessità o
che attengano ad aspetti nuovi dell'attività deliberativa. La Regione disciplina con propria normativa le modalità organizzative e di
espletamento dei servizi di consulenza .
Articolo 130 Composizione del comitato.
1. Il comitato regionale di controllo e ogni sua eventuale sezione sono composti:
a) da quattro esperti eletti dal consiglio regionale, di cui:
1) uno iscritto da almeno dieci anni nell'albo degli avvocati, scelto in una terna proposta dal competente ordine professionale;
2) uno iscritto da almeno dieci anni all'albo dei dottori commercialisti o dei ragionieri, scelto in una terna proposta dai rispettivi
ordini professionali;
3) uno scelto tra chi abbia ricoperto complessivamente per almeno cinque anni la carica di sindaco, di presidente della provincia, di
consigliere regionale o di parlamentare nazionale, ovvero tra i funzionari statali, regionali o degli enti locali in quiescenza, con
qualifica non inferiore a dirigente od equiparata;
4) uno scelto tra i magistrati o gli avvocati dello Stato in quiescenza, o tra i professori di ruolo di università in materie giuridiche ed
amministrative ovvero tra i segretari comunali o provinciali in quiescenza;
b) da un esperto designato dal commissario del Governo scelto fra funzionari dell'Amministrazione civile dell'interno in servizio
nelle rispettive province.
2. Il consiglio regionale elegge non più di due componenti supplenti aventi i requisiti di cui alla lettera a) del comma 1; un terzo
supplente, avente i requisiti di cui alla lettera b) del comma 1, è designato dal commissario del Governo.
3. In caso di assenza od impedimento dei componenti effettivi, di cui rispettivamente alle lettere a) e b) del comma 1, intervengono
alle sedute i componenti supplenti, eletti o designati per la stessa categoria.
4. Il comitato ed ogni sua sezione eleggono nel proprio seno il presidente ed un vicepresidente scelti tra i componenti eletti dal
consiglio regionale.
5. Funge da segretario un funzionario della Regione.
6. Il comitato e le sezioni sono rinnovati integralmente a seguito di nuove elezioni del consiglio regionale, nonché quando si dimetta
contemporaneamente la maggioranza dei rispettivi componenti.
7. Il presidente ed il vicepresidente del comitato, se dipendenti pubblici, sono collocati fuori ruolo; se dipendenti privati, sono
collocati in aspettativa non retribuita.
8. Ai componenti del comitato si applicano le norme relative ai permessi ed alle aspettative previsti per gli amministratori locali.
Articolo 131 Incompatibilità ed ineleggibilità.
1. Non possono essere eletti e non possono far parte dei comitati regionali di controllo:
a) i deputati, i senatori, i parlamentari europei;
b) i consiglieri e gli assessori regionali;
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c) gli amministratori di enti locali o di altri enti soggetti a controllo del comitato, nonché coloro che abbiano ricoperto tali cariche
nell'anno precedente alla costituzione del medesimo comitato;
d) coloro che si trovano nelle condizioni di ineleggibilità alle cariche di cui alle lettere b) e c), con esclusione dei magistrati e dei
funzionari dello Stato;
e) i dipendenti ed i contabili della Regione e degli enti locali sottoposti al controllo del comitato nonché i dipendenti dei partiti
presenti nei consigli degli enti locali della Regione;
f) i componenti di altro comitato regionale di controllo o delle sezioni di esso;
g) coloro che prestano attività di consulenza o di collaborazione presso la Regione o enti sottoposti al controllo regionale;
h) coloro che ricoprono incarichi direttivi o esecutivi nei partiti a livello provinciale, regionale o nazionale, nonché coloro che
abbiano ricoperto tali incarichi nell'anno precedente alla costituzione del comitato.
Articolo 132 Funzionamento del comitato.
1. Il funzionamento dei comitati regionali di controllo e delle loro sezioni, le indennità da attribuire ai componenti, le funzioni del
presidente e del vicepresidente, le forme di pubblicità della attività dei comitati e di consultazione delle decisioni, nonché il rilascio
di copie di esse sono disciplinati dalla legge regionale.
2. Le spese per il funzionamento dei comitati regionali di controllo e dei loro uffici, nonché la corresponsione di un'indennità di
carica ai componenti sono a carico della Regione.
3. La Regione provvede alle strutture serventi del comitato regionale di controllo ispirandosi ai princìpi dell'adeguatezza funzionale e
dell'autonomia dell'organo.
Articolo 133 Modalità del controllo preventivo di legittimità.
1. Il controllo di legittimità comporta la verifica della conformità dell'atto alle norme vigenti ed alle norme statutarie specificamente
indicate nel provvedimento di annullamento, per quanto riguarda la competenza, la forma e la procedura, e rimanendo esclusa ogni
diversa valutazione dell'interesse pubblico perseguito. Nell'esame del bilancio preventivo e del rendiconto della gestione il controllo
di legittimità comprende la coerenza interna degli atti e la corrispondenza dei dati contabili con quelli delle deliberazioni, nonché con
i documenti giustificativi allegati alle stesse.
2. Il comitato regionale di controllo, entro dieci giorni dalla ricezione degli atti di cui all'articolo 126, comma 1, può disporre
l'audizione dei rappresentanti dell'ente deliberante o può richiedere, per una sola volta, chiarimenti o elementi integrativi di giudizio
in forma scritta. In tal caso il termine per l'esercizio del controllo viene sospeso e riprende a decorrere dalla data della trasmissione
dei chiarimenti o elementi integrativi o dell'audizione dei rappresentanti.
3. Il comitato può indicare all'ente interessato le modificazioni da apportare alle risultanze del rendiconto della gestione con l'invito
ad adottarle entro il termine massimo di trenta giorni.
4. Nel caso di mancata adozione delle modificazioni entro il termine di cui al comma 3, o di annullamento della deliberazione di
adozione del rendiconto della gestione da parte del comitato di controllo, questo provvede alla nomina di uno o più commissari per la
redazione del conto stesso.
5. Non può essere riesaminato il provvedimento sottoposto a controllo nel caso di annullamento in sede giurisdizionale di una
decisione negativa di controllo.
Articolo 134 Esecutività delle deliberazioni.
1. La deliberazione soggetta al controllo necessario di legittimità deve essere trasmessa a pena di decadenza entro il quinto giorno
successivo all'adozione. Essa diventa esecutiva se entro 30 giorni dalla trasmissione della stessa il comitato regionale di controllo non
trasmetta all'ente interessato un provvedimento motivato di annullamento. Le deliberazioni diventano comunque esecutive qualora
prima del decorso dello stesso termine il comitato regionale di controllo dia comunicazione di non aver riscontrato vizi di legittimità.
2. Nel caso delle deliberazioni soggette a controllo eventuale la richiesta di controllo sospende l'esecutività delle stesse fino
all'avvenuto esito del controllo.
3. Le deliberazioni non soggette a controllo necessario o non sottoposte a controllo eventuale diventano esecutive dopo il decimo
giorno dalla loro pubblicazione.
4. Nel caso di urgenza le deliberazioni del consiglio o della Giunta possono essere dichiarate immediatamente eseguibili con il voto
espresso dalla maggioranza dei componenti.
Articolo 135 Comunicazione deliberazioni al prefetto.
1. Il prefetto, nell'esercizio dei poteri conferitigli dalla legge o a lui delegati dal Ministro dell'interno, ai sensi dell'articolo 2, comma
2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 1991, n. 410, e successive
modificazioni ed integrazioni, qualora ritenga, sulla base di fondati elementi comunque acquisiti, che esistano tentativi di infiltrazioni
di tipo mafioso nelle attività riguardanti appalti, concessioni, subappalti, cottimi, noli a caldo o contratti similari per la realizzazione
di opere e di lavori pubblici, ovvero quando sia necessario assicurare il regolare svolgimento delle attività delle pubbliche
amministrazioni, richiede ai competenti organi statali e regionali gli interventi di controllo e sostitutivi previsti dalla legge.
2. Ai medesimi fini indicati nel comma 1 il prefetto può chiedere che siano sottoposte al controllo preventivo di legittimità le
deliberazioni degli enti locali relative ad acquisti, alienazioni, appalti ed in generale a tutti i contratti, con le modalità e i termini
previsti dall'articolo 133, comma 1. Le predette deliberazioni sono comunicate al prefetto contestualmente all'affissione all'albo.
Articolo 136 Poteri sostitutivi per omissione o ritardo di atti obbligatori
1. Qualora gli enti locali, sebbene invitati a provvedere entro congruo termine, ritardino o omettano di compiere atti obbligatori per
legge, si provvede a mezzo di commissario ad acta nominato dal difensore civico regionale, ove costituito, ovvero dal comitato
regionale di controllo. Il commissario ad acta provvede entro sessanta giorni dal conferimento dell'incarico.
Articolo 137 Poteri sostitutivi del Governo.
1. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti agli enti locali, in caso di accertata inattività che comporti inadempimento agli
obblighi derivanti dall'appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del
Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per
provvedere.
2. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei Ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede
in via sostitutiva.
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3. In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei Ministri può adottare il provvedimento
di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con il Ministro competente. Il provvedimento in
tal modo adottato ha immediata esecuzione ed è immediatamente comunicato alla Conferenza Stato-città e autonomie locali allargata
ai rappresentanti delle comunità montane, che ne può chiedere il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'articolo 8, comma
3, della legge 15 marzo 1997, n. 59.
4. Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente.
Articolo 138 Annullamento straordinario.
1. In applicazione dell'articolo 2, comma 3, lettera p), della legge 23 agosto 1988, n. 400, il Governo, a tutela dell'unità
dell'ordinamento, con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, su proposta del
Ministro dell'interno, ha facoltà, in qualunque tempo, di annullare, d'ufficio o su denunzia, sentito il Consiglio di Stato, gli atti degli
enti locali viziati da illegittimità.
Articolo 139 Pareri obbligatori.
1. Ai pareri obbligatori delle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, delle regioni e di ogni altro ente sottoposto a
tutela statale, regionale e subregionale, prescritti da qualsiasi norma avente forza di legge ai fini della programmazione, progettazione
ed esecuzione di opere pubbliche o di altre attività degli enti locali, si applicano le disposizioni dell'articolo 16 della legge 7 agosto
1990, n. 241, e successive modifiche ed integrazioni, salvo specifiche disposizioni di legge.
Articolo 140 Norma finale.
1. Le disposizioni del presente capo si applicano anche agli altri enti di cui all'articolo 2, compresi i consorzi cui partecipano enti
locali, con esclusione di quelli che gestiscono attività aventi rilevanza economica ed imprenditoriale e, ove previsto dallo statuto, dei
consorzi per la gestione dei servizi sociali, intendendosi sostituiti alla Giunta e al consiglio del comune o della provincia i
corrispondenti organi di governo.
Capo II Controllo sugli organi
Articolo 141 Scioglimento e sospensione dei consigli comunali e provinciali .
1. I consigli comunali e provinciali vengono sciolti con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno:
a) quando compiano atti contrari alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge, nonché per gravi motivi di ordine
pubblico;
b) quando non possa essere assicurato il normale funzionamento degli organi e dei servizi per le seguenti cause:
1) impedimento permanente, rimozione, decadenza, decesso del sindaco o del presidente della provincia;
2) dimissioni del sindaco o del presidente della provincia;
3) cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati purché contemporaneamente presentati al
protocollo dell'ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco o il presidente della provincia;
4) riduzione dell'organo assembleare per impossibilità di surroga alla metà dei componenti del consiglio;
c) quando non sia approvato nei termini il bilancio.
2. Nella ipotesi di cui alla lettera c) del comma 1, trascorso il termine entro il quale il bilancio deve essere approvato senza che sia
stato predisposto dalla Giunta il relativo schema, l'organo regionale di controllo nomina un commissario affinché lo predisponga
d'ufficio per sottoporlo al consiglio. In tal caso e comunque quando il consiglio non abbia approvato nei termini di legge lo schema di
bilancio predisposto dalla Giunta, l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli consiglieri, un
termine non superiore a 20 giorni per la sua approvazione, decorso il quale si sostituisce, mediante apposito commissario,
all'amministrazione inadempiente. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo
scioglimento del consiglio.
3. Nei casi diversi da quelli previsti dal numero 1) della lettera b) del comma 1, con il decreto di scioglimento si provvede alla
nomina di un commissario, che esercita le attribuzioni conferitegli con il decreto stesso.
4. Il rinnovo del consiglio nelle ipotesi di scioglimento deve coincidere con il primo turno elettorale utile previsto dalla legge.
5. I consiglieri cessati dalla carica per effetto dello scioglimento continuano ad esercitare, fino alla nomina dei successori, gli
incarichi esterni loro eventualmente attribuiti.
6. Al decreto di scioglimento è allegata la relazione del Ministro contenente i motivi del provvedimento; dell'adozione del decreto di
scioglimento è data immediata comunicazione al parlamento. Il decreto è pubblicato nella «Gazzetta Ufficiale» della Repubblica
italiana.
7. Iniziata la procedura di cui ai commi precedenti ed in attesa del decreto di scioglimento, il prefetto, per motivi di grave e urgente
necessità, può sospendere, per un periodo comunque non superiore a novanta giorni, i consigli comunali e provinciali e nominare un
commissario per la provvisoria amministrazione dell'ente.
8. Ove non diversamente previsto dalle leggi regionali le disposizioni di cui al presente articolo si applicano, in quanto compatibili,
agli altri enti locali di cui all'articolo 2, comma 1 ed ai consorzi tra enti locali. Il relativo provvedimento di scioglimento degli organi
comunque denominati degli enti locali di cui al presente comma è disposto con decreto del Ministro dell'interno.
Articolo 142 Rimozione e sospensione di amministratori locali.
1. Con decreto del Ministro dell'interno il sindaco, il presidente della provincia, i presidenti dei consorzi e delle comunità montane, i
componenti dei consigli e delle giunte, i presidenti dei consigli circoscrizionali possono essere rimossi quando compiano atti contrari
alla Costituzione o per gravi e persistenti violazioni di legge o per gravi motivi di ordine pubblico.
2. In attesa del decreto, il prefetto può sospendere gli amministratori di cui al comma 1 qualora sussistano motivi di grave e urgente
necessità.
3. Sono fatte salve le disposizioni dettate dagli articoli 58 e 59.
Articolo 143 Scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di
tipo mafioso.
1. Fuori dei casi previsti dall'articolo 141, i consigli comunali e provinciali sono sciolti quando, anche a seguito di accertamenti
effettuati a norma dell'articolo 59, comma 7, emergono elementi su collegamenti diretti o indiretti degli amministratori con la
criminalità organizzata o su forme di condizionamento degli amministratori stessi, che compromettono la libera determinazione degli
organi elettivi e il buon andamento delle amministrazioni comunali e provinciali, nonché il regolare funzionamento dei servizi alle
stesse affidati ovvero che risultano tali da arrecare grave e perdurante pregiudizio per lo stato della sicurezza pubblica. Lo
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scioglimento del consiglio comunale o provinciale comporta la cessazione dalla carica di consigliere, di sindaco, di presidente della
provincia e di componente delle rispettive giunte, anche se diversamente disposto dalle leggi vigenti in materia di ordinamento e
funzionamento degli organi predetti, nonché di ogni altro incarico comunque connesso alle cariche ricoperte.
2. Lo scioglimento è disposto con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro dell'interno, previa deliberazione
del Consiglio dei Ministri. Il provvedimento di scioglimento deliberato dal Consiglio dei Ministri è trasmesso al Presidente della
Repubblica per l'emanazione del decreto ed è contestualmente trasmesso alle Camere. Il procedimento è avviato dal prefetto della
provincia con una relazione che tiene anche conto di elementi eventualmente acquisiti con i poteri delegati dal Ministro dell'interno ai
sensi dell'articolo 2, comma 2-quater, del decreto-legge 29 ottobre 1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30
dicembre 1991, n. 410, e successive modificazioni ed integrazioni. Nei casi in cui per i fatti oggetto degli accertamenti di cui al
comma 1 o per eventi connessi sia pendente procedimento penale, il prefetto può richiedere preventivamente informazioni al
procuratore della Repubblica competente, il quale, in deroga all'articolo 329 del codice di procedura penale, comunica tutte le
informazioni che non ritiene debbano rimanere segrete per le esigenze del procedimento.
3. Il decreto di scioglimento conserva i suoi effetti per un periodo da dodici a diciotto mesi prorogabili fino ad un massimo di
ventiquattro mesi in casi eccezionali, dandone comunicazione alle commissioni parlamentari competenti, al fine di assicurare il buon
andamento delle amministrazioni e il regolare funzionamento dei servizi ad esse affidati. Il decreto di scioglimento, con allegata la
relazione del Ministro, è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
4. Il provvedimento con il quale si dispone l'eventuale proroga della durata dello scioglimento a norma del comma 3 è adottato non
oltre il cinquantesimo giorno antecedente la data fissata per lo svolgimento delle elezioni relative al rinnovo degli organi. Si
osservano le procedure e le modalità stabilite dal comma 2 del presente articolo.
5. Quando ricorrono motivi di urgente necessità, il prefetto, in attesa del decreto di scioglimento, sospende gli organi dalla carica
ricoperta, nonché da ogni altro incarico ad essa connesso, assicurando la provvisoria amministrazione dell'ente mediante invio di
commissari. La sospensione non può eccedere la durata di 60 giorni e il termine del decreto di cui al comma 3 decorre dalla data del
provvedimento di sospensione.
6. Si fa luogo comunque allo scioglimento degli organi a norma del presente articolo quando sussistono le condizioni indicate nel
comma 1, ancorché ricorrano le situazioni previste dall'articolo 141.
Articolo 144 Commissione straordinaria e Comitato di sostegno e monitoraggio.
1. Con il decreto di scioglimento di cui all'articolo 143 è nominata una commissione straordinaria per la gestione dell'ente, la quale
esercita le attribuzioni che le sono conferite con il decreto stesso. La commissione è composta di tre membri scelti tra funzionari
dello Stato, in servizio o in quiescenza, e tra magistrati della giurisdizione ordinaria o amministrativa in quiescenza. La commissione
rimane in carica fino allo svolgimento del primo turno elettorale utile.
2. Presso il Ministero dell'interno è istituito, con personale della amministrazione, un comitato di sostegno e di monitoraggio
dell'azione delle commissioni straordinarie di cui al comma 1 e dei comuni riportati a gestione ordinaria.
3. Con decreto del Ministro dell'interno, adottato a norma dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono
determinate le modalità di organizzazione e funzionamento della commissione straordinaria per l'esercizio delle attribuzioni ad essa
conferite, le modalità di pubblicizzazione degli atti adottati dalla commissione stessa, nonché le modalità di organizzazione e
funzionamento del comitato di cui al comma 2.
Articolo 145 Gestione straordinaria.
1. Quando in relazione alle situazioni indicate nel comma 1 dell'articolo 143 sussiste la necessità di assicurare il regolare
funzionamento dei servizi degli enti nei cui confronti è stato disposto lo scioglimento, il prefetto, su richiesta della commissione
straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, può disporre, anche in deroga alle norme vigenti, l'assegnazione in via temporanea,
in posizione di comando o distacco, di personale amministrativo e tecnico di amministrazioni ed enti pubblici, previa intesa con gli
stessi, ove occorra anche in posizione di sovraordinazione. Al personale assegnato spetta un compenso mensile lordo proporzionato
alle prestazioni da rendere, stabilito dal prefetto in misura non superiore al 50 per cento del compenso spettante a ciascuno dei
componenti della commissione straordinaria, nonché, ove dovuto, il trattamento economico di missione stabilito dalla legge per i
dipendenti dello Stato in relazione alla qualifica funzionale posseduta nell'amministrazione di appartenenza. Tali competenze sono a
carico dello Stato e sono corrisposte dalla prefettura, sulla base di idonea documentazione giustificativa, sugli accreditamenti emessi,
in deroga alle vigenti disposizioni di legge, dal Ministero dell'interno. La prefettura, in caso di ritardo nell'emissione degli
accreditamenti è autorizzata a prelevare le somme occorrenti sui fondi in genere della contabilità speciale. Per il personale non
dipendente dalle amministrazioni centrali o periferiche dello Stato, la prefettura provvede al rimborso al datore di lavoro dello
stipendio lordo, per la parte proporzionalmente corrispondente alla durata delle prestazioni rese. Agli oneri derivanti dalla presente
disposizione si provvede con una quota parte del 10 per cento delle somme di denaro confiscate ai sensi della legge 31 maggio 1965,
n. 575, e successive modificazioni, nonché del ricavato delle vendite disposte a norma dell'articolo 4, commi 4 e 6, del decreto-legge
14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282, relative ai beni mobili o immobili ed ai beni
costituiti in azienda confiscati ai sensi della medesima legge n. 575/1965. Alla scadenza del periodo di assegnazione, la commissione
straordinaria potrà rilasciare, sulla base della valutazione dell'attività prestata dal personale assegnato, apposita certificazione di
lodevole servizio che costituisce titolo valutabile ai fini della progressione di carriera e nei concorsi interni e pubblici nelle
amministrazioni dello Stato, delle regioni e degli enti locali.
2. Per far fronte a situazioni di gravi disservizi e per avviare la sollecita realizzazione di opere pubbliche indifferibili, la commissione
straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, entro il termine di sessanta giorni dall'insediamento, adotta un piano di priorità degli
interventi, anche con riferimento a progetti già approvati e non eseguiti. Gli atti relativi devono essere nuovamente approvati dalla
commissione straordinaria. La relativa deliberazione, esecutiva a norma di legge, è inviata entro dieci giorni al prefetto il quale,
sentito il comitato provinciale della pubblica amministrazione opportunamente integrato con i rappresentanti di uffici tecnici delle
amministrazioni statali, regionali o locali, trasmette gli atti all'amministrazione regionale territorialmente competente per il tramite
del commissario del Governo, o alla Cassa depositi e prestiti, che provvedono alla dichiarazione di priorità di accesso ai contributi e
finanziamenti a carico degli stanziamenti comunque destinati agli investimenti degli enti locali. Le disposizioni del presente comma
si applicano ai predetti enti anche in deroga alla disciplina sugli enti locali dissestati, limitatamente agli importi totalmente
ammortizzabili con contributi statali o regionali ad essi effettivamente assegnati.
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3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 si applicano, a far tempo dalla data di insediamento degli organi e fino alla scadenza del
mandato elettivo, anche alle amministrazioni comunali e provinciali, i cui organi siano rinnovati al termine del periodo di
scioglimento disposto ai sensi del comma 1 dell'articolo 143.
4. Nei casi in cui lo scioglimento è disposto anche con riferimento a situazioni di infiltrazione o di condizionamento di tipo mafioso,
connesse all'aggiudicazione di appalti di opere o di lavori pubblici o di pubbliche forniture, ovvero l'affidamento in concessione di
servizi pubblici locali, la commissione straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144 procede alle necessarie verifiche con i poteri
del collegio degli ispettori di cui all'articolo 14 del decreto-legge 13 maggio 1991, n. 152, convertito, con modificazioni, dalla legge
12 luglio 1991, n. 203. A conclusione degli accertamenti, la commissione straordinaria adotta tutti i provvedimenti ritenuti necessari
e può disporre d'autorità la revoca delle deliberazioni già adottate, in qualunque momento e fase della procedura contrattuale, o la
rescissione del contratto già concluso.
5. Ferme restando le forme di partecipazione popolare previste dagli statuti in attuazione dell'articolo 8, comma 3, la commissione
straordinaria di cui al comma 1 dell'articolo 144, allo scopo di acquisire ogni utile elemento di conoscenza e valutazione in ordine a
rilevanti questioni di interesse generale si avvale, anche mediante forme di consultazione diretta, dell'apporto di rappresentanti delle
forze politiche in àmbito locale, dell'Anci, dell'Upi, delle organizzazioni di volontariato e di altri organismi locali particolarmente
interessati alle questioni da trattare.
Articolo 146 Norma finale.
1. Le disposizioni di cui agli articoli 143, 144, 145 si applicano anche agli altri enti locali di cui all'articolo 2, comma 1, nonché ai
consorzi di comuni e province, agli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, alle aziende speciali
dei comuni e delle province e ai consigli circoscrizionali, in quanto compatibili con i relativi ordinamenti.
2. Il Ministro dell'interno presenta al Parlamento una relazione annuale sull'attività svolta dalla gestione straordinaria dei singoli
comuni24.
Capo III Controlli interni
Articolo 147 Tipologia dei controlli interni.
1. Gli enti locali, nell'àmbito della loro autonomia normativa ed organizzativa, individuano strumenti e metodologie adeguati a:
a) garantire attraverso il controllo di regolarità amministrativa e contabile, la legittimità, regolarità e correttezza dell'azione
amministrativa;
b) verificare, attraverso il controllo di gestione, l'efficacia, efficienza ed economicità dell'azione amministrativa, al fine di
ottimizzare, anche mediante tempestivi interventi di correzione, il rapporto tra costi e risultati;
c) valutare le prestazioni del personale con qualifica dirigenziale;
d) valutare l'adeguatezza delle scelte compiute in sede di attuazione dei piani, programmi ed altri strumenti di determinazione
dell'indirizzo politico, in termini di congruenza tra risultati conseguiti e obiettivi predefiniti.
2. I controlli interni sono ordinati secondo il principio della distinzione tra funzioni di indirizzo e compiti di gestione, quale risulta
dagli articoli 3, comma 1, lettere b) e c), e 14 del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed
integrazioni.
3. L'organizzazione dei controlli interni è effettuata dagli enti locali anche in deroga agli altri princìpi di cui all'articolo 1, comma 2,
del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286.
4. Per l'effettuazione dei controlli di cui al comma 1, più enti locali possono istituire uffici unici, mediante convenzione che ne regoli
le modalità di costituzione e di funzionamento.
5. Nell'àmbito dei comitati provinciali per la pubblica amministrazione, d'intesa con le province, sono istituite apposite strutture di
consulenza e supporto, delle quali possono avvalersi gli enti locali per l'esercizio dei controlli previsti dal decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 286. A tal fine, i predetti comitati possono essere integrati con esperti nelle materie di pertinenza.
Capo IV Controlli esterni sulla gestione
Articolo 148 Controllo della Corte dei Conti.
1. La Corte dei Conti esercita il controllo sulla gestione degli enti locali, ai sensi delle disposizioni di cui alla legge 14 gennaio 1994,
n. 20, e successive modificazioni ed integrazioni.
Parte seconda Ordinamento finanziario e contabile
TITOLO I Disposizioni generali
Articolo 149 Princìpi generali in materia di finanza propria e derivata.
1. L'ordinamento della finanza locale è riservato alla legge, che la coordina con la finanza statale e con quella regionale.
2. Ai comuni e alle province la legge riconosce, nell'àmbito della finanza pubblica, autonomia finanziaria fondata su certezza di
risorse proprie e trasferite.
3. La legge assicura, altresì, agli enti locali potestà impositiva autonoma nel campo delle imposte, delle tasse e delle tariffe, con
conseguente adeguamento della legislazione tributaria vigente. A tal fine i comuni e le province in forza dell'articolo 52 del decreto
legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni possono disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche
tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e dell'aliquota
massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non
regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti.
4. La finanza dei comuni e delle province è costituita da:
a) imposte proprie;
b) addizionali e compartecipazioni ad imposte erariali o regionali;
c) tasse e diritti per servizi pubblici;
d) trasferimenti erariali;
e) trasferimenti regionali;
f) altre entrate proprie, anche di natura patrimoniale;
24
Art. 1-bis, D.L. 31 marzo 2003, n. 50, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, L. 20 maggio 2003, n. 116..
80
g) risorse per investimenti;
h) altre entrate.
5. I trasferimenti erariali sono ripartiti in base a criteri obiettivi che tengano conto della popolazione, del territorio e delle condizioni
socio-economiche, nonché in base ad una perequata distribuzione delle risorse che tenga conto degli squilibri di fiscalità locale.
6. Lo Stato assegna specifici contributi per fronteggiare situazioni eccezionali.
7. Le entrate fiscali finanziano i servizi pubblici ritenuti necessari per lo sviluppo della comunità ed integrano la contribuzione
erariale per l'erogazione dei servizi pubblici indispensabili.
8. A ciascun ente locale spettano le tasse, i diritti, le tariffe e i corrispettivi sui servizi di propria competenza. Gli enti locali
determinano per i servizi pubblici tariffe o corrispettivi a carico degli utenti, anche in modo non generalizzato. Lo Stato e le Regioni,
qualora prevedano per legge casi di gratuità nei servizi di competenza dei comuni e delle province ovvero fissino prezzi e tariffe
inferiori al costo effettivo della prestazione, debbono garantire agli enti locali risorse finanziarie compensative.
9. La legge determina un fondo nazionale ordinario per contribuire ad investimenti degli enti locali destinati alla realizzazione di
opere pubbliche di preminente interesse sociale ed economico.
10. La legge determina un fondo nazionale speciale per finanziare con criteri perequativi gli investimenti destinati alla realizzazione
di opere pubbliche unicamente in aree o per situazioni definite dalla legge statale.
11. L'ammontare complessivo dei trasferimenti e dei fondi è determinato in base a parametri fissati dalla legge per ciascuno degli
anni previsti dal bilancio pluriennale dello Stato e non è riducibile nel triennio.
12. Le regioni concorrono al finanziamento degli enti locali per la realizzazione del piano regionale di sviluppo e dei programmi di
investimento, assicurando la copertura finanziaria degli oneri necessari all'esercizio di funzioni trasferite o delegate.
13. Le risorse spettanti a comuni e province per spese di investimento previste da leggi settoriali dello Stato sono distribuite sulla
base di programmi regionali. Le regioni, inoltre, determinano con legge i finanziamenti per le funzioni da esse attribuite agli enti
locali in relazione al costo di gestione dei servizi sulla base della programmazione regionale.
Articolo 150 Princìpi in materia di ordinamento finanziario e contabile.
1. L'ordinamento finanziario e contabile degli enti locali è riservato alla legge dello Stato e stabilito dalle disposizioni di principio del
presente testo unico.
2. L'ordinamento stabilisce per gli enti locali i princìpi in materia di programmazione, gestione e rendicontazione, nonché i princìpi
relativi alle attività di investimento, al servizio di tesoreria, ai compiti ed alle attribuzioni dell'organo di revisione economicofinanziaria e, per gli enti cui sia applicabile, alla disciplina del risanamento finanziario.
3. Restano salve le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Articolo 151 Princìpi in materia di contabilità.
1. Gli enti locali deliberano entro il 31 dicembre il bilancio di previsione per l'anno successivo, osservando i princìpi di unità,
annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. Il termine può essere differito con decreto del
Ministro dell'interno, d'intesa con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, sentita la Conferenza Statocittà ed autonomie locali, in presenza di motivate esigenze.
2. Il bilancio è corredato di una relazione previsionale e programmatica, di un bilancio pluriennale di durata pari a quello della
Regione di appartenenza e degli allegati previsti dall'articolo 172 o da altre norme di legge.
3. I documenti di bilancio devono comunque essere redatti in modo da consentirne la lettura per programmi, servizi ed interventi.
4. I provvedimenti dei responsabili dei servizi che comportano impegni di spesa sono trasmessi al responsabile del servizio
finanziario e sono esecutivi con l'apposizione del visto di regolarità contabile attestante la copertura finanziaria.
5. I risultati di gestione sono rilevati anche mediante contabilità economica e dimostrati nel rendiconto comprendente il conto del
bilancio e il conto del patrimonio.
6. Al rendiconto è allegata una relazione illustrativa della Giunta che esprime le valutazioni di efficacia dell'azione condotta sulla
base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti.
7. Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare entro il 30 giugno dell'anno successivo.
Articolo 152 Regolamento di contabilità.
1. Con il regolamento di contabilità ciascun ente locale applica i princìpi contabili stabiliti dal presente testo unico, con modalità
organizzative corrispondenti alle caratteristiche di ciascuna comunità, ferme restando le disposizioni previste dall'ordinamento per
assicurare l'unitarietà ed uniformità del sistema finanziario e contabile.
2. Il regolamento di contabilità assicura, di norma, la conoscenza consolidata dei risultati globali delle gestioni relative ad enti od
organismi costituiti per l'esercizio di funzioni e servizi.
3. Il regolamento di contabilità stabilisce le norme relative alle competenze specifiche dei soggetti dell'amministrazione preposti alla
programmazione, adozione ed attuazione dei provvedimenti di gestione che hanno carattere finanziario e contabile, in armonia con le
disposizioni del presente testo unico e delle altre leggi vigenti.
4. I regolamenti di contabilità sono approvati nel rispetto delle norme della parte seconda del presente testo unico, da considerarsi
come princìpi generali con valore di limite inderogabile, con eccezione delle sottoelencate norme, le quali non si applicano qualora il
regolamento di contabilità dell'ente rechi una differente disciplina:
a) articoli 177 e 178; b) articoli 179, commi 2, lettere b) c) e d), e 3, 180, commi da 1 a 3, 181, commi 1 e 3, 182, 184, 185, commi da
2 a 4; c) articoli 186, 191, comma 5, 197, 198; d) articoli 199, 202, comma 2, 203, 205, 207; e) articoli da 213 a 215, 216, comma 3,
da 217 a 219, 221, 224, 225; f) articoli 235, commi 2 e 3, 237, 238.
Articolo 153 Servizio economico-finanziario.
1. Con il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi sono disciplinati l'organizzazione del servizio finanziario, o di
ragioneria o qualificazione corrispondente, secondo le dimensioni demografiche e l'importanza economico-finanziaria dell'ente. Al
servizio è affidato il coordinamento e la gestione dell'attività finanziaria.
2. È consentito stipulare apposite convenzioni tra gli enti per assicurare il servizio a mezzo di strutture comuni.
3. Il responsabile del servizio finanziario di cui all'articolo 151, comma 4, si identifica con il responsabile del servizio o con i soggetti
preposti alle eventuali articolazioni previste dal regolamento di contabilità.
4. Il responsabile del servizio finanziario, di ragioneria o qualificazione corrispondente, è preposto alla verifica di veridicità delle
previsioni di entrata e di compatibilità delle previsioni di spesa, avanzate dai vari servizi, da iscriversi nel bilancio annuale o
pluriennale ed alla verifica periodica dello stato di accertamento delle entrate e di impegno delle spese.
81
5. Il regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali vengono resi i pareri di regolarità contabile sulle proposte di
deliberazione ed apposto il visto di regolarità contabile sulle determinazioni dei soggetti abilitati. Il responsabile del servizio
finanziario effettua le attestazioni di copertura della spesa in relazione alle disponibilità effettive esistenti negli stanziamenti di spesa
e, quando occorre, in relazione allo stato di realizzazione degli accertamenti di entrata vincolata secondo quanto previsto dal
regolamento di contabilità.
6. Il regolamento di contabilità disciplina le segnalazioni obbligatorie dei fatti e delle valutazioni del responsabile finanziario al
legale rappresentante dell'ente, al consiglio dell'ente nella persona del suo presidente, al segretario ed all'organo di revisione ove si
rilevi che la gestione delle entrate o delle spese correnti evidenzi il costituirsi di situazioni - non compensabili da maggiori entrate o
minori spese - tali da pregiudicare gli equilibri del bilancio. In ogni caso la segnalazione è effettuata entro sette giorni dalla
conoscenza dei fatti. Il consiglio provvede al riequilibrio a norma dell'articolo 193, entro trenta giorni dal ricevimento della
segnalazione, anche su proposta della Giunta.
7. Lo stesso regolamento prevede l'istituzione di un servizio di economato, cui viene preposto un responsabile, per la gestione di
cassa delle spese di ufficio di non rilevante ammontare.
Articolo 154 Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali.
1. È istituito presso il Ministero dell'interno l'Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali.
2. L'Osservatorio ha il compito di promuovere la corretta gestione delle risorse finanziarie, strumentali ed umane, la salvaguardia
degli equilibri di bilancio, l'applicazione dei princìpi contabili e la congruità degli strumenti applicativi, nonché la sperimentazione di
nuovi modelli contabili. L'Osservatorio adotta iniziative di divulgazione e di approfondimento finalizzate ad agevolare l'applicazione
ed il recepimento delle norme.
3. L'Osservatorio presenta al Ministro dell'interno almeno una relazione annuale sullo stato di applicazione delle norme, con proposte
di integrazione normativa e di princìpi contabili di generale applicazione.
4. Il presidente ed i componenti dell'Osservatorio, in numero non superiore a diciotto, sono nominati dal Ministro dell'interno con
proprio decreto tra funzionari dello Stato, o di altre pubbliche amministrazioni, professori e ricercatori universitari ed esperti. L'Upi,
l'Anci e l'Uncem designano ciascuna un proprio rappresentante. L'Osservatorio dura in carica cinque anni.
5. Il Ministro dell'interno può assegnare ulteriori funzioni nell'àmbito delle finalità generali del comma 2 ed emanare norme di
funzionamento e di organizzazione.
6. L'Osservatorio si avvale delle strutture e dell'organizzazione della Direzione centrale per la finanza locale e per i servizi finanziari
dell'Amministrazione civile del Ministero dell'interno.
7. Ai componenti dell'Osservatorio spettano il gettone di presenza ed i rimborsi spese previsti per i componenti della commissione
per la finanza e gli organici degli enti locali. L'imputazione dei relativi oneri avviene sul medesimo capitolo di spesa relativo alla
citata commissione. I rimborsi competono anche per la partecipazione ad attività esterne di studio, di divulgazione ed
approfondimento rientranti nell'attività istituzionale dell'Osservatorio. Il Ministro dell'interno può affidare, nell'anno 2000 ed entro la
complessiva spesa di 30 milioni di lire, all'Osservatorio, o a singoli membri, la redazione di studi e lavori monografici, determinando
il compenso in relazione alla complessità dell'incarico ed ai risultati conseguiti 25.
Articolo 155 Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali.
1. La Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali operante presso il Ministero dell'interno, già denominata
Commissione di ricerca per la finanza locale, svolge i seguenti compiti:
a) controllo centrale, da esercitare prioritariamente in relazione alla verifica della compatibilità finanziaria, sulle dotazioni organiche
e sui provvedimenti di assunzione di personale degli enti dissestati e degli enti strutturalmente deficitari, ai sensi dell'articolo 243;
b) parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di approvazione o diniego del piano di estinzione delle passività, ai
sensi dell'articolo 256, comma 7;
c) proposta al Ministro dell'interno di misure straordinarie per il pagamento della massa passiva in caso di insufficienza delle risorse
disponibili, ai sensi dell'articolo 256, comma 12;
d) parere da rendere in merito all'assunzione del mutuo con la Cassa depositi e prestiti da parte dell'ente locale, ai sensi dell'articolo
255, comma 5;
e) parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di approvazione o diniego dell'ipotesi di bilancio stabilmente
riequilibrato, ai sensi dell'articolo 261;
f) proposta al Ministro dell'interno di adozione delle misure necessarie per il risanamento dell'ente locale, a seguito del ricostituirsi di
disavanzo di amministrazione o insorgenza di debiti fuori bilancio non ripianabili con i normali mezzi o mancato rispetto delle
prescrizioni poste a carico dell'ente, ai sensi dell'articolo 268;
g) parere da rendere al Ministro dell'interno sul provvedimento di sostituzione di tutto o parte dell'organo straordinario di
liquidazione, ai sensi dell'articolo 254, comma 8;
h) approvazione, previo esame, della rideterminazione della pianta organica dell'ente locale dissestato, ai sensi dell'articolo 259,
comma 7.
2. La composizione e le modalità di funzionamento della Commissione sono disciplinate con regolamento da adottarsi ai sensi
dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
Articolo 156 Classi demografiche e popolazione residente.
1. Ai fini dell'applicazione delle disposizioni contenute nella parte seconda del presente testo unico valgono per i comuni, se non
diversamente disciplinato, le seguenti classi demografiche:
a) comuni con meno di 500 abitanti; b) comuni da 500 a 999 abitanti; c) comuni da 1.000 a 1.999 abitanti; d) comuni da 2.000 a
2.999 abitanti; e) comuni da 3.000 a 4.999 abitanti; f) comuni da 5.000 a 9.999 abitanti; g) comuni da 10.000 a 19.999 abitanti; h)
comuni da 20.000 a 59.999 abitanti; i) comuni da 60.000 a 99.999 abitanti; l) comuni da 100.000 a 249.999 abitanti; m) comuni da
250.000 a 499.999 abitanti; n) comuni da 500.000 abitanti ed oltre.
2. Le disposizioni del presente testo unico e di altre leggi e regolamenti relative all'attribuzione di contributi erariali di qualsiasi
natura, nonché all'inclusione nel sistema di tesoreria unica di cui alla legge 29 ottobre 1984, n. 720, alla disciplina del dissesto
25
Sostituito dall'art. 1, D. L. 27 dicembre 2000, n. 392, convertito in L. 28 febbraio 2001, n. 26, convertito in L. 28 febbraio 2001, n. 26.
82
finanziario ed alla disciplina dei revisori dei conti, che facciano riferimento alla popolazione, vanno interpretate, se non diversamente
disciplinato, come concernenti la popolazione residente calcolata alla fine del penultimo anno precedente per le province ed i comuni
secondo i dati dell'Istituto nazionale di statistica, ovvero secondo i dati dell'Uncem per le comunità montane. Per le comunità
montane e i comuni di nuova istituzione si utilizza l'ultima popolazione disponibile.
Articolo 157 Consolidamento dei conti pubblici.
1. Ai fini del consolidamento dei conti pubblici gli enti locali rispettano le disposizioni di cui agli articoli 25, 29 e 30 della legge 5
agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni.
Articolo 158 Rendiconto dei contributi straordinari.
1. Per tutti i contributi straordinari assegnati da amministrazioni pubbliche agli enti locali è dovuta la presentazione del rendiconto
all'amministrazione erogante entro sessanta giorni dal termine dell'esercizio finanziario relativo, a cura del segretario e del
responsabile del servizio finanziario.
2. Il rendiconto, oltre alla dimostrazione contabile della spesa, documenta i risultati ottenuti in termini di efficienza ed efficacia
dell'intervento.
3. Il termine di cui al comma 1 è perentorio. La sua inosservanza comporta l'obbligo di restituzione del contributo straordinario
assegnato.
4. Ove il contributo attenga ad un intervento realizzato in più esercizi finanziari l'ente locale è tenuto al rendiconto per ciascun
esercizio.
Articolo 159 Norme sulle esecuzioni nei confronti degli enti locali.
1. Non sono ammesse procedure di esecuzione e di espropriazione forzata nei confronti degli enti locali presso soggetti diversi dai
rispettivi tesorieri. Gli atti esecutivi eventualmente intrapresi non determinano vincoli sui beni oggetto della procedura espropriativa.
2. Non sono soggette ad esecuzione forzata, a pena di nullità rilevabile anche d'ufficio dal giudice, le somme di competenza degli enti
locali destinate a: a) pagamento delle retribuzioni al personale dipendente e dei conseguenti oneri previdenziali per i tre mesi
successivi; b) pagamento delle rate di mutui e di prestiti obbligazionari scadenti nel semestre in corso; c) espletamento dei servizi
locali indispensabili.
3. Per l'operatività dei limiti all'esecuzione forzata di cui al comma 2 occorre che l'organo esecutivo, con deliberazione da adottarsi
per ogni semestre e notificata al tesoriere, quantifichi preventivamente gli importi delle somme destinate alle suddette finalità.
4. Le procedure esecutive eventualmente intraprese in violazione del comma 2 non determinano vincoli sulle somme né limitazioni
all'attività del tesoriere.
5. I provvedimenti adottati dai commissari nominati a seguito dell'esperimento delle procedure di cui all'articolo 37 della legge 6
dicembre 1971, n. 1034, e di cui all'articolo 27, comma 1, numero 4, del testo unico delle leggi sul Consiglio di Stato, emanato con
regio decreto 26 giugno 1924, n. 1054, devono essere muniti dell'attestazione di copertura finanziaria prevista dall'articolo 151,
comma 4, e non possono avere ad oggetto le somme di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2, quantificate ai sensi del comma 3.
Articolo 160 Approvazione di modelli e schemi contabili.
1. Con regolamento, da emanare a norma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono approvati:
a) i modelli relativi al bilancio di previsione, ivi inclusi i quadri riepilogativi; b) il sistema di codifica del bilancio e dei titoli contabili
di entrata e di spesa; c) i modelli relativi al bilancio pluriennale; d) i modelli relativi al conto del tesoriere; e) i modelli relativi al
conto del bilancio ivi incluse la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale e la tabella dei parametri
gestionali;f) i modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione; g) i modelli relativi al conto del patrimonio;
h) i modelli relativi alla resa del conto da parte degli agenti contabili di cui all'articolo 227.
2. Con regolamento, da emanare a norma dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, è approvato lo schema relativo alla
relazione previsionale e programmatica previo parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province
autonome.
Articolo 161 Certificazioni di bilancio.
1. Gli enti locali sono tenuti a redigere apposite certificazioni sui principali dati del bilancio di previsione e del rendiconto. Le
certificazioni sono firmate dal segretario e dal responsabile del servizio finanziario.
2. Le modalità per la struttura, la redazione e la presentazione delle certificazioni sono stabilite tre mesi prima della scadenza di
ciascun adempimento con decreto del Ministro dell'interno d'intesa con l'Anci, con l'Upi e con l'Uncem, da pubblicare nella Gazzetta
Ufficiale.
3. La mancata presentazione di un certificato comporta la sospensione dell'ultima rata del contributo ordinario dell'anno nel quale
avviene l'inadempienza26.
4. Il Ministero dell'interno provvede a rendere disponibili i dati delle certificazioni alle regioni, alle associazioni rappresentative degli
enti locali, alla Corte dei conti ed all'Istituto nazionale di statistica.
TITOLO II Programmazione e bilanci. Capo I Programmazione
Articolo 162 Princìpi del bilancio.
1. Gli enti locali deliberano annualmente il bilancio di previsione finanziario redatto in termini di competenza, per l'anno successivo,
osservando i princìpi di unità, annualità, universalità ed integrità, veridicità, pareggio finanziario e pubblicità. La situazione corrente,
come definita al comma 6 del presente articolo, non può presentare un disavanzo.
2. Il totale delle entrate finanzia indistintamente il totale delle spese, salvo le eccezioni di legge.
3. L'unità temporale della gestione è l'anno finanziario, che inizia il 1° gennaio e termina il 31 dicembre dello stesso anno; dopo tale
termine non possono più effettuarsi accertamenti di entrate e impegni di spesa in conto dell'esercizio scaduto.
4. Tutte le entrate sono iscritte in bilancio al lordo delle spese di riscossione a carico degli enti locali e di altre eventuali spese ad esse
connesse. Parimenti tutte le spese sono iscritte in bilancio integralmente, senza alcuna riduzione delle correlative entrate. La gestione
26
Comma così modificato dal comma 7 dell'art. 27, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
83
finanziaria è unica come il relativo bilancio di previsione: sono vietate le gestioni di entrate e di spese che non siano iscritte in
bilancio.
5. Il bilancio di previsione è redatto nel rispetto dei princìpi di veridicità ed attendibilità, sostenuti da analisi riferite ad un adeguato
arco di tempo o, in mancanza, da altri idonei parametri di riferimento.
6. Il bilancio di previsione è deliberato in pareggio finanziario complessivo. Inoltre le previsioni di competenza relative alle spese
correnti sommate alle previsioni di competenza relative alle quote di capitale delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti
obbligazionari non possono essere complessivamente superiori alle previsioni di competenza dei primi tre titoli dell'entrata e non
possono avere altra forma di finanziamento, salvo le eccezioni previste per legge. Per le comunità montane si fa riferimento ai primi
due titoli delle entrate.
7. Gli enti assicurano ai cittadini ed agli organismi di partecipazione, di cui all'articolo 8, la conoscenza dei contenuti significativi e
caratteristici del bilancio annuale e dei suoi allegati con le modalità previste dallo statuto e dai regolamenti.
Articolo 163 Esercizio provvisorio e gestione provvisoria.
1. Nelle more dell'approvazione del bilancio di previsione da parte dell'organo regionale di controllo, l'organo consiliare dell'ente
delibera l'esercizio provvisorio, per un periodo non superiore a due mesi, sulla base del bilancio già deliberato. Gli enti locali possono
effettuare, per ciascun intervento, spese in misura non superiore mensilmente ad un dodicesimo delle somme previste nel bilancio
deliberato, con esclusione delle spese tassativamente regolate dalla legge o non suscettibili di pagamento frazionato in dodicesimi.
2. Ove non sia stato deliberato il bilancio di previsione, è consentita esclusivamente una gestione provvisoria, nei limiti dei
corrispondenti stanziamenti di spesa dell'ultimo bilancio approvato, ove esistenti. La gestione provvisoria è limitata all'assolvimento
delle obbligazioni già assunte, delle obbligazioni derivanti da provvedimenti giurisdizionali esecutivi e di obblighi speciali
tassativamente regolati dalla legge, al pagamento delle spese di personale, di residui passivi, di rate di mutuo, di canoni, imposte e
tasse, ed, in generale, limitata alle sole operazioni necessarie per evitare che siano arrecati danni patrimoniali certi e gravi all'ente.
3. Ove la scadenza del termine per la deliberazione del bilancio di previsione sia stata fissata da norme statali in un periodo
successivo all'inizio dell'esercizio finanziario di riferimento, l'esercizio provvisorio si intende automaticamente autorizzato sino a tale
termine e si applicano le modalità di gestione di cui al comma 1, intendendosi come riferimento l'ultimo bilancio definitivamente
approvato.
Articolo 164 Caratteristiche del bilancio.
1. L'unità elementare del bilancio per l'entrata è la risorsa e per la spesa è l'intervento per ciascun servizio. Nei servizi per conto di
terzi, sia nell'entrata che nella spesa, l'unità elementare è il capitolo, che indica l'oggetto.
2. Il bilancio di previsione annuale ha carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, fatta eccezione per i servizi
per conto di terzi.
3. In sede di predisposizione del bilancio di previsione annuale il consiglio dell'ente assicura idoneo finanziamento agli impegni
pluriennali assunti nel corso degli esercizi precedenti.
Articolo 165 Struttura del bilancio.
1. Il bilancio di previsione annuale è composto da due parti, relative rispettivamente all'entrata ed alla spesa.
2. La parte entrata è ordinata gradualmente in titoli, categorie e risorse, in relazione, rispettivamente, alla fonte di provenienza, alla
tipologia ed alla specifica individuazione dell'oggetto dell'entrata.
3. I titoli dell'entrata per province, comuni, città metropolitane ed unioni di comuni sono:
Titolo I - Entrate tributarie;
Titolo II - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della Regione e di altri enti pubblici anche in rapporto
all'esercizio di funzioni delegate dalla Regione;
Titolo III - Entrate extratributarie;
Titolo IV - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti;
Titolo V - Entrate derivanti da accensioni di prestiti;
Titolo VI - Entrate da servizi per conto di terzi.
4. I titoli dell'entrata per le comunità montane sono:
Titolo I - Entrate derivanti da contributi e trasferimenti correnti dello Stato, della Regione e di altri enti pubblici anche in rapporto
all'esercizio di funzioni delegate dalla Regione;
Titolo II - Entrate extratributarie;
Titolo III - Entrate derivanti da alienazioni, da trasferimenti di capitale e da riscossioni di crediti;
Titolo IV - Entrate derivanti da accensioni di prestiti;
Titolo V - Entrate da servizi per conto di terzi.
5. La parte spesa è ordinata gradualmente in titoli, funzioni, servizi ed interventi, in relazione, rispettivamente, ai principali aggregati
economici, alle funzioni degli enti, ai singoli uffici che gestiscono un complesso di attività ed alla natura economica dei fattori
produttivi nell'àmbito di ciascun servizio. La parte spesa è leggibile anche per programmi dei quali è fatta analitica illustrazione in
apposito quadro di sintesi del bilancio e nella relazione previsionale e programmatica.
6. I titoli della spesa sono:
Titolo I - Spese correnti;
Titolo II - Spese in conto capitale;
Titolo III - Spese per rimborso di prestiti;
Titolo IV - Spese per servizi per conto di terzi.
7. Il programma, il quale costituisce il complesso coordinato di attività, anche normative, relative alle opere da realizzare e di
interventi diretti ed indiretti, non necessariamente solo finanziari, per il raggiungimento di un fine prestabilito, nel più vasto piano
generale di sviluppo dell'ente, secondo le indicazioni dell'articolo 151, può essere compreso all'interno di una sola delle funzioni
dell'ente, ma può anche estendersi a più funzioni.
8. A ciascun servizio è correlato un reparto organizzativo, semplice o complesso, composto da persone e mezzi, cui è preposto un
responsabile.
9. A ciascun servizio è affidato, col bilancio di previsione, un complesso di mezzi finanziari, specificati negli interventi assegnati, del
quale risponde il responsabile del servizio.
10. Ciascuna risorsa dell'entrata e ciascun intervento della spesa indicano:
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a) l'ammontare degli accertamenti o degli impegni risultanti dal rendiconto del penultimo anno precedente all'esercizio di riferimento
e la previsione aggiornata relativa all'esercizio in corso;
b) l'ammontare delle entrate che si prevede di accertare o delle spese che si prevede di impegnare nell'esercizio cui il bilancio si
riferisce.
11. L'avanzo ed il disavanzo di amministrazione sono iscritti in bilancio, con le modalità di cui agli articoli 187 e 188, prima di tutte
le entrate e prima di tutte le spese.
12. I bilanci di previsione degli enti locali recepiscono, per quanto non contrasta con la normativa del presente testo unico, le norme
recate dalle leggi delle rispettive regioni di appartenenza per quanto concerne le entrate e le spese relative a funzioni delegate, al fine
di consentire la possibilità del controllo regionale sulla destinazione dei fondi assegnati agli enti locali e l'omogeneità delle
classificazioni di dette spese nei bilanci di previsione degli enti rispetto a quelle contenute nei rispettivi bilanci di previsione
regionali. Le entrate e le spese per le funzioni delegate dalle regioni non possono essere collocate tra i servizi per conto di terzi nei
bilanci di previsione degli enti locali.
13. Il bilancio di previsione si conclude con più quadri riepilogativi.
14. Con il regolamento di cui all'articolo 160 sono approvati i modelli relativi al bilancio di previsione, inclusi i quadri riepilogativi,
il sistema di codifica del bilancio ed il sistema di codifica dei titoli contabili di entrata e di spesa, anche ai fini di cui all'articolo 157.
Articolo 166 Fondo di riserva.
1. Gli enti locali iscrivono nel proprio bilancio di previsione un fondo di riserva non inferiore allo 0,30 e non superiore al 2 per cento
del totale delle spese correnti inizialmente previste in bilancio.
2. Il fondo è utilizzato, con deliberazioni dell'organo esecutivo da comunicare all'organo consiliare nei tempi stabiliti dal regolamento
di contabilità, nei casi in cui si verifichino esigenze straordinarie di bilancio o le dotazioni degli interventi di spesa corrente si
rivelino insufficienti.
Articolo 167 Ammortamento dei beni.
1. È data facoltà agli enti locali di iscrivere nell'apposito intervento di ciascun servizio l'importo dell'ammortamento accantonato per i
beni relativi, almeno per il trenta per cento del valore calcolato secondo i criteri dell'articolo 22927.
2. L'utilizzazione delle somme accantonate ai fini del reinvestimento è effettuata dopo che gli importi sono rifluiti nel risultato di
amministrazione di fine esercizio ed è possibile la sua applicazione al bilancio in conformità all'articolo 187.
Articolo 168 Servizi per conto di terzi.
1. Le entrate e le spese relative ai servizi per conto di terzi, ivi compresi i fondi economali, e che costituiscono al tempo stesso un
debito ed un credito per l'ente, sono ordinati esclusivamente in capitoli, secondo la partizione contenuta nel regolamento di cui
all'articolo 160.
2. Le previsioni e gli accertamenti d'entrata conservano l'equivalenza con le previsioni e gli impegni di spesa.
Articolo 169 Piano esecutivo di gestione.
1. Sulla base del bilancio di previsione annuale deliberato dal consiglio, l'organo esecutivo definisce, prima dell'inizio dell'esercizio,
il piano esecutivo di gestione, determinando gli obiettivi di gestione ed affidando gli stessi, unitamente alle dotazioni necessarie, ai
responsabili dei servizi.
2. Il piano esecutivo di gestione contiene una ulteriore graduazione delle risorse dell'entrata in capitoli, dei servizi in centri di costo e
degli interventi in capitoli.
3. L'applicazione dei commi 1 e 2 del presente articolo è facoltativa per gli enti locali con popolazione inferiore a 15.000 abitanti e
per le comunità montane.
Articolo 170 Relazione previsionale e programmatica.
1. Gli enti locali allegano al bilancio annuale di previsione una relazione previsionale e programmatica che copra un periodo pari a
quello del bilancio pluriennale.
2. La relazione previsionale e programmatica ha carattere generale. Illustra anzitutto le caratteristiche generali della popolazione, del
territorio, dell'economia insediata e dei servizi dell'ente, precisandone risorse umane, strumentali e tecnologiche. Comprende, per la
parte entrata, una valutazione generale sui mezzi finanziari, individuando le fonti di finanziamento ed evidenziando l'andamento
storico degli stessi ed i relativi vincoli.
3. Per la parte spesa la relazione è redatta per programmi e per eventuali progetti, con espresso riferimento ai programmi indicati nel
bilancio annuale e nel bilancio pluriennale, rilevando l'entità e l'incidenza percentuale della previsione con riferimento alla spesa
corrente consolidata, a quella di sviluppo ed a quella di investimento.
4. Per ciascun programma è data specificazione della finalità che si intende conseguire e delle risorse umane e strumentali ad esso
destinate, distintamente per ciascuno degli esercizi in cui si articola il programma stesso ed è data specifica motivazione delle scelte
adottate.
5. La relazione previsionale e programmatica fornisce la motivata dimostrazione delle variazioni intervenute rispetto all'esercizio
precedente.
6. Per gli organismi gestionali dell'ente locale la relazione indica anche gli obiettivi che si intendono raggiungere, sia in termini di
bilancio che in termini di efficacia, efficienza ed economicità del servizio.
7. La relazione fornisce adeguati elementi che dimostrino la coerenza delle previsioni annuali e pluriennali con gli strumenti
urbanistici, con particolare riferimento alla delibera di cui all'articolo 172, comma 1, lettera c), e relativi piani di attuazione e con i
piani economico-finanziari di cui all'articolo 201.
8. Con il regolamento di cui all'articolo 160 è approvato lo schema di relazione, valido per tutti gli enti, che contiene le indicazioni
minime necessarie a fini del consolidamento dei conti pubblici.
9. Nel regolamento di contabilità sono previsti i casi di inammissibilità e di improcedibilità per le deliberazioni di Consiglio e di
Giunta che non sono coerenti con le previsioni della relazione previsionale e programmatica.
Articolo 171 Bilancio pluriennale.
27
Comma così modificato dal comma 7 dell'art. 27, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
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1. Gli enti locali allegano al bilancio annuale di previsione un bilancio pluriennale di competenza, di durata pari a quello della
Regione di appartenenza e comunque non inferiore a tre anni, con osservanza dei princìpi del bilancio di cui all'articolo 162, escluso
il principio dell'annualità.
2. Il bilancio pluriennale comprende il quadro dei mezzi finanziari che si prevede di destinare per ciascuno degli anni considerati sia
alla copertura di spese correnti che al finanziamento delle spese di investimento, con indicazione, per queste ultime, della capacità di
ricorso alle fonti di finanziamento.
3. Il bilancio pluriennale per la parte di spesa è redatto per programmi, titoli, servizi ed interventi, ed indica per ciascuno l'ammontare
delle spese correnti di gestione consolidate e di sviluppo, anche derivanti dall'attuazione degli investimenti, nonché le spese di
investimento ad esso destinate, distintamente per ognuno degli anni considerati.
4. Gli stanziamenti previsti nel bilancio pluriennale, che per il primo anno coincidono con quelli del bilancio annuale di competenza,
hanno carattere autorizzatorio, costituendo limite agli impegni di spesa, e sono aggiornati annualmente in sede di approvazione del
bilancio di previsione.
5. Con il regolamento di cui all'articolo 160 sono approvati i modelli relativi al bilancio pluriennale.
Articolo 172 Altri allegati al bilancio di previsione.
1. Al bilancio di previsione sono allegati i seguenti documenti:
a) il rendiconto deliberato del penultimo esercizio antecedente quello cui si riferisce il bilancio di previsione, quale documento
necessario per il controllo da parte del competente organo regionale;
b) le risultanze dei rendiconti o conti consolidati delle unioni di comuni, aziende speciali, consorzi, istituzioni, società di capitali
costituite per l'esercizio di servizi pubblici, relativi al penultimo esercizio antecedente quello cui il bilancio si riferisce;
c) la deliberazione, da adottarsi annualmente prima dell'approvazione del bilancio, con la quale i comuni verificano la quantità e
qualità di aree e fabbricati da destinarsi alla residenza, alle attività produttive e terziarie - ai sensi delle leggi 18 aprile 1962, n. 167,
22 ottobre 1971, n. 865, e 5 agosto 1978, n. 457, - che potranno essere ceduti in proprietà od in diritto di superficie; con la stessa
deliberazione i comuni stabiliscono il prezzo di cessione per ciascun tipo di area o di fabbricato;
d) il programma triennale dei lavori pubblici di cui alla legge 11 febbraio 1994, n. 109;
e) le deliberazioni con le quali sono determinati, per l'esercizio successivo, le tariffe, le aliquote d'imposta e le eventuali maggiori
detrazioni, le variazioni dei limiti di reddito per i tributi locali e per i servizi locali, nonché, per i servizi a domanda individuale, i
tassi di copertura in percentuale del costo di gestione dei servizi stessi;
f) la tabella relativa ai parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale prevista dalle disposizioni vigenti in materia.
Articolo 173 Valori monetari.
1. I valori monetari contenuti nel bilancio pluriennale e nella relazione previsionale e programmatica sono espressi con riferimento ai
periodi ai quali si riferiscono, tenendo conto del tasso di inflazione programmato.
Capo II Competenze in materia di bilanci
Articolo 174 Predisposizione ed approvazione del bilancio e dei suoi allegati.
1. Lo schema di bilancio annuale di previsione, la relazione previsionale e programmatica e lo schema di bilancio pluriennale sono
predisposti dall'organo esecutivo e da questo presentati all'organo consiliare unitamente agli allegati ed alla relazione dell'organo di
revisione.
2. Il regolamento di contabilità dell'ente prevede per tali adempimenti un congruo termine, nonché i termini entro i quali possono
essere presentati da parte dei membri dell'organo consiliare emendamenti agli schemi di bilancio predisposti dall'organo esecutivo.
3. Il bilancio annuale di previsione è deliberato dall'organo consiliare entro il termine previsto dall'articolo 151. La relativa
deliberazione ed i documenti ad essa allegati sono trasmessi dal segretario dell'ente all'organo regionale di controllo.
4. Il termine per l'esame del bilancio da parte dell'organo regionale di controllo, previsto dall'articolo 134, decorre dal ricevimento.
Articolo 175 Variazioni al bilancio di previsione ed al piano esecutivo di gestione.
1. Il bilancio di previsione può subire variazioni nel corso dell'esercizio di competenza sia nella parte prima, relativa alle entrate, che
nella parte seconda, relativa alle spese.
2. Le variazioni al bilancio sono di competenza dell'organo consiliare.
3. Le variazioni al bilancio possono essere deliberate non oltre il 30 novembre di ciascun anno.
4. Ai sensi dell'articolo 42 le variazioni di bilancio possono essere adottate dall'organo esecutivo in via d'urgenza, salvo ratifica, a
pena di decadenza, da parte dell'organo consiliare entro i sessanta giorni seguenti e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso
se a tale data non sia scaduto il predetto termine.
5. In caso di mancata o parziale ratifica del provvedimento di variazione adottato dall'organo esecutivo, l'organo consiliare è tenuto
ad adottare nei successivi trenta giorni, e comunque sempre entro il 31 dicembre dell'esercizio in corso, i provvedimenti ritenuti
necessari nei riguardi dei rapporti eventualmente sorti sulla base della deliberazione non ratificata.
6. Per le province, i comuni, le città metropolitane e le unioni di comuni sono vietati prelievi dagli stanziamenti per gli interventi
finanziati con le entrate iscritte nei titoli quarto e quinto per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate dei
primi tre titoli. Per le comunità montane sono vietati i prelievi dagli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate iscritte nei
titoli terzo e quarto per aumentare gli stanziamenti per gli interventi finanziati con le entrate dei primi due titoli.
7. Sono vietati gli spostamenti di dotazioni dai capitoli iscritti nei servizi per conto di terzi in favore di altre parti del bilancio. Sono
vietati gli spostamenti di somme tra residui e competenza.
8. Mediante la variazione di assestamento generale, deliberata dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 novembre di ciascun anno, si
attua la verifica generale di tutte le voci di entrata e di uscita, compreso il fondo di riserva, al fine di assicurare il mantenimento del
pareggio di bilancio.
9. Le variazioni al piano esecutivo di gestione di cui all'articolo 169 sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere
adottate entro il 15 dicembre di ciascun anno.
Articolo 176 Prelevamenti dal fondo di riserva.
1. I prelevamenti dal fondo di riserva sono di competenza dell'organo esecutivo e possono essere deliberati sino al 31 dicembre di
ciascun anno.
Articolo 177 Competenze dei responsabili dei servizi.
1. Il responsabile del servizio, nel caso in cui ritiene necessaria una modifica della dotazione assegnata per sopravvenute esigenze
successive all'adozione degli atti di programmazione, propone la modifica con modalità definite dal regolamento di contabilità.
86
2. La mancata accettazione della proposta di modifica della dotazione deve essere motivata dall'organo esecutivo.
TITOLO III Gestione del bilancio. Capo I - Entrate
Articolo 178 Fasi dell'entrata.
1. Le fasi di gestione delle entrate sono l'accertamento, la riscossione ed il versamento.
Articolo 179Accertamento.
1. L'accertamento costituisce la prima fase di gestione dell'entrata mediante la quale, sulla base di idonea documentazione, viene
verificata la ragione del credito e la sussistenza di un idoneo titolo giuridico, individuato il debitore, quantificata la somma da
incassare, nonché fissata la relativa scadenza.
2. L'accertamento delle entrate avviene:
a) per le entrate di carattere tributario, a seguito di emissione di ruoli o a seguito di altre forme stabilite per legge;
b) per le entrate patrimoniali e per quelle provenienti dalla gestione di servizi a carattere produttivo e di quelli connessi a tariffe o
contribuzioni dell'utenza, a seguito di acquisizione diretta o di emissione di liste di carico;
c) per le entrate relative a partite compensative delle spese, in corrispondenza dell'assunzione del relativo impegno di spesa;
d) per le altre entrate, anche di natura eventuale o variabile, mediante contratti, provvedimenti giudiziari o atti amministrativi
specifici.
3. Il responsabile del procedimento con il quale viene accertata l'entrata trasmette al responsabile del servizio finanziario l'idonea
documentazione di cui al comma 2, ai fini dell'annotazione nelle scritture contabili, secondo i tempi ed i modi previsti dal
regolamento di contabilità dell'ente.
Articolo 180 Riscossione.
1. La riscossione costituisce la successiva fase del procedimento dell'entrata, che consiste nel materiale introito da parte del tesoriere
o di altri eventuali incaricati della riscossione delle somme dovute all'ente.
2. La riscossione è disposta a mezzo di ordinativo di incasso, fatto pervenire al tesoriere nelle forme e nei tempi previsti dalla
convenzione di cui all'articolo 210.
3. L'ordinativo d'incasso è sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario o da altro dipendente individuato dal regolamento di
contabilità e contiene almeno:
a) l'indicazione del debitore;
b) l'ammontare della somma da riscuotere;
c) la causale;
d) gli eventuali vincoli di destinazione delle somme;
e) l'indicazione della risorsa o del capitolo di bilancio cui è riferita l'entrata, distintamente per residui o competenza;
f) la codifica;
g) il numero progressivo;
h) l'esercizio finanziario e la data di emissione.
4. Il tesoriere deve accettare, senza pregiudizio per i diritti dell'ente, la riscossione di ogni somma, versata in favore dell'ente, anche
senza la preventiva emissione di ordinativo d'incasso. In tale ipotesi il tesoriere ne dà immediata comunicazione all'ente, richiedendo
la regolarizzazione.
Articolo 181 Versamento.
1. Il versamento costituisce l'ultima fase dell'entrata, consistente nel trasferimento delle somme riscosse nelle casse dell'ente.
2. Gli incaricati della riscossione, interni ed esterni, versano al tesoriere le somme riscosse nei termini e nei modi fissati dalle
disposizioni vigenti e da eventuali accordi convenzionali, salvo quelli a cui si applicano gli articoli 22 e seguenti del decreto
legislativo 13 aprile 1999, n. 112.
3. Gli incaricati interni, designati con provvedimento formale dell'amministrazione, versano le somme riscosse presso la tesoreria
dell'ente con cadenza stabilita dal regolamento di contabilità.
Capo II - Spese
Articolo 182 Fasi della spesa.
1. Le fasi di gestione della spesa sono l'impegno, la liquidazione, l'ordinazione ed il pagamento.
Articolo 183 Impegno di spesa.
1. L'impegno costituisce la prima fase del procedimento di spesa, con la quale, a seguito di obbligazione giuridicamente perfezionata
è determinata la somma da pagare, determinato il soggetto creditore, indicata la ragione e viene costituito il vincolo sulle previsioni
di bilancio, nell'àmbito della disponibilità finanziaria accertata ai sensi dell'articolo 151.
2. Con l'approvazione del bilancio e successive variazioni, e senza la necessità di ulteriori atti, è costituito impegno sui relativi
stanziamenti per le spese dovute:
a) per il trattamento economico tabellare già attribuito al personale dipendente e per i relativi oneri riflessi;
b) per le rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti, interessi di preammortamento ed ulteriori oneri accessori;
c) per le spese dovute nell'esercizio in base a contratti o disposizioni di legge.
3. Durante la gestione possono anche essere prenotati impegni relativi a procedure in via di espletamento. I provvedimenti relativi
per i quali entro il termine dell'esercizio non è stata assunta dall'ente l'obbligazione di spesa verso i terzi decadono e costituiscono
economia della previsione di bilancio alla quale erano riferiti, concorrendo alla determinazione del risultato contabile di
amministrazione di cui all'articolo 186. Quando la prenotazione di impegno è riferita a procedure di gara bandite prima della fine
dell'esercizio e non concluse entro tale termine, la prenotazione si tramuta in impegno e conservano validità gli atti ed i
provvedimenti relativi alla gara già adottati.
4. Costituiscono inoltre economia le minori spese sostenute rispetto all'impegno assunto, verificate con la conclusione della fase della
liquidazione.
5. Le spese in conto capitale si considerano impegnate ove sono finanziate nei seguenti modi:
a) con l'assunzione di mutui a specifica destinazione si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare del mutuo,
contratto o già concesso, e del relativo prefinanziamento accertato in entrata;
b) con quota dell'avanzo di amministrazione si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare dell'avanzo di
amministrazione accertato;
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c) con l'emissione di prestiti obbligazionari si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare del prestito sottoscritto;
d) con entrate proprie si considerano impegnate in corrispondenza e per l'ammontare delle entrate accertate.
Si considerano, altresì, impegnati gli stanziamenti per spese correnti e per spese di investimento correlati ad accertamenti di entrate
aventi destinazione vincolata per legge.
6. Possono essere assunti impegni di spesa sugli esercizi successivi, compresi nel bilancio pluriennale, nel limite delle previsioni
nello stesso comprese.
7. Per le spese che per la loro particolare natura hanno durata superiore a quella del bilancio pluriennale e per quelle determinate che
iniziano dopo il periodo considerato dal bilancio pluriennale si tiene conto nella formazione dei bilanci seguenti degli impegni
relativi, rispettivamente, al periodo residuale ed al periodo successivo.
8. Gli atti di cui ai commi 3, 5 e 6 sono trasmessi in copia al servizio finanziario dell'ente, nel termine e con le modalità previste dal
regolamento di contabilità.
9. Il regolamento di contabilità disciplina le modalità con le quali i responsabili dei servizi assumono atti di impegno. A tali atti, da
definire «determinazioni» e da classificarsi con sistemi di raccolta che individuano la cronologia degli atti e l'ufficio di provenienza,
si applicano, in via preventiva, le procedure di cui all'articolo 151, comma 4.
Articolo 184 Liquidazione della spesa.
1. La liquidazione costituisce la successiva fase del procedimento di spesa attraverso la quale, in base ai documenti ed ai titoli atti a
comprovare il diritto acquisito del creditore, si determina la somma certa e liquida da pagare nei limiti dell'ammontare dell'impegno
definitivo assunto.
2. La liquidazione compete all'ufficio che ha dato esecuzione al provvedimento di spesa ed è disposta sulla base della
documentazione necessaria a comprovare il diritto del creditore, a seguito del riscontro operato sulla regolarità della fornitura o della
prestazione e sulla rispondenza della stessa ai requisiti quantitativi e qualitativi, ai termini ed alle condizioni pattuite.
3. L'atto di liquidazione, sottoscritto dal responsabile del servizio proponente, con tutti i relativi documenti giustificativi ed i
riferimenti contabili è trasmesso al servizio finanziario per i conseguenti adempimenti.
4. Il servizio finanziario effettua, secondo i princìpi e le procedure della contabilità pubblica, i controlli e riscontri amministrativi,
contabili e fiscali sugli atti di liquidazione.
Articolo 185 Ordinazione e pagamento.
1. L'ordinazione consiste nella disposizione impartita, mediante il mandato di pagamento, al tesoriere dell'ente locale di provvedere al
pagamento delle spese.
2. Il mandato di pagamento è sottoscritto dal dipendente dell'ente individuato dal regolamento di contabilità nel rispetto delle leggi
vigenti e contiene almeno i seguenti elementi:
a) il numero progressivo del mandato per esercizio finanziario; b) la data di emissione; c) l'intervento o il capitolo per i servizi per
conto di terzi sul quale la spesa è allocata e la relativa disponibilità, distintamente per competenza o residui; d) la codifica;
e) l'indicazione del creditore e, se si tratta di persona diversa, del soggetto tenuto a rilasciare quietanza, nonché, ove richiesto, il
relativo codice fiscale o la partita IVA; f) l'ammontare della somma dovuta e la scadenza, qualora sia prevista dalla legge o sia stata
concordata con il creditore; g) la causale e gli estremi dell'atto esecutivo che legittima l'erogazione della spesa; h) le eventuali
modalità agevolative di pagamento se richieste dal creditore; i) il rispetto degli eventuali vincoli di destinazione.
3. Il mandato di pagamento è controllato, per quanto attiene alla sussistenza dell'impegno e della liquidazione, dal servizio
finanziario, che provvede altresì alle operazioni di contabilizzazione e di trasmissione al tesoriere.
4. Il tesoriere effettua i pagamenti derivanti da obblighi tributari, da somme iscritte a ruolo, da delegazioni di pagamento, e da altri
obblighi di legge, anche in assenza della preventiva emissione del relativo mandato di pagamento. Entro quindici giorni e comunque
entro il termine del mese in corso l'ente locale emette il relativo mandato ai fini della regolarizzazione.
Capo III - Risultato di amministrazione e residui
Articolo 186 Risultato contabile di amministrazione.
1. Il risultato contabile di amministrazione è accertato con l'approvazione del rendiconto dell'ultimo esercizio chiuso ed è pari al
fondo di cassa aumentato dei residui attivi e diminuito dei residui passivi.
Articolo 187 Avanzo di amministrazione.
1. L'avanzo di amministrazione è distinto in fondi non vincolati, fondi vincolati, fondi per finanziamento spese in conto capitale e
fondi di ammortamento.
2. L'eventuale avanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'articolo 186, può essere utilizzato:
a) per il reinvestimento delle quote accantonate per ammortamento, provvedendo, ove l'avanzo non sia sufficiente, ad applicare nella
parte passiva del bilancio un importo pari alla differenza;
b) per la copertura dei debiti fuori bilancio riconoscibili a norma dell'articolo 194;
c) per i provvedimenti necessari per la salvaguardia degli equilibri di bilancio di cui all'articolo 193 ove non possa provvedersi con
mezzi ordinari, per il finanziamento delle spese di funzionamento non ripetitive in qualsiasi periodo dell'esercizio e per le altre spese
correnti solo in sede di assestamento;
d) per il finanziamento di spese di investimento.
3. Nel corso dell'esercizio al bilancio di previsione può essere applicato, con delibera di variazione, l'avanzo di amministrazione
presunto derivante dall'esercizio immediatamente precedente con la finalizzazione di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2. Per tali
fondi l'attivazione delle spese può avvenire solo dopo l'approvazione del conto consuntivo dell'esercizio precedente, con eccezione
dei fondi, contenuti nell'avanzo, aventi specifica destinazione e derivanti da accantonamenti effettuati con l'ultimo consuntivo
approvato, i quali possono essere immediatamente attivati.
Articolo 188 Disavanzo di amministrazione.
1. L'eventuale disavanzo di amministrazione, accertato ai sensi dell'articolo 186, è applicato al bilancio di previsione nei modi e nei
termini di cui all'articolo 193, in aggiunta alle quote di ammortamento accantonate e non disponibili nel risultato contabile di
amministrazione.
Articolo 189 Residui attivi.
1. Costituiscono residui attivi le somme accertate e non riscosse entro il termine dell'esercizio.
2. Sono mantenute tra i residui dell'esercizio esclusivamente le entrate accertate per le quali esiste un titolo giuridico che costituisca
l'ente locale creditore della correlativa entrata.
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3. Alla chiusura dell'esercizio costituiscono residui attivi le somme derivanti da mutui per i quali è intervenuta la concessione
definitiva da parte della Cassa depositi e prestiti o degli Istituti di previdenza ovvero la stipulazione del contratto per i mutui concessi
da altri Istituti di credito.
4. Le somme iscritte tra le entrate di competenza e non accertate entro il termine dell'esercizio costituiscono minori accertamenti
rispetto alle previsioni e, a tale titolo, concorrono a determinare i risultati finali della gestione.
Articolo 190 Residui passivi.
1. Costituiscono residui passivi le somme impegnate e non pagate entro il termine dell'esercizio.
2. È vietata la conservazione nel conto dei residui di somme non impegnate ai sensi dell'articolo 183.
3. Le somme non impegnate entro il termine dell'esercizio costituiscono economia di spesa e, a tale titolo, concorrono a determinare i
risultati finali della gestione.
Capo IV - Princìpi di gestione e controllo di gestione
Articolo 191 Regole per l'assunzione di impegni e per l'effettuazione di spese.
1. Gli enti locali possono effettuare spese solo se sussiste l'impegno contabile registrato sul competente intervento o capitolo del
bilancio di previsione e l'attestazione della copertura finanziaria di cui all'articolo 153, comma 5. Il responsabile del servizio,
conseguita l'esecutività del provvedimento di spesa, comunica al terzo interessato l'impegno e la copertura finanziaria,
contestualmente all'ordinazione della prestazione, con l'avvertenza che la successiva fattura deve essere completata con gli estremi
della suddetta comunicazione. Fermo restando quanto disposto al comma 4, il terzo interessato, in mancanza della comunicazione, ha
facoltà di non eseguire la prestazione sino a quando i dati non gli vengano comunicati.
2. Per le spese previste dai regolamenti economali l'ordinazione fatta a terzi contiene il riferimento agli stessi regolamenti,
all'intervento o capitolo di bilancio ed all'impegno.
3. Per i lavori pubblici di somma urgenza, cagionati dal verificarsi di un evento eccezionale o imprevedibile, l'ordinazione fatta a
terzi è regolarizzata, a pena di decadenza, entro trenta giorni e comunque entro il 31 dicembre dell'anno in corso se a tale data non sia
scaduto il predetto termine. La comunicazione al terzo interessato è data contestualmente alla regolarizzazione.
4. Nel caso in cui vi è stata l'acquisizione di beni e servizi in violazione dell'obbligo indicato nei commi 1, 2 e 3, il rapporto
obbligatorio intercorre, ai fini della controprestazione e per la parte non riconoscibile ai sensi dell'articolo 194, comma 1, lettera e),
tra il privato fornitore e l'amministratore, funzionario o dipendente che hanno consentito la fornitura. Per le esecuzioni reiterate o
continuative detto effetto si estende a coloro che hanno reso possibili le singole prestazioni.
5. Agli enti locali che presentino, nell'ultimo rendiconto deliberato, disavanzo di amministrazione ovvero indichino debiti fuori
bilancio per i quali non sono stati validamente adottati i provvedimenti di cui all'articolo 193, è fatto divieto di assumere impegni e
pagare spese per servizi non espressamente previsti per legge. Sono fatte salve le spese da sostenere a fronte di impegni già assunti
nei precedenti esercizi.
Articolo 192 Determinazioni a contrattare e relative procedure.
1. La stipulazione dei contratti deve essere preceduta da apposita determinazione del responsabile del procedimento di spesa
indicante:
a) il fine che con il contratto si intende perseguire;
b) l'oggetto del contratto, la sua forma e le clausole ritenute essenziali;
c) le modalità di scelta del contraente ammesse dalle disposizioni vigenti in materia di contratti delle pubbliche amministrazioni e le
ragioni che ne sono alla base.
2. Si applicano, in ogni caso, le procedure previste dalla normativa della Unione europea recepita o comunque vigente
nell'ordinamento giuridico italiano.
Articolo 193 Salvaguardia degli equilibri di bilancio.
1. Gli enti locali rispettano durante la gestione e nelle variazioni di bilancio il pareggio finanziario e tutti gli equilibri stabiliti in
bilancio per la copertura delle spese correnti e per il finanziamento degli investimenti, secondo le norme contabili recate dal presente
testo unico.
2. Con periodicità stabilita dal regolamento di contabilità dell'ente locale, e comunque almeno una volta entro il 30 settembre di
ciascun anno, l'organo consiliare provvede con delibera ad effettuare la ricognizione sullo stato di attuazione dei programmi. In tale
sede l'organo consiliare dà atto del permanere degli equilibri generali di bilancio o, in caso di accertamento negativo, adotta
contestualmente i provvedimenti necessari per il ripiano degli eventuali debiti di cui all'articolo 194, per il ripiano dell'eventuale
disavanzo di amministrazione risultante dal rendiconto approvato e, qualora i dati della gestione finanziaria facciano prevedere un
disavanzo, di amministrazione o di gestione, per squilibrio della gestione di competenza ovvero della gestione dei residui, adotta le
misure necessarie a ripristinare il pareggio. La deliberazione è allegata al rendiconto dell'esercizio relativo.
3. Ai fini del comma 2 possono essere utilizzate per l'anno in corso e per i due successivi tutte le entrate e le disponibilità, ad
eccezione di quelle provenienti dall'assunzione di prestiti e di quelle aventi specifica destinazione per legge, nonché i proventi
derivanti da alienazione di beni patrimoniali disponibili.
4. La mancata adozione, da parte dell'ente, dei provvedimenti di riequilibrio previsti dal presente articolo è equiparata ad ogni effetto
alla mancata approvazione del bilancio di previsione di cui all'articolo 141, con applicazione della procedura prevista dal comma 2
del medesimo articolo.
Articolo 194 Riconoscimento di legittimità di debiti fuori bilancio.
1. Con deliberazione consiliare di cui all'articolo 193, comma 2, o con diversa periodicità stabilita dai regolamenti di contabilità, gli
enti locali riconoscono la legittimità dei debiti fuori bilancio derivanti da:
a) sentenze esecutive;
b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o
atti costitutivi, purché sia stato rispettato l'obbligo di pareggio del bilancio di cui all'articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di
gestione;
c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per
l'esercizio di servizi pubblici locali;
d) procedure espropriative o di occupazione d'urgenza per opere di pubblica utilità;
e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell'articolo 191, nei limiti degli accertati e
dimostrati utilità ed arricchimento per l'ente, nell'àmbito dell'espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza.
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2. Per il pagamento l'ente può provvedere anche mediante un piano di rateizzazione, della durata di tre anni finanziari compreso
quello in corso, convenuto con i creditori.
3. Per il finanziamento delle spese suddette, ove non possa documentalmente provvedersi a norma dell'articolo 193, comma 3, l'ente
locale può far ricorso a mutui ai sensi degli articoli 202 e seguenti. Nella relativa deliberazione consiliare viene dettagliatamente
motivata l'impossibilità di utilizzare altre risorse..
Articolo 195 Utilizzo di entrate a specifica destinazione.
1. Gli enti locali, ad eccezione degli enti in stato di dissesto finanziario sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma
3, possono disporre l'utilizzo, in termini di cassa, di entrate aventi specifica destinazione per il finanziamento di spese correnti, anche
se provenienti dall'assunzione di mutui con istituti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, per un importo non superiore
all'anticipazione di tesoreria disponibile ai sensi dell'articolo 222.
2. L'utilizzo di somme a specifica destinazione presuppone l'adozione della deliberazione della Giunta relativa all'anticipazione di
tesoreria di cui all'articolo 222, comma 1, e viene deliberato in termini generali all'inizio di ciascun esercizio ed è attivato dal
tesoriere su specifiche richieste del servizio finanziario dell'ente.
3. Il ricorso all'utilizzo delle somme a specifica destinazione, secondo le modalità di cui ai commi 1 e 2, vincola una quota
corrispondente dell'anticipazione di tesoreria. Con i primi introiti non soggetti a vincolo di destinazione viene ricostituita la
consistenza delle somme vincolate che sono state utilizzate per il pagamento di spese correnti.
4. Gli enti locali che hanno deliberato alienazioni del patrimonio ai sensi dell'articolo 193 possono, nelle more del perfezionamento di
tali atti, utilizzare in termini di cassa le somme a specifica destinazione, fatta eccezione per i trasferimenti di enti del settore pubblico
allargato e del ricavato dei mutui e dei prestiti, con obbligo di reintegrare le somme vincolate con il ricavato delle alienazioni.
Articolo 196 Controllo di gestione.
1. Al fine di garantire la realizzazione degli obiettivi programmati, la corretta ed economica gestione delle risorse pubbliche,
l'imparzialità ed il buon andamento della pubblica amministrazione e la trasparenza dell'azione amministrativa, gli enti locali
applicano il controllo di gestione secondo le modalità stabilite dal presente titolo, dai propri statuti e regolamenti di contabilità.
2. Il controllo di gestione è la procedura diretta a verificare lo stato di attuazione degli obiettivi programmati e, attraverso l'analisi
delle risorse acquisite e della comparazione tra i costi e la quantità e qualità dei servizi offerti, la funzionalità dell'organizzazione
dell'ente, l'efficacia, l'efficienza ed il livello di economicità nell'attività di realizzazione dei predetti obiettivi.
Articolo 197 Modalità del controllo di gestione.
1. Il controllo di gestione, di cui all'articolo 147, comma 1 lettera b), ha per oggetto l'intera attività amministrativa e gestionale delle
province, dei comuni, delle comunità montane, delle unioni dei comuni e delle città metropolitane ed è svolto con una cadenza
periodica definita dal regolamento di contabilità dell'ente.
2. Il controllo di gestione si articola almeno in tre fasi:
a) predisposizione di un piano dettagliato di obiettivi;
b) rilevazione dei dati relativi ai costi ed ai proventi nonché rilevazione dei risultati raggiunti;
c) valutazione dei dati predetti in rapporto al piano degli obiettivi al fine di verificare il loro stato di attuazione e di misurare
l'efficacia, l'efficienza ed il grado di economicità dell'azione intrapresa.
3. Il controllo di gestione è svolto in riferimento ai singoli servizi e centri di costo, ove previsti, verificando in maniera complessiva e
per ciascun servizio i mezzi finanziari acquisiti, i costi dei singoli fattori produttivi, i risultati qualitativi e quantitativi ottenuti e, per i
servizi a carattere produttivo, i ricavi.
4. La verifica dell'efficacia, dell'efficienza e della economicità dell'azione amministrativa è svolta rapportando le risorse acquisite ed i
costi dei servizi, ove possibile per unità di prodotto, ai dati risultanti dal rapporto annuale sui parametri gestionali dei servizi degli
enti locali di cui all'articolo 228, comma 7.
Articolo 198 Referto del controllo di gestione.
1. La struttura operativa alla quale è assegnata la funzione del controllo di gestione fornisce le conclusioni del predetto controllo agli
amministratori ai fini della verifica dello stato di attuazione degli obiettivi programmati ed ai responsabili dei servizi affinché questi
ultimi abbiano gli elementi necessari per valutare l'andamento della gestione dei servizi di cui sono responsabili.
TITOLO IV Investimenti. Capo I - Princìpi generali
Articolo 199 Fonti di finanziamento.
1. Per l'attivazione degli investimenti gli enti locali possono utilizzare:
a) entrate correnti destinate per legge agli investimenti;
b) avanzi di bilancio, costituiti da eccedenze di entrate correnti rispetto alle spese correnti aumentate delle quote capitali di
ammortamento dei prestiti;
c) entrate derivanti dall'alienazione di beni e diritti patrimoniali, riscossioni di crediti, proventi da concessioni edilizie e relative
sanzioni;
d) entrate derivanti da trasferimenti in conto capitale dello Stato, delle Regioni, da altri interventi pubblici e privati finalizzati agli
investimenti, da interventi finalizzati da parte di organismi comunitari e internazionali;
e) avanzo di amministrazione, nelle forme disciplinate dall'articolo 187;
f) mutui passivi;
g) altre forme di ricorso al mercato finanziario consentite dalla legge.
Articolo 200 Programmazione degli investimenti.
1. Per tutti gli investimenti degli enti locali, comunque finanziati, l'organo deliberante, nell'approvare il progetto od il piano esecutivo
dell'investimento, dà atto della copertura delle maggiori spese derivanti dallo stesso nel bilancio pluriennale originario,
eventualmente modificato dall'organo consiliare, ed assume impegno di inserire nei bilanci pluriennali successivi le ulteriori o
maggiori previsioni di spesa relative ad esercizi futuri, delle quali è redatto apposito elenco.
Articolo 201 Finanziamento di opere pubbliche e piano economico-finanziario.
1. Gli enti locali e le aziende speciali sono autorizzate ad assumere mutui, anche se assistiti da contributi dello Stato o delle regioni,
per il finanziamento di opere pubbliche destinate all'esercizio di servizi pubblici, soltanto se i contratti di appalto sono realizzati sulla
base di progetti «chiavi in mano» ed a prezzo non modificabile in aumento, con procedura di evidenza pubblica e con esclusione
della trattativa privata.
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2. Per le nuove opere di cui al comma 1 il cui progetto generale comporti una spesa superiore al miliardo di lire, gli enti di cui al
comma 1 approvano un piano economico-finanziario diretto ad accertare l'equilibrio economico-finanziario dell'investimento e della
connessa gestione, anche in relazione agli introiti previsti ed al fine della determinazione delle tariffe.
3. [...]29. 4. Le tariffe dei servizi pubblici di cui al comma 1 sono determinati in base ai seguenti criteri: a) la corrispondenza tra costi
e ricavi in modo da assicurare la integrale copertura dei costi, ivi compresi gli oneri di ammortamento tecnico finanziario; b)
l'equilibrato rapporto tra i finanziamenti raccolti ed il capitale investito; c) l'entità dei costi di gestione delle opere, tenendo conto
anche degli investimenti e della qualità del servizio.
Capo II - Fonti di finanziamento mediante indebitamento
Articolo 202 Ricorso all'indebitamento.
1. Il ricorso all'indebitamento da parte degli enti locali è ammesso esclusivamente nelle forme previste dalle leggi vigenti in materia
e per la realizzazione degli investimenti. Può essere fatto ricorso a mutui passivi per il finanziamento dei debiti fuori bilancio di cui
all'articolo 194 e per altre destinazioni di legge.
2. Le relative entrate hanno destinazione vincolata.
Articolo 203 Attivazione delle fonti di finanziamento derivanti dal ricorso all'indebitamento.
1. Il ricorso all'indebitamento è possibile solo se sussistono le seguenti condizioni:
a) avvenuta approvazione del rendiconto dell'esercizio del penultimo anno precedente quello in cui si intende deliberare il ricorso a
forme di indebitamento;
b) avvenuta deliberazione del bilancio annuale nel quale sono incluse le relative previsioni.
2. Ove nel corso dell'esercizio si renda necessario attuare nuovi investimenti o variare quelli già in atto, l'organo consiliare adotta
apposita variazione al bilancio annuale, fermo restando l'adempimento degli obblighi di cui al comma 1. Contestualmente modifica il
bilancio pluriennale e la relazione previsionale e programmatica per la copertura degli oneri derivanti dall'indebitamento e per la
copertura delle spese di gestione.
Articolo 204 Regole particolari per l'assunzione di mutui.
1. Oltre al rispetto delle condizioni di cui all'articolo 203, l'ente locale può assumere nuovi mutui solo se l'importo annuale degli
interessi sommato a quello dei mutui precedentemente contratti, a quello dei prestiti obbligazionari precedentemente emessi ed a
quello derivante da garanzie prestate ai sensi dell'articolo 207, al netto dei contributi statali e regionali in conto interessi, non supera
il 25 per cento delle entrate relative ai primi tre titoli delle entrate del rendiconto del penultimo anno precedente quello in cui viene
prevista l'assunzione dei mutui. Per le comunità montane si fa riferimento ai primi due titoli delle entrate. Per gli enti locali di nuova
istituzione si fa riferimento, per i primi due anni, ai corrispondenti dati finanziari del bilancio di previsione 30.
2. I contratti di mutuo con enti diversi dalla Cassa depositi e prestiti, dall'Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti
dell'amministrazione pubblica e dall'Istituto per il credito sportivo, devono, a pena di nullità, essere stipulati in forma pubblica e
contenere le seguenti clausole e condizioni:
a) l'ammortamento non può avere durata inferiore a dieci anni;
b) la decorrenza dell'ammortamento deve essere fissata al primo gennaio dell'anno successivo a quello della stipula del contratto; a
richiesta dell'ente mutuatario, gli istituti di credito abilitati sono tenuti, anche in deroga ai loro statuti, a far decorrere l'ammortamento
dal primo gennaio del secondo anno successivo a quello in cui è avvenuta la stipula del contratto;
c) la rata di ammortamento deve essere comprensiva, sin dal primo anno, della quota capitale e della quota interessi;
d) unitamente alla prima rata di ammortamento del mutuo cui si riferiscono devono essere corrisposti gli eventuali interessi di
preammortamento, gravati degli ulteriori interessi, al medesimo tasso, decorrenti dalla data di inizio dell'ammortamento e sino alla
scadenza della prima rata. Qualora l'ammortamento del mutuo decorra dal primo gennaio del secondo anno successivo a quello in cui
è avvenuta la stipula del contratto, gli interessi di preammortamento sono calcolati allo stesso tasso del mutuo dalla data di valuta
della somministrazione al 31 dicembre successivo e dovranno essere versati dall'ente mutuatario con la medesima valuta 31 dicembre
successivo;
e) deve essere indicata la natura della spesa da finanziare con il mutuo e, ove necessario, avuto riguardo alla tipologia
dell'investimento, dato atto dell'intervenuta approvazione del progetto definitivo o esecutivo, secondo le norme vigenti;
f) deve essere rispettata la misura massima del tasso di interesse applicabile ai mutui, determinato periodicamente dal Ministro del
tesoro, bilancio e programmazione economica con proprio decreto.
3. L'ente mutuatario utilizza il ricavato del mutuo sulla base dei documenti giustificativi della spesa ovvero sulla base di stati di
avanzamento dei lavori. Ai relativi titoli di spesa è data esecuzione dai tesorieri solo se corredati di una dichiarazione dell'ente locale
che attesti il rispetto delle predette modalità di utilizzo.
Articolo 205 Attivazione di prestiti obbligazionari.
1. Gli enti locali sono autorizzati ad attivare prestiti obbligazionari nelle forme consentite dalla legge.
Capo III Garanzie per mutui e prestiti
Articolo 206 Delegazione di pagamento.
1. Quale garanzia del pagamento delle rate di ammortamento dei mutui e dei prestiti gli enti locali possono rilasciare delegazione di
pagamento a valere sulle entrate afferenti ai primi tre titoli del bilancio annuale. Per le comunità montane il riferimento va fatto ai
primi due titoli dell'entrata.
2. L'atto di delega, non soggetto ad accettazione, è notificato al tesoriere da parte dell'ente locale e costituisce titolo esecutivo.
Articolo 207 Fideiussione.
1. I comuni, le province e le città metropolitane possono rilasciare a mezzo di deliberazione consiliare garanzia fideiussoria per
l'assunzione di mutui destinati ad investimenti e per altre operazioni di indebitamento da parte di aziende da essi dipendenti, da
consorzi cui partecipano nonché dalle comunità montane di cui fanno parte.
2. La garanzia fideiussoria può essere inoltre rilasciata a favore della società di capitali, costituite ai sensi dell'articolo 113, comma 1,
lettera e), per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione delle opere di cui all'articolo 116, comma 1. In tali casi i comuni, le
province e le città metropolitane rilasciano la fideiussione limitatamente alle rate di ammortamento da corrispondersi da parte della
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Abrogato dall'art. 1, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, L. 28 febbraio 2001, n. 26.
Modificato dal comma 7 dell'art. 27, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
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società sino al secondo esercizio finanziario successivo a quello dell'entrata in funzione dell'opera ed in misura non superiore alla
propria quota percentuale di partecipazione alla società.
3. La garanzia fideiussoria può essere rilasciata anche a favore di terzi per l'assunzione di mutui destinati alla realizzazione o alla
ristrutturazione di opere a fini culturali, sociali o sportivi, su terreni di proprietà dell'ente locale, purché siano sussistenti le seguenti
condizioni:
a) il progetto sia stato approvato dall'ente locale e sia stata stipulata una convenzione con il soggetto mutuatario che regoli la
possibilità di utilizzo delle strutture in funzione delle esigenze della collettività locale;
b) la struttura realizzata sia acquisita al patrimonio dell'ente al termine della concessione;
c) la convenzione regoli i rapporti tra ente locale e mutuatario nel caso di rinuncia di questi alla realizzazione o ristrutturazione
dell'opera.
4. Gli interessi annuali relativi alle operazioni di indebitamento garantite con fideiussione concorrono alla formazione del limite di
cui al comma 1 dell'articolo 204 e non possono impegnare più di un quinto di tale limite.
TITOLO V Tesoreria. Capo I - Disposizioni generali
Articolo 208 Soggetti abilitati a svolgere il servizio di tesoreria.
1. Gli enti locali hanno un servizio di tesoreria che può essere affidato:
a) per i comuni capoluoghi di provincia, le province, le città metropolitane, ad una banca autorizzata a svolgere l'attività di cui
all'articolo 10 del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385;
b) per i comuni non capoluoghi di provincia, le comunità montane e le unioni di comuni, anche a società per azioni regolarmente
costituite con capitale sociale interamente versato non inferiore a lire 1 miliardo, aventi per oggetto la gestione del servizio di
tesoreria e la riscossione dei tributi degli enti locali e che alla data del 25 febbraio 1995, erano incaricate dello svolgimento del
medesimo servizio a condizione che il capitale sociale risulti adeguato a quello minimo richiesto dalla normativa vigente per le
banche di credito cooperativo31;
c) altri soggetti abilitati per legge.
Articolo 209 Oggetto del servizio di tesoreria.
1. Il servizio di tesoreria consiste nel complesso di operazioni legate alla gestione finanziaria dell'ente locale e finalizzate in
particolare alla riscossione delle entrate, al pagamento delle spese, alla custodia di titoli e valori ed agli adempimenti connessi
previsti dalla legge, dallo statuto, dai regolamenti dell'ente o da norme pattizie.
2. Il tesoriere esegue le operazioni di cui al comma 1 nel rispetto della legge 29 ottobre 1984, n. 720, e successive modificazioni.
3. Ogni deposito, comunque costituito, è intestato all'ente locale e viene gestito dal tesoriere.
Articolo 210 Affidamento del servizio di tesoreria.
1. L'affidamento del servizio viene effettuato mediante le procedure ad evidenza pubblica stabilite nel regolamento di contabilità di
ciascun ente, con modalità che rispettino i princìpi della concorrenza. Qualora ricorrano le condizioni di legge, l'ente può procedere,
per non più di una volta, al rinnovo del contratto di tesoreria nei confronti del medesimo soggetto.
2. Il rapporto viene regolato in base ad una convenzione deliberata dall'organo consiliare dell'ente.
Articolo 211 Responsabilità del tesoriere.
1. Per eventuali danni causati all'ente affidante o a terzi il tesoriere risponde con tutte le proprie attività e con il proprio patrimonio.
2. Il tesoriere è responsabile di tutti i depositi, comunque costituiti, intestati all'ente.
Articolo 212 Servizio di tesoreria svolto per più enti locali.
1. I soggetti di cui all'articolo 208 che gestiscono il servizio di tesoreria per conto di più enti locali devono tenere contabilità distinte
e separate per ciascuno di essi.
Articolo 213 Gestione informatizzata del servizio di tesoreria.
1. Qualora l'organizzazione dell'ente e del tesoriere lo consentano il servizio di tesoreria viene gestito con metodologie e criteri
informatici, con collegamento diretto tra il servizio finanziario dell'ente ed il tesoriere, al fine di consentire l'interscambio dei dati e
della documentazione relativi alla gestione del servizio.
Capo II Riscossione delle entrate
Articolo 214 Operazioni di riscossione.
1. Per ogni somma riscossa il tesoriere rilascia quietanza, numerata in ordine cronologico per esercizio finanziario.
Articolo 215 Procedure per la registrazione delle entrate.
1. Il regolamento di contabilità dell'ente stabilisce le procedure per la fornitura dei modelli e per la registrazione delle entrate;
disciplina, altresì le modalità per la comunicazione delle operazioni di riscossione eseguite, nonché la relativa prova documentale.
Capo III Pagamento delle spese
Articolo 216 Condizioni di legittimità dei pagamenti effettuati dal tesoriere.
1. I pagamenti possono avere luogo solo se i mandati risultano emessi entro i limiti dei rispettivi interventi stanziati in bilancio o dei
capitoli per i servizi per conto di terzi. A tal fine l'ente trasmette al tesoriere il bilancio di previsione approvato nonché tutte le
delibere di variazione e di prelevamento di quote del fondo di riserva debitamente esecutive.
2. Nessun mandato di pagamento può essere estinto dal tesoriere se privo della codifica.
3. Il tesoriere provvede all'estinzione dei mandati di pagamento emessi in conto residui passivi solo ove gli stessi trovino riscontro
nell'elenco dei residui sottoscritto dal responsabile del servizio finanziario e consegnato al tesoriere.
Articolo 217 Estinzione dei mandati di pagamento.
1. L'estinzione dei mandati da parte del tesoriere avviene nel rispetto della legge e secondo le indicazioni fornite dall'ente, con
assunzione di responsabilità da parte del tesoriere, che ne risponde con tutto il proprio patrimonio sia nei confronti dell'ente locale
ordinante sia dei terzi creditori, in ordine alla regolarità delle operazioni di pagamento eseguite.
Articolo 218 Annotazione della quietanza.
31
Art. 1, D.L. 27 dicembre 2000, n. 392, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, L. 28 febbraio 2001, n. 26.
92
1. Il tesoriere annota gli estremi della quietanza direttamente sul mandato o su documentazione meccanografica da consegnare
all'ente, unitamente ai mandati pagati, in allegato al proprio rendiconto.
2. Su richiesta dell'ente locale il tesoriere fornisce gli estremi di qualsiasi operazione di pagamento eseguita nonché la relativa prova
documentale.
Articolo 219 Mandati non estinti al termine dell'esercizio.
1. I mandati interamente o parzialmente non estinti alla data del 31 dicembre sono eseguiti mediante commutazione in assegni postali
localizzati o con altri mezzi equipollenti offerti dal sistema bancario o postale.
Articolo 220 Obblighi del tesoriere per le delegazioni di pagamento.
1. A seguito della notifica degli atti di delegazione di pagamento di cui all'articolo 206 il tesoriere è tenuto a versare l'importo dovuto
ai creditori alle scadenze prescritte, con comminatoria dell'indennità di mora in caso di ritardato pagamento.
Capo IV Altre attività
Articolo 221 Gestione di titoli e valori.
1. I titoli di proprietà dell'ente, ove consentito dalla legge, sono gestiti dal tesoriere con versamento delle cedole nel conto di tesoreria
alle loro rispettive scadenze.
2. Il tesoriere provvede anche alla riscossione dei depositi effettuati da terzi per spese contrattuali, d'asta e cauzionali a garanzia degli
impegni assunti, previo rilascio di apposita ricevuta, diversa dalla quietanza di tesoreria, contenente tutti gli estremi identificativi
dell'operazione.
3. Il regolamento di contabilità dell'ente locale definisce le procedure per i prelievi e per le restituzioni.
Articolo 222 Anticipazioni di tesoreria.
1. Il tesoriere, su richiesta dell'ente corredata dalla deliberazione della Giunta, concede allo stesso anticipazioni di tesoreria, entro il
limite massimo dei tre dodicesimi delle entrate accertate nel penultimo anno precedente, afferenti per i comuni, le province, le città
metropolitane e le unioni di comuni ai primi tre titoli di entrata del bilancio e per le comunità montane ai primi due titoli.
2. Gli interessi sulle anticipazioni di tesoreria decorrono dall'effettivo utilizzo delle somme con le modalità previste dalla
convenzione di cui all'articolo 210.
Capo V Adempimenti e verifiche contabili
Articolo 223 Verifiche ordinarie di cassa.
1. L'organo di revisione economico-finanziaria dell'ente provvede con cadenza trimestrale alla verifica ordinaria di cassa, alla verifica
della gestione del servizio di tesoreria e di quello degli altri agenti contabili di cui all'articolo 233.
2. Il regolamento di contabilità può prevedere autonome verifiche di cassa da parte dell'amministrazione dell'ente.
Articolo 224 Verifiche straordinarie di cassa.
1. Si provvede a verifica straordinaria di cassa a seguito del mutamento della persona del sindaco, del Presidente della provincia, del
sindaco metropolitano e del presidente della comunità montana. Alle operazioni di verifica intervengono gli amministratori che
cessano dalla carica e coloro che la assumono, nonché il segretario, il responsabile del servizio finanziario e l'organo di revisione
dell'ente.
Articolo 225 Obblighi di documentazione e conservazione.
1. Il tesoriere è tenuto, nel corso dell'esercizio, ai seguenti adempimenti:
a) aggiornamento e conservazione del giornale di cassa;
b) conservazione del verbale di verifica di cassa di cui agli articoli 223 e 224;
c) conservazione delle rilevazioni periodiche di cassa previste dalla legge.
2. Le modalità e la periodicità di trasmissione della documentazione di cui al comma 1 sono fissate nella convenzione.
Articolo 226 Conto del tesoriere.
1. Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, il tesoriere, ai sensi dell'articolo 93, rende all'ente locale il
conto della propria gestione di cassa il quale lo trasmette alla competente sezione giurisdizionale della Corte dei conti entro 60 giorni
dall'approvazione del rendiconto.
2. Il conto del tesoriere è redatto su modello approvato col regolamento di cui all'articolo 160. Il tesoriere allega al conto la seguente
documentazione:
a) gli allegati di svolgimento per ogni singola risorsa di entrata, per ogni singolo intervento di spesa nonché per ogni capitolo di
entrata e di spesa per i servizi per conto di terzi;
b) gli ordinativi di riscossione e di pagamento;
c) la parte delle quietanze originali rilasciate a fronte degli ordinativi di riscossione e di pagamento o, in sostituzione, i documenti
meccanografici contenenti gli estremi delle medesime;
d) eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti..
TITOLO V Rilevazione e dimostrazione dei risultati di gestionw
Articolo 227 Rendiconto della gestione.
1. La dimostrazione dei risultati di gestione avviene mediante il rendiconto, il quale comprende il conto del bilancio, il conto
economico ed il conto del patrimonio.
2. Il rendiconto è deliberato dall'organo consiliare dell'ente entro il 30 giugno dell'anno successivo, tenuto motivatamente conto della
relazione dell'organo di revisione. La proposta è messa a disposizione dei componenti dell'organo consiliare prima dell'inizio della
sessione consiliare in cui viene esaminato il rendiconto entro un termine, non inferiore a venti giorni, stabilito dal regolamento. Il
rendiconto deliberato è inviato all'organo regionale di controllo ai sensi e con le modalità di cui all'articolo 133.
3. Per le province, le città metropolitane, i comuni con popolazione superiore ad 8.000 abitanti e quelli i cui rendiconti si chiudono in
disavanzo ovvero rechino la indicazione di debiti fuori bilancio, il rendiconto è presentato alla Sezione Enti locali della Corte dei
conti per il referto di cui all'articolo 13 del decreto-legge 22 dicembre 1981, n. 786, convertito, con modificazioni, dalla legge 26
febbraio 1982, n. 51, e successive modifiche ed integrazioni.
4. Ai fini del referto di cui all'articolo 3, commi 4 e 7, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e del consolidamento dei conti pubblici, la
Sezione Enti locali potrà richiedere i rendiconti di tutti gli altri enti locali.
5. Sono allegati al rendiconto:
a) la relazione dell'organo esecutivo di cui all'articolo 151, comma 6;
93
b) la relazione dei revisori dei conti di cui all'articolo 239, comma 1, lettera d);
c) l'elenco dei residui attivi e passivi distinti per anno di provenienza.
6. Gli enti locali di cui all'articolo 2 inviano telematicamente alle Sezioni enti locali il rendiconto completo di allegati, le
informazioni relative al rispetto del patto di stabilità interno, nonché i certificati del conto preventivo e consuntivo. Tempi, modalità e
protocollo di comunicazione per la trasmissione telematica dei dati sono stabiliti con decreto di natura non regolamentare del
Ministro dell'interno, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sentite la Conferenza Stato, città e autonomie locali e
la Corte dei conti32.
Articolo 228 Conto del bilancio.
1. Il conto del bilancio dimostra i risultati finali della gestione autorizzatoria contenuta nel bilancio annuale rispetto alle previsioni.
2. Per ciascuna risorsa dell'entrata e per ciascun intervento della spesa, nonché per ciascun capitolo dei servizi per conto di terzi, il
conto del bilancio comprende, distintamente per residui e competenza:
a) per l'entrata le somme accertate, con distinzione della parte riscossa e di quella ancora da riscuotere;
b) per la spesa le somme impegnate, con distinzione della parte pagata e di quella ancora da pagare.
3. Prima dell'inserimento nel conto del bilancio dei residui attivi e passivi l'ente locale provvede all'operazione di riaccertamento
degli stessi, consistente nella revisione delle ragioni del mantenimento in tutto od in parte dei residui.
4. Il conto del bilancio si conclude con la dimostrazione del risultato contabile di gestione e con quello contabile di amministrazione,
in termini di avanzo, pareggio o disavanzo.
5. Al conto del bilancio sono annesse la tabella dei parametri di riscontro della situazione di deficitarietà strutturale e la tabella dei
parametri gestionali con andamento triennale. Le tabelle sono altresì allegate al certificato del rendiconto.
6. Ulteriori parametri di efficacia ed efficienza contenenti indicazioni uniformi possono essere individuati dal regolamento di
contabilità dell'ente locale.
7. Il Ministero dell'interno pubblica un rapporto annuale, con rilevazione dell'andamento triennale a livello di aggregati, sui parametri
gestionali dei servizi degli enti locali indicati nella apposita tabella di cui al comma 5. I parametri a livello aggregato risultanti dal
rapporto sono resi disponibili mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana.
8. I modelli relativi al conto del bilancio e le tabelle di cui al comma 5 sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160.
Articolo 229 Conto economico.
1. Il conto economico evidenzia i componenti positivi e negativi dell'attività dell'ente secondo criteri di competenza economica.
Comprende gli accertamenti e gli impegni del conto del bilancio, rettificati al fine di costituire la dimensione finanziaria dei valori
economici riferiti alla gestione di competenza, le insussistenze e sopravvenienze derivanti dalla gestione dei residui e gli elementi
economici non rilevati nel conto del bilancio.
2. Il conto economico è redatto secondo uno schema a struttura scalare, con le voci classificate secondo la loro natura e con la
rilevazione di risultati parziali e del risultato economico finale.
3. Costituiscono componenti positivi del conto economico i tributi, i trasferimenti correnti, i proventi dei servizi pubblici, i proventi
derivanti dalla gestione del patrimonio, i proventi finanziari, le insussistenze del passivo, le sopravvenienze attive e le plusvalenze da
alienazioni. È espresso, ai fini del pareggio, il risultato economico negativo.
4. Gli accertamenti finanziari di competenza sono rettificati, al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti economici
positivi, rilevando i seguenti elementi: a) i risconti passivi ed i ratei attivi; b) le variazioni in aumento o in diminuzione delle
rimanenze; c) i costi capitalizzati costituiti dai costi sostenuti per la produzione in economia di valori da porre, dal punto di vista
economico, a carico di diversi esercizi; d) le quote di ricavi già inserite nei risconti passivi di anni precedenti; e) le quote di ricavi
pluriennali pari agli accertamenti degli introiti vincolati; f) imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate in regime di impresa
5. Costituiscono componenti negativi del conto economico l'acquisto di materie prime e dei beni di consumo, la prestazione di
servizi, l'utilizzo di beni di terzi, le spese di personale, i trasferimenti a terzi, gli interessi passivi e gli oneri finanziari diversi, le
imposte e tasse a carico dell'ente locale, gli oneri straordinari compresa la svalutazione di crediti, le minusvalenze da alienazioni, gli
ammortamenti e le insussistenze dell'attivo come i minori crediti e i minori residui attivi. È espresso, ai fini del pareggio, il risultato
economico positivo.
6. Gli impegni finanziari di competenza sono rettificati, al fine di costituire la dimensione finanziaria di componenti economici
negativi, rilevando i seguenti elementi: a) i costi di esercizi futuri, i risconti attivi ed i ratei passivi; b) le variazioni in aumento od in
diminuzione delle rimanenze; c) le quote di costo già inserite nei risconti attivi degli anni precedenti; d) le quote di ammortamento di
beni a valenza pluriennale e di costi capitalizzati; e) l'imposta sul valore aggiunto per le attività effettuate in regime d'impresa.
7. Gli ammortamenti compresi nel conto economico sono determinati con i seguenti coefficienti: a) edifici, anche demaniali, ivi
compresa la manutenzione straordinaria al 3%; b) strade, ponti ed altri beni demaniali al 2%; c) macchinari, apparecchi, attrezzature,
impianti ed altri beni mobili al 15%; d) attrezzature e sistemi informatici, compresi i programmi applicativi, al 20%; e) automezzi in
genere, mezzi di movimentazione e motoveicoli al 20%; f) altri beni al 20%.
8. Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di conti economici di dettaglio per servizi o per centri di costo.
9. Al conto economico è accluso un prospetto di conciliazione che, partendo dai dati finanziari della gestione corrente del conto del
bilancio, con l'aggiunta di elementi economici, raggiunge il risultato finale economico. I valori della gestione non corrente vanno
riferiti al patrimonio.
10. I modelli relativi al conto economico ed al prospetto di conciliazione sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160.
Articolo 230 Conto del patrimonio e conti patrimoniali speciali.
1. Il conto del patrimonio rileva i risultati della gestione patrimoniale e riassume la consistenza del patrimonio al termine
dell'esercizio, evidenziando le variazioni intervenute nel corso dello stesso, rispetto alla consistenza iniziale.
2. Il patrimonio degli enti locali è costituito dal complesso dei beni e dei rapporti giuridici, attivi e passivi, di pertinenza di ciascun
ente, suscettibili di valutazione ed attraverso la cui rappresentazione contabile ed il relativo risultato finale differenziale è determinata
la consistenza netta della dotazione patrimoniale.
3. Gli enti locali includono nel conto del patrimonio i beni del demanio, con specifica distinzione, ferme restando le caratteristiche
proprie, in relazione alle disposizioni del codice civile.
32
Art. 1-quater, D.L. 31 marzo 2003, n. 50, nel testo integrato dalla relativa legge di conversione, L. 20 maggio 2003, n. 116.
94
4. Gli enti locali valutano i beni del demanio e del patrimonio, comprensivi delle relative manutenzioni straordinarie, come segue:
a) i beni demaniali già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati in
misura pari all'ammontare del residuo debito dei mutui ancora in estinzione per lo stesso titolo; i beni demaniali acquisiti all'ente
successivamente sono valutati al costo;
b) i terreni già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al valore
catastale, rivalutato secondo le norme fiscali; per i terreni già acquisiti all'ente ai quali non è possibile attribuire la rendita catastale la
valutazione si effettua con le modalità dei beni demaniali già acquisiti all'ente; i terreni acquisiti successivamente alla data di entrata
in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al costo;
c) i fabbricati già acquisiti all'ente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 25 febbraio 1995, n. 77, sono valutati al valore
catastale, rivalutato secondo le norme fiscali; i fabbricati acquisiti successivamente sono valutati al costo;
d) i mobili sono valutati al costo;
e) i crediti sono valutati al valore nominale;
f) i censi, livelli ed enfiteusi sono valutati in base alla capitalizzazione della rendita al tasso legale;
g) le rimanenze, i ratei ed i risconti sono valutati secondo le norme del codice civile;
h) i debiti sono valutati secondo il valore residuo.
5. Gli enti locali conservano nel loro patrimonio in apposita voce i crediti inesigibili, stralciati dal conto del bilancio, sino al
compimento dei termini di prescrizione.
6. Il regolamento di contabilità può prevedere la compilazione di un conto consolidato patrimoniale per tutte le attività e passività
interne ed esterne. Può anche prevedere conti patrimoniali di inizio e fine mandato degli amministratori.
7. Gli enti locali provvedono annualmente all'aggiornamento degli inventari.
8. Il regolamento di contabilità definisce le categorie di beni mobili non inventariabili in ragione della natura di beni di facile
consumo o del modico valore.
9. I modelli relativi al conto del patrimonio sono approvati con il regolamento di cui all'articolo 160.
Articolo 231 Relazione al rendiconto della gestione.
1. Nella relazione prescritta dall'articolo 151, comma 6, l'organo esecutivo dell'ente esprime le valutazioni di efficacia dell'azione
condotta sulla base dei risultati conseguiti in rapporto ai programmi ed ai costi sostenuti. Evidenzia anche i criteri di valutazione del
patrimonio e delle componenti economiche. Analizza, inoltre, gli scostamenti principali intervenuti rispetto alle previsioni,
motivando le cause che li hanno determinati.
Articolo 232 Contabilità economica.
1. Gli enti locali, ai fini della predisposizione del rendiconto della gestione, adottano il sistema di contabilità che più ritengono
idoneo per le proprie esigenze.
Articolo 233 Conti degli agenti contabili interni.
1. Entro il termine di due mesi dalla chiusura dell'esercizio finanziario, l'economo, il consegnatario di beni e gli altri soggetti di cui
all'articolo 93, comma 2, rendono il conto della propria gestione all'ente locale il quale lo trasmette alla competente sezione
giurisdizionale della Corte dei conti entro 60 giorni dall'approvazione del rendiconto.
2. Gli agenti contabili, a danaro e a materia, allegano al conto, per quanto di rispettiva competenza:
a) il provvedimento di legittimazione del contabile alla gestione;
b) la lista per tipologie di beni;
c) copia degli inventari tenuti dagli agenti contabili;
d) la documentazione giustificativa della gestione;
e) i verbali di passaggio di gestione;
f) le verifiche ed i discarichi amministrativi e per annullamento, variazioni e simili;
g) eventuali altri documenti richiesti dalla Corte dei conti.
3. Qualora l'organizzazione dell'ente locale lo consenta i conti e le informazioni relative agli allegati di cui ai precedenti commi sono
trasmessi anche attraverso strumenti informatici, con modalità da definire attraverso appositi protocolli di comunicazione.
4. I conti di cui al comma 1 sono redatti su modello approvato con il regolamento previsto dall'articolo 160.
TITOLO VII Revisione economico-finanziaria
Articolo 234 Organo di revisione economico-finanziario.
1. I consigli comunali, provinciali e delle città metropolitane eleggono con voto limitato a due componenti, un collegio di revisori
composto da tre membri.
2. I componenti del collegio dei revisori sono scelti:
a) uno tra gli iscritti al registro dei revisori contabili, il quale svolge le funzioni di presidente del collegio;
b) uno tra gli iscritti nell'albo dei dottori commercialisti;
c) uno tra gli iscritti nell'albo dei ragionieri.
3. Nei comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, nelle unioni dei comuni e nelle comunità montane la revisione economicofinanziaria è affidata ad un solo revisore eletto dal consiglio comunale o dal consiglio dell'unione di comuni o dall'assemblea della
comunità montana a maggioranza assoluta dei membri e scelto tra i soggetti di cui al comma 2.
4. Gli enti locali comunicano ai propri tesorieri i nominativi dei soggetti cui è affidato l'incarico entro 20 giorni dall'avvenuta
esecutività della delibera di nomina.
Articolo 235 Durata dell'incarico e cause di cessazione.
1. L'organo di revisione contabile dura in carica tre anni a decorrere dalla data di esecutività della delibera o dalla data di immediata
eseguibilità nell'ipotesi di cui all'articolo 134, comma 3, e sono rieleggibili per una sola volta. Ove nei collegi si proceda a
sostituzione di un singolo componente la durata dell'incarico del nuovo revisore è limitata al tempo residuo sino alla scadenza del
termine triennale, calcolata a decorrere dalla nomina dell'intero collegio. Si applicano le norme relative alla proroga degli organi
amministrativi di cui agli articoli 2, 3, comma 1, 4, comma 1, 5, comma 1, e 6 del decreto-legge 16 maggio 1994, n. 293, convertito,
con modificazioni, dalla legge 15 luglio 1994, n. 444.
2. Il revisore è revocabile solo per inadempienza ed in particolare per la mancata presentazione della relazione alla proposta di
deliberazione consiliare del rendiconto entro il termine previsto dall'articolo 239, comma 1, lettera d).
95
3. Il revisore cessa dall'incarico per: a) scadenza del mandato; b) dimissioni volontarie; c) impossibilità derivante da qualsivoglia
causa a svolgere l'incarico per un periodo di tempo stabilito dal regolamento dell'ente.
Articolo 236 Incompatibilità ed ineleggibilità dei revisori.
1. Valgono per i revisori le ipotesi di incompatibilità di cui al primo comma dell'articolo 2399 del codice civile, intendendosi per
amministratori i componenti dell'organo esecutivo dell'ente locale.
2. L'incarico di revisione economico-finanziaria non può essere esercitato dai componenti degli organi dell'ente locale e da coloro che
hanno ricoperto tale incarico nel biennio precedente alla nomina, dai membri dell'organo regionale di controllo, dal segretario e dai
dipendenti dell'ente locale presso cui deve essere nominato l'organo di revisione economico-finanziaria e dai dipendenti delle regioni,
delle province, delle città metropolitane, delle comunità montane e delle unioni di comuni relativamente agli enti locali compresi
nella circoscrizione territoriale di competenza.
3. I componenti degli organi di revisione contabile non possono assumere incarichi o consulenze presso l'ente locale o presso
organismi o istituzioni dipendenti o comunque sottoposti al controllo o vigilanza dello stesso.
Articolo 237 Funzionamento del collegio dei revisori.
1. Il collegio dei revisori è validamente costituito anche nel caso in cui siano presenti solo due componenti.
2. Il collegio dei revisori redige un verbale delle riunioni, ispezioni, verifiche, determinazioni e decisioni adottate.
Articolo 238 Limiti all'affidamento di incarichi.
1. Salvo diversa disposizione del regolamento di contabilità dell'ente locale, ciascun revisore non può assumere complessivamente
più di otto incarichi, tra i quali non più di quattro incarichi in comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, non più di tre in
comuni con popolazione compresa tra i 5.000 ed i 99.999 abitanti e non più di uno in comune con popolazione pari o superiore a
100.000 abitanti. Le province sono equiparate ai comuni con popolazione pari o superiore a 100.000 abitanti e le comunità montane
ai comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti.
2. L'affidamento dell'incarico di revisione è subordinato alla dichiarazione, resa nelle forme di cui alla legge 4 gennaio 1968, n. 15, e
successive modifiche ed integrazioni, con la quale il soggetto attesta il rispetto dei limiti di cui al comma 1
Articolo 239 Funzioni dell'organo di revisione.
1. L'organo di revisione svolge le seguenti funzioni:
a) attività di collaborazione con l'organo consiliare secondo le disposizioni dello statuto e del regolamento;
b) pareri sulla proposta di bilancio di previsione e dei documenti allegati e sulle variazioni di bilancio. Nei pareri è espresso un
motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche
tenuto conto del parere espresso dal responsabile del servizio finanziario ai sensi dell'articolo 153, delle variazioni rispetto all'anno
precedente, dell'applicazione dei parametri di deficitarietà strutturale e di ogni altro elemento utile. Nei pareri sono suggerite
all'organo consiliare tutte le misure atte ad assicurare l'attendibilità delle impostazioni. I pareri sono obbligatori. L'organo consiliare è
tenuto ad adottare i provvedimenti conseguenti o a motivare adeguatamente la mancata adozione delle misure proposte dall'organo di
revisione;
c) vigilanza sulla regolarità contabile, finanziaria ed economica della gestione relativamente all'acquisizione delle entrate,
all'effettuazione delle spese, all'attività contrattuale, all'amministrazione dei beni, alla completezza della documentazione, agli
adempimenti fiscali ed alla tenuta della contabilità; l'organo di revisione svolge tali funzioni anche con tecniche motivate di
campionamento;
d) relazione sulla proposta di deliberazione consiliare del rendiconto della gestione e sullo schema di rendiconto entro il termine,
previsto dal regolamento di contabilità e comunque non inferiore a 20 giorni, decorrente dalla trasmissione della stessa proposta
approvata dall'organo esecutivo. La relazione contiene l'attestazione sulla corrispondenza del rendiconto alle risultanze della gestione
nonché rilievi, considerazioni e proposte tendenti a conseguire efficienza, produttività ed economicità della gestione;
e) referto all'organo consiliare su gravi irregolarità di gestione, con contestuale denuncia ai competenti organi giurisdizionali ove si
configurino ipotesi di responsabilità;
f) verifiche di cassa di cui all'articolo 223.
2. Al fine di garantire l'adempimento delle funzioni di cui al precedente comma, l'organo di revisione ha diritto di accesso agli atti e
documenti dell'ente e può partecipare all'assemblea dell'organo consiliare per l'approvazione del bilancio di previsione e del
rendiconto di gestione. Può altresì partecipare alle altre assemblee dell'organo consiliare e, se previsto dallo statuto dell'ente, alle
riunioni dell'organo esecutivo. Per consentire la partecipazione alle predette assemblee all'organo di revisione sono comunicati i
relativi ordini del giorno. Inoltre all'organo di revisione sono trasmessi:
a) da parte dell'organo regionale di controllo le decisioni di annullamento nei confronti delle delibere adottate dagli organi degli enti
locali;
b) da parte del responsabile del servizio finanziario le attestazioni di assenza di copertura finanziaria in ordine alle delibere di
impegni di spesa.
3. L'organo di revisione è dotato, a cura dell'ente locale, dei mezzi necessari per lo svolgimento dei propri compiti, secondo quanto
stabilito dallo statuto e dai regolamenti.
4. L'organo della revisione può incaricare della collaborazione nella propria funzione, sotto la propria responsabilità, uno o più
soggetti aventi i requisiti di cui all'articolo 234, comma 2. I relativi compensi rimangono a carico dell'organo di revisione.
5. I singoli componenti dell'organo di revisione collegiale hanno diritto di eseguire ispezioni e controlli individuali.
6. Lo statuto dell'ente locale può prevedere ampliamenti delle funzioni affidate ai revisori.
Articolo 240 Responsabilità dell'organo di revisione.
1. I revisori rispondono della veridicità delle loro attestazioni e adempiono ai loro doveri con la diligenza del mandatario. Devono
inoltre conservare la riservatezza sui fatti e documenti di cui hanno conoscenza per ragione del loro ufficio.
Articolo 241 Compenso dei revisori.
1. Con decreto del Ministro dell'interno di concerto con il Ministro del tesoro del bilancio e della programmazione economica
vengono fissati i limiti massimi del compenso base spettante ai revisori, da aggiornarsi triennalmente. Il compenso base è
determinato in relazione alla classe demografica ed alle spese di funzionamento e di investimento dell'ente locale.
2. Il compenso di cui al comma 1 può essere aumentato dall'ente locale fino al limite massimo del 20 per cento in relazione alle
ulteriori funzioni assegnate rispetto a quelle indicate nell'articolo 239.
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3. Il compenso di cui al comma 1 può essere aumentato dall'ente locale quando i revisori esercitano le proprie funzioni anche nei
confronti delle istituzioni dell'ente sino al 10 per cento per ogni istituzione e per un massimo complessivo non superiore al 30 per
cento.
4. Quando la funzione di revisione economico-finanziaria è esercitata dal collegio dei revisori il compenso determinato ai sensi dei
commi 1, 2 e 3 è aumentato per il presidente del collegio stesso del 50 per cento.
5. Per la determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante al revisore della comunità montana ed al revisore
dell'unione di comuni si fa riferimento, per quanto attiene alla classe demografica, rispettivamente, al comune totalmente montano
più popoloso facente parte della comunità stessa ed al comune più popoloso facente parte dell'unione
6. Per la determinazione del compenso base di cui al comma 1 spettante ai revisori della città metropolitana si fa riferimento, per
quanto attiene alla classe demografica, al comune capoluogo.
7. L'ente locale stabilisce il compenso spettante ai revisori con la stessa delibera di nomina.
TITOLO VIII33 Enti locali deficitari o dissestati. Capo I - Enti locali deficitari: disposizioni generali.
Articolo 242 Individuazione degli enti locali strutturalmente deficitari e relativi controlli.
1. Sono da considerarsi in condizioni strutturalmente deficitarie gli enti locali che presentano gravi ed incontrovertibili condizioni di
squilibrio, rilevabili da una apposita tabella, da allegare al certificato sul rendiconto della gestione, contenente parametri obiettivi dei
quali almeno la metà presentino valori deficitari. Il certificato è quello relativo al rendiconto della gestione del penultimo esercizio
precedente quello di riferimento.
2. Con decreto del Ministro dell'interno, sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, da emanare entro settembre e da
pubblicare nella Gazzetta Ufficiale, sono fissati per il triennio successivo i parametri obiettivi, determinati con riferimento a un
calcolo di normalità dei dati dei rendiconti dell'ultimo triennio disponibile, nonché le modalità per la compilazione.
3. Le norme di cui al presente capo si applicano a comuni, province e comunità montane.
Articolo 243Controlli per gli enti locali strutturalmente deficitari, enti locali dissestati ed altri enti (omissis).
Capo II Enti locali dissestati: disposizioni generali
Articolo 244 Dissesto finanziario.
1. Si ha stato di dissesto finanziario se l'ente non può garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi indispensabili ovvero
esistono nei confronti dell'ente locale crediti liquidi ed esigibili di terzi cui non si possa fare validamente fronte con le modalità di cui
all'articolo 193, nonché con le modalità di cui all'articolo 194 per le fattispecie ivi previste.
2. Le norme sul risanamento degli enti locali dissestati si applicano solo a province e comuni.
Articolo 245 Soggetti della procedura di risanamento.
1. Soggetti della procedura di risanamento sono l'organo straordinario di liquidazione e gli organi istituzionali dell'ente.
2. L'organo straordinario di liquidazione provvede al ripiano dell'indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge.
3. Gli organi istituzionali dell'ente assicurano condizioni stabili di equilibrio della gestione finanziaria rimuovendo le cause strutturali
che hanno determinato il dissesto.
Articolo 246 Deliberazione di dissesto
1. La deliberazione recante la formale ed esplicita dichiarazione di dissesto finanziario è adottata dal consiglio dell'ente locale nelle
ipotesi di cui all'articolo 244 e valuta le cause che hanno determinato il dissesto. La deliberazione dello stato di dissesto non è
revocabile. Alla stessa è allegata una dettagliata relazione dell'organo di revisione economico finanziaria che analizza le cause che
hanno provocato il dissesto.
2. La deliberazione dello stato di dissesto è trasmessa, entro 5 giorni dalla data di esecutività, al Ministero dell'interno ed alla Procura
regionale presso la Corte dei conti competente per territorio, unitamente alla relazione dell'organo di revisione. La deliberazione è
pubblicata per estratto nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana a cura del Ministero dell'interno unitamente al decreto del
Presidente della Repubblica di nomina dell'organo straordinario di liquidazione.
3. L'obbligo di deliberazione dello stato di dissesto si estende, ove ne ricorrano le condizioni, al commissario nominato ai sensi
dell'articolo 141, comma 3.
4. Se, per l'esercizio nel corso del quale si rende necessaria la dichiarazione di dissesto, è stato validamente deliberato il bilancio di
previsione, tale atto continua ad esplicare la sua efficacia per l'intero esercizio finanziario, intendendosi operanti per l'ente locale i
divieti e gli obblighi previsti dall'articolo 191, comma 5. In tal caso, la deliberazione di dissesto può essere validamente adottata,
esplicando gli effetti di cui all'articolo 248. Gli ulteriori adempimenti e relativi termini iniziali, propri dell'organo straordinario di
liquidazione e del consiglio dell'ente, sono differiti al 1° gennaio dell'anno successivo a quello in cui è stato deliberato il dissesto.
Ove sia stato già approvato il bilancio preventivo per l'esercizio successivo, il consiglio provvede alla revoca dello stesso.
5. Le disposizioni relative alla valutazione delle cause di dissesto sulla base della dettagliata relazione dell'organo di revisione di cui
al comma 1 ed ai conseguenti oneri di trasmissione di cui al comma 2 si applicano solo ai dissesti finanziari deliberati a decorrere dal
25 ottobre 1997.
Articolo 247 Omissione della deliberazione di dissesto.
1. Ove dalle deliberazioni dell'ente, dai bilanci di previsione, dai rendiconti o da altra fonte l'organo regionale di controllo venga a
conoscenza dell'eventuale condizione di dissesto, chiede chiarimenti all'ente e motivata relazione all'organo di revisione contabile
assegnando un termine, non prorogabile, di trenta giorni.
L’art.31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289 prevede che “In attesa che venga data attuazione al titolo V della parte seconda della
Costituzione, come modificato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e che venga formulata la proposta al Governo dall’Alta Commissione
di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), della presente legge, in ordine ai principi generali del coordinamento della finanza pubblica e del sistema
tributario, sono abrogate le disposizioni del titolo VIII della parte II del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, che
disciplinano l’assunzione di mutui per il risanamento dell’ente locale dissestato, nonché la contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento.
Resta ferma l’applicazione delle predette disposizioni per il risanamento degli enti dissestati la cui deliberazione di dissesto è stata adottata prima
della data di entrata in vigore della legge costituzionale n. 3 del 2001.” La legge 5 giugno 2003, n.131, che ha adeguato l’ordinamento della
Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, all’articolo 2 ha previsto i principi di delega per la normativa di principi fondamentali
relativi all’ordinamento finanziario e contabile degli enti locali.
33
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2. Ove sia ritenuta sussistente l'ipotesi di dissesto l'organo regionale di controllo assegna al consiglio, con lettera notificata ai singoli
consiglieri, un termine, non superiore a venti giorni, per la deliberazione del dissesto.
3. Decorso infruttuosamente tale termine l'organo regionale di controllo nomina un commissario ad acta per la deliberazione dello
stato di dissesto.
4. Del provvedimento sostitutivo è data comunicazione al prefetto che inizia la procedura per lo scioglimento del consiglio dell'ente,
ai sensi dell'articolo 141.
Articolo 248 Conseguenze della dichiarazione di dissesto.
1. A seguito della dichiarazione di dissesto, e sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, sono sospesi i termini per la
deliberazione del bilancio.
2. Dalla data della dichiarazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'articolo 256 non possono essere
intraprese o proseguite azioni esecutive nei confronti dell'ente per i debiti che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di
liquidazione. Le procedure esecutive pendenti alla data della dichiarazione di dissesto, nelle quali sono scaduti i termini per
l'opposizione giudiziale da parte dell'ente, o la stessa benché proposta è stata rigettata, sono dichiarate estinte d'ufficio dal giudice
con inserimento nella massa passiva dell'importo dovuto a titolo di capitale, accessori e spese.
3. I pignoramenti eventualmente eseguiti dopo la deliberazione dello stato di dissesto non vincolano l'ente ed il tesoriere, i quali
possono disporre delle somme per i fini dell'ente e le finalità di legge.
4. Dalla data della deliberazione di dissesto e sino all'approvazione del rendiconto di cui all'articolo 256 i debiti insoluti a tale data e
le somme dovute per anticipazioni di cassa già erogate non producono più interessi né sono soggetti a rivalutazione monetaria.
Uguale disciplina si applica ai crediti nei confronti dell'ente che rientrano nella competenza dell'organo straordinario di liquidazione a
decorrere dal momento della loro liquidità ed esigibilità.
5. Fermo restando quanto previsto dall'art. 1 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, gli amministratori che la Corte dei conti ha
riconosciuto responsabili, anche in primo grado, di danni da loro prodotti, con dolo o colpa grave, nei cinque anni precedenti il
verificarsi del dissesto finanziario, non possono ricoprire, per un periodo di cinque anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di
enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati, ove la Corte, valutate le
circostanze e le cause che hanno determinato il dissesto, accerti che questo è diretta conseguenza delle azioni od omissioni per le
quali l'amministratore è stato riconosciuto responsabile.
Articolo 249 Limiti alla contrazione di nuovi mutui.
1. Dalla data di deliberazione di dissesto e sino all'emanazione del decreto di cui all'articolo 261, comma 3, gli enti locali non
possono contrarre nuovi mutui, con eccezione dei mutui previsti dall'articolo 255 e dei mutui con oneri a totale carico dello Stato o
delle regioni.
Articolo 250 Gestione del bilancio durante la procedura di risanamento.
1. Dalla data di deliberazione del dissesto finanziario e sino alla data di approvazione dell'ipotesi di bilancio riequilibrato di cui
all'articolo 261 l'ente locale non può impegnare per ciascun intervento somme complessivamente superiori a quelle definitivamente
previste nell'ultimo bilancio approvato, comunque nei limiti delle entrate accertate. I relativi pagamenti in conto competenza non
possono mensilmente superare un dodicesimo delle rispettive somme impegnabili, con esclusione delle spese non suscettibili di
pagamento frazionato in dodicesimi. L'ente applica princìpi di buona amministrazione al fine di non aggravare la posizione debitoria
e mantenere la coerenza con l'ipotesi di bilancio riequilibrato predisposta dallo stesso.
2. Per le spese disposte dalla legge e per quelle relative ai servizi locali indispensabili, nei casi in cui nell'ultimo bilancio approvato
mancano del tutto gli stanziamenti ovvero gli stessi sono previsti per importi insufficienti, il consiglio o la Giunta con i poteri del
primo, salvo ratifica, individua con deliberazione le spese da finanziare, con gli interventi relativi, motiva nel dettaglio le ragioni per
le quali mancano o sono insufficienti gli stanziamenti nell'ultimo bilancio approvato e determina le fonti di finanziamento. Sulla base
di tali deliberazioni possono essere assunti gli impegni corrispondenti. Le deliberazioni, da sottoporre all'esame dell'organo regionale
di controllo, sono notificate al tesoriere.
Articolo 251 Attivazione delle entrate proprie.
1. Nella prima riunione successiva alla dichiarazione di dissesto e comunque entro trenta giorni dalla data di esecutività della
delibera, il consiglio dell'ente, o il commissario nominato ai sensi dell'articolo 247, comma 3, è tenuto a deliberare per le imposte e
tasse locali di spettanza dell'ente dissestato, diverse dalla tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, le aliquote e le tariffe di
base nella misura massima consentita, nonché i limiti reddituali, agli effetti dell'applicazione dell'imposta comunale per l'esercizio di
imprese, arti e professioni, che determinano gli importi massimi del tributo dovuto.
2. La delibera non è revocabile ed ha efficacia per cinque anni, che decorrono da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato. In caso
di mancata adozione della delibera nei termini predetti l'organo regionale di controllo procede a norma dell'articolo 136.
3. Per le imposte e tasse locali di istituzione successiva alla deliberazione del dissesto, l'organo dell'ente dissestato che risulta
competente ai sensi della legge istitutiva del tributo deve deliberare, entro i termini previsti per la prima applicazione del tributo
medesimo, le aliquote e le tariffe di base nella misura massima consentita. La delibera ha efficacia per un numero di anni necessario
al raggiungimento di un quinquennio a decorrere da quello dell'ipotesi di bilancio riequilibrato.
4. Resta fermo il potere dell'ente dissestato di deliberare, secondo le competenze, le modalità, i termini ed i limiti stabiliti dalle
disposizioni vigenti, le maggiorazioni, riduzioni, graduazioni ed agevolazioni previste per le imposte e tasse di cui ai commi 1 e 3,
nonché di deliberare la maggiore aliquota dell'imposta comunale sugli immobili consentita per straordinarie esigenze di bilancio.
5. Per il periodo di cinque anni, decorrente dall'anno dell'ipotesi di bilancio riequilibrato, ai fini della tassa smaltimento rifiuti solidi
urbani, gli enti che hanno dichiarato il dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura
integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare le tariffe nella misura
massima consentita dalle disposizioni vigenti. Per i servizi a domanda individuale il costo di gestione deve essere coperto con
proventi tariffari e con contributi finalizzati almeno nella misura prevista dalle norme vigenti. Per i termini di adozione delle delibere,
per la loro efficacia e per la individuazione dell'organo competente si applicano le norme ordinarie vigenti in materia. Per la prima
delibera il termine di adozione è fissato al trentesimo giorno successivo alla deliberazione del dissesto.
6. Le delibere di cui ai commi 1, 3 e 5 devono essere comunicate alla Commissione per la finanza e gli organici degli enti locali
presso il Ministero dell'interno entro 30 giorni dalla data di adozione; nel caso di mancata osservanza delle disposizioni di cui ai
predetti commi sono sospesi i contributi erariali.
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Capo III Attività dell'organo straordinario di liquidazione (omissis)
Capo IV Bilancio stabilmente riequilibrato (omissis)
Capo V Prescrizioni e limiti conseguenti al risanamento (omissis)
Parte III - Associazioni degli enti locali
Articolo 270 Contributi associativi.
1. I contributi, stabiliti con delibera dagli organi statutari competenti dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel, delle
altre associazioni degli enti locali e delle loro aziende con carattere nazionale che devono essere corrisposti dagli enti associati
possono essere riscossi con ruoli formati ai sensi del decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46, ed affidati ai concessionari del
servizio nazionale di riscossione. Gli enti anzidetti hanno l'obbligo di garantire, sul piano nazionale, adeguate forme di pubblicità
relative alle adesioni e ai loro bilanci annuali.
2. La riscossione avviene mediante ruoli, anche in unica soluzione, su richiesta dei consigli delle associazioni suddette, secondo le
modalità stabilite nel decreto legislativo 26 febbraio 1999, n. 46.
3. Gli enti associati hanno diritto di recedere dalle associazioni entro il 31 ottobre di ogni anno, con conseguente esclusione dai ruoli
dal 1° gennaio dell'anno successivo.
Articolo 271 Sedi associative.
1. Gli enti locali, le loro aziende e le associazioni dei comuni presso i quali hanno sede sezioni regionali e provinciali dell'Anci,
dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel e sue federazioni, possono con apposita deliberazione, da adottarsi dal rispettivo
consiglio, mettere a disposizione gratuita per tali sedi locali di loro proprietà ed assumere le relative spese di illuminazione,
riscaldamento, telefoniche e postali a carico del proprio bilancio.
2. Gli enti locali, le loro aziende e associazioni dei comuni possono disporre il distacco temporaneo, a tempo pieno o parziale, di
propri dipendenti presso gli organismi nazionali e regionali dell'Anci, dell'Upi, dell'Aiccre, dell'Uncem, della Cispel e sue
federazioni, ed autorizzarli a prestare la loro collaborazione in favore di tali associazioni. I dipendenti distaccati mantengono la
posizione giuridica ed il corrispondente trattamento economico, a cui provvede l'ente di appartenenza. Gli enti di cui sopra possono
inoltre autorizzare, a proprie spese, la partecipazione di propri dipendenti a riunioni delle associazioni sopra accennate.
3. Le associazioni di cui al comma 2 non possono utilizzare più di dieci dipendenti distaccati dagli enti locali o dalle loro aziende
presso le rispettive sedi nazionali e non più di tre dipendenti predetti presso ciascuna sezione regionale.
Articolo 272 Attività delle associazioni nella cooperazione allo sviluppo.
1. L'Anci e l'Upi possono essere individuate quali soggetti idonei a realizzare programmi del Ministero degli affari esteri relativi alla
cooperazione dell'Italia con i Paesi in via di sviluppo, di cui alla legge 26 febbraio 1987, n. 49, e successive modificazioni, nonché ai
relativi regolamenti di esecuzione. A tal fine il competente ufficio del Ministero degli affari esteri è autorizzato a stipulare apposite
convenzioni che prevedano uno stanziamento globale da utilizzare per iniziative di cooperazione da attuarsi anche da parte dei singoli
associati.
2. I comuni e le province possono destinare un importo non superiore allo 0,80 per cento della somma dei primi tre titoli delle entrate
correnti dei propri bilanci di previsione per sostenere programmi di cooperazione allo sviluppo ed interventi di solidarietà
internazionale.
PARTE IV Disposizioni transitorie ed abrogazioni (omissis)
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7. D. Lgs. 30-3-2001 n. 165 (e successive modifiche)
Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche.
TITOLO I Princìpi generali
Articolo 1 Finalità ed àmbito di applicazione.
1. Le disposizioni del presente decreto disciplinano l'organizzazione degli uffici e i rapporti di lavoro e di impiego alle dipendenze
delle amministrazioni pubbliche, tenuto conto delle autonomie locali e di quelle delle regioni e delle province autonome, nel rispetto
dell'articolo 97, comma primo, della Costituzione, al fine di:
a) accrescere l'efficienza delle amministrazioni in relazione a quella dei corrispondenti uffici e servizi dei Paesi dell'Unione europea,
anche mediante il coordinato sviluppo di sistemi informativi pubblici;
b) razionalizzare il costo del lavoro pubblico, contenendo la spesa complessiva per il personale, diretta e indiretta, entro i vincoli di
finanza pubblica;
c) realizzare la migliore utilizzazione delle risorse umane nelle pubbliche amministrazioni, curando la formazione e lo sviluppo
professionale dei dipendenti, garantendo pari opportunità alle lavoratrici ed ai lavoratori e applicando condizioni uniformi rispetto a
quello del lavoro privato.
2. Per amministrazioni pubbliche si intendono tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e
grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i
Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le
Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali
e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle
pubbliche amministrazioni (ARAN) e le Agenzie di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 45.
3. Le disposizioni del presente decreto costituiscono princìpi fondamentali ai sensi dell'articolo 117 della Costituzione. Le Regioni a
statuto ordinario si attengono ad esse tenendo conto delle peculiarità dei rispettivi ordinamenti. I princìpi desumibili dall'articolo 2
della legge 23 ottobre 1992, n. 421, e successive modificazioni, e dall'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59, e
successive modificazioni ed integrazioni, costituiscono altresì, per le Regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento
e di Bolzano, norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica.
Articolo 2 Fonti.
1. Le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo princìpi generali fissati da disposizioni di legge e, sulla base dei medesimi,
mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli
uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive.
Esse ispirano la loro organizzazione ai seguenti criteri: a) funzionalità rispetto ai compiti e ai programmi di attività, nel
perseguimento degli obiettivi di efficienza, efficacia ed economicità. A tal fine, periodicamente e comunque all'atto della definizione
dei programmi operativi e dell'assegnazione delle risorse, si procede a specifica verifica e ad eventuale revisione; b) ampia
flessibilità, garantendo adeguati margini alle determinazioni operative e gestionali da assumersi ai sensi dell'articolo 5, comma 2; c)
collegamento delle attività degli uffici, adeguandosi al dovere di comunicazione interna ed esterna, ed interconnessione mediante
sistemi informatici e statistici pubblici; d) garanzia dell'imparzialità e della trasparenza dell'azione amministrativa, anche attraverso
l'istituzione di apposite strutture per l'informazione ai cittadini e attribuzione ad un unico ufficio, per ciascun procedimento, della
responsabilità complessiva dello stesso; e) armonizzazione degli orari di servizio e di apertura degli uffici con le esigenze dell'utenza
e con gli orari delle amministrazioni pubbliche dei Paesi dell'Unione europea.
2. I rapporti di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche sono disciplinate dalle disposizioni del capo I, titolo II, del libro
V del codice civile e dalle legge sui rapporti di lavoro subordinato nell'impresa, fatte salve le diverse disposizioni contenute nel
presente decreto. Eventuali disposizioni di legge, regolamento o statuto, che introducano discipline dei rapporti di lavoro la cui
applicabilità sia limitata ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche, o a categorie di essi, possono essere derogate da successivi
contratti o accordi collettivi e, per la parte derogata non sono ulteriormente applicabili, salvo che la legge disponga espressamente in
senso contrario.
3. I rapporti individuali di lavoro di cui al comma 2 sono regolati contrattualmente. I contratti collettivi sono stipulati secondo i criteri
e le modalità previste nel titolo III del presente decreto; i contratti individuali devono conformarsi ai princìpi di cui all'articolo 45,
comma 2. L'attribuzione di trattamenti economici può avvenire esclusivamente mediante contratti collettivi o, alle condizioni
previste, mediante contratti individuali. Le disposizioni di legge, regolamenti o atti amministrativi che attribuiscono incrementi
retributivi non previsti da contratti cessano di avere efficacia a far data dall'entrata in vigore del relativo rinnovo contrattuale. I
trattamenti economici più favorevoli in godimento sono riassorbiti con le modalità e nelle misure previste dai contratti collettivi e i
risparmi di spesa che ne conseguono incrementano le risorse disponibili per la contrattazione collettiva.
Articolo 3 Personale in regime di diritto pubblico.
1. In deroga all'articolo 2, commi 2 e 3, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti: i magistrati ordinari, amministrativi e
contabili, gli avvocati e procuratori dello Stato, il personale militare e le Forze di polizia di Stato, il personale della carriera
diplomatica e della carriera prefettizia nonché i dipendenti degli enti che svolgono la loro attività nelle materie contemplate
dall'articolo 1 del decreto legislativo del Capo provvisorio dello Stato 17 luglio 1947, n. 691, e dalle leggi 4 giugno 1985, n. 281, e
successive modificazioni ed integrazioni, e 10 ottobre 1990, n. 287.
2. Il rapporto di impiego dei professori e dei ricercatori universitari resta disciplinato dalle disposizioni rispettivamente vigenti, in
attesa della specifica disciplina che la regoli in modo organico ed in conformità ai princìpi della autonomia universitaria di cui
all'articolo 33 della Costituzione ed agli articoli 6 e seguenti della legge 9 maggio 1989, n. 168, e successive modificazioni ed
integrazioni, tenuto conto dei princìpi di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 23 ottobre 1992, n. 421.
Articolo 4 Indirizzo politico-amministrativo. Funzioni e responsabilità.
1. Gli organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare
ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni, e verificano la rispondenza dei risultati dell'attività
45
Art. 1, L. 15 luglio 2002, n. 145.
100
amministrativa e della gestione agli indirizzi impartiti. Ad essi spettano, in particolare: a) le decisioni in materia di atti normativi e
l'adozione dei relativi atti di indirizzo interpretativo ed applicativo; b) la definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive
generali per l'azione amministrativa e per la gestione; c) la individuazione delle risorse umane, materiali ed economico-finanziarie da
destinare alle diverse finalità e la loro ripartizione tra gli uffici di livello dirigenziale generale; d) la definizione dei criteri generali in
materia di ausili finanziari a terzi e di determinazione di tariffe, canoni e analoghi oneri a carico di terzi; e) le nomine, designazioni
ed atti analoghi ad essi attribuiti da specifiche disposizioni; f) le richieste di pareri alle autorità amministrative indipendenti ed al
Consiglio di Stato; g) gli altri atti indicati dal presente decreto.
2. Ai dirigenti spetta l'adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l'amministrazione
verso l'esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle
risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell'attività amministrativa, della gestione e dei
relativi risultati.
3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche
disposizioni legislative.
4. Le amministrazioni pubbliche i cui organi di vertice non siano direttamente o indirettamente espressione di rappresentanza
politica, adeguano i propri ordinamenti al principio della distinzione tra indirizzo e controllo, da un lato, e attuazione e gestione
dall'altro.
Articolo 5 Potere di organizzazione.
1. Le amministrazioni pubbliche assumono ogni determinazione organizzativa al fine di assicurare l'attuazione dei princìpi di cui
all'articolo 2, comma 1, e la rispondenza al pubblico interesse dell'azione amministrativa.
2. Nell'àmbito delle leggi e degli atti organizzativi di cui all'articolo 2, comma 1, le determinazioni per l'organizzazione degli uffici e
le misure inerenti la gestione dei rapporti di lavoro sono assunte dagli organi preposti alla gestione con la capacità e i poteri del
privato datore di lavoro.
3. Gli organismi di controllo interno verificano periodicamente la rispondenza delle determinazioni organizzative ai princìpi indicati
all'articolo 2, comma 1, anche al fine di proporre l'adozione di eventuali interventi correttivi e di fornire elementi per l'adozione delle
misure previste nei confronti dei responsabili della gestione.
Articolo 6 Organizzazione e disciplina degli uffici e dotazioni organiche.
1. Nelle amministrazioni pubbliche l'organizzazione e la disciplina degli uffici, nonché la consistenza e la variazione delle dotazioni
organiche sono determinate in funzione delle finalità indicate all'articolo 1, comma 1, previa verifica degli effettivi fabbisogni e
previa consultazione delle organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 9. Le amministrazioni pubbliche curano
l'ottimale distribuzione delle risorse umane attraverso la coordinata attuazione dei processi di mobilità e di reclutamento del
personale.
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, si applica l'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto
1988, n. 400. La distribuzione del personale dei diversi livelli o qualifiche previsti dalla dotazione organica può essere modificata con
decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del ministro competente di concerto con il Ministro del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica, ove comporti riduzioni di spesa o comunque non incrementi la spesa complessiva
riferita al personale effettivamente in servizio al 31 dicembre dell'anno precedente.
3. Per la ridefinizione degli uffici e delle dotazioni organiche si procede periodicamente e comunque a scadenza triennale, nonché
ove risulti necessario a seguito di riordino, fusione, trasformazione o trasferimento di funzioni. Ogni amministrazione procede
adottando gli atti previsti dal proprio ordinamento.
4. Le variazioni delle dotazioni organiche già determinate sono approvate dall'organo di vertice delle amministrazioni in coerenza
con la programmazione triennale del fabbisogno di personale di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni ed integrazioni, e con gli strumenti di programmazione economico-finanziaria pluriennale. Per le amministrazioni
dello Stato, la programmazione triennale del fabbisogno di personale è deliberata dal Consiglio dei ministri e le variazioni delle
dotazioni organiche sono determinate ai sensi dell'articolo 17, comma 4-bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400.
5. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri, per il Ministero degli affari esteri, nonché per le amministrazioni che esercitano
competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, sono fatte salve le particolari
disposizioni dettate dalle normative di settore. L'articolo 5, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, relativamente
al personale appartenente alle Forze di polizia ad ordinamento civile, si interpreta nel senso che al predetto personale non si applica
l'articolo 16 dello stesso decreto. Restano salve le disposizioni vigenti per la determinazione delle dotazioni organiche del personale
degli istituti e scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative. Le attribuzioni del Ministero dell'università e della ricerca
scientifica e tecnologica, relative a tutto il personale tecnico e amministrativo universitario, ivi compresi i dirigenti, sono devolute
all'università di appartenenza. Parimenti sono attribuite agli osservatori astronomici, astrofisici e vesuviano tutte le attribuzioni del
Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica in materia di personale, ad eccezione di quelle relative al
reclutamento del personale di ricerca.
6. Le amministrazioni pubbliche che non provvedono agli adempimenti di cui al presente articolo non possono assumere nuovo
personale, compreso quello appartenente alle categorie protette.
Articolo 7 Gestione delle risorse umane.
1. Le amministrazioni pubbliche garantiscono parità e pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul
lavoro.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono la libertà di insegnamento e l'autonomia professionale nello svolgimento dell'attività
didattica, scientifica e di ricerca.
3. Le amministrazioni pubbliche individuano criteri certi di priorità nell'impiego flessibile del personale, purché compatibile con
l'organizzazione degli uffici e del lavoro, a favore dei dipendenti in situazioni di svantaggio personale, sociale e familiare e dei
dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della legge 11 agosto 1991, n. 266.
4. Le amministrazioni pubbliche curano la formazione e l'aggiornamento del personale, ivi compreso quello con qualifiche
dirigenziali, garantendo altresì l'adeguamento dei programmi formativi, al fine di contribuire allo sviluppo della cultura di genere
della pubblica amministrazione.
5. Le amministrazioni pubbliche non possono erogare trattamenti economici accessori che non corrispondano alle prestazioni
effettivamente rese.
101
6. Per esigenze cui non possono far fronte con personale in servizio, le amministrazioni pubbliche possono conferire incarichi
individuali ad esperti di provata competenza, determinando preventivamente durata, luogo, oggetto e compenso della collaborazione.
Art. 7-bis Formazione del personale. 46
1. Le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, con esclusione delle università e degli enti di ricerca, nell'àmbito delle attività di
gestione delle risorse umane e finanziarie, predispongono annualmente un piano di formazione del personale, compreso quello in
posizione di comando o fuori ruolo, tenendo conto dei fabbisogni rilevati, delle competenze necessarie in relazione agli obiettivi,
nonché della programmazione delle assunzioni e delle innovazioni normative e tecnologiche. Il piano di formazione indica gli
obiettivi e le risorse finanziarie necessarie, nei limiti di quelle, a tale scopo, disponibili, prevedendo l'impiego delle risorse interne, di
quelle statali e comunitarie, nonché le metodologie formative da adottare in riferimento ai diversi destinatari.
2. Le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nonché gli enti pubblici non economici, predispongono entro il
30 gennaio di ogni anno il piano di formazione del personale e lo trasmettono, a fini informativi, alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero dell'economia e delle finanze. Decorso tale termine e, comunque, non
oltre il 30 settembre, ulteriori interventi in materia di formazione del personale, dettati da esigenze sopravvenute o straordinarie,
devono essere specificamente comunicati alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al
Ministero dell'economia e delle finanze indicando gli obiettivi e le risorse utilizzabili, interne, statali o comunitarie. Ai predetti
interventi formativi si dà corso qualora, entro un mese dalla comunicazione, non intervenga il diniego della Presidenza del Consiglio
dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze. Il Dipartimento della
funzione pubblica assicura il raccordo con il Dipartimento per l'innovazione e le tecnologie relativamente agli interventi di
formazione connessi all'uso delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
Articolo 8 Costo del lavoro, risorse finanziarie e controlli.
1. Le amministrazioni pubbliche adottano tutte le misure affinché la spesa per il proprio personale sia evidente, certa e prevedibile
nella evoluzione. Le risorse finanziarie destinate a tale spesa sono determinate in base alle compatibilità economico-finanziarie
definite nei documenti di programmazione e di bilancio.
2. L'incremento del costo del lavoro negli enti pubblici economici e nelle aziende pubbliche che producono servizi di pubblica utilità,
nonché negli enti di cui all'articolo 70, comma 4, è soggetto a limiti compatibili con gli obiettivi e i vincoli di finanza pubblica.
Articolo 9 Partecipazione sindacale.
1. I contratti collettivi nazionali disciplinano i rapporti sindacali e gli istituti della partecipazione anche con riferimento agli atti
interni di organizzazione aventi riflessi sul rapporto di lavoro.
TITOLO II Organizzazione. Capo I - Relazioni con il pubblico
Articolo 10 Trasparenza delle amministrazioni pubbliche.
1. L'organismo di cui all'articolo 2, comma 1, lettera mm), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, ai fini della trasparenza e rapidità del
procedimento, definisce, ai sensi dell'articolo 2, comma 1, lettera c), i modelli e i sistemi informativi utili alla interconnessione tra le
amministrazioni pubbliche.
2. La Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica ed i comitati metropolitani di cui all'articolo 18 del
decreto-legge 24 novembre 1990, n. 344, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 gennaio 1991, n. 21, promuovono, utilizzando
il personale degli uffici di cui all'articolo 11, la costituzione di servizi di accesso polifunzionale alle amministrazioni pubbliche
nell'àmbito dei progetti finalizzati di cui all'articolo 26 della legge 11 marzo 1988, n. 67, e successive modificazioni ed integrazioni.
Articolo 11 Ufficio relazioni con il pubblico.
1. Le amministrazioni pubbliche, al fine di garantire la piena attuazione della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni
e integrazioni, individuano, nell'àmbito della propria struttura uffici per le relazioni con il pubblico.
2. Gli uffici per le relazioni con il pubblico provvedono, anche mediante l'utilizzo di tecnologie informatiche:
a) al servizio all'utenza per i diritti di partecipazione di cui al capo III della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni
ed integrazioni; b) all'informazione all'utenza relativa agli atti e allo stato dei procedimenti; c) alla ricerca ed analisi finalizzate alla
formulazione di proposte alla propria amministrazione sugli aspetti organizzativi e logistici del rapporto con l'utenza.
3. Agli uffici per le relazioni con il pubblico viene assegnato, nell'àmbito delle attuali dotazioni organiche delle singole
amministrazioni, personale con idonea qualificazione e con elevata capacità di avere contatti con il pubblico, eventualmente
assicurato da apposita formazione.
4. Al fine di assicurare la conoscenza di normative, servizi e strutture, le amministrazioni pubbliche programmano ed attuano
iniziative di comunicazione di pubblica utilità; in particolare, le amministrazioni dello Stato, per l'attuazione delle iniziative
individuate nell'àmbito delle proprie competenze, si avvalgono del Dipartimento per l'informazione e l'editoria della Presidenza del
Consiglio dei ministri quale struttura centrale di servizio, secondo un piano annuale di coordinamento del fabbisogno di prodotti e
servizi, da sottoporre all'approvazione del Presidente del Consiglio dei ministri.
5. Per le comunicazioni previste dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni ed integrazioni, non si applicano le
norme vigenti che dispongono la tassa a carico del destinatario.
6. Il responsabile dell'ufficio per le relazioni con il pubblico e il personale da lui indicato possono promuovere iniziative volte, anche
con il supporto delle procedure informatiche, al miglioramento dei servizi per il pubblico, alla semplificazione e all'accelerazione
delle procedure e all'incremento delle modalità di accesso informale alle informazioni in possesso dell'amministrazione e ai
documenti amministrativi.
7. L'organo di vertice della gestione dell'amministrazione o dell'ente verifica l'efficacia dell'applicazione delle iniziative di cui al
comma 6, ai fini dell'inserimento della verifica positiva nel fascicolo personale del dipendente. Tale riconoscimento costituisce titolo
autonomamente valutabile in concorsi pubblici e nella progressione di carriera del dipendente. Gli organi di vertice trasmettono le
iniziative riconosciute ai sensi del presente comma al Dipartimento della funzione pubblica, ai fini di un'adeguata pubblicizzazione
delle stesse. Il Dipartimento annualmente individua le forme di pubblicazione.
Articolo 12 Uffici per la gestione del contenzioso del lavoro.
46
Art. 4, L. 16 gennaio 2003, n. 3.
102
1. Le amministrazioni pubbliche provvedono, nell'àmbito dei rispettivi ordinamenti, ad organizzare la gestione del contenzioso del
lavoro, anche creando appositi uffici, in modo da assicurare l'efficace svolgimento di tutte le attività stragiudiziali e giudiziali inerenti
alle controversie. Più amministrazioni omogenee o affini possono istituire, mediante convenzione che ne regoli le modalità di
costituzione e di funzionamento, un unico ufficio per la gestione di tutto o parte del contenzioso comune.
Capo II – Dirigenza. Sezione I - Qualifiche, uffici dirigenziali ed attribuzioni
Articolo 13 Amministrazioni destinatarie.
1. Le disposizioni del presente capo si applicano alle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo.
Articolo 14 Indirizzo politico-amministrativo.
1. Il Ministro esercita le funzioni di cui all'articolo 4, comma 1. A tal fine periodicamente, e comunque ogni anno entro dieci giorni
dalla pubblicazione della legge di bilancio, anche sulla base delle proposte dei dirigenti di cui all'articolo 16: a) definisce obiettivi,
priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti direttive generali per l'attività amministrativa e per la gestione; b)
effettua, ai fini dell'adempimento dei compiti definiti ai sensi della lettera a), l'assegnazione ai dirigenti preposti ai centri di
responsabilità delle rispettive amministrazioni delle risorse di cui all'articolo 4, comma 1, lettera c), del presente decreto, ivi
comprese quelle di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, e successive modificazioni e integrazioni, ad
esclusione delle risorse necessarie per il funzionamento degli uffici di cui al comma 2; provvede alle variazioni delle assegnazioni
con le modalità previste dal medesimo decreto legislativo 7 agosto 1997, n. 279, tenendo altresì conto dei procedimenti e
subprocedimenti attribuiti ed adotta gli altri provvedimenti ivi previsti.
2. Per l'esercizio delle funzioni di cui al comma 1 il Ministro si avvale di uffici di diretta collaborazione, aventi esclusive competenze
di supporto e di raccordo con l'amministrazione, istituiti e disciplinati con regolamento adottato ai sensi dell'articolo 17, comma 4bis, della legge 23 agosto 1988, n. 400. A tali uffici sono assegnati, nei limiti stabiliti dallo stesso regolamento: dipendenti pubblici
anche in posizione di aspettativa, fuori ruolo o comando; collaboratori assunti con contratti a tempo determinato disciplinati dalle
norme di diritto privato; esperti e consulenti per particolari professionalità e specializzazioni con incarichi di collaborazione
coordinata e continuativa. Per i dipendenti pubblici si applica la disposizione di cui all'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio
1997, n. 127. Con lo stesso regolamento si provvede al riordino delle segreterie particolari dei Sottosegretari di Stato. Con decreto
adottato dall'autorità di governo competente, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica,
è determinato, in attuazione dell'articolo 12, comma 1, lettera n) della legge 15 marzo 1997, n. 59, senza aggravi di spesa e, per il
personale disciplinato dai contratti collettivi nazionali di lavoro, fino ad una specifica disciplina contrattuale, il trattamento
economico accessorio, da corrispondere mensilmente, a fronte delle responsabilità, degli obblighi di reperibilità e di disponibilità ad
orari disagevoli, ai dipendenti assegnati agli uffici dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato. Tale trattamento, consiste in un unico
emolumento, è sostitutivo dei compensi per il lavoro straordinario, per la produttività collettiva e per la qualità della prestazione
individuale. Con effetto dall'entrata in vigore del regolamento di cui al presente comma sono abrogate le norme del regio decreto
legge 10 luglio 1924, n. 1100, e successive modificazioni ed integrazioni, ed ogni altra norma riguardante la costituzione e la
disciplina dei gabinetti dei Ministri e delle segreterie particolari dei Ministri e dei Sottosegretari di Stato.
3. Il Ministro non può revocare, riformare, riservare o avocare a sé o altrimenti adottare provvedimenti o atti di competenza dei
dirigenti. In caso di inerzia o ritardo il Ministro può fissare un termine perentorio entro il quale il dirigente deve adottare gli atti o i
provvedimenti. Qualora l'inerzia permanga, o in caso di grave inosservanza delle direttive generali da parte del dirigente competente,
che determinano pregiudizio per l'interesse pubblico, il Ministro può nominare, salvi i casi di urgenza previa contestazione, un
commissario ad acta, dando comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri del relativo provvedimento. Resta salvo quanto
previsto dall'articolo 2, comma 3, lett. p) della legge 23 agosto 1988, n. 400. Resta altresì salvo quanto previsto dall'articolo 6 del
testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni ed
integrazioni, e dall'articolo 10 del relativo regolamento emanato con regio decreto 6 maggio 1940, n. 635. Resta salvo il potere di
annullamento ministeriale per motivi di legittimità.
Articolo 15 Dirigenti.
1. Nelle amministrazioni pubbliche di cui al presente capo, la dirigenza è articolata nelle due fasce dei ruoli di cui all'articolo 23.
Restano salve le particolari disposizioni concernenti le carriere diplomatica e prefettizia e le carriere delle Forze di polizia e delle
Forze armate. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è fatto salvo quanto previsto dall'articolo 6 47.
2. Nelle istituzioni e negli enti di ricerca e sperimentazione, nonché negli altri istituti pubblici di cui al sesto comma dell'articolo 33
della Costituzione, le attribuzioni della dirigenza amministrativa non si estendono alla gestione della ricerca e dell'insegnamento.
3. Per ciascuna struttura organizzativa non affidata alla direzione del dirigente generale, il dirigente preposto all'ufficio di più elevato
livello è sovraordinato al dirigente preposto ad ufficio di livello inferiore.
4. Per le regioni, il dirigente cui sono conferite funzioni di coordinamento è sovraordinato, limitatamente alla durata dell'incarico, al
restante personale dirigenziale.
5. Per il Consiglio di Stato e per i tribunali amministrativi regionali, per la Corte dei conti e per l'Avvocatura generale dello Stato, le
attribuzioni che il presente decreto demanda agli organi di Governo sono di competenza rispettivamente, del Presidente del Consiglio
di Stato, del Presidente della Corte dei conti e dell'Avvocato generale dello Stato; le attribuzioni che il presente decreto demanda ai
dirigenti preposti ad uffici dirigenziali di livello generale sono di competenza dei segretari generali dei predetti istituti.
Articolo 16 Funzioni dei dirigenti di uffici dirigenziali generali.
1. I dirigenti di uffici dirigenziali generali, comunque denominati, nell'àmbito di quanto stabilito dall'articolo 4 esercitano, fra gli
altri, i seguenti compiti e poteri:
a) formulano proposte ed esprimono pareri al Ministro nelle materie di sua competenza; b) curano l'attuazione dei piani, programmi e
direttive generali definite dal Ministro e attribuiscono ai dirigenti gli incarichi e la responsabilità di specifici progetti e gestioni;
definiscono gli obiettivi che i dirigenti devono perseguire e attribuiscono le conseguenti risorse umane, finanziarie e materiali; c)
adottano gli atti relativi all'organizzazione degli uffici di livello dirigenziale non generale; d) adottano gli atti e i provvedimenti
47[3]
Comma così modificato dall'art. 3, comma 8, lettera a), L. 15 luglio 2002, n. 145.
103
amministrativi ed esercitano i poteri di spesa e quelli di acquisizione delle entrate rientranti nella competenza dei propri uffici, salvo
quelli delegati ai dirigenti; e) dirigono, coordinano e controllano l'attività dei dirigenti e dei responsabili dei procedimenti
amministrativi, anche con potere sostitutivo in caso di inerzia, e propongono l'adozione, nei confronti dei dirigenti, delle misure
previste dall'articolo 21; f) promuovono e resistono alle liti ed hanno il potere di conciliare e di transigere, fermo restando quanto
disposto dall'articolo 12, comma 1, della legge 3 aprile 1979, n. 103; g) richiedono direttamente pareri agli organi consultivi
dell'amministrazione e rispondono ai rilievi degli organi di controllo sugli atti di competenza; h) svolgono le attività di
organizzazione e gestione del personale e di gestione dei rapporti sindacali e di lavoro; i) decidono sui ricorsi gerarchici contro gli
atti e i provvedimenti amministrativi non definitivi dei dirigenti; l) curano i rapporti con gli uffici dell'Unione europea e degli
organismi internazionali nelle materie di competenza secondo le specifiche direttive dell'organo di direzione politica, sempreché tali
rapporti non siano espressamente affidati ad apposito ufficio o organo.
2. I dirigenti di uffici dirigenziali generali riferiscono al Ministro sull'attività da essi svolta correntemente e in tutti i casi in cui il
Ministro lo richieda o lo ritenga opportuno.
3. L'esercizio dei compiti e dei poteri di cui al comma 1 può essere conferito anche a dirigenti preposti a strutture organizzative
comuni a più amministrazioni pubbliche, ovvero alla attuazione di particolari programmi, progetti e gestioni.
4. Gli atti e i provvedimenti adottati dai dirigenti preposti al vertice dell'amministrazione e dai dirigenti di uffici dirigenziali generali
di cui al presente articolo non sono suscettibili di ricorso gerarchico.
5. Gli ordinamenti delle amministrazioni pubbliche al cui vertice è preposto un segretario generale, capo dipartimento o altro
dirigente comunque denominato, con funzione di coordinamento di uffici dirigenziali di livello generale, ne definiscono i compiti ed i
poteri.
Articolo 17 Funzioni dei dirigenti.
1. I dirigenti, nell'àmbito di quanto stabilito dall'articolo 4, esercitano, fra gli altri, i seguenti compiti e poteri:
a) formulano proposte ed esprimono pareri ai dirigenti degli uffici dirigenziali generali; b) curano l'attuazione dei progetti e delle
gestioni ad essi assegnati dai dirigenti degli uffici dirigenziali generali, adottando i relativi atti e provvedimenti amministrativi ed
esercitando i poteri di spesa e di acquisizione delle entrate; c) svolgono tutti gli altri compiti ad essi delegati dai dirigenti degli uffici
dirigenziali generali; d) dirigono, coordinano e controllano l'attività degli uffici che da essi dipendono e dei responsabili dei
procedimenti amministrativi, anche con poteri sostitutivi in caso di inerzia; e) provvedono alla gestione del personale e delle risorse
finanziarie e strumentali assegnate ai propri uffici.
1-bis. I dirigenti, per specifiche e comprovate ragioni di servizio, possono delegare per un periodo di tempo determinato, con atto
scritto e motivato, alcune delle competenze comprese nelle funzioni di cui alle lettere b), d) ed e) del comma 1 a dipendenti che
ricoprano le posizioni funzionali più elevate nell'àmbito degli uffici ad essi affidati. Non si applica in ogni caso l'articolo 2103 del
codice civile48.
Articolo 17-bis Vicedirigenza. 49
1. La contrattazione collettiva del comparto Ministeri disciplina l'istituzione di un'apposita area della vicedirigenza nella quale è
ricompreso il personale laureato appartenente alle posizioni C2 e C3, che abbia maturato complessivamente cinque anni di anzianità
in dette posizioni o nelle corrispondenti qualifiche VIII e IX del precedente ordinamento. In sede di prima applicazione la
disposizione di cui al presente comma si estende al personale non laureato che, in possesso degli altri requisiti richiesti, sia risultato
vincitore di procedure concorsuali per l'accesso alla ex carriera direttiva anche speciale. I dirigenti possono delegare ai vice dirigenti
parte delle competenze di cui all'articolo 17.
2. La disposizione di cui al comma 1 si applica, ove compatibile, al personale dipendente dalle altre amministrazioni di cui
all'articolo 1, comma 2, appartenente a posizioni equivalenti alle posizioni C2 e C3 del comparto Ministeri; l'equivalenza delle
posizioni è definita con decreto del Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze.
Restano salve le competenze delle regioni e degli enti locali secondo quanto stabilito dall'articolo 27.
Articolo 18 Criteri di rilevazione e analisi dei costi e dei rendimenti.
1. Sulla base delle indicazioni di cui all'articolo 59 del presente decreto, i dirigenti preposti ad uffici dirigenziali di livello generale
adottano misure organizzative idonee a consentire la rilevazione e l'analisi dei costi e dei rendimenti dell'attività amministrativa, della
gestione e delle decisioni organizzative.
2. Il Dipartimento della funzione pubblica può chiedere all'Istituto nazionale di statistica-ISTAT l'elaborazione di norme tecniche e
criteri per le rilevazioni ed analisi di cui al comma 1 e, all'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione-AIPA,
l'elaborazione di procedure informatiche standardizzate allo scopo di evidenziare gli scostamenti dei costi e dei rendimenti rispetto a
valori medi e standards.
Articolo 19 Incarichi di funzioni dirigenziali. 50
1. Per il conferimento di ciascun incarico di funzione dirigenziale si tiene conto, in relazione alla natura e alle caratteristiche degli
obiettivi prefissati, delle attitudini e delle capacità professionali del singolo dirigente, valutate anche in considerazione dei risultati
conseguiti con riferimento agli obiettivi fissati nella direttiva annuale e negli altri atti di indirizzo del Ministro. Al conferimento degli
incarichi e al passaggio ad incarichi diversi non si applica l'articolo 2103 del codice civile.
2. Tutti gli incarichi di funzione dirigenziale nelle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti
secondo le disposizioni del presente articolo. Con il provvedimento di conferimento dell'incarico, ovvero con separato
provvedimento del Presidente del Consiglio dei Ministri o del Ministro competente per gli incarichi di cui al comma 3, sono
individuati l'oggetto dell'incarico e gli obiettivi da conseguire, con riferimento alle priorità, ai piani e ai programmi definiti
dall'organo di vertice nei propri atti di indirizzo e alle eventuali modifiche degli stessi che intervengano nel corso del rapporto,
nonché la durata dell'incarico, che deve essere correlata agli obiettivi prefissati e che, comunque, non può eccedere, per gli incarichi
di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni e, per gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di
cinque anni. Gli incarichi sono rinnovabili. Al provvedimento di conferimento dell'incarico accede un contratto individuale con cui è
definito il corrispondente trattamento economico, nel rispetto dei princìpi definiti dall'articolo 24. È sempre ammessa la risoluzione
consensuale del rapporto.
48
Art. 2, L. 15 luglio 2002, n. 145.
Art. 7, comma 3, L. 15 luglio 2002, n. 145.
50
Modificato dall'art. 3 L. 15 luglio 2002, n. 145.
49
104
3. Gli incarichi di Segretario generale di ministeri, gli incarichi di direzione di strutture articolate al loro interno in uffici dirigenziali
generali e quelli di livello equivalente sono conferiti con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio
dei ministri, su proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 o, con contratto a tempo
determinato, a persone in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6.
4. Gli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale sono conferiti con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su
proposta del Ministro competente, a dirigenti della prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 o, in misura non superiore al 50 per
cento della relativa dotazione, agli altri dirigenti appartenenti ai medesimi ruoli ovvero, con contratto a tempo determinato, a persone
in possesso delle specifiche qualità professionali richieste dal comma 6.
4-bis. I criteri di conferimento degli incarichi di funzione dirigenziale di livello generale, conferiti ai sensi del comma 4 del presente
articolo, tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all'articolo 7.
5. Gli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale sono conferiti, dal dirigente dell'ufficio di livello dirigenziale generale,
ai dirigenti assegnati al suo ufficio ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera c).
5-bis. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento
della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e del 5 per cento della dotazione
organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, anche a dirigenti non appartenenti ai ruoli di cui al medesimo articolo 23, purché
dipendenti delle amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ovvero di organi costituzionali, previo collocamento fuori ruolo,
comando o analogo provvedimento secondo i rispettivi ordinamenti.
5-ter. I criteri di conferimento degli incarichi di direzione degli uffici di livello dirigenziale, conferiti ai sensi del comma 5 del
presente articolo, tengono conto delle condizioni di pari opportunità di cui all'articolo 7.
6. Gli incarichi di cui ai commi da 1 a 5 possono essere conferiti, da ciascuna amministrazione, entro il limite del 10 per cento della
dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'articolo 23 e dell'8 per cento della dotazione
organica di quelli appartenenti alla seconda fascia, a tempo determinato ai soggetti indicati dal presente comma. La durata di tali
incarichi, comunque, non può eccedere, per gli incarichi di funzione dirigenziale di cui ai commi 3 e 4, il termine di tre anni, e, per
gli altri incarichi di funzione dirigenziale, il termine di cinque anni. Tali incarichi sono conferiti a persone di particolare e
comprovata qualificazione professionale, che abbiano svolto attività in organismi ed enti pubblici o privati ovvero aziende pubbliche
o private con esperienza acquisita per almeno un quinquennio in funzioni dirigenziali, o che abbiano conseguito una particolare
specializzazione professionale, culturale e scientifica desumibile dalla formazione universitaria e postuniversitaria, da pubblicazioni
scientifiche o da concrete esperienze di lavoro maturate, anche presso amministrazioni statali, in posizioni funzionali previste per
l'accesso alla dirigenza, o che provengano dai settori della ricerca, della docenza universitaria, delle magistrature e dei ruoli degli
avvocati e procuratori dello Stato. Il trattamento economico può essere integrato da una indennità commisurata alla specifica
qualificazione professionale, tenendo conto della temporaneità del rapporto e delle condizioni di mercato relative alle specifiche
competenze professionali. Per il periodo di durata dell'incarico, i dipendenti delle pubbliche amministrazioni sono collocati in
aspettativa senza assegni, con riconoscimento dell'anzianità di servizio.
7. (...). 8. Gli incarichi di funzione dirigenziale di cui al comma 3 cessano decorsi novanta giorni dal voto sulla fiducia al Governo.
9. Degli incarichi di cui ai commi 3 e 4 è data comunicazione al Senato della Repubblica ed alla Camera dei deputati, allegando una
scheda relativa ai titoli ed alle esperienze professionali dei soggetti prescelti.
10. I dirigenti ai quali non sia affidata la titolarità di uffici dirigenziali svolgono, su richiesta degli organi di vertice delle
amministrazioni che ne abbiano interesse, funzioni ispettive, di consulenza, studio e ricerca o altri incarichi specifici previsti
dall'ordinamento, ivi compresi quelli presso i collegi di revisione degli enti pubblici in rappresentanza di amministrazioni
ministeriali.
11. Per la Presidenza del Consiglio dei Ministri, per il ministero degli affari esteri nonché per le amministrazioni che esercitano
competenze in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia e di giustizia, la ripartizione delle attribuzioni tra livelli dirigenziali
differenti è demandata ai rispettivi ordinamenti.
12. Per il personale di cui all'articolo 3, comma 1, il conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali continuerà ad essere
regolato secondo i rispettivi ordinamenti di settore. Restano ferme le disposizioni di cui all'articolo 2 della legge 10 agosto 2000, n.
246.
12-bis. Le disposizioni del presente articolo costituiscono norme non derogabili dai contratti o accordi collettivi.
Articolo 20 Verifica dei risultati.
1. Per la Presidenza del Consiglio dei ministri e per le amministrazioni che esercitano competenze in materia di difesa e sicurezza
dello Stato, di polizia e di giustizia, le operazioni di verifica sono effettuate dal Ministro per i dirigenti e dal Consiglio dei ministri
per i dirigenti preposti ad ufficio di livello dirigenziale generale. I termini e le modalità di attuazione del procedimento di verifica dei
risultati da parte del Ministro competente e del Consiglio dei ministri sono stabiliti rispettivamente con regolamento ministeriale e
con decreto del Presidente della Repubblica adottato ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni ed integrazioni, ovvero fino alla data di entrata in vigore di tale decreto, provvedimenti dei singoli ministeri interessati.
Articolo 21 Responsabilità dirigenziale.
1. Il mancato raggiungimento degli obiettivi, ovvero l'inosservanza delle direttive imputabili al dirigente, valutati con i sistemi e le
garanzie di cui all'articolo 5 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 286, comportano, ferma restando l'eventuale responsabilità
disciplinare secondo la disciplina contenuta nel contratto collettivo, l'impossibilità di rinnovo dello stesso incarico dirigenziale. In
relazione alla gravità dei casi, l'amministrazione può, inoltre, revocare l'incarico collocando il dirigente a disposizione dei ruoli di cui
all'articolo 23, ovvero recedere dal rapporto di lavoro secondo le disposizioni del contratto collettivo.
2. ... 32 3. Restano ferme le disposizioni vigenti per il personale delle qualifiche dirigenziali delle Forze di polizia, delle carriere
diplomatica e prefettizia e delle Forze armate.
Articolo 22 Comitato dei garanti.
1. I provvedimenti di cui all'articolo 21, comma 1, sono adottati previo conforme parere di un comitato di garanti, i cui componenti
sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri. Il comitato è presieduto da un magistrato della Corte dei conti,
con esperienza nel controllo di gestione, designato dal Presidente della Corte dei conti; di esso fanno parte un dirigente della prima
fascia dei ruoli di cui all'articolo 23, eletto dai dirigenti dei medesimi ruoli con le modalità stabilite da apposito regolamento emanato
ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la funzione pubblica, di concerto
con il Ministro dell'economia e delle finanze, e collocato fuori ruolo per la durata del mandato, e un esperto scelto dal Presidente del
105
Consiglio dei ministri, tra soggetti con specifica qualificazione ed esperienza nei settori dell'organizzazione amministrativa del lavoro
pubblico. Il parere viene reso entro trenta giorni dalla richiesta; decorso inutilmente tale termine si prescinde dal parere. Il comitato
dura in carica tre anni. L'incarico non è rinnovabile32.
Articolo 23 Ruolo dei dirigenti. 32
1. In ogni amministrazione dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, è istituito il ruolo dei dirigenti, che si articola nella prima e
nella seconda fascia, nel cui àmbito sono definite apposite sezioni in modo da garantire la eventuale specificità tecnica. I dirigenti
della seconda fascia sono reclutati attraverso i meccanismi di accesso di cui all'articolo 28. I dirigenti della seconda fascia transitano
nella prima qualora abbiano ricoperto incarichi di direzione di uffici dirigenziali generali o equivalenti, in base ai particolari
ordinamenti di cui all'articolo 19, comma 11, per un periodo pari almeno a cinque anni senza essere incorsi nelle misure previste
dall'articolo 21 per le ipotesi di responsabilità dirigenziale.
2. È assicurata la mobilità dei dirigenti nell'àmbito delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, nei limiti dei
posti ivi disponibili. I relativi provvedimenti sono adottati, su domanda dell'interessato, con decreto del Ministro per la funzione
pubblica, sentite l'amministrazione di provenienza e quella di destinazione. I contratti o accordi collettivi nazionali disciplinano,
secondo il criterio della continuità dei rapporti e privilegiando la libera scelta del dirigente, gli effetti connessi ai trasferimenti e alla
mobilità in generale in ordine al mantenimento del rapporto assicurativo con l'ente di previdenza, al trattamento di fine rapporto e
allo stato giuridico legato all'anzianità di servizio e al fondo di previdenza complementare. La Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento della funzione pubblica cura una banca dati informatica contenente i dati relativi ai ruoli delle amministrazioni dello
Stato .
Articolo 23-bis Disposizioni in materia di mobilità tra pubblico e privato. 51
1. In deroga all'articolo 60 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato, di cui al decreto
del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, i dirigenti delle pubbliche amministrazioni, nonché gli appartenenti alla
carriera diplomatica e prefettizia e, limitatamente agli incarichi pubblici, i magistrati ordinari, amministrativi e contabili e gli
avvocati e procuratori dello Stato possono, a domanda, essere collocati in aspettativa senza assegni per lo svolgimento di attività
presso soggetti e organismi, pubblici o privati, anche operanti in sede internazionale, i quali provvedono al relativo trattamento
previdenziale. Resta ferma la disciplina vigente in materia di collocamento fuori ruolo nei casi consentiti. Il periodo di aspettativa
comporta il mantenimento della qualifica posseduta. È sempre ammessa la ricongiunzione dei periodi contributivi a domanda
dell'interessato, ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29, presso una qualsiasi delle forme assicurative nelle quali abbia maturato gli
anni di contribuzione. Quando l'incarico è espletato presso organismi operanti in sede internazionale, la ricongiunzione dei periodi
contributivi è a carico dell'interessato, salvo che l'ordinamento dell'amministrazione di destinazione non disponga altrimenti.
2. I dirigenti di cui all'articolo 19, comma 10, sono collocati a domanda in aspettativa senza assegni per lo svolgimento dei medesimi
incarichi di cui al comma 1 del presente articolo, salvo motivato diniego dell'amministrazione di appartenenza.
3. Per i magistrati ordinari, amministrativi e contabili, e per gli avvocati e procuratori dello Stato, gli organi competenti deliberano il
collocamento in aspettativa, fatta salva per i medesimi la facoltà di valutare ragioni ostative all'accoglimento della domanda.
4. Nel caso di svolgimento di attività presso soggetti diversi dalle amministrazioni pubbliche, il periodo di collocamento in
aspettativa di cui al comma 1 non può superare i cinque anni e non è computabile ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza.
5. L'aspettativa per lo svolgimento di attività o incarichi presso soggetti privati o pubblici da parte del personale di cui al comma 1
non può comunque essere disposta se:
a) il personale, nei due anni precedenti, è stato addetto a funzioni di vigilanza, di controllo ovvero, nel medesimo periodo di tempo,
ha stipulato contratti o formulato pareri o avvisi su contratti o concesso autorizzazioni a favore di soggetti presso i quali intende
svolgere l'attività. Ove l'attività che si intende svolgere sia presso una impresa, il divieto si estende anche al caso in cui le predette
attività istituzionali abbiano interessato imprese che, anche indirettamente, la controllano o ne sono controllate, ai sensi dell'articolo
2359 del codice civile;
b) il personale intende svolgere attività in organismi e imprese private che, per la loro natura o la loro attività, in relazione alle
funzioni precedentemente esercitate, possa cagionare nocumento all'immagine dell'amministrazione o comprometterne il normale
funzionamento o l'imparzialità.
6. Il dirigente non può, nei successivi due anni, ricoprire incarichi che comportino l'esercizio delle funzioni individuate alla lettera a)
del comma 5.
7. Sulla base di appositi protocolli di intesa tra le parti, le amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, possono disporre, per
singoli progetti di interesse specifico dell'amministrazione e con il consenso dell'interessato, l'assegnazione temporanea di personale
presso imprese private. I protocolli disciplinano le funzioni, le modalità di inserimento e l'eventuale attribuzione di un compenso
aggiuntivo, da porre a carico delle imprese destinatarie.
8. Il servizio prestato dai dipendenti durante il periodo di assegnazione temporanea di cui al comma 7 costituisce titolo valutabile ai
fini della progressione di carriera.
9. Le disposizioni del presente articolo non trovano comunque applicazione nei confronti del personale militare e delle Forze di
polizia, nonché del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
10. Con regolamento da emanare ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono individuati i soggetti
privati e gli organismi internazionali di cui al comma 1 e sono definite le modalità e le procedure attuative del presente articolo.
Articolo 24 Trattamento economico.
1. La retribuzione del personale con qualifica di dirigente è determinata dai contratti collettivi per le aree dirigenziali, prevedendo che
il trattamento economico accessorio sia correlato alle funzioni attribuite e alle connesse responsabilità. La graduazione delle funzioni
e responsabilità ai fini del trattamento accessorio è definita, ai sensi dell'articolo 4, con decreto ministeriale per le amministrazioni
dello Stato e con provvedimenti dei rispettivi organi di governo per le altre amministrazioni o enti, ferma restando comunque
l'osservanza dei criteri e dei limiti delle compatibilità finanziarie fissate dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il
Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica.
51
Art. 7, comma 1, L. 15 luglio 2002, n. 145.
106
2. Per gli incarichi di uffici dirigenziali di livello generale ai sensi dell'articolo 19, commi 3 e 4, con contratto individuale è stabilito il
trattamento economico fondamentale, assumendo come parametri di base i valori economici massimi contemplati dai contratti
collettivi per le aree dirigenziali, e sono determinati gli istituti del trattamento economico accessorio, collegato al livello di
responsabilità attribuito con l'incarico di funzione ed ai risultati conseguiti nell'attività amministrativa e di gestione, ed i relativi
importi.
3. Il trattamento economico determinato ai sensi dei commi 1 e 2 remunera tutte le funzioni ed i compiti attribuiti ai dirigenti in base
a quanto previsto dal presente decreto, nonché qualsiasi incarico ad essi conferito in ragione del loro ufficio o comunque conferito
dall'amministrazione presso cui prestano servizio o su designazione della stessa; i compensi dovuti dai terzi sono corrisposti
direttamente alla medesima amministrazione e confluiscono nelle risorse destinate al trattamento economico accessorio della
dirigenza.
4. Per il restante personale con qualifica dirigenziale indicato dall'articolo 3, comma 1, la retribuzione è determinata ai sensi
dell'articolo 2, commi 5 e 7, della legge 6 marzo 1992, n. 216, nonché dalle successive modifiche ed integrazioni della relativa
disciplina.
5. Il bilancio triennale e le relative leggi finanziarie, nell'àmbito delle risorse da destinare ai miglioramenti economici delle categorie
di personale di cui all'articolo 3, indicano le somme da destinare, in caso di perequazione, al riequilibro del trattamento economico
del restante personale dirigente civile e militare non contrattualizzato con il trattamento previsto dai contratti collettivi nazionali per i
dirigenti del comparto ministeri, tenendo conto dei rispettivi trattamenti economici complessivi e degli incrementi comunque
determinatesi a partire dal febbraio 1993, e secondo i criteri indicati nell'articolo 1, comma 2, della legge 2 ottobre 1997, n. 334.
6. I fondi per la perequazione di cui all'articolo 2 della legge 2 ottobre 1997, n. 334, destinati al personale di cui all'articolo 3, comma
2, sono assegnati alle università e da queste utilizzati per l'incentivazione dell'impegno didattico dei professori e ricercatori
universitari, con particolare riferimento al sostegno dell'innovazione didattica, delle attività di orientamento e tutorato, della
diversificazione dell'offerta formativa. Le università possono destinare allo stesso scopo propri fondi, utilizzando anche le somme
attualmente stanziate per il pagamento delle supplenze e degli affidamenti. Le università possono erogare, a valere sul proprio
bilancio, appositi compensi incentivanti ai professori e ricercatori universitari che svolgono attività di ricerca nell'àmbito dei progetti
e dei programmi dell'Unione europea e internazionali. L'incentivazione, a valere sui fondi di cui all'articolo 2 della predetta legge n.
334 del 1997, è erogata come assegno aggiuntivo pensionabile.
7. I compensi spettanti in base a norme speciali ai dirigenti del ruolo unico o equiparati sono assorbiti nel trattamento economico
attribuito ai sensi dei commi precedenti.
8. Ai fini della determinazione del trattamento economico accessorio le risorse che si rendono disponibili ai sensi del comma 7
confluiscono in appositi fondi istituiti presso ciascuna amministrazione, unitamente agli altri compensi previsti dal presente articolo.
9. Una quota pari al 10 per cento delle risorse di ciascun fondo confluisce in un apposito fondo costituito presso la Presidenza del
Consiglio dei ministri. Le predette quote sono ridistribuite tra i fondi di cui al comma 8, secondo criteri diretti ad armonizzare la
quantità di risorse disponibili.
Articolo 25 Dirigenti delle istituzioni scolastiche.
1. Nell'àmbito dell'amministrazione scolastica periferica è istituita la qualifica dirigenziale per i capi di istituto preposti alle
istituzioni scolastiche ed educative alle quali è stata attribuita personalità giuridica ed autonoma a norma dell'articolo 21 della legge
15 marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni. I dirigenti scolastici sono inquadrati in ruoli di dimensioni
regionale e rispondono, agli effetti dell'articolo 21, in ordine ai risultati, che sono valutati tenuto conto della specificità delle funzioni
e sulla base delle verifiche effettuate da un nucleo di valutazione istituito presso l'amministrazione scolastica regionale, presieduto da
un dirigente e composto da esperti anche non appartenenti all'amministrazione stessa.
2. Il dirigente scolastico assicura la gestione unitaria dell'istituzione, ne ha la legale rappresentanza, è responsabile della gestione
delle risorse finanziarie e strumentali e dei risultati del servizio. Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici,
spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di valorizzazione delle risorse umane. In particolare,
il dirigente scolastico, organizza l'attività scolastica secondo criteri di efficienza e di efficacia formative ed è titolare delle relazioni
sindacali.
3. Nell'esercizio delle competenze di cui al comma 2, il dirigente scolastico promuove gli interventi per assicurare la qualità dei
processi formativi e la collaborazione delle risorse culturali, professionali, sociali ed economiche del territorio, per l'esercizio della
libertà di insegnamento, intesa anche come libertà di ricerca e innovazione metodologica e didattica, per l'esercizio della libertà di
scelta educativa delle famiglie e per l'attuazione del diritto all'apprendimento da parte degli alunni.
4. Nell'àmbito delle funzioni attribuite alle istituzioni scolastiche, spetta al dirigente l'adozione dei provvedimenti di gestione delle
risorse e del personale.
5. Nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative e amministrative il dirigente può avvalersi di docenti da lui individuati, ai
quali possono essere delegati specifici compiti, ed è coadiuvato dal responsabile amministrativo, che sovrintende, con autonomia
operativa, nell'àmbito delle direttive di massima impartite e degli obiettivi assegnati, ai servizi amministrativi ed ai servizi generali
dell'istituzione scolastica, coordinando il relativo personale.
6. Il dirigente presenta periodicamente al consiglio di circolo o al consiglio di istituto motivata relazione sulla direzione e il
coordinamento dell'attività formativa, organizzativa e amministrativa al fine di garantire la più ampia informazione e un efficace
raccordo per l'esercizio delle competenze degli organi della istituzione scolastica.
7. I capi di istituto con rapporto di lavoro a tempo indeterminato, ivi compresi i rettori e i vicerettori dei convitti nazionali, le
direttrici e vice direttrici degli educandati, assumono la qualifica di dirigente, previa frequenza di appositi corsi di formazione, all'atto
della preposizione alle istituzioni scolastiche dotate di autonomia e della personalità giuridica a norma dell'articolo 21 della legge 15
marzo 1997, n. 59, e successive modificazioni ed integrazioni, salvaguardando, per quanto possibile, la titolarità della sede di
servizio.
8. Il Ministro della pubblica istruzione, con proprio decreto, definisce gli obiettivi, i contenuti e la durata della formazione; determina
le modalità di partecipazione ai diversi moduli formativi e delle connesse verifiche; definisce i criteri di valutazione e di
certificazione della qualità di ciascun corso; individua gli organi dell'amministrazione scolastica responsabili dell'articolazione e del
coordinamento dei corsi sul territorio, definendone i criteri; stabilisce le modalità di svolgimento dei corsi con il loro affidamento ad
università, agenzie specializzate ed enti pubblici e privati anche tra loro associati o consorziati.
107
9. La direzione dei conservatori di musica, delle accademie di belle arti, degli istituti superiori per le industrie artistiche e delle
accademie nazionali di arte drammatica e di danza, è equiparata alla dirigenza dei capi d'istituto. Con decreto del Ministro della
pubblica istruzione sono disciplinate le modalità di designazione e di conferimento e la durata dell'incarico, facendo salve le
posizioni degli attuali direttori di ruolo.
10. Contestualmente all'attribuzione della qualifica dirigenziale, ai vicerettori dei convitti nazionali e delle vicedirettrici degli
educandati sono soppressi i corrispondenti posti. Alla conclusione delle operazioni sono soppressi i relativi ruoli.
11. I capi d'istituto che rivestano l'incarico di Ministro o Sottosegretario di Stato, ovvero siano in aspettativa per mandato
parlamentare o amministrativo o siano in esonero sindacale, distaccati, comandati, utilizzati o collocati fuori ruolo possono assolvere
all'obbligo di formazione mediante la frequenza di appositi moduli nell'àmbito della formazione prevista dal presente articolo, ovvero
della formazione di cui all'articolo 29. In tale ultimo caso l'inquadramento decorre ai fini giuridici dalla prima applicazione degli
inquadramenti di cui al comma 7 ed ai fini economici dalla data di assegnazione ad una istituzione scolastica autonoma.
Articolo 26 Norme per la dirigenza del Servizio sanitario nazionale.
1. Alla qualifica di dirigente dei ruoli professionale, tecnico ed amministrativo del Servizio sanitario nazionale si accede mediante
concorso pubblico per titoli ed esami, al quale sono ammessi candidati in possesso del relativo diploma di laurea, con cinque anni di
servizio effettivo corrispondente alla medesima professionalità prestato in enti del Servizio sanitario nazionale nella posizione
funzionale di settimo e ottavo livello, ovvero in qualifiche funzionali di settimo, ottavo e nono livello di altre pubbliche
amministrazioni. Relativamente al personale del ruolo tecnico e professionale, l'ammissione è altresì consentita ai candidati in
possesso di esperienze lavorative con rapporto di lavoro libero-professionale o di attività coordinata e continuata presso enti o
pubbliche amministrazioni, ovvero di attività documentate presso studi professionali privati, società o istituti di ricerca, aventi
contenuto analogo a quello previsto per corrispondenti profili del ruolo medesimo.
2. Nell'attribuzione degli incarichi dirigenziali determinati in relazione alla struttura organizzativa derivante dalle leggi regionali di
cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, si deve tenere conto della posizione funzionale posseduta dal
relativo personale all'atto dell'inquadramento nella qualifica di dirigente. È assicurata la corrispondenza di funzioni, a parità di
struttura organizzativa, dei dirigenti di più elevato livello dei ruoli di cui al comma 1 con i dirigenti di secondo livello del ruolo
sanitario.
3. Fino alla ridefinizione delle piante organiche non può essere disposto alcun incremento dalle dotazioni organiche per ciascuna
delle attuali posizioni funzionali dirigenziali del ruolo sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo.
Articolo 27 Criteri di adeguamento per le pubbliche amministrazioni non statali.
1. Le regioni a statuto ordinario, nell'esercizio della propria potestà statutaria, legislativa e regolamentare, e le altre pubbliche
amministrazioni, nell'esercizio della propria potestà statutaria e regolamentare, adeguano ai princìpi dell'articolo 4 e del presente capo
i propri ordinamenti, tenendo conto delle relative peculiarità. Gli enti pubblici non economici nazionali si adeguano, anche in deroga
alle speciali disposizioni di legge che li disciplinano, adottando appositi regolamenti di organizzazione.
2. Le pubbliche amministrazioni di cui al comma 1 trasmettono, entro due mesi dalla adozione, le deliberazioni, le disposizioni ed i
provvedimenti adottati in attuazione del medesimo comma alla Presidenza del Consiglio dei ministri, che ne cura la raccolta e la
pubblicazione.
Sezione II - Accesso alla dirigenza e riordino della Scuola superiore della pubblica amministrazione
Articolo 28 Accesso alla qualifica di dirigente. 52
1. L'accesso alla qualifica di dirigente nelle amministrazioni statali, anche ad ordinamento autonomo, e negli enti pubblici non
economici avviene per concorso per esami indetto dalle singole amministrazioni ovvero per corso-concorso selettivo di formazione
bandito dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione.
2. Al concorso per esami possono essere ammessi i dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che
abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio o, se in possesso del diploma di specializzazione conseguito presso le scuole di
specializzazione individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell'istruzione,
dell'università e della ricerca, almeno tre anni di servizio, svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso
del diploma di laurea. Per i dipendenti delle amministrazioni statali reclutati a seguito di corso-concorso, il periodo di servizio è
ridotto a quattro anni. Sono, altresì, ammessi soggetti in possesso della qualifica di dirigente in enti e strutture pubbliche non
ricomprese nel campo di applicazione dell'articolo 1, comma 2, muniti del diploma di laurea, che hanno svolto per almeno due anni
le funzioni dirigenziali. Sono, inoltre, ammessi coloro che hanno ricoperto incarichi dirigenziali o equiparati in amministrazioni
pubbliche per un periodo non inferiore a cinque anni, purché muniti di diploma di laurea. Sono altresì ammessi i cittadini italiani,
forniti di idoneo titolo di studio universitario, che hanno maturato, con servizio continuativo per almeno quattro anni presso enti od
organismi internazionali, esperienze lavorative in posizioni funzionali apicali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del
diploma di laurea53.
3. Al corso-concorso selettivo di formazione possono essere ammessi, con le modalità stabilite nel regolamento di cui al comma 5,
soggetti muniti di laurea nonché di uno dei seguenti titoli: laurea specialistica, diploma di specializzazione, dottorato di ricerca, o
altro titolo post-universitario rilasciato da istituti universitari italiani o stranieri, ovvero da primarie istituzioni formative pubbliche o
private, secondo modalità di riconoscimento disciplinate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, sentiti il Ministero
dell'istruzione, dell'università e della ricerca e la Scuola superiore della pubblica amministrazione. Al corso-concorso possono essere
ammessi dipendenti di ruolo delle pubbliche amministrazioni, muniti di laurea, che abbiano compiuto almeno cinque anni di servizio,
svolti in posizioni funzionali per l'accesso alle quali è richiesto il possesso del diploma di laurea. Possono essere ammessi, altresì,
dipendenti di strutture private, collocati in posizioni professionali equivalenti a quelle indicate nel comma 2 per i dipendenti pubblici,
secondo modalità individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23
agosto 1988, n. 400. Tali dipendenti devono essere muniti del diploma di laurea e avere maturato almeno cinque anni di esperienza
lavorativa in tali posizioni professionali all'interno delle strutture stesse.
52
53
Art. 3, comma 5, L. 15 luglio 2002, n. 145.
Art. 14, L. 29 luglio 2003, n. 229
108
4. Il corso di cui al comma 3 ha la durata di dodici mesi ed è seguito, previo superamento di esame, da un semestre di applicazione
presso amministrazioni pubbliche o private. Al termine, i candidati sono sottoposti ad un esame-concorso finale. Ai partecipanti al
corso e al periodo di applicazione è corrisposta una borsa di studio a carico della Scuola superiore della pubblica amministrazione54.
5. Con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro per la
funzione pubblica sentita, per la parte relativa al corso-concorso, la Scuola superiore della pubblica amministrazione, sono definiti:
a) le percentuali, sul complesso dei posti di dirigente disponibili, riservate al concorso per esami e, in misura non inferiore al 30 per
cento, al corso-concorso; b) la percentuale di posti che possono essere riservati al personale di ciascuna amministrazione che indice i
concorsi pubblici per esami; c) i criteri per la composizione e la nomina delle commissioni esaminatrici; d) le modalità di
svolgimento delle selezioni, prevedendo anche la valutazione delle esperienze di servizio professionali maturate nonché, nella fase di
prima applicazione del concorso di cui al comma 2, una riserva di posti non superiore al 30 per cento per il personale appartenente da
almeno quindici anni alla qualifica apicale, comunque denominata, della carriera direttiva; e) l'ammontare delle borse di studio per i
partecipanti al corso-concorso.
6. I vincitori dei concorsi di cui al comma 2, anteriormente al conferimento del primo incarico dirigenziale, frequentano un ciclo di
attività formative organizzato dalla Scuola superiore della pubblica amministrazione e disciplinato ai sensi del decreto legislativo 30
luglio 1999, n. 287. Tale ciclo può comprendere anche l'applicazione presso amministrazioni italiane e straniere, enti o organismi
internazionali, istituti o aziende pubbliche o private. Il medesimo ciclo formativo, di durata non superiore a dodici mesi, può
svolgersi anche in collaborazione con istituti universitari italiani o stranieri, ovvero primarie istituzioni formative pubbliche o private.
7. In coerenza con la programmazione del fabbisogno di personale delle amministrazioni pubbliche ai sensi dell'articolo 39 della
legge 27 dicembre 1997, n. 449, le amministrazioni di cui al comma 1 comunicano, entro il 30 giugno di ciascun anno, alla
Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, il numero dei posti che si renderanno vacanti nei propri
ruoli dei dirigenti. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 luglio di ciascun anno, comunica alla Scuola superiore della
pubblica amministrazione i posti da coprire mediante corso-concorso di cui al comma 3. Il corso-concorso è bandito dalla Scuola
superiore della pubblica amministrazione entro il 31 dicembre di ciascun anno 36.
8. Restano ferme le vigenti disposizioni in materia di accesso alle qualifiche dirigenziali delle carriere diplomatica e prefettizia, delle
Forze di polizia, delle Forze armate e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.
9. Per le finalità di cui al presente articolo, è attribuito alla Scuola superiore della pubblica amministrazione un ulteriore contributo di
1.500 migliaia di euro a decorrere dall'anno 2002.
10. All'onere derivante dall'attuazione del comma 9, pari a 1.500 migliaia di euro a decorrere dall'anno 2002, si provvede mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 2002-2004, nell'àmbito dell'unità previsionale di
base di parte corrente «Fondo speciale» dello stato di previsione del Ministero dell'economia e delle finanze per l'anno 2002, allo
scopo parzialmente utilizzando l'accantonamento relativo al medesimo Ministero.
Articolo 29 Reclutamento dei dirigenti scolastici.
1. Il reclutamento dei dirigenti scolastici si realizza mediante un corso concorso selettivo di formazione, indetto con decreto del
Ministro della pubblica istruzione, svolto in sede regionale con cadenza periodica, comprensivo di moduli di formazione comune e di
moduli di formazione specifica per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria superiore e per gli istituti educativi. Al
corso concorso è ammesso il personale docente ed educativo delle istituzioni statali che abbia maturato, dopo la nomina in ruolo, un
servizio effettivamente prestato di almeno sette anni con possesso di laurea, nei rispettivi settori formativi, fatto salvo quanto previsto
al comma 4.
2. Il numero di posti messi a concorso in sede regionale rispettivamente per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria
superiore e per le istituzioni educative è calcolato sommando i posti già vacanti e disponibili per la nomina in ruolo alla data della sua
indizione, residuati dopo gli inquadramenti di cui all'articolo 25, ovvero dopo la nomina di tutti i vincitori del precedente concorso, e
i posti che si libereranno nel corso del triennio successivo per collocamento a riposo per limiti di età, maggiorati della percentuale
media triennale di cessazione dal servizio per altri motivi e di un'ulteriore percentuale del 25 per cento, tenendo conto dei posti da
riservare alla mobilità.
3. Il corso concorso, si articola in una selezione per titoli, in un concorso di ammissione, in un periodo di formazione e in un esame
finale. Al concorso di ammissione accedono coloro che superano la selezione per titoli disciplinata dal bando di concorso. Sono
ammessi al periodo di formazione i candidati utilmente inseriti nella graduatoria del concorso di ammissione entro il limite del
numero dei posti messi a concorso a norma del comma 2 rispettivamente per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria
superiore e per le istituzioni educative, maggiorati del dieci per cento. Nel primo corso concorso, bandito per il numero di posti
determinato ai sensi del comma 2 dopo l'avvio delle procedure di inquadramento di cui all'articolo 25, il 50 per cento dei posti così
determinati è riservato a coloro che abbiano effettivamente ricoperto per almeno un triennio le funzioni di preside incaricato previo
superamento di un esame di ammissione a loro riservato. Ai fini dell'accesso al corso di formazione il predetto personale viene
graduato tenendo conto dell'esito del predetto esame di ammissione, dei titoli culturali e professionali posseduti e dell'anzianità di
servizio maturata quale preside incaricato.
4. Il periodo di formazione, di durata non inferiore a quello previsto dal decreto di cui all'articolo 25, comma 2, comprende periodi di
tirocinio ed esperienze presso enti e istituzioni; il numero dei moduli di formazione comune e specifica, i contenuti, la durata e le
modalità di svolgimento sono disciplinati con decreto del Ministro della pubblica istruzione, d'intesa con il Ministro per la funzione
pubblica, che individua anche i soggetti abilitati a realizzare la formazione. Con lo stesso decreto sono disciplinati i requisiti e i limiti
di partecipazione al corso concorso per posti non coerenti con la tipologia del servizio prestato.
5. In esito all'esame finale sono dichiarati vincitori coloro che l'hanno superato, in numero non superiore ai posti messi a concorso,
rispettivamente per la scuola elementare e media, per la scuola secondaria e per le istituzioni educative. Nel primo corso concorso
bandito dopo l'avvio delle procedure d'inquadramento di cui all'articolo 25, il 50 per cento dei posti messi a concorso è riservato al
personale in possesso dei requisiti di servizio come preside incaricato indicati al comma 3. I vincitori sono assunti in ruolo nel limite
dei posti annualmente vacanti e disponibili, nell'ordine delle graduatorie definitive. In caso di rifiuto della nomina sono depennati
dalla graduatoria. L'assegnazione della sede è disposta sulla base dei princìpi del presente decreto, tenuto conto delle specifiche
esperienze professionali. I vincitori in attesa di nomina continuano a svolgere l'attività docente. Essi possono essere
54
Art. 34, comma 25, lettera b), L. 27 dicembre 2002, n. 289.
109
temporaneamente utilizzati, per la sostituzione dei dirigenti assenti per almeno tre mesi. Dall'anno scolastico successivo alla data di
approvazione della prima graduatoria non sono più conferiti incarichi di presidenza.
6. Alla frequenza dei moduli di formazione specifica sono ammessi, nel limite del contingente stabilito in sede di contrattazione
collettiva, anche i dirigenti che facciano domanda di mobilità professionale tra i diversi settori. L'accoglimento della domanda è
subordinato all'esito positivo dell'esame finale relativo ai moduli frequentati.
7. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro della pubblica istruzione, di concerto col Ministro
per la funzione pubblica sono definiti i criteri per la composizione delle commissioni esaminatrici.
Capo III - Uffici, piante organiche, mobilità e accessi
Articolo 30 Passaggio diretto di personale tra amministrazioni diverse.
1. Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti appartenenti alla stessa
qualifica in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento. Il trasferimento è disposto previo consenso
dell'amministrazione di appartenenza.
2. I contratti collettivi nazionali possono definire le procedure e i criteri generali per l'attuazione di quanto previsto dal comma 1.
Articolo 31 Passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività.
1. Fatte salve le disposizioni speciali, nel caso di trasferimento o conferimento di attività, svolte da pubbliche amministrazioni, enti
pubblici o loro aziende o strutture, ad altri soggetti, pubblici o privati, al personale che passa alle dipendenze di tali soggetti si
applicano l'articolo 2112 del codice civile e si osservano le procedure di informazione e di consultazione di cui all'articolo 47, commi
da 1 a 4, della legge 29 dicembre 1990, n. 428.
Articolo 32 Scambio di funzionari appartenenti a Paesi diversi e temporaneo servizio all'estero.
1. Anche al fine di favorire lo scambio internazionale di esperienze amministrative, i dipendenti delle amministrazioni pubbliche, a
seguito di appositi accordi di reciprocità stipulati tra la amministrazioni interessate, d'intesa con il Ministero degli affari esteri ed il
Dipartimento della funzione pubblica, possono essere destinati a prestare temporaneamente servizio presso amministrazioni
pubbliche degli Stati membri dell'Unione europea, degli Stati candidati all'adesione e di altri Stati con cui l'Italia intrattiene rapporti
di collaborazione, nonché presso gli organismi dell'Unione europea e le organizzazioni ed enti internazionali cui l'Italia aderisce.
2. Il trattamento economico potrà essere a carico delle amministrazioni di provenienza, di quelle di destinazione o essere suddiviso
tra esse, ovvero essere rimborsato in tutto o in parte allo Stato italiano dall'Unione europea o da una organizzazione o ente
internazionale.
3. Il personale che presta temporaneo servizio all'estero resta a tutti gli effetti dipendente dell'amministrazione di appartenenza.
L'esperienza maturata all'estero è valutata ai fini dello sviluppo professionale degli interessati.
Articolo 33 Eccedenze di personale e mobilità collettiva.
1. Le pubbliche amministrazioni che rilevino eccedenze di personale sono tenute ad informare preventivamente le organizzazioni
sindacali di cui al comma 3 e ad osservare le procedure previste dal presente articolo. Si applicano, salvo quanto previsto dal presente
articolo, le disposizioni di cui alla legge 23 luglio 1991, n. 223, ed in particolare l'articolo 4, comma 11 e l'articolo 5, commi 1 e 2, e
successive modificazioni ed integrazioni.
2. Il presente articolo trova applicazione quando l'eccedenza rilevata riguardi almeno dieci dipendenti. Il numero di dieci unità si
intende raggiunto anche in caso di dichiarazione di eccedenza distinte nell'arco di un anno. In caso di eccedenze per un numero
inferiore a 10 unità agli interessati si applicano le disposizioni previste dai commi 7 e 8.
3. La comunicazione preventiva di cui all'articolo 4, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, viene fatta alle rappresentanze
unitarie del personale e alle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo nazionale del comparto o area. La
comunicazione deve contenere l'indicazione dei motivi che determinano la situazione di eccedenza; dei motivi tecnici e organizzativi
per i quali si ritiene di non poter adottare misure idonee a riassorbire le eccedenze all'interno della medesima amministrazione; del
numero, della collocazione, delle qualifiche del personale eccedente, nonché del personale abitualmente impiegato, delle eventuali
proposte per risolvere la situazione di eccedenza e dei relativi tempi di attuazione, delle eventuali misure programmate per
fronteggiare le conseguenze sul piano sociale dell'attuazione delle proposte medesime.
4. Entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, a richiesta delle organizzazioni sindacali di cui al
comma 3, si procede all'esame delle cause che hanno contribuito a determinare l'eccedenza del personale e delle possibilità di diversa
utilizzazione del personale eccedente, o di una sua parte. L'esame è diretto a verificare le possibilità di pervenire ad un accordo sulla
ricollocazione totale o parziale del personale eccedente o nell'àmbito della stessa amministrazione, anche mediante il ricorso a forme
flessibili di gestione del tempo di lavoro o a contratti di solidarietà, ovvero presso altre amministrazioni comprese nell'àmbito della
Provincia o in quello diverso determinato ai sensi del comma 6. Le organizzazioni sindacali che partecipano all'esame hanno diritto
di ricevere, in relazione a quanto comunicato dall'amministrazione, le informazioni necessarie ad un utile confronto.
5. La procedura si conclude decorsi quarantacinque giorni dalla data del ricevimento della comunicazione di cui al comma 3, o con
l'accordo o con apposito verbale nel quale sono riportate le diverse posizioni delle parti. In caso di disaccordo, le organizzazioni
sindacali possono richiedere che il confronto prosegua, per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, e gli enti
pubblici nazionali, presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri, con l'assistenza
dell'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni - ARAN, e per le altre amministrazioni, ai sensi degli
articoli 3 e 4 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e successive modificazioni ed integrazioni. La procedura si conclude
in ogni caso entro sessanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1.
6. I contratti collettivi nazionali possono stabilire criteri generali e procedure per consentire, tenuto conto delle caratteristiche del
comparto, la gestione delle eccedenze di personale attraverso il passaggio diretto ad altre amministrazioni nell'àmbito della provincia
o in quello diverso che, in relazione alla distribuzione territoriale delle amministrazioni o alla situazione del mercato del lavoro, sia
stabilito dai contratti collettivi nazionali. Si applicano le disposizioni dell'articolo 30.
7. Conclusa la procedura di cui ai commi 3, 4 e 5, l'amministrazione colloca in disponibilità il personale che non sia possibile
impiegare diversamente nell'àmbito della medesima amministrazione e che non possa essere ricollocato presso altre amministrazioni,
ovvero che non abbia preso servizio presso la diversa amministrazione che, secondo gli accordi intervenuti ai sensi dei commi
precedenti, ne avrebbe consentito la ricollocazione.
8. Dalla data di collocamento in disponibilità restano sospese tutte le obbligazioni inerenti al rapporto di lavoro e il lavoratore ha
diritto ad un'indennità pari all'80 per cento dello stipendio e dell'indennità integrativa speciale, con esclusione di qualsiasi altro
emolumento retributivo comunque denominato, per la durata massima di ventiquattro mesi. I periodi di godimento dell'indennità
110
sono riconosciuti ai fini della determinazione dei requisiti di accesso alla pensione e della misura della stessa. È riconosciuto altresì il
diritto all'assegno per il nucleo familiare di cui all'articolo 2 del decreto-legge 13 marzo 1988, n. 69, convertito, con modificazioni,
dalla legge 13 maggio 1988, n. 153, e successive modificazioni ed integrazioni.
Articolo 34 Gestione del personale in disponibilità.
1. Il personale in disponibilità è iscritto in appositi elenchi.
2. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo e per gli enti pubblici non economici nazionali, il
Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri forma e gestisce l'elenco, avvalendosi anche, ai fini
della riqualificazione professionale del personale e della sua ricollocazione in altre amministrazioni, della collaborazione delle
strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, e realizzando opportune forme di
coordinamento con l'elenco di cui al comma 3.
3. Per le altre amministrazioni, l'elenco è tenuto dalle strutture regionali e provinciali di cui al decreto legislativo 23 dicembre 1997,
n. 469, e successive modificazioni ed integrazioni, alle quali sono affidati i compiti di riqualificazione professionale e ricollocazione
presso altre amministrazioni del personale. Le leggi regionali previste dal decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, nel
provvedere all'organizzazione del sistema regionale per l'impiego, si adeguano ai princìpi di cui al comma 2.
4. Il personale in disponibilità iscritto negli appositi elenchi ha diritto all'indennità di cui all'articolo 33, comma 8, per la durata
massima ivi prevista. La spesa relativa grava sul bilancio dell'amministrazione di appartenenza sino al trasferimento ad altra
amministrazione, ovvero al raggiungimento del periodo massimo di fruizione dell'indennità di cui al medesimo comma 8. Il rapporto
di lavoro si intende definitivamente risolto a tale data, fermo restando quanto previsto nell'articolo 33. Gli oneri sociali relativi alla
retribuzione goduta al momento del collocamento in disponibilità sono corrisposti dall'amministrazione di appartenenza all'ente
previdenziale di riferimento per tutto il periodo della disponibilità.
5. I contratti collettivi nazionali possono riservare appositi fondi per la riqualificazione professionale del personale trasferito ai sensi
dell'articolo 33 o collocato in disponibilità e per favorire forme di incentivazione alla ricollocazione del personale, in particolare
mediante mobilità volontaria.
6. Nell'àmbito della programmazione triennale del personale di cui all'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni ed integrazioni, le nuove assunzioni sono subordinate alla verificata impossibilità di ricollocare il personale in
disponibilità iscritto nell'apposito elenco.
7. Per gli enti pubblici territoriali le economie derivanti dalla minore spesa per effetto del collocamento in disponibilità restano a
disposizione del loro bilancio e possono essere utilizzate per la formazione e la riqualificazione del personale nell'esercizio
successivo.
8. Sono fatte salve le procedure di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, relative al collocamento in disponibilità presso gli
enti che hanno dichiarato il dissesto.
Art. 34-bis Disposizioni in materia di mobilità del personale.
1. Le amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, con esclusione delle amministrazioni previste dall'articolo 3, comma
1, ivi compreso il Corpo nazionale dei vigili del fuoco, prima di avviare le procedure di assunzione di personale, sono tenute a
comunicare ai soggetti di cui all'articolo 34, commi 2 e 3, l'area, il livello e la sede di destinazione per i quali si intende bandire il
concorso nonché, se necessario, le funzioni e le eventuali specifiche idoneità richieste. 55
2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di concerto con il Ministero dell'economia e delle
finanze e le strutture regionali e provinciali di cui all'articolo 34, comma 3, provvedono, entro quindici giorni dalla comunicazione,
ad assegnare il personale collocato in disponibilità ai sensi degli articoli 33 e 34, ovvero interessato ai processi di mobilità previsti
dalle leggi e dai contratti collettivi. Le predette strutture regionali e provinciali, accertata l'assenza negli appositi elenchi di personale
da assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il concorso, comunicano tempestivamente alla Presidenza del Consiglio dei
Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, le informazioni inviate dalle stesse amministrazioni. Entro quindici giorni dal
ricevimento della predetta comunicazione, la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della funzione pubblica, di
concerto con il Ministero dell'economia e delle finanze, provvede ad assegnare alle amministrazioni che intendono bandire il
concorso il personale inserito nell'elenco previsto dall'articolo 34, comma 2, nonché collocato in disponibilità in forza di specifiche
disposizioni normative.
3. Le amministrazioni possono provvedere a organizzare percorsi di qualificazione del personale assegnato ai sensi del comma 2.
4. Le amministrazioni, decorsi due mesi dalla comunicazione di cui al comma 1, possono procedere all'avvio della procedura
concorsuale per le posizioni per le quali non sia intervenuta l'assegnazione di personale ai sensi del comma 2.
5. Le assunzioni effettuate in violazione del presente articolo sono nulle di diritto. Restano ferme le disposizioni previste dall'articolo
39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
Articolo 35 Reclutamento del personale.
1. L'assunzione nelle amministrazioni pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:
a) tramite procedure selettive, conformi ai princìpi del comma 3, volte all'accertamento della professionalità richiesta, che
garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno;
b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le qualifiche e profili per i
quali è richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità.
2. Le assunzioni obbligatorie da parte delle amministrazioni pubbliche, aziende ed enti pubblici dei soggetti di cui alla legge 12
marzo 1999, n. 68, avvengono per chiamata numerica degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della vigente normativa, previa
verifica della compatibilità della invalidità con le mansioni da svolgere. Per il coniuge superstite e per i figli del personale delle Forze
armate, delle Forze dell'ordine, del Corpo nazionale dei vigili del fuoco e del personale della Polizia municipale deceduto
nell'espletamento del servizio, nonché delle vittime del terrorismo e della criminalità organizzata di cui alla legge 13 agosto 1980, n.
466, e successive modificazioni ed integrazioni, tali assunzioni avvengono per chiamata diretta nominativa.
3. Le procedure di reclutamento nelle pubbliche amministrazioni si conformano ai seguenti princìpi:
a) adeguata pubblicità della selezione e modalità di svolgimento che garantiscano l'imparzialità e assicurino economicità e celerità di
espletamento, ricorrendo, ove è opportuno, all'ausilio di sistemi automatizzati, diretti anche a realizzare forme di preselezione;
55
Art. 7, L. 16 gennaio 2003, n. 3.
111
b) adozione di meccanismi oggettivi e trasparenti, idonei a verificare il possesso dei requisiti attitudinali e professionali richiesti in
relazione alla posizione da ricoprire;
c) rispetto delle pari opportunità tra lavoratrici e lavoratori;
d) decentramento delle procedure di reclutamento;
e) composizione delle commissioni esclusivamente con esperti di provata competenza nelle materie di concorso, scelti tra funzionari
delle amministrazioni, docenti ed estranei alle medesime, che non siano componenti dell'organo di direzione politica
dell'amministrazione, che non ricoprano cariche politiche e che non siano rappresentanti sindacali o designati dalle confederazioni ed
organizzazioni sindacali o dalle associazioni professionali.
4. Le determinazioni relative all'avvio di procedure di reclutamento sono adottate da ciascuna amministrazione o ente sulla base
della programmazione triennale del fabbisogno di personale deliberata ai sensi dell'articolo 39 della legge 27 dicembre 1997, n. 449,
e successive modificazioni ed integrazioni. Per le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, l'avvio delle
procedure è subordinato alla previa deliberazione del Consiglio dei ministri adottata ai sensi dell'articolo 39, comma 3, della legge 27
dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni ed integrazioni.
5. I concorsi pubblici per le assunzioni nelle amministrazioni dello Stato e nelle aziende autonome si espletano di norma a livello
regionale. Eventuali deroghe, per ragioni tecnico-amministrative o di economicità, sono autorizzate dal Presidente del Consiglio dei
ministri. Per gli uffici aventi sede regionale, compartimentale o provinciale possono essere banditi concorsi unici circoscrizionali per
l'accesso alle varie professionalità.
6. Ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei ministri e le amministrazioni che esercitano
competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, di polizia, di giustizia ordinaria, amministrativa, contabile e di
difesa in giudizio dello Stato, si applica il disposto di cui all'articolo 26 della legge 1° febbraio 1989, n. 53, e successive
modificazioni ed integrazioni.
7. Il regolamento sull'ordinamento degli uffici e dei servizi degli enti locali disciplina le dotazioni organiche, le modalità di
assunzione agli impieghi, i requisiti di accesso e le procedure concorsuali, nel rispetto dei princìpi fissati dai commi precedenti.
Articolo 36 Forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale.
1. Le pubbliche amministrazioni, nel rispetto delle disposizioni sul reclutamento del personale di cui ai commi precedenti, si
avvalgono delle forme contrattuali flessibili di assunzione e di impiego del personale previste dal codice civile e dalle leggi sui
rapporti di lavoro subordinato nell'impresa. I contratti collettivi nazionali provvedono a disciplinare la materia dei contratti a tempo
determinato, dei contratti di formazione e lavoro, degli altri rapporti formativi e della fornitura di prestazioni di lavoro temporaneo, in
applicazione di quanto previsto dalla legge 18 aprile 1962, n. 230, dall'articolo 23 della legge 28 febbraio 1987, n. 56, dall'articolo 3
del decreto legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, dall'articolo 16 del
decreto legge 16 maggio 1994, n. 299, convertito con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1994, n. 451, dalla legge 24 giugno 1997,
n. 196, nonché da ogni successiva modificazione o integrazione della relativa disciplina.
2. In ogni caso, la violazione di disposizioni imperative riguardanti l'assunzione o l'impiego di lavoratori, da parte delle pubbliche
amministrazioni, non può comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato con le medesime pubbliche
amministrazioni, ferma restando ogni responsabilità e sanzione. Il lavoratore interessato ha diritto al risarcimento del danno derivante
dalla prestazione di lavoro in violazione di disposizioni imperative. Le amministrazioni hanno l'obbligo di recuperare le somme
pagate a tale titolo nei confronti dei dirigenti responsabili, qualora la violazione sia dovuta a dolo o colpa grave.
Articolo 37 Accertamento delle conoscenze informatiche e di lingue straniere nei concorsi pubblici.
1. A decorrere dal 1° gennaio 2000 i bandi di concorso per l'accesso alle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2,
prevedono l'accertamento della conoscenza dell'uso delle apparecchiature e delle applicazioni informatiche più diffuse e di almeno
una lingua straniera.
2. Per i dirigenti il regolamento di cui all'articolo 28 definisce il livello di conoscenza richiesto e le modalità per il relativo
accertamento.
3. Per gli altri dipendenti delle amministrazioni dello Stato, con regolamento emanato ai sensi dell'articolo 17, comma 1, della legge
23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed integrazioni, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, sono
stabiliti i livelli di conoscenza, anche in relazione alla professionalità cui si riferisce il bando, e le modalità per l'accertamento della
conoscenza medesima. Il regolamento stabilisce altresì i casi nei quali il comma 1 non si applica.
Articolo 38 Accesso dei cittadini degli Stati membri della Unione europea.
1. I cittadini degli Stati membri dell'Unione europea possono accedere ai posti di lavoro presso le amministrazioni pubbliche che non
implicano esercizio diretto o indiretto di pubblici poteri, ovvero non attengono alla tutela dell'interesse nazionale.
2. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, ai sensi dell'articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive
modificazioni ed integrazioni, sono individuati i posti e le funzioni per i quali non può prescindersi dal possesso della cittadinanza
italiana, nonché i requisiti indispensabili all'accesso dei cittadini di cui al comma 1.
3. Nei casi in cui non sia intervenuta una disciplina di livello comunitario, all'equiparazione dei titoli di studio e professionali si
provvede con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato su proposta dei Ministri competenti. Con eguale procedura si
stabilisce l'equivalenza tra i titoli accademici e di servizio rilevanti ai fini dell'ammissione al concorso e della nomina.
Articolo 39 Assunzioni obbligatorie delle categorie protette e tirocinio per portatori di handicap.
1. Le amministrazioni pubbliche promuovono o propongono programmi di assunzione per portatori di handicap ai sensi dell'articolo
11 della legge 12 marzo 1999, n. 68, sulla base delle direttive impartite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento
della funzione pubblica e dal Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, cui confluisce il Dipartimento degli affari
sociali della Presidenza del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 45, comma 3 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 con
le decorrenze previste dall'articolo 10, commi 3 e 4, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303.
TITOLO III Contrattazione collettiva e rappresentatività sindacale
Articolo 40 Contratti collettivi nazionali e integrativi.
1. La contrattazione collettiva si svolge su tutte le materie relative al rapporto di lavoro ed alle relazioni sindacali.
2. Mediante appositi accordi tra l'ARAN e le confederazioni rappresentative ai sensi dell'articolo 43, comma 4, sono stabiliti i
comparti della contrattazione collettiva nazionale riguardanti settori omogenei o affini. I dirigenti costituiscono un'area contrattuale
autonoma relativamente a uno o più comparti. I professionisti degli enti pubblici, già appartenenti alla X qualifica funzionale, i
112
ricercatori e i tecnologi degli enti di ricerca, compresi quelli dell'ENEA, costituiscono, senza alcun onere aggiuntivo di spesa a carico
delle amministrazioni interessate, unitamente alla dirigenza, in separata sezione, un'area contrattuale autonoma, nel rispetto della
distinzione di ruolo e funzioni 56[29]. Resta fermo per l'area contrattuale della dirigenza del ruolo sanitario quanto previsto dall'articolo
15 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni. Agli accordi che definiscono i
comparti o le aree contrattuali si applicano le procedure di cui all'articolo 41, comma 6. Per le figure professionali che, in posizione
di elevata responsabilità, svolgono compiti di direzione o che comportano iscrizione ad albi e per gli archeologi e gli storici dell'arte
aventi il requisito di cui all'articolo 1, comma 3, della legge 7 luglio 1988, n. 254, nonché per gli archivisti di Stato, i bibliotecari e gli
esperti di cui all'articolo 2, comma 1, della medesima legge, che, in posizione di elevata responsabilità, svolgono compiti tecnico
scientifici e di ricerca, sono stabilite discipline distinte nell'àmbito dei contratti collettivi di comparto 57[30].
3. La contrattazione collettiva disciplina, in coerenza con il settore privato, la durata dei contratti collettivi nazionali e integrativi, la
struttura contrattuale e i rapporti tra diversi livelli. Le pubbliche amministrazioni attivano autonomi livelli di contrattazione collettiva
integrativa, nel rispetto dei vincoli di bilancio risultanti dagli strumenti di programmazione annuale e pluriennale di ciascuna
amministrazione. La contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali,
tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono; essa può avere àmbito territoriale e riguardare più
amministrazioni. Le pubbliche amministrazioni non possono sottoscrivere in sede decentrata contratti collettivi integrativi in
contrasto con vincoli risultanti dai contratti collettivi nazionali o che comportino oneri non previsti negli strumenti di
programmazione annuale e pluriennale di ciascuna amministrazione. Le clausole difformi sono nulle e non possono essere applicate.
4. Le pubbliche amministrazioni adempiono agli obblighi assunti con i contratti collettivi nazionali o integrativi dalla data della
sottoscrizione definitiva e ne assicurano l'osservanza nelle forme previste dai rispettivi ordinamenti.
Articolo 40-bis Compatibilità della spesa in materia di contrattazione integrativa. 58
1. Per le amministrazioni pubbliche indicate all'articolo 1, comma 2, i comitati di settore ed il Governo procedono a verifiche
congiunte in merito alle implicazioni finanziarie complessive della contrattazione integrativa di comparto definendo metodologie e
criteri di riscontro anche a campione sui contratti integrativi delle singole amministrazioni. Resta fermo quanto previsto dall'articolo
39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni.
2. Gli organi di controllo interno indicati all'articolo 48, comma 6, inviano annualmente specifiche informazioni sui costi della
contrattazione integrativa al Ministero dell'economia e delle finanze, che predispone, allo scopo, uno specifico modello di
rilevazione, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica.
3. In relazione a quanto previsto dai commi 1 e 2, qualora dai contratti integrativi derivino costi non compatibili con i rispettivi
vincoli di bilancio delle amministrazioni, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 40, comma 3 59[32].
4. Tra gli enti pubblici non economici di cui all'articolo 39, comma 3-ter, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive
modificazioni, si intendono ricompresi anche quelli di cui all'articolo 70, comma 4, del presente decreto legislativo.
Articolo 41 Poteri di indirizzo nei confronti dell'ARAN.
1. Le pubbliche amministrazioni esercitano il potere di indirizzo nei confronti dell'ARAN e le altre competenze relative alle
procedure di contrattazione collettiva nazionale attraverso le loro istanze associative o rappresentative, le quali danno vita a tal fine a
comitati di settore. Ciascun comitato di settore regola autonomamente le proprie modalità di funzionamento e di deliberazione. In
ogni caso, le deliberazioni assunte in materia di indirizzo all'ARAN o di parere sull'ipotesi di accordo nell'àmbito della procedura di
contrattazione collettiva di cui all'articolo 47, si considerano definitive e non richiedono ratifica da parte delle istanze associative o
rappresentative delle pubbliche amministrazioni del comparto.
2. Per le amministrazioni, le agenzie e le aziende autonome dello Stato, opera come comitato di settore il Presidente del Consiglio dei
ministri tramite il Ministro per la funzione pubblica, di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica nonché, per il sistema scolastico, di concerto con il Ministro della pubblica istruzione.
3. Per le altre pubbliche amministrazioni, un comitato di settore per ciascun comparto di contrattazione collettiva viene costituito:
a) nell'àmbito della Conferenza dei Presidenti delle regioni, per le amministrazioni regionali e per le amministrazioni del Servizio
sanitario nazionale, e dell'Associazione nazionale dei comuni d'Italia - ANCI e dell'Unione delle province d'Italia - UPI e
dell'Unioncamere, per gli enti locali rispettivamente rappresentati;
b) nell'àmbito della Conferenza dei rettori, per le università;
c) nell'àmbito delle istanze rappresentative promosse, ai fini del presente articolo, dai presidenti degli enti, d'intesa con il Presidente
del Consiglio dei ministri tramite il Ministro per la funzione pubblica, rispettivamente per gli enti pubblici non economici e per gli
enti di ricerca.
4. Un rappresentante del Governo, designato dal Ministro della sanità, partecipa al comitato dl settore per il comparto di
contrattazione collettiva delle amministrazioni del Servizio sanitaria nazionale.
5. L'ARAN regola i rapporti con i comitati di settore sulla base di appositi protocolli.
6. Per la stipulazione degli accordi che definiscono o modificano i comparti o le aree di cui all'articolo 40, comma 2, o che regolano
istituti comuni a più comparti o a tutte le pubbliche amministrazioni, le funzioni di indirizzo e le altre competenze inerenti alla
contrattazione collettiva sono esercitate in forma collegiale, tramite un apposito organismo di coordinamento dei comitati di settore
costituito presso l'ARAN, al quale partecipa il Governo, tramite il Ministro per la funzione pubblica, che lo presiede.
7. L'ARAN assume, nell'àmbito degli indirizzi deliberati dai comitati di settore, iniziative per il coordinamento delle parti datoriali,
anche da essa non rappresentate, al fine di favorire, ove possibile, anche con la contestualità delle procedure del rinnovo dei contratti,
soluzioni omogenee in settori operativi simili o contigui nel campo dell'erogazione dei servizi.
Articolo 42 Diritti e prerogative sindacali nei luoghi di lavoro.
1. Nelle pubbliche amministrazioni la libertà e l'attività sindacale sono tutelate nelle forme previste dalle disposizioni della legge 20
maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni. Fino a quando non vengano emanate norme di carattere generale
sulla rappresentatività sindacale che sostituiscano o modifichino tali disposizioni, le pubbliche amministrazioni, in attuazione dei
criteri di cui all'articolo 2, comma 1, lettera b) della legge 23 ottobre 1992, n. 421, osservano le disposizioni seguenti in materia di
56
Art. 7, comma 4, L. 15 luglio 2002, n. 145.
Art. 14, L. 29 luglio 2003, n. 229.
58[
Art. 17, comma 2, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
59
Art. 14, L. 16 gennaio 2003, n. 3.
57
113
rappresentatività delle organizzazioni sindacali ai fini dell'attribuzione dei diritti e delle prerogative sindacali nei luoghi di lavoro e
dell'esercizio della contrattazione collettiva.
2. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma 8, le organizzazioni sindacali che, in base ai criteri
dell'articolo 43, siano ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi, possono costituire rappresentanze sindacali
aziendali ai sensi dell'articolo 19 e seguenti della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni. Ad esse
spettano, in proporzione alla rappresentatività, le garanzie previste dagli articoli 23, 24 e 30 della medesima legge n. 300 del 1970, e
le migliori condizioni derivanti dai contratti collettivi.
3. In ciascuna amministrazione, ente o struttura amministrativa di cui al comma 8, ad iniziativa anche disgiunta delle organizzazioni
sindacali di cui al comma 2, viene altresì costituito, con le modalità di cui ai commi seguenti, un organismo di rappresentanza
unitaria del personale mediante elezioni alle quali è garantita la partecipazione di tutti i lavoratori.
4. Con appositi accordi o contratti collettivi nazionali, tra l'ARAN e le confederazioni o organizzazioni sindacali rappresentative ai
sensi dell'articolo 43, sono definite la composizione dell'organismo di rappresentanza unitaria del personale e le specifiche modalità
delle elezioni, prevedendo in ogni caso il voto segreto, il metodo proporzionale e il periodico rinnovo, con esclusione della
prorogabilità. Deve essere garantita la facoltà di presentare liste, oltre alle organizzazioni che, in base ai criteri dell'articolo 43, siano
ammesse alle trattative per la sottoscrizione dei contratti collettivi, anche ad altre organizzazioni sindacali, purché siano costituite in
associazione con un proprio statuto e purché abbiano aderito agli accordi o contratti collettivi che disciplinano l'elezione e il
funzionamento dell'organismo. Per la presentazione delle liste, può essere richiesto a tutte le organizzazioni sindacali promotrici un
numero di firme di dipendenti con diritto al voto non superiore al 3 per cento del totale dei dipendenti nelle amministrazioni, enti o
strutture amministrative fino a duemila dipendenti, e del 2 per cento in quelle di dimensioni superiori.
5. I medesimi accordi o contratti collettivi possono prevedere che, alle condizioni di cui al comma 8, siano costituite rappresentanze
unitarie del personale comuni a più amministrazioni o enti di modeste dimensioni ubicati nel medesimo territorio. Essi possono
altresì prevedere che siano costituiti organismi di coordinamento tra le rappresentanze unitarie del personale nelle amministrazioni e
enti con pluralità di sedi o strutture di cui al comma 8.
6. I componenti della rappresentanza unitaria del personale sono equiparati ai dirigenti delle rappresentanze sindacali aziendali ai fini
della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, e del presente decreto. Gli accordi o contratti
collettivi che regolano l'elezione e il funzionamento dell'organismo, stabiliscono i criteri e le modalità con cui sono trasferite ai
componenti eletti della rappresentanza unitaria del personale le garanzie spettanti alle rappresentanze sindacali aziendali delle
organizzazioni sindacali di cui al comma 2 che li abbiano sottoscritti o vi aderiscano.
7. I medesimi accordi possono disciplinare le modalità con le quali la rappresentanza unitaria del personale esercita in via esclusiva i
diritti di informazione e di partecipazione riconosciuti alle rappresentanze sindacali aziendali dall'articolo 9 o da altre disposizioni
della legge e della contrattazione collettiva. Essi possono altresì prevedere che, ai fini dell'esercizio della contrattazione collettiva
integrativa, la rappresentanza unitaria del personale sia integrata da rappresentanti delle organizzazioni sindacali firmatarie del
contratto collettivo nazionale del comparto.
8. Salvo che i contratti collettivi non prevedano, in relazione alle caratteristiche del comparto, diversi criteri dimensionali, gli
organismi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo possono essere costituiti, alle condizioni previste dai commi precedenti, in
ciascuna amministrazione o ente che occupi oltre quindici dipendenti. Nel caso di amministrazioni o enti con pluralità di sedi o
strutture periferiche, possono essere costituiti anche presso le sedi o strutture periferiche che siano considerate livelli decentrati di
contrattazione collettiva dai contratti collettivi nazionali.
9. Fermo restando quanto previsto dal comma 2, per la costituzione di rappresentanze sindacali aziendali ai sensi dell'articolo 19 della
legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, la rappresentanza dei dirigenti nelle amministrazioni, enti
o strutture amministrative è disciplinata, in coerenza con la natura delle loro funzioni, agli accordi o contratti collettivi riguardanti la
relativa area contrattuale.
10. Alle figure professionali per le quali nel contratto collettivo del comparto sia prevista una disciplina distinta ai sensi dell'articolo
40, comma 2, deve essere garantita una adeguata presenza negli organismi di rappresentanza unitaria del personale, anche mediante
l'istituzione. tenuto conto della loro incidenza quantitativa e del numero dei componenti dell'organismo, di specifici collegi elettorali.
11. Per quanto riguarda i diritti e le prerogative sindacali delle organizzazioni sindacali delle minoranze linguistiche, nell'àmbito della
provincia di Bolzano e della regione Valle d'Aosta, si applica quanto previsto dall'articolo 9 del decreto del Presidente della
Repubblica 6 gennaio 1978, n. 58, e dal decreto legislativo 28 dicembre 1989 n. 430.
Articolo 43Rappresentatività sindacale ai fini della contrattazione collettiva.
1. L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva nazionale le organizzazioni sindacali che abbiano nel comparto o nell'area una
rappresentatività non inferiore al 5 per cento, considerando a tal fine la media tra il dato associativo e il dato elettorale. Il dato
associativo è espresso dalla percentuale delle deleghe per il versamento dei contributi sindacali rispetto al totale delle deleghe
rilasciate nell'àmbito considerato. Il dato elettorale è espresso dalla percentuale dei voti ottenuti nelle elezioni delle rappresentanze
unitarie del personale, rispetto al totale dei voti espressi nell'àmbito considerato.
2. Alla contrattazione collettiva nazionale per il relativo comparto o area partecipano altresì le confederazioni alle quali le
organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva ai sensi del comma 1 siano affiliate.
3. L'ARAN sottoscrive i contratti collettivi verificando previamente, sulla base della rappresentatività accertata per l'ammissione alle
trattative ai sensi del comma 1, che le organizzazioni sindacali che aderiscono all'ipotesi di accordo rappresentino nel loro complesso
almeno il 51 per cento come media tra dato associativo e dato elettorale nel comparto o nell'area contrattuale, o almeno il 60 per
cento del dato elettorale nel medesimo àmbito.
4. L'ARAN ammette alla contrattazione collettiva per la stipulazione degli accordi o contratti collettivi che definiscono o modificano
i comparti o le aree o che regolano istituti comuni a tutte le pubbliche amministrazioni o riguardanti più comparti, le confederazioni
sindacali alle quali, in almeno due comparti o due aree contrattuali, siano affiliate organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi
del comma 1.
5. I soggetti e le procedure della contrattazione collettiva integrativa sono disciplinati, in conformità all'articolo 40, comma 3, dai
contratti collettivi nazionali, fermo restando quanto previsto dall'articolo 42, comma 7, per gli organismi di rappresentanza unitaria
del personale.
6. Agli effetti dell'accordo tra l'ARAN e le confederazioni sindacali rappresentative, previsto dall'articolo 50, comma 1, e dei contratti
collettivi che regolano la materia, le confederazioni e le organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale ai
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sensi dei commi precedenti, hanno titolo ai permessi, aspettative e distacchi sindacali, in quota proporzionale alla loro
rappresentatività ai sensi del comma 1, tenendo conto anche della diffusione territoriale e della consistenza delle strutture
organizzative nel comparto o nell'area.
7. La raccolta dei dati sui voti e sulle deleghe è assicurata dall'ARAN. I dati relativi alle deleghe rilasciate a ciascuna
amministrazione nell'anno considerato sono rilevati e trasmessi all'ARAN non oltre il 31 marzo dell'anno successivo dalle pubbliche
amministrazioni, controfirmati da un rappresentante dell'organizzazione sindacale interessata, con modalità che garantiscano la
riservatezza delle informazioni. Le pubbliche amministrazioni hanno l'obbligo di indicare il funzionario responsabile della
rilevazione e della trasmissione dei dati. Per il controllo sulle procedure elettorali e per la raccolta dei dati relativi alle deleghe
l'ARAN si avvale, sulla base di apposite convenzioni, della collaborazione del Dipartimento della funzione pubblica, del Ministero
del lavoro, delle istanze rappresentative o associative delle pubbliche amministrazioni.
8. Per garantire modalità di rilevazione certe ed obiettive, per la certificazione dei dati e per la risoluzione delle eventuali
controversie è istituito presso l'ARAN un comitato paritetico, che può essere articolato per comparti, al quale partecipano le
organizzazioni sindacali ammesse alla contrattazione collettiva nazionale.
9. Il comitato procede alla verifica dei dati relativi ai voti ed alle deleghe. Può deliberare che non siano prese in considerazione, ai
fini della misurazione del dato associativo, le deleghe a favore di organizzazioni sindacali che richiedano ai lavoratori un contributo
economico inferiore di più della metà rispetto a quello mediamente richiesto dalle organizzazioni sindacali del comparto o dell'area.
10. Il comitato delibera sulle contestazioni relative alla rilevazione dei voti e delle deleghe. Qualora vi sia dissenso, e in ogni caso
quando la contestazione sia avanzata da un soggetto sindacale non rappresentato nel comitato, la deliberazione è adottata su
conforme parere del Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro - CNEL, che lo emana entro quindici giorni dalla richiesta. La
richiesta di parere è trasmessa dal comitato al Ministro per la funzione pubblica, che provvede a presentarla al CNEL entro cinque
giorni dalla ricezione.
11. Ai fini delle deliberazioni, l'ARAN e le organizzazioni sindacali rappresentate nel comitato votano separatamente e il voto delle
seconde è espresso dalla maggioranza dei rappresentanti presenti.
12. A tutte le organizzazioni sindacali vengono garantite adeguate forme di informazione e di accesso ai dati, nel rispetto della
legislazione sulla riservatezza delle informazioni di cui alla legge 31 dicembre 1996, n. 675, e successive disposizioni correttive ed
integrative.
13. Ai sindacati delle minoranze linguistiche della Provincia di Bolzano e delle regioni Valle D'Aosta e Friuli Venezia-Giulia,
riconosciuti rappresentativi agli effetti di speciali disposizioni di legge regionale e provinciale o di attuazione degli Statuti, spettano,
eventualmente anche con forme di rappresentanza in comune, i medesimi diritti, poteri e prerogative, previsti per le organizzazioni
sindacali considerate rappresentative in base al presente decreto. Per le organizzazioni sindacali che organizzano anche lavoratori
delle minoranze linguistiche della provincia di Bolzano e della regione della Val d'Aosta, i criteri per la determinazione della
rappresentatività si riferiscono esclusivamente ai rispettivi ambiti territoriali e ai dipendenti ivi impiegati.
Articolo 44 Nuove forme di partecipazione alla organizzazione del lavoro.
1. In attuazione dell'articolo 2, comma 1 lettera a), della legge 23 ottobre 1992, n. 421, la contrattazione collettiva nazionale definisce
nuove forme di partecipazione delle rappresentanze del personale ai fini dell'organizzazione del lavoro nelle amministrazioni
pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2. Sono abrogate le norme che prevedono ogni forma di rappresentanza, anche elettiva, del
personale nei consigli di amministrazione delle predette amministrazioni pubbliche, nonché nelle commissioni di concorso. La
contrattazione collettiva nazionale indicherà forme e procedure di partecipazione che sostituiranno commissioni del personale e
organismi di gestione, comunque denominati.
Articolo 45 Trattamento economico.
1. Il trattamento economico fondamentale ed accessorio è definito dai contratti collettivi.
2. Le amministrazioni pubbliche garantiscono ai propri dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, parità di trattamento contrattuale e
comunque trattamenti non inferiori a quelli previsti dai rispettivi contratti collettivi.
3. I contratti collettivi definiscono, secondo criteri obiettivi di misurazione, trattamenti economici accessori collegati:
a) alla produttività individuale; b) alla produttività collettiva tenendo conto dell'apporto di ciascun dipendente; c) all'effettivo
svolgimento di attività particolarmente disagiate obiettivamente ovvero pericolose o dannose per la salute. Compete ai dirigenti la
valutazione dell'apporto partecipativo di ciascun dipendente, nell'àmbito di criteri obiettivi definiti dalla contrattazione collettiva.
4. I dirigenti sono responsabili dell'attribuzione dei trattamenti economici accessori.
5. Le funzioni ed i relativi trattamenti economici accessori del personale non diplomatico del Ministero degli affari esteri, per i
servizi che si prestano all'estero presso le rappresentanze diplomatiche, gli uffici consolari e le istituzioni culturali e scolastiche, sono
disciplinati, limitatamente al periodo di servizio ivi prestato, dalle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 5 gennaio
1967, n. 18, e successive modificazioni ed integrazioni, nonché dalle altre pertinenti normative di settore del Ministero degli affari
esteri.
Articolo 46 Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni.
1. Le pubbliche amministrazioni sono legalmente rappresentate dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche
amministrazioni - ARAN, agli effetti della contrattazione collettiva nazionale. L'ARAN esercita a livello nazionale, in base agli
indirizzi ricevuti ai sensi degli articoli 41 e 47, ogni attività relativa alle relazioni sindacali, alla negoziazione dei contratti collettivi e
alla assistenza delle pubbliche amministrazioni ai fini dell'uniforme applicazione dei contratti collettivi. Sottopone alla valutazione
della commissione di garanzia dell'attuazione della legge 12 giugno 1990, n. 146, e successive modificazioni e integrazioni, gli
accordi nazionali sulle prestazioni indispensabili ai sensi dell'articolo 2 della legge citata.
2. Le pubbliche amministrazioni possono avvalersi dell'assistenza dell'ARAN ai fini della contrattazione integrativa. Sulla base di
apposite intese, l'assistenza può essere assicurata anche collettivamente ad amministrazioni dello stesso tipo o ubicate nello stesso
àmbito territoriale. Su richiesta dei comitati di settore, in relazione all'articolazione della contrattazione collettiva integrativa nel
comparto ed alle specifiche esigenze delle pubbliche amministrazioni interessate, possono essere costituite, anche per periodi
determinati, delegazioni dell'ARAN su base regionale o pluriregionale.
3. L'ARAN cura le attività di studio, monitoraggio e documentazione necessario all'esercizio della contrattazione collettiva.
Predispone a cadenza trimestrale, ed invia al Governo, ai comitati di settore e alle commissioni parlamentari competenti, un rapporto
sull'evoluzione delle retribuzioni di fatto dei pubblici dipendenti. A tal fine l'ARAN si avvale della collaborazione dell'ISTAT per
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l'acquisizione di informazioni statistiche e per la formulazione di modelli statistici di rilevazione, ed ha accesso ai dati raccolti dal
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica in sede di predisposizione del bilancio dello Stato, del conto
annuale del personale e del monitoraggio dei flussi di cassa e relativi agli aspetti riguardanti il costo del lavoro pubblico.
4. Per il monitoraggio sull'applicazione dei contratti collettivi nazionali e sulla contrattazione collettiva integrativa, viene istituito
presso l'ARAN un apposito osservatorio a composizione paritetica. I suoi componenti sono designati dall'ARAN, dai comitati di
settore e dalle organizzazioni sindacali firmatarie dei contratti collettivi nazionali.
5. Le pubbliche amministrazioni sono tenute a trasmettere all'ARAN, entro cinque giorni dalla sottoscrizione, il testo contrattuale e la
indicazione delle modalità di copertura dei relativi oneri con riferimento agli strumenti annuali e pluriennali di bilancio.
6. Il comitato direttivo dell'ARAN è costituito da cinque componenti ed è nominato con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri. Il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica, designa tre dei componenti, tra i quali, sentita la Conferenza unificata Statoregioni e Stato-città, il presidente. Degli altri componenti, uno è designato dalla Conferenza dei Presidenti delle regioni e l'altro
dall'ANCI e dall'UPI.
7. I componenti sono scelti tra esperti di riconosciuta competenza in materia di relazioni sindacali e di gestione del personale, anche
estranei alla pubblica amministrazione, ai sensi dell'articolo 31 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni ed
integrazioni, e del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303. Il comitato dura in carica quattro anni e i suoi componenti possono
essere riconfermati. Il comitato delibera a maggioranza dei componenti. Non possono far parte del comitato persone che rivestano
incarichi pubblici elettivi o cariche in partiti politici o in organizzazioni sindacali ovvero che ricoprano rapporti continuativi di
collaborazione o di consulenza con le predette organizzazioni.
8. Per la sua attività, l'ARAN si avvale: a) delle risorse derivanti da contributi posti a carico delle singole amministrazioni dei vari
comparti, corrisposti in misura fissa per dipendente in servizio. La misura annua del contributo individuale è concordata tra l'ARAN
e l'organismo di coordinamento di cui all'articolo 41, comma 6, ed è riferita a ciascun biennio contrattuale; b) di quote per
l'assistenza alla contrattazione integrativa e per le altre prestazioni eventualmente richieste, poste a carico dei soggetti che se ne
avvalgano.
9. La riscossione dei contributi di cui al comma 8 è effettuata: a) per le amministrazioni dello Stato direttamente attraverso la
previsione di spesa complessiva da iscrivere nell'apposito capitolo dello stato di previsione di spesa della Presidenza del Consiglio
dei ministri; b) per le amministrazioni diverse dallo Stato, mediante un sistema di trasferimenti da definirsi tramite decreti del
Ministro per la funzione pubblica di concerto con il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica e, a seconda
del comparto, dei Ministri competenti, nonché, per gli aspetti di interesse regionale e locale, previa intesa espressa dalla Conferenza
unificata Stato-regioni e Stato-città.
10. L'ARAN ha personalità giuridica di diritto pubblico. Ha autonomia organizzativa e contabile nei limiti del proprio bilancio.
Affluiscono direttamente al bilancio dell'ARAN i contributi di cui al comma 8. L'ARAN definisce con propri regolamenti le norme
concernenti l'organizzazione interna, il funzionamento e la gestione finanziaria. I regolamenti sono soggetti al controllo del
Dipartimento della funzione pubblica da esercitarsi entro quindici giorni dal ricevimento degli stessi. La gestione finanziaria è
soggetta al controllo consuntivo della Corte dei conti.
11. Il ruolo del personale dipendente dell'ARAN è costituito da cinquanta unità, ripartite tra il personale dei livelli e delle qualifiche
dirigenziali in base ai regolamenti di cui al comma 10. Alla copertura dei relativi posti si provvede nell'àmbito delle disponibilità di
bilancio tramite concorsi pubblici, ovvero mediante assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato, regolati dalle norme di
diritto privato.
12. L'ARAN può altresì avvalersi di un contingente di venticinque unità di personale anche di qualifica dirigenziale proveniente dalle
pubbliche amministrazioni rappresentate, in posizione di comando o collocati fuori ruolo. I dipendenti comandati o collocati fuori
ruolo conservano lo stato giuridico ed il trattamento economico delle amministrazioni di provenienza. Ad essi sono attribuite
dall'ARAN, secondo le disposizioni contrattuali vigenti, le voci retributive accessorie, ivi compresa la produttività per il personale
non dirigente e per i dirigenti la retribuzione di posizione e di risultato. Il collocamento in posizione di comando o di fuori ruolo è
disposto secondo le disposizioni vigenti nonché ai sensi dell'articolo 17, comma 14, della legge 15 maggio 1997, n. 127. L'ARAN
può utilizzare, sulla base di apposite intese, anche personale direttamente messo a disposizione dalle amministrazioni e dagli enti
rappresentati, con oneri a carico di questi. Nei limiti di bilancio, l'ARAN può avvalersi di esperti e collaboratori esterni con modalità
di rapporto stabilite con i regolamenti adottati ai sensi del comma 10.
13. Le regioni a statuto speciale e le province autonome possono avvalersi, per la contrattazione collettiva di loro competenza, di
agenzie tecniche istituite con legge regionale o provinciale ovvero dell'assistenza dell'ARAN ai sensi del comma 2.
Articolo 47 Procedimento di contrattazione collettiva.
1. Gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale sono deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e
negli altri casi in cui è richiesta una attività negoziale dell'ARAN. Gli atti di indirizzo delle amministrazioni diverse dallo Stato sono
sottoposti al Governo che, non oltre dieci giorni, può esprimere le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la
compatibilità con le linee di politica economica e finanziaria nazionale.
2. L'ARAN informa costantemente i comitati di settore e il Governo sullo svolgimento delle trattative.
3. Raggiunta l'ipotesi di accordo, l'ARAN acquisisce il parere favorevole del comitato di settore sul testo contrattuale e sugli, oneri
finanziari diretti e indiretti che ne conseguono a carico dei bilanci delle amministrazioni interessate. Il comitato di settore esprime,
con gli effetti di cui all'articolo 41, comma 1, il proprio parere entro cinque giorni dalla comunicazione dell'ARAN. Per le
amministrazioni di cui all'articolo 41, comma 2, il parere è espresso dal Presidente del Consiglio dei ministri, tramite il Ministro per
la funzione pubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. Per le amministrazioni di cui all'articolo 41, comma 3, l'esame
delle ipotesi di accordo è effettuato dal competente comitato di settore e dal Presidente del Consiglio dei ministri, che si esprime
attraverso il Ministro per la funzione pubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri. In caso di divergenza nella valutazione
degli oneri e ove il comitato di settore disponga comunque per l'ulteriore corso dell'accordo, resta in ogni caso escluso qualsiasi
concorso dello Stato alla copertura delle spese derivanti dalle disposizioni sulle quali il Governo ha formulato osservazioni 60.
60
Art. 17, L. 28 dicembre 2001, n. 448.
116
4. Acquisito il parere favorevole sull'ipotesi di accordo, il giorno successivo l'ARAN trasmette la quantificazione dei costi
contrattuali alla Corte dei conti ai fini della certificazione di compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio di cui
all'articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. La Corte dei conti certifica
l'attendibilità dei costi quantificati e la loro compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio, e può acquisire a tal fine
elementi istruttori e valutazioni da tre esperti designati dal Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro del
tesoro, del bilancio e della programmazione economica. La designazione degli esperti, per la certificazione dei contratti collettivi
delle amministrazioni delle regioni e degli enti locali, avviene previa intesa con la Conferenza Stato-regioni e con la Conferenza
Stato-città. Gli esperti sono nominati prima che l'ipotesi di accordo sia trasmessa alla Corte dei conti.
5. La Corte dei conti delibera entro quindici giorni dalla trasmissione della quantificazione dei costi contrattuali, decorsi i quali la
certificazione si intende effettuata positivamente. L'esito della certificazione viene comunicato dalla Corte all'ARAN, al comitato di
settore e al Governo. Se la certificazione è positiva, il Presidente dell'ARAN sottoscrive definitivamente il contratto collettivo.
6. Se la certificazione della Corte dei conti non è positiva, l'ARAN, sentito il comitato di settore o il Presidente del Consiglio dei
ministri, assume le iniziative necessarie per adeguare la quantificazione dei costi contrattuali ai fini della certificazione, ovvero,
qualora non lo ritenga possibile, convoca le organizzazioni sindacali ai fini della riapertura delle trattative. Le iniziative assunte
dall'ARAN in seguito alla valutazione espressa dalla Corte dei conti sono comunicate, in ogni caso, al Governo ed alla Corte dei
conti, la quale riferisce al Parlamento sulla definitiva quantificazione dei costi contrattuali, sulla loro copertura finanziaria e sulla loro
compatibilità con gli strumenti di programmazione e di bilancio.
7. In ogni caso, la procedura di certificazione deve concludersi entro quaranta giorni dall'ipotesi di accordo, decorsi i quali il
Presidente dell'ARAN ha mandato di sottoscrivere definitivamente il contratto collettivo, salvo che non si renda necessaria la
riapertura delle trattative ai sensi del comma precedente.
8. I contratti e accordi collettivi nazionali di cui all'articolo 40, commi 2 e 3, sono pubblicati nella Gazzetta ufficiale della
Repubblica italiana.
Articolo 48 Disponibilità destinate alla contrattazione collettiva nelle amministrazioni pubbliche e verifica.
1. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, quantifica, in coerenza con i parametri previsti dagli
strumenti di programmazione e di bilancio di cui all'articolo 1-bis della legge 5 agosto 1978, n. 468 e successive modificazioni e
integrazioni, l'onere derivante dalla contrattazione collettiva nazionale a carico del bilancio dello Stato con apposita norma da inserire
nella legge finanziaria ai sensi dell'articolo 11 della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed integrazioni. Allo
stesso modo sono determinati gli eventuali oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato per la contrattazione integrativa delle
amministrazioni dello Stato di cui all'articolo 40, comma 3.
2. Per le altre pubbliche amministrazioni gli oneri derivanti dalla contrattazione collettiva nazionale sono determinati a carico dei
rispettivi bilanci in coerenza con i medesimi parametri di cui al comma 1.
3. I contratti collettivi sono corredati da prospetti contenenti la quantificazione degli oneri nonché l'indicazione della copertura
complessiva per l'intero periodo di validità contrattuale, prevedendo con apposite clausole la possibilità di prorogare l'efficacia
temporale del contratto ovvero di sospenderne l'esecuzione parziale o totale in caso di accertata esorbitanza dai limiti di spesa.
4. La spesa posta a carico del bilancio dello Stato è iscritta in apposito fondo dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica in ragione dell'ammontare complessivo. In esito alla sottoscrizione dei singoli contratti
di comparto, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato a ripartire, con propri decreti, le
somme destinate a ciascun comparto mediante assegnazione diretta a favore dei competenti capitoli di bilancio, anche di nuova
istituzione per il personale dell'amministrazione statale, ovvero mediante trasferimento ai bilanci delle amministrazioni autonome e
degli enti in favore dei quali sia previsto l'apporto finanziario dello Stato a copertura dei relativi oneri. Per le amministrazioni diverse
dalle amministrazioni dello Stato e per gli altri enti cui si applica il presente decreto, l'autorizzazione di spesa relativa al rinnovo dei
contratti collettivi è disposta nelle stesse forme con cui vengono approvati i bilanci, con distinta indicazione dei mezzi di copertura.
5. Le somme provenienti dai trasferimenti di cui al comma 4 devono trovare specifica allocazione nelle entrate dei bilanci delle
amministrazioni ed enti beneficiari, per essere assegnate ai pertinenti capitoli di spesa dei medesimi bilanci. I relativi stanziamenti sia
in entrata che in uscita non possono essere incrementati se non con apposita autorizzazione legislativa.
6. Il controllo sulla compatibilità dei costi della contrattazione collettiva integrativa con i vincoli di bilancio ai sensi dell'articolo 40,
comma 3, è effettuato dal collegio dei revisori dei conti ovvero, laddove tale organo non sia previsto, dai nuclei di valutazione o dai
servizi di controllo interno ai sensi del D.Lgs 30 luglio 1999, n. 286.
7. Ferme restando le disposizioni di cui al titolo V del presente decreto, la Corte dei conti, anche nelle sue articolazioni regionali di
controllo, verifica periodicamente gli andamenti della spesa per il personale delle pubbliche amministrazioni, utilizzando, per ciascun
comparto, insiemi significativi di amministrazioni. A tal fine, la Corte dei conti può avvalersi, oltre che dei servizi di controllo
interno o nuclei di valutazione, di esperti designati a sua richiesta da amministrazioni ed enti pubblici.
Articolo 49 Interpretazione autentica dei contratti collettivi.
1. Quando insorgano controversie sull'interpretazione dei contratti collettivi, le parti che li hanno sottoscritti si incontrano per definire
consensualmente il significato della clausola controversa. L'eventuale accordo, stipulato con le procedure di cui all'articolo 47,
sostituisce la clausola in questione sin dall'inizio della vigenza del contratto.
Articolo 50 Aspettative e permessi sindacali.
1. Al fine del contenimento, della trasparenza e della razionalizzazione delle aspettative e dei permessi sindacali nel settore pubblico,
la contrattazione collettiva ne determina i limiti massimi in un apposito accordo, tra l'ARAN e le confederazioni sindacali
rappresentative ai sensi dell'articolo 43.
2. La gestione dell'accordo di cui al comma 1, ivi comprese le modalità di utilizzo e distribuzione delle aspettative e dei permessi
sindacali tra le confederazioni e le organizzazioni sindacali aventi titolo sulla base della loro rappresentatività e con riferimento a
ciascun comparto e area separata di contrattazione, è demandata alla contrattazione collettiva, garantendo a decorrere dal 1° agosto
1996 in ogni caso l'applicazione della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni. Per la provincia
autonoma di Bolzano si terrà conto di quanto previsto dall'articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 6 gennaio 1978, n.
58.
3. Le amministrazioni pubbliche sono tenute a fornire alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione
pubblica - il numero complessivo ed i nominativi dei beneficiari dei permessi sindacali.
117
4. Oltre ai dati relativi ai permessi sindacali, le pubbliche amministrazioni sono tenute a fornire alla Presidenza del Consiglio dei
ministri - Dipartimento della funzione pubblica gli elenchi nominativi, suddivisi per qualifica, del personale dipendente collocato in
aspettativa, in quanto chiamato a ricoprire una funzione pubblica elettiva, ovvero per motivi sindacali. I dati riepilogativi dei predetti
elenchi sono pubblicati in allegato alla relazione annuale da presentare al Parlamento ai sensi dell'articolo 16 della legge 29 marzo
1983, n. 93.
TITOLO IV Rapporto di lavoro
Articolo 51 Disciplina del rapporto di lavoro.
1. Il rapporto di lavoro dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche è disciplinato secondo le disposizioni degli articoli 2, commi 2
e 3, e 3, comma 1.
2. La legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, si applica alle pubbliche amministrazioni a
prescindere dal numero dei dipendenti.
Articolo 52 Disciplina delle mansioni.
1. Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti
nell'àmbito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi, ovvero a quelle corrispondenti alla qualifica superiore
che abbia successivamente acquisito per effetto dello sviluppo professionale o di procedure concorsuali o selettive. L'esercizio di
fatto di mansioni non corrispondenti alla qualifica di appartenenza non ha effetto ai fini dell'inquadramento del lavoratore o
dell'assegnazione di incarichi di direzione.
2. Per obiettive esigenze di servizio il prestatore di lavoro può essere adibito a mansioni proprie della qualifica immediatamente
superiore:
a) nel caso di vacanza di posto in organico, per non più di sei mesi, prorogabili fino a dodici qualora siano state avviate le procedure
per la copertura dei posti vacanti come previsto al comma 4;
b) nel caso di sostituzione di altro dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, con esclusione dell'assenza per ferie,
per la durata dell'assenza.
3. Si considera svolgimento di mansioni superiori, ai fini del presente articolo, soltanto l'attribuzione in modo prevalente, sotto il
profilo qualitativo, quantitativo e temporale, dei compiti propri di dette mansioni.
4. Nei casi di cui al comma 2, per il periodo di effettiva prestazione, il lavoratore ha diritto al trattamento previsto per la qualifica
superiore. Qualora l'utilizzazione del dipendente sia disposta per sopperire a vacanze dei posti in organico, immediatamente, e
comunque nel termine massimo di novanta giorni dalla data in cui il dipendente è assegnato alle predette mansioni, devono essere
avviate le procedure per la copertura dei posti vacanti.
5. Al fuori delle ipotesi di cui al comma 2, è nulla l'assegnazione del lavoratore a mansioni proprie di una qualifica superiore, ma al
lavoratore è corrisposta la differenza di trattamento economico con la qualifica superiore. Il dirigente che ha disposto l'assegnazione
risponde personalmente del maggiore onere conseguente, se ha agito con dolo o colpa grave.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano in sede di attuazioni della nuova disciplina degli ordinamenti professionali
prevista dai contratti collettivi e con la decorrenza da questi stabilita. I medesimi contratti collettivi possono regolare diversamente
gli effetti di cui ai commi 2, 3 e 4. Fino a tale data, in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di
appartenenza, può comportare il diritto ad avanzamenti automatici nell'inquadramento professionale del lavoratore.
Articolo 53 Incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi.
1. Resta ferma per tutti i dipendenti pubblici la disciplina delle incompatibilità dettata dagli articoli 60 e seguenti del testo unico
approvato con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3, salva la deroga prevista dall'articolo 23-bis del presente
decreto, nonché, per i rapporti di lavoro a tempo parziale, dall'articolo 6, comma 2, del decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri 17 marzo 1989, n. 117 e dall'articolo 1, commi 57 e seguenti della legge 23 dicembre 1996, n. 662. Restano ferme altresì le
disposizioni di cui agli articoli 267, comma 1, 273, 274, 508 nonché 676 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, all'articolo 9,
commi 1 e 2, della legge 23 dicembre 1992, n. 498, all'articolo 4, comma 7, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, ed ogni altra
successiva modificazione ed integrazione della relativa disciplina61.
2. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire ai dipendenti incarichi, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, che non
siano espressamente previsti o disciplinati da legge o altre fonti normative, o che non siano espressamente autorizzati.
3. Ai fini previsti dal comma 2, con appositi regolamenti, da emanarsi ai sensi dell'articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988,
n. 400, sono individuati gli incarichi consentiti e quelli vietati ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli
avvocati e procuratori dello Stato, sentiti, per le diverse magistrature, i rispettivi istituti.
4. Nel caso in cui i regolamenti di cui al comma 3 non siano emanati, l'attribuzione degli incarichi è consentita nei soli casi
espressamente previsti dalla legge o da altre fonti normative.
5. In ogni caso, il conferimento operato direttamente dall'amministrazione, nonché l'autorizzazione all'esercizio di incarichi che
provengano da amministrazione pubblica diversa da quella di appartenenza, ovvero da società o persone fisiche, che svolgono attività
d'impresa o commerciale, sono disposti dai rispettivi organi competenti secondo criteri oggettivi e predeterminati, che tengano conto
della specifica professionalità, tali da escludere casi di incompatibilità, sia di diritto che di fatto, nell'interesse del buon andamento
della pubblica amministrazione.
6. I commi da 7 a 13 del presente articolo si applicano ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2,
compresi quelli di cui all'articolo 3, con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa
non superiore al cinquanta per cento di quella a tempo pieno, dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di
dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali. Gli incarichi retribuiti,
di cui ai commi seguenti, sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è
previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi i compensi derivanti: a) dalla collaborazione a giornali, riviste,
enciclopedie e simili; b) dalla utilizzazione economica da parte dell'autore o inventore di opere dell'ingegno e di invenzioni
industriali; c) dalla partecipazione a convegni e seminari; d) da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese
61
Art. 3, comma 8, lettera b), L. 15 luglio 2002, n. 145.
118
documentate; e) da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o fuori ruolo;
f) da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita.
7. I dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati
dall'amministrazione di appartenenza. Con riferimento ai professori universitari a tempo pieno, gli statuti o i regolamenti degli atenei
disciplinano i criteri e le procedure per il rilascio dell'autorizzazione nei casi previsti dal presente decreto. In caso di inosservanza del
divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni
eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell'erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell'entrata del bilancio
dell'amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi
equivalenti.
8. Le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la
previa autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Salve le più gravi sanzioni, il conferimento dei
predetti incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del
procedimento; il relativo provvedimento è nullo di diritto. In tal caso l'importo previsto come corrispettivo dell'incarico, ove gravi su
fondi in disponibilità dell'amministrazione conferente, è trasferito all'amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento
del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
9. Gli enti pubblici economici e i soggetti privati non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti pubblici senza la previa
autorizzazione dell'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. In caso di inosservanza si applica la disposizione
dell'articolo 6, comma 1, del decreto legge 28 marzo 1997, n. 79, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 maggio 1997, n. 140,
e successive modificazioni ed integrazioni. All'accertamento delle violazioni e all'irrogazione delle sanzioni provvede il Ministero
delle finanze, avvalendosi della Guardia di finanza, secondo le disposizioni della legge 24 novembre 1981, n. 689, e successive
modificazioni ed integrazioni. Le somme riscosse sono acquisite alle entrate del Ministero delle finanze.
10. L'autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all'amministrazione di appartenenza del dipendente dai
soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l'incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato.
L'amministrazione di appartenenza deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della
richiesta stessa.
Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l'autorizzazione è
subordinata all'intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per l'amministrazione di appartenenza di 45
giorni e si prescinde dall'intesa se l'amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni
dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell'amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere,
l'autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si
intende definitivamente negata.
11. Entro il 30 aprile di ciascun anno, i soggetti pubblici o privati che erogano compensi a dipendenti pubblici per gli incarichi di cui
al comma 6 sono tenuti a dare comunicazione all'amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi dei compensi erogati
nell'anno precedente.
12. Entro il 30 giugno di ciascun anno, le amministrazioni pubbliche che conferiscono o autorizzano incarichi retribuiti ai propri
dipendenti sono tenute a comunicare, in via telematica o su apposito supporto magnetico, al Dipartimento della funzione pubblica
l'elenco degli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti stessi nell'anno precedente, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e
del compenso lordo previsto o presunto. L'elenco è accompagnato da una relazione nella quale sono indicate le norme in applicazione
delle quali gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati, le ragioni del conferimento o dell'autorizzazione, i criteri di scelta dei
dipendenti cui gli incarichi sono stati conferiti o autorizzati e la rispondenza dei medesimi ai princìpi di buon andamento
dell'amministrazione, nonché le misure che si intendono adottare per il contenimento della spesa. Nello stesso termine e con le stesse
modalità le amministrazioni che, nell'anno precedente, non hanno conferito o autorizzato incarichi ai propri dipendenti, anche se
comandati o fuori ruolo, dichiarano di non aver conferito o autorizzato incarichi.
13. Entro lo stesso termine di cui al comma 12 le amministrazioni di appartenenza sono tenute a comunicare al Dipartimento della
funzione pubblica, in via telematica o su apposito supporto magnetico, per ciascuno dei propri dipendenti e distintamente per ogni
incarico conferito o autorizzato, i compensi, relativi all'anno precedente, da esse erogati o della cui erogazione abbiano avuto
comunicazione dai soggetti di cui al comma 11.
14. Al fine della verifica dell'applicazione delle norme di cui all'articolo 1, commi 123 e 127, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e
successive modificazioni e integrazioni, le amministrazioni pubbliche sono tenute a comunicare al Dipartimento della funzione
pubblica, in via telematica o su supporto magnetico, entro il 30 giugno di ciascun anno, i compensi percepiti dai propri dipendenti
anche per incarichi relativi a compiti e doveri d'ufficio; sono altresì tenute a comunicare semestralmente l'elenco dei collaboratori
esterni e dei soggetti cui sono stati affidati incarichi di consulenza, con l'indicazione della ragione dell'incarico e dell'ammontare dei
compensi corrisposti.
15. Le amministrazioni che omettono gli adempimenti di cui ai commi da 11 a 14 non possono conferire nuovi incarichi fino a
quando non adempiono. I soggetti di cui al comma 9 che omettono le comunicazioni di cui al comma 11 incorrono nella sanzione di
cui allo stesso comma 9.
16. Il Dipartimento della funzione pubblica, entro il 31 dicembre di ciascun anno, riferisce al Parlamento sui dati raccolti e formula
proposte per il contenimento della spesa per gli incarichi e per la razionalizzazione dei criteri di attribuzione degli incarichi stessi.
Articolo 54 Codice di comportamento.
1. Il Dipartimento della funzione pubblica, sentite le confederazioni sindacali rappresentative ai sensi dell'articolo 43, definisce un
codice di comportamento dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, anche in relazione alle necessarie misure organizzative da
adottare al fine di assicurare la qualità dei servizi che le stesse amministrazioni rendono ai cittadini.
2. Il codice è pubblicato nella Gazzetta ufficiale e consegnato al dipendente all'atto dell'assunzione.
3. Le pubbliche amministrazioni formulano all'ARAN indirizzi, ai sensi dell'articolo 41, comma 1 e dell'articolo 70, comma 4,
affinché il codice venga recepito nei contratti, in allegato, e perché i suoi princìpi vengano coordinati con le previsioni contrattuali in
materia di responsabilità disciplinare.
4. Per ciascuna magistratura e per l'Avvocatura dello Stato, gli organi delle associazioni di categoria adottano un codice etico che
viene sottoposto all'adesione degli appartenenti alla magistratura interessata. In caso di inerzia il codice è adottato dall'organo di
autogoverno.
119
5. L'organo di vertice di ciascuna pubblica amministrazione verifica, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative ai sensi
dell'articolo 43 e le associazioni di utenti e consumatori, l'applicabilità del codice di cui al comma 1, anche per apportare eventuali
integrazioni e specificazioni al fine della pubblicazione e dell'adozione di uno specifico codice di comportamento per ogni singola
amministrazione.
6. Sull'applicazione dei codici di cui al presente articolo vigilano i dirigenti responsabili di ciascuna struttura.
7. Le pubbliche amministrazioni organizzano attività di formazione del personale per la conoscenza e la corretta applicazione dei
codici di cui al presente articolo.
Articolo 55 Sanzioni disciplinari e responsabilità.
1. Per i dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, resta ferma la disciplina attualmente vigente in materia di responsabilità civile,
amministrativa, penale e contabile per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche.
2. Ai dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, si applicano l'articolo 2106 del codice civile e l'articolo 7, commi primo, quinto e
ottavo, della legge 20 maggio 1970, n. 300.
3. Salvo quanto previsto dagli articoli 21 e 53, comma 1, e ferma restando la definizione dei doveri del dipendente ad opera dei codici
di comportamento di cui all'articolo 54, la tipologia delle infrazioni e delle relative sanzioni è definita dai contratti collettivi.
4. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento, individua l'ufficio competente per i procedimenti disciplinari. Tale
ufficio, su segnalazione del capo della struttura in cui il dipendente lavora, contesta l'addebito al dipendente medesimo, istruisce il
procedimento disciplinare e applica la sanzione. Quando le sanzioni da applicare siano rimprovero verbale e censura, il capo della
struttura in cui il dipendente lavora provvede direttamente.
5. Ogni provvedimento disciplinare, ad eccezione del rimprovero verbale, deve essere adottato previa tempestiva contestazione scritta
dell'addebito al dipendente, che viene sentito a sua difesa con l'eventuale assistenza di un procuratore ovvero di un rappresentante
dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato. Trascorsi inutilmente quindici giorni dalla convocazione per la difesa
del dipendente, la sanzione viene applicata nei successivi quindici giorni.
6. Con il consenso del dipendente la sanzione applicabile può essere ridotta, ma in tal caso non è più suscettibile di impugnazione.
7. Ove i contratti collettivi non prevedano procedure di conciliazione, entro venti giorni dall'applicazione della sanzione, il
dipendente, anche per mezzo di un procuratore o dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato, può impugnarla
dinanzi al collegio arbitrale di disciplina dell'amministrazione in cui lavora. Il collegio emette la sua decisione entro novanta giorni
dall'impugnazione e l'amministrazione vi si conforma. Durante tale periodo la sanzione resta sospesa.
8. Il collegio arbitrale si compone di due rappresentanti dell'amministrazione e di due rappresentanti dei dipendenti ed è presieduto da
un esterno all'amministrazione, di provata esperienza e indipendenza. Ciascuna amministrazione, secondo il proprio ordinamento,
stabilisce, sentite le organizzazioni sindacali, le modalità per la periodica designazione di dieci rappresentanti dell'amministrazione e
dieci rappresentanti dei dipendenti, che, di comune accordo, indicano cinque presidenti. In mancanza di accordo, l'amministrazione
richiede la nomina dei presidenti al presidente del tribunale del luogo in cui siede il collegio. Il collegio opera con criteri oggettivi di
rotazione dei membri e di assegnazione dei procedimenti disciplinari che ne garantiscono l'imparzialità.
9. Più amministrazioni omogenee o affini possono istituire un unico collegio arbitrale mediante convenzione che ne regoli le
modalità di costituzione e di funzionamento nel rispetto dei princìpi di cui ai precedenti commi.
10. Fino al riordinamento degli organi collegiali della scuola nei confronti del personale ispettivo tecnico, direttivo, docente ed
educativo delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative statali si applicano le norme di cui agli articoli da 502 a 507
del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297.
Articolo 56 Impugnazione delle sanzioni disciplinari.
1. Se i contratti collettivi nazionali non hanno istituito apposite procedure di conciliazione e arbitrato, le sanzioni disciplinari
possono essere impugnate dal lavoratore davanti al collegio di conciliazione di cui all'articolo 66, con le modalità e con gli effetti di
cui all'articolo 7, commi sesto e settimo, della legge 20 maggio 1970, n. 30.
Articolo 57 Pari opportunità.
1. Le pubbliche amministrazioni, al fine di garantire pari opportunità tra uomini e donne per l'accesso al lavoro ed il trattamento sul
lavoro:
a) riservano alle donne, salva motivata impossibilità, almeno un terzo dei posti di componente delle commissioni di concorso, fermo
restando il principio di cui all'articolo 35, comma 3, lettera e);
b) adottano propri atti regolamentari per assicurare pari opportunità fra uomini e donne sul lavoro, conformemente alle direttive
impartite dalla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica;
c) garantiscono la partecipazione delle proprie dipendenti ai corsi di formazione e di aggiornamento professionale in rapporto
proporzionale alla loro presenza nelle amministrazioni interessate ai corsi medesimi, adottando modalità organizzative atte a
favorirne la partecipazione, consentendo la conciliazione fra vita professionale e vita familiare;
d) possono finanziare programmi di azioni positive e l'attività dei Comitati pari opportunità nell'àmbito delle proprie disponibilità di
bilancio.
2. Le pubbliche amministrazioni, secondo le modalità di cui all'articolo 9, adottano tutte le misure per attuare le direttive della
Unione europea in materia di pari opportunità, sulla base di quanto disposto dalla Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento della funzione pubblica.
TITOLO V Controllo della spesa
Articolo 58 Finalità.
1. Al fine di realizzare il più efficace controllo dei bilanci, anche articolati per funzioni e per programmi, e la rilevazione dei costi,
con particolare riferimento al costo del lavoro, il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, d'intesa con
la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, provvede alla acquisizione delle informazioni sui
flussi finanziari relativi a tutte le amministrazioni pubbliche.
2. Per le finalità di cui al comma 1, tutte le amministrazioni pubbliche impiegano strumenti di rilevazione e sistemi informatici e
statistici definiti o valutati dall'Autorità per l'informatica nella pubblica amministrazione di cui al decreto legislativo 12 febbraio
1993, n. 39, e successive modificazioni ed integrazioni, sulla base delle indicazioni definite dal Ministero del tesoro, d'intesa con la
Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica.
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3. Per l'immediata attivazione del sistema di controllo della spesa del personale di cui al comma 1, il Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione
pubblica, avvia un processo di integrazione dei sistemi informativi delle amministrazioni pubbliche che rilevano i trattamenti
economici e le spese del personale, facilitando la razionalizzazione delle modalità di pagamento delle retribuzioni. Le informazioni
acquisite dal sistema informativo del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato sono disponibili per tutte le amministrazioni
e gli enti interessati.
Articolo 59 Rilevazione dei costi.
1. Le amministrazioni pubbliche individuano i singoli programmi di attività e trasmettono alla Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento della funzione pubblica, al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica tutti gli elementi
necessari alla rilevazione ed al controllo dei costi.
2. Ferme restando le attuali procedure di evidenziazione della spesa ed i relativi sistemi di controllo, il Ministero del tesoro, del
bilancio e della programmazione economica al fine di rappresentare i profili economici della spesa, previe intese con la Presidenza
del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica, definisce procedure interne e tecniche di rilevazione e provvede, in
coerenza con le funzioni di spesa riconducibili alle unità amministrative cui compete la gestione dei programmi, ad un'articolazione
dei bilanci pubblici a carattere sperimentale.
3. Per la omogeneizzazione delle procedure presso i soggetti pubblici diversi dalle amministrazioni sottoposte alla vigilanza
ministeriale, la Presidenza del Consiglio dei ministri adotta apposito atto di indirizzo e coordinamento.
Articolo 60 Controllo del costo del lavoro.
1. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, d'intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri Dipartimento della funzione pubblica, definisce un modello di rilevazione della consistenza del personale, in servizio e in quiescenza,
e delle relative spese, ivi compresi gli oneri previdenziali e le entrate derivanti dalle contribuzioni, anche per la loro evidenziazione a
preventivo e a consuntivo, mediante allegati ai bilanci. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica
elabora, altresì, un conto annuale che evidenzi anche il rapporto tra contribuzioni e prestazioni previdenziali relative al personale
delle amministrazioni statali.
2. Le amministrazioni pubbliche presentano, entro il mese di maggio di ogni anno, alla Corte dei conti, per il tramite del
Dipartimento della ragioneria generale dello Stato ed inviandone copia alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
funzione pubblica, il conto annuale delle spese sostenute per il personale, rilevate secondo il modello di cui al comma 1. Il conto è
accompagnato da una relazione, con cui le amministrazioni pubbliche espongono i risultati della gestione del personale, con
riferimento agli obiettivi che, per ciascuna amministrazione, sono stabiliti dalle leggi, dai regolamenti e dagli atti di programmazione.
La mancata presentazione del conto e della relativa relazione determina, per l'anno successivo a quello cui il conto si riferisce,
l'applicazione delle misure di cui all'articolo 30, comma 11, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed
integrazioni.
3. Gli enti pubblici economici e le aziende che producono servizi di pubblica utilità nonché gli enti e le aziende di cui all'articolo 70,
comma 4, sono tenuti a comunicare alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica e al Ministero
del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, il costo annuo del personale comunque utilizzato, in conformità alle
procedure definite dal Ministero del tesoro, d'intesa con il predetto Dipartimento della funzione pubblica.
4. La Corte dei conti riferisce annualmente al Parlamento sulla gestione delle risorse finanziarie destinate al personale del settore
pubblico, avvalendosi di tutti i dati e delle informazioni disponibili presso le amministrazioni pubbliche. Con apposite relazioni in
corso d'anno, anche a richiesta del Parlamento, la Corte riferisce altresì in ordine a specifiche materie, settori ed interventi.
5. Il Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, anche su espressa richiesta del Ministro per la funzione
pubblica, dispone visite ispettive, a cura dei servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato,
coordinate anche con altri analoghi servizi, per la valutazione e la verifica delle spese, con particolare riferimento agli oneri dei
contratti collettivi nazionali e decentrati, denunciando alla Corte dei conti le irregolarità riscontrate. Tali verifiche vengono eseguite
presso le amministrazioni pubbliche, nonché presso gli enti e le aziende di cui al comma 3. Ai fini dello svolgimento integrato delle
verifiche ispettive, i servizi ispettivi di finanza del Dipartimento della ragioneria generale dello Stato esercitano presso le predette
amministrazioni, enti e aziende sia le funzioni di cui all'articolo 3, comma 1, del decreto del Presidente della Repubblica 20 febbraio
1998, n. 38 e all'articolo 2, comma 1, lettera b) del decreto del Presidente della Repubblica 28 aprile 1998, n. 154, sia i compiti di cui
all'articolo 27, comma quarto, della legge 29 marzo 1983, n. 93.
6. Allo svolgimento delle verifiche ispettive integrate di cui al comma 5 può partecipare l'ispettorato operante presso il Dipartimento
della funzione pubblica. L'ispettorato stesso si avvale di cinque ispettori di finanza, in posizione di comando o fuori ruolo, del
Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, cinque funzionari, particolarmente esperti in materia, in
posizione di comando o fuori ruolo, del Ministero dell'interno e di altro personale comunque in servizio presso il Dipartimento della
funzione pubblica. L'ispettorato svolge compiti ispettivi vigilando sulla razionale organizzazione delle pubbliche amministrazioni,
l'ottimale utilizzazione delle risorse umane, la conformità dell'azione amministrativa ai princìpi di imparzialità e buon andamento e
l'osservanza delle disposizioni vigenti sul controllo dei costi, dei rendimenti e dei risultati e sulla verifica dei carichi di lavoro.
Articolo 61 Interventi correttivi del costo del personale.
1. Fermo restando il disposto dell'articolo 11-ter, comma 7, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni ed
integrazioni, e salvi i casi di cui ai commi successivi, qualora si verifichino o siano prevedibili, per qualunque causa, scostamenti
rispetto agli stanziamenti previsti per le spese destinate al personale, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione
economica, informato dall'amministrazione competente, ne riferisce al Parlamento, proponendo l'adozione di misure correttive
idonee a ripristinare l'equilibrio del bilancio. La relazione è trasmessa altresì al nucleo di valutazione della spesa relativa al pubblico
impiego istituito presso il CNEL.
2. Le pubbliche amministrazioni che vengono, in qualunque modo, a conoscenza di decisioni giurisdizionali che comportino oneri a
carico del bilancio, ne danno immediata comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione
pubblica, al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica. Ove tali decisioni producano nuovi o maggiori
oneri rispetto alle spese autorizzate, il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica presenta, entro trenta
giorni dalla data di pubblicazione delle sentenze della Corte costituzionale o dalla conoscenza delle decisioni esecutive di altre
autorità giurisdizionali, una relazione al Parlamento, impegnando Governo e Parlamento a definire con procedura d'urgenza una
nuova disciplina legislativa idonea a ripristinare i limiti della spesa globale.
121
3. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica provvede, con la stessa procedura di cui al comma 2, a
seguito di richieste pervenute alla Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica per la estensione
generalizzata di decisioni giurisdizionali divenute esecutive, atte a produrre gli effetti indicati nel medesimo comma 2 sulla entità
della spesa autorizzata.
Articolo 62 Commissario del Governo.
1. Il Commissario del Governo, fino all'entrata in vigore del regolamento di cui all'articolo 11, comma 4, del decreto legislativo 30
luglio 1999, n.300, rappresenta lo Stato nel territorio regionale. Egli è responsabile, nei confronti del Governo, del flusso di
informazioni degli enti pubblici operanti nel territorio, in particolare di quelli attivati attraverso gli allegati ai bilanci e il conto
annuale di cui all'articolo 60, comma 1. Ogni comunicazione del Governo alla regione avviene tramite il Commissario del Governo.
TITOLO VI Giurisdizione
Articolo 63 Controversie relative ai rapporti di lavoro.
1. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle
dipendenze delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, ad eccezione di quelle relative ai rapporti di lavoro di cui
al comma 4, incluse le controversie concernenti l'assunzione al lavoro, il conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali e la
responsabilità dirigenziale, nonché quelle concernenti le indennità di fine rapporto, comunque denominate e corrisposte, ancorché
vengano in questione atti amministrativi presupposti. Quando questi ultimi siano rilevanti ai fini della decisione, il giudice li
disapplica, se illegittimi. L'impugnazione davanti al giudice amministrativo dell'atto amministrativo rilevante nella controversia non è
causa di sospensione del processo.
2. Il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna,
richiesti dalla natura dei diritti tutelati. Le sentenze con le quali riconosce il diritto all'assunzione, ovvero accerta che l'assunzione è
avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di
lavoro.
3. Sono devolute al giudice ordinario, in funzione di giudice del lavoro, le controversie relative a comportamenti antisindacali delle
pubbliche amministrazioni ai sensi dell'articolo 28 della legge 20 maggio 1970, n. 300, e successive modificazioni ed integrazioni, e
le controversie, promosse da organizzazioni sindacali, dall'ARAN o dalle pubbliche amministrazioni, relative alle procedure di
contrattazione collettiva di cui all'articolo 40 e seguenti del presente decreto.
4. Restano devolute alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie in materia di procedure concorsuali per l'assunzione
dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nonché, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie relative ai rapporti di
lavoro di cui all'articolo 3, ivi comprese quelle attinenti ai diritti patrimoniali connessi.
5. Nelle controversie di cui ai commi 1 e 3 e nel caso di cui all'articolo 64, comma 3, il ricorso per cassazione può essere proposto
anche per violazione o falsa applicazione dei contratti e accordi collettivi nazionali di cui all'articolo 40.
Articolo 64 Accertamento pregiudiziale sull'efficacia, validità ed interpretazione dei contratti collettivi.
1. Quando per la definizione di una controversia individuale di cui all'articolo 63, è necessario risolvere in via pregiudiziale una
questione concernente l'efficacia, la validità o l'interpretazione delle clausole di un contratto o accordo collettivo nazionale,
sottoscritto dall'ARAN ai sensi dell'articolo 40 e seguenti, il giudice, con ordinanza non impugnabile, nella quale indica la questione
da risolvere, fissa una nuova udienza di discussione non prima di centoventi giorni e dispone la comunicazione, a cura della
cancelleria, dell'ordinanza, del ricorso introduttivo e della memoria difensiva all'ARAN.
2. Entro trenta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, l'ARAN convoca le organizzazioni sindacali firmatarie per verificare la
possibilità di un accordo sull'interpretazione autentica del contratto o accordo collettivo, ovvero sulla modifica della clausola
controversa. All'accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica della clausola si applicano le disposizioni dell'articolo 49. Il
testo dell'accordo è trasmesso, a cura dell'ARAN, alla cancelleria del giudice procedente, la quale provvede a darne avviso alle parti
almeno dieci giorni prima dell'udienza. Decorsi novanta giorni dalla comunicazione di cui al comma 1, in mancanza di accordo, la
procedura si intende conclusa.
3. Se non interviene l'accordo sull'interpretazione autentica o sulla modifica della clausola controversa, il giudice decide con sentenza
sulla sola questione di cui al comma 1, impartendo distinti provvedimenti per l'ulteriore istruzione o, comunque, per la prosecuzione
della causa. La sentenza è impugnabile soltanto con ricorso immediato per Cassazione, proposto nel termine di sessanta giorni dalla
comunicazione dell'avviso di deposito della sentenza. Il deposito nella cancelleria del giudice davanti a cui pende la causa di una
copia del ricorso per cassazione, dopo la notificazione alle altre parti, determina la sospensione del processo.
4. La Corte di cassazione, quando accoglie il ricorso a norma dell'articolo 383 del codice di procedura civile, rinvia la causa allo
stesso giudice che ha pronunciato la sentenza cassata. La riassunzione della causa può essere fatta da ciascuna delle parti entro il
termine perentorio di sessanta giorni dalla comunicazione della sentenza di cassazione. In caso di estinzione del processo, per
qualsiasi causa, la sentenza della Corte di cassazione conserva i suoi effetti.
5. L'ARAN e le organizzazioni sindacali firmatarie possono intervenire nel processo anche oltre il termine previsto dall'articolo 419
del codice di procedura civile e sono legittimate, a seguito dell'intervento alla proposizione dei mezzi di impugnazione delle sentenze
che decidono una questione di cui al comma 1. Possono, anche se non intervenute, presentare memorie nel giudizio di merito ed in
quello per cassazione. Della presentazione di memorie è dato avviso alle parti, a cura della cancelleria.
6. In pendenza del giudizio davanti alla Corte di cassazione, possono essere sospesi i processi la cui definizione dipende dalla
risoluzione della medesima questione sulla quale la Corte è chiamata a pronunciarsi. Intervenuta la decisione della Corte di
cassazione, il giudice fissa, anche d'ufficio, l'udienza per la prosecuzione del processo.
7. Quando per la definizione di altri processi è necessario risolvere una questione di cui al comma 1 sulla quale è già intervenuta una
pronuncia della Corte di cassazione e il giudice non ritiene di uniformarsi alla pronuncia della Corte, si applica il disposto del co. 3.
8. La Corte di cassazione, nelle controversie di cui è investita ai sensi del comma 3, può condannare la parte soccombente, a norma
dell'articolo 96 del codice di procedura civile, anche in assenza di istanza di parte.
Articolo 65 Tentativo obbligatorio di conciliazione nelle controversie individuali.
1. Per le controversie individuali di cui all'articolo 63, il tentativo obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 410 del codice di
procedura civile si svolge con le procedure previste dai contratti collettivi, ovvero davanti al collegio di conciliazione di cui
all'articolo 66, secondo le disposizioni dettate dal presente decreto.
2. La domanda giudiziale diventa procedibile trascorsi novanta giorni dalla promozione del tentativo di conciliazione.
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3. Il giudice che rileva che non è stato promosso il tentativo di conciliazione secondo le disposizioni di cui all'articolo 66, commi 2 e
3, o che la domanda giudiziale è stata proposta prima della scadenza del termine di novanta giorni dalla promozione del tentativo,
sospende il giudizio e fissa alle parti il termine perentorio di sessanta giorni per promuovere il tentativo di conciliazione. Si applica
l'articolo 412-bis, commi secondo e quinto, del codice di procedura civile. Espletato il tentativo di conciliazione o decorso il termine
di novanta giorni, il processo può essere riassunto entro il termine perentorio di centottanta giorni. La parte contro la quale è stata
proposta la domanda in violazione dell'articolo 410 del codice di procedura civile, con l'atto di riassunzione o con memoria
depositata in cancelleria almeno dieci giorni prima dell'udienza fissata, può modificare o integrare le proprie difese e proporre nuove
eccezioni processuali e di merito, che non siano rilevabili d'ufficio. Ove il processo non sia stato tempestivamente riassunto, il
giudice dichiara d'ufficio l'estinzione del processo con decreto cui si applica la disposizione di cui all'articolo 308 del codice di
procedura civile.
4. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale, di intesa con la Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della
funzione pubblica ed il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, provvede, mediante mobilità volontaria
interministeriale, a dotare le Commissioni di conciliazione territoriali degli organici indispensabili per la tempestiva realizzazione del
tentativo obbligatorio di conciliazione delle controversie individuali di lavoro nel settore pubblico e privato.
Articolo 66 Collegio di conciliazione.
1. Ferma restando la facoltà del lavoratore di avvalersi delle procedure di conciliazione previste dai contratti collettivi, il tentativo
obbligatorio di conciliazione di cui all'articolo 65 si svolge, con le procedure di cui ai commi seguenti, dinanzi ad un collegio di
conciliazione istituito presso la Direzione provinciale del lavoro nella cui circoscrizione si trova l'ufficio cui il lavoratore è addetto,
ovvero era addetto al momento della cessazione del rapporto. Le medesime procedure si applicano, in quanto compatibili, se il
tentativo di conciliazione è promosso dalla pubblica amministrazione. Il collegio di conciliazione è composto dal direttore della
Direzione o da un suo delegato, che lo presiede, da un rappresentante del lavoratore e da un rappresentante dell'amministrazione.
2. La richiesta del tentativo di conciliazione, sottoscritta dal lavoratore, è consegnata alla Direzione presso la quale è istituito il
collegio di conciliazione competente o spedita mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Copia della richiesta deve essere
consegnata o spedita a cura dello stesso lavoratore all'amministrazione di appartenenza.
3. La richiesta deve precisare: a) l'amministrazione di appartenenza e la sede alla quale il lavoratore è addetto; b) il luogo dove gli
devono essere fatte le comunicazioni inerenti alla procedura; c) l'esposizione sommaria dei fatti e delle ragioni poste a fondamento
della pretesa; d) la nomina del proprio rappresentante nel collegio di conciliazione o la delega per la nomina medesima ad
un'organizzazione sindacale.
4. Entro trenta giorni dal ricevimento della copia della richiesta, l'amministrazione, qualora non accolga la pretesa del lavoratore,
deposita presso la Direzione osservazioni scritte. Nello stesso atto nomina il proprio rappresentante in seno al collegio di
conciliazione. Entro i dieci giorni successivi al deposito, il Presidente fissa la comparizione delle parti per il tentativo di
conciliazione. Dinanzi al collegio di conciliazione, il lavoratore può farsi rappresentare o assistere anche da un'organizzazione cui
aderisce o conferisce mandato. Per l'amministrazione deve comparire un soggetto munito del potere di conciliare.
5. Se la conciliazione riesce, anche limitatamente ad una parte della pretesa avanzata dal lavoratore, viene redatto separato processo
verbale sottoscritto dalle parti e dai componenti del collegio di conciliazione. Il verbale costituisce titolo esecutivo. Alla
conciliazione non si applicano le disposizioni dell'articolo 2113, commi, primo, secondo e terzo del codice civile.
6. Se non si raggiunge l'accordo tra le parti, il collegio di conciliazione deve formulare un proposta per la bonaria definizione della
controversia. Se la proposta non è accettata, i termini di essa sono riassunti nel verbale con indicazione delle valutazioni espresse
dalle parti.
7. Nel successivo giudizio sono acquisiti, anche di ufficio, i verbali concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito. Il giudice
valuta il comportamento tenuto dalle parti nella fase conciliativa ai fini del regolamento delle spese.
8. La conciliazione della lite da parte di chi rappresenta la pubblica amministrazione, in adesione alla proposta formulata dal collegio
di cui al comma 1, ovvero in sede giudiziale ai sensi dell'articolo 420, commi primo, secondo e terzo, del codice di procedura civile,
non può dar luogo a responsabilità amministrativa.
TITOLO VII Disposizioni diverse e norme transitorie finali (omissis)
123
8. Legge 5 giugno 2003, n. 131
Disposizioni per l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3
Art. 1. (Attuazione dell’articolo 117, primo e terzo comma, della Costituzione, in materia di legislazione regionale)
1. Costituiscono vincoli alla potestà legislativa dello Stato e delle Regioni, ai sensi dell’articolo 117, primo comma, della
Costituzione, quelli derivanti dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute, di cui all’articolo 10 della Costituzione,
da accordi di reciproca limitazione della sovranità, di cui all’articolo 11 della Costituzione, dall’ordinamento comunitario e
dai trattati internazionali.
2. Le disposizioni normative statali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla
legislazione regionale continuano ad applicarsi, in ciascuna Regione, fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni regionali in
materia, fermo quanto previsto al comma 3, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale. Le disposizioni
normative regionali vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge nelle materie appartenenti alla legislazione esclusiva
statale continuano ad applicarsi fino alla data di entrata in vigore delle disposizioni statali in materia, fatti salvi gli effetti di eventuali
pronunce della Corte costituzionale.
3. Nelle materie appartenenti alla legislazione concorrente, le Regioni esercitano la potestà legislativa nell’ambito dei princìpi
fondamentali espressamente determinati dallo Stato o, in difetto, quali desumibili dalle leggi statali vigenti.
4. In sede di prima applicazione, per orientare l’iniziativa legislativa dello Stato e delle Regioni fino all’entrata in vigore delle leggi
con le quali il Parlamento definirà i nuovi princìpi fondamentali, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata
in vigore della presente legge, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri di concerto con i Ministri interessati, uno o più
decreti legislativi meramente ricognitivi dei princìpi fondamentali che si traggono dalle leggi vigenti, nelle materie previste
dall’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, attenendosi ai princìpi della esclusività, adeguatezza, chiarezza, proporzionalità
ed omogeneità. Gli schemi dei decreti, dopo l’acquisizione del parere della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le
Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata: «Conferenza Stato-Regioni», sono trasmessi alle
Camere per l’acquisizione del parere da parte delle competenti Commissioni parlamentari, compreso quello della Commissione
parlamentare per le questioni regionali, da rendersi entro sessanta giorni dall’assegnazione alle Commissioni medesime. Acquisiti tali
pareri, il Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla Conferenza Stato-Regioni ed
alle Camere per il parere definitivo, da rendersi, rispettivamente, entro trenta e sessanta giorni dalla trasmissione dei testi medesimi.
Il parere parlamentare definitivo è reso dalla Commissione parlamentare per le questioni regionali. Gli schemi di decreto legislativo
sono esaminati rilevando se in essi non siano indicati alcuni dei princìpi fondamentali ovvero se vi siano disposizioni che abbiano un
contenuto innovativo dei princìpi fondamentali, e non meramente ricognitivo ai sensi del presente comma, ovvero si riferiscano a
norme vigenti che non abbiano la natura di principio fondamentale. In tal caso il Governo può omettere quelle disposizioni dal
decreto legislativo, oppure le può modificare in conformità alle indicazioni contenute nel parere o, altrimenti, deve trasmettere ai
Presidenti delle Camere e al Presidente della Commissione parlamentare per le questioni regionali una relazione nella quale sono
indicate le specifiche motivazioni di difformità dal parere parlamentare.
5. Nei decreti legislativi di cui al comma 4, sempre a titolo di mera ricognizione, possono essere individuate le disposizioni che
riguardano le stesse materie ma che rientrano nella competenza esclusiva dello Stato a norma dell’articolo 117, secondo comma,
della Costituzione.
6. Nella predisposizione dei decreti legislativi di cui al comma 4, il Governo si attiene ai seguenti criteri direttivi:
a) individuazione dei princìpi fondamentali per settori organici della materia in base a criteri oggettivi desumibili dal complesso delle
funzioni e da quelle affini, presupposte, strumentali e complementari, e in modo da salvaguardare la potestà legislativa riconosciuta
alle Regioni ai sensi dell’articolo 117, terzo comma, della Costituzione;
b) considerazione prioritaria, ai fini dell’individuazione dei princìpi fondamentali, delle disposizioni statali rilevanti per garantire
l’unità giuridica ed economica, la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, il rispetto delle
norme e dei trattati internazionali e della normativa comunitaria, la tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica, nonché il
rispetto dei princìpi generali in materia di procedimenti amministrativi e di atti concessori o autorizzatori;
c) considerazione prioritaria del nuovo sistema di rapporti istituzionali derivante dagli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione;
d) considerazione prioritaria degli obiettivi generali assegnati dall’articolo 51, primo comma, e dall’articolo 117, settimo comma,
della Costituzione, alla legislazione regionale;
e) coordinamento formale delle disposizioni di principio e loro eventuale semplificazione.
Art. 2. (Delega al Governo per l’attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione e per
l’adeguamento delle disposizioni in materia di enti locali alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3)
1. Il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge, su proposta del Ministro
dell’interno, di concerto con i Ministri per gli affari regionali, per le riforme istituzionali e la devoluzione e dell’economia e delle
finanze, uno o più decreti legislativi diretti alla individuazione delle funzioni fondamentali, ai sensi dell’articolo 117, secondo
comma, lettera p), della Costituzione, essenziali per il funzionamento di Comuni, Province e Città metropolitane nonchè per il
soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento.
2. Con i decreti legislativi di cui al comma 1, si provvede, altresì, nell’ambito della competenza legislativa dello Stato, alla revisione
delle disposizioni in materia di enti locali, per adeguarle alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
3. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, dopo l’acquisizione dei pareri del Consiglio di Stato e della Conferenza
unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, di seguito denominata «Conferenza unificata», da rendere
entro trenta giorni dalla trasmissione degli schemi medesimi, sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere da
parte delle competenti Commissioni parlamentari, da rendere entro quarantacinque giorni dall’assegnazione alle Commissioni
medesime. Acquisiti tali pareri, il Governo ritrasmette i testi, con le proprie osservazioni e con le eventuali modificazioni, alla
Conferenza unificata e alle Camere per il parere definitivo, da rendere, rispettivamente, entro trenta e quarantacinque giorni
dalla trasmissione dei testi medesimi.
4. Nell’attuazione della delega di cui ai commi 1 e 2, il Governo si attiene ai seguenti princìpi e criteri direttivi:
a) garantire il rispetto delle competenze legislative dello Stato e delle Regioni, l’autonomia e le competenze costituzionali degli enti
territoriali ai sensi degli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione, nonchè la valorizzazione delle potestà statutaria e regolamentare
dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane;
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b) individuare le funzioni fondamentali dei Comuni, delle Province e delle Città metropolitane in modo da prevedere, anche al fine
della tenuta e della coesione dell’ordinamento della Repubblica, per ciascun livello di governo locale, la titolarità di funzioni
connaturate alle caratteristiche proprie di ciascun tipo di ente, essenziali e imprescindibili per il funzionamento dell’ente e per il
soddisfacimento di bisogni primari delle comunità di riferimento, tenuto conto, in via prioritaria, per Comuni e Province, delle
funzioni storicamente svolte;
c) valorizzare i princìpi di sussidiarietà, di adeguatezza e di differenziazione nella allocazione delle funzioni fondamentali in modo da
assicurarne l’esercizio da parte del livello di ente locale che, per le caratteristiche dimensionali e strutturali, ne garantisca l’ottimale
gestione anche mediante l’indicazione dei criteri per la gestione associata tra i Comuni;
d) prevedere strumenti che garantiscano il rispetto del principio di leale collaborazione tra i diversi livelli di governo locale nello
svolgimento delle funzioni fondamentali che richiedono per il loro esercizio la partecipazione di più enti, allo scopo individuando
specifiche forme di consultazione e di raccordo tra enti locali, Regioni e Stato;
e) attribuire all’autonomia statutaria degli enti locali la potestà di individuare sistemi di controllo interno, al fine di garantire il
funzionamento dell’ente, secondo criteri di efficienza, di efficacia e di economicità dell’azione amministrativa, nonché forme e
modalità di intervento, secondo criteri di neutralità, di sussidiarietà e di adeguatezza, nei casi previsti dagli articoli 141, commi 2 e 8,
193, comma 4, 243, comma 6, lettera b), 247 e 251 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267; f) prevedere una disciplina di princìpi fondamentali idonea a garantire un ordinamento finanziario
e contabile degli enti locali che consenta, sulla base di parametri obiettivi e uniformi, la rilevazione delle situazioni economiche e
finanziarie degli enti locali ai fini della attivazione degli interventi previsti dall’articolo 119, terzo e quinto comma, della
Costituzione, anche tenendo conto delle indicazioni dell’Alta Commissione di studio di cui all’articolo 3, comma 1, lettera b), della
legge 27 dicembre 2002, n. 289;
g) procedere alla revisione delle disposizioni legislative sugli enti locali, comprese quelle contenute nel testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, limitatamente alle norme che contrastano con il
sistema costituzionale degli enti locali definito dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, attraverso la modificazione,
l’integrazione, la soppressione e il coordinamento formale delle disposizioni vigenti, anche al fine di assicurare la coerenza
sistematica della normativa, l’aggiornamento e la semplificazione del linguaggio normativo;
h) adeguare i procedimenti di istituzione della Città metropolitana al disposto dell’articolo 114 della Costituzione, fermo restando il
principio di partecipazione degli enti e delle popolazioni interessati;
i) individuare e disciplinare gli organi di governo delle Città metropolitane e il relativo sistema elettorale, secondo criteri di
rappresentatività e democraticità che favoriscano la formazione di maggioranze stabili e assicurino la rappresentanza delle
minoranze, anche tenendo conto di quanto stabilito per i Comuni e le Province;
l) definire la disciplina dei casi di ineleggibilità, di incompatibilità e di incandidabilità alle cariche elettive delle Città metropolitane
anche tenendo conto di quanto stabilito in materia per gli amministratori di Comuni e Province;
m) mantenere ferme le disposizioni in vigore relative al controllo sugli organi degli enti locali, alla vigilanza sui servizi di
competenza statale attribuiti al sindaco quale ufficiale del Governo, nonchè, fatta salva la polizia amministrativa locale, ai
procedimenti preordinati alla tutela dell’ordine e della sicurezza pubblica nonchè le disposizioni volte ad assicurare la conformità
dell’attività amministrativa alla legge, allo statuto e ai regolamenti;
n) valorizzare le forme associative anche per la gestione dei servizi di competenza statale affidati ai comuni;
o) garantire il rispetto delle attribuzioni degli enti di autonomia funzionale;
p) indicare espressamente sia le norme implicitamente abrogate per effetto dell’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre
2001, n. 3, sia quelle anche implicitamente abrogate da successive disposizioni;
q) rispettare i princìpi desumibili dalla giurisprudenza costituzionale e fare salve le competenze spettanti alle Regioni a statuto
speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano.
5. La decorrenza dell’esercizio delle funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane che, a seguito dell’adozione
dei decreti legislativi di cui al comma 1, sono attribuite ad un ente diverso da quello che le esercita alla data di entrata in vigore dei
medesimi decreti legislativi, è stabilita dalle leggi che determinano i beni e le risorse finanziarie, umane, strumentali e
organizzative da trasferire. A tale fine il Governo, in conformità ad accordi da definire in sede di Conferenza unificata, su proposta
del Ministro dell’interno, di concerto con i Ministri per gli affari regionali, per le riforme istituzionali e la devoluzione e
dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri interessati, presenta al Parlamento uno o più disegni di legge collegati, ai sensi
dell’articolo 3, comma 4, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni, alla manovra finanziaria
annuale, per il recepimento dei suddetti accordi. Ciascuno dei predetti disegni di legge è corredato della relazione tecnica con
l’indicazione della quantificazione e della ripartizione dei beni e delle risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative, ai fini
della valutazione della congruità tra i trasferimenti e gli oneri conseguenti all’espletamento delle funzioni conferite. Le disposizioni
di cui al presente comma si applicano fino alla data di entrata in vigore delle norme concernenti il nuovo sistema finanziario in
attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.
6. Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, il Governo può emanare, nel rispetto dei
princìpi e dei criteri direttivi indicati al comma 4, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi medesimi.
7. I provvedimenti collegati di cui al comma 5 non possono comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
Art. 3. (Testi unici delle disposizioni legislative vigenti non aventi carattere di principio fondamentale nelle materie di
legislazione concorrente)
1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 2, primo periodo, il Governo è delegato ad adottare, entro un anno dalla
data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui all’articolo 1, uno o più decreti legislativi al fine di raccogliere in testi unici
meramente compilativi le disposizioni legislative residue, per ambiti omogenei nelle materie di legislazione concorrente,
apportandovi le sole modifiche, di carattere esclusivamente formale, necessarie ad assicurarne il coordinamento nonché la coerenza
terminologica.
2. Gli schemi dei decreti legislativi di cui al comma 1, dopo l’acquisizione del parere della Conferenza Stato-Regioni, sono trasmessi
alle Camere per il parere delle competenti Commissioni parlamentari e della Commissione parlamentare per le questioni regionali.
Decorsi trenta giorni dall’assegnazione, i decreti legislativi possono essere emanati anche in mancanza del parere parlamentare.
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Art. 4. (Attuazione dell’articolo 114, secondo comma, e dell’articolo 117, sesto comma, della Costituzione in materia di
potestà normativa degli enti locali)
1. I Comuni, le Province e le Città metropolitane hanno potestà normativa secondo i princìpi fissati dalla Costituzione. La potestà
normativa consiste nella potestà statutaria e in quella regolamentare.
2. Lo statuto, in armonia con la Costituzione e con i princìpi generali in materia di organizzazione pubblica, nel rispetto di quanto
stabilito dalla legge statale in attuazione dell’articolo 117, secondo comma, lettera p), della Costituzione, stabilisce i princìpi di
organizzazione e funzionamento dell’ente, le forme di controllo, anche sostitutivo, nonché le garanzie delle minoranze e le forme di
partecipazione popolare.
3. L’organizzazione degli enti locali è disciplinata dai regolamenti nel rispetto delle norme statutarie.
4. La disciplina dell’organizzazione, dello svolgimento e della gestione delle funzioni dei Comuni, delle Province e delle Città
metropolitane è riservata alla potestà regolamentare dell’ente locale, nell’ambito della legislazione dello Stato o della Regione, che
ne assicura i requisiti minimi di uniformità, secondo le rispettive competenze, conformemente a quanto previsto dagli articoli 114,
117, sesto comma, e 118 della Costituzione.
5. Il potere normativo è esercitato anche dalle unioni di Comuni, dalle Comunità montane e isolane.
6. Fino all’adozione dei regolamenti degli enti locali, si applicano le vigenti norme statali e regionali, fermo restando quanto previsto
dal presente articolo.
Art. 5. (Attuazione dell’articolo 117, quinto comma, della Costituzione sulla partecipazione delle regioni in materia
comunitaria)
1. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano concorrono direttamente, nelle materie di loro competenza legislativa,
alla formazione degli atti comunitari, partecipando, nell’ambito delle delegazioni del Governo, alle attività del Consiglio e dei gruppi
di lavoro e dei comitati del Consiglio e della Commissione europea, secondo modalità da concordare in sede di Conferenza StatoRegioni che tengano conto della particolarità delle autonomie speciali e, comunque, garantendo l’unitarietà della rappresentazione
della posizione italiana da parte del Capo delegazione designato dal Governo. Nelle delegazioni del Governo deve essere prevista la
partecipazione di almeno un rappresentante delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Nelle
materie che spettano alle Regioni ai sensi dell’articolo 117, quarto comma, della Costituzione, il Capo delegazione, che può essere
anche un Presidente di Giunta regionale o di Provincia autonoma, è designato dal Governo sulla base di criteri e procedure
determinati con un accordo generale di cooperazione tra Governo, Regioni a statuto ordinario e a statuto speciale stipulato in sede di
Conferenza Stato-Regioni. In attesa o in mancanza di tale accordo, il Capo delegazione è designato dal Governo. Dall’attuazione del
presente articolo non possono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
2. Nelle materie di competenza legislativa delle Regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano, il Governo può proporre
ricorso dinanzi alla Corte di giustizia delle Comunità europee avverso gli atti normativi comunitari ritenuti illegittimi anche su
richiesta di una delle Regioni o delle Province autonome. Il Governo è tenuto a proporre tale ricorso qualora esso sia richiesto dalla
Conferenza Stato-Regioni a maggioranza assoluta delle Regioni e delle Province autonome.
Art. 6. (Attuazione dell’articolo 117, quinto e nono comma, della Costituzione sull’attività internazionale delle regioni)
1. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, provvedono
direttamente all’attuazione e all’esecuzione degli accordi internazionali ratificati, dandone preventiva comunicazione al Ministero
degli affari esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, i quali, nei successivi
trenta giorni dal relativo ricevimento, possono formulare criteri e osservazioni. In caso di inadempienza, ferma restando la
responsabilità delle Regioni verso lo Stato, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 8, commi 1, 4 e 5, in quanto compatibili.
2. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono concludere,
con enti territoriali interni ad altro Stato, intese dirette a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nonché a realizzare
attività di mero rilievo internazionale, dandone comunicazione prima della firma alla Presidenza del Consiglio dei ministri
– Dipartimento per gli affari regionali ed al Ministero degli affari esteri, ai fini delle eventuali osservazioni di questi ultimi e dei
Ministeri competenti, da far pervenire a cura del Dipartimento medesimo entro i successivi trenta giorni, decorsi i quali le Regioni e
le Province autonome possono sottoscrivere l’intesa. Con gli atti relativi alle attività sopra indicate, le Regioni e le Province
autonome di Trento e di Bolzano non possono esprimere valutazioni relative alla politica estera dello Stato, né possono assumere
impegni dai quali derivino obblighi od oneri finanziari per lo Stato o che ledano gli interessi degli altri soggetti di cui all’articolo 114,
primo comma, della Costituzione.
3. Le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, nelle materie di propria competenza legislativa, possono, altresì,
concludere con altri Stati accordi esecutivi ed applicativi di accordi internazionali regolarmente entrati in vigore, o accordi di natura
tecnico-amministrativa, o accordi di natura programmatica finalizzati a favorire il loro sviluppo economico, sociale e culturale, nel
rispetto della Costituzione, dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario, dagli obblighi internazionali e dalle linee e dagli
indirizzi di politica estera italiana, nonché, nelle materie di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione, dei princìpi
fondamentali dettati dalle leggi dello Stato. A tale fine ogni Regione o Provincia autonoma dà tempestiva comunicazione delle
trattative al Ministero degli affari esteri ed alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, che ne
danno a loro volta comunicazione ai Ministeri competenti. Il Ministero degli affari esteri può indicare princìpi e criteri da seguire
nella conduzione dei negoziati; qualora questi ultimi si svolgano all’estero, le competenti rappresentanze diplomatiche e i
competenti uffici consolari italiani, previa intesa con la Regione o con la Provincia autonoma, collaborano alla conduzione delle
trattative. La Regione o la Provincia autonoma, prima di sottoscrivere l’accordo, comunica il relativo progetto al Ministero degli
affari esteri, il quale, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, ed accertata
l’opportunità politica e la legittimità dell’accordo, ai sensi del presente comma, conferisce i pieni poteri di firma previsti dalle norme
del diritto internazionale generale e dalla Convenzione di Vienna sul diritto dei trattati del 23 maggio 1969, ratificata ai sensi della
legge 12 febbraio 1974, n. 112. Gli accordi sottoscritti in assenza del conferimento di pieni poteri sono nulli.
4. Agli accordi stipulati dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano è data pubblicità in base alla legislazione
vigente.
5. Il Ministro degli affari esteri può, in qualsiasi momento, rappresentare alla Regione o alla Provincia autonoma interessata questioni
di opportunità inerenti alle attività di cui ai commi da 1 a 3 e derivanti dalle scelte e dagli indirizzi di politica estera dello Stato e, in
caso di dissenso, sentita la Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali, chiedere che la questione sia
126
portata in Consiglio dei ministri che, con l’intervento del Presidente della Giunta regionale o provinciale interessato, delibera sulla
questione.
6. In caso di violazione degli accordi di cui al comma 3, ferma restando la responsabilità delle Regioni verso lo Stato, si applicano le
disposizioni dell’articolo 8, commi 1, 4 e 5, in quanto compatibili.
7. Resta fermo che i Comuni, le Province e le Città metropolitane continuano a svolgere attività di mero rilievo internazionale nelle
materie loro attribuite, secondo l’ordinamento vigente, comunicando alle Regioni competenti ed alle amministrazioni di cui al
comma 2 ogni iniziativa.
Art. 7. (Attuazione dell’articolo 118 della Costituzione in materia di esercizio delle funzioni amministrative)
1. Lo Stato e le Regioni, secondo le rispettive competenze, provvedono a conferire le funzioni amministrative da loro esercitate alla
data di entrata in vigore della presente legge, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza, attribuendo a
Province, Città metropolitane, Regioni e Stato soltanto quelle di cui occorra assicurare l’unitarietà di esercizio, per motivi di buon
andamento, efficienza o efficacia dell’azione amministrativa ovvero per motivi funzionali o economici o per esigenze di
programmazione o di omogeneità territoriale, nel rispetto, anche ai fini dell’assegnazione di ulteriori funzioni, delle attribuzioni degli
enti di autonomia funzionale, anche nei settori della promozione dello sviluppo economico e della gestione dei servizi. Stato,
Regioni, Città metropolitane, Province, Comuni e Comunità montane favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o
associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà. In ogni caso, quando sono
impiegate risorse pubbliche, si applica l’articolo 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Tutte le altre funzioni amministrative non
diversamente attribuite spettano ai Comuni, che le esercitano in forma singola o associata, anche mediante le Comunità montane e le
unioni dei Comuni.
2. Per le finalità di cui al comma 1, e comunque ai fini del trasferimento delle occorrenti risorse, sulla base degli accordi con le
Regioni e le autonomie locali, da concludere in sede di Conferenza unificata, diretti in particolare all’individuazione dei beni e delle
risorse finanziarie, umane, strumentali e organizzative necessarie per l’esercizio delle funzioni e dei compiti da conferire, il
Governo, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentiti i Ministri
interessati, presenta al Parlamento uno o più disegni di legge collegati, ai sensi dell’articolo 3, comma 4, della legge 5 agosto 1978, n.
468, e successive modificazioni, alla manovra finanziaria annuale, per il recepimento dei suddetti accordi. Ciascuno dei predetti
disegni di legge deve essere corredato da idonea relazione tecnica e non deve recare oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
Le disposizioni di cui al presente comma si applicano fino alla data di entrata in vigore delle norme relative al nuovo sistema
finanziario in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione.
3. Sulla base dei medesimi accordi e nelle more dell’approvazione dei disegni di legge di cui al comma 2, lo Stato può avviare i
trasferimenti dei suddetti beni e risorse secondo princìpi di invarianza di spesa e con le modalità previste al numero 4) del punto II
dell’Accordo del 20 giugno 2002, recante intesa interistituzionale tra Stato, regioni ed enti locali, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 159 del 9 luglio 2002. A tale fine si provvede mediante uno o più decreti del Presidente del Consiglio dei ministri,
tenendo conto delle previsioni di spesa risultanti dal bilancio dello Stato e del patto di stabilità. Si applicano, in quanto compatibili,
gli articoli 3, 7, commi 8, 9, 10 e 11, e 8 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112. Gli schemi di decreto, ciascuno dei quali deve
essere corredato di idonea relazione tecnica, sono trasmessi alle Camere per l’acquisizione del parere da parte delle Commissioni
parlamentari competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario, da rendere entro trenta giorni dall’assegnazione.
4. Le Commissioni possono chiedere ai Presidenti delle Camere una proroga di venti giorni per l’espressione del parere, qualora ciò
si renda necessario per la complessità della materia o per il numero degli schemi di decreto trasmessi nello stesso periodo all’esame
delle Commissioni. Qualora sia concessa, ai sensi del presente comma, la proroga del termine per l’espressione del parere, i termini
per l’adozione dei decreti sono prorogati di venti giorni. Decorso il termine di cui al comma 3, ovvero quello prorogato ai sensi del
presente comma, senza che le Commissioni abbiano espresso i pareri di rispettiva competenza, i decreti possono comunque essere
adottati. I decreti sono adottati con il concerto del Ministro dell’economia e delle finanze e devono conformarsi ai pareri delle
Commissioni parlamentari competenti per le conseguenze di carattere finanziario nelle parti in cui essi formulano identiche
condizioni.
5. Nell’adozione dei decreti, si tiene conto delle indicazioni contenute nel Documento di programmazione economico- finanziaria,
come approvato dalle risoluzioni parlamentari. Dalla data di entrata in vigore dei suddetti decreti o da quella diversa indicata negli
stessi, le Regioni o gli enti locali possono provvedere all’esercizio delle funzioni relative ai beni e alle risorse trasferite. Tali
decreti si applicano fino alla data di entrata in vigore delle leggi di cui al comma 2. 6. Fino alla data di entrata in vigore dei
provvedimenti previsti dal presente articolo, le funzioni amministrative continuano ad essere esercitate secondo le attribuzioni
stabilite dalle disposizioni vigenti, fatti salvi gli effetti di eventuali pronunce della Corte costituzionale.
7. La Corte dei conti, ai fini del coordinamento della finanza pubblica, verifica il rispetto degli equilibri di bilancio da parte di
Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni, in relazione al patto di stabilità interno ed ai vincoli derivanti dall’appartenenza
dell’Italia all’Unione europea. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti verificano, nel rispetto della natura collaborativa
del controllo sulla gestione, il perseguimento degli obiettivi posti dalle leggi statali o regionali di principio e di programma, secondo
la rispettiva competenza, nonché la sana gestione finanziaria degli enti locali ed il funzionamento dei controlli interni e riferiscono
sugli esiti delle verifiche esclusivamente ai consigli degli enti controllati. Resta ferma la potestà delle Regioni a statuto speciale,
nell’esercizio della loro competenza, di adottare particolari discipline nel rispetto delle suddette finalità. Per la determinazione dei
parametri di gestione relativa al controllo interno, la Corte dei conti si avvale anche degli studi condotti in materia dal Ministero
dell’interno.
8. Le Regioni possono richiedere ulteriori forme di collaborazione alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti ai fini della
regolare gestione finanziaria e dell’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa, nonché pareri in materia di contabilità
pubblica. Analoghe richieste possono essere formulate, di norma tramite il Consiglio delle autonomie locali, se istituito, anche da
Comuni, Province e Città metropolitane.
9. Le sezioni regionali di controllo della Corte dei conti possono essere integrate, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza
pubblica, da due componenti designati, salvo diversa previsione dello statuto della Regione, rispettivamente dal Consiglio regionale e
dal Consiglio delle autonomie locali oppure, ove tale organo non sia stato istituito, dal Presidente del Consiglio regionale su
indicazione delle associazioni rappresentative dei Comuni e delle Province a livello regionale. I predetti componenti sono scelti tra
persone che, per gli studi compiuti e le esperienze professionali acquisite, sono particolarmente esperte nelle materie aziendalistiche,
economiche, finanziarie, giuridiche e contabili; i medesimi durano in carica cinque anni e non sono riconfermabili. Lo status dei
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predetti componenti è equiparato a tutti gli effetti, per la durata dell’incarico, a quello dei consiglieri della Corte dei conti, con oneri
finanziari a carico della Regione. La nomina è effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, con le modalità previste dal
secondo comma dell’articolo unico del decreto del Presidente della Repubblica 8 luglio 1977, n. 385. Nella prima applicazione delle
disposizioni di cui al presente comma e ai commi 7 e 8, ciascuna sezione regionale di controllo, previe intese con la Regione, può
avvalersi di personale della Regione sino ad un massimo di dieci unità, il cui trattamento economico resta a carico
dell’amministrazione di appartenenza. Possono essere utilizzati a tal fine, con oneri a carico della Regione, anche segretari
comunali e provinciali del ruolo unico previsto dal testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267, previe intese con l’Agenzia autonoma per la gestione dell’albo dei segretari comunali e provinciali
o con le sue sezioni regionali.
Art. 8. (Attuazione dell’articolo 120 della Costituzione sul potere sostitutivo)
1. Nei casi e per le finalità previsti dall’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, il Presidente del Consiglio dei ministri, su
proposta del Ministro competente per materia, anche su iniziativa delle Regioni o degli enti locali, assegna all’ente interessato un
congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari; decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito
l’organo interessato, su proposta del Ministro competente o del Presidente del Consiglio dei ministri, adotta i provvedimenti
necessari, anche normativi, ovvero nomina un apposito commissario. Alla riunione del Consiglio dei ministri partecipa il Presidente
della Giunta regionale della Regione interessata al provvedimento.
2. Qualora l’esercizio del potere sostitutivo si renda necessario al fine di porre rimedio alla violazione della normativa comunitaria,
gli atti ed i provvedimenti di cui al comma 1 sono adottati su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le
politiche comunitarie e del Ministro competente per materia. L’articolo 11 della legge 9 marzo 1989, n. 86, è abrogato.
3. Fatte salve le competenze delle Re gioni a statuto speciale, qualora l’esercizio dei poteri sostitutivi riguardi Comuni, Province o
Città metropolitane, la nomina del commissario deve tenere conto dei princìpi di sussidiarietà e di leale collaborazione. Il
commissario provvede, sentito il Consiglio delle autonomie locali qualora tale organo sia stato istituito.
4. Nei casi di assoluta urgenza, qualora l’intervento sostitutivo non sia procrastinabile senza mettere in pericolo le finalità tutelate
dall’articolo 120 della Costituzione, il Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente, anche su iniziativa delle Regioni
o degli enti locali, adotta i provvedimenti necessari, che sono immediatamente comunicati alla Conferenza Stato-Regioni o alla
Conferenza Stato-Città e autonomie locali, allargata ai rappresentanti delle Comunità montane, che possono chiederne il riesame.
5. I provvedimenti sostitutivi devono essere proporzionati alle finalità perseguite.
6. Il Governo può promuovere la stipula di intese in sede di Conferenza Stato-Regioni o di Conferenza unificata, dirette a favorire
l’armonizzazione delle rispettive legislazioni o il raggiungimento di posizioni unitarie o il conseguimento di obiettivi comuni; in tale
caso è esclusa l’applicazione dei commi 3 e 4 dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281. Nelle materie di cui
all’articolo 117, terzo e quarto comma, della Costituzione non possono essere adottati gli atti di indirizzo e di coordinamento di cui
all’articolo 8 della legge 15 marzo 1997, n. 59, e all’articolo 4 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112.
Art. 9. (Attuazione degli articoli 123, secondo comma, e 127 della Costituzione, in materia di ricorsi alla Corte costituzionale)
1. L’articolo 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente: «Art. 31. – 1. La questione di legittimità costituzionale di
uno statuto regionale può, a norma del secondo comma dell’articolo 123 della Costituzione, essere promossa entro il termine di trenta
giorni dalla pubblicazione. 2. Ferma restando la particolare forma di controllo delle leggi prevista dallo statuto speciale della
Regione siciliana, il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere, ai sensi
dell’articolo 127, primo comma, della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale della legge regionale dinanzi alla Corte
costituzionale entro sessanta giorni dalla pubblicazione. 3. La questione di legittimità costituzionale è sollevata, previa deliberazione
del Consiglio dei ministri, anche su proposta della Conferenza Stato-Città e autonomie locali, dal Presidente del Consiglio dei
ministri mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato, entro i termini previsti dal presente articolo, al Presidente della
Giunta regionale. 4. Il ricorso deve essere depositato nella cancelleria della Corte costituzionale entro il termine di
dieci giorni dalla notificazione».
2. Il secondo comma dell’articolo 32 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente: «La questione di legittimità
costituzionale, previa deliberazione della Giunta regionale, anche su proposta del Consiglio delle autonomie locali, è promossa dal
Presidente della Giunta mediante ricorso diretto alla Corte costituzionale e notificato al Presidente del Consiglio dei ministri entro il
termine di sessanta giorni dalla pubblicazione della legge o dell’atto impugnati».
3. Al primo comma dell’articolo 33 della legge 11 marzo 1953, n. 87, le parole: «dell’articolo 2, secondo comma, della legge
costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1» sono sostituite dalle seguenti: «dell’articolo 127, secondo comma, della Costituzione».
4. L’articolo 35 della legge 11 marzo 1953, n. 87, è sostituito dal seguente: «Art. 35. – 1. Quando è promossa una questione di
legittimità costituzionale ai sensi degli articoli 31, 32 e 33, la Corte costituzionale fissa l’udienza di discussione del ricorso entro
novanta giorni dal deposito dello stesso. Qualora la Corte ritenga che l’esecuzione dell’atto impugnato o di parti di esso possa
comportare il rischio di un irreparabile pregiudizio all’interesse pubblico o all’ordinamento giuridico della Repubblica, ovvero il
rischio di un pregiudizio grave ed irreparabile per i diritti dei cittadini, trascorso il termine di cui all’articolo 25, d’ufficio può
adottare i provvedimenti di cui all’articolo 40. In tal caso l’udienza di discussione è fissata entro i successivi trenta giorni e il
dispositivo della sentenza è depositato entro quindici giorni dall’udienza di discussione».
5. Le Regioni assicurano la pronta reperibilità degli atti recanti la pubblicazione ufficiale degli statuti e delle leggi regionali.
6. Nei ricorsi per conflitto di attribuzione tra Stato e Regione e tra Regione e Regione, di cui agli articoli da 39 a 42 della legge 11
marzo 1953, n. 87, proposti anteriormente alla data dell’8 novembre 2001, il ricorrente deve chiedere la trattazione del ricorso, con
istanza diretta alla Corte costituzionale e notificata alle altre parti costituite, entro quattro mesi dal ricevimento della
comunicazione di pendenza del procedimento effettuata a cura della cancelleria della Corte costituzionale; in difetto di tale istanza, il
ricorso si considera abbandonato ed è dichiarato estinto con decreto del Presidente.
Art. 10.(Rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie)
1. In ogni Regione a statuto ordinario il prefetto preposto all’ufficio territoriale del Governo avente sede nel capoluogo della Regione
svolge le funzioni di rappresentante dello Stato per i rapporti con il sistema delle autonomie.
2. Nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, il rappresentante dello Stato cura in sede regionale: a) le attività dirette ad
assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, nonché il raccordo tra le istituzioni dello Stato presenti
sul territorio, anche attraverso le conferenze di cui all’articolo 11 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300, al fine di garantire la
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rispondenza dell’azione amministrativa all’interesse generale, il miglioramento della qualità dei servizi resi al cittadino e di favorire e
rendere più agevole il rapporto con il sistema delle autonomie;
b) la tempestiva informazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per gli affari regionali e ai Ministeri
interessati degli statuti regionali e delle leggi regionali, per le finalità di cui agli articoli 123 e 127 della Costituzione, e degli atti
amministrativi regionali, agli effetti dell’articolo 134 della Costituzione, nonché il tempestivo invio dei medesimi atti all’ufficio
dell’Avvocatura dello Stato avente sede nel capoluogo;
c) la promozione dell’attuazione delle intese e del coordinamento tra Stato e Regione previsti da leggi statali nelle materie indicate
dall’articolo 118, terzo comma, della Costituzione, nonché delle misure di coordinamento tra Stato e autonomie locali, di cui
all’articolo 9, comma 5, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
d) l’esecuzione di provvedimenti del Consiglio dei ministri costituenti esercizio del potere sostitutivo di cui all’articolo 120, secondo
comma, della Costituzione, avvalendosi degli uffici territoriali del Governo e degli altri uffici statali aventi sede nel territorio
regionale;
e) la verifica dell’interscambio di dati e informazioni rilevanti sull’attività statale, regionale e degli enti locali, di cui all’articolo 6 del
decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112, riferendone anche al Ministro per l’innova zione e le tecnologie;
f) l’indizione delle elezioni regionali e la determinazione dei seggi consiliari e l’assegnazione di essi alle singole circoscrizioni,
nonché l’adozione dei provvedimenti connessi o conseguenti, fino alla data di entrata in vigore di diversa previsione contenuta negli
statuti e nelle leggi regionali;
g) la raccolta delle notizie utili allo svolgimento delle funzioni degli organi statali, costituendo il tramite per la reciproca
informazione nei rapporti con le autorità regionali; la fornitura di dati e di elementi per la redazione della Relazione annuale sullo
stato della pubblica amministrazione; la raccolta e lo scambio dei dati di rilevanza statistica, da effettuarsi secondo gli standard e le
metodologie definiti dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e avvalendosi anche dei suoi uffici regionali, d’intesa con lo stesso.
3. Nell’esercizio delle funzioni di cui al presente articolo il rappresentante dello Stato si avvale a tale fine delle strutture e del
personale dell’ufficio territoriale del Governo.
4. Ai fini del presente articolo e per l’espletamento delle funzioni previste dall’articolo 1, comma 2, lettere e), f) e g), del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 17 maggio 2001, n. 287, i segretari comunali e provinciali che, alla data
di entrata in vigore della presente legge, sono inseriti nella graduatoria di cui all’articolo 18, comma 9, del regolamento di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 4 dicembre 1997, n. 465, come modificato dall’articolo 7, comma 3, della legge 16 gennaio
2003, n. 3, e che hanno presentato istanza di mobilità per gli uffici territoriali del Governo, sono assegnati, nel limite dei posti
disponibili, agli stessi uffici, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro dell’interno, con il
Ministro per gli affari regionali e con gli altri Ministri interessati, da adottare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della
presente legge. Restano ferme le disposizioni previste dal decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139, e dai relativi decreti di
attuazione.
5. Nelle Regioni a statuto speciale le funzioni del rappresentante dello Stato ai fini della lettera d) del comma 2 sono svolte dagli
organi statali a competenza regionale previsti dai rispettivi statuti, con le modalità definite da apposite norme di attuazione.
6. Ai commissariati del Governo di Trento e di Bolzano si applicano le disposizioni del regolamento di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 17 maggio 2001, n. 287, compatibilmente con lo statuto speciale di autonomia e con le relative norme di attuazione.
7. Il provvedimento di preposizione all’ufficio territoriale del Governo del capoluogo di Regione è adottato con decreto del
Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, d’intesa con il
Ministro per gli affari regionali.
8. All’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, le parole da: «autonomie locali» fino alla fine del comma
sono sostituite dalle seguenti: «autonomie locali, nonché dell’ufficio per il federalismo amministrativo, nel quale confluisce il
personale addetto alla struttura di supporto del Commissario straordinario del Governo per l’attuazione del federalismo
amministrativo, mantenendo il proprio stato giuridico; si avvale altresì, sul territorio, dei rappresentanti dello Stato nelle Regioni, che
dipendono funzionalmente dal Presidente del Consiglio dei ministri».
9. All’articolo 11 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, sono apportate le seguenti modificazioni: a) il primo comma è sostituito dal
seguente: «Le leggi regionali sono promulgate dal Presidente della Giunta. Il testo è preceduto dalla formula: ’’Il Consiglio regionale
ha approvato. Il Presidente della Giunta regionale promulga’’»; b) i commi secondo e terzo sono abrogati; c) la rubrica è sostituita
dalla seguente: «Promulgazione delle leggi regionali».
10. Sono abrogati: gli articoli 40, 43 e 44 della legge 10 febbraio 1953, n. 62; l’articolo 4, secondo comma, del decreto del Presidente
della Repubblica 24 luglio 1977, n. 616; l’articolo 13 della legge 23 agosto 1988, n. 400, ad eccezione del comma 3; l’articolo 3 del
decreto legislativo 13 febbraio 1993, n. 40; l’articolo 11, comma 3, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300.
11. Nelle norme dell’ordinamento giuridico, compatibili con le disposizioni della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, il
riferimento al commissario del Governo è da intendersi al prefetto titolare dell’ufficio territoriale del Governo del capoluogo di
Regione quale rappresentante dello Stato. Il presente comma comunque non concerne le norme compatibili con la legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, aventi ad oggetto le Regioni a statuto speciale.
Art. 11.(Attuazione dell’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3)
1. Per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome di Trento e di Bolzano resta fermo quanto previsto dai rispettivi statuti
speciali e dalle relative norme di attuazione, nonché dall’articolo 10 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3.
2. Le Commissioni paritetiche previste dagli statuti delle Regioni a statuto speciale, in relazione alle ulteriori materie spettanti alla
loro potestà legislativa ai sensi dell’articolo 10 della citata legge costituzionale n. 3 del 2001, possono proporre l’adozione delle
norme di attuazione per il trasferimento dei beni e delle risorse strumentali, finanziarie, umane e organizzative, occorrenti
all’esercizio delle ulteriori funzioni amministrative.
3. Le norme di attuazione di cui al comma 2 possono prevedere altresì disposizioni specifiche per la disciplina delle attività regionali
di competenza in materia di rapporti internazionali e comunitari.
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