Omelia 150 anni Addolorata
Dostoevskij, scriveva: «Un uomo colto, un europeo dei nostri giorni può
credere, credere proprio, alla divinità del figlio di Dio, Gesù Cristo?».
Questa è la domanda cui oggi la Parola di Dio ci sottopone.
È possibile credere in Gesù, non solo come a un uomo, un maestro…ma
come figlio di Dio, Dio stesso in mezzo a noi, senza perdere la ragione?
“Chi dice la gente che io sia? E voi?”
Questo…e voi….è il desiderio di Gesù di entrare in rapporto personale
con ciascuno di noi.
Non si accontenta delle risposte da manuale…il semplice sapere del
catechismo non gli basta.
Chi sono io per te? Quale spazio mi stai dedicando?
Da dove attingi il senso del bene e del male nella tua vita?
Papa Benedetto, nella sua prima enciclica affermava con coraggio:
“All'inizio dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande
idea, bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla
vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva.”
Mi è molto piaciuta un’espressione di Padre Raniero Cantalamessa, il
quale diceva: “il nostro è un cristianesimo senza Cristo! Come, direte,
senza Cristo, se non si fa che parlare e scrivere di Lui! Si, ma è un Cristo
impersonale, lontano, che non ci riguarda da vicino, un estraneo, anche
se notissimo. Un argomento più che una Persona viva e vera e un amico”.
Ecco oggi il vangelo ci vuole tirar fuori da questo limbo…da questo
cristianesimo senza Cristo.
E voi…chi dite che io sia?
Straordinaria è l’esperienza di san Paolo.
La cosa che mi colpisce è il senso di inadeguatezza che l’apostolo ha.
Riconosce che Cristo è venuto per i peccatori e il primo è lui stesso.
Non ci potrà essere incontro personale con Gesù se non passando anche
noi da qui. Se non riconoscendo che abbiamo bisogno di Lui. Senza di Lui
non possiamo fare niente.
Se non ci sentiamo un po’ rotti…non potremo aspettarci nulla da Dio.
È solo un cuore contrito e affranto il cuore che cerca Dio.
Chi lo cerca così saprà anche cercarlo poi nella gioia.
Oggi la nostra Comunità è in festa per i 150 anni della Chiesa
dell’Addolorata.
Fu posata la prima pietra nell’agosto del 1857 e il 16 settembre del 1861
veniva benedetta e vi si celebrava la prima santa Messa.
Il realizzatore fu il coadiutore dell’allora: don Vitaliano Rossi, che con
entusiasmo e intelligenza si diede un gran da fare per costruire questa
chiesa, soprattutto per i ragazzi e i giovani che gli erano stati affidati.
Don Vitaliano era giussanese e fu destinato a Giussano come prete
novello. È stato un personaggio di grande cultura, amante della nostra
storia locale.
Coinvolgendo tutti, dai benestanti ai più poveri, trovò le risorse necessarie
per la costruzione del nostro santuario.
Tutti i maggiorenni della Città si autotassarono. Fu regalata alla
Parrocchia parte del raccolto del grano di 2 anni. Le donne, lavoratrici di
seta, offrirono l’equivalente di una giornata del loro lavoro. Venti manovali
al giorno, volontari, si diedero da fare per la costruzione. Insomma una
cosa di Popolo.
Era necessaria per i nostri ragazzi. Era l’inizio di quello che noi oggi
chiamiamo Oratorio. E così rimase, fino al 1966, per più di un secolo, fino
alla costruzione dell’Oratorio dove oggi sorge il palatenda.
E a noi cosa insegna questo pezzo della nostra storia?
Anzitutto ci dice che l’attenzione ai nostri ragazzi e giovani ha radici
profonde nella nostra Parrocchia.
L’educazione cristiana della gioventù è sempre stata a cuore a sacerdoti
e laici. Riceviamo un’eredità di tanti sacrifici e di tanta passione educativa.
Siamo nel decennio che i nostri vescovi italiani hanno dedicato
all’emergenza educativa.
Nel documento programmatico di questo decennio, i nostri vescovi
scrivono: “Educare alla vita buona del Vangelo significa in primo luogo
farci discepoli del Signore Gesù, il Maestro che non cessa di educare a
una umanità nuova e piena. Egli parla sempre all’intelligenza e scalda il
cuore di coloro che si aprono a lui e accolgono la compagnia dei fratelli
per fare esperienza della bellezza del Vangelo. Annunciare Cristo, vero
Dio e vero uomo, significa portare a pienezza l’umanità e quindi seminare
cultura e civiltà.”
Di questo erano profondamente convinti i nostri vecchi.
Costruire una chiesa e in seguito i locali per il catechismo e lo svago dei
nostri ragazzi, insomma, costruire un luogo dove conoscere meglio Gesù,
significava, come ci hanno insegnato i nostri pastori, “portare a pienezza
l’umanità e quindi seminare cultura e civiltà.
Un secondo suggerimento lo ricavo da una bella storia legata a questo
nostro santuario: siamo nell’inverno a cavallo tra 1942 e il 1943, in quella
tragedia che fu la ritirata di Russia, nella sciagura ancora più grande che
fu la seconda guerra mondiale. Tra morti e dispersi, dopo 6 battaglie e
con una temperatura vicina ai 40 gradi sotto zero, gli italiani che non
tornarono più furono più di 150.000.
I pochi fortunati che rientrarono a casa dovettero fare quasi 350 km a
piedi in queste condizioni.
Tra loro la storia commuovente di 2 aviatori giussanesi: Andrea Maggioni
e Arienzo Vergani. Poco più che venitenni.
Rimasti appiedati trovarono in un piccolo villaggio russo una chiesetta
distrutta e una piccola campana ormai inutile.
La presero con loro e fecero voto all’Addolorata di Giussano, che se li
avesse portati fino a casa, l’avrebbero messa sul piccolo campanile del
loro oratorio. E così fu.
Provate ad immaginarvi. La neve, il freddo, i compagni morti…l’orrore
della guerra e loro con questa campana pesante sulle spalle. Forti del loro
voto.
È la campana che ancora oggi suona sull’Addolorata.
Una campana che ci parla di pace, di sacrificio, di eroismo, di sangue…
Festeggiare questi 150 anni, quindi, non è solo una commemorazione
formale.
Significa celebrare un pezzo della nostra storia. La grandezza di chi ci ha
preceduto.
Significa benedire Dio per un santuario che è frutto del sacrificio di tutti,
vera immagine della Chiesa, popolo di Dio, nella quale ciascuno di noi ha
un compito e un servizio da compiere.
150 anni. …come l’unità di’Italia.
Vergine Addolorata, tu che conosci bene il patire guarda con affetto al tuo
Popolo che oggi t’invoca.
Donaci la tua fede, il tuo cuore.
Insegnaci a seguire Gesù; a riconoscerlo come Signore, non nelle parole
vuote ma nella verità della nostra vita.
Amen