A RCIDIOCESI DI F ERRARA - C OMACCHIO
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SANTA MESSA CRISMALE 2011
Omelia di S . E . M ons. P AOLO R ABITTI
Concattedrale di Comacchio, 20 Aprile 2011
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LUI PANE, NOI VIVIAMO PER LUI
DIO DÁ FONDO AL SUO AMORE
L
a giornata che noi ora viviamo è traboccante di mistero:
si danno appuntamento le ultime definitive Realtà;
Dio dà fondo al suo amore (in finem dilexit eos);
Cristo sta per patire e partire (antequam patiar);
il “principe di questo mondo” sta per essere cacciato fuori;
sta per scattare il giudizio del mondo, la crisi irreversibile (Cfr. Gv 12,31).
La sete e la fame di Gesù di salvare il mondo è diventata una brama ardente e
implacabile [desiderium desideravi manducare (Lc 22,15)].
Siamo agli sgoccioli della storia; dopo si varca inesorabilmente la soglia del Regno di
Dio. Gesù trasale al pensiero di mangiare la Pasqua con gli Apostoli (vobiscum – Lc
22,15): ultimo pasto nel tempo, primo escatologico.
Tutto è drammaticamente estremo e supremo.
Gesù col cuore gonfio di oblazione e di attesa, anelante ad avere rispondenza, deve
aver subito uno schianto: i Suoi “non comprendevano il fatto del Pane”;
il loro cuore si era indurito [in greco: PORÓO = pietrificare (Mc 6,52)].
Sta per succedere il finimondo, perché si riapre la casa del Padre, e Gesù cerca di
scuotere gli Apostoli: “nessuno di voi mi chiede: dove vai?” (Gv 15,5).
Bisogna dunque che noi non incappiamo in quel disastro che è l’ignavia, con i suoi
derivati: l’assuefazione, l’indifferenza, la superficialità, l’apatia.
Perfino gli angeli desiderano fissare lo sguardo su quanto avviene intorno al Figlio di
Dio (Cfr. 1Pt 1,12). E gli Apostoli, invece, ebbero gli occhi appesantiti;
e Gesù, esterrefatto e rassegnato a tale ignavia, trovò parole amare ma esortative:
“dormite pure! Alzatevi, andiamo” (Mt 25,45-46).
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IL PANE, realtà, simbolo, REALTÁ
Cerchiamo, una volta di più, oggi, di capire il “fatto del Pane”.
Nella prima Pasqua, Dio istituì il Pane Azzimo.
Nel deserto, Dio mandò il Pane dal cielo.
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Nell’ultima Pasqua, Gesù si fece pane! “Beata sei tu o notte ultima perché in te si è
compiuta la notte d’Egitto. Il Signore nostro in te, o notte, mangiò la piccola pasqua e
diventò Lui stesso la grande Pasqua. La Pasqua si sostituì alla Pasqua, la Festa alla
festa. Ecco la pasqua che passa e la Pasqua che non passa. Ecco la figura e il suo
compimento” (S. Efrem, Inni sulla crocif. 3,2).
Il pane è per la vita (Cfr. Sir 29,21).
Il pane collega, in amicizia, l’uomo all’uomo (Cfr. Sal 41,10).
Il pane dei bisognosi è la vita dei poveri (Cfr. Sir 34,25).
Il pane sostiene il cuore dell’uomo (Cfr. Sal 104,14).
Il pane è sicuro nella casa del padre (Cfr. Lc 15,17).
► Gesù ha snodato la sua vita terrena sul pentagramma del pane.
- È nato a Betlemme = città del pane;
- a Nazaret cresceva e si fortificava: i verbi che Luca (1,40) adopera, sono
esattamente i verbi che corredano il pane = [in greco: AUXÁNO = nutrirsiaccrescersi (Cfr. Sal 104,15 – “pane che dà vigore”), per rendersi autonomo come
persona (KRATAIÓO = essere rafforzato)].
- Al deserto del Giordano, la prima base al suo ministero fu il digiuno,
- e la esigenza conseguente e la tentazione fu il pane.
- Ciò gli permise di collegarsi al pane del cielo, alla fame della Parola di Dio, al
deserto, alla Terra promessa.
- In quanto Profeta, Gesù si è paragonato ad Elia che fu accolto dalla vedova di
Zarepta cui chiese “un pezzo di pane” (Lc 4,25; 1Re, 17,10).
- In quanto pellegrino, Gesù con i dodici, raccolse le spighe di grano, secondo le
leggi del Deuteronomio (Cfr. 23,26) e la prassi di Davide che mangiò i pani
dell’offerta (Cfr. 1Sam. 21,2-7).
► Poi tutto l’annuncio di Gesù è scandito dal fatto e dal mistero del Pane.
- “Beati voi che avete fame” (Lc 6,21);
- “Date e vi sarà data una misura scossa” (Lc 6,38);
- “il seme sul terreno buono germoglia cento volte tanto” (cfr. Mt 13,23);
- “date voi stessi da mangiare” (Mt 14,16), disse ai 12 e “restarono 12 ceste piene”
(Cfr. Mt 14,20);
- paragona l’umanità alla messe; e gli apostoli agli “operai del campo” (Mt 9,27-28).
- Egli sintetizza le esigenze della vita nel “pane quotidiano” (Mt 6,11);
- paragona l’avaro a chi riempie i suoi granai (Cfr. Lc 12,18) e i discepoli, agli
uccelli che non hanno ripostigli nei granai (Cfr. Mt 6,26);
- paragona il Regno di Dio al lievito (Cfr. Lc 13,21);
- è ospite del Capo dei farisei “per mangiare pane” (Lc 14,1);
- accetta e ratifica la sintesi dell’invitato che esclama: “beato chi mangia il Pane nel
Regno di Dio” (Lc 14,16);
- paragona i poveri a coloro che hanno solo le briciole della tavola (Cfr. Mt 15,27);
- riassume la richiesta di un figlio al Padre nel “pane” (Mt 7,9), perché il pane è il
tesoro dei figli (Cfr. Mt 15,26);
- amicizia è essere CUM-PANIS (Cfr. Gv 13,18).
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MISTERO DELLA FEDE
Se il pane terreno è stato l’intelaiatura basilare dell’esperienza di Gesù e del suo
ammaestramento, riusciamo di conseguenza a percepire perché Egli si è definito il
PANE DEL CIELO [in greco: EGÓ EIMI O ÁRTOS EK TOÚ OURANOÚ (Gv 6,41)],
il Pane vivo (Cfr. Gv 6,51).
Gesù ci ha detto che la VITA l’ha il Padre e che Egli vive per il Padre e perciò CHI
MANGIA DI LUI vivrà per Lui (Cfr. Gv 6,57).
Questo PER indicare due movimenti e attitudini: VIVERE DA LUI perché la vita
proviene da Lui; e VIVERE IN VISTA DI LUI, per la Sua gloria, per amore, per il
Regno. Viviamo di Gesù, viviamo per Gesù.
Così che “la nostra partecipazione al Corpo e Sangue di Gesù non tende altro che a
farci diventare quello che mangiamo” (S. Leone M., Sermo 12,7).
“Non sarai tu che assimilerai me a te, ma sarò io che assimilerò te a me” (S. Agostino,
Conf. VIII, 10).
Dunque il Pane, e con esso il Vino, sono stati la scoperta cosmica di Gesù-uomo, nato
a Betlemme e riconoscibile nella fractio panis (Cfr. Lc 24,31); e il pane è stato il
veicolo che ha consentito a Lui-Dio di “mettere il suo Corpo nelle nostre mani”.
A Cana il miracolo è fisico, al Cenacolo il miracolo è metafisico.
“Panis vivus vitam praestans hominis”.
E tutto questo “in qua nocte tradebatur, accepit panem” (1Cor 11,23).
Gesù si aspettava, in quella notte, la domanda suggerita da Dio stesso: “che cosa
significa questa cena?” (Cfr. Es 12,26; Cfr. Dt 6,20).
La domanda era stata quasi anticipata dai discepoli a Cafarnao: “quale SEGNO tu
compi?” (Gv 6,30).
Mosè diede un “segno dell’autenticità del suo dire, tu quale segno ci dai?” (Ibidem).
Ecco il SEGNO, il contrassegno, il prodigio rivelatore: “IL PANE CHE IO DARÓ É
LA MIA CARNE PER LA VITA DEL MONDO” (Gv 6,51).
Ed è nata l’Eucarestia: più che la predetta domanda è sorta, nel Cenacolo, la risposta
sulla bocca di Gesù = IL RINGRAZIAMENTO: cioè lo stupore, la meraviglia,
l’adorazione, la gratitudine, la commozione; l’estasiarsi, il prostrarsi: MISTERO
DELLA FEDE.
“Venendo in noi Dio, vi viene tutto il Paradiso” (S. Veronica Giuliani, Diario III).
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EUCARESTIA – CHIESA – PRETE
Noi oggi siamo dinanzi, dentro, intrisi, sincronizzati a questo MISTERO DELLA
FEDE.
La Didachè prescriveva: “chi è santo si accosti; chi non lo è si penta” (N. 10).
E S. Giovanni Crisostomo diceva “terribili sono i misteri della Chiesa; terribile è
l’altare!” (In Joh., Hom. 46,4).
“La pienezza raggiunta (con l’Eucarestia) è tale che non si può andare oltre, né
aggiungervi nulla” (Cabasilas).
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E noi Sacerdoti dobbiamo specchiarci, scoprirci, capirci, immedesimarci in questo
Mistero: il prete è generatore d’infinito.
Diceva Enrico Medi ai Sacerdoti: “come fate a vivere dopo aver celebrato la Messa?
Hai il Figlio di Dio fra le mani. Tu obblighi il Figlio di Dio a scendere in mezzo a noi.
Sei una creatura immensa. Il tabernacolo è la tua scaturigine, perché ivi è la tua
energia nucleare”.
Il Prete, l’Eucarestia e la Chiesa si sono sprigionati dal cuore di Cristo nella stessa ora,
nell’ultima cena.
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TIRIAMO UNA “SOMMA”
Tiriamo, questa sera, una sola SOMMA, tra le tante che si sprigionano dal Pane-Gesù,
in questo Anno 2011, dedicato al pane materiale e al Pane supersostanziale.
“Poiché c’è un solo pane, noi siamo, benché molti un solo corpo. Tutti infatti
partecipiamo dell’unico Pane” (1Cor 10,17).
Gesù ha riunito i 12: li ha definiti con le parole più “umano-divine” possibili: “amici,
figliolini, miei discepoli, non-mai-orfani, commensali, tralci, consacrati alla verità”.
Eppure, proprio dopo aver messo se stesso-Pane nelle loro mai [siamo al versetto 19
del cap. 22 del Vangelo di Luca] sono avvenute due cose orrende.
1) Al versetto 21: la mano di Giuda riceve il Pane ma il cuore fu invaso da Satana
e Giuda subito si staccò (in greco: EX-ÉRKOMAI) dalla Comunità, e “fu notte”
(afferma l’Evangelista Giovanni).
2) Al versetto 24, veniamo avvisati che – nel momento più alto – Eucaristia in
mano, sorse una FILONIKÍA [= una lite-discussione-rivolta-contesa
(letteralmente: ciò che fanno quelli che amano battagliare)] su chi poteva
accampare il primato, la preferenza, la maggiore importanza. Si fanno
concorrenza nonostante la lavanda dei piedi e la… lavata di capo!
Gesù va a morire per farci UNO e i 12 scatenano l’ultima battaglia, alla tavola dove
sono commensali di Dio: l’assurdo più schizofrenico che noi uomini siamo riusciti a
causare! Dio ci ama e noi battagliamo facendoci del male. Gesù si fa ultimo e noi
vogliamo primeggiare!
Gesù ci ha detto come sottrarci a simile “schifoso” paradosso, che ci vede talvolta
commensali di un Dio-Amore e ancora spudorati FILONIKÓI:
- farci piccoli; farci diaconi;
- lavarci i piedi l’un l’altro;
- amarci gli uni gli altri;
- essere UNO perché il mondo creda;
- aprirci all’amore del Padre al Figlio.
Ecco il segreto che promana dall’Eucarestia.
Ecco il mistero dell’ultima Cena.
Ecco il nostro impegno, nel giorno e nell’anno del Pane.
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