i trascendentali dinamici - Costruire la società cristiana organico

TOMMASO DEMARIA
CONFRONTO SINOTTICO
DELLE TRE IDEOPRASSI
I TRASCENDENTALI DINAMICI
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PREMESSA
1 – IL TRASCENDENTALE
Intendiamo il “trascendentale” in senso metafisico realistico, e non in senso kantiano,
esistenzialista, o puramente logico. Per noi qui il trascendentale assume il senso di una categoria
metafisica realistica, di importanza decisiva, non solo per la comprensione metafisica realistica
approfondita dell’essere, ma anche per orientarci praticamente e “sapienzialmente” nel vivere e
nell’agire.
Se pertanto vogliamo interessarci dei trascendentali, dobbiamo necessariamente impegnarci con la
Metafisica, come chi vuol diventare ingegnere deve necessariamente impegnarsi con la matematica.
E deve impegnarvisi, non per elaborare o apprendere astruse e inconsistenti costruzioni metafisiche,
ma per capire metafisicamente e realisticamente l’essere in profondità: l’essere in universale,
anzitutto, e poi qualsiasi essere o grande azione dell’essere.
Ciò significa impegnarsi a fare della cultura-conoscenza, ubbidendo all’attuale richiesta storica.
La cultura-conoscenza è indispensabile per poter vivere e agire. Ma essa varia in rapporto alle
diverse richieste storiche. La richiesta di cultura-conoscenza matematica, per esempio, è stata
minima nel passato, non in riferimento all’individuo singolo, anche se coltissimo in altri campi, ma
come bisogno della società.
L’attuale società tecnologica, viceversa, ha un bisogno enorme di matematica, perché questa è
uno strumento indispensabile per la tecnologia. Ma la società umana, anche quella avanzatissima
come l’attuale società tecnologica, non ha solo bisogno di tecnologia e quindi del suo strumento
matematico. Ha anche bisogno di sapienza, e non solo della sapienza della Fede, ma anche della
sapienza umano-storica, da intendersi non in modo qualunque, bensì come la sapienza umanostorica richiesta dalla società di oggi. La quale si precisa nella sapienza umano-storica ideoprassica
vera, che è quella dinontorganica (dinamica – ontologica – organica).
Il trascendentale per noi si riferisce sempre all’essere reale. Ed è di due tipi: trascendentale statico,
e trascendentale dinamico. Il trascendentale statico qui non ci interessa direttamente, perché il
nostro “confronto sinottico” ha come riferimento i trascendentali dinamici. Ma richiamiamo qui
anche le nozioni indispensabili per i trascendentali statici.
2 – I TRASCENDENTALI STATICI
Come si è già detto, essi si riferiscono all’essere reale, a tutti gli esseri reali, si tratti dell’ente
statico o dell’ente dinamico. Essi sono i cinque seguenti: l’essere stesso, l’uno, il vero, il buono, il
bello. E sono tutti da intendersi in senso “ontologico”, ossia reale.
In altre parole, non sono idee, ma ciò che le rispettive idee esprimono. Non possiamo pensare ed
esprimerci che per mezzo di idee. Ma le idee debbono esprimere l’essere, o un aspetto dell’essere.
Guai a fermarci alle idee senza andare alla cosa che le idee esprimono: si finirebbe per essere
“filosoficamente” idealisti o concettualisti. Peggio ancora se, nel campo della conoscenza,
tenessimo conto delle sole parole! Filosoficamente saremmo dei nominalisti.
La parola è per l’idea, ma l’idea è per la cosa, ossia è per l’essere. Il realismo dà la preminenza
non già alla parola o all’idea, ma all’essere. E i trascendentali, anche quelli statici, si riferiscono
appunto all’essere reale, anche se si esprimono con parole. L’importante è intenderli
realisticamente, senza lasciarci fuorviare da altre categorie mentali. Purtroppo, tutti e cinque i
trascendentali statici possono essere interpretati con altre categorie conoscitive, che divergono dalla
categoria ontologica trascendentale quale ad essi compete.
Il trascendentale dell’essere, infatti, che è “trascendentale” solo “ontologicamente”, può essere
interpretato solo come “ente logico” e così cessa di essere “trascendentale”. L’uno può esaurirsi
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nella sua interpretazione matematica. Il vero può essere ridotto al solo “vero” in senso “logico” o
“fenomenico”. Il buono può limitarsi al suo senso “etico” e allora non sarà più trascendentale. Il
bello, finalmente, inteso in senso estetico, e ridotto a tal senso, diventa incomprensibile come
trascendentale, perché come trascendentale ha senso ontologico.
La conclusione a cui arrivare è la seguente: se si vogliono capire i trascendentali statici come
trascendentali, bisogna saperli intendere ontologicamente, e non soltanto come idee. Purtroppo i
trascendentali statici portano con sé un valore contemplativo, assai lontano da un valore pratico.
Mentre invece, la teoria dei trascendentali statici ha anch’essa un valore pratico, come vedremo
parlando dei trascendentali dinamici.
3 – I TRE ASSOLUTI ONTOLOGICI
I trascendentali dinamici si trovano legati agli Assoluti ontologici di cui sono emanazione ed
espressione, ed anzi “mobilitazione operativa”.
Gli Assoluti ontologici sono tre. Ed è necessario darne una breve spiegazione, per una maggior
comprensione dei trascendentali dinamici stessi.
Cominciamo dal recensirli. Essi sono: l’Assoluto ontologico-dinamico metafisico; l’Assoluto
ontologico-dinamico religioso; l’Assoluto ontologico-dinamico ideologico.
Se, come si è detto all’inizio del paragrafo, i trascendentali dinamici sono legati agli Assoluti
ontologici, bisogna che anche questi siano “dinamici”. Questa è la ragione della loro specificazione
in Assoluti ontologico- dinamici. Ciò posto, la conseguenza che ne deriva è la seguente: i
trascendentali dinamici (in sigla T.D.) si ripeteranno per i tre Assoluti ontologico-dinamici, sia pure
con un senso e funzioni diverse.
A noi qui, per il nostro attuale confronto, interessano solo i trascendentali dinamici legati
all’Assoluto ontologico-dinamico ideologico. Ma è bene avere sott’occhio il loro quadro completo,
anche in riferimento agli altri due Assoluti ontologico-dinamici.
Il primo Assoluto ontologico-dinamico è quello metafisico: Assoluto ontologico-dinamico
metafisico. Si tratta di intenderlo bene. A tale scopo bisogna coglierne il senso e la funzione, non
perdendo di vista l’oggetto di cui si tratta, il quale è – e rimane – l’Assoluto ontologico-dinamico
metafisico. Esso è nient’altro che una categoria filosofica, con un suo preciso contenuto ontologicodinamico a livello metafisico, in funzione strumentale, potenzialmente bivalente, nel senso che può
porsi al servizio della teologia (Ecclesiologia), e dell’ideologia-ideoprassi.
E qual è il suo contenuto “ontologico”? È quello del dinontorganismo (= organismo dinamico a
valore ontologico) a livello supremo. Solo a questo livello si pone come “Assoluto ontologicodinamico metafisico”, portando con sé quel margine di astrazione che giustifica la sua bivalenza
applicativa (religiosa e ideologica). Si tenga presente che la metafisica porta con sé una sua
applicabilità, derivante dal suo “margine di astrazione”, analogamente alla matematica pura che di
per sé non è altro che uno strumento logico-formale, privo però di un suo contenuto “ontologico”.
Questa è la differenza tra lo strumento matematico e lo strumento metafisico, specie se si tratta
dell’Assoluto ontologico-dinamico metafisico.
4 – IL CONTENUTO DELL’ASSOLUTO ONTOLOGICO-DINAMICO METAFISICO
I trascendentali dinamici rappresentano il contenuto ontologico di tale Assoluto, che rappresenta
la fonte e la radice di essi. Senza questa radice, i trascendentali dinamici non avrebbero senso,
perché mancherebbero di un loro fondamento ontologico metafisico. Ogni altro fondamento non
avrebbe alcun valore, perché mancherebbe la realtà ontologico-metafisica che li genera. I
trascendentali, infatti, (anche quelli “statici”), si riferiscono all’essere nella sua realtà ontologica
trascendentale, da cui defluiscono alla rispettiva realtà concretamente esistente. Ciò ha
un’importanza determinante per i trascendentali dinamici, i quali nascono bensì a livello
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dell’Assoluto ontologico-dinamico metafisico, ma passano dal loro astrattismo metafisico alla loro
concretezza esistenziale religiosa e ideologica.
Ecco perché i trascendentali dinamici nascono dall’Assoluto ontologico-dinamico metafisico,
s’incarnano nell’Assoluto ontologico-dinamico religioso e nell’Assoluto ontologico-dinamico
ideologico, assumendo in questa loro incarnazione tutta la concretezza che loro compete, divenendo
effettivamente operanti nei due campi.
Giunti a questo punto possiamo fare un passo avanti, domandandoci: in che cosa propriamente
consistono questi “trascendentali dinamici”?
Ed ecco la risposta: sono aspetti o formalità fondamentali dei tre Assoluti ontologico-dinamici,
che dominano dal di sopra e dal di dentro il rispettivo essere, conferendogli una nuova anima che lo
pervade completamente. In una parola: i trascendentali dinamici nascono dall’Assoluto ontologicodinamico metafisico, s’incarnano negli Assoluti ontologico-dinamici religioso e ideologico,
divenendo operativi nella nuova realtà storica dinamica, sia religiosa che secolare.
5 – QUANTI E QUALI SONO I TRASCENDENTALI DINAMICI ?
Prima di rispondere a queste domande, dobbiamo intenderci su due cose: sulla precisazione
dell’Assoluto ontologico-dinamico metafisico, e sulla terminologia dei trascendentali dinamici che
nascono da esso.
L’Assoluto ontologico-dinamico metafisico è nient’altro che il punto d’arrivo di una speculazione
metafisica, e precisamente della Metafisica realistico-dinamica, come ricerca della natura profonda
della nuova realtà storica dinamica (secolare). Tale “natura profonda” si precisa come
“Superorganismo dinamico”, il quale viene a coincidere con l’Assoluto ontologico-dinamico
metafisico.
Posta questa identificazione, veniamo ora alla terminologia riguardante i trascendentali dinamici
(T.D.). I trascendentali dinamici si articolano in tre serie diverse, perché tre sono gli Assoluti
ontologico-dinamici: metafisico, religioso e ideologico. Come chiamarli perché i T.D. di una serie
non si confondano con gli altri?
Sospendiamo la risposta a questa domanda, per rispondere anzitutto alle domande poste dal titolo
del paragrafo: quanti e quali sono i T.D.
Ed ecco la risposta: i T.D. sono cinque. E sono i seguenti: religiosità, educatività, moralità,
socialità, missionarietà.
È una terminologia diventata per noi abituale, ma che abbisogna di non poche precisazioni. Dato
che i trascendentali dinamici, come abbiamo detto, emanano dai tre Assoluti ontologico-dinamici, e
si ripetono per ciascuno di essi, quale sarà la terminologia più appropriata? O, in termini
equivalenti, a quale Assoluto ontologico-dinamico si riferiscono in primissima istanza?
Rispondiamo subito: in primissima istanza si riferiscono all’Assoluto ontologico-dinamico
metafisico, ponendosi alla radice degli altri loro riferimenti. Non è però a tale livello che i T.D.
diventano operativi sul piano della concretezza. La loro “operatività” si svolge in base alla loro
incarnazione “religiosa” e “ideologica”. Ma guai se rimanesse inoperante la radice dei T.D., che
consiste appunto nell’Assoluto ontologico-dinamico metafisico!
In passato, con più precisione nella vecchia epoca storica statico-sacrale, la teoria dei T.D. era
completamente ignorata, tuttavia essi hanno funzionato egregiamente in campo religioso, senza
bisogno del sussidio scientifico-culturale, perché la “richiesta storica” di questo sussidio non
esisteva ancora.
Non dimentichiamoci, però, che la vecchia epoca storica statico-sacrale è tramontata; di qui la
necessità della teoria dei T.D., che deve essere elaborata ed offerta dalla Metafisica realisticodinamica della nuova realtà storica dinamica (secolare).
Mettiamo il “secolare” per la seconda volta in parentesi, non perché prima della rivoluzione
industriale non esistesse una “realtà storica dinamica”. Eccome esisteva! Era, ed è, la realtà storica
“dinamica” del CORPO MISTICO, che i teologi (compreso san Tommaso) né hanno afferrato, né
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hanno saputo elaborare teologicamente… Nessun rimprovero per san Tommaso, perché allora non
esisteva lo strumento filosofico adatto, consistente appunto nella Metafisica realistico-dinamica.
D’altra parte la realtà storica di allora non portava con sé la richiesta di una Metafisica realisticodinamica e delle rispettive applicazioni culturali.
Oggi invece la situazione è diversa. La prima necessità culturale è proprio quella della Metafisica
realistico-dinamica, che fa da matrice a tutta la cultura, religiosa e profana, in connessione con
questa nuova realtà storica dinamica.
6 – “LE LEVE SEGRETE CHE DOMINANO IL MONDO”
Le famose “leve segrete” che dominano il mondo sono i T.D. che già conosciamo: i cinque T.D.
della religiosità, dell’educatività, della moralità, della socialità e della missionarietà.
Sforziamoci di dare una fondazione metafisica ai T.D., per evitare, a loro riguardo, ogni equivoco
“paraideologico”. È il pericolo di ogni trattazione “ideologica”, quando non diventi esplicitamente
ideoprassica. I trascendentali dinamici, infatti, quando s’incarnano nel vivo della realtà sociopolitica, conservano la loro identità di T.D. solo se la loro “incarnazione” è “ideoprassica” e non
semplicemente “paraideologica”.
Moralizzare la vita collettiva, politica, economica, sociale: è stato e rimane il compito della
dottrina sociale cristiana dalla Rerum Novarum di Leone XIII alle encicliche sociali di papa
Giovanni XXIII, sino al famoso “Schema 13”, approvato dal Vaticano II sotto forma di
Costituzione Pastorale, che tratta dei rapporti tra la Chiesa e il mondo contemporaneo (l. c. pag. 34).
È la leva della norma morale. Ma come interpretarla? Come applicarla? Come renderla operativa?
Con la legislazione? Con le riforme?
Non dobbiamo farci troppe illusioni al riguardo. Basta riflettere su questa domanda: oggi è la
legislazione che si impone alla vita, o non piuttosto la vita che s’impone alla legislazione? Oggi è la
vita, il costume, che s’impone alla legislazione.
Continuiamo nelle nostre riflessioni. Noi cattolici (e non è un biasimo, ma una lode, poiché si
tratta di una preoccupazione doverosa) ci preoccupiamo di promuovere una società più giusta, un
mondo più giusto. E siamo portati a credere che le leve decisive per costruire questo mondo più
giusto siano precisamente la legislazione e le riforme di struttura, come attuazione della giustizia
sociale.
In realtà si tratta di un equivoco, tanto più difficile a cogliersi in quanto apparentemente si tratta
solo di uno spostamento di accento. Costruire una società più giusta, sì; un mondo più giusto, sì. Ma
ponendo l’accento sulla società, sul mondo da costruirsi e non sulla “giustizia sociale”. Se no, si va
a rischio di scambiare un enorme e tremendo “problema di ingegneria costruttiva” – quale è quello
di costruire il mondo di oggi e di domani – con un semplice problema di ordine morale e giuridico.
È il solito scambio tra ideoprassi propriamente detta e la semplice “paraideologia”.
7 – PARAIDEOLOGIA E PERSONALISMO
Da quanto siamo venuti dicendo, una cosa risulta chiara, ed è questa: le leve della legislazione e
delle riforme, da sole, né dominano il mondo, né lo cambiano, ma dipendono esse stesse dalla
“costruzione ideoprassica del mondo”.
Quale sarà dunque la leva decisiva? Molti pensano che sia quella dell’uomo, della persona umana.
Oggi l’uomo, con la scienza e la tecnica, è diventato il dominatore del mondo. Basterà quindi
puntare sull’uomo, far leva sulla persona umana, con i suoi diritti, con la sua dignità, con la sua
libertà, e il mondo sarà difeso da qualsiasi involuzione totalitaria o antipersonalista, non potrà che
cambiarsi in meglio, diventare un mondo migliore. E sarà salvo. L’uomo, perché dominatore del
mondo, sarà anche il salvatore del mondo, purché venga affermato nella sua personalità, nella sua
libertà, nei suoi diritti. La persona umana: questa la leva che può e deve dominare il mondo.
Bisogna dunque puntare sulla persona umana. Lì è la nostra salvezza!...
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Così si pensa, da parte di cattolici e laicisti, appartenenti allo stesso schieramento democratico. Di
qui l’ondata di personalismo, in contrapposizione dell’umanesimo antipersonalista di tipo marxista.
Mai si è sentito parlare tanto, da parte del Supremo Magistero della Chiesa, della persona umana,
della dignità e dei diritti della persona umana. Ma attenzione all’equivoco. C’è una differenza
profonda tra l’insegnamento dei Papi e del Concilio sulla persona umana e sui diritti della persona
umana, e il personalismo anche cristiano di qualsiasi tipo.
Per il Supremo Magistero della Chiesa la persona umana, la dignità e i diritti della persona umana
non sono ciò che salva il mondo, ma ciò che nel mondo bisogna salvare. Ne consegue che il
personalismo è divenuto il condensato di tutte le “paraideologie” come il surrogato più nefasto
dell’ideoprassi vera e propria, per la ragione che impedisce di porre il problema di questa e, quindi,
di cercarne la soluzione.
La conclusione è ovvia. Non è la persona umana che salva, perché essa stessa deve essere salvata.
La persona umana, da sola, cessa così di essere la leva, o una delle leve, che dominano il mondo. Le
leve che dominano il mondo, infatti, prima di tutto devono essere in grado di dominare l’uomo,
tutto l’uomo, dal di sopra e dal di dentro. Solo a questa condizione l’uomo potrà dominare il mondo
ed essere in grado di cambiarlo.
Ci avviciniamo così alle “leve segrete che dominano il mondo”. Anzi, possiamo dire di esserci
ormai arrivati, perché queste misteriose leve sono appunto quelle che dominano l’uomo dal di sopra
e dal di dentro.
Quali saranno? Per rendere più facile la risposta, traduciamo la domanda in quest’altra: che cos’è
che può dominare l’uomo dal di sopra e dal di dentro, afferrandolo tutto quanto e piegandolo a
vivere e ad agire in una data direzione?
La risposta si può contenere in poche parole. Questa forza misteriosa è una sola: è l’ASSOLUTO
CHE SALVA.
È una risposta che abbisogna di molte spiegazioni, non diversamente dalle energie fisiche le quali,
una volta intuite, abbisognano di un enorme approfondimento scientifico e di non meno complessi
sviluppi tecnologici per poter essere utilizzate. È una semplice analogia, e cioè un paragone, ma
assai espressiva.
Anche l’ASSOLUTO CHE SALVA, può essere visto come una forza, una energia, che viene a
coincidere, sia pure in modi diversi, con l’ASSOLUTO CHE È DIO STESSO, IL DIVINO VERO,
o un divino falso. Nella vecchia epoca storica statico-sacrale, il DIVINO VERO, era il DIO DELLA
RIVELAZIONE CRISTIANA, e il divino falso erano i falsi “dei” delle religioni pagane: mentre
nella nuova epoca storica dinamica secolare il divino falso è rappresentato dalle false ideoprassi
ateo-materialiste.
Sta di fatto però che l’uomo non si piega che di fronte all’ASSOLUTO, vero o falso che sia. Ciò
che domina l’uomo, infatti, dev’essere al di sopra dell’uomo. E al di sopra dell’uomo non c’è che
Dio, o chi prende il posto di Dio: da Satana in persona, alle sue più lontane e apparentemente più
innocue mimetizzazioni.
Teniamo ben presente: solo l’ASSOLUTO, ossia il DIVINO, vero o falso che sia, può dominare
l’uomo. E, dominando l’uomo, dominare il mondo.
8 – VERSO I T. D.
Per essere meno astrusi, ci siamo impegnati a giungere ai cinque T.D. per via induttiva, che è più
didattica, ma “scientificamente” meno soddisfacente. Siamo ricorsi all’analogia delle energie fisiche
le quali, una volta intuite, abbisognano di un enorme approfondimento scientifico e di complessi
sviluppi tecnologici per poter essere utilizzate.
Una cosa analoga capita anche per i T.D. i quali, una volta intuiti per via induttiva, abbisognano di
un adeguato approfondimento scientifico non solo metafisico, ma anche ecclesiologico e
ideoprassico, per poter essere capiti, giudicati e utilizzati. Continuiamo quindi la ricerca dei cinque
T.D. per via induttiva e poi passeremo, in questa premessa, ad ulteriori precisazioni di tipo
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scientifico. Saremo così in grado di fare il nostro confronto sinottico delle tre ideoprassi, in
riferimento ai T.D. La prima domanda è questa: perché l’uomo si piega di fronte all’Assoluto?
Ed ecco la risposta: perché l’uomo è un essere indigente, bisognoso di salvezza, il quale cerca
disperatamente questa sua salvezza, anche a costo di porla in un salvatore, il più illusorio ed
assurdo. È ciò che distingue l’uomo dagli animali, rendendolo “uomo religioso”.
La religione, da parte dell’uomo, non è che il bisogno dell’Assoluto che salva. E da parte di Dio,
non è che l’offerta della salvezza.
L’Assoluto, dunque, domina l’uomo. E l’uomo ne accetta il dominio per un motivo
fondamentalmente religioso. Tale infatti è il bisogno dell’Assoluto che salva.
Ma l’Assoluto non salva se non se ne accetta il dominio totale. “Non potete servire a due
padroni!...” Bisogna quindi arrivare al dominio dell’Assoluto su tutto l’uomo. Se si arriva a questo
dominio, l’Assoluto, dominando tutto l’uomo, dominerà anche il mondo, aprendo la via della
salvezza spirituale ed eterna dell’uomo, e aprendo la via della salvezza umano-storica del mondo.
Ma come l’Assoluto dominerà tutto l’uomo, arrivando così a dominare anche il mondo, per
salvarlo?
Ecco la risposta: l’Assoluto dominerà tutto l’uomo, se si impone sui due piani: religioso, quale
Assoluto religioso che salva, da un punto di vista spirituale ed eterno, e ideologico-ideoprassico,
quale Assoluto ideologico-ideoprassico, che salva dal punto di vista umano-storico.
La molla del dinamismo dell’uomo nel mondo, in ultima analisi, è l’Assoluto che salva. Lo è
sempre stato. E lo sarà sempre più. Basta guardare ai Santi di ogni tempo. Basta guardare agli
apostoli del bene e del male, ciascuno nel proprio campo.
Se l’Assoluto che salva, in ultima istanza, è sempre stato la molla del dinamismo dell’uomo nel
mondo, lo è in modo speciale oggi, che il mondo è divenuto un mondo dinamico, e cioè un mondo
in continua trasformazione, perché è un mondo in continua costruzione. E i dominatori del mondo,
oggi, sono appunto quelli che si lasciano prendere da un “Assoluto che salva”, diventando
costruttori del mondo e guidandolo, di conseguenza, ai loro precisi scopi. Ed allora (torna qui il
discorso delle “leve segrete”), quali sono le leve segrete che dominano il mondo?
Saranno appunto le leve segrete che dominano l’uomo. Saranno le leve che scattano dalla molla
dell’Assoluto che salva. Saranno le leve di un Assoluto che si impone all’uomo con tutta la forza
primigenia della religiosità, e che “religiosamente” domina tutto l’uomo dal di sopra e dal di dentro,
lanciandolo alla costruzione di un mondo cristiano o anticristiano. Saranno delle leve dinamiche,
per questo nostro mondo dinamico.
9 – LE CINQUE LEVE DINAMICHE COME T.D.
Enumeriamole.
La prima è la leva della religione, non come rito, ma come salvezza totale.
La seconda è la leva dell’educazione, come costruzione dell’uomo cristiano, o “non-cristiano”,
capace di vivere ed agire per il suo “Assoluto che salva”, incarnandolo nel mondo da costruire o da
cambiare.
La terza è la leva della morale, non più come semplice morale “normativa”, ma come morale
costruttiva, in base alla quale è buono ciò che incarna il proprio Assoluto che salva e che costruisce
il mondo in funzione di esso. Viceversa è cattivo ciò che contrasta tale costruzione.
La quarta è la leva della socialità, come convivenza umana plasmata sul Vangelo di Cristo, o su
un vangelo contro e fuori di Cristo.
La quinta è la leva della missionarietà, come spinta dell’uomo a costruire la Città di Dio, o la
città dell’uomo, quando non addirittura la città di Satana.
Sono le cinque leve – leva religiosa, leva educativa, leva morale, leva sociale, leva missionaria –
che prendono, dal di sopra e dal di dentro, l’uomo tutto quanto, come individuo e come collettività,
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e che permettono di dominare il mondo dominando l’uomo. Le sole leve veramente decisive, perché
leve dinamiche, per questo nostro mondo dinamico.
Facendo la traduzione di queste “cinque leve segrete che dominano il mondo” nel nostro
linguaggio metafisico, non ci vuol molto a capire che esse corrispondono ai cinque trascendentali
dinamici: il T.D. della religiosità, della educatività, della moralità, della socialità e della
missionarietà.
Ma, mentre il discorso sulle “leve segrete che dominano il mondo” si può ritenere esaurito, il
discorso sui T.D. si ripropone da capo. Si tratta infatti di due problemi diversi. La “via induttiva” ci
ha condotti allo scoprimento dei cinque T.D., ma non serve per il loro approfondimento. Per questo
approfondimento è necessario tornare al discorso metafisico. Ci torneremo sopra. Intanto apriamo
una parentesi come mezzo chiarificatore del passaggio dalla via induttiva all’approfondimento
metafisico.
10 – IL PROF. LEMAITRE E LA VICENDA NAZISTA
Lemaitre era un prete, l’abate Lemaitre, e un grande scienziato, professore di fisica e cosmologia
all’Università cattolica di Lovanio. Siamo nel 1934. E l’abate Lemaitre, il grande fisico belga,
collaboratore di Einstein, parlava ad un gruppo di scienziati negli Stati Uniti e dichiarava che molto
del successo dei nazisti era dovuto al fatto che essi riducevano la loro filosofia a poche idee molto
semplici.
Tali idee, egli diceva, erano state da loro martellate fino al punto da renderle familiari alla
maggioranza del popolo, sì da disporlo ad accettare il resto del programma nazista con relativa
facilità. E l’abate aggiungeva che, se non si prendevano rimedi immediati per riattuare le verità
primarie del Cristianesimo e reimmetterle nella corrente maestra della vita tedesca, ne sarebbe
seguita una delle più grandi catastrofi di tutta la storia.
Fu terribilmente profeta. Ma ciò che non aveva compreso l’abate Lemaitre, fu che i nazisti
stavano maneggiando, con la tipica sistematicità tedesca, le cinque leve segrete che dominano il
mondo.
La leva religiosa per il nazismo è consistita nel riesumare il vecchio paganesimo germanico, a
partire dal mito del sangue, ossia della razza, che per il nazismo, e conseguentemente per il popolo
tedesco, ha figurato allora come il “nuovo Assoluto che salva”. Fu quella la leva religiosa,
tremendamente costruttiva e dinamica, che offerse al popolo tedesco, ancora impoverito e umiliato
dalla prima guerra mondiale, una sia pur illusoria salvezza totale, lanciandolo in un dinamismo
spaventoso.
Attraverso il mito del sangue e della razza, il nazismo stava educando la gioventù tedesca, la
Hitlerjugend, preparandola a vivere e ad agire – e anche a morire – per l’ideale nazista. Era la leva
educativa.
Il nazismo offriva ed imponeva al popolo tedesco una nuova morale, la morale nazista, in base
alla quale era buono ciò che costruiva il terzo Reich, ed era cattivo ciò che ne impediva il trionfo.
Ecco la leva morale, di una morale nuova, dinamica, costruttiva e non più semplicemente
normativa.
La leva della socialità s’imperniò sul nazionalsocialismo, costruttivo di una società nuova, di un
mondo nuovo, a cui sarebbero seguite nuove strutture e un nuovo tipo di giustizia.
La quinta leva è quella della missionarietà. Ed ecco un esercito di missionari, semplici
avanguardie di nuovi crociati, che li avrebbero seguiti su colonne corazzate…
Questa non è un’apologia del nazismo. È precisamente il contrario. Non è che un “mea culpa”…
Non abbiamo capito e perciò non siamo stati in grado di difenderci. La vera forza di Hitler è stata
quella di aver impugnato le “cinque leve che dominano il mondo” e di aver saputo manovrarle in
modo dinamico, nel mondo dinamico di oggi.
L’avventura hitleriana è fallita. Ma a quale prezzo?... E a beneficio di chi?... A tale proposito
riprenderemo il discorso in sede di confronto delle tre ideoprassi, sul tema dei T.D.
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11 – APPROFONDIMENTI TEORICI
Sapere che esistono “le cinque leve segrete che dominano il mondo” e che corrispondono ai
“cinque T.D.”, è già qualcosa, ma non è affatto sufficiente. Teniamo presente l’analogia delle forze
fisiche. Sapere che esistono vale ben poco. Con tutta la fame di energia che ha il mondo oggi, ciò
che importa è saperle dominare, per poterle utilizzare.
Anche i T.D. sono energie, di natura ben diversa dalle energie fisiche. Ma, salva questa
differenza, il caso è analogo. Il mondo di oggi, come ha una fame estrema di energia, così ha una
fame estrema di quelle altre energie che si chiamano T.D.
Ma per poterle utilizzare bisogna conoscerle “scientificamente” e mobilitarle “tecnicamente”. La
scienza che fa conoscere scientificamente i T.D. è la Metafisica realistico-dinamica; la tecnica che li
mobilita è rispettivamente l’ecclesioprassi (per i T.D. religiosi) e l’ideoprassi (per i T.D. ideologici).
Il fondamento radicale della loro conoscenza è (come è già stato detto) l’Assoluto ontologicodinamico metafisico, dal quale dipartono sia i T.D. religiosi, sia i T.D. ideologici.
Vengono così richiamati i tre Assoluti ontologico-dinamici, sui quali si è già insistito. Ciascuno a
suo modo, i tre Assoluti sono fonte dei rispettivi T.D. come segue:
l’Assoluto ontologico-dinamico metafisico esprime da sé la radice prima dei T.D. Senza farli uscire
da questo Assoluto ontologico-dinamico metafisico non è possibile parlare dei trascendentali
dinamici: tanto più se si tratta non solo di T.D.ideologici o pseudoideologici (caso tipico quello del
nazismo, come già abbiamo richiamato nel paragrafo precedente), ma di tutti i T.D., compresi quelli
religiosi.
L’Assoluto ontologico-dinamico religioso, invece, è appunto quello che si esprime nei T.D.
religiosi.
Veniamo al terzo Assoluto ontologico-dinamico ideologico, che mette in moto i rispettivi T.D.
ideologici. Se questo terzo Assoluto è ateo-materialista, esso escluderà l’Assoluto ontologicodinamico religioso con i rispettivi T.D. religiosi, sconvolgendo radicalmente l’intero sistema dei
T.D.
L’intero sistema dei T.D., infatti, consta dei tre ordini dei trascendentali dinamici: T.D.
metafisici, T.D. religiosi, T.D.ideologici. Questi tre ordini di T.D. debbono coesistere, coagire,
potenziarsi a vicenda, ubbidendo all’Assoluto ontologico-dinamico metafisico, che consiste nello
stesso Divino vero, non ulteriormente specificato.
La sua “specificazione religiosa” consisterà nel Corpo Mistico di Cristo, che al di là della
metafora del “corpo” si svela come “Assoluto ontologico-dinamico religioso” (= la Chiesa come
Superorganismo ontologico-dinamico religioso cristiano). Da esso scaturiranno i cinque T.D.
religiosi cristiani come parte dell’intero sistema dei T.D.
Dal punto di vista ontologico, logico ed operativo, ne uscirà un “sistema formidabile” per
coerenza, solidarietà, carica animatrice e propulsiva in ogni campo: vera espressione trascendente
del trascendentale dinamico della missionarietà in ogni campo.
Con tutto ciò non ci facciamo nessuna illusione. Siamo, e vogliamo restare, fuori dell’utopia.
Abbiamo soltanto voluto accentuare, in questa Premessa, un fattore culturale-operativo, sempre più
decisivo e indispensabile. In sostanza, si tratta della Teoria dei Trascendentali Dinamici, uno dei
grandi temi della Metafisica realistico-dinamica. Tema oggi di straordinaria importanza. Ma il tema
di importanza somma rimane quello della Rivelazione cristiana, il quale ormai, come realtà
acquisita e consolidata, è presente e operante nel mondo, da duemila anni.
Ma la civiltà dell’amore, dopo duemila anni non si è ancora realizzata. Perché? Forse ha ragione
la S. Scrittura che dice: “Mundus totus in Maligno positus est”. E tuttavia la Rivelazione cristiana
non è stata inutile. Anzi, si dimostra sempre più come l’unica cosa necessaria per salvare il mondo,
non solo in riferimento alla salvezza spirituale ed eterna, ma anche in riferimento alla salvezza
umano-storica.
Concludiamo questa Premessa, riaffermando la validità e la necessità del sistema vero dei
trascendentali dinamici. E passiamo al confronto delle tre ideoprassi in riferimento ai T.D.
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I
IDEOPRASSI DINONTORGANICA E T.D.
1 – LA TRIVALENZA DEI T.D.
Il confronto delle tre ideoprassi sul tema dei T.D. deve tener conto della trivalenza di essi, la
quale, come risulta dalla Premessa, è metafisica, religiosa e ideologica.
Di per sé il confronto delle tre ideoprassi sul tema dei T.D. viene ad interessare solo i T.D.
ideologici, e non i T.D. metafisici e i T.D. religiosi. Ma sul piano della verità e della realtà
“veritativa”, i tre ordini dei T.D. coesistono, si compenetrano, coagiscono, si condizionano a
vicenda, potenziandosi o neutralizzandosi.
Di conseguenza, il confronto delle tre ideoprassi sul tema dei T.D. deve tenere conto del loro
intero sistema, che è “trivalente”, riferendosi però sempre ai T.D. ideoprassici.
Il materialismo ateo ideologico è prima di tutto un errore di metafisica dinamica, perché nega lo
spirito (materialismo) e il Divino (ateismo). È quanto dire negare l’Assoluto ontologico-dinamico
metafisico, e con esso i T.D. metafisici, e di conseguenza i T.D. religiosi. Restano solo i T.D.
ideologici (siano essi ideoprassici, o pseudoideologici come nel caso del nazismo).
I quali T.D. ideologici, sostituendosi ai T.D. metafisici veri e ai T.D. religiosi veri, assorbono in
se stessi il loro potenziale operativo, esaltando la propria dinamicità e finendo per essere teoria e
prassi inattaccabile. Tale “inattaccabilità” fa parte della realtà dinamica ideoprassica mobilitata in
virtù del suo Assoluto ontologico-dinamico ideoprassico falso (perché ateo-materialista) e in
funzione dei suoi cinque T.D., senza (purtroppo) il contrappeso di una analoga mobilitazione della
realtà dinamica ideoprassica vera, anch’essa in funzione dei suoi cinque T.D. “ideoprassicidinontorganici”.
Di qui la difficoltà per il confronto dell’ideologia dinontorganica coi T.D. ideologici: difficoltà
che deriva “dall’inesistente”. L’ideologia dinontorganica, col rispettivo Assoluto ideoprassico
dinontorganico, e con i conseguenti cinque T.D. ideoprassici dinontorganici, come realtà presenti e
operanti nell’attuale concreta realtà storica, ancora non esistono. E proprio per questo sono poco
credibili ed è difficile presentarli come credibili.
La difficoltà maggiore nasce sempre dalla inadeguatezza della nostra cultura la quale, in campo
ideologico, continua ad esaurirsi nella “paraideologia” o in un “personalismo paraideologico” che
diventa un ostacolo insuperabile per il decollo della ideologia-ideoprassi dinontorganica. Solo in
virtù di questo decollo i T.D. ideoprassici dinontorganici assumono un senso e una giustificazione.
Tenendo conto della situazione di fatto, veniamo al nostro confronto.
2 – IMPOSTAZIONE DEL NOSTRO CONFRONTO
Il nostro confronto sarà ben impostato tenendo presente questa triplice condizione:
1) tener conto della trivalenza dei T.D.;
2) evitare di scivolare dal piano propriamente ideoprassico al piano “paraideologico”;
3) tener conto della dinontorganicità.
Quanto alla prima condizione, bisogna darsi conto del fatto che il problema del confronto in tema
di T.D. si pone in modo diversissimo per le tre ideologie. Le due ideologie ateo-materialiste non
possono tener conto della “trivalenza dei T.D.”, perché sono “moniste”.
Per esse esistono solo i T.D. ideologici (o ideoprassici), perché il loro Assoluto ideologico,
essendo ateo-materialista, elimina a priori l’Assoluto ontologico-dinamico metafisico vero
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(consistente nel Superorganismo dinamico a valore ontologico), che si concretizza nella forma
dinamica della dinontorganicità da cui emanano i T.D. metafisici e, mediatamente, i T.D. religiosi.
L’ideoprassi dinontorganica, invece, è radicata nella totalità dell’essere (metafisica realistica
integrale). Senza tale radice, l’ideoprassi dinontorganica non è nemmeno pensabile. Ciò significa
che il confronto dell’ideologia dinontorganica con i T.D. dev’essere fatto in funzione della
“trivalenza dei T.D.”, sempre tenendo presente che il centro d’interesse è e rimane quello dei
trascendentali dinamici ideologici ( per noi qui, in questo primo confronto) emananti dall’ideologia
dinontorganica come T.D. ideoprassici dinontorganici.
La seconda condizione per la retta conduzione del confronto tra ideologia dinontorganica e T.D. è
evitare il franamento dal terreno dell’ideoprassi a quello delle “paraideologie”. La ragione è la
seguente: le “paraideologie”, da sole, sono la “tomba” dell’ideoprassi dinontorganica. E allora addio
“ideoprassi dinontorganica”! Uno dei motivi per cui l’ideologia-ideoprassi dinontorganica non ha
mai potuto decollare, è perché la cultura cattolica, in fatto di problemi socio-politici, non ha mai
saputo svincolarsi dalle paraideologie.
La terza condizione consiste nel tener sempre presente la dinontorganicità. Per i T.D. emananti
dall’Assoluto ontologico-dinamico ideoprassico dinontorganico, la dinontorganicità rappresenta la
loro “quintessenza”, e cioè l’essenza più profonda e specifica dei T.D. stessi.
Illustrando la dinontorganicità, in rapporto ai cinque T.D. noi faremo il più significativo e il più
valido confronto tra l’ideologia dinontorganica e i cinque T.D. della religiosità, educatività,
moralità, socialità e missionarietà. Cominciamo ad intenderci sulla “dinontorganicità”.
3 – LA DINONTORGANICITÀ
Abbiamo già detto che la dinontorganicità rappresenta la “quintessenza” dei T.D., aggiungendo
che la “quintessenza” a sua volta corrisponde alla natura più profonda e più specifica dei T.D.
Ora dobbiamo darci conto del fatto che la stessa dinontorganicità è una “realtà polivalente”, non
solo in riferimento ai T.D. (questi sono cinque, e tutti e cinque vengono investiti dalla
dinontorganicità come realtà polivalente); ma è realtà polivalente anche sotto altri rispetti, a
cominciare dall’Assoluto ideologico primario e derivato, dell’ideoprassi dinontorganica; per passare
alla razionalità ontologico-dinamica interna della stessa ideoprassi, fino a giungere alla forma
dell’ideoprassi vera, che attua la rispettiva materia.
Quale che sia la “materia” dell’ideoprassi vera, già lo sappiamo, ma conviene richiamarla: è
l’intera nuova realtà storica dinamica secolare, a prescindere dalla forma che, essendo ”forma” di
una realtà storica “dinamica”, sarà anch’essa forma dinamica.
La forma attua la rispettiva materia, traducendola metafisicamente in un solo essere, che sarà
“essere, uno, vero, buono e bello” e dunque conferendo alla nuova realtà storica i cinque
trascendentali statici. Il che permette di vedere la nuova realtà storica dinamica secolare alla luce
dei trascendentali statici, i quali si riferiscono all’essere e si esauriscono nell’essere.
Applichiamo quanto detto or ora della forma, identificandola con la dinontorganicità (e
viceversa), e subito si dispiega alla nostra intelligenza la panoramica della nuova realtà storica
dinamica secolare e della stessa ideoprassi dinontorganica, come essere. È un modo di darsi conto
della “valenza” di forma della dinontorganicità con i rispettivi effetti, e ad un tempo della
utilizzabilità dei trascendentali statici, che altrimenti restano lettera morta.
E infatti, mentre i T.D. danno luogo ad una elaborazione metafisica con una enorme incidenza
teorica e pratica, i trascendentali statici, invece, una volta individuati, sono stati accantonati,
restando una entità inefficiente sia teoricamente che praticamente.
Questo discorso, illustrativo della dinontorganicità, non centra ancora il nostro tema specifico, che
è quello dei T.D. in rapporto alla dinontorganicità. Il suo scopo non è quello di centrare tale tema,
bensì di isolarlo, in modo da non equivocarlo. Affrontiamo pertanto il nostro tema nella sua
specificità, formulandolo in questi termini: “la dinontorganicità come formalità dei T.D.”.
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4 – LA DINONTORGANICITÀ COME FORMALITÀ DEI T.D.
È parte della polivalenza della dinontorganicità anche il fatto di essere la formalità specifica dei
T.D. In riferimento alla dinontorganicità e ai T.D., la “formalità” non è per nulla sinonimo di
“forma”. La forma entra in sintesi con la rispettiva materia, originando quel dato essere. La
formalità, invece, si riferisce ai T.D., qualificandone il rispettivo modo d’agire.
Solo a tale condizione i T.D. possono assolvere alla loro funzione, che per i T.D. ideoprassici (per
tutte e tre le ideologie) è quello di dominare dal di sopra e dal di dentro l’uomo come individuo e
come massa, per poter giungere, attraverso l’uomo, a “dominare il mondo”. Anche se l’ultima frase
poco si addice ai T.D. dinontorganici, la cui funzione non è quella di “dominare il mondo” (questa è
semmai la funzione dei T.D. delle due ideoprassi ateo-materialiste), ma di servirlo, costruirlo,
costruendo ad un tempo l’uomo, la convivenza umana, la società.
Sta di fatto però che, per costruire tutto questo insieme di cose, bisogna che i T.D. giungano a
“dominare tutto l’uomo e tutti gli uomini dal di sopra e dal di dentro”, perché, in concreto, sono gli
uomini, mobilitati dai T.D., i costruttori “ideoprassici” del mondo, non certo in modo univoco, ma a
servizio delle rispettive ideoprassi (capitalista, marxista, dinontorganica).
E i T.D., in riferimento a una data ideoprassi, non sono altro che la mobilitazione del rispettivo
Assoluto ontologico-dinamico per la costruzione del rispettivo mondo dinamico e società dinamica.
Tenendo conto di tutti gli elementi suddetti, riguardanti i T.D., ora possiamo entrare nel merito
della nostra specifica questione che si pone in questi termini: i T.D. ideoprassici dinontorganici,
come operano all’interno dell’ideoprassi dinontorganica, in funzione della loro “formalità”,
consistente appunto nella dinontorganicità?
La risposta si trova racchiusa in questa proposizione, che abbisogna di una vasta esplicitazione:
operano come fattori mobilitanti la persona e, attraverso la persona mobilitata, operano come fattori
mobilitanti le strutture, mobilitando, in definitiva, la rispettiva ideoprassi costruttiva di quel dato
tipo di convivenza umana, di società e di realtà umano-storica.
5 – I CINQUE T.D. IDEOPRASSICI DINONTORGANICI
I trascendentali dinamici, dunque, sono mobilitanti. È la loro funzione. E lo sono in virtù della
loro formalità che, per i T.D. ideoprassici dinontorganici, è la dinontorganicità, non come forma
produttrice dell’essere, ma come formalità mobilitante.
Si tratta ora di approfondire il senso dei cinque T.D. ideoprassici dinontorganici, per operare il
nostro confronto, che è sempre doppio: confronto tra l’ideologia presa in esame (ideologia
dinontorganica e rispettivo tema, in questo caso il tema dei T.D.); e confronto tra ideologia
dinontorganica, sempre presa come punto di riferimento, e le altre due ideologie.
Il primo approfondimento dei cinque T.D. consiste nel porre la distinzione tra T.D.sintetico (= il
primo) e i quattro T.D.analitici.
Il T.D. sintetico significa che abbraccia dentro di sé i cinque T.D., ma articolando i quattro T.D.
analitici della educatività, della moralità, della socialità e della missionarietà.
A questo punto si rende necessaria una chiarificazione terminologica: come chiamare il T.D.
sintetico?
In sede di metafisica realistico-dinamica l’abbiamo chiamato il “T.D. sintetico della religiosità”. E
a livello metafisico poteva andare bene. La religiosità, infatti, ha la sua radice nella metafisica
realistica, che “culturalmente” pone l’esistenza del Dio unico, squalificato da Pascal come l’arido
“Dio dei filosofi”, in contrapposizione al “Dio vivente” della Rivelazione. Sta di fatto, però, che il
“fondamento ontologico” del “Dio della Rivelazione” resta il “Dio dei filosofi”.
Ma l’intero sistema dei T.D. (T.D. metafisici, T.D. religiosi e T.D. ideologici) impone una
terminologia più specifica ed appropriata. Chiameremo quindi il T.D. sintetico ideoprassico
dinontorganico il T.D. ideoprassico della dinontorganicità.
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Esso darà luogo ai T.D. analitici ideoprassici dinontorganici della educatività, moralità, socialità e
missionarietà. Dal punto di vista terminologico e del linguaggio non lasciamoci scoraggiare o
sopraffare da certe sequenze. Qui s’impone l’analogia con la matematica (e in modo particolare con
la matematica superiore).
Il linguaggio matematico, man mano che si progredisce nella rispettiva teoria, si complica sempre
più. Ma anche torna a semplificarsi, perché gran parte della teoria matematica, anche se sempre
presente e operante, rimane sottintesa per il vero matematico. Così sarà anche per chi vuole
impossessarsi della teoria dei T.D.
La sostituzione dell’ideologia-ideoprassi alla religione come nuovo fondamento e anima diretta
della società, provocata dalla rivoluzione industriale, ha portato all’ignorazione e al rinnegamento
della cultura-conoscenza metafisica vera, che ha avuto come conseguenza la distruzione dell’intero
sistema dei T.D.
Sul piano culturale, il ripudio della metafisica vera ha significato l’eliminazione dei T.D.
metafisici e dei T.D. religiosi, distruggendo il sistema dei T.D. Sono rimasti i T.D. ideoprassici
“ateo-materialisti”. Con quale beneficio per l’umanità è superfluo precisarlo.
In altre parole, l’intero sistema dei T.D. va rispettato e reso operante, nella maggior chiarezza
delle idee e della terminologia. Il linguaggio, nella teoria dei T.D., è un linguaggio “cumulativo”, e
non astrattivo: come il linguaggio matematico il quale, a dispetto delle opinioni correnti, non è un
linguaggio astrattivo, ma un linguaggio cumulativo.
Per quanto riguarda la terminologia, sempre a proposito del sistema dei T.D., per evitare le
ingombranti sequenze terminologiche, basta utilizzare alcuni accorgimenti: definire bene il T.D.
sintetico; averlo ben presente nell’ingranaggio teorico; non deflettere dalla correttezza
terminologica, a partire dai due accorgimenti precedenti.
Purtroppo, come l’esperienza dimostra, non si giungerà mai ad un linguaggio univoco, come
avviene per le matematiche e le scienze esatte. Bisognerà supplirvi con la coerenza e l’insistenza,
tenendo presente che è l’uso la suprema legge del linguaggio.
6 – I T.D. SINTETICI E LORO DENOMINAZIONE
Il primo accorgimento, necessario per alleggerire la pesantezza della terminologia riguardante i
T.D., è definire bene il T.D. sintetico che interessa. Ciò potrebbe non importare per i teorici delle
ideoprassi capitalista e marxista. Più che definire, a loro importa nascondere o mistificare la realtà
effettiva delle cose.
Per l’ideoprassi dinontorganica, invece, è proprio il contrario. Bisogna far splendere la verità,
elaborandola anche teoricamente, elaborandone la rispettiva scienza in modo valido. I T.D. fanno
parte dell’ideoprassi dinontorganica, a cominciare dal T.D. sintetico, che comanda i quattro T.D.
analitici.
Bisogna quindi partire dalla definizione del T.D. sintetico. La definizione, infatti, rappresenta la
prima acquisizione scientifica in ogni campo. Passeremo poi a definire, o per lo meno ad
individuare, gli altri due T.D. sintetici.
Cominciamo col dire che la definizione del T.D. sintetico “ideoprassico” fatta consistere nella
“religiosità” è quanto mai impropria. L’ideologia-ideoprassi si pone fuori della realtà religiosa
perché, per definizione, l’ideologia-ideoprassi è “realtà profana”. Ma, sul piano metafisico questa
precisazione non si impone ancora. Diventa invece indispensabile sul piano ideologicoideoprassico.
Ecco allora la necessità di sostituire la “religiosità” come denominazione del T.D. sintetico
metafisico, con un altro termine, più appropriato, per il T.D. sintetico ideologico. Già lo
possediamo. C’è solo bisogno di adottarlo e di applicarlo: è precisamente la dinontorganicità, come
formalità sintetica e specifica dei T.D. ideoprassici dinontorganici.
Posta una tale denominazione per il T.D. sintetico ideoprassico dinontorganico, la denominazione
dei T.D. analitici, essendo questi nient’altro che la ripetizione della dinontorganicità come T.D.
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sintetico, ciascuno nel proprio campo, basterà leggerli in funzione del T.D. sintetico, ciascuno nel
proprio campo, ripetiamo, e il problema terminologico (ma non solo terminologico) sarà risolto.
Facciamo tale “lettura”.
7 – LETTURA DEI T.D. ANALITICI IN FUNZIONE
DEL T.D. SINTETICO DELLA DINONTORGANICITÀ
I T.D. analitici sono quei quattro che già conosciamo e che qui richiamiamo: il T.D. analitico
dell’educatività, della moralità, della socialità e della missionarietà.
Essi non variano. Restano tali e quali sul piano metafisico, sul piano religioso e sul piano
ideologico. Attendono solo la loro specificazione dal loro T.D. sintetico che sarà “metafisico” (per i
T.D. analitici metafisici); T.D.sintetico “religioso” (per i T.D. analitici religiosi); T.D. sintetico
“ideoprassico” (per i T.D. analitici ideoprassici).
Siccome a noi qui interessano, per l’attuale confronto, solo i T.D.analitici dell’ideoprassi
dinontorganica, facciamone la rispettiva “lettura” in funzione del rispettivo T.D. sintetico,
consistente precisamente nella dinontorganicità (ovviamente ideoprassica) e vediamo come i singoli
T.D. analitici si precisano.
Cominciamo dal T.D. analitico dell’educatività. Esso si specifica, in campo educativo, come
“educatività dinontorganica”, perché i T.D. analitici nei rispettivi campi non possono essere che la
ripetizione del T.D. sintetico, e dunque della dinontorganicità.
Proviamoci a misurare con la fantasia (perché è impossibile qui elaborarla teoricamente)
l’incidenza del “T.D. analitico” dell’educatività dinontorganica anche solo come T.D. analitico
ideoprassico (poiché si ripeterà tal quale come T.D. analitico in campo religioso e anche a livello
metafisico). Ciò che importa capire è questo: l’educazione oggi, come “preparazione a vivere e
agire” (questa è l’essenza dell’educazione) senza mettere in moto il rispettivo T.D. analitico
dell’educatività, si esaurisce fatalmente nell’utopia.
Passiamo al secondo T.D. analitico, che è quello della moralità. Qui è necessario tener conto di
una situazione culturale nuova, mai verificatasi. Con il passaggio dalla vecchia epoca storica
statico-sacrale alla nuova epoca dinamica secolare, anche la morale culturalmente ha subìto un
raddoppio: si è articolata in morale statica (= normativa) e morale dinamica (= costruttiva).
Poiché stiamo trattando dei T.D. analitici ideoprassici, è solo il T.D. analitico della moralità,
inerente all’ideologia dinontorganica, che ci interessa. Cominciamo col precisarlo. Anche per il
T.D. analitico ideoprassico della moralità, dobbiamo ripetere quanto è stato detto per il T.D.
analitico dell’educatività. Anche il T.D. della moralità dovrà riprodurre il rispettivo T.D. sintetico
della dinontorganicità, traducendosi in T.D. analitico morale dinontorganico.
Ci dispensiamo dall’inoltrarci qui nel problema della morale come cultura, e dunque come
scienza, perché, anche se sul piano culturale tutto interferisce, per il nostro confronto solo i T.D.
ideoprassici ci impegnano.
Continuiamo quindi la “lettura” dei T.D. analitici nell’ambito dell’ideoprassi dinontorganica in
funzione del rispettivo T.D. sintetico della dinontorganicità. Rimangono ancora da “leggere” i due
T.D. analitici della socialità e della missionarietà. Per esaurire il discorso in poche battute, diremo
solo quanto segue. Sia l’uno che l’altro T.D. analitico, debbono tradursi in socialità dinontorganica
e missionarietà dinontorganica. Il T.D. analitico della socialità dinontorganica, sul piano
ideoprassico, coincide con la convivenza umana funzionale ed è imparentato con la “civiltà
dell’amore”.
Per quanto riguarda il T.D. della missionarietà, che ideoprassicamente si precisa in “missionarietà
dinontorganica”, facciamo presente che, se c’è un T.D. analitico “mobilitante”, è proprio quello
della “missionarietà”. Oggi, per il bene, è necessaria una mobilitazione totale. Ecco il senso
ideoprassico di “missionarietà”.
Dal punto di vista operativo, la grande “scelta” è sempre e solo quella tra il bene e il male, a
partire dalla verità o dall’errore. Non scegliere, in questa nuova epoca storica dinamica, “epoca
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costruttiva” per il bene o per il male, in funzione della verità che salva o della falsità che perde, non
è possibile. Il T.D. analitico ideoprassico, che nell’ambito dell’ideoprassi dinontorganica si risolve
in “ missionarietà dinontorganica”, offre questa possibilità.
La conclusione della “lettura” dei T.D. analitici ideoprassici in funzione del T.D.sintetico della
dinontorganicità, conduce alla scoperta che tutti i T.D. analitici si traducono in T.D. analitici
dinontorganici. La ragione è questa: essi non sono che l’articolazione dello stesso T.D. sintetico
nelle sue quattro valenze trascendentali.
Ne esce fuori un meccanismo mobilitante formidabile, che domina dal di sopra e dal di dentro non
solo l’uomo, ma anche le strutture, divenendo il garante dell’ideoprassi dinontorganica e della
rispettiva efficacia operativa.
8 – I TRE T.D. SINTETICI
Ma non è tutto. Stiamo confrontando i T.D. nel contesto dell’ideoprassi dinontorganica. E poiché
essi si dividono in sintetici e analitici, dobbiamo domandarci in cosa consistono i T.D. sintetici.
Questi, come ormai sappiamo, sono di tre ordini, come del resto l’intera serie dei T.D., secondo i
rispettivi Assoluti: Assoluto ontologico-dinamico metafisico, Assoluto ontologico-dinamico
religioso e Assoluto ontologico-dinamico ideologico.
Da questi tre Assoluti nasce una triplice serie dei cinque T.D. Ciò è vero per l’ideoprassi
dinontorganica che, a differenza delle due ideoprassi ateo-materialiste, non esclude l’Assoluto
ontologico-dinamico metafisico e l’Assoluto ontologico-dinamico religioso: che anzi li postula,
postulando ad un tempo i loro rispettivi T.D. sintetici. Si tratta di individuarli e di “denominarli”.
Torna così il problema della terminologia, che abbiamo lasciato in sospeso, dopo averlo enunciato
al paragrafo 6. Lo riprendiamo ora, portandolo alla sua soluzione.
Già abbiamo risolto il problema per la serie dei cinque T.D. nell’ambito dell’ideoprassi
dinontorganica, giungendo a questa conclusione: il T.D. sintetico nell’ambito dell’ideoprassi
dinontorganica consiste nel T.D. sintetico della dinontorganicità, che dà luogo alle sue quattro
valenze trascendentali, articolandosi nei quattro T.D. ideoprassici analitici.
Lo stesso problema va posto per gli altri due Assoluti ontologico-dinamici: metafisico e religioso.
Anche da essi sgorga la serie dei cinque T.D., che ovviamente non saranno più “ideoprassici”, ma
metafisici e religiosi. E il primo T.D. di queste due altre serie sarà esso pure un T.D. sintetico: il
T.D. sintetico “metafisico” e il T.D. sintetico “religioso”.
In che cosa consistono? Come andranno chiamati?
Ormai, al punto in cui siamo, la risposta alle due domande non è difficile. Consisteranno
rispettivamente nel T.D. sintetico metafisico e nel T.D. sintetico religioso. E, in base al loro
contenuto, si chiameranno rispettivamente: T.D. sintetico metafisico della dinontorganicità e T.D.
sintetico religioso della dinontorganicità.
Eccoci giunti alla conclusione. Tirando le somme, constatiamo che il contenuto del T.D. sintetico
nel triplice ordine – metafisico, religioso e ideologico – viene sempre espresso dalla
dinontorganicità la quale viene così ad articolarsi in dinontorganicità metafisica, dinontorganicità
religiosa e dinontorganicità ideologica.
9 – FISIOLOGIA E BIOLOGIA DEI T.D.
Finora abbiamo fatto solo un po’ di anatomia dei T.D., per quanto riguarda l’ideologia
dinontorganica. Ora dobbiamo passare alla fisiologia, che insieme alla biologia è la parte più vitale
dei T.D. Qui c’è vita, e la vita si esprime nell’azione. Per stare al doppio paragone, diremo che la
fisiologia riguarda direttamente i T.D. ideoprassici. E di essi abbiamo già detto che rappresentano
un meccanismo operativo straordinario.
Ora invece dobbiamo dire qualcosa sui T.D. metafisici e religiosi, che l’ideologia dinontorganica
non solo non elimina, ma postula. Stando al paragone, entriamo così in “biologia”.
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Quale sarà dunque il rapporto tra i T.D. ideoprassici e i T.D. metafisici e religiosi?
È questo rapporto che rappresenta la chiave “biologica” che cerchiamo.
Il segreto della “vita” dei T.D. ideoprassici, emananti dall’Assoluto ontologico-dinamico
ideoprassico, sta nei T.D. religiosi, e più radicalmente nei T.D. metafisici. Togliete questi e ci
troveremo su una piattaforma ateo-materialista, come l’ideoprassi laicista liberalcapitalista e
l’ideoprassi marxista socialcomunista, con i loro rispettivi T.D. ideoprassici ateo-materialisti.
Fra i tre ordini di T.D. – metafisico, religioso e ideoprassico – viene a stabilirsi, in sede di
ideoprassi dinontorganica un rapporto di convergenza, di solidarietà, di appoggio reciproco, che dà
luogo ad un intero sistema di T.D. in senso orizzontale e verticale davvero imbattibile.
Si rimane stupiti a scoprire come un tale sistema non sia nemmeno avvertito. La colpa risiede nel
nostro tipo di cultura, dominato da vecchie categorie mentali del tutto inadeguate alla problematica
di oggi, qual è quella delle ideoprassi e della stessa teoria dei T.D. È il caso di dire e ripetere che,
culturalmente, il mondo cattolico oggi abbisogna di una “rivoluzione culturale dinontorganica” in
tutti i campi: metafisico, religioso e ideologico.
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II
IDEOPRASSI LAICISTA LIBERALCAPITALISTA E T.D.
1 – IL “MONISMO CULTURALE” DELL’IDEOLOGIA
LAICISTA LIBERALCAPITALISTA
Abbiamo concluso il confronto tra l’ideologia dinontorganica e i rispettivi T.D. ideoprassici con
queste parole:”il mondo cattolico oggi abbisogna di una rivoluzione culturale dinontorganica in tutti
i campi: metafisico, religioso e ideologico”, al cui centro si pone la teoria dei T.D. nella sua triplice
articolazione dei T.D. metafisici, religiosi e ideologici.
Il confronto si è mantenuto su un alto livello, non privo di difficoltà, sia per il linguaggio tecnico,
sia per la stessa natura dell’argomento, paragonabile a quello della matematica superiore. E ciò,
senza mai scendere al concreto empirico delle cose trattate, perché scendere al concreto empirico
era già un evadere dallo specifico impegno della trattazione.
Siamo ora all’ideologia laicista liberalcapitalista, da confrontarsi essa pure con i T.D. Il primo
rilievo che si deve fare, ponendoci sul livello richiesto dai T.D., è quello sul “monismo culturale” di
detta ideologia.
Il monismo culturale ideoprassico assume un valore “ideologico” determinante, perché importa
una precisa “linea di teoria e prassi”, postulata dalla stessa impostazione della rispettiva ideologia.
Dalla quale impostazione, al massimo livello, ossia a livello “trascendentale”, non è più possibile
uscire, a meno di cambiare ideologia, dando luogo a un sistema diverso di T.D.
Il monismo culturale dell’ideologia in esame è quello “ateo-materialista”, da specificarsi ben bene
in “monismo culturale ateo-materialista ideoprassico”. Esso si contrappone al totalismo culturale
dell’ideologia dinontorganica, che si verifica già sul terreno dei T.D.
Il “totalismo culturale”, a partire dai tre ordini di T.D. (ordine metafisico, religioso e ideologico),
mobilita, per la teoria e per la pratica, l’intero sistema dei T.D., che è trivalente (ad un tempo
metafisico, religioso e ideologico). E lo mobilita a livello dei T.D. che è il livello teorico-pratico
supremo.
Totalismo trivalente a livello trascendentale, quindi, ben diverso dal “pluralismo culturale”. Il
pluralismo, così in voga al giorno d’oggi, ha sempre e solo un valore fenomenico, e mai metafisico
realistico oggettivo, poiché la realtà ontologico-metafisica non può essere che una sola.
La verità ontologico-metafisica realistica oggettiva postula la totalità di se stessa. Postula, in una
parola, il totalismo ontologico-metafisico realistico oggettivo, negando ad un tempo sia il monismo
ateo-materialista (o panteista), sia il pluralismo fenomenico come negazione metafisica dell’essere.
2 – SENSO DEL “MONISMO CULTURALE IDEOPRASSICO”
Prescindiamo dalle complicazioni filosofiche del discorso, e domandiamoci qual è il senso, quali
sono le conseguenze del monismo culturale dell’ideologia laicista liberalcapitalista, che – non
dimentichiamolo – importa un monismo culturale ideoprassico.
Il senso di tale monismo è anzitutto “metafisico”. Esso spazza via l’intera realtà metafisica
(l’essere, l’uomo con la sua realtà spirituale, Dio, la Chiesa, la stessa realtà storica dinamica
secolare come il nuovo essere da interpretarsi con metodo metafisico realistico, come
dinontorganismo, ossia come organismo dinamico a valore ontologico).
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Tirando le somme, scompare tutto l’essere, rimane solo il fenomeno, che sgorga da una realtà
mutilata, ridotta ad una realtà ateo-materialista. Esiste anche una “fenomenologia spirituale”. Ma
l’ideologia laicista liberalcapitalista è legata alla rivoluzione industriale che rappresenta il trionfo
della materia, per cui viene interessata solo dalla fenomenologia della materia.
Interessarsi alla sola fenomenologia della materia ha determinato, nell’ideologia laicista
liberalcapitalista, una spinta per il progresso della scienza e della tecnologia al massimo possibile,
anche per potenziare la sua funzione ideoprassica, che consiste nel perseguire il massimo del
profitto e del potere economico. Di qui i progressi della scienza e della tecnologia che (non
possiamo negarlo) vanno attribuiti alla spinta dell’ideologia capitalista.
Ma scienza e tecnica, per loro natura, sono ambivalenti. E l’ideologia laicista liberalcapitalista
non solo non è in grado di rimediare a tale ambivalenza, ma , per i suoi scopi (= profitto e potere
economico), si sente spinta ad esaltarla.
Ne è seguito uno strano fenomeno: si è passati da un entusiasmo e da una fede quasi mitica o
mistica per la scienza e la tecnologia degli anni ’50 e ’60, ad uno scetticismo quasi pessimistico.
Falsi l’entusiasmo e la fede mistica, falso anche questo pessimismo. La soluzione che evita i due
estremi è solo possibile attraverso l’ideoprassi dinontorganica, come l’unica espressione della
sapienza umano-storica, la quale ha come proprio oggetto anche la scienza e la tecnologia.
Chiarito il senso del “monismo culturale ideoprassico” dell’ideologia laicista liberalcapitalista,
passiamo ora alle sue conseguenze. Teniamo presente che non si tratta solo di un “monismo
culturale”, ma di un “monismo culturale ideoprassico”. Questo porta con sé la forza dell’ideoprassi,
la quale riveste il ruolo addirittura di “Superagente”, scavalcando le persone singole e le singole
istituzioni non legate e non parte costitutiva della stessa ideologia laicista liberalcapitalista.
Tutte e tre le ideologie portano con sé la forza dell’ideoprassi e il ruolo di Superagente, il che
significa che scavalcano le persone, e la loro forza ideoprassica e il loro ruolo di Superagente non è
più legato alle persone. Ciò è molto importante per saper distinguere e valutare i “nuovi tempi”, al
di fuori di ogni illusione. Solo a questa condizione è possibile comprendere bene il senso del
“monismo culturale ideoprassico” dell’ideologia laicista liberalcapitalista, dandosi conto delle sue
conseguenze.
3 – CONSEGUENZE DEL MONISMO CULTURALE IDEOPRASSICO
Quanto al senso del monismo culturale dell’ideologia laicista liberalcapitalista, la cui prima
precisazione consiste nell’essere un “senso ateo-materialista”, nulla da eccepire. Ma non è ancora
sufficiente. Un tal senso assume solo il valore di una “precisazione generica”, ancora assai lontana
dalla sua precisazione specifica. Questa viene data dall’aggettivo “ideoprassico”: monismo culturale
ideoprassico.
È tale aggettivo che stabilisce la differenza tra il monismo culturale “semplicemente” ateomaterialista e il monismo culturale ateo-materialista ideoprassico. È da quest’ultimo che , in seno
all’ideologia laicista liberalcapitalista, nascono le conseguenze di cui qui dobbiamo occuparci, a
livello di T.D.
Sappiamo bene che l’ideologia laicista liberalcapitalista, oltre che dalla rivoluzione industriale, è
nata dal laicismo settecentesco, quello che ha preparato la Rivoluzione Francese. E dal laicismo
settecentesco, l’ideologia laicista liberalcapitalista non ha preso la “componente dinamica” (questa
l’ha presa dalla rivoluzione industriale), ma ha preso la componente ateo-materialista, traducendola
da componente soltanto “paraideologica” in componente ideoprassica vera e propria. Di qui il
monismo culturale ateo-materialista ideoprassico, che caratterizza l’ideologia laicista
liberalcapitalista. Di qui, ancora, le conseguenze nefaste di essa.
Qual è la differenza tra il “monismo culturale ateo-materialista” del laicismo settecentesco
“preideoprassico” e il monismo culturale ateo-materialista ideoprassico, che caratterizza
l’ideoprassi laicista liberalcapitalista di oggi?
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La differenza è questa: il laicismo classico, già ateo-materialista nella sua intima essenza, restava
un fatto personale, senza avere ancora a propria disposizione un “Superagente ideoprassico”;
mentre il susseguente monismo culturale ateo-materialista ideoprassico ce l’ha.
Essere “laicisti” – e dunque ateo-materialisti nel senso di professarsi scettici di fronte al “Dio
della Rivelazione” e alla realtà della Grazia – può essere una specie di moda da parte dei cosiddetti
“spiriti forti”. Ma, nonostante certe intemperanze, non si esce dal fatto puramente personale. La
“cultura” ha sempre portato con sé una sua componente ateo-materialista, ma senza demolire un
tipo di cultura (nel senso più pieno della parola) strettamente legata al fattore religioso e a un Essere
trascendente.
La situazione è mutata quando si è passati da un monismo culturale ateo-materialista di tipo
personale, a un monismo culturale ateo-materialista di tipo ideoprassico, fondato cioè sulla presenza
operante del Superagente ateo-materialista ideoprassico, coincidente con le due ideologie ateomaterialiste (capitalismo e marxismo).
Giunti a questo punto, è facile capire che il monismo culturale ateo-materialista a sfondo
puramente personale, caratteristico del laicismo, al più raggiunge il livello “paraideologico”. Il
laicismo settecentesco, infatti, di per sé è solo una paraideologia, restando completamente fuori
della teoria e della realtà dei T.D. Le due ideoprassi ateo-materialiste, invece, vi si immergono e
vivono di essi.
Ora, le conseguenze del monismo culturale ateo-materialista ideoprassico si pongono appunto a
livello dei T.D. e consistono soprattutto nei seguenti due fatti estremamente gravi. In primo luogo il
monismo culturale ateo-materialista ideoprassico scardina l’intero sistema dei T.D., eliminando i
T.D. metafisici in senso realistico-dinamico, ed eliminando di conseguenza i T.D. religiosi. Quelli ,
infatti, sono il fondamento di questi. La seconda conseguenza consiste nel fatto seguente: la doppia
eliminazione suddetta va a beneficio dei T.D. ideoprassici capitalisti (o marxisti), che sono gli unici
a sopravvivere e a venire potenziati fino ad assumere un valore culturalmente totalitario (anche in
regime democratico). Ciò dipende dalla natura dell’ideoprassi come Superagente, che agisce
automaticamente come una macchina montata sulle “cinque leve segrete che dominano il mondo”,
le quali corrispondono precisamente ai cinque T.D.
Se pertanto si tratta di una ideoprassi ateo-materialista, qual è l’ideoprassi laicista
liberalcapitalista, la macchina, dal punto di vista dei T.D. essendo montata in tal senso, agirà
“automaticamente” in tal senso, creando culturalmente e socialmente un ambiente ateo-materialista,
con le differenziazioni già note tra le due ideoprassi ateo-materialiste. Esse si riassumono
rispettivamente in questa doppia specificazione: materialismo ateo teorico e militante per
l’ideoprassi comunista e materialismo pratico non militante, per l’ideoprassi laicista
liberalcapitalista.
Questo secondo tipo di materialismo ateo che ci interessa in questo momento – ossia il
materialismo ateo laicista liberalcapitalista – porta con sé l’effetto pratico del secolarismo.
4 – EFFETTO PRATICO DEL SECOLARISMO
Ateismo e materialismo, a livello di T.D., sono fra loro inseparabili, perché nel contesto
dell’ideologia laicista liberalcapitalista, il posto di Dio come Assoluto ideologico primario viene
assunto dalla materia, attraverso la mediazione della rivoluzione industriale, della tecnologia, del
danaro come bene supremo, del profitto come suprema aspirazione e del potere economico.
Se così è, è logico che il materialismo produce l’ateismo e il materialismo ateo avrà come effetto
pratico il secolarismo. Forse è possibile afferrare il nesso di causa ed effetto tra i diversi fattori
accennati, fino allo sbocco nel secolarismo. Ma ciò che non è afferrabile, è il fatto che al fondo di
tutto stanno quelle “cinque leve segrete che dominano il mondo” e che hanno il potere di
trasformarlo radicalmente: cinque leve segrete che (ripetiamolo ancora una volta) corrispondono ai
cinque T.D., i quali, nel caso dell’ideoprassi laicista liberalcapitalista, sono anch’essi ateomaterialisti, sfociando nel secolarismo.
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Che cos’è, infatti, il secolarismo?
È nient’altro che un modo di pensare, vivere ed agire in termini ateo-materialisti.
Immersi in una realtà ideoprassica, qual è quella dell’ideoprassi laicista liberalcapitalista, che
come Superagente a livello di T.D. pensa, vive ed agisce in modo ateo-materialista, è quasi
impossibile non essere contagiati dal secolarismo, sia come individui, che come istituzioni, per cui
la degradazione delle coscienze individuali e dello stesso ambiente sociale diventa inevitabile.
Oggi non esiste solo la degradazione dell’ambiente fisico, ma anche dell’ambiente spirituale
(nell’intimo delle anime) e dello stesso ambiente sociale (nelle istituzioni e nelle strutture della
società).
Prescindiamo dalla degradazione dell’ambiente fisico e riferiamoci alla seconda “degradazione”,
che va appunto sotto il nome di secolarismo. Avremo sottomano il disastro provocato
dall’operatività trascendentale dell’ideoprassi laicista liberalcapitalista ateo-materialista, assai
peggiore dei disastri derivanti dalla degradazione dell’ambiente fisico.
5 – LA NUOVA SOLUZIONE
Bisogna partire dal dover essere della società, come realtà umano-storica, vista in rapporto a Dio e
all’uomo, ossia in rapporto alla religione e alle cose semplicemente umane. La religione tende a
invadere le cose umane e le cose umane tendono a rendersi autonome dalla religione.
Sta di fatto, però, che religione e “cose umane” (= società civile) non possono viaggiare
separatamente. Coesistono e dovrebbero anche coagire di comune intesa. È il porsi la questione del
rapporto tra Fede e politica: questione sempre esistita, ma che, storicamente porta con sé una doppia
soluzione: la soluzione sacrale e la soluzione ideoprassica, che si illumina a livello di T.D.
La soluzione statico-sacrale del rapporto è stata accolta e vissuta spontaneamente nella vecchia
epoca storica statico-sacrale, conclusasi con la rivoluzione industriale. Ma era già entrata in crisi
prima (almeno in Europa) con il laicismo illuministico del ‘600-‘700.
Al giorno d’oggi siamo più o meno tutti convinti che la vecchia epoca storica statico-sacrale con
la rispettiva soluzione statico-sacrale del rapporto tra Fede e politica è tramontata per sempre.
È quindi necessario cercare una nuova soluzione che risponda a verità.
Il passaggio tra la vecchia epoca storica statico-sacrale e la nuova epoca storica dinamica secolare
è un passaggio assai difficile, il quale coinvolge un’intera “rivoluzione culturale” in tutti i campi,
compresa la giusta soluzione del rapporto Fede e politica: una soluzione che vada bene per la Fede,
e anche per la “nuova realtà storica dinamica secolare”.
È un “passaggio epocale”, il quale non può concludersi dall’oggi al domani, per cui, oggi come
oggi, siamo ancora nel “periodo di transizione” e, dunque, di confusione.
Eppure la soluzione preme, postulando ovviamente la “soluzione giusta” la quale, a livello di
T.D., potrebbe appunto cominciare dal porre la questione dei T.D. in funzione di una metafisica
realistico-dinamica oggettiva.
Il problema della nuova soluzione del rapporto Fede e politica, posto nei suoi termini radicali
come effettivamente viene imposto dalla nuova realtà storica dinamica secolare e dalla nuova
situazione esistenziale della Fede nel mondo di oggi, torna a riproporre, in termini oggettivi, il
confronto tra la realtà oggettiva della religione e la realtà oggettiva dell’uomo, inteso come umanità,
realtà umano-storica, rappresentata da questa nuova realtà storica dinamica secolare.
A parte la soluzione del rispettivo problema, che va data non più in termini “statico-sacrali”, ma
“dinamico-secolari”, si ripresenta la situazione del Vecchio Testamento, nel quale è oggettivamente
presente l’intera umanità, che si trova alla presenza (anche se “inconscia”, non importa) di Dio
giudice misericordioso e salvatore.
Cambiano solo i termini della soluzione del nuovo rapporto tra Fede e politica, che non può più
essere la soluzione statico-sacrale.
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6 – SECOLARIZZAZIONE = SECOLARISMO
Come risulta dalla Premessa la teoria dei T.D. si pone in una triplice sede: in sede di Metafisica
realistico-dinamica; in sede religiosa (= teologia organico-dinamica della Chiesa); in sede
ideoprassica. Le due ideologie ateo-materialiste eliminano i T.D. metafisici e i T.D. religiosi. Non
restano che i T.D. ideologici o ideoprassici, come emanazione di un Assoluto ideologico ateomaterialista, sia per l’ideoprassi laicista liberalcapitalista, sia per l’ideoprassi marxista
socialcomunista.
Stando così le cose, per l’ideoprassi laicista ateo-materialista liberalcapitalista una
“secolarizzazione” che non sia secolarismo, non è possibile, perché sarà necessariamente indettata
da T.D. ateo-materialisti, permeando di materialismo ateo l’intera costruzione della nuova società,
in tutte e cinque le sue articolazioni trascendentali dinamiche (religiosità, educatività, moralità,
socialità, missionarietà).
La sociologia, che negli Stati Uniti ha avuto un enorme sviluppo negli anni ’50 e ’60, e dove il
fenomeno della secolarizzazione è emerso più precocemente, esaurendosi nella fenomenologia e
ignorando del tutto la metafisica, non ha mai distinto fra “secolarizzazione” e “secolarismo”. Con lo
strumento metafisico realistico-dinamico, e alla luce dei T.D., invece, è facile capire come la
secolarizzazione corre il pericolo di scivolare nel secolarismo.
Se viene imposta da T.D. ateo-materialisti, gli unici T.D.presenti e operanti sono quelli del
Superagente ideoprassico ateo-materialista liberalcapitalista, per cui la secolarizzazione non potrà
essere che secolarismo.
Distinguere tra secolarizzazione e secolarismo è una cosa un po’ sottile per la gente comune. Il
“criterio sociologico” non illumina al riguardo. E neppure il “criterio morale”, che può ridursi ad un
puro criterio quantitativo, consistente nel “non esagerare”. Ciò che decide non è il criterio etico, ma
il criterio ontologico. Anzi, il criterio ontologico-dinamico. Si tratta di giudicare due “universi”,
nella loro realtà oggettiva. Solo un mistico (per es. un san Francesco, o l’autore dei Salmi), nella sua
“soggettività di mistico” può vedere “religiosamente” e con ragione l’universo fisico, benché
l’universo fisico sia la tipica realtà profana, non religiosa. Mentre, oggettivamente parlando, solo la
realtà religiosa è realtà sacra, non traducibile in realtà “profana”. Ogni sua traduzione in realtà
profana non è secolarizzazione, ma è già secolarismo, indettato dai T.D. ateo-materialisti operanti
nella cultura e nelle strutture sociali.
7 – LAICITÀ = LAICISMO
Un discorso analogo, fatto a proposito della secolarizzazione, che oggi per una deprecabile
carenza culturale a livello di T.D. si traduce in secolarismo, va ripetuto per la laicità, che si traduce
in “laicismo”.
Per la laicità tradotta in laicismo, il campo di applicazione non è la realtà storica nel suo
complesso, che giustamente si divide in realtà storica religiosa e realtà storica secolare; ma è la
realtà politica, che nella nuova realtà storica dinamica secolare è tutta laica: realtà laica i partiti
(laici, ma non laicisti); realtà laica lo Stato (laico, ma non laicista); realtà laiche le strutture dello
Stato (laiche, ma non laiciste); realtà laica la stessa politica svolta dallo Stato e dai partiti (realtà
laica, ma non laicista).
La stessa contrapposizione dei due termini, nelle esemplificazioni fatte, marca abbastanza il senso
dei due termini contrapposti, ma non è sufficiente. Veniamo quindi ad una spiegazione più
approfondita, cominciando dai due termini.
Il termine “laicità” con l’aggettivo “laico”, riferito alla realtà laica come nelle espressioni
sopraelencate, importa una pura constatazione: si tratta di constatare una realtà che si pone come
laica, ossia non religiosa, non sacra, e neppure sacrale. I giudizi di valore (in senso etico,
paraideologico, o ideologico vero e proprio) rimangono del tutto assenti.
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L’aggettivo “laicista”, invece, porta sempre con sé un giudizio di valore: etico, paraideologico, o
ideoprassico. E quelli che si professano “laici”, qualificandosi come tali in funzione di un “giudizio
di valore”, rifiutano l’aggettivo “laicista” appunto perché assume un valore negativo, mentre per
essi tutto ciò che pensano, dicono, vivono e fanno ha un valore “positivo”.
È una posizione inaccettabile da parte nostra, per cui rivendichiamo l’opposizione tra “laico” e
“laicista”, “laicità” e “laicismo” e cerchiamo anche di giustificarla appellandoci ai giudizi di valore.
Nell’ambito della cosiddetta “cultura laica”, che nella realtà è laicista, i valori più negativi vengono
professati e promossi, come l’aborto, il divorzio, un costume anticristiano - quando non antiumano fino a professare e applaudire l’avvento della cosiddetta “società radicale”.
Ma non è tutto. Andiamo alle radici del male. E vi troveremo la paraideologia laicista a sfondo
ateo-materialista, che in Europa è stata assimilata appunto dall’ideologia laicista liberalcapitalista,
con la traduzione in materialismo ateo del suo ateismo materialista originario.
A questo punto, l’ateismo materialista del laicismo originario, di natura soltanto paraideologica, si
traduce in vero e proprio materialismo ateo ideoprassico, perdendo le sue connotazioni originali
(l’anticlericalismo per esempio) e operando come Superagente in funzione della costruzione di una
società ateo-materialista, finalizzata al benessere in un regime di libertà e democrazia politica, al di
fuori di ogni persecuzione religiosa o politico-religiosa (ciò che sarà poi la privativa dell’ideologia
marxista socialcomunista).
L’assenza della persecuzione religiosa violenta, tuttavia, non deve illudere. La demolizione della
coscienza cristiana e delle strutture societarie cristiane, da parte dell’ideoprassi laicista
liberalcapitalista dipende dal suo monismo culturale ideoprassico ateo-materialista operante per
mezzo dei T.D. ideoprassici ateo-materialisti che, nel loro insieme e attraverso i rispettivi settori,
creano una pressione “non-violenta”, alla quale è quasi impossibile resistere.
La laicità del partito politico oggi è cosa necessaria e anche doverosa. Laicità, ma non laicismo.
Anche don Sturzo ha fondato il Partito Popolare Italiano come “partito laico” – e non come partito
“confessionale” – creandosi a quei tempi non pochi nemici. Ma, guardando al futuro, aveva ragione
lui, perché il partito moderno non può essere che una realtà laica, indispensabile per combattere gli
altri partiti, che non sono solo laici, ma “laicisti”.
22
III
IDEOLOGIA MARXISTA SOCIALCOMUNISTA E T.D.
1 – I T.D. IDEOPRASSICI
Come risulta dalla Premessa, i T.D. ideoprassici non sono altro che la mobilitazione, a livello
supremo, del rispettivo Assoluto ideologico, che viene a coincidere con l’Assoluto ideologico
primario. Prescindiamo, per il momento, dall’Assoluto ideologico derivato che viene a coincidere
con il tipo di società che l’ideologia in questione costruisce.
Nel caso dell’ideologia laicista liberalcapitalista, la nuova società dinamica secolare viene
costruita come tale, ossia come società dinamica secolare, ma in edizione “secolarista”, come risulta
dal confronto fatto in precedenza. Nel caso dell’ideologia marxista socialcomunista (che è l’oggetto
dell’attuale confronto), la nuova società dinamica secolare viene costruita come “società socialista”,
primo passo per giungere alla “società comunista”. Nel caso dell’ideologia dinontorganica, invece,
la nuova società dinamica secolare si costruisce – dovrà costruirsi – come “società dinontorganica”.
Sono i tre Assoluti ideoprassici derivati (perché derivano dall’Assoluto ideologico primario), i
quali vengono a coincidere con la rispettiva società come tipo. I semplici “modelli” non hanno
valore di Assoluto ideologico derivato, ma rinviano al tipo, e cioè all’Assoluto ideologico derivato.
Ora, in questa nuova epoca storica dinamica secolare, nella quale le ideoprassi hanno sostituito la
religione come “fondamento e anima diretta” della nuova società dinamica secolare, le tre ideologie
si trovano esse stesse di fronte al problema del rapporto tra la nuova società dinamica secolare e la
religione. È lo stesso problema del rapporto tra Fede e politica, ma rovesciato.
Le ideologie si trovano dalla parte della nuova società dinamica secolare ed è logico che, per esse,
la questione si ponga non già in termini di Fede e politica, ma come rapporto tra la nuova società
dinamica secolare e la religione.
Anche se, materialmente, le due impostazioni si equivalgono, formalmente creano una prospettiva
affatto diversa. Consumano il passaggio dalla vecchia epoca storica statico-sacrale alla nuova epoca
storica dinamica secolare, e traducono il problema del rapporto tra Fede e politica da problema
“teologico” in problema “ideoprassico”.
Per la coscienza cristiana il problema “teologico” del rapporto tra Fede e politica sopravvive come
problema “etico”. Ma, ontologicamente, il problema non è più “teologico”, bensì ideoprassico. La
vecchia realtà storica “statico-sacrale”, che rappresentava il fondamento “ontologico” del problema
“teologico” del rapporto tra Fede e politica,è tramontato per sempre.
Alla vecchia realtà storica statico-sacrale è succeduta la nuova realtà storica dinamica secolare,
che ontologicamente pone il fondamento del “rapporto rovesciato” tra Fede e politica, traducendolo
da problema “teologico” in problema “ideoprassico”. E allora appare logico che il rapporto tra Fede
e politica, da problema teologico si rovesci in problema ideoprassico in questi termini: rapporto
ideoprassico tra la nuova società dinamica secolare e la religione.
La soluzione possibile non sarà che una di queste due: o il rifiuto della religione da parte delle
ideoprassi ateo-materialiste, o l’armonizzazione (non l’accettazione, che resta un termine”sacrale”)
con la religione da parte dell’ideoprassi il cui Assoluto ideologico primario è “teo-spiritualista”.
Quali siano le due ideoprassi con l’Assoluto ideologico primario ateo-materialista già lo
sappiamo: sono l’ideoprassi laicista liberalcapitalista e l’ideoprassi marxista socialcomunista. E
sappiamo pure come operano a livello supremo: operano come Superagente, per mezzo dei loro
cinque T.D. ideoprassici, i quali permeano la rispettiva ideoprassi tutta intera, come “anima” palese
o nascosta, che contamina qualsiasi cosa tocchi.
23
2 – IL MODO DIVERSO DI OPERARE DEI T.D. IDEOPRASSICI
L’attuale nostro confronto verte sui T.D. ideoprassici, operanti nell’ideologia marxista
socialcomunista. Essi operano in modo diverso dai T.D. ideoprassici nel contesto dell’ideologia
laicista liberalcapitalista. Il perché della differenza va ricercato nella diversa natura dei due Assoluti
ideologici, sia primario che derivato.
Vediamo tale differenza, che spiega anche il modo diverso di operare dei rispettivi T.D.
ideoprassici. Ci riferiamo direttamente all’ideologia marxista socialcomunista, perché questo è il
tema del nostro attuale confronto. Cominciamo dall’Assoluto ideologico primario dell’ideologia
marxista socialcomunista.
Esso è ateo-materialista. E lo è non filosoficamente, o “teologicamente”, o “pragmaticamente”
(come il materialismo ateo del capitalismo americano). Lo è ontologicamente e dogmaticamente.
“Ontologicamente”, perché il materialismo ateo è lo stesso elemento costitutivo dell’ideoprassi
marxista socialcomunista il quale, in detta ideoprassi, assume il ruolo di Assoluto ideoprassico
primario, sostituendosi a Dio Creatore; “dogmaticamente”, perché “ideoprassicamente” assume il
ruolo di un dogma indiscutibile.
Se crolla il “dogma” dell’ateismo materialista, crolla la stessa ideoprassi marxista. Come la
separazione dell’anima dal corpo è la morte dell’uomo, così la separazione del materialismo ateo
dall’ideoprassi marxista è la morte di questa.
Per l’ideoprassi marxista, pertanto, l’ateismo materialista si pone all’inizio, come Assoluto
ideologico primario, causa di tutto il resto. È la differenza più notevole con il materialismo ateo
dell’ideoprassi laicista liberalcapitalista, il quale arriva per ultimo, come effetto del “pragmatismo
materialista” della rispettiva ideologia.
Ciò importa tutta una serie di altre conseguenze, per cui i due materialismi atei dell’ideoprassi
capitalista e dell’ideoprassi marxista, anche se materialmente si equivalgono, formalmente si
pongono come due realtà diverse e producono due realtà diverse. Vediamone le conseguenze.
3 – CONSEGUENZE DEI DUE TIPI DI MATERIALISMO ATEO
L’ideoprassi marxista socialcomunista nasce dall’ateismo materialista, posto ontologicamente e
dogmaticamente come Assoluto ideologico primario di essa, come inviolabile punto di partenza
dell’intero sistema comunista, e dunque come fonte, fondamento, causa e anima di tutto il resto.
Un tal tipo di ateismo materialista, che rappresenta l’intima sostanza dell’ideoprassi marxista, la
mobilita, e da essa viene mobilitato, traducendosi in “ateismo materialista ideoprassicamente
militante”. Ed è quanto di più “diabolico” si possa immaginare.
È qui dove emerge la differenza più notevole tra l’ateismo materialista dell’ideoprassi laicista
liberalcapitalista e l’ateismo materialista dell’ideoprassi marxista socialcomunista. E poiché i “T.D.
ideoprassici” emanano dal rispettivo Assoluto ideologico primario, lo mobilitano e operano in
funzione di esso, le differenze si moltiplicano ed emergono soprattutto a livello di Assoluto
ideologico derivato, ossia di tipo di società.
Il tipo di società capitalista, infatti, implica i valori di libertà e democrazia. Una società laicista
liberalcapitalista, coerente con la sua matrice ideoprassica, non può essere che una società libera e
democratica, due valori ereditati dall’illuminismo settecentesco ed assimilati come elementi
ideoprassici costitutivi di se stessa. Una società marxista socialcomunista, invece, non può essere
che una società “totalitaria”, e dunque priva di libertà politiche e di democrazia politica.
Si noti bene: sono i rispettivi Assoluti ideologici primari che impongono il diverso tipo di società
e cioè di Assoluto ideologico derivato. In che modo? Qual è il nesso tra i due Assoluti? Ecco la
risposta: il dato di fatto, su cui si costruiscono e poi operano le due ideoprassi, marxista e
capitalista, è il seguente.
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Il marxismo parte dall’ateismo materialista come proprio Assoluto ideologico primario, tenendo
presente che, ideoprassicamente, i due termini si implicano a vicenda e, in concreto, si identificano.
L’ateismo è plausibile se esiste la sola materia. È questo il dogma metafisico fondamentale
dell’ideoprassi marxista, non provato ma “postulato” in modo irrinunciabile dalla stessa ideoprassi
marxista socialcomunista.
Sul piano dell’Assoluto ideologico derivato, e cioè a livello di tipo di società, ne deriva che la
“società socialista” – e a fortiori la “società comunista” – dovrà prima di tutto e soprattutto
rivendicare e tutelare il dogma fondamentale del suo Assoluto ideologico primario, che consiste
appunto nell’ateismo materialista, non in un senso qualsiasi (come sarebbe quello di un doppio
errore “filosofico”), ma come la verità ideoprassica e ideoprassicamente “postulata”, su cui poggia
l’intera costruzione comunista a livello mondiale. Si tolga l’Assoluto ideoprassico ateo-materialista
su cui poggia l’intera costruzione comunista e, nel giro di una generazione, del comunismo sulla
faccia della terra non esisteranno più che i ruderi.
Di qui la fatalità della persecuzione religiosa nell’ambito della “società socialista”. È una
necessità che viene imposta dallo stesso Assoluto ideologico primario. La conditio sine qua non
della sopravvivenza del comunismo è la “eliminazione ideoprassica” di Dio e dell’anima spirituale
e immortale, facendo spazio alla sola materia.
L’ideoprassi laicista liberalcapitalista, invece, non parte dall’ateismo materialista, che per essa è
solo effetto del suo “pragmatismo materialista”, il suo punto d’arrivo. Ma parte dal dogma
illuministico della “persona umana autonoma e sovrana”, di cui fanno parte i “valori paraideologici”
della libertà e democrazia, che l’ideologia laicista liberalcapitalista ha assimilato ideoprassicamente.
Nessuna lotta antireligiosa quindi nella società liberalcapitalista, ma piena libertà democratica.
Ciò non significa che la religione e la pratica religiosa prosperino. Tutt’altro! Perché l’ambiente
ateo-materialista sul piano della vita vissuta, creato dall’ideoprassi laicista liberalcapitalista e
potenziato dai rispettivi T.D., è fatto apposta per tradurre l’attuale società dinamica secolare in
società dinamica “secolarista”. Il secolarismo, infatti, con “tanta incredulità”, è l’esito finale
dell’ateismo materialista pratico, in un clima di libertà e democrazia.
4 – COME OPERANO I T.D. DELL’IDEOPRASSI MARXISTA
SOCIALCOMUNISTA: L’ANTIRELIGIOSITÀ
Abbiamo detto (vedi paragrafo precedente) che i T.D. ideoprassici “emanano dal rispettivo Assoluto
ideologico primario, lo mobilitano e operano in funzione di esso”. Ora si tratta di vedere in concreto
come operano, come funzionano, come riescono a dominare intere nazioni, a “comunistizzare”
passo passo l’intero mondo, poiché l’ideoprassi marxista socialcomunista è “universalista”. Il suo
obiettivo è la conquista all’ideoprassi marxista socialcomunista dell’intero universo.
Si noti bene che il soggetto di questa immane operazione è costituito dai T.D. ideoprassici
marxisti. Sono essi che “armano” il Superagente ateo-materialista dell’ideoprassi marxista
socialcomunista . Lo armano non materialmente, ma “ideoprassicamente”. Vediamo dunque in
azione questi T.D.
Cominciamo col dividere i cinque T.D. in T.D. sintetico e in T.D. analitici che sono e rimangono
quelli soliti: i T.D. analitici della educatività, moralità, socialità e missionarietà. E teniamo ancora
presente che questi cinque T.D. coesistono, coagiscono, si compenetrano, si reciprocano, si
potenziano a vicenda.
Ne esce fuori una macchina potente, addirittura spaventosa, nell’ipotesi che i T.D. ideoprassici
fossero mobilitati solo per l’Assoluto ateo-materialista socialcomunista, nella totale assenza dei
T.D. metafisici, dei T.D. religiosi e dei T.D. ideoprassici dinontorganici. Questa purtroppo è la triste
realtà del presente.
Prendiamo ora in esame il T.D. sintetico. Anche qui la prima questione che si presenta è quella
della terminologia: non per i comunisti (che hanno già la loro terminologia, chiamata
Nomenklatura), ma per noi, per avere le idee chiare. Si tratta quindi di dare un nome appropriato,
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che richiami bene la lettera e lo spirito del T.D. sintetico dell’ideoprassi marxista socialcomunista.
Cominciamo da questo.
Lo chiameremo il T.D. sintetico ideoprassico ateo-materialista dell’ANTIRELIGIOSITÀ. Per
definizione, l’ANTIRELIGIOSITÀ per noi sarà il T.D. sintetico ateo-materialista ideoprassico
dell’ideoprassi marxista socialcomunista. Per il comunismo, infatti, l’aspirazione è cancellare la
religione, e con essa Dio e tutte le realtà trascendenti, dalla faccia della terra, facendo posto al solo
materialismo ateo.
È il dogma del materialismo dialettico, che fonda il materialismo storico, in cui propriamente
consiste l’ideoprassi marxista socialcomunista. Combinando assieme il materialismo dialettico e il
materialismo storico, si ha il famoso DIAMAT teorizzato da Stalin.
Il comunismo e con esso i partiti comunisti, si presentano con una compattezza, una fede, una
disciplina, che li fa apparire come una “chiesa”, ossia una “religione organizzata”. La Chiesa
cattolica, infatti, vista come puro fatto storico, si presenta come “religione cristiana organizzata”.
Ma attenzione all’inganno! Il comunismo e i partiti comunisti non sono “chiesa”, e dunque
“religione” sia pure in senso ateo e materialista. Sono esattamente il contrario: sono l’antireligione.
Lo sono in virtù del T.D. sintetico della loro ideoprassi, che è T.D. sintetico ideoprassico ateomaterialista dell’ANTIRELIGIOSITÀ.
Se così è, e lo è effettivamente, l’importante è non lasciarsi ingannare nonostante qualsiasi
apparenza in contrario. Se l’identità dell’ideoprassi marxista socialcomunista viene data dal T.D.
ideoprassico ateo-materialista dell’antireligiosità, nessuno può cambiarla. Tanto meno l’ideoprassi
marxista socialcomunista, che non ha affatto intenzione di suicidarsi.
Di “camuffarsi”, però, sì. E lo fa di continuo, ingannando oggi almeno la metà del genere umano.
Troppa gente continua ad illudersi sognando un “comunismo ideale” fatto di buone e incantatrici
“paraideologie” che nel contesto del comunismo, mai riusciranno a realizzarsi. È il “comunismo
utopistico” che ha sempre fallito di fronte al “comunismo reale”, il quale porta con sé la forza
dell’ideoprassi marxista socialcomunista e l’operatività dei T.D. ideoprassici socialcomunisti ateomaterialisti, a cominciare dal T.D. sintetico dell’antireligiosità.
Questo non sarà mai ripudiato o modificato, se non a scopi puramente tattici.
5 – IL T.D. SINTETICO DELL’ANTIRELIGIOSITÀ
E I RISPETTIVI T.D. ANALITICI
Il T.D. sintetico dell’antireligiosità opera attraverso i T.D. analitici i quali, ciascuno nel proprio
settore, riproducono il T.D. sintetico dell’antireligiosità.
Il primo T.D. analitico è quello dell’educatività, che pertanto viene mobilitato in funzione di
un’educazione antireligiosa ateo-materialista. Se si pensa che l’intera opera educativa, mobilitata in
tal senso da uno Stato comunista, viene messa in moto a cominciare dalla scuola materna, per
giungere fino all’università, passando attraverso le organizzazioni giovanili, i mass media,
“l’apostolato ateo-materialista”, è facile comprendere quale macchina educativa (o, per meglio dire,
antieducativa) spaventosa ne venga fuori.
Passiamo al secondo T.D. analitico, che è quello della moralità. Una morale fondata sull’ateismo
materialista ideoprassico, combinata con il T.D. sintetico dell’antireligiosità, di cui è una
riproduzione, non può essere che l’antitesi più radicale della morale evangelica cristiana e umana;
essa obbedisce a questo supremo principio etico: “è buono ciò che costruisce il comunismo; è
cattivo ciò che impedisce di costruirlo e lo combatte”.
Il terzo T.D. analitico è quello della socialità, che riproduce esso pure il T.D. sintetico
dell’antireligiosità. Sotto il profilo della socialità essa si traduce nella negazione della persona
umana, della sua libertà e di gran parte dei suoi diritti, spesso in un regime di repressione totalitario.
Il T.D. analitico della socialità richiama il famoso “socialismo reale” così diverso dal “socialismo
ideale” di marca utopistica, del tutto irrealizzabile.
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Il “socialismo reale”, attuato dall’opera instancabile dei cinque T.D. ideoprassici ateo-materialisti,
a cominciare dal T.D. sintetico dell’antireligiosità, per passare poi ai quattro T.D. analitici della
educatività, della moralità, della socialità e della missionarietà, che lo riproducono, viene a
coincidere con “l’inferno comunista”.
Un’ultima parola va detta sul T.D. analitico della missionarietà. Se il Vangelo avesse a
disposizione tanti “missionari” quanti ne ha l’ateismo materialista, il problema evangelico degli
“operai della messe” sarebbe automaticamente risolto. Siamo in due campi diversi. Di lì la
differenza. Ma, purtroppo, c’è anche un’altra differenza, che non dipende dalla “diversità dei
campi”. Ed è questa: nell’ambito comunista i cinque T.D. vengono mobilitati e resi operanti, per
cui, automaticamente, a partire dal T.D. sintetico dell’antireligiosità, attraverso la trafila dei T.D.
analitici, tutti si traducono in “missionari dell’ateismo materialista”.
METTIAMO IN MOTO L’INTERO SISTEMA DEI T.D. METAFISICI, RELIGIOSI E
IDEOPRASSICI DINONTORGANICI. E QUALCOSA IN MEGLIO CAMBIERÀ.
Il confronto dell’ideologia marxista socialcomunista con i T.D. si conclude con un bilancio assai
negativo. Possiamo riconfermare tale conclusione con questo rilievo: nell’area marxista
socialcomunista “ciò che è comunista, non è buono e ciò che è buono, non è comunista”.
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