SS. MESSE IN LATINO SECONDO LA FORMA LITURGICA STRAORDINARIA NELLA CHIESA DI SAN PANCRAZIO IN ANCIGNANO Domeniche e Feste di precetto ore 17.00 Mercoledì ore 19.00 La Chiesa di San Pancrazio in Ancignano di Sandrigo è, attualmente, l’unica della Diocesi di Vicenza in cui viene officiato l’antico rito della S. Messa seguendo le norme date da Sua Santità Benedetto XVI nel motu proprio “Summorum Pontificum” del 7 luglio 2007 e le indicazioni dell’Istruzione applicativa “Universae Ecclesiae” (11 maggio 2011). Sua Eccellenza Mons. Beniamino Pizziol, Vescovo di Vicenza, ha dato incarico a don Pierangelo Rigon di seguire i fedeli della Diocesi che desiderano parteciparvi . Un gruppo stabile di persone si riunisce attualmente nella Chiesa Parrocchiale di Ancignano per tale scopo. Prima delle celebrazioni previste il sacerdote è a disposizione per le CONFESSIONI Alcuni elementi caratteristici della Santa Messa celebrata secondo il “rito romano straordinario” Nel 2007 papa Benedetto XVI chiariva definitivamente che il “vecchio rito” della Messa non era mai stato abolito e che, quindi, non era impedita la sua celebrazione a quei sacerdoti che lo desiderassero come pure ai fedeli intenzionati a parteciparvi. Nella sua profonda saggezza, frutto anche di studi approfonditi e di sensibilità pastorale, il Papa spiegava così la sua decisione, per molti inopportuna e persino pericolosa: “Non c’è nessuna contraddizione tra l’una e l’altra edizione del Messale Romano. Nella storia della liturgia c’è crescita e progresso, ma nessuna rottura. Ciò che per le generazioni anteriori era sacro, anche per noi resta sacro e grande, e non può essere improvvisamente del tutto proibito o, addirittura, giudicato dannoso”. La S. Messa celebrata nella forma che il Papa chiama “straordinaria”, non si pone in alcun modo contro quell’altra che è, e rimane, “ordinaria” come dice ancora Benedetto XVI. Sarebbe davvero anacronistico ritenere che la Messa ‘al modo antico’ possa sostituire quella che si celebra da oltre quarant’anni. Il Papa non intende riportare indietro la Chiesa, cancellare il cammino che è stato fatto e annullare la riforma liturgica. Desidera semplicemente arricchire la preghiera cristiana recuperando più apertamente alcune dimensioni che il rito attualmente in uso certamente non ha dimenticate, ma che in quello precedente erano forse maggiormente sottolineate. Attingendo alla forma straordinaria, i credenti possono percepire la vastità del Mistero che celebrano, ed esprimerlo poi anche nel rito più comunemente seguito nelle nostre chiese. Vediamo insieme alcuni aspetti caratteristici della S. Messa celebrata al modo antico. Essa è conosciuta come “Messa in latino”, proprio perché in tutta la Liturgia, (eccezion fatta per le letture ed eventualmente qualche canto popolare) si usa tale lingua. Il latino esprime l’universalità della preghiera e la sua continuità attraverso il tempo (a partire dal IV secolo cristiano, infatti, il latino costituisce la lingua ufficiale del culto della Chiesa Cattolica Occidentale. Il latino della Messa non costituisce comunque un grave ostacolo perché, con un po’ di esercizio abituale, lo si comprende facilmente Un’altra caratteristica del rito straordinario è data dal fatto che il sacerdote “volge le spalle ai fedeli”. Ciò si spiega perché, nell’antichità, e ancor oggi in molte religioni, la posizione della preghiera è “verso Oriente” (verso il sole che sorge) Anche quando poi si perse tale simbolismo, il sacerdote ha continuato, comunque, a rimanere rivolto verso Dio, alla testa di tutto un popolo che guarda continuamente all’Onnipotente Signore, come fonte della vita e della speranza. In questo modo di celebrare la Messa viene evidenziato particolarmente il ruolo del sacerdote, come “intercessore” davanti a Dio in favore di tutti i fedeli che gli sono affidati. Nella sua persona Gesù Cristo stesso rinnova il sacrificio che ha compiuto una volta per tutte sul Calvario. Ecco perché l’altare è come il colle sopra il quale fu impiantata la Croce del nostro Redentore e, proprio salendo quei pochi gradini, è come se il sacerdote fosse ai piedi di quella Croce con la quale Gesù ci ha dimostrato il suo amore indicibile. Naturalmente l’altare è anche mensa, perché noi beneficiamo dei frutti della redenzione proprio comunicando al Corpo del Signore. Le regole che il sacerdote e i fedeli devono seguire nel Rito sono minuziosamente precisate nelle rubriche del Messale. Questa fissità serve a far comprendere che la Liturgia non ci appartiene, ma è il tesoro che la tradizione della Chiesa ci affida e che, sacerdote e fedeli, devono amministrare con somma cura e delicatezza. La partecipazione del popolo è data dalle risposte al celebrante, dal canto, ma soprattutto dall’adesione interiore, di fede, al Sacrosanto Sacrificio dell’altare. E’ auspicabile, comunque, che i fedeli possano avere tra le mani qualche sussidio (meglio se sanno usare il Messalino completo) per comprendere le varie fasi del rito e le formule, anche quelle dette a voce bassa, pronunciate dal Sacerdote all’altare. Il canto proprio della Liturgia romana è il “gregoriano” (dal nome del papa San Gregorio Magno, Sommo Pontefice dal 590 al 604), ma sono ammessi anche altri canti purchè consoni alla dignità e alla grandezza del rito. Queste sono alcune delle caratteristiche della Messa Tradizionale, ma è soprattutto partecipandovi con una certa regolarità che si può imparare a conoscerla, ad amarla, a goderne i frutti di bene che essa produce nell’anima dei fedeli ben disposti. *** Per informazioni sulle varie iniziative, per richieste di colloqui o per la S. Confessione, chiamare pure al n. 3391417101. e-mail: [email protected]