MALATTIE INFETTIVE 26/10/2006 Prof. Federico 15:30 - 17:30 SINDROME MENINGEA La scorsa lezione abbiamo iniziato a parlare dei segni e dei sintomi della sindrome meningea. Possiamo sospettare la meningite pur non avendo un quadro clinico molto completo, però, una volta che sospettiamo la presenza della meningite dobbiamo fare immediatamente degli accertamenti, senza rimandare. L’accertamento lo si fa esaminando il liquido cefalorachidiano mediante una rachicentesi, che si fa o in decubito seduto o in decubito sdraiato laterale (quest’ultima posizione si preferisce quando si suppone che ci possa essere un’ipertensione endocranica, in modo da evitare il pericolo di erniazione). ESAME DEL LIQUOR (rachicentesi) La rachicentesi si fa prendendo come repere sulle vertebre un punto che corrisponde alle ossa iliache. Si mettono sui fianchi del paziente le mani per vedere quali sono le creste iliache e all’incrocio si trova lo spazio intervertebrale più vicino, che corrisponde grosso modo allo spazio fra la terza e la quarta vertebra lombare. A questo punto si effettua una manovra delicatissima che va fatta in estrema asepsi, perché le infezioni liquorali che possono essere provocate sono gravissime (ad esempio la meningite iatrogena grave), anche perché il liquor è praticamente acellulare e dunque sono le scarse le cellule del sistema immunitario che potrebbero far fronte ad un’eventuale infezione. Il liquor normalmente in decubito assiso fuoriesce ad una pressione di 35-40 cm H20, mentre in decubito laterale a 15-20 cm H20. L’aspetto è limpido, incolore, completamente trasparente. La proteinorrachia (quantità di proteine) varia da 20 a 30 mg/dl. La glicorrachia (quantità di glucosio, parametro importantissimo da valutare) corrisponde al 6070% dei valori glicemici (40-70 mg/dl). Questo ci induce a controllare contemporaneamente la glicemia del paziente, poiché la glicorrachia è un valore relativo. Ciò significa che in un soggetto diabetico, che ha 300 di glicemia, non sarà preoccupante trovare una percentuale di glicorrachia del 90%. Il liquor è praticamente acellulare. Gli elementi cellulari (prevalentemente linfociti) sono 5/µl. ALTERAZIONI LIQUORALI In caso di meningite il liquor abitualmente fuoriesce ad una pressione maggiore. Infatti normalmente, quando si inserisce l’ago, il liquor esce a goccia, invece, in condizioni patologiche, ovvero quando la pressione aumenta, il liquor esce a getto. Inoltre bisogna fare uscire il liquido molto lentamente, evidentemente per non far calare bruscamente la pressione endoliquorale. Già l’aspetto del liquor ci fa distinguere due importanti gruppi di meningiti: a liquor torbido e a liquor limpido. Meningite a liquor torbido La proteinorrachia aumenta. La glicorrachia diminuisce potendo scendere anche al di sotto del 40% dei valori glicemici (il glucosio è dovuto al metabolismo batterico e al consumo da parte dei PMN neutrofili). Il rapporto fra il glucosio del liquor e il glucosio nel sangue è meno di 0,4, ma l’esame diretto del liquor ci evidenzia la positività durante la colorazione di gram in circa la metà dei casi, che cono dovuti ai batteri gram +. Il rapporto fra la glicorrachia e la glicemia è solitamente molto più basso perché la glicorrachia può essere anche non determinabile. La cellularità aumenta e questo spiega l’aspetto torbido (si tratta soprattutto di PMN che raggiungono valori dai 1000 agli 8000/mm³, di cui più dell’80% è costituito dai neutrofili, mentre il numero dei linfociti può sia aumentare, sia rimanere invariato). Eziologia: quando il liquor ha un aspetto torbido, nella quasi totalità dei casi si è di fronte a una meningite di tipo batterico, sia da batteri gram positivi che gram negativi. Le eccezioni sono costituite dalla meningite da M. Tubercolosis, da Brucella spp, da Leptospira, da Tr. Pallidum, da Leisteria Monocytogenes e da Salmonella spp. Tra queste di gran lunga le più importanti sono quelle da M. Tubercolosis e da Listeria Monocytogenes. Le meningiti a liquor torbido possono anche essere causate da Micoplasmi, da miceti del genere Candida e Mucor e da protozoi come Naegleria e Acanthamoeba. La pressione liquorale è aumentata (200-500 cm H20). L’esame diretto del liquor si effettua dopo colorazione di gram, e, se il paziente non è stato pretrattato con antibiotici, si riesce a individuare l’agente eziologico nel 60-90% dei casi, osservando sia dei cocchi gram +, che dei diplococchi gram – nei PMN che hanno forma di chicco di caffè. In tal caso pensiamo di essere di fronte a un meningococco. Attualmente vedere dei batteri nel liquor dà alta specificità alla diagnosi. Tuttavia ci sono dei test rapidi, che permettono di evidenziare antigeni: si tratta di test al lattice per evidenziare antigeni di N. Meningitidis (75%), di H.influenzae (95%) e di S.pneumoniae (67%). Tali test sono diventati di una grande utilità sia perché sono molto sensibili, sia perché, anche se il paziente è stato trattato con antibiotici, il test può rimanere positivo proprio perché va a ricercare gli antigeni che possono essere ancora presenti. Ovviamente il top è l’esame colturale che, oltre a essere dotato di grande sensibilità, ci dà anche la possibilità, attraverso la coltura del microrganismo isolato, di individuare la sensibilità del microrganismo agli antibiotici attraverso l’antibiogramma. Il suo handicap è che i risultati si hanno dopo 24-48 h, per cui la terapia, se si ha il sospetto di sindrome meningea, va iniziata ugualmente anche senza i risultati della coltura. NEISSERIA MENINGITIDIS Diplococco gram negativo. La patogenesi è svolta dall’endotossina liberata dal batterio. L’antigene polisaccaridico capsulare suddivide la classe della Neisseria in 13 sierotipi e l’antigene di membrana in 12 classi. Dei 13 sierotipi il B è responsabile del 51% delle infezioni ed è sporadico; i sierotipi A e C sono epidemici. Le epidemie avvengono ogni 3-6 anni. Il contagio è di tipo interumano attraverso goccioline di aerosol e i principali serbatoi sono i portatori sani (<5%). Qualora vi sia una prevalenza dei portatori sani superiore al 25% è più facile che si verifichi un’epidemia. Può essere contagiosa, ma le probabilità di contagio non sono così alte, anche se il panico si crea per la gravità della malattia. Tale meningococco è uno dei tre principali agenti eziologici di meningite ed è uno di quei batteri contro i quali la precocità dell’intervento influenza incisivamente la prognosi. La meningite da Neisseria può essere anche associata a un esantema petecchiale particolarmente frequente e all’herpes labialis (anche di origine pneumococcica). Nella sua forme fulminante è responsabile della Sindrome di Waterhouse-Friderichsen (rara, per necrosi massiva bilaterale delle ghiandole surrenali), che può portare a ipotensione e collasso. Tale meningite è più frequente in bambini e in giovani adulti (15-20%), colpisce maggiormente il sesso maschile e il sierogruppo B è il più frequente in Italia e provoca per lo più casi sporadici. Fra i fattori di rischio vi sono deficit del complemento (soprattutto C5 e C8). Si vede come la colonizzazione del naso può portare a un passaggio della mucosa per poi arrivare attraverso i vasi o la lamina cribrosa dell’etmoide allo spazio subaracnoideo. Ora mostra dei grafici con l’andamento delle epidemie da Neisseria in Italia, mettendo in evidenza dei picchi epidemici in corrispondenza delle due guerre mondiali, anche se dei casi di meningite ce ne sono tutti gli anni. Mostra anche un grafico dell’epidemia che si verificò nel New Hampshire e dell’andamento delle epidemie negli Stati Uniti. Sequele 1. Deficit del nervo oculomotore; 2. Deficit del nervo ottico e acustico; 3. Mortalità del 5-15% (diminuita con gli anni in Italia). Chemioprofilassi Per la meningite meningococcia c’è un numero telefonico sempre aperto per soggetti che sono stati in contatto con soggetti affetti da meningite. Se sono stati in contatto con persone affette da meningite pneumococcica non c’è da fare nulla perché non è contagiosa. Lo sono però le meningiti meningococciche e quelle da H. influenzae. In questo caso la raccomandazione è quella di fare la chemioprofilassi per i compagni di classe (se il caso è avvenuto in una scuola), per i conviventi e anche per il personale del reparto di malattie infettive, ma non per soggetti che non hanno avuto contatti stretti con il paziente affetto, anche perché il meningococco è labilissimo nell’aria. La chemioprofilassi si effettua entro 24 h dall’esposizione e consiste in: - Rifampicina (600 mg/os ogni 12 h per 2 giorni); - In alternativa ciprofloxacina per os (una cp da 500 mg una tantum); - Ceftriaxone intramuscolo (250 mg). Esiste anche la vaccinazione antimeningococcica attiva contro i sierotipi A, B e C indicata per i soggetti di meno di 3 anni. La vaccinazione è consigliata in particolar modo in quelle zone dove la meningite meningococcica è particolarmente frequente ed è indicata quando un viaggiatore va in zone endemiche per la malattia in questione. Il tipo di vaccino è quadrivalente (anti-A, C, Y e A 235) e si dà alle dosi di 0,5 ml per le zone interessate. La durata dell’immunità è sconosciuta ma sembra arrivare almeno a 2 o 3 anni. STREPTOCOCCUS PNEUMONIAE (in ordine di frequenza è il secondo tipo di meningite) Batterio gram positivo. Se ne conoscono 90 sierotipi. Il polisaccaride capsulare è un importante fattore di virulenza. Negli Stati Uniti sono stimati da 3000 a 6000 casi e la prognosi è peggiore di quella da meningococco (circa il 30%, che arriva all’80% nei soggetti anziani). Tale malattia colpisce prevalentemente l’anziano e dunque la mortalità è particolarmente elevata. Sequele neurologiche (particolarmente frequenti) 1. Sordità, specialmente nei bambini (15-30%); 2. Danno parenchimale (5-30%); 3. Paralisi (5-10%); 4. Epilessia (< 5%); 5. Cecità (< 5%); 6. Idrocefalo (2-3%); 7. Incuneamento (3-20%). Ci sono numerosi fattori predisponenti che possono indirizzare verso l’eziologia di meningite da pneumococco: un’otite, una sinusite, che costituiscono il punto di partenza per raggiungere le meningi da parte dello pneumococco. Fattori di rischio 1. Agammaglobulinemia; 2. Anemia falciforme, poiché provoca un’asplenia funzionale; 3. Leucemie, linfomi, mieloma multiplo; 4. Alcolismo; 5. Diabete mellito; 6. Insufficienza renale cronica; 7. Interventi neurochirurgici; 8. Deficit immunologici in generale. La meningite penumococcica è una patologia tipica dell’età medio-avanzata, a mortalità elevata, ed è probabilmente correlata con lo stato neurologico riscontrabile alla prima osservazione. La meningite pneumococcica dà un liquido particolarmente ricco di fibrina, quindi è frequente l’idrocefalo per ostruzione liquorale, spesso a livello dell’acquedotto di Silvio. Il vaccino è costituito dal coadiuvante di Freund e deve essere costituito da 23 polisaccaridi presenti sulla capsula di pneumococco. È indicata nei soggetti splenectomizzati. In genere è indicata nei bambini più piccoli di 4 mesi solo se affetti da anemia falciforme, negli adulti con più di 65 anni, nelle persone con più di 3 anni affette da malattie croniche, asplenia anatomica funzionale e nel soggetto sotto chemioterapia per linfomi e mielomi. Per i soggetti vaccinati da bambini bisogna prendere in considerazione una rivaccinazione se nel corso della loro vita vengono splenectomizzati, o sottoposti a una terapia immunosoppressiva, o se affetti da insufficienza renale cronica. Le principali controindicazioni alla vaccinazione sono le gravi reazioni allergiche alle componenti del vaccino o successive alla prima dose di vaccino. Meningite a liquor limpido Innanzitutto il liquor ad aspetto limpido può sia essere un liquor normale, sia essere segno di una meningite in corso. In quest’ultimo caso il parametro della glicorrachia sarà quello alterato. Tale alterazione può essere di due tipi, a cui evidentemente corrisponderanno due tipi di meningiti a liquor limpido: - a glicorrachia diminuita: l’agente eziologico più frequente è il M. tubercolosis, ma può essere determinata anche da Brucella spp, da Leptospira, da Tr. Pallidum, da Listeria Monocytogenes e da Salmonella spp. Così come da miceti come Histoplasma capsulatum (più rara in Europa), Criptococcus neoformans (soprattutto nel paziente con AIDS) e Coccidioides himmitis. - a glicorrachia normale o lievemente aumentata: l’agente eziologico più frequente è di origine virale, ma sono coinvolte anche Rickettsiae, Clamidiae e parassiti, come il Toxoplasma (molto raramente) e il Tripanosoma (che in Europa non esiste, ma è comune in Africa). In entrambi i casi le cellule sono aumentate (prevalentemente i linfociti), così come aumenta la proteinorrachia. L’esame diretto e colturale del liquor sono molto utili da un punto di vista epidemiologico, ma alquanto inutili da un punto di vista pratico e diagnostico. Basti pensare ad esempio al fatto che il risultato della coltura del M. tubercolosis può arrivare addirittura dopo un mese. Un’altra tecnica di grande rapidità e utilità è l’amplificazione del genoma mediante PCR, adottata solitamente per i virus erpetici, per gli Enterovirus (echo e coxsackie) e per il Cytomegalovirus. È inutile fare una coltura in agar sangue e in agar cioccolato per vedere i virus, a meno che il paziente non sia stato pretrattato. Un altro utile esame di laboratorio è l’esame emocromocitometrico, nonché la ripetizione di emocolture (2 o 3 volte) per vedere se l’agente eziologico si trova nel sangue. Sono utili anche gli Rx del torace che possono mettere in evidenza focolai polmonari, che sono spie di un’infezione meningea in corso. A questo punto mostra delle tac cerebrali con alterazioni di tipo meningeo, mettendo in evidenza la presenza di edema cerebrale, la compressione del parenchima cerebrale da parte del liquor e l’accentuazione delle meningi, che vengono contratte perdendo i loro normali contorni. La prognosi nelle forme virali e nelle altre meningiti sierose, come la Brucella e la Leptospira è quasi sempre benigna, non sempre lo è nelle forme batteriche, in quanto una meningite acuta batterica, essendo una vera urgenza, non sempre viene presa per tempo e anche il solo ritardo di qualche minuto può condizionare l’esito della prognosi. Sequele 1. Alterazioni dell’udito (15-30%); 2. Alterazioni dell’apprendimento (5-20%); 3. Deficit neurologici (5-10%); 4. Ernie cerebrali (3-20%); 5. Idrocefalo (3%), che in alcune meningiti (ad esempio le pneumococciche in cui il liquor è particolarmente ricco di bacillo tubercolare) è abbastanza frequente e necessita spesso di intervento neurochirurgico; 6. Alterazioni della vista (<5%); 7. Convulsioni (<5%). MICOBACTERIUM TUBERCOLOSIS La localizzazione cerebrale è secondaria a focolai preesistenti, da cui il bacillo si diffonde per via ematica. L’incidenza è in aumento. È più frequente nei bambini e nei giovani. L’infezione da HIV è un fattore di rischio. La meningite tubercolare può essere o una manifestazione della tubercolosi primaria (prevalentemente nel bimbo piccolo, con andamento iperacuto e alta mortalità) o più frequentemente di una tubercolosi post primaria (soprattutto nell’adulto e con un andamento più subdolo). La sindrome meningea è spesso preceduta da un periodo prodromico più o meno lungo, caratterizzato da febbricola, astenia, anoressia, cambiamento dell’umore e del carattere. I segni meningei si possono instaurare più lentamente che nelle altre meningiti batteriche. La meningite tubercolare interessa la base del cervello, quindi porta all’interessamento dei nuclei dei nervi cranici, soprattutto del sesto paio (strabismo), mentre quella pneumococcica coinvolge prevalentemente la volta cranica e dunque le parti più alte del cervello. Questa meningite è spesso di difficile diagnosi perché non è clamorosamente acuta come le altre. Nell’adulto è una malattia subdola che compare lentamente: il paziente ha per mesi questa febbricola di cui non si capisce il motivo, lieve cefalea, ma non segni d’irritazione meningea. I segni meningei sono sfumati e compaiono lentamente. L’esame diretto e colturale possono essere positivi per M. tubercolosis, ma non sempre sono positivi. È necessario dunque affidarsi ai segni clinici precedenti di tipo tubercolari e ai segni radiologici polmonari di tubercolosi; una Mantoux positiva in un soggetto con meningite a liquor limpido e glicorrachia diminuita sono sufficienti per esprimere un alto sospetto diagnostico e iniziare la terapia. Fattori prognostici sfavorevoli sono l’età avanzata, una grave compromissione neurologica, l’incremento delle cellule e delle proteine nel liquor, un lungo intervallo fra quando sorge la sintomatologia e la diagnosi. La sintomatologia delle meningiti virali, qualunque sia il virus implicato, non ha elementi patognomici. Più che i sintomi meningei sono preminenti i sintomi d’interessamento del parenchima cerebrale: vomito, epilessia, emiparesi, confusione. Possono rientrare nelle diagnosi eziologiche ed epidemiologiche l’evidenza di un’infezione persistente o concomitante con caratteristica sintomatologia extrameningea: - La meningite associata a parotite epidemica: la sindrome meningea compare in genere dopo la tumefazione ghiandolare, ma può anche precederla o verificarsi senza le parotiti. La meningite si verifica frequentemente nella parotite epidemica (10-20% dei casi). - La meningite da Enterovirus associata ad esantemi soprattutto nel periodo estivo. I principali enterovirus responsabili di meningite sono l’Echovirus (da “enteric cytopatogen human orfan”, perché un tempo si conosceva questo virus, ma non era stato associato ancora a una malattia umana) e il Coxsackievirus. L’Echo è a prevalenza estiva e autunnale; i sierotipi più frequenti sono il 6 e il 9 e ad essi sono associate manifestazioni esantematiche; l’evoluzione è abitualmente benigna. Il Coxsackie è a prevalenza estiva e autunnale; i sierotipi coinvolti sono tutti i B e alcuni A; è più frequente nei soggetti immunodepressi e trapiantati di rene; la meningite è associata a faringite, esantema, congiuntivite, dolore addominale, pericardite e miocardite. La letalità da Coxsackie può arrivare al 10%. La diagnosi si fa attraverso l’esame microbiologico del liquor e gli esami sierologici. Il virus Herpes Simplex può provocare una meningoencefalite per l’infezione latente o in seguito all’infezione primaria. In questi casi la meningite può associarsi a volta all’herpes labiale (l’infezione primaria consiste in una gengivostomatite erpetica) o all’herpes genitale. L’encefalite erpetica è la più grave che ci sia fra le encefaliti (argomento che tratteremo più avanti) ed ha una prognosi pessima. Meningiti micotiche: l’agente eziologico più frequente è il Criptococcus neoformans. Tale fungo può causare meningiti a liquor limpido, encefaliti, o, raramente, falde focali dovute a ascessi o infezioni granulomatose. Si osserva in soggetti immunodepressi (soprattutto in soggetti Hiv positivi). La diagnosi si effettua attraverso l’osservazione di un liquor limpido e dell’antigene criptococcico. Funghi del genere Mucor, Candida e Aspergillo possono dare meningiti a liquor torbido che sono quasi sempre conseguenza d’infezioni generalizzate e si verificano in soggetti immunocompromessi. LISTERIA MONOCYTOGENES Principalmente causata dai sierotipi Ia, IIa, Ivb (80% dei casi). La mortalità è di circa il 30%. I fattori di rischio sono le età estreme, l’alcolismo, la cirrosi epatica, la terapia corticosteroidea, l’IRC, le malattie del collagene e la gravidanza al terzo trimestre. I segni clinici più frequenti sono convulsioni, atassia, alterazioni della personalità, tremori. Le principali complicanze: ascessi e paralisi. TERAPIA La terapia per le meningiti è asintomatica e volta o contro l’agente eziologico o contro l’ipertensione endocranica (con diuretici come il mannitolo, il glicerolo, il lasix). Terapia antibiotica empirica Bisogna considerare che non tutti i farmaci attraversano la barriera ematoencefalica. Dunque la terapia deve essere per via endovenosa, dal momento che esiste un gradiente fra i livelli ematici e i livelli liquorali di un antibiotico (tranne che per alcuni antibiotici): in questo modo vengono raggiunti livelli ematici alti di antibiotico, cosicché ci sia un modesto livello liquorale. Alcuni antibiotici passano sempre la barriera, altri la passano meglio a meningi infiammate, altri non la passano mai. Ovviamente l’antibiotico non deve essere tossico. La terapia va effettuata subito, senza aspettare i risultati della coltura e senza sapere l’agente eziologico. Dunque la terapia va fatta contro l’agente eziologico che riteniamo più probabile. La terapia varia a seconda dell’età e dello stato del soggetto: - <50 anni (prevalentemente meningite pneumococciche e meningococciche): ceftriaxone o cefotaxime (cefalosporine di terza generazione per gli pneumococchi penicillina resistenti) + ampicillina o penicillina (anche a dosi alte perchè non è tossico); - >50 anni (più probabilmente meningite da Listeria): ceftriaxone o cefotaxime + ampicillina o cotrimossazolo; - Deficit immunitario: ceftazidime + ampicillina (antibiotico anti Pseudomonas); - Interventi neurochirurgici/ derivazioni liquorali, trauma cranico “aperto”: ceftazidime (antibiotico ad ampio spettro contro i gram -) + vancomicina (per meningiti da Stafilococchi penicillina resistenti). Poi, una volta arrivato il risultato della coltura e una volta noto l’agente eziologico, possiamo cambiare la terapia. Terapia antibiotica eziologica - S. Pneumoniae penicillina sensibile: penicillina G o ampicillina; - S. Pneumoniae penicillina resistente: ceftriaxone + vancomicina e rifampicina; - S. β-emolitico: penicillina G o ampicillina; - H. influenzae: ceftriaxone o cefotaxime. Esiste anche il vaccino e, per i bambini, la profilassi con rifampicina; - N. meningitidis: penicillina G o ampicillina; - L. monocytogenes: penicillina G o ampicillina (+ aminoglicoside se PEN-R). Nel neonato è particolarmente frequente la meningite da E. coli. La cosa interessante è che la barriera ematoliquorale cambia a seconda dell’età. Mentre gli aminoglicosidi (gentamicina) nell’adulto non passano né a meningi integre né infiammate la barriera, nel bambino passano, per cui possono essere utilizzate nel neonato. Un argomento molto contestato è il ruolo della terapia cortisonica nella meningite. I cortisonici sono i più importanti farmaci antinfiammatori, però hanno un ruolo immunodepressivo, quindi gli infettivologi li hanno sempre guardati con molto sospetto, perché fanno passare la febbre, diminuiscono i sintomi, però hanno un ruolo proinfettivo, perché diminuiscono le difese immunitarie. Nelle malattie in cui l’infiammazione può essere di per sé una manifestazione pericolosissima si può discutere l’impiego di cortisonici. C’è un’efficacia confermata per le meningiti da H. influenzae e anche per le meningiti pneumococciche nell’infanzia e anche nell’adulto, se viene impiegata contemporaneamente o prima della terapia antibiotica. Nelle altre meningiti è piuttosto sconsigliato. Fra i cortisonici ricordiamo il desametazone (0.4 mg/kg ogni 12 h per pochi giorni). Caterina Neri