Riquadro 4 Le prospettive di crescita dell’economia cinese Nel 2012 l’economia cinese è cresciuta del 7,9 per cento, registrando così il tasso di crescita più basso dal 1999 e in netto calo rispetto al 9,3 per cento dell’anno precedente. Secondo le previsioni della Banca Mondiale nel prossimo triennio la crescita dovrebbe accelerare all’8,4 per cento nel 2013, per poi stabilizzarsi intorno all’8 per cento nel biennio successivo. L’economia cinese continua a caratterizzarsi per un forte squilibrio tra le varie componenti della domanda, dovuto all’eccessivo peso degli investimenti (soprattutto pubblici) e alla forte dipendenza dalle esportazioni, che tuttavia la crisi globale ha contribuito a ridurre. In questo contesto, comunque, cominciano a emergere segnali di riequilibrio della domanda grazie alla recente dinamica dei consumi interni. Le politiche economiche adottate nei primi anni 2000, infatti, hanno favorito il risparmio e l’accumulazione di capitale, a scapito della crescita dei consumi. In particolare il piano di stimolo fiscale a sostegno dell’attività economica, varato dal governo nel 2008-09, ha comportato nel triennio successivo una crescita degli investimenti pubblici e privati pari mediamente al 14 per cento; tale crescita è ascrivibile in larga parte agli investimenti infrastrutturali che hanno parzialmente spiazzato quelli privati nel settore manifatturiero. Il contributo degli investimenti alla crescita è passato da una media di 2,3 punti percentuali negli anni ottanta e novanta del secolo scorso a circa 5 punti percentuali nella prima decade degli anni 2000. Il rapporto tra investimenti e Pil è così aumentato, dal 2000, di oltre 20 punti percentuali portandosi nel 2011 a circa il 45 per cento. Le autorità cinesi hanno da tempo indicato la necessità di interventi tesi a riequilibrare la dinamica degli investimenti anche aumentando il peso del settore dei servizi e degli investimenti in capitale umano. L’aumento del contributo degli investimenti alla crescita si è accompagnato alla progressiva contrazione del peso dei consumi privati sul Pil, pari nel 2011 al 34 per cento (a fronte del 56 per cento nell’Area euro). La distribuzione del reddito ha penalizzato il potere d’acquisto delle famiglie e i relativi consumi; inoltre, l’inadeguatezza della rete di sicurezza sociale ha stimolato la già elevata propensione al risparmio delle famiglie. In base alle rilevazioni dell’Ufficio nazionale di statistica, tra il 2008 e il 2010, il reddito disponibile pro capite è cresciuto al tasso del 9 per cento l’anno, in linea con il quinquennio precedente ma inferiore al tasso di crescita del prodotto (9,7 per cento). Dal 2011 la dinamica di salari e occupazione ha portato la crescita del reddito disponibile delle famiglie intorno al 10 per cento in termini reali. Inoltre la spesa sociale, soprattutto nei comparti della sanità e delle pensioni, è cresciuta fino al 9 per cento del Pil. Secondo l’obiettivo fissato dalle autorità cinesi nell’ultimo piano quinquennale (2011-16), la quota dei consumi privati sul Pil dovrebbe salire fino al 40 per cento entro il 2016: si tratta, tuttavia, di un obiettivo ambizioso che potrebbe richiedere ulteriori azioni di politica economica, quali ad esempio l’aumento della spesa sociale. Si stima, infatti, che la quota dei consumi privati sul prodotto potrebbe aumentare di oltre sette punti percentuali qualora la spesa sociale salisse di altri sei punti raggiungendo il 15 per cento del Pil, in linea con i valori rilevati per i paesi a medio reddito. 71 L’evoluzione del quadro di riferimento Il quadro macroeconomico