CAMERA DEI DEPUTATI Mercoledì 16 aprile 2014 Politiche dell'Unione europea (XIV) SEDE CONSULTIVA Mercoledì 16 aprile 2014. — Presidenza del presidente Michele BORDO. La seduta comincia alle 9. Documento di economia e finanza 2014. Doc. LVII n. 2. (Parere alla V Commissione). (Seguito dell'esame e conclusione – Parere favorevole). La Commissione prosegue l'esame del provvedimento in oggetto, rinviato nella seduta del 15 aprile 2014. Paolo ALLI (NCD), relatore, formula una proposta di parere favorevole. Vega COLONNESE (M5S), come preannunciato nella seduta di ieri, conferma il voto contrario del M5S sul documento in esame. Si tratta di un documento inadeguato, redatto superficialmente, e che reca norme di copertura non bene specificate, a dimostrazione dell'incapacità del Governo di affrontare l'attuale situazione e di favorire la ripresa economica del Paese. Marina BERLINGHIERI (PD) interviene per esprimere il voto favorevole del gruppo del PD al parere da esprimere sul DEF. Ricorda che l'Italia crescerà quest'anno dello 0,8 per cento, un po’ meno di quanto previsto finora, ma comunque più di quanto stimato dalla Commissione europea e dal Fondo monetario. Manterrà il deficit abbondantemente sotto il 3 per cento, al 2,6 per cento, mentre il debito pubblico continuerà a salire al 134,9 per cento del Pil quest'anno per poi scendere, anche grazie alle privatizzazioni e assicurerà la tenuta dei conti. È questo il sentiero entro cui si muove il DEF approvato dal Consiglio dei ministri insieme al Piano nazionale per le riforme. Con questo DEF e PNR, dagli obiettivi ambiziosi, in Europa possiamo presentarci «con i compiti fatti» e con le riforme avviate. Il Documento di Economia e finanza (DEF), approvato l'8 aprile dal Consiglio dei ministri, contiene una chiara linea dipolitica economica protesa al rilancio della crescita del Paese, basata sul binomio fondamentale fra politiche di bilancio equilibrate e una forte azione riformatrice, che tradotto significa agire sulla fiscalità per ridurne il peso attraverso il sostegno ai redditi degli italiani con un'azione dai contorni di equità sostanziale. È un documento che contiene una vera nota di discontinuità con il passato: si fa portatore di interventi ad alto valore redistributivo applicando pienamente il dettato costituzionale nella parte in cui prescrive che ciascuno contribuisce alla vita delle comunità in ragione delle risorse e del patrimonio di cui dispone. L'intento più significativo di questo DEF sta infatti nell'obiettivo di gettare le basi per l'operazione «di giustizia sociale»: il taglio dell'Irpef per dare agli italiani dal reddito mediobasso l'equivalente di una «quattordicesima» e far pagare di più a chi fino ad oggi non ha sofferto degli effetti della crisi. Gli 80 euro in più in busta paga saranno coperti, e sta qui la principale carta del Governo, con una spending review fatta di tagli degli stipendi dei manager e di stretta alla pubblica amministrazione, e con un nuovo intervento fiscale sulle banche. 1 Si passa concretamente e significativamente ad attuare il principio, tante volte enunciato, di spostare il peso della tassazione dal lavoro alla rendita: un segnale importante e necessario. Si abbandona in questo DEF lo schema classico proposto dalla UE fatto di freddi numeri e si traccia una prospettiva della società italiana in nome della solidarietà, della sussidiarietà e della crescita intesa quale strumento di coesione sociale e non come mero raggiungimento di obiettivi macroeconomici. È un documento che inizia a tradurre in misure concrete la necessità di pensare un nuovo patto sociale che rimetta il welfare al centro delle politiche e che sappia tenere insieme i fattori che reggono l'equilibrio fra partecipazione alla contribuzione, servizi erogati e organizzazione pubblica, equilibrio messo fortemente in crisi dall'andamento dell'economia, dall'evasione fiscale, dalla corruzione, dagli sprechi. Crisi di un modello classico che ha sostanzialmente reso necessario un nuovo assetto che sappia tenere insieme la comunità del Paese e metterla al riparo da egoismi o semplificazioni. Nel dettaglio: 4,5 miliardi verranno dalla spending review vera e propria: circa un miliardo dagli incassi Iva derivanti dal rimborso dei debiti della pubblica amministrazione e un altro miliardo dall'aumento della tassazione sulle plusvalenze realizzate dalle banche con la rivalutazione delle quote Bankitalia. I tagli alla spesa del piano Cottarelli, rivisto e corretto a Palazzo Chigi, partiranno non solo dall'eliminazione degli enti inutili (il Cnel fra tutti) ma anche e soprattutto dall'adozione di un tetto preciso – 238.000 euro – per gli stipendi dei manager pubblici. Diversamente dal passato, non c’è una stretta fiscale ulteriore e non è prevista alcuna tagliola per la sanità, settore tradizionalmente tra i più a rischio. Ci pare di cogliere in tutto ciò, una linea di fondo: l'Italia deve rialzarsi, deve riprendere un cammino di sviluppo, ma lo deve fare in modo equilibrato e sostenibile. Sappiamo bene che i paesi che prima di noi sono usciti dalla crisi, a partire dagli Stati Uniti, spesso hanno visto aumentare differenze e disuguaglianze al loro interno, tanto che nell'ultimo World Economic Forumdi Davos proprio il problema delle disparità è stato al centro della riflessione degli economisti. Le crescenti disuguaglianze di opportunità, di reddito, l'assottigliarsi della classe media, la diminuzione della mobilità sociale non sono solo una questione di equità, ma mettono a repentaglio la stabilità delle nostre comunità. Allora la ripresa, lo sviluppo, il dinamismo economico, devono coniugarsi con l'attenzione all'equità sociale. Occorre stringere i tempi per attuare finalmente le riforme strutturali, quelle che tutti invocano, quelle rimaste bloccate per anni, se non per decenni, e che potranno restituire al Paese una credibilità e una prospettiva di sviluppo in grado di invertire il ciclo negativo. Si allontana il rischio recessione, dice il Fondo monetario internazionale (FMI), soprattutto per i paesi più ricchi. La crescita globale è ancora lenta, però, e l'Eurozona non è uscita dal rischio deflazione. L'Italia cresce, ma non basta: In Italia la ripresa è in corso ma il «potenziale di crescita resta basso». Anche se il Governo Renzi sta cercando i fare del suo meglio, rispettando al meglio i vincoli europei e non facendosi tentare dall'idea di portare il deficit di bilancio al tetto congiunturale del 3 per cento del PIL (evitando che l'Italia possa ricadere nella trappola della speculazione) – l'economia non cresce: +0,8 per cento nel 2014, rispetto al –1,9 per cento dell'anno scorso. Secondo il Def, il commercio internazionale è cresciuto del 2,6 per cento nel 2013, crescerebbe del 5 per cento quest'anno e poi ancora del 5,9 per cento nel 2015, per arrivare al +6 per cento sia nel 2016 sia nel 2017. Ma l'export italiano è cresciuto solo del +0,1 per cento nel 2013 e sarà davvero un miracolo se dovesse andar su del +4 per cento quest'anno e del 4,4 per cento il prossimo, come pure è previsto nel testo approvato dal Governo. Le esportazioni nette italiane, lo conferma la sintesi del quadro macroeconomico del Def, contribuiranno 2 comunque ben poco alla crescita del nostro PIL: appena il +0,5 per cento quest'anno rispetto al +0,8 per cento del 2013, per calare ad appena il +0,2 per cento nel 2015 e nel 2016. Nel 2017 e nel 2018 il contributo netto dell'export alla crescita del PIL italiano sarà appena dello 0,1 per cento: più che una inezia, un apporto neppure rilevabile dal punto di vista statistico. Dunque il problema del rilancio dei consumi interni, di un piano industriale che rilanci uno sviluppo in favore del mercato, favorito da misure improntate alla crescita a livello europeo, rimane la questione centrale per il nostro paese. L'industria e la manifattura italiana, sempre più orientate ad una proposta di sostenibilità ambientale, come uno dei cardini del futuro economico del Paese, è un tema che attraversa il DEF. Il gusto, la qualità, la tecnologia italiana uniti all’ abilità e alla maestria dei lavoratori sono la migliore difesa dei nostri prodotti, fra i più copiati e contraffatti a livello globale. Ma occorre richiamare con serietà il tema di una nuova politica industriale che declini in maniera moderna e competitiva i termini della nostra presenza fra i grandi Paesi produttori del mondo. Scelte strategiche e politiche attive di sostegno alla manifattura, in special modo alle piccole e medie aziende, sono centrali nello scenario disegnato dal Governo. Anche per tali ragioni valuta strategica quella parte del Def che fa riferimento agli ultimi dati congiunturali nell'Area Euro (OCSE-Interim economic assesment 2014). A tal fine è necessario sostenere con forza il Governo nei prossimi mesi, anche in vista della presidenza del semestre Ue, affinché si attivi per dare una vera svolta sul piano della crescita a livello europeo, dando concretezza agli impegni così enunciati: «L'Europa deve fare molto di più dal lato degli investimenti e dopo aver concentrato gli sforzi sul risanamento dei bilanci deve evitare che gli stessi siano vanificati dalla debolezza strutturale della crescita. Su questo l'Italia intende indirizzare il semestre di Presidenza che inizierà a luglio: agire sugli squilibri strutturali per indirizzare i paesi dell'Unione verso una strategia di crescita e occupazione, crescita che non può prescindere dal considerare la sicurezza come fattore di sviluppo economico. L'Italia deve essere in prima linea in questo sforzo, proseguendo sulla strada di riforme credibili ed efficaci in grado di imprimere e sostenere la svolta a livello europeo (...). Portare il tema della crescita e della lotta contro la disoccupazione al centro delle politiche europee. L'impegno del Paese e dell'Europa deve essere riportato fermamente verso l'occupazione e le imprese, anche grazie a un deciso sostegno agli strumenti, come l’Industrial Compact, che mirano a rilanciare il settore manifatturiero e a riportare l'economia reale al centro della politica europea. Per rilanciare una strategia di crescita europea, riducendo le disuguaglianze e riportare in Europa lo spirito costitutivo di solidarietà, occorre anche rilanciare la Strategia EU 2020, con priorità alla riduzione della povertà e della disoccupazione, dando forza al processo di riforma e di flessibilità di bilancio necessaria (es. golden rule su spesa per investimenti). Occorre promuovere un migliore utilizzo delle risorse europee (Fondi strutturali, BEI, Garanzia Giovani, iniziative «bandiera») e proseguire nel processo di Unione bancaria nel rispetto degli impegni presi.». In tale direzione sarà fondamentale l'attuazione delle singole politiche che compongono la strategia nazionale del PNR (Piano Nazionale di Riforma, presentato congiuntamente al DEF 2014) che, per molti versi, sembra proseguire l'impianto complessivo già delineato durante il governo Letta (anche se con la previsione di tempistiche maggiormente definite e speriamo rispettate). Per tutti questi motivi ribadisce il parere convintamente favorevole del Pd. Nessun altro chiedendo di intervenire, la Commissione approva la proposta di parere favorevole formulata dal relatore. 3 La seduta termina alle 9.15. 4