FIGURAE RHETORICAE
Antiqui rhetores sub voce figurae proposuerunt atque ordinaverunt remedia ad suavitatem et
gratiam sermoni conferendam: ''vim rebus adiciunt et gratiam praestant'' (Quint. 9.1.2).
Non una est autem tradita definitio huiusmodi figurarum et troporum, quae in summa ita ordinari
ac definiri possunt.1
1. Figurae innixae potissimum in POSITIONE verborum2
anaphora est iteratio verbi in initio seriei syntagmatum: nihil urbis vigiliae, nihil timor populi, nihil
concursus bonorum omnium, nihil hic munitissimus habendi senatus locus, nihil horum ora voltusque
moverunt?
chiasmus est inversio ordinis verborum in partibus symmetricis syntagmatum proximorum: satis
eloquentiae, sapientiae parum - hic fratrem, propinquum ille, alius parentes lamentari
epiphora est iteratio verbi in fine seriei syntagmatum: a te quid accepi? a fratribus quid accepi? a
civibus cunctis quid accepi?
hyperbaton est translatio seu separatio vocis subordinatae ab ea a qua pendet: bonum habete animum Galli Mercurium omnium inventorem artium ferunt
hysteron proteron est inversio notionum quae logice vel re aliam successionem habent: moriamur et in
media arma ruamus
interrogatio interposita: Gratias agere debemus - quid plura? - vobis omnibus et singulis
parallelismus est eadem positio verborum in syntagmatibus: dente lupus, cornu taurus petit
2. Figurae innixae potissimum in SIGNIFICATIONE verborum
anacoluthon est abruptio iuncturae syntacticae: tu si te dei amant agere tuam rem occasio est
antithesis est ratio exprimendi oppositionem: vita brevis, ars longa
brachylogia est suppressio partium syntagmatum: quid me facere vis? Idem quod me vides
climax seu gradatio est positio verborum in ordine significationis crescentis vel decrescentis: neque
vero se populo solum, sed etiam senatui commisit, neque senatui modo, sed etiam publicis praesidiis et
armis, neque his tantum, verum etiam eius potestati cui senatus totam rem publicam, omnem Italiae
pubem, cuncta populi Romani arma commiserunt.
comparatio compendiaria est suppressio vocis in comparatione [it: paragone riassunto, accorciato]:
Plauti fabulas praefero Terenti - natura hominis a reliquis animantibus differt
ellipsis est omissio verbi facile ex contextu deducibilis: quanta tibi scientia!
hypallages est consociatio vocis cum alia quae proxime ponitur ei a qua pendet: fontium gelidae
perennitates - antiquos signorum ortus
pleonasmus est iteratio sententiae vel vocis iam expressae: postridie eius die - rursus reverti
zeugma est constructio duorum complementorum cum verbo quod tantum uni perfecte aptatur:
universos in contione laudat atque agit gratias - in castra impetum faciunt et diripiunt.
3. Figurae innixae potissimum in SONIS verborum
adnominatio seu paronomasia est positio proxima verborum sensus vel aetymologiae eiusdem: deligere
oportet quem velis diligere - mortali immortalitatem non arbitror esse contemnendam - pro rege, lege,
grege - non tam praeesse quam pordesse desidero [it: tradurre - tradire]
1 Figure retoriche sono particolari modi di esprimersi per dare evidenza ed enfasi al discorso, usando alcuni termini
invece di altri o con significato diverso da quello proprio. Si tratta di “schema” per l’arte del discorso.
2 Le Figure di PAROLA agiscono sulla forma e sono le più semplici, intervengono sulla parola senza relazione
sul significato: allitterazione, anafora, climax, iperbato, onomatopea, paronomasia, polisindeto, ripetizione.
allitteratio est iteratio eiusdem soni vel coarcevatio eorundem sonorum in initio verborum
proximorum: fortuna favet fortibus - vi victa vis - veni, vidi, vici
homeoteleuton est iteratio eiusdem soni vel coarcevatio eorundem sonorum in fine verborum
proximorum: non scripta, sed nata lex, quam non didicimus, accepimus, legimus
polyptoton: Dei gratia vobiscum sum, Deo gratias ago, Deus ipse ducat gregem suum.
4. Figurae innixae potissimum in TRANSLATIONE SIGNIFICATIONIS3
hendiades est coniunctio paratactica duorum verborum pro subordinatione: labore atque itinere
(=labore itineris)
hoxymoron est syntagma grammaticale verborum oppositorum: summum ius, summa iniuria
hyperboles est amplificatio rei significatae: procella velum adversa ferit fluctusque ad sidera tollit
ironia est tropus quo contraria dicuntur: lupe amabilis, qui semper agnos defendis!
litotes est tropus quo per formam negationis suavius aspera dicuntur: non raro - non ignorare
metaphora est substitutio vocis cum alia subintroducta post suppressam comparationem: incensus ira
metonymia est substitutio vocis cum alia quae usu eundem sensum habet: Mars (bellum)
ALLEGORIA dal greco allegorèin, “parlare diversamente”, è una figura retorica del discorso che, oltre al
significato letterale, presenta anche un significato più profondo, allusivo e nascosto. In sostanza un concetto
viene espresso attraverso un’immagine che rappresenta una realtà del tutto diversa: il destino umano viene
paragonato ad una nave che attraversa il mare in tempesta, la “Selva” dell’Inferno dantesco.
ALLITTERAZIONE è un procedimento stilistico, ricorrente soprattutto in poesia, che consiste nella ripetizione
delle stesse lettere (vocali, consonanti o sillabe), all’inizio oppure all’interno di due o più parole successive: il
pietoso pastore pianse al suo pianto (T. Tasso); sentivo un fru fru tra le fratte (G. Pascoli); e caddi come corpo
morto cade. (Dante, Inferno, Canto V, v 142); tra fresco mormorio d'alberi e fiori (G. Carducci, Visione, v 2).
ALLUSIONE è definita come il dire una cosa con l’intenzione di farne intendere un’altra, accennando in maniera
velata o insinuante chi (o che) non si vuole nominare apertamente.
AMPLIFICAZIONE = procedimento retorico che ha il fine di ingigantire o accentuare un argomento che di per
sé può anche essere insignificante. Viene usato nelle orazioni per colpire e nello stesso tempo deviare
l’attenzione del pubblico da elementi più importanti.
ANACOLUTO = figura sintattica consistente nel susseguirsi, in uno stesso periodo, di due diversi costrutti
(=strutture sintattiche, frasi, proposizioni), dei quali il primo rimane incompiuto.
Es.: quelli che muoiono, bisogna pregare Iddio per loro (A. Manzoni).
ANAFORA = dal greco anaforà, “ripetizione”. Figura retorica consistente nel ripetere la stessa parola o
espressione all’inizio di frasi o di parti di frasi, o di più versi consecutivi.
Es.: per me si va ne la città dolente, per me si va ne l‘etterno dolore, per me si va tra la perduta gente (Dante).
ANTITESI = dal greco antìthesis, “contrapposizione”. Figura retorica consistente nell’accostare due parole o
frasi di significato contrario.
Es.: presume di far tutto perché nulla sa fare (G. Leopardi); Vano error vi lusinga: poco vedete, et parvi
veder molto, ché 'n cor venale amor cercate o fede (F. Petrarca).
ANTONOMASIA = Figura retorica che consiste nel disegnare una persona o una cosa particolare, con il
nome comune invece che con il suo nome proprio, al fine di sottolinearne l’eccellenza.
Es.: dire “Il Poeta” invece che dire Dante; dire “Il Libro” anziché dire il Vangelo.
CLIMAX = dal greco climax, “scala”. Consiste in un discorso che sale (climax crescente) o scende (climax
decrescente), gradatamente di forza e intensità.
Es.: O mia stella, o fortuna, o fato, o morte (F. Petrarca); Palpita, sale, si gonfia, s'incurva, s'alluma,
propende (G. D'Annunzio); si riscosse, sorrise, si illuminò di gioia e proruppe in un entusiasmo incontenibile.
ELLISSI = dal greco elleipsis, “mancanza”. In una espressione o in una frase, omissione di una o più parole
che si possono intuire dal discorso.
Es.: usare “carro merci” per dire “carro adibito al trasporto di merci”.
ENFASI = dal greco emphainein “dimostrare”. Consiste nel mettere in particolare rilievo una parola,
3 Le Figure di PENSIERO agiscono sul significato: l’espressione viene trasferita dal significato proprio ad un
altro, si sostituisce il senso proprio con un senso figurato. Ogni combinazione inaspettata di concetti è una
figura di pensiero: allusione, antitesi, eufemismo, ironia, ossimoro, sineddoche.
un'espressione, una frase, oppure un intero discorso (parlato o scritto).
Es.: Lui, lui si è un amico!
ENUMERAZIONE = nella retorica classica, la parte conclusiva di un discorso nella quale le cose dette
vengono richiamate e riassunte ordinatamente.
EPANADIPLOSI = dal greco epanadiplosis, “raddoppiamento”. Figura retorica consistente nell'iniziare e
terminare un verso o una frase con la stessa parola.
Es.: È giunto il fin de’ lunghi dubbi, è giunto (A. Manzoni); il poco è molto a chi non ha che poco (G.
Pascoli).
EPIFORA = figura retorica che consiste nel ripetere una parola che ricorre al principio di una frase, di un
verso o di una serie di versi, alla fine di essi.
Es.: Il bimbo dorme e sogna rami d’oro, gli alberi d’oro, le foreste d’oro (G. Pascoli).
EUFEMISMO = dal greco euphemismo, “parola di buon augurio”. Procedimento espressivo molto comune
anche nel linguaggio corrente, che consiste nel sostituire parole o espressioni troppo crude, realistiche o
irriguardose, con altre di tono più attenuato.
Es.: usare il verbo “andarsene” al posto di “morire”; Quando rispuosi, cominciai: - Oh lasso, quanti dolci
pensier, quanto disio menò costoro al doloroso passo! (Dante, Inferno, V, vv.112-114). In questo caso
“doloroso passo” viene usato al posto di “dannazione eterna”.
IPERBATO = rottura e inversione dell'ordine naturale delle parole di una frase, per ottenere particolari
effetti di espressività.
Es.: e bella e santa, fanno i peregrin la terra (U. Foscolo).
IPERBOLE = figura retorica che consiste nell’esagerare (per difetto o per eccesso), un concetto oltre il
verosimile.
Es.:arrivo in un lampo; ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale e ora che non ci sei è il
vuoto ad ogni gradino (E. Montale, Xenia II, 5, vv. 1-2); come sei più lontana della luna, ora che sale il giorno
e sulle pietre batte il piede dei cavalli (S. Quasimodo).
IPOTIPOSI = figura retorica che consiste nel descrivere una persona , un fatto o una situazione con viva
immediatezza, evidenza rappresentativa e concretezza di particolari.
Es.: come lion di tori entro una mandra, or salta a quello in tergo e gli scava, con le zanne la schiena, or
questo fianco addenta or quella coscia (G. Leopardi).
IRONIA = Consiste nell' affermare una cosa che è esattamente il contrario di ciò che si pensa, con intento
critico o derisorio; è un tipo di comunicazione che richiede nel lettore e nell'ascoltatore la capacità di cogliere
l'ambiguità sostanziale dell'enunciato.
Es.: vieni a veder la gente quanto s'ama! E se nulla di noi pietà ti move, a vergognarti vien della tua fama
(Dante, Purgatorio, VI, 115-117).
ITERAZIONE = in retorica, ripetizione di concetti o frasi con intenti stilistici.
LITOTE = figura retorica consistente nell’affermare un concetto negando il suo contrario.
Es.: dire “non è brutto”, non significa dire che è bellissimo; “Don Abbondio non era nato con un cuor di
leone”, dove s'intende che era poco coraggioso (Manzoni).
METAFORA (trasposizione trasferimento, spostamento, cambiamento) = consiste nel trasferire a un termine il
significato di un altro termine con cui ha un rapporto di verosimiglianza (=credibilità, logicità). In breve, è una
similitudine senza il termine di paragone. Es.: “Sei un dio” significa dire che sei bravissimo a fare qualcosa;
dire “sei un fulmine”, metaforicamente significa dire che sei veloce come un fulmine; stanno distruggendo i
polmoni del mondo, in cui "i polmoni del mondo" sta per "boschi”.
METONIMIA = figura retorica caratterizzata dalla sostituzione di un termine con un altro, che abbia col
primo un rapporto di contiguità (vicinanza, affinità, analogia): la causa per l’effetto, l’effetto per la causa, la
materia per l’oggetto, il contenente per il contenuto, lo strumento al posto della persona, l’astratto per il
concreto, il concreto per l’astratto, il simbolo per la cosa simbolizzata. Es.: possedere un Picasso; bere un
bicchiere. S’accendon le finestre ad una ad una (le finestre sono illuminate→la causa per l’effetto) come
tanti teatri. (V. Cardarelli, Sera di Liguria, vv 5-6); ma per le vie del borgo dal ribollir de’ tini (dal mosto
che bolle nei tini→il contenente per il contenuto) va l’aspro odor de i vini l’anime a rallegrar (G. Carducci,
San Martino, vv 5-8); lingua mortal non dice (un uomo→lo strumento al posto della persona) quel ch’io
sentiva in seno. (G. Leopardi, A Silvia, vv 26-27); porgea gli orecchi al suon della tua voce, ed alla man
veloce che percorrea la faticosa tela (faticoso lavoro→il concreto per l’astratto (G. Leopardi, A Silvia, vv 2022).
OMEOTELEUTO = nella retorica classica greca e latina, procedimento che consisteva nel far terminare allo
stesso modo (nel suono o nella metrica), le parti di un periodo simmetricamente contrapposte. Per estensione è
l’identità o somiglianza in uscita (omofonia = uguaglianza di suono) di parole o frasi.
Es.: finestra/canestra.
ONOMATOPEA = formazione di una parola che imiti un suono o che evochi attraverso suoni ciò che si
pronuncia. Es.: bau bau; gorgogliare; fruscio; din don; scroscia; schiocca ecc.
OSSIMORO = consiste nell’accostare nella medesima frase, due parole di significato opposto.
Es.: un morto vivente; Silvia, rimembri ancora quel tempo della tua vita mortale, quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi, e tu, lieta e pensosa, il limitare di gioventù salivi? (G. Leopardi, A Silvia,
vv. 1-6); Sentia nell'inno la dolcezza amara de' canti uditi da fanciullo;...(G. Giusti, Sant'Ambrogio, vv. 6566)
PARALLELISMO è la Figura sintattica che consiste nel disporre nello stesso ordine, gli elementi costitutivi di due
sintagmi (unità linguistiche) contigui: occhi azzurri, capelli biondi.
Figura retorica in cui si accosta una proprietà o un'azione tipica di un oggetto ad un altro, per esprimere
efficacemente la condizione o l'azione di quest'ultimo. A differenza della similitudine, il paragone fa uso di
costrutti quali "come...così..." o "quali...cotali...".
Si ha quando i membri di una frase sono disposti nel medesimo ordine di quelli della frase precedente. Es.:
“che troppo stanco sono / e troppo stanca sei”.
PARONOMASIA = figura retorica che consiste nell’accostare parole di suono uguale o molto simile, ma di
significato differente: il troppo stroppia; I’ fui per ritornar più volte volto (Dante, Inferno, Canto I, v 36);
PERIFRASI = giro di parole che si usa per spiegare meglio un concetto o per evitare di esprimerlo
chiaramente: dire “operatore ecologico” invece che “netturbino”; e quella parte onde prima è preso
nostro alimento (l’ombelico), all'un di lor trafisse (Dante, Inferno, XXV, vv 85-86).
POLISINDETO = tipo di coordinazione caratterizzato dalla ripetizione della medesima congiunzione.
Es.: e sempre corsi, e mai non giunsi il fine, e dimai cadrò (Carducci); Non altrimenti fan, di state, i cani or
col petto, or col piè, quando son morsi o da pulci o da mosche o da tafani (Dante, Inferno, XVII, 49-51).
RETICENZA = dal latino reticére, “tacere, sottacere”: consiste nell'interrompere e lasciare in sospeso per
timore, per riguardo o anche per calcolo una frase o una sola parola facendone però intuire la conclusione.
Frequente nel linguaggio comune: "Se non ubbidisci..."; "Smetti subito, se no...".
RIPETIZIONE = frase, parola o concetto, che si ripetono a breve distanza con noiosa insistenza. Viene
spesso usata per dare maggiore evidenza o calore al discorso.
Es.: via, via di qui! (esclamazione).
S’i’ fosse foco, ardere’ il mondo; s’i’ fosse vento, lo tempesterei; s’i’ fosse acqua, i’ l’annegherei; s’i’ fosse
Dio, mandereil en profondo...; (C. Angiolieri, S’i’ fosse foco).
SINEDDOCHE = Affine alla metonimia (per molti studiosi non esiste differenza tra le due figure retoriche),
consiste nello spostare il significato di una parola ad un’altra che abbia con la prima un rapporto di quantità.
Es.: si ha quando si usa la parte per il tutto (“vela” invece di “barca”), il tutto per la parte (sotto l’ali
dormono i “nidi” – da intendersi “gli uccellini”), il genere per la specie (la parola “mortale” per indicare
l’”uomo”), la specie per il genere (e quando ti corteggian liete le nubi estive e i “zeffiri” sereni – da
intendersi i “venti”), il singolare per il plurale e viceversa (nella poesia di Dante, Foscolo, si usano spesso
termini come “freddi” invece che “freddo”, “fami” invece che “fame”, “verso” invece che “versi”).
TAUTOLOGIA = forma viziosa del discorso costituita da una frase in cui il predicato non aggiunge altro a
quanto espresso già di per sé dal soggetto. Afferma cioè qualcosa che è ovvio.
Es.: quel poeta è autore di poesie.