Riletture: Christopher Lasch (1932-1994) Il pensiero di Christopher Lasch è ancora tutto da studiare e scoprire. E imporrebbe una analisi attenta dei "Lasch's papers" conservati presso l'Università di Rochester: 73 "boxes" (1950- 1992) che contengono manoscritti, dattiloscritti di libri e articoli (pubblicati e non pubblicati), la corrispondenza, le lezioni universitarie, le note di lettura, appunti, ecc. (su questi aspetti si digiti e poi si clicchi su "Christopher Lasch on the Web"). Insomma, una vera e propria miniera d'oro, ancora tutta da scavare... Questo per esemplificare, anche fisicamente l'ampiezza del suo pensiero, dei suoi interessi, e delle sue relazioni. Definirlo storico è perciò piuttosto riduttivo. Christopher Lasch nasce a Omaha (Nebraska) nel 1932, figlio di un giornalista e di una docente universitaria. Una famiglia colta e liberal. Negli anni Cinquanta studia storia nelle università di Harvard (dove si laurea, 1954), Colombia (dove consegue il PhD, 1959). Negli anni Sessanta insegna la sua materia nelle università di Chicago, Iowa e Northwestern, e infine a Rochester (1970). Nel 1985 diviene "chair" del "Rochester Department of History". Muore di cancro nel 1994, all'età di sessantuno anni. Lasch è autore di dieci libri. Tre sono i principali filoni della sua ricerca. Il primo riguarda la critica politica della sinistra liberal americana. Sotto questo aspetto sono di fondamentale importanza, i suoi primi tre libri: Americans Liberals and the Russian Revolution (1962), un efficace ritratto storico del volontarismo-idealismo liberal; The New radicalism in America (1965), dove mette in luce la diversità tra il liberalismo idealistico e liberalismo pragmatico; Agony of American Left (1969), dove prende forma la sua distinzione tra politica come partecipazione diretta dei cittadini (il liberalismo "buono") e la politica come controllo sociale (il liberalismo, o progressismo, "cattivo"). L' "agonia" della sinistra americana sarebbe causata dal fatto di aver scambiato la libertà, come partecipazione politica attiva, con la libertà, come "erogazione burocratica" dall'alto di diritti civili e servizi sociali. Sotto questo aspetto è possibile trovare qualche altro utile elemento di riflessione anche nel successivo The World of Nations (1973). Il secondo filone, che discende dal primo riguarda la critica culturale della società americana degli anni Ottanta e Novanta. Haven in a Heartless World (1977, trad. it. Bompiani 1982), in cui critica la trasformazione tardocapitalistica della famiglia in un'unità, non tanto di produzione quanto di consumo esasperato; The Culture of Narcissism (1979, trad. it. Bompiani 1981), dove associa lo sviluppo di un individualismo di tipo narcisitico alla nascita di una società completamente burocratizzata, che attraverso il welfare asserve l'individuo; The Minimal Self (1984, trad. it. Feltrinelli 1985), nel quale collega la fuga dalla politica, tipica degli anni Ottanta, alla riluttanza dal parte dell' "individuo narciso", studiato nel libro precedente, ad assumersi qualsiasi responsabilità. E a dissimulare questo rifiuto ricorrendo all 'ironia nichilista. Il terzo filone, consiste nell'unificazione dei due precedenti, ma a un livello teorico più alto: quello della critica all' idea di progresso nei suoi risvolti filosofici (critica dell'illuminismo pragmatistico americano), politici (critica del progressismo politico), sociali (critica dello stato welfarista, come "latore" di progresso sociale) e culturali (critica della sostituzione della politica con il politicamente corretto). Queste analisi sono svolte negli suoi ultimi tre libri: The True and Only Heaven (1991, trad. it. Feltrinelli 1992); The Revolt of the elites (1994, trad. it. Feltrinelli 1995); Women and the Common Life (1997, raccolta postuma di articoli e saggi, curata dalla figlia Elisabeth Lasch-Quinn). Le conclusioni di Lasch sono piuttosto amare e paradossali, per uno studioso, che comunque si definiva a pieno titolo un figlio dei "lumi" e della modernità. A suo avviso l'errore dei liberal americani, e più in generale di certo progressismo riformista, o welfarista, restava quello di credere nella crescita economica infinita del capitalismo e nella possibilità di poter curare lo spirito di ogni uomo, ferito dal materialismo capitalistico, con dosi ancora più massicce di materialismo pubblico e privato. Lasch parlava di "errore", dunque di qualcosa che forse dodici anni fa anni si poteva ancora correggere. Ma oggi si può ancora credere in un liberalismo riformista anticapitalistico? E' veramente un peccato che Lasch non possa più rispondere a questa domanda. http://carlogambesciametapolitics.blogspot.com/2006/02/riletture-christopher-lasch-1932-1994.html