L`APOSTROFE e LA PERSONIFICAZIONE Definizione: figura

FIGURE RETORICHE (le definizioni sono tratte dal sito Treccani.it)
L'APOSTROFE e LA PERSONIFICAZIONE
Definizione: figura retorica per la quale chi parla interrompe la forma espositiva del suo discorso
per rivolgere direttamente la parola a concetti personificati, a soggetti assenti o scomparsi, o anche
al lettore. Quando è accompagnata da toni violenti, ironia o sarcasmo, è detta invettiva. .
Esempio.
Giacomo Leopardi, ne Il sabato del villaggio, si rivolge ad un “garzoncello scherzoso” (v. 43)
proprio per metterlo in guardia sul drammatico crollo delle illusioni di gioventù (vv. 48-51: “Godi,
fanciullo mio; stato soave, | stagin lieta è cotesta. | Altro dirti non vo’; ma la tua festa | ch’anco tardi
a venir non ti sia grave”).
Questa figura retorica è collegata anche alla personificazione. Quest'ultima è una figura retorica che
consiste nell'attribuzione di comportamenti, pensieri, tratti (anche psicologici e comportamentali)
umani a qualcosa che umano non è.
Ecco alcuni esempi di personificazione:
1) Un esempio è tratto da Omero
L'Aurora dal letto, lasciando Titano glorioso,
balzò a portare luce agli immortali e ai mortali.
Ecco un esempio di apostrofe e personificazione insieme:
1) Da una poesia di Clemente Rebora:
Mai più io non ti vedo, stella mia.
La stella, che è un oggetto inanimato, viene non solo considerata un essere animato, ma a lei il
poeta si rivolge come se avesse dinanzi una persona.
2) Da una poesia di Giosue Carducci:
Bei cipressetti, cipressetti miei,
Fedeli amici di un tempo migliore,
Oh di che cuor con voi mi resterei.
Anche in questo caso il poeta non solo a considerato gli alberi (i cipressi) come delle persone, ma
ad essi si è rivolto come si fa con un essere animato.