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Collaboratori della vostra gioia
(2 Cor. 1,24)
Lettera pastorale di S. E. Mons. LUIGI NEGRI
A tutti i cristiani della Diocesi di Ferrara-Comacchio e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà
un messaggio fraterno, avvolto in una benedizione che estendo a chiunque lo leggerà
Carissimi Figli e Figlie,
è con grande gioia e un po' di trepidazione che, entrando nelle vostre case attraverso i sacerdoti e i
diaconi in occasione della benedizione delle famiglie, mi rivolgo a voi con questa prima lettera
pastorale. In spirito di familiarità e di compagnia dunque - che dal 3 marzo scorso ci unisce nell'unico
cammino dentro la Chiesa di Dio - prima di farvi conoscere le mie premure pastorali e le indicazioni
per il lavoro comune nella vigna del Signore, sento profondo nell'animo il desiderio di aprirvi il mio
cuore per offrirvi alcune coordinate della mia persona e della mia esperienza di fede, come cristiano
e come Vescovo.
PRIMA PARTE – Eredità
Sono venuto a voi con gioia e insieme per senso di grande ubbidienza alle indicazioni di sua Santità
Benedetto XVI, e per esprimere anche la mia gratitudine a manifestazioni di preferenza nei miei
confronti che egli aveva assunto di fronte alla Chiesa universale. Ricordo la sua visita pastorale
quando ero Vescovo della Diocesi di San Marino-Montefeltro, una delle più piccole diocesi italiane,
nel 2011, e soprattutto l'invito personale a partecipare, come padre sinodale, al Sinodo sulla Nuova
Evangelizzazione.
L'eredità che porto è l'eredità della fede del popolo cristiano, quella fede che ho ricevuto dalla grande
e santa testimonianza dei miei genitori e della mia famiglia, e che si è confermata e maturata dentro
le realtà ecclesiali tradizionali, e poi nel grande e compiuto incontro con il movimento di Comunione e
Liberazione, in cui le esperienze di fede precedenti hanno trovato per me una loro definitiva
compiutezza.
Questi orientamenti fondamentali mi hanno fatto pensare alla mia vita come testimonianza e come
missione di Cristo, e quindi come servizio alla sua Chiesa. Un cammino che ha richiesto un certo
tempo, e qualche complessità, ma che poi si è sciolto all'indomani della laurea in filosofia all'Università Cattolica del Sacro Cuore, con la decisione di essere sacerdote nella Diocesi di Milano.
Un'eredità che è diventata per me anche un mandato del Signore.
Mi sono fatto carico di questo mandato vivendo la vita da prete, da insegnante, da animatore di tanti
gruppi, soprattutto di giovani studenti, liceali e universitari.
Mi sono fatto carico di questa eredità - buona, positiva e attuale ma anche piena di sacrifici e di
umiliazioni - affinché essa fosse trasferita dal mio cuore al cuore di coloro che mi hanno accolto e
hanno deciso di fare un certo tratto di strada con me.
A tanti anni di distanza ricordo come ho accettato, non senza riserve e resistenze, che molti di questi
incontri diventassero libri, cioè strumento di aiuto alla riflessione sull'esistenza cristiana.
Ritengo infatti che ogni iniziativa, anche la più particolare e pensata per pochi, possa avere
l'orizzonte dell'universalità della Chiesa e dell'universalità dei bisogni degli uomini. Per questo sono
convinto che, lungo tutti questi anni, alcune mie parole abbiano fermentato nella vita e nel cuore di
persone che neppure ho conosciuto, e le abbiano aiutate a trovare la strada per tornare al Signore
Gesù. Questa eredità è dunque la mia storia, una storia di grazia assunta in maniera totale, a cui ho
cercato di corrispondere con una totalità di missione. In particolare la missione nel mondo degli studi
e delle ricerche, come impegno educativo, culturale, sociale e politico.
Questa eredità è stata illuminata dagli incontri con i grandi Papi che ho direttamente conosciuto o di
cui ho amato fino in fondo l'insegnamento: Pio XII, Giovanni XXIII, Paolo VI, ma soprattutto Giovanni
Paolo II e Benedetto XVI, e infine Papa Francesco, nei cui inizi così densi di prospettive nuove si
aprono spazi immensi sia nel cuore della Chiesa che in quello degli uomini. Questi incontri mi hanno
portato ad un impegno grande verso la riscoperta e la comunicazione della Dottrina Sociale della
Chiesa, in particolare grazie alla potente presenza nella mia vita del Beato Giovanni Paolo II. Ne è
conseguita una missione personale di recupero della verità della fede dentro la vita della Chiesa,
nella sua inevitabile ed inesorabile dimensione culturale, sociale e politica; e soprattutto il compito di
testimoniare come la Dottrina Sociale della Chiesa doni la viva capacità di servire l'uomo.
Ho lavorato infatti affinché la società fosse animata dai grandi principi della libertà, della democrazia,
della partecipazione, della libera educazione e della sussidiarietà; e per una società più ricca, perché
fermentata dalla vita e dalla passione che dal basso - dalla persona e dalla famiglia - sale verso la
totalità di un popolo, o di più popoli che, nella coscienza della propria identità, mostrano la possibilità
di una convivenza libera, dignitosa, giusta, senza discriminazione e senza violenza.
Comprendo di aver richiesto a tutti voi un certo sforzo della mente e del cuore per seguire questa mia
breve eppure intensa presentazione, e anche le cose che vi dirò in seguito, ma vi assicuro che
anch'io faccio, e farò sempre, un totale appello al mio cuore e alla mia intelligenza incontrando
ciascuno di voi, nella complessità e ricchezza della vostra vita, toccata dalle gioie e dalle sofferenze
ma soprattutto redenta definitivamente da Gesù Cristo. Questa è, a grandi linee, l'eredità con cui mi
sono affacciato nello spazio e nell'orizzonte della Chiesa di Dio, antica ma sempre nuova, che è in
Ferrara-Comacchio, e che ha aperto il mio cuore e la mia mente, ancor prima che gli occhi, a sentirvi
vivamente parte della mia vita.
Noi siamo ora dentro un legame indistruttibile perché nasce dalla presenza di Cristo che, attraverso il
Santo Padre, mi ha affidato voi come mia comunità definitiva, per sentirvi vivere in questa
compagnia.
Sentirvi vivere significa, per me, aiutarvi a prendere nuova consapevolezza della vostra identità di
cristiani, di popolo del Signore Gesù, generato dal suo sacrificio e dalla sua risurrezione e costituito
nel mondo come popolo nuovo che mangia, beve, veglia, dorme, vive e muore non più per se stesso,
ma per Colui che è morto e risorto per noi. Sentirvi vivere con me, è sentire che questa nostra vita
non è soltanto l'esperienza di una reciproca appartenenza nel nome del Signore, ma è animata da
un grandioso movimento: quello di portare la novità di Cristo, da noi amato e vissuto, nella vita e nel
cuore di ogni uomo.
La Chiesa vive per la missione, vive per maturare la propria esperienza di vita nuova e per metterla
lietamente, ma coraggiosamente, sulla strada di ogni uomo che viene in questo mondo1.
SECONDA PARTE – Identità cristiana come identità di popolo
Il primo valore che richiamo in questa mia lettera, e che offro alla coscienza e al cammino della
Chiesa di Dio che è in Ferrara-Comacchio, è il recupero dell'identità cristiana come identità di popolo.
Il popolo a cui faccio riferimento non è quello che ha la sua radice nella natura, nella storia, nella
tradizione, nella cultura, nelle condizioni economiche, politiche e sociali, elementi tutti importanti ma
non determinanti. Penso piuttosto alla frase di San Paolo: "Non c'è Giudeo né Greco; non c'è schiavo
né libero; non c'è maschio e femmina, perché tutti voi siete uno in Cristo Gesù"2.
Quando parlo dunque di "recupero dell'identità cristiana come identità di popolo", intendo il
rinnovamento della coscienza del mistero di Cristo presente nella Chiesa. È Cristo che ci rende ciò
che siamo! È da Lui che nasce il popolo nuovo. È il mistero di Cristo l'artefice e la guida della
Chiesa3, attraverso la sua presenza sacramentale.
Un mistero di Cristo reso a sua volta carnalmente presente, nelle comunità ecclesiali, dal Vescovo4.
Rinnovare l'identità cristiana del popolo significa quindi aiutarci a riconoscere l'origine della nostra
esistenza dal cuore5 e dalle mani di Cristo, attraverso la presenza e la testimonianza del Vescovo.
Solo così possiamo acquisire continuamente il senso della nostra identità e della nostra missione.
Che si rinnovi l'identità della Chiesa di Ferrara-Comacchio!
Un'identità che deve rinascere «qui ed ora», sentendosi provocata positivamente da quell'immenso
bisogno di Dio, da quella fame della sua Parola e dell'incontro con Lui che non è meno importante
della fame di pane6.
Non si dà il pane senza desiderare di dare anche Cristo, e questo i cristiani lo debbono sapere!
Così come certamente non si può dare Cristo senza farsi carico della responsabilità di dare il pane a
chi ha fame. Sotto questo aspetto, della carità, certamente la nostra Chiesa di Ferrara-Comacchio
offre una splendida testimonianza di condivisione dei bisogni materiali e spirituali di tanti poveri, a cui
ho potuto assistere personalmente, ma tali sforzi sono e rimarranno avvenimenti straordinari solo se
non saranno semplicemente una risposta ai bisogni personali, economici e sociali bensì
l'espressione della nostra carità verso Cristo.
Come del resto anche tutta l'enorme capacità di condivisione della vita degli uomini da parte di
persone o gruppi che non hanno un esplicito riferimento alla Chiesa: rimarrà nella misura in cui sarà
espressione di quella solidarietà umana che nasce da un cuore religiosamente aperto al mistero.
Che si rinnovi dunque l'identità cristiana!
Che si recuperi il senso del nostro inesorabile portare Cristo all'uomo, perché è l'uomo quella via che
la Chiesa deve percorrere per approfondire la sua coscienza del mistero di Cristo e annunciarlo in
maniera credibile, come ci ha ricordato in modo magistrale il Beato Giovanni Paolo II7.
Questo cammino missionario costituisce l'attuarsi del grande tema della Nuova Evangelizzazione che
è la prima ragione della mia presenza e del mio impegno pastorale.
La Nuova Evangelizzazione è il rinnovarsi dell'identità ecclesiale e della sua capacità di missione8.
Non può essere un messaggio astratto, che si desume dalla cultura mondana, ma neanche da una
ideologia religiosa, neanche da un'ideologia religiosa cristiana.
La Nuova Evangelizzazione è la vita del popolo cristiano, che entra nel mondo utilizzando le risorse
che ha, ossia le risorse dell'intelligenza e del cuore: la capacità di creare cultura, di creare carità, di
aprire la vita concreta e quotidiana alle grandi dimensioni del mondo.
Incontriamo il mondo e l'uomo di oggi!
L'uomo di oggi, segnato dalla lontananza da Cristo ma anche dal desiderio di reincontrarlo per
rivivere la gioia del primo incontro. Diventiamo collaboratori della gioia degli uomini9.
Ma guai a noi, se non siamo realisti!
Il mondo di oggi è l'esito di una terribile tentazione che va sotto il nome di "Modernità" e che, nel suo
profilo di fondo, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II, è caratterizzata dalla tentazione di eliminare
la Tradizione cristiana per sostituirla con un impegno moralistico, ideologico e tecnico-scientifico che
considera l'uomo privo della sua dimensione religiosa, al fine di creare una società totalmente
lontana e quindi avversa al cristianesimo10.
Non è l'Arcivescovo di Ferrara-Comacchio che ha indicato nella "cristiano fobia" una delle
caratteristiche fondamentali del mondo in cui viviamo, ma il Papa emerito Benedetto XVI11.
Diciamo questo non per prendere le distanze dal mondo ma per essere coscienti di quale sia l'uomo
che incontriamo ogni giorno nello spazio della nostra vita quotidiana, là dove il mondo ci tocca.
Il mondo ci tocca!
E non perché andiamo a fare le vacanze all'estero, ma nelle quattro mura della nostra casa, nello
spazio della piazza del nostro paese, del nostro quartiere, nella teoria ininterrotta di poveri che
bussano alle nostre case e ci coinvolgono con la loro presenza mentre camminiamo sulle strade
delle nostre città e dei nostri comuni.
È un uomo smarrito, quello che nasce dal tentativo, ormai secolare, di sostituire Dio con la creatura o
con le sue capacità. Tale processo ha prodotto la perdita dell'identità stessa dell'uomo.
Anche qui ci sovvengono alcuni grandi insegnamenti di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI; ma
ancor prima si può risalire alle lucidissime pagine di Pio XII, ai suoi straordinari discorsi di Natale del
tremendo tempo della guerra12. L'apostasia da Cristo ha comportato l'apostasia dell'uomo da se
stesso, ci ha insegnato Benedetto XVI13. L'uomo è stato oggetto di una vera e propria catastrofe
antropologica, ci ha insegnato Giovanni Paolo II14.
Non possiamo esimerci da questo giudizio: il rifiuto di Cristo è stata la cosa più grave degli ultimi
secoli e rimane la cosa più grave del nostro presente.
TERZA PARTE – Noi amiamo il cuore di ogni uomo
È a questo punto che si gioca la grande originalità del cristianesimo: c'è un giudizio, ma il giudizio è
la misericordia15.
La misericordia intesa come il movimento che va incontro ad ogni uomo sapendo riconoscere
quell'aspetto di ultima insoddisfazione e di inquietudine che ha segnato tante illusioni ideologiche e
tante delusioni, tante presunte soddisfazioni e tante esperienze di povertà.
Noi dobbiamo portare Cristo al cuore dell'uomo, perché solo Cristo è la vera gioia che risponde
appieno ai suoi desideri e alle sue speranze. E noi amiamo il cuore di ogni uomo perché, con Blaise
Pascal, siamo convinti che "l'uomo supera infinitamente l'uomo"16.
Ecco dunque, carissimi e carissime, il grande progetto che dovrà occupare la nostra vita, il nostro
cuore, i nostri sforzi intellettuali, le nostre esperienze pastorali, gli strumenti tradizionali che si tratterà
di rinnovare o gli strumenti nuovi che si tratterà di inventare17.
Ecco il grande progetto della Nuova Evangelizzazione che la Chiesa di Ferrara-Comacchio,
rinvigorita nella sua coscienza ecclesiale e nella tensione missionaria, dovrà attuare
quotidianamente, senza farsi condizionare ma mettendosi ogni giorno sulla strada degli uomini per
intercettare il loro bisogno di Dio.
Noi riteniamo inoltre, con la Tradizione della Chiesa, che se anche tutti i problemi personali, affettivi,
culturali, economici, politici e sociali trovassero immediatamente la loro soluzione, e Dio potrebbe far
questo - come dicevano i Padri della Chiesa - con un battito del ciglio, la Chiesa tuttavia rimarrebbe,
in una società che si considera perfetta, a ricordare che la perfezione non viene dalla società, ma
dalla presenza di Colui che dà valore alle cose grandi e alle cose piccole, alle gioie e ai dolori, che ci
rende benevoli verso le ingiustizie, ma inesorabili nel denunciarle, e che ci rende capaci di una
compagnia all'uomo e al suo destino che non soffre di nessuna infedeltà.
QUARTA PARTE – La tensione educativa: comunità scuola di comunione
Se questo è il grande compito della Nuova Evangelizzazione c'è da considerare un'inevitabile
conseguenza, che è anche un impegno inderogabile: personalmente come Arcivescovo, insieme a
tutti miei sacerdoti, ai quali va - dopo i primi mesi di bella e reciproca conoscenza - la mia gratitudine
e la mia speranza, voglio assumermi l'impegno di recuperare la tensione educativa e culturale18.
Ogni comunità deve diventare scuola di comunione, come ci ha insegnato Giovanni Paolo II nel suo
grande testamento spirituale, la Novo Millennio Ineunte19.
Non basta soltanto la pratica liturgico-sacramentale, che è strutturalmente necessaria perché la vita
di Cristo trovi la sua consistenza, ma occorre che questa pratica diventi fattore educativo, cioè che la
fede, assimilata adeguatamente, diventi criterio di giudizio sul presente e sul passato, e di
conseguenza criterio di comportamento per il futuro. Non dimentichiamo che la cultura è la coscienza
della vita, non la coscienza di alcuni contenuti teorici, e per questo si esprime attraverso tutti i giudizi
e le responsabilità che il cristiano deve assumersi. Educare dunque ad una cultura nuova, di cui
voglio sottolineare un aspetto imponente: ridare alla nostra Chiesa di Ferrara-Comacchio la
coscienza viva della grandezza di tutta la storia della Chiesa dell'Occidente - e segnatamente di
questi nostri luoghi - evitando quel servilismo laicista, e verso il laicismo, che ci fa così ingiusti e
ingrati nei confronti della nostra storia.
La storia della Chiesa è storia della grandezza della santità di milioni e milioni di cristiani che hanno
vissuto quella che il Concilio Vaticano II ha chiamato "la santità comune del popolo di Dio"20 ma
insieme anche l'esperienza del limite di milioni e milioni di cristiani.
Dobbiamo avere della Chiesa un'immagine che tenga presente questo intreccio, che è guidato da
Cristo in prima persona, e che quindi è per il bene della Chiesa e di tutti gli uomini.
Rinnoviamo dunque la coscienza della fede, come genesi di una cultura nuova, e quindi come
ispirazione, fondamento e movimento di un ethos nuovo: l'ethos della carità.
In tal modo potremo testimoniare, in un mondo come il nostro, che ciò che genera vita non è
l'interesse, il benessere, la violenza, il possesso, la manipolazione bensì la gratuità con cui Dio è
venuto nel mondo, la gratuità con cui Dio ci ha generato e continua a sostenerci nell'esistenza.
Questa è l'autentica gratuità, che si esprime nella carità verso di Lui e verso gli uomini, come ci ha
insegnato la Deus Caritas Est21. Un'azione educativa che rinnovi la nostra Chiesa, la sua capacità
culturale, caritativa, l'impeto missionario, cosicché l'espressione matura della nostra fede cristiana
induca ciascuno a riconoscere la sua vocazione specifica e a prepararsi ad attuarla come vocazione
cristiana, e non come sistemazione psicologica, affettiva, economica e sociale di interessi mondani.
Per sistemarsi nella convivenza con gli esseri umani, per sistemarsi dentro il mondo - perseguendo
legittimamente magari i propri progetti - per tutto questo non c'è bisogno della fede e quindi
dell'incarnazione del Verbo.
Il mio compito, il nostro compito, e il compito della Chiesa è quello di rinnovare una coscienza
cristiana che sappia poi esprimersi in tutti gli aspetti e in tutte le caratteristiche della vita, e
testimoniare agli uomini quella gioia di cui hanno tanta fame e sete, anche se non sempre
consapevolmente. Affidiamoci a Maria, che ha accolto il Verbo della Vita e con gioia lo ha portato a
Elisabetta, affinché ci ottenga il dono di credere nel suo Figlio e testimoniarlo efficacemente ad ogni
uomo e in ogni ambito della nostra esistenza quotidiana.
+ Luigi Negri
Arcivescovo di Ferrara-Comacchio e Abate di Pomposa
Ferrara-Comacchio, 8 dicembre 2013
Solennità dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria
1. Cfr. Orientamenti pastorali dell'Episcopato italiano per il primo decennio del 2000 Comunicare il vangelo in
un mondo che cambia (29 giugno 2001) e Nota pastorale dell'Episcopato italiano dopo il 4° Convegno
Ecclesiale Nazionale Rigenerati per una speranza viva: Testimoni del grande "sì" di Dio all'uomo (29 giugno
2007)
2. Galati 3,28
3. Cfr. Efesini 4,11-16; Colossesi 2,18-19
4. Cfr. Concilio Ecumenico Vaticano II, Decreto sulla missione pastorale dei Vescovi nella Chiesa Christus
Dominus (28 ottobre 1965), 2
5. "Ex corde scisso Ecclesia Christo jugata nascitur" (dal cuore squarciato di Cristo è nata la Chiesa, sua
sposa). Antica Liturgia delle Ore, Inno dei primi Vespri della solennità del Sacro Cuore.
6.
Cfr. Matteo 4,4
7. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Redemptor Hominis (4 marzo 1979), 14
8. Cfr. XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, 7-28 ottobre 2012, Messaggio al Popolo
di Dio
9. Cfr. 2Cor 1,24; Francesco, Esortazione Apostolica sull'annuncio del Vangelo nel mondo attuale Evangelii
Gaudium (24 novembre 2013), 8
10. Cfr. Giovanni Paolo II, Fides et Ratio (14 settembre 1998), 45-48
11. Cfr. Discorso del Santo Padre Benedetto XVI ai Cardinali, Arcivescovi e Vescovi, Prelatura Romana, per
la presentazione degli auguri natalizi (20 dicembre 2010)
12. In particolare il Radiomessaggio del 24 dicembre 1944
13. Cfr. ad es. Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti al Congresso promosso dalla Commissione degli
Episcopati della comunità europea (COMECE) (24 marzo 2007)
14. Cfr. ad es. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Evangelium Vitae (25 marzo 1995)
15. Cfr. Giovanni Paolo II, Lettera enciclica Dives in Misericordia (30 Novembre 1980); Santa Teresa del
Bambino Gesù e del Volto Santo Gli scritti, Postulazione Generale dei Carmelitani Scalzi, Roma 1998 (6° ed.);
Francesco, Esortazione Apostolica sull'annuncio del Vangelo nel mondo attuale Evangelii Gaudium (24
novembre 2013), 3
16. Blaise Pasca!, Pensieri, ed. Chevalier 438
17. Francesco, Esortazione Apostolica sull'annuncio del Vangelo nel mondo attuale Evangelii Gaudium (24
novembre 2013), 33
18. Cfr. Orientamenti pastorali dell'Episcopato italiano per il decennio 2010-2020 Educare alla vita buona del
vangelo (4 ottobre 2010)
19. Giovanni Paolo II, Lettera apostolica Novo Millennio Ineunte (6 gennaio 2001), 43
20. Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen Gentium, Cap. V
21. Benedetto XVI, Lettera enciclica Deus Caritas Est, (25 dicembre 2005), 18
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