Riva del Garda, 28/11/2013 Ana Cristina Vargas Università di Torino – Fondazione A. Fabretti L’interdipendenza come dato essenziale che caratterizza la condizione umana. Incompletezza biologica deriva la necessità della cura (cura che si riceve, cura che si dona, cura dell’altro, cura di sé, ma anche cura di chi si avvicina alla morte o di chi non c’è più). Per le società umane vita e morte non sono mai concetti o dati esclusivamente biologica, ma sono legati ad una dimensione esistenziale profonda che ha a che fare con la capacità di conferire senso agli eventi e con la volontà di trascendimento che spinge ad agire nonostante la consapevolezza della fragilità dell’esistenza umana. La morte, da un punto di vista antropologico, non può essere vista come un evento esclusivamente individuale Le risposte di fronte alla morte sono plasmate dalla cultura Parallelamente la cultura è una risorsa simbolica che permette di attivare un processo di significazione La morte è un «fatto sociale totale», un evento che fin dall’antichità ha costretto le società umane a confrontarsi con profondi quesiti esistenziali e a interrogarsi sul tema della permanenza. Grotta di Qafzeh in Israele, Paleolitico medio, ca. 100.000 anni fa. La morte è un evento drammatico che genera angoscia e incertezza in tutte le culture umane, a questo evento le culture rispondono attraverso i riti e i simboli che accompagnano la morte. In questi riti e simboli troviamo l’espressione di un bisogno di permanenza che riguarda tutta la collettività. Lifton ha ipotizzato che esistono cinque forme per esprimere il bisogno di “immortalità” che accomuna tutti gli esseri umani: biologico: procreazione e discendenza biologica (in questa categoria possiamo inserire anche la discendenza sociale). religioso creativo: opere compiute in vita. naturale: persistenza della natura oltre l’uomo in quanto singola entità. trascendenza: memoria I problemi, essendo esistenziali, sono universali; le risposte, essendo umane, sono diverse Clifford Geertz, Interpretazione di culture. Il rito come momento di chiusura, come punto finale che permette l’attivazione il processi psichici di elaborazione del lutto; La qualità del rito: le immagini, positive o negative del momento della morte e del rito accompagnano a lungo i dolenti durante il lutto; Contribuisce a conferire significato alla morte: il rito come espressione delle idee e della dimensione spirituale condivisa; Circoscrive un momento di sospensione che aiuta a regolare le emozioni nella maniera prevista da ogni società; Sottolinea e rafforza le reti relazionali dei dolenti; Permette ai dolenti di rendere omaggio ai propri cari - attraverso il rispetto delle ultime volontà o attraverso la preparazione di un luogo della memoria. Contribuisce a creare e a rafforzare il senso di appartenenza e l’identità. Comunicazione Essere altri, essere altrove: confrontarsi con un ambiente che non è il proprio. Diffidenza e pregiudizio Storia personale Reti di sostegno Aspetti socio-economici Le decisioni difficili (ritornare in patria?) La morte è un grande mistero: Essa è la nascita nell’eternità dalla vita temporanea. Ignazio Brianchianinov - Santo russo del secolo XIX. Lavaggio e preparazione della salma, Avvolgimento della salma, Preghiera, Sepoltura con il volto verso la Mecca, (senza bara), Il lutto stretto. Confrontarsi con modi di intendere il corpo, la salute, la malattia e la morte con cui non abbiamo familiarità… Entrare in relazione con bisogni specifici di tipo sociale, sanitario, assistenziale, culturale, rituale… Mettere in discussione alcune delle nostre certezze, guardarci con occhi nuovi… La consapevolezza: ogni “visione del mondo”, compresa la nostra, non è che una delle possibili maniere per interpretare la realtà. La flessibilità: accettare che non esistono soluzioni valide sempre, allontanarsi dallo stereotipo. L’ascolto attivo. Il rispetto e la capacità di uscire dagli stereotipi. La riflessività: il giro lungo. I riti funebri si modificano nei contesti migratori, preservando alcuni elementi e rinunciando ad altri per adattarsi alle nuove condizioni; Nell’emigrazione il rito può avere un ruolo importante nel costruire comunità, affermando una comune appartenenza ad una collettività anche in un contesto in cui si è stranieri ed estranei; Il rito è un importante vettore di espressione e di trasmissione delle idee e della spiritualità condivisa; Poiché l’eterogeneità è una caratteristica delle culture ed è impossibile conoscere le tradizioni di ogni singolo gruppo umano, l’importante è creare un clima comunicativo efficace in cui ci sia la possibilità di trovare mediazioni e di co-costruire una relazione efficace. Grazie!