Lo Zibaldone di Leopardi

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Aperiodico on-line di attualità e cultura
reg. del tribunale di Potenza n° 363 del 3 luglio 2007
<<sez. Conoscere>>
Giovedì 30 Giugno 2011 "uscita n. 8"
lo Zibaldone di Leopardi
di M. Donata Di Stefano
1. Lo Zibaldone di pensieri pubblicato postumo nel 1898, a Firenze, per volontà di
Giosuè Carducci, presso la casa editrice Le Monnier è il testo leopardiano che
maggiormente si presta a molteplici riletture e interpretazioni. Qualsiasi testo
letterario, per sua natura, richiederebbe diverse chiavi di lettura e potrebbe essere
analizzato secondo i vari livelli nei quali la parola scritta si manifesta, proprio per la
straordinaria peculiarità della stessa di essere polisemica.
A causa della sua frammentarietà, quello dello Zibaldone, pur non essendo un testo
compiuto, a buon diritto può essere considerato testo letterario. Non rientra,
tuttavia, nella categoria del saggio perché le informazioni in esso contenute
riguardano i più disparati argomenti e sono disposte secondo un ordine casuale che
rispetta unicamente il decorso del tempo. Non rientra neanche nella categoria del
diario, perché le notazioni biografiche non costituiscono l’intero corpus dell’opera, né
nella categoria di “documento segreto”, perché i frequenti rinvii e la varietà dei
contenuti inducono a pensare ad una destinazione esterna. L’opera inaugura un nuovo
genere letterario, quello dello Zibaldone, appunto, cui Leopardi affidò, dal 1817 al
1832, e quasi giornalmente dal 1817 al 1827, note, appunti, riflessioni intorno ai più
disparati argomenti: osservazioni linguistiche, filologiche, letterarie, definizioni della
propria poetica e della propria filosofia. Pertanto, non a caso il testo porta il titolo di
Zibaldone, comparso per la prima volta in data 14 ottobre 1827, nella stesura del
proprio indice. Il termine sostituisce la formula di Pensieri di filosofia e bella
letteratura con cui l’opera verrà per la prima volta data alle stampe, per sottolineare
il carattere privato, e perciò provvisorio e caotico, delle sue meditazioni intorno ai più
svariati argomenti. La frammentarietà si spiega con l’intento di Leopardi di una
scrittura almeno non immediatamente destinata alle stampe e, nonostante essa,
l’opera presenta un interesse non indifferente. Lo Zibaldone, infatti, è il luogo di
nascita sia dei Canti sia delle Operette Morali; ma se nei Canti la poetica è espressa
in atto, nello Zibaldone Leopardi mostra la sua teoria estetica attraverso riflessioni di
filologia e teoria letteraria, se le Operette Morali esprimono in modo compiuto, sia
pure in forma fantastica, il pensiero filosofico, lo Zibaldone mostra il formarsi
quotidiano delle sue meditazioni, in un ordine provvisorio e caotico dei più svariati
argomenti. La sua scrittura, tuttavia, pur avendo il carattere dell’immediatezza, non
presenta un effetto stilistico inferiore a quello delle opere destinate alle stampe, che
sono il risultato di un labor limae, infatti il suo valore letterario, filosofico e poetico
non è per nulla inficiato dal carattere spontaneo della scrittura. Non sarà certo una
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forma non ben definita a depauperare l’opera della profondità delle riflessioni, delle
numerose immagini poetiche che nello Zibaldone hanno visto per la prima volta la luce.
2.Utilizzando una metafora tratta dalla multimedialità contemporanea, lo Zibaldone
potrebbe definirsi l’antesignano dell’ipertesto: è il primo testo, nella storia della
letteratura, a proporre una lettura non lineare, ma reticolare, sia pure mantenendo la
bidimensionalità della scrittura. Attraversando l’apparente caos esteriore, il lettore
costruisce un suo cosmos per mezzo di rimandi, notazioni che ricordano i links
dell’ipertesto. E’ un testo "tridimensionale", più esattamente è un insieme di blocchi o
frammenti testuali collegati fra loro secondo una rete di interconnessioni semantiche
non sequenziali. Come l’ipertesto anche lo Zibaldone potrebbe essere letto con un
sistema reticolare, fatto di associazioni, che ricorda il funzionamento della mente
umana. Un primo criterio di lettura e di interpretazione potrebbe consistere nel
leggere l’opera secondo il suo svolgersi cronologico e confrontare i singoli pensieri con
le opere maggiori e con gli eventi storico-letterari ad essi contemporanei. Questo
criterio ci è suggerito dallo stesso Leopardi che appone una data ad ogni singolo
pensiero, accanto ad un numero in neretto tra parentesi quadre, che indica la
numerazione delle singole pagine dell’autografo leopardiano. Molteplici sono le chiavi di
lettura di qualsiasi opera letteraria, a maggior ragione molteplici possono essere gli
aspetti da analizzare all’interno dello Zibaldone. Il lavoro del critico letterario non è
quello di esaminarli tutti, ma di soffermarsi su quelli inerenti la teoria linguisticoestetica cercando dei raffronti tra ciò che Leopardi afferma nello Zibaldone e ciò che
pubblica neiCanti, dopo aver indagato se l’autografo leopardiano sia un’opera filosofica
o poetica, se ne deduce che l’opera letteraria o filosofica non giunge quasi mai ad una
conclusione, ma dà degli spunti di riflessione che altrimenti rimarrebbero ignorati. Lo
Zibaldone potrebbe, in ogni caso infatti definirsi opera filosofica per il rigore delle
argomentazioni, ma anche poetica, per le numerose immagini trasferite, in seguito, nei
Canti. Si potrebbe affermare che lo Zibaldone di pensieri è, nel contempo, un testo
filosofico e letterario, intendendo con ciò non una contrapposizione, ma una
complementarietà. Il rapporto tra poesia e filosofia è stato un tema dominante
all’interno della riflessione leopardiana, anche se non unitario: in un primo momento
Leopardi non concepisce nessuna possibile conciliazione tra le due attività,
appartenendo la prima al campo dell’immaginazione creativa e la seconda a quello della
ragione scientifica, in un secondo momento, in seguito all’evolversi del suo pensiero
afferma: Malgrado quanto ho detto dell’insociabilità dell’odierna filosofia con la
poesia, gli spiriti veramente straordinari e sommi, i quali si ridono dei precetti, e delle
osservazioni (…) potranno vincere qualunque ostacolo,ed essere sommi filosofi moderni
poetando perfettamente. Ma questa cosa come vicina all’impossibile, non sarà che
rarissima e singolare.1 Questo pensiero non deve vedersi come contraddittorio
rispetto ai precedenti, infatti in esso si percepisce una diversa sfumatura tra le due
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Leopardi Zibaldone di Pensieri, a cura di Giuseppe Pacella, Garzanti 1991,1383 (24 Luglio 1821)
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attività somme dell’uomo: superando la teoria della inconciliabilità Leopardi innalza la
poesia ad un livello più elevato considerandola un’attività ai confini dell’ineffabile,
come un’arte che non ha bisogno di regole precise, propria di spiriti straordinari e
sommi. Il brevissimo pensiero citato può essere la chiave di volta per comprendere
tutta l’opera leopardiana.
3.Accanto ad un’analisi testuale dettata da una lettura oggettiva e letterale, leggendo
l’opera ad un livello più alto di astrazione, si percepisce che la scrittura dello
Zibaldone è essa stessa una scrittura poetica, nella scelta delle parole, nella ricchezza
di immagini, nelle emozioni che suscitano alcuni pensieri. E’ contemporaneamente
un’opera che parla di poesia ed è essa stessa poesia, soprattutto perché il compilatore
di questi appunti fu essenzialmente un poeta, per cui può accadere, come sostiene
Prete2 che preso dal punto di vista filosofico ti risponda da poeta, preso dal punto di
vista poetico ti risponda da filosofo. Disseminati nello Zibaldone, indicizzati dallo
stesso Leopardi, si possono leggere numerosi pensieri poetici, alcuni dei quali sono
espressi in versi, altri in prosa, altri ancora rimandano a concetti filosofici, a
conferma non solo della conciliabilità tra filosofia e poesia, ma anche di come sia
possibile essere poeti pur scrivendo in prosa. E’ lo stesso Leopardi che ci induce in
questa direzione quando afferma: (…) Ma in sostanza e per se stessa la poesia non è
legata al verso.(…)L’uomo potrebbe essere poeta caldissimo in prosa, senza veruna
sconvenienza assoluta: e quella prosa, che sarebbe poesia, potrebbe senza nessuna
sconvenienza assumere interissimamente il linguaggio, il modo e tutti i possibili
caratteri del poeta.[1696-1697] (14 settembre 1821). Per comprendere pienamente
il pensiero del Leopardi per ciò che riguarda i rapporti tra poesia e filosofia, bisogna
superare il giudizio riduttivo del Croce3 che essenzialmente consiste nel negare
validità del pensiero filosofico di Leopardi ai fini dell’arte. La posizione crociana,
riconoscendo valore poetico solo alla cosiddetta fase idillica, condizionò a lungo il
giudizio della critica fino ai principi degli anni cinquanta del novecento, quando si aprì
una nuova fase della critica leopardiana. Fondamentale è stato l’intervento di Binni nel
riconoscere in Leopardi un autore che non accetta né la via del primato della filosofia,
né quella del primato della poesia, ma le vede sullo stesso piano, come la sommità delle
attività umane, come le facoltà più affini tra loro.4 Dopo il sostanziale intervento di
Binni, sembra decaduta l’interpretazione di un Leopardi lirico distinto da un Leopardi
filosofo e non si riconosce validità artistica solo al momento idillico. Circa i rapporti
tra filosofia e poesia nello Zibaldone siamo sostanzialmente d’accordo con la più
recente critica leopardiana che vede nelle pagine zibaldoniane prendere forma un
sapere che si colloca alla frontiera tra poesia e filosofia, in cui esse dialogano e quasi
si ibridano in un legame misterioso.
4.Se è vero che lo Zibaldone va letto come testo autosufficiente, nella sua
particolarità e nella sua specifica unitarietà, diversa dalla compiutezza di un corpus
2
S. Natolo-A.Prete, Dialogo sul Leopardi,Bruno Mondatori, Milano 1998, p.26
Cfr.B.Croce Poesia antica e moderna, Laterza, Bari 1943
4
W.Binni La protesta di Leopardi ,Sansoni, Firenze 1977,p.96
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dottrinario di tipo accademico, è anche vero che un suo attraversamento in termini di
percorsi ci aiuta a comprendere l’articolazione del pensiero leopardiano. Un criterio
potrebbe essere quello di servirsi di lemmi e cercare di riunire in modo sistematico
ciò che è scritto un modo frammentario nella forma dell’appunto. Tra le molteplici
possibilità che interessano il critico letterario c’è l’opportunità di soffermarsi sui
pensieri inerenti una teoria linguistico-estetica, cercando dei raffronti tra ciò che
Leopardi afferma nello Zibaldone e ciò che pubblica nei Canti. Le osservazioni
filologiche, glottologiche e di storia della lingua, nello Zibaldone, per quanto complete
e degne di essere riunite in un immaginario trattato di semiotica, hanno un senso
soprattutto in riferimento alla teoria del linguaggio poetico. Se Leopardi infatti ci
parla di linguaggio, di pensiero, di termini scientifici e filosofici, lo fa per dare risalto
alle parole proprie del linguaggio poetico. Per queste ragioni, dopo aver innalzato la
lirica ad una dignità superiore, Leopardi dedica numerosi pensieri alle modalità di
realizzazione di un’opera poetica, quasi queste annotazioni rappresentino un promemoria contenente le regole da applicare, successivamente alla stesura dei Canti. Se
si confrontano, infatti, le date dei pensieri con le date di composizione dei Canti, si
potrebbe immaginare un Leopardi teorico della poesia nello Zibaldone, contemporaneo
ad un Leopardi poeta nei Canti, pur non mancando immagini poetiche espresse in prosa.
Leopardi giunge alla conclusione che il vago dell’immaginazione e l’indeterminato della
rappresentazione richiedono di necessità un linguaggio speciale, un lessico poetico
della stessa natura, che sia appunto vago, indeterminato, peregrino, come si evince da
numerosi passi dello Zibaldone. Significativo in tal senso è il pensiero [1900-1901]:
(…) Non solo l’eleganza, ma la nobiltà, la grandezza, tutte le qualità del linguaggio
poetico, anzi il linguaggio poetico esso stesso, consiste se ben l’osservi, in un modo di
parlare indefinito, o non ben finito, o sempre meno definito del parlare prosaico e
volgare(…).lo stesso effetto e la stessa natura si osserva in una prosa che senza
essere poetica, sia però sublime, elevata, magnifica, grandiloquente. La vera nobiltà
dello stile prosaico consiste essa pure costantemente in non so che d’indefinito(…) (12
ott.1821) Ciò comporta una particolare cura nella scelta lessicale, da parte del poeta,
proprio di quelle parole che contengono e suggeriscono idee vaste, indefinite, ricche di
risonanza. Lo stesso Leopardi, variamente disseminate nei suoi appunti, a partire dal
1821, ci fornisce un catalogo di queste parole poetiche, come ad esempio irrevocabile,
irremeabile, lontano, antico, notte, notturno, vago, antico, antichità, posteri, posterità
e simili……. Non è difficile cercare nei Canti quante volte Leopardi affidi a tali parole il
compito di evocare sentimenti poetici. Per attestare la reciprocità delle due opere, si
potrebbero compulsare i Canti e lo Zibaldone cercando parallelismi, e non sarebbe
un’eccezione leggere passi dello Zibaldone che forniscono un naturale commento ai
Canti.
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