ginsborg - Appunti di Scienze della Comunicazione

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STORIA CONTEMPORANEA
LA REALIZZAZIONE DELL’UNITA’ ITALIANA E LA VITTORIA POLITICA DI CAVOUR
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Dopo le repressioni del 1849 fino al 1857 (anno in cui si cerca di inaugurare un
nuovo corso politico), l’Italia ritorna sotto regimi autoritari.
Nel lombardo-veneto l’Austria si attiene a una linea di chiuso conservatorismo e di
controllo militare poliziesco. Il divorzio fra le classi sociali e il governo è più che mai
profondo.
Nello stato pontificio la reazione ha via libera. Papa Pio IX rinnega le “debolezze”
del 1848 e diventa l’erede dello spirito reazionario di Gregorio XVI e non tiene in
nessun conto i consigli di chi lo invitava a mantenere una parvenza di governo
civile.
Nel 1850 nasce la Civiltà Cattolica, rivista dai gesuiti, con il compito di difendere il
tradizionalismo cattolico.
Nel Regno delle Due Sicilie, Ferdinando II, liquidato il parlamentarismo, procede a
una reazione durissima isolando la monarchia dalla pubblica opinione intellettuale.
Il Piemonte sabaudo diventa sempre più il punto di raccolta e di riferimento della
parte più viva del movimento liberale nazionale.
PACE DI MILANO firmata con l’Austria 6 agosto 1849.
Il governo piemontese, presieduto da Massimo D’Azeglio, si trova a dover
affrontare ben presto un momento molto delicato sul piano dei rapporti fra stato e
Chiesa. La Chiesa, nel regno sabaudo, ha conservato privilegi ampissimi, per
questo, ora, il governo tenta di modificare una legislazione troppo favorevole al
Clero, troppo limitante, invece, per la corona e per la società civile laica.
Nel 1850 il ministro della giustizia è Giuseppe Siccardi. Il suo progetto di legge
(più restrittivo per la Chiesa) viene approvato dal Parlamento suscitando una forte
reazione negli ambienti clericali e alta tensione nei rapporti fra Piemonte e Santa
Sede.
Nell’ottobre del 1850 D’Azeglio chiama al ministero dell’agricoltura, commercio e
marina Camillo Benso detto Conte di Cavour (1810-61).
Nasce a Torino da famiglia di antica nobiltà. Avviato alla carriera delle armi, nel
1831 si dimette dopo essere stato punito per i suoi entusiasmi verso l’insurrezione
del luglio 1830 in Francia. Da qui inizia a compiere numerosi viaggi in Europa con
acuto interesse per lo sviluppo capitalistico moderno.
Nel 1848 inizia la sua vera attività politica: è eletto deputato e dirige un giornale
di orientamento liberale “il Risorgimento”.
Cavour viene notevolmente influenzato dal liberismo e liberalismo inglese e crede
in un inscindibile legame tra libertà politica e economia.
L’Italia ha bisogno di un mercato nazionale e il sistema migliore per raggiungere
questo obiettivo saranno le ferrovie. L’indipendenza nazionale, secondo Cavour,
non verrà da sogni astratti ma dal comune sviluppo economico.
Contrario alla democrazia e al suffragio universale, Cavour, si forma in un
orizzonte europeo: per la parte economico-sociale prende spunto dall’Inghilterra,
per la parte politica prende spunto dalla Francia. Il programma, dunque, con cui
Cavour si presenta alla ribalta può essere così sintetizzato:
 liberalismo moderato basato sullo sviluppo capitalistico
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blocco tra aristocrazia e borghesia fondato sul liberalismo e
parlamentarismo
 lotta alla democrazia
 indipendenza nazionale da raggiungere attraverso diverse fasi ( una
prima doveva
 portare all’unità dell’alta Italia, una seconda all’unità della penisola)
Nel 1850 riesce a concludere trattati commerciali tra Piemonte, Francia,
Inghilterra; Belgio e Austria ispirati a criteri liberalistici ma la sua personalità politica
va ancora più nettamente delineandosi nel corso di una battaglia parlamentare
condotta in difesa delle libertà di stampa. E’ in occasione di questa battaglia che
emerge l’avvicinamento politico tra le forze di centro destra (guidate da Cavour) e
di centro sinistra (guidate da Rattizzi).
Si tratta di quello che è passato alla storia come il “connubio”: un’alleanza politica
che isola la destra più conservatrice e l’estrema sinistra di orientamenti democratici.
Il Piemonte è pronto per una nuova direzione politica. Nel novembre del 1852,
caduto il ministero D’Azeglio a causa di un progetto di legge relativo al matrimonio
civile, Re Vittorio Emanuele II incarica Cavour di fondare un nuovo governo.
Mazzini riorganizza tra il 1850 e il 1852 una rete clandestina. Secondo il suo piano
strategico è necessario organizzare una nuova ondata insurrezionale partendo
dalla Lombardia per colpire l’Austria, riaccendere lo spirito nazionale italiano e
quindi estendere la lotta all’Italia centrale e meridionale.
Questo piano, però, non riesce. Nel lombardo veneto la rete Mazziniana è via via
decapitata dalla repressione austriaca.
Mazzini, però, ritiene di poter ritentare un’insurrezione a Milano il 06 febbraio
1853: è nuovamente un totale fallimento che porta a centinaia di arresti e 15
impiccagioni.
L’insuccesso determina una crisi profonda. Mazzini, accusato di avventurismo,
reagisce intensificando l’attivismo politico (fonda il Partito d’Azione). Ma le sconfitte
sono state troppe e troppo dure
Inizia cosi a delinearsi una scissione nel movimento democratico mazziniano: la
democrazia non avrebbe avuto avvenire se fosse restata avvolta nel formalismo
politico mazziniano senza dare al programma una base sociale la cui soluzione era
legata sulla questione agraria.
Direttrici fondamentali della politica di Cavour:
o Politica interna:
 Contenimento influenza della destra più conservatrice
 Limitazione dell’influenza del re nella vita politica
 Laicizzazione dello stato
 Sviluppo economico
 Consolidamento del libero scambio
o Politica estera:
 Inserimento del Piemonte nella politica di Inghilterra e Francia
 Alleanza militare con la Francia
 Primato piemontese sabaudo in Italia
 Opposizione all’Austria in vista della creazione di un Regno dell’alta
Italia.
Elezioni del dicembre 1853 danno forte maggioranza al centro, il che significa il
consolidamento di Cavour.
Cavour si trova a dover fronteggiare due problemi: 1) quale linea doveva tenere
il Piemonte di fronte alla guerra di Crimea 2) i rapporti tra stato e chiesa.
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Guerra di Crimea: Francia e Inghilterra cercano di attrarre l’Austria nella loro
alleanza anti-Russia. Dovevano anche rassicurare Vienna che il Piemonte non
avrebbe approfittato dell’impegno delle truppe austriache sul fronte russo per
effettuare un’azione contro il Lombardo- Veneto. Per ciò fanno pressioni affinché
anche il Piemonte si allei nella guerra. (Piemonte partecipa alla guerra mentre
l’Austria si rifiuta. Per Francia e Inghilterra il vero alleato è il Piemonte)
Cavour accetta (gennaio 1855): Il 4 marzo viene dichiarata guerra alla Russia
Superato questo scoglio, Cavour si trova a dover fronteggiare una crisi politica
interna: Rattazzi vuole sopprimere gli ordini religiosi contemplativi e il
passaggio dei loro beni all’amministrazione dello stato.
Pace della guerra di Crimea: il congresso di pace, apertosi a Parigi nel febbraio
1856, vede Cavour ammesso alle trattative in condizione di parità rispetto alle altre
potenze.
Nascita della Società nazionale nel 1857: questo è un grande successo per
Cavour. Si tratta di un organismo politico volto a conseguire un’unità italiana,
accettazione della monarchia Sabauda come trait d’union tra i patrioti vicini a
Mazzini e il Piemonte.
La Società nazionale accresce enormemente il proprio prestigio con l’adesione di
Garibaldi.
Dopo l’attentato di Orsini a Napoleone III (gennaio 1858) quest’ultimo comincia
a considerare in modo diverso l’instabilità politica dell’Italia. Solo nel Piemonte vede
un forza responsabile non sovversiva.
Napoleone III: cacciare l’Austria dall’Italia, porre la Francia come protettrice della
nuova unità italiana e divenirne il nuovo punto di riferimento
Cavour capisce tutto ciò e ne approfitta della situazione: i due stati avrebbero
provocato una guerra contro l’Austria.
Un incontro segreto, a Plombières, ne definisce i punti comuni. (Si sarebbe
fatto apparire come un’aggressione austriaca al Piemonte)
Iniziano continue provocazioni contro l’Austria per indurla a reagire.(
Napoleone III fa sapere all’ambasciatore austriaco il suo disappunto per il
deterioramento dei rapporti Francia Austria)
26 aprile 1859: inizia così la seconda guerra d’indipendenza.
04 giugno 1859: battaglia di Magenta: i francesi vincono e gli austriaci sgombrano
la Lombardia.
08 giugno 1859: Napoleone III e Vittorio Emanuele II entrano a Milano
24 giugno 1859: Battaglie decisive. Sia francesi che piemontesi sconfiggono gli
austriaci sui rispettivi fronti.
Le ripercussioni della guerra e delle vittorie degli alleati determinano
l’insurrezione delle regioni centrali (Toscana, Romagna, Marche e Umbria). Questa
insurrezione, però, altera gli accordi di Plombières e irrita Napoleone III.
Napoleone III quindi decide per un armistizio con l’Austria 06 luglio 1859
Clausole di Villafranca (11 luglio): Lombardia ceduta alla Francia che la cede al
Piemonte, Mantova e Peschiera restano all’Impero, in Italia centrale restaurate le
autorità legittime, si sarebbe così favorita la creazione di una confederazione sotto
la presidenza del Papa.
Vittorio Emanuele II accetta di buon grado clausole che avrebbero ingrandito il
suo stato con l’acquisizione della Lombardia.
Cavour protesta energicamente in quanto teme che una mezza vittoria dia spazio
nuovamente ai movimenti repubblicani di Mazzini e da le dimissioni il 13 luglio.
Si forma un nuovo ministero La Marmora-Rattazzi
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I governi provvisori dell’Italia centrale chiedono l’annessione al Piemonte.
L’Inghilterra è favorevole e quei governi, incoraggiati da Cavour, organizzano sotto
la direzione di Garibaldi un esercito per la difesa comune.
Il 16 gennaio 1860 Cavour viene richiamato al potere
11 e 12 marzo 1860 dei plebisciti espressero la volontà di annessione allo stato
sabaudo di Toscana, Emilia e ducati
15 aprile 1860 Nizza e la Savoia vengono cedute alla Francia sempre dopo
plebisciti.
3 e 4 aprile 1860: scoppia una rivolta a Palermo sanguinosamente repressa. (In
Sicilia operava una rete clandestina che faceva capo ad elementi mazziniani come
Crispi e Rosolino Pilo contrari alla dinastia borbonica.)
Crispi chiede a Garibaldi di organizzare una spedizione contro i borboni.
Garibaldi accetta e Vittorio Emanuele II si dimostra segretamente favorevole.
I preparativi per la Sicilia avvengono con netta opposizione di Cavour.
Notte tra il 5 e il 6 maggio 1860, con armi e vecchie e poco equipaggiamento,
circa un migliaio di garibaldini partirono da Quarto per la Sicilia.
Cavour, di fronte ai successi di Garibaldi, effettua una significativa svolta nella sua
politica: favorisce l’invio di uomini e armi in Sicilia ( l’idea di Cavour è sostenere
Garibaldi per poi annettere la Sicilia al Piemonte. Questo piano, ovviamente, urta
con le intenzioni di Garibaldi)
Garibaldi sbarca in Calabria: 20 agosto 1860
Il 7 settembre entra a Napoli accolto come liberatore
1 e 2 ottobre: Garibaldi ottiene la sua più grande vittoria militare nella battaglia del
Volturno.
Il 3 ottobre le truppe piemontesi, guidate da Vittorio Emanuele II, si mettono in
marcia verso il Mezzogiorno mentre Cavour fa approvare dalla Camera una legge
sull’annessione incondizionata del sud. Cavour era sostenuto dalle classi alte
del Mezzogiorno mentre fu una delusione per le masse. A seguito di ciò scoppiò un
fenomeno detto brigantaggio.
Il 21 ottobre hanno luogo nell’ex regno di Napoli i plebisciti che sanzionano
l’annessione il 26 ottobre Garibaldi si incontra con Vittorio Emanuele II a Teano
per sciogliere l’esercito garibaldino. Finisce così l’impresa dei Mille.
4 novembre si tengono nelle Marche e in Umbria i plebisciti per l’annessione delle
due regioni al regno piemontese.
Il 17 marzo 1861 a Torino il primo parlamento nazionale proclama Vittorio
Emanuele II re d’Italia
E’ il trionfo di Cavour e del liberalismo moderato. L’Italia non è, però, ancora
completamente unita: mancano il Veneto, ancora sotto l’impero austriaco, e lo Stato
della Chiesa.
Mazzini è il grande sconfitto
BISMARCK E L’UNIFICAZIONE DELLA GERMANIA
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Re di Prussia nel 1849 è Federico IV, malato di mente nel 1858 cede il trono al
fratello Guglielmo I che sarà re nel 1861.
In politica estera si accentuano i contrasti tra Prussia e Austria per il controllo del
mondo tedesco.
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Nel 1862 il re chiama al potere il barone Otto Von Bismarck, un tipico
esponente della classe Junker (aristocrazia della Prussia), per guidare la lotta
contro la Camera liberale
Dal confronto con Bismarck il liberalismo tedesco esce totalmente sconfitto e
la borghesia deve definitivamente assoggettarsi alla guida politica della casta
militare.
Il primo atto militare offensivo condotto dalla Prussia di Bismarck è contro tre
ducati posseduti a titolo personale dalla corona di Danimarca. Uno dei tre è di
popolazione mista, gli altri due sono di popolazione tedesca.
A causa di complessi problemi di successione dovuti alla morte del re di
Danimarca, Prussia e Austria stringono una breve alleanza sotto lo scudo della
confederazione germanica. Attaccano la Danimarca e la sconfiggono
strappandole i ducati.(1864)
La breve alleanza, a questo punto, finisce. La Prussia vorrebbe annettere i
ducati che, tra l’altro, hanno grande valore strategico, l’Austria, invece, dato che le
sono così lontani come posizione geografica, vorrebbe la loro indipendenza.
Nel 1865 si raggiunge un compromesso senza avvenire (compromesso di
Gastein). La guerra è inevitabile.
Bismarck contatta Napoleone III a Biarritz nell’ottobre 1865, il quale vede di buon
occhio il conflitto tra Austria e Prussia per una maggiore espansione francese e si
dimostra anche favorevole all’alleanza tra Prussia e Italia interessata, quest’ultima,
a una guerra contro l’Austria per strappare i territori del Veneto.
Alleanza conclusa nell’aprile 1866 con lo scopo di dividere le forze austriache e
di portare all’annessione dei territori tedeschi alla Prussia e il Veneto all’Italia
Nel maggio 1866 le truppe prussiane invadono l’Holstein. L’Austria chiede
spiegazioni che non riceve e dichiara guerra alla Prussia
La guerra fulminea dura poco più di un mese.
Bismarck consegue tutti i suoi obiettivi. La confederazione germanica viene
disciolta e tutti i ducati annessi alla Prussia. All’Austria non viene strappato alcun
territorio eccetto il Veneto che sarà annesso dall’Italia.
L’ITALIA NELL’ETA’ DELLA DESTRA
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Nel 1861 l’Italia, nonostante il Veneto sia ancora territorio austriaco e Roma
territorio papale, ha raggiunto sostanzialmente la sua unità nazionale.
La legge elettorale concede il diritto soltanto ai cittadini che abbiano 25 anni, che
sappiano leggere e scrivere (e il tasso di analfabetismo era tra l’80% e il 90%) e
che paghino almeno 40 lire di imposte all’anno.
I problemi che si presentano sono di enorme portata:
 creare un apparato burocratico e militare omogenei
 elaborare una linea di sviluppo economico
 dare una saldo direzione politica
 soluzione dei rapporti con la Chiesa
 strappare il Veneto all’Austria
Cavour, capo del partito liberale moderato, muore il 6 giugno del 1861
Gli eredi di Cavour sono coloro che formano la Destra, in seguito definita
“storica”. Ne fanno parte persone più o meno omogenee: proprietari terrieri,
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aristocratici, conservatori che attraverso l’unità vogliono salvaguardare i propri
interessi o comunque delle classi alte.
Alla Destra si contrappone la Sinistra. Erede della democrazia risorgimentale
che però risentiva delle sconfitte del 59-60 era divisa tra repubblicani di fede
mazziniana (Crispi), ex garibaldini, ex democratici.
La Sinistra vuole principalmente diffondere il diritto di voto, vuole il suffragio
universale.
Anche socialmente le due correnti si differenziano: la Destra è legata
all’aristocrazia e alla grande borghesia, la Sinistra alla base piccolo borghese.
Dopo la morte di Cavour il potere passa a Bettino Ricasoli ( giugno 1861marzo 1862)
Ricasoli affronta il problema di Roma. Sa che lo Stato italiano deve conquistare
Roma e mettere fine al potere temporale dei papi.
I suoi tentativi falliscono completamente e nel marzo 1862 si dimette.
Gli succede Urbano Rattazzi (candidato al potere da Vittorio Emanuele II)
Rattazzi riprende le linee di politica cavouriana ovvero sfruttare l’azione garibaldina
contro Roma e sfruttarne i seguito i frutti. Egli, però, non considera l’appoggio che
Napoleone III dava la Papa e Vittorio Emanuele II sconfessa l’opera di Garibaldi.
Garibaldi, intanto, si era già organizzato in Sicilia con dei volontari per liberare il
Veneto e Roma e quando sbarca in Calabria si trova a dover fronteggiare l’esercito
ufficiale italiano in Aspromonte.
I due eserciti si scontrano. Garibaldi fu ferito, viene arrestato, rinchiuso a
Varignano (SP), amnistiato e torna a Caprera.
La reazione dell’opinione pubblica è vivissima. Grande l’impressione nel vedere
due eserciti italiani che si scontrano.
Rattazzi messo in crisi dal parlamento per l’accaduto si dimette.
La capitale Torino nel 1865 passa a Firenze. La decisione provoca rivolte e
tumulti a Tortino ma la scelta ha una spiegazione profonda: Napoleone III teme che
l’Italia voglia Roma per farne la capitale, Vittorio Emanuele II lo rassicura e
Napoleone come prova chiede che si scelga una città prestigiosa da nominare
capitale definitiva. Si scelse Firenze.
Dopo Rattazzi ci fu un breve ministero presieduto da Farini, dal marzo 1863 al
settembre 1864 il presidente fu Minghetti e da quella data fino al giugno 1866 il
potere fu di La Marmora.
GIUGNO- OTTOBRE 1866: TERZA GUERRA D’INDIPENDENZA.
La vicenda è strettamente legata alla guerra tra Prussia e Austria (come abbiamo
già visto)
Ciò che non si è ancora detto è che per l’Italia, nonostante la superiorità numerica
e di armi, la guerra fu disastrosa. Causa la cattiva direzione e la cattiva
organizzazione di La Marmora che aveva assunto il comando lasciando il governo
a Ricasoli
Sconfitta di Custoza 24 giugno e Lissa 20 luglio
Tra l’aprile e l’ottobre del 1866 torna al potere Rattazzi. Quest’ultimo era
favorevole a un’insurrezione a Roma considerata come via per risolvere la
questione romana. Il governo, però, non poteva appoggiare ufficialmente i tentativi
di Garibaldi per la presa di Roma così Rattazzi lo fece arrestare e si comportò in
modo permissivo con i volontari garibaldini.
Il tentativo di insurrezione a Roma il 22 ottobre fallisce.
La presa di Roma avviene il 20 settembre 1870 e l’evento è strettamente
collegato alla guerra tra Francia e Prussia. Le truppe francesi che da anni, per
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volere di Napoleone III, presiedono Roma e difendono il Papa, vengono richiamate
per accorrere a combattere contro la Prussia. A questo punto lo Stato Italiano non
ha più ostacoli e decide di prendere Roma.
Il 20 settembre 1870 le truppe italiane guidate da Cadorna, dopo alcune
cannonate a Porta Pia entrano in città tra i festeggiamenti della folla. Pio IX si ritira
in Vaticano gridando allo Stato “usurpatore”
Nel luglio 1871 corte e governo si trasferiscono a Roma che diventa capitale.
Lo Stato aveva posto fine al potere temporale dei papi contro, ovviamente, la
volontà del Pontefice che non riconosceva la legittimità dello Stato.
Si apre una fase delicatissima: come si devono comportare i cittadini cattolici?
Nel 1874 Pio IX vieta (no expedit) di partecipare alle elezioni del parlamento di
uno Stato “usurpatore” e il governo italiano si trova così nella condizione di dover
risolvere unilateralmente i rapporti con la Chiesa
E lo fa con la LEGGE DELLE GUARENTIGE che non fu accettata dal suo
destinatario, la Chiesa. La legge si ispirava al principio cavouriano di separazione
tra Stato e Chiesa e fu un esempio di prudenza e di sapienza giuridica.
Viene riconosciuta l’extraterritorialità dei palazzi Vaticano e Laterano e della villa di
Castelgandolfo, viene garantita l’inviolabilità della persona del Pontefice, il libero
esercizio del potere spirituale, la possibilità di comunicazione del Pontefice in Italia
e all’estero e la piena indipendenza dell’azione del clero da ogni controllo dello
stato italiano.
La Chiesa mantiene dunque viva la sua protesta ma non può più atteggiarsi a
perseguitata.
L’UNITA’ NAZIONALE E’ COSI’ RAGGIUNTA
L’ITALIA DALL’AVVENTO DELLA SINISTRA ALLA CRISI DI FINE SECOLO
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Nel 1876, in Italia, la classe politica è ancora quella che ha conquistato l’unita: la
destra storica. In questo anno il Regno ha raggiunto la parità di bilancio.
Il pareggio di bilancio, però, è stato ottenuto con un sistema fiscale rapace che
colpisce con ferocia i consumi delle masse e della gente più povera.
Sul piano politico vanno così formandosi le condizioni per un mutamento.
La Destra è sempre più contestata dalla cosiddetta “Sinistra Giovane”, una forza
eterogenea che unisce gruppi di sinistra storica con a capo Depretis, della sinistra
repubblicana di Mazzini e della sinistra meridionale guidata dal barone Nicotera.
La Sinistra Giovane va precisando la propria strategia tra il 1874 e il 1876 e
Depretis è l’esponente più autorevole dello schieramento.
Il ministero Minghetti, l’ultimo della Destra, cade nel 1876 e il re incarica Depretis
di formare un nuovo governo. L’era della Destra è finita.
Depretis governò quasi ininterrottamente dal 1876 al 1887 e sale al potere con
un programma riformatore che prevede:
 Difesa stato laico e lotta la clericalismo
 Istruzione elementare obbligatoria
 Decentramento amministrativo
 Diminuzione e redistribuzione del carico fiscale favorendo il
Mezzogiorno
 Fedeltà alla monarchia
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Una volta al potere, però, Depretis ridimensiona questo programma. Iniziano gli
anni del “trasformismo”.
Politica del trasformismo: nella sostanza si abbandona il modello inglese basato
sul bipolarismo e si va verso una sorta di “grande centro” che tende a conglobare le
opposizioni moderate e a emarginare le ali estreme. La maggioranza, quindi, non si
basa più su un programma preciso ma si basa su patteggiamenti e compromessi.
Leggi importanti sono:
 Legge Coppino 1877: scuola elementare obbligatoria per due anni
per fronteggiare l’analfabetismo (70%).
 Abolita la tassa sul macinato 1879
 1882 varata la riforma elettorale : potevano votare tutti coloro che
avevano compiuto 21 anni, erano alfabeti oppure pagavano una certa
quota di imposta.
Nello stesso anno della riforma elettorale, 1882, si apre anche un nuovo capitolo
per l’Italia in politica estera: con Prussia e Austria si conclude il 20 maggio 1882 il
trattato di TRIPLICE ALLANZA (patto essenzialmente anti-francese).
E’ una vera svolta in quanto si lascia la tradizionale linea di amicizia verso la
Francia per avvicinarsi a quello che per decenni è statoli nemico storico, l’Austria.
A corte re Umberto I succede al padre Vittorio Emanuele II e tutti sono molto
fieri di essersi alleati con imperi centrali così forti.
L’Alleanza, però, tornava molto più utile alla Germania (che aveva un alleato in più
contro la Francia) e all’Austria (che aveva le spalle coperte contro la Russia) che
non all’Italia.
Depretis, viste le politiche espansionistiche degli altri grandi stati, inizia nel 1882
una politica coloniale. Le imprese africane cominciano proprio nel 1882 ma nel
1885 il primo tentativo coloniale italiano si conclude con una totale disfatta.
L’ultima iniziativa politica di Depretis è nel 1887 il tentativo di una conciliazione
fra Stato e Chiesa ma le trattative si arenano ben presto sul punto cruciale del
potere temporale del Papa: il Pontefice rivuole Roma e il Lazio mentre lo stato
italiano non concedere nulla.
Il 29 luglio 1887 Depretis muore. Gli succede Crispi che per quasi un decennio
dominerà la scena politica italiana.
Crispi, sostenuto nel suo nazionalismo da industriali e armatori, intende, appena
giunto al potere, dare al trattato della Triplice Alleanza un tono di ostilità attiva
verso la Francia e in campo coloniale mira subito a risollevare il prestigio italiano
(maggior successo trattato di Uccialli in cui l’Etiopia riconosce le conquiste italiane
in Eritrea). In politica interna accentra su di se le cariche di Presidente del
Consiglio, ministro degli esteri e ministro degli interni.
Nel 1889 viene emanato un nuovo codice penale (detto Codice Zanardelli),
abolisce la pena di morte e rende libero lo sciopero.
Nasce, però, da parte Radicale e Repubblicana, un programma decisamente
anticrispino. E’ il PATTO DI ROMA (maggio 1890).
Patto di Roma: chiede sostanzialmente la riduzione dei poteri dell’esecutivo, il
decentramento, l’uscita dell’Italia dalla Triplice Alleanza, una energica riforma
fiscale e la riduzione dell’orario di lavoro a 8 ore.
Crispi cade nel gennaio del 1891 perché la Camera si rifiuta di approvare
proposte di inasprimento fiscale.
Febbraio 1891 entra in carica al governo Antonio di Rudinì e nel maggio 1892
gli successe GIOLITTI, il più abile statista dopo Cavour.
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Giolitti, divenuto Ministro del Tesoro di Crispi (e anche delle Finanze 1890), si
dimette nel dicembre 1890 in quanto non condivide gli eccessi militaristici e coloniali
(e relative spese) del governo.
Il primo ministero Giolitti (1892) è molto breve. Dichiara di voler rivedere il
sistema fiscale diminuendo il carico dei non abbienti e fa sentire alle opposizioni un
clima più liberale ma la sua opera è interrotta da due fatti: lo scandalo della
Banca romana (il cui direttore era stato fatto nominare senatore da Giolitti) e la
crisi legata alle agitazioni in Sicilia dirette dai Fasci siciliani (organizzazioni di
contadini, braccianti, piccoli possidenti) per crisi agraria. La rivolta era incentrata
soprattutto contro un eccessivo fiscalismo.
A fine novembre 1893, per questi motivi, Giolitti diede le dimissioni. Il 15
dicembre dello stesso anno Crispi torna al potere: viene proclamato lo stato
d’assedio in Sicilia e ci sono circa 100 morti. Crispi arriva a far credere che i fasci
volessero staccare la Sicilia dall’Italia per poi consegnarla a potenze straniere e ciò
porta alla repressione di movimenti oprai e socialisti in tutto lo stato italiano.
Crispi è salutato con soddisfazione dalla maggior parte della borghesia che vede in
lui l’uomo forte della repressione. Riprende anche le mire espansionistiche verso
l’estero anche se l’unico possedimento italiano d’oltre mare era l’Eritrea. Il controllo
sulla colonia, però, è precario dato che i rapporti tra Italia ed Etiopia sono andati
sempre più deteriorandosi.
Il 7 dicembre 1895 un contingente italiano subisce una sanguinosa sconfitta
all’Amba Alagi. Crispi cerca ad ogni costo una rivincita ma nel marzo 1896 gli
italiani vengono nuovamente sconfitti (7.000 morti)
In Italia aumentano ogni giorno le manifestazioni contro la guerra e Crispi
rassegna le dimissioni.
A Crispi succede Rudinì (marzo 1896-giugno 1898) che si trova a fronteggiare
un’eredità quanto mai pesante. Cerca di attenuare la tensione politica interna
concedendo un’amnistia che libera i condannati dei fasci e in politica estera avvia
un processo di distensione con la Francia.
La situazione, però, precipita nel corso del 1898. La tensione esplode a Milano:
il prezzo del pane è notevolmente rincarato a causa di un cattivo raccolto e dalla
diminuzione delle importazioni di grano dagli USA che sono in guerra con la
Spagna per il possesso di Cuba e delle Filippine.
Il 6-9 maggio 1898 il Generale Baba Beccaris affronta la folla con artiglieria e
causa molti morti ricevendo, per questa azione, da Umberto I la Gran Croce
dell’ordine militare dei Savoia. Indignazione generale tra socialisti e borghesi.
Rudinì chiede al re di sciogliere le Camere e indire nuove elezioni. Il re rifiuta e
Rudinì si dimette. Viene nominato (dal re) il generale Pelloux che rimane in carica
per circa 2 anni (giugno 1898-giugno 1900). Gli succederà Saracco (giugno 1900febbraio 1901).
Il 29 luglio 1900, un anarchico venuto dagli USA, uccide Umberto I per
vendicare i morti di Milano del 98 e l’offesa della decorazione di Baba Beccaris. Gli
succede il figlio Vittorio Emanuele III
Il nuovo re tira le somme della situazione politica creatasi nel paese e nomina
presidente del Consiglio Zanardelli (opposizione liberale a Pelloux) e il ministro
degli Interni è Giovanni Giolitti.
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L’ITALIA DURANTE L’ETA’ GIOLITTIANA
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Nel 1901 primo ministro è Giuseppe Zanardelli, uomo di saldi principi liberali,
mentre ministro dell’interno è Giovanni Giolitti.
Il ministro degli interni ha un compito delicatissimo: la tutela dell’ordine
pubblico.
Appena insediato, Giolitti capovolge l’operato dei suoi predecessori soprattutto
nei confronti dell’atteggiamento verso le proteste dei lavoratori: dichiara che di
fronte ai conflitti di lavoro lo stato si sarebbe comportato in modo neutrale nei
confronti delle due parti lasciando sbigottite le classi possidenti che sino ad allora
erano state abituate ad essere difese dallo stato.
Gli scioperi hanno così una brusca impennata.
L’idea di Giolitti è precisa: lasciar svolgere senza interventi gli scioperi di ordine
economico per consentire il rialzo dei salari (che sarebbe stato utili ad accrescere
poi la domanda interna) e combattere gli scioperi di natura politica perché
perturbatori dell’ordine pubblico.
1902: la resistenza padronale, specie nelle campagne, assume caratteri di estrema
durezza. La magistratura si schiera dalla parte padronale e anche Giolitti deve far
vedere un aspetto più conservatore della propria politica minacciando i ferrovieri
che volevano scendere in sciopero (non si poteva non garantire un servizio
pubblico essenziale)
Il dominio di Giolitti dura, salvo brevi interruzioni, dal 1901 al 1909 e dal 1911
alla primavera del 1914. Resta al timone dello stato sia nella fase di progresso
dell’industria (durata fino al 1907) sia durante la crisi.
Giolitti interpreta bene la situazione così complessa dello stato negli anni del
nuovo secolo tanto da consacrarla come età giolittiana.
1902-1907 si verifica la massima accelerazione dell’industrializzazione all’interno
della fase di generale sviluppo iniziata nel 1896. Progressi nel campo della
siderurgia, della meccanica, dell’industria elettrica e automobilistica ( la FIAT viene
fondata nel 1899 da Giovanni Agnelli).
Iniziano le distinzioni di sviluppo tra nord, centro e sud. Il meridione rimane
come retroguardia, così si spiega la disoccupazione come ondata di emigrazione
verso il centro-nord.
Ancora nel 1902, il ministro delle finanze Wollemborg, propone una riduzione
delle tasse indirette e un aumento di quelle dirette e Giolitti, dopo aver in un primo
tempo sostenuto l’idea, deve abbandonarla a causa delle durissime resistenze delle
classi alte. Sono invece approvate modifiche in materia di legislazione sociale:
tutela del lavoro minorile e femminile.
Sempre nel 1902 ci sono interventi a favore del mezzogiorno: legge per
l’industrializzazione di Napoli, acquedotto pugliese, provvedimenti per la Basilicata.
Zanrdelli, malato, si dimette nell’ottobre del 1903. Gli succede Giolitti che
forma il suo secondo ministero (novembre 1903-marzo 1905)
Emerge un disegno che sarà poi l’anima della sua strategia: dividere il partito
socialista così da legarne una parte a sé.
A grandi linee il partito socialista si presenta con una doppia ideologia: da un
lato vi sono i cosiddetti riformisti, che hanno in Turati il loro uomo più determinato,
aperti a un possibile dialogo col mondo borghese e liberale; dall’altro ci sono i
cosiddetti rivoluzionari che hanno in Labriola e Ferri i loro esponenti di punta,
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intransigenti verso qualsiasi dialogo con la borghesia, convinti di cambiare il mondo
non con i patteggiamenti ma con una rivoluzione che spazzi via la proprietà privata.
Giolitti propone a Turati di entrare a entrare nel ministero. Turati, convinto che
il partito non lo avrebbe seguito, rifiuta.
Tra il 4 e il 14 settembre del 1904 l’Itala è sconvolta da una serie di scioperi molto
duri, proclamati per protesta contro un eccidio proletario compiuto dalla forza
pubblica.
Giolitti non cede ai conservatori che chiedono la repressione aperta. Scioglie
la Camera e fa indire dal re le elezioni che sono un successo per lui.
A questo risultato favorevole ai liberali concorre un fatto nuovo: Papa Pio X ha
consentito, facendo eccezione al no expedit, che i cattolici, in alcuni collegi,
votassero per i liberali per impedire la vittoria dei socialisti.
Le organizzazioni cattoliche fanno capo all’Opera dei congressi del 1874 e
hanno dato vita, secondo i principi dei bisogni dei più deboli, a una serie di
organismi sociali, culturali e economici, fra cui spiccano le casse rurali e le società
di mutuo soccorso. Tra la fine secolo e il 1904 diedero vita, guidati da Romolo
Murri, a un sindacalismo cattolico che mette le sue radici soprattutto al nord nelle
industrie tessili. In Sicilia, un altro giovane prete, Luigi Sturzo, si fa vigoroso
organizzatore di leghe contadine. (Nel 1904 Pio X scioglie l’Opera)
Il secondo ministero Giolitti termina nel marzo 1905, in seguito alle agitazioni
indette dai ferrovieri di fronte a un progetto che vieta ai dipendenti delle ferrovie lo
sciopero.
Il successore è Alessandro Fortis (marzo 1905- febbraio 1906). Luogotenente di
Giolitti attua il progetto ma l’opposizione liberale, capeggiata da Sonnino, causa la
sua caduta. Sonnino gli succede per brevissimo tempo (febbraio-marzo1906) in
quanto il suo programma si basa su riforme non gradite né ai proprietari meridionali
né agli industriali settentrionali.
Giolitti torna al governo e questa volta per un periodo lungo: maggio 1906dicembre 1909. Questo è il suo terzo ministero e consente a Giolitti di operare con
forza nella direzione di un riformismo attento, però, a non modificare gli equilibri tra
le classi e gli interessi delle classi alte.
Leggi a favore della Calabria e della Sicilia e sgravi per i proprietari terrieri.
1907-1908: una crisi industriale dovuta a eccessivi investimenti e a uno scarso
assorbimento della produzione investe tutti i paesi più avanzati e si fa sentire anche
in Italia.
La crisi è superata nel 1908 con una soluzione che divenne classica: maggiore
concentrazione delle imprese più forti e l’accentuazione del loro carattere
monopolistico.
Tra il 1908 e il 1913 il tasso di sviluppo è assai più moderato rispetto al
decennio precedente.
Nel 1909 ricompare il disavanzo di bilancio dello stato destinato ad aumentare
notevolmente e questa situazione si riflette nelle agitazioni sociali. Nel 1907
l’ondata di agitazioni è assai forte sia da parte proletaria sia da parte padronale.
Nel 1906 nasce la CGL (confederazione generale del lavoro) per correggere il
carattere troppo locale delle camere del lavoro e doveva diventare roccaforte del
riformismo.
Gli imprenditori fecero qualcosa di analogo: a Torino nel 1906 sorse la lega
industriale che nel 1910 diventa confederazione italiana dell’industria
(CONFINDUSTRIA)
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In campo cattolico, dopo lo scioglimento dell’Opera dei congressi, il
movimento si organizza, nel 1906, secondo le direttive del Vaticano, in varie unioni.
Murri, che non vuole arrendersi alla fine della “democrazia cristiana”, da vita a
una propria organizzazione. Viene scomunicato e allontanato dalla Chiesa.
Sturzo, invece, obbedisce al Vaticano in attesa di tempi migliori.
Murri e Sturzo in effetti sono antigiolittiani. Considerano Giolitti come
l’esponente di un liberalismo trasformista (di fatto aveva proposto alleanza con
Turati) che privilegia ancora i rapporti con organizzazioni socialiste emarginando
quelle cattoliche.
Fra gli intellettuali di rilievo dell’epoca, il grande filosofo Benedetto Croce, che
nel 1903 fonda “La Critica”, è uno dei pochi che ha sostenuto Giolitti e ne ha
appoggiato l’operato. Vede in Giolitti un uomo capace di conciliare le esigenze del
liberalismo e quelle del conservatorismo.
Nel 1908 viene fondata, per opera di Prezzolini e Papini, “La Voce”, una rivista
destinata a suscitare larga eco di critica al giolittismo senza, però, esagerazioni.
Nel marzo del 1909 le elezioni segnano un forte rafforzamento dei socialisti.
Anche radicali e repubblicani si rafforzano.
Per fronteggiare questo pericolo Pio X attenua ulteriormente il valore del no
expedit e permette a sempre più cattolici di votare a sostegno dei liberali.
Nel dicembre del 1909 Giolitti si è visto bocciare dalla Camera alcune proposte di
legge. Si dimette.
Gli succede Sonnino per il suo secondo ministero che cade dopo pochi mesi,
marzo 1910.
Sonnino è sostituito da Luttazzi, luogotenente di Giolitti che avvia un progetto di
allargamento del suffragio a tutti gli alfabeti.
Nel marzo 1911 Giolitti torna al potere e forma il suo quarto ministero (marzo
1911- marzo 1914)
Giolitti propone il suffragio universale maschile (riprendendo il progetto
Luttazzi) sperando, in questo modo, di attenuare le ostilità socialiste (come se fosse
una resa di favori) nei confronti della guerra alla Libia, ormai chiaramente nelle sue
intenzioni.
Il suffragio universale maschile viene approvato e quindi il diritto di voto si
estende anche agli analfabeti. (Legge approvata 25 maggio 1912)
Con questa legge Giolitti ha posto le basi per un allargamento di consensi a
sinistra e può, allora, rivolgersi alla Libia.
I motivi sono in parte di natura internazionale e in parte di natura interna: sul piano
internazionale Giolitti intende parare il pericolo che la Libia cadesse sotto il controllo
di altre potenze europee data la sua posizione strategica. Sul piano interno, invece,
voleva dare soddisfazione agli ambienti della finanza vaticana che in Libia avevano
numerosi interessi attraverso il Banco di Roma.
La guerra, iniziata nel settembre 1911, contro la Turchia sotto la cui sovranità era
la Libia, termina nell’ottobre 1912.
Uno sciopero generale verso la guerra viene più o meno contenuto ad eccezione
della Romagna dove un rivoluzionario socialista Mussolini e un repubblicano
Nenni promuovono violente agitazioni di piazza.
La guerra contro la Turchia è assai più dura e lunga del previsto: ha provocato oltre
3.000 morti, migliaia di feriti, consumato molto materiale bellico e aumentato
fortemente il disavanzo dello stato.
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Nel 1913 si svolsero le prime elezioni a suffragio universale maschile (le
donne solo nel 1946). Questa ampia affluenza preoccupa i liberali in quanto privi di
una organizzazione capace di mobilitare le masse (che avevano i socialisti).
“Patto Gentiloni”: Gentiloni, presidente dell’unione elettorale cattolica, invita i
liberali a stringere un patto. Il voto dei cattolici in cambio dell’opposizione nella
nuova Camera ad ogni legge volta a ledere i principi cattolici (es. divorzio). Giolitti
non si impegna personalmente, ma lascia fare.
L’aiuto cattolico salva i liberali dalla sconfitta ma i socialisti ottengono
comunque 79 deputati
La nuova Camera, però, non è la Camera che voleva Giolitti. Così si dimette.
Giolitti stesso indicò come successore Calanda, pugliese liberale, di destra, di
tendenze autoritarie.
Il clima politico e sociale del paese è assai mutato. Finisce così quella che è
passata alla storia come l’età giolittiana.
LA PRIMA GUERRA MONDIALE
TRIPLICE ALLEANZA : Germania, Austria, Italia
TRIPLICE INTESA
: Francia , Inghilterra, Russia
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La storia dei rapporti fra le potenze che corre fra la fine del 1800 e il 1914 sta a
mostrare quanto carica di tensioni sia stata la situazione in Europa.
Il fatto che Austria e Germania abbiano avuto un atteggiamento
particolarmente aggressivo, in questo periodo, e che abbia provocato lo scoppio
della guerra mondiale è stato il risultato di continue disfatte diplomatiche
accumulate negli anni.
La Germania, inoltre, era particolarmente ansiosa di confrontare la sua splendida
macchina bellica di terra contro gli eserciti più deboli dell’Intesa
La scintilla, non in alcun modo la causa, che ha dato fuoco alle polveri scoppia a
Sarajevo, in Bosnia il 28 giugno 1914 con l’assassinio dell’arciduca Francesco
Ferdinando, erede al trono austro-ungarico e sua moglie. (Francesco Ferdinando
era il più duro sostenitore delle mire aggressive dell’Austria nei confronti della
Serbia)
In Austria l’accaduto provoca notevole sdegno e il fatto viene preso come spunto
per liquidare la Serbia. La Germania dà a questo progetto tutto il suo appoggio.
Il casus belli viene trovato dall’Austria che lancia un ultimatum durissimo alla
Serbia: se quest’ultima avesse accettato sarebbe diventata uno stato satellite
dell’Austria.
Una proposta inglese di mediazione dell’Inghilterra viene seccamente respinta,
l’Austria rifiuta ogni compromesso, mobilita il proprio esercito e il 28 luglio attacca.
Intanto la Russia, in appoggio alla Serbia, il 30 luglio proclama la mobilitazione
generale.
La Germania, allora, interviene direttamente e il 31 luglio indirizza alla Russia un
ultimatum: deve revocare immediatamente la mobilitazione. La Russia non
risponde neppure.
Il 1° agosto la Germania dichiara guerra alla Russia
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La Francia mobilita lo stesso giorno e il 3 agosto la Germania dichiara guerra
alla Francia.
Sempre il 3 agosto l’Italia fa conoscere la sua posizione di neutralità
giustificandola col fatto che la Triplice Alleanza ha scopo difensivo e non bellico.
La Gran Bretagna, resasi conto che una vittoria dell’Alleanza avrebbe portato un
dominio incontrastato della Germania sull’Europa, decide di entrare in guerra e il 4
agosto dichiara guerra alla Germania.
LA PRIMA GUERRA MONDIALE DELLA STORIA ERA COMINCIATA
Scendono in campo eserciti immensi alimentati dalla potenza delle industrie
belliche moderne e appoggiati da un apparato propagandistico forte come la
stampa. Il conflitto dura dall’agosto 1914 al novembre 1918.
La Gran Bretagna, con la potenza della sua flotta, contro cui la Germania ha
potuto ben poco, riesce a isolare sia Germania che Austria da tutti i rifornimenti
di materie prime per l’industria bellica che di prodotti alimentari provenienti dai paesi
extra europei. Inoltre ha messo a disposizione degli alleati ingenti capitali sotto
forma di prestiti e tutte le risorse immense del suo impero.
Gli Stati Uniti, ormai divenuti la prima potenza industriale del mondo, sono stati
portati a sostenere il campo antitedesco e anche il Giappone, che entra in
guerra il 15 agosto 1914, è contro la Germania e si impadronisce dei
possedimenti tedeschi in Cina.
Lo scopo della Germania è vincere la guerra, diventare una potenza mondiale e
dominare un’Europa rimodellata sotto la sua egemonia. Non valuta, però, le forze
che la Gran Bretagna è in grado di mobilitare nel mondo né la ricchezza di risorse
del campo avversario.
L’imperialismo e il nazionalismo sono diventate ideologie di massa in grado di
cementare fra loro categoria sociali fino ad allora in lotta di fronte a problemi di
politica. Ogni paese scopre, così, nella guerra la sua missione storica.
In tal modo l’annientamento del nemico diventa un servigio al progresso e
alla civiltà. Ogni governo fece credere alla propria opinione pubblica di essere
vittima dell’aggressione da parte degli altri.
La guerra è così sentita come una liberazione.
I partiti socialisti di tutti i paesi europei, sino ad allora contrari ad ogni guerra, si
mostrano ora a favore. Gli unici contrari sono i socialisti russi, i bolscevichi e il
partito serbo ma sono casi isolati.
L’inizio della guerra pare confermare le previsioni tedesche: la Germania ha un
esercito disciplinato comandato da un corpo ufficiali selezionato e dotato di
artiglieria pesante senza eguali. L’Austria ha un esercito ben armato anche se
soffriva della sua composizione multinazionale. La superiorità sembrava ovvia.
Sul campo opposto la Francia ha un esercito armato di artiglieria leggera
superiore a quella tedesca, la Russia ha un esercito male armato e ufficiali con
scarsa efficienza tecnica (ma la sua forza è il numero) e la Gran Bretagna ha un
esercito di terra ridotto.
Tutti i maggiori stati contavano su un conflitto di breve durata. Il fatto è che la
Germania contava di tenere l’Inghilterra fuori dal conflitto e di schiacciare la Francia
e la Russia in 2 o 3 mesi basandosi sulla forza d’urto delle proprie armate.
Le previsioni tedesche, all’inizio della guerra, sembrano confermate.
Il 4 agosto l’esercito germanico penetra in Belgio e, dopo averlo travolto, punta su
Parigi. Il 3 settembre il governo francese abbandona Parigi e si trasferisce a
Bordeaux. L’esercito francese si distribuisce sulle sponde della Marna dove gli
viene ordinata una resistenza ad oltranza.
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Battaglia della Marna 6-12 settembre 1914 (vede impegnati 2 milioni di uomini)
arresta lo slancio tedesco e permise una controffensiva francese. I risultati sono di
enorme portata: non solo l’esercito francese evita la distruzione ma sfuma anche il
piano tedesco di trasferirvi (in Francia) la gran parte delle forze germaniche.
Ha ora inizio la guerra di logoramento, segnata dalla costruzione di lunghe
trincee.
A oriente i russi in agosto tentano una penetrazione in Prussia ma vengono
duramente sconfitti nelle battaglie di Tannenberg 27-30 agosto e dei laghi Masuri 810 settembre. Ottengono, invece, successi contro gli austriaci che devono evacuare
la Galizia. Le sconfitte russe, però, sono importanti in quanto costringono i
tedeschi a muovere truppe dal fronte occidentale favorendo la resistenza francese.
Alla fine di ottobre, gli imperi centrali, riescono a far entrare in guerra la
Turchia. Il fatto costringe l’esercito russo a dividere le forze su due fronti e
permette agli imperi centrali di assumere il controllo degli Stretti.
Bloccati dalla battagli della Marna i tedeschi tentano di tagliare l’Inghilterra dalla
Francia ma non riescono a spezzare la resistenza franco-britannica (battaglia delle
Fiandre)
Alla fine del 1914 la battaglia sul fronte occidentale ha assunto carattere di
battaglia di trincea lungo 800 km dalle Fiandre alla Svizzera. La situazione si
stabilizza
Tedeschi e austriaci decidono, allora, si sferrare una massiccia offensiva alla
Russia che risente in modo drammatico della mancanza di un’industria interna che
rifornisca l’esercito di armi e munizioni. I russi vengono respinti fino alla
Beresina.
Mentre veniva sferrata l’offensiva ai russi, l’Italia dichiara guerra all’Austria. Ma
facciamo un passo indietro: dichiarando la sua neutralità, l’Italia, aveva messo in
luce due fatti. Il primo era la labile alleanza con l’Austria (il Trentino era ancora
sotto il dominio di Vienna) e il secondo che aveva una scarsa preparazione militare.
In generale le maggiori forze politiche italiane sono favorevoli alla neutralità: i
liberali giolittiani proprio per l’inadeguatezza militare, molti settori dell’industria
erano convinti che restando neutrali avrebbero fatto affari migliori, i socialisti
esprimono il pensiero operaio e contadino contrario al conflitto, i cattolici sono in
genere pacifisti. In più, dichiarando neutralità, l’Italia si era attenuta alla lettera al
trattato della Triplice Alleanza (principio difensivo e non offensivo) e quando
Germania e Austria dichiararono guerra non interpellarono minimamente l’Italia.
Gli unici favorevoli erano alcuni capi del sindacalismo rivoluzionario, i nazionalisti
interventisti, ovvero Mussolini e i liberali anti-giolittiani.
Dal connubio tra anti-giolittiani e nazionalisti scaturisce una forza che, seppure
limitata, riesce a trascinare l’Italia in guerra. Quindi il passaggio dalla neutralità
all’intervento in guerra è stato deciso, al di fuori dell’opinione pubblica e del
Parlamento, dal Governo con l’appoggio della Corona e dei nazionalisti.
Di fatto Salandra, capo del gabinetto, segue una politica di patteggiamenti tanto
con gli stati centrali che con l’Intesa. Ma è la logica stessa degli interessi che
spinge l’Italia nel campo dell’Intesa. L’Italia ha rivendicazioni verso l’Austria
(Trento e Trieste).
Il 26 aprile 1915 viene firmato a Londra un trattato in base al quale l’Italia
s’impegna a entrare in guerra entro un mese dalla firma. Il trattato, che rimarrà
segreto all’opinione pubblica fino al 1917, sostanzialmente prevede:
 l’annessione del Tirolo cisalpino fino al Brennero
 l’annessione di Trento
 Trieste e Gorizia
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L’Istria fino al Quarnaro esclusa Fiume
La Dalmazia
Valona in Albania e il protettorato sull’Albania
Il Dodecaneso e parte del bottino da spartire dopo la distruzione
dell’impero turco
Il bacino carbonifero di Adalia
In fine la Gran Bretagna concede crediti ingenti così, l’Italia, entra in guerra con
un duplice obbiettivo: nazionale, per congiungere territori alla madre patria e uno
imperialistico perché prevede la conquista di territori stranieri.
Il Governo manovra le manifestazioni di piazza che hanno il loro culmine in maggio,
le cosiddette “radiose giornate di maggio”, per appoggiare un intervento già
deciso. Funzione delle agitazioni era fare da contraltare alle opposizioni delle
masse lavoratrici. Acclamati dai nazionalisti sono soprattutto i discorsi di
D’Annunzio.
Il 23 maggio l’Italia indirizza un ultimatum all’Austria e il 24 entra i guerra contro
questa.
Si è già detto che gli italiani entrano in guerra proprio mentre i russi subiscono gravi
rovesci da parte degli austriaci. L’esercito italiano, sotto il comando supremo di
Luigi Cadorna (figlio di Raffaele che aveva guidato le truppe a Porta Pia) gode di
una notevole superiorità numerica e soprattutto non è stanco. Manca però di
adeguata preparazione.
Cadorna ordina una serie di offensive nelle zone dell’Isonzo e del Carso tra la
fine di giugno e l’inizio di dicembre del 1915 senza raggiungere alcun reale risultato
nonostante il valore della fanteria.
Alla fine dell’anno il nostro esercito è in stato di semi collasso.
Sul fronte francese gli alleati non facevano passi avanti, i russi restano assediati
nelle loro posizioni tra il Baltico e il Dniepr, mentre nei Balcani in ottobre 1915 la
Bulgaria entra in guerra a fianco degli imperi centrali aggravando la posizione
della Serbia che viene invasa.
Il 1915 si chiude nettamente a favore degli imperi centrali anche se gli effetti del
blocco navale imposto dagli inglesi cominciava a farsi sentire in modo pesante. Le
riserve dell’Intesa, in vista di una guerra lunga, erano decisamente superiori.
Il 1916 è contraddistinto da una serie di grandi offensive tedesche sul fronte
occidentale, da un’inaspettata offensiva russa e dal tentativo dell’Austria di
eliminare l’Italia. Nessuna di queste offensive, però, raggiunge l’obbiettivo di
sfondare le linee nemiche arrivando a una vittoria sostanziale.
I tedeschi sono convinti di poter infliggere un colpo decisivo alla Francia e il 21
febbraio 1916 attaccano Verdun. I francesi riescono a tenere le linee fino a che, il
22 giugno, per alleggerire Verdun, francesi e inglesi sferrano un attacco durissimo
sul fronte della Somme. Per la prima volta gli alleati impiegano carri armati. Il
fronte della Somme salva così Verdun.
In seguito all’offensiva di Verdun, la Francia sollecita italiani e russi ad offensive per
aiutarla. Inizia, così, sul fronte dell’Isonzo la quinta offensiva che, però, non
consegue alcun obbiettivo. Anzi, il mancato successo italiano convince gli austriaci
che è possibile sferrare un attacco decisivo all’Italia.
Il 15 maggio inizia la Strafexepidion (spedizione punitiva contro l’alleato
traditore) tra il lago di Garda e il Brenta. Nel corso di questa offensiva gli austriaci
catturano Cesare Battisti anche se quest’ultimo è suddito austriaco e quindi viene
considerato più che un prigioniero: è considerato un traditore e viene impiccato.
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Cadorna e Vittorio Emanuele III rivolgono un appello di soccorso allo Zar. I russi
il 4 giugno passano all’attacco arrivando fino ai Carpazi meridionali. Un
intervento delle truppe tedesche riesce parzialmente a contenere i russi ed evitare
la capitolazione dell’Austria.
Il successo russo ha due conseguenze: la prima è che induce la Romania ad
entrare in guerra a fianco dell’Intesa (agosto 1916) che non riesce, però, a resistere
ai tedeschi e viene messa fuori combattimento a dicembre, la seconda, invece,
consente all’esercito italiano di passare al contrattacco ad agosto e conquistare
Gorizia.
La strafexspedition mette a nudo l’impreparazione dell’esercito italiano e ha come
contraccolpo la caduta di Salandra. Viene sostituito da un ministero nazionale
presieduto da Boselli (giugno 1916-ottobre 1917).
28 agosto 1916 l’Italia dichiara guerra alla Germania.
In definitiva anche il 1916 si chiude senza risultati decisivi.
I governi di tutti i paesi sono entrati in guerra nella convinzione di una rapida
conclusione. Invece, nell’impossibilità reciproca di distruggere gli avversari, gli
eserciti si sono attestati su lunghissimi fronti che, a volte restano immobili per mesi
e mesi.
Le armi, rispetto a quelle usate nelle ultime guerre dell’800, sono nuove e ancora
più devastanti: fucili a ripetizione, cannoni, mitragliatrici e uso di gas. Nessuna di
queste nuove armi, però, si rivela decisiva.
Il prolungarsi della guerra ha avuto decisive conseguenze sia sul piano
economico sia su quello politico. Per rifornire gli eserciti l’industria viene mobilitata
in modo imponente ma, data la scarsità di manodopera maschile, vengono
largamente impiegate le donne. Così la produzione per l’esercito, in tutti i paesi, è
fonte di ampissimi profitti per le grandi industrie la cui ricchezza contrasta con la
miseria delle masse.
Le carneficine senza vittoria né per l’uno né per l’altro mutano profondamente
l’orientamento degli spiriti verso la guerra e il suo significato: l’ondata di
patriottismo si tramuta nella più amara delle delusioni. Tutti i soldati desiderano
ardentemente la fine, al più presto, dello spaventoso massacro.
Significative manifestazioni di questo orientamento si hanno sia nel 1915 sia nel
1916 con due conferenze che aspirano a una “pace senza annessioni e senza
indennità”. Una specie di ritorno allo status quo ante.
Nel dicembre del 1916, Guglielmo II, imperatore di Germania, prende un’iniziativa
spettacolare: fa un’offerta di pace. Si tratta di una manovra a scopo
propagandistico volta a contrastare l’immagine della Germania come responsabile
della guerra. L’Intesa la respinge e afferma che non c’è soluzione se non una
vittoria totale sugli imperi centrali. I tedeschi, allora, si propongono di spezzare il
blocco navale inglese con una guerra sottomarina illimitata. Ovvero i tedeschi
avrebbero colpito senza preavviso tutte le navi, anche quelle dei paesi neutrali.
Una simile decisione suona come una minaccia nei confronti degli USA, principale
fornitore della Gran Bretagna e della Francia. Infatti la guerra sottomarina
illimitata provoca l’ingresso in guerra degli stati Uniti (6 aprile 1917).
L’ingresso degli USA ha straordinariamente rafforzato l’Intesa sia
finanziariamente che militarmente. Il presidente Wilson dichiara che bisogna
mettere fine ai governi autoritari degli imperi centrali anche se, in effetti, gli interessi
americani erano non proprio ideologici ma pratici. La guerra sottomarina
minacciava i commerci statunitensi coi paesi dell’Intesa e una vittoria tedesca
avrebbe rafforzato il capitalismo germanico.
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L’ingresso degli USA ha un grande valore per l’Intesa anche perché avviene
proprio mentre la Russia sta cedendo. La Russia zarista cade sotto il peso della
sua arretratezza economica e dei contrasti sociali e politici interni.
Nel marzo 1917, a Pietrogrado, scoppia la rivoluzione che provoca la caduta
dello varismo e la proclamazione della repubblica. L’esercito russo va
rapidamente disgregandosi.
I tedeschi, con la guerra sottomarina, sono convinti di poter mettere in ginocchio gli
inglesi in pochi mesi ma tale guerra non raggiunge i suoi obbiettivi.
In Germania, presa nella morsa del blocco navale, l’opposizione delle masse
operaie alla guerra va rapidamente crescendo. Tuttavia, i generali tedeschi,
inebriati dal cedimento russo, contano di mettere fuori campo Francia e Gran
Bretagna prima che gli effetti dell’intervento americano si facciano sentire in modo
efficace.
L’Europa è ridotta ad un immenso mattatoio.
In questa situazione, così altamente drammatica, con la rivoluzione russa alle porte,
papa Benedetto XV compie un gesto clamoroso: Il 1° agosto 1917 invia una
nota ai capi degli stati in guerra in cui deplora “l’inutile strage” e avanza
concerete proposte di pace.
All’interno dei vari paesi in guerra, in effetti, nel corso del 1917 si fa sentire
imponente l’ondata pacifista: le truppe francesi sono stremate e vi sono
ammutinamenti e ribellioni e a questo generale malcontento la Francia risponde nel
modo più duro (spietate repressioni); in Italia il pacifismo fa passi da gigante anche
perché la condotta della guerra del Generale Cadorna, palesemente ispirata al
totale disinteresse per la vita degli uomini e dei soldati, suscita un serpeggiante
spirito di rivolta.
Nonostante l’ingresso in guerra della Grecia nell’estate del 1917 a fianco
dell’Intesa, in ottobre l’esercito italiano va incontro ad una bruciante sconfitta:
quella sul fronte di Caporetto che sembra segnare la definitiva sconfitta. Le perdite
italiane di quei giorni sono di circa 40.000 uomini e circa 280.000 sono fatti
prigionieri dagli austro-tedeschi.
Cadorna parla di viltà dei nostri soldati ma la disfatta di Caporetto ha comunque
ripercussioni violente sul comando supremo: Cadorna viene sostituito dal Gen.
Diaz più attento alla psicologia e ai bisogni dei soldati.
Ritiratosi sul Monte Grappa, l’esercito italiano, anche aiutato da limitati sostegni
franco-britannici oppone una resistenza che non è spezzata. Per sopperire alle
numerose perdite di uomini, comunque, si arriva all’arruolamento dei ragazzi del
99. Gli austro-tedeschi sono fermati e devono iniziare il ripiegamento.
Il 1917 è in definitiva l’anno in cui le potenze decidono di lottare fino in fondo
per la vittoria finale.
E’ anche l’anno in cui in Russia (febbraio) finisce lo zarismo. I bolscevichi
conquistano il potere nell’ottobre di quell’anno e la loro posizione è chiarissima: la
Russia deve uscire da un conflitto che il popolo non vuole. Trattano la pace con i
tedeschi che viene firmata il 3 marzo 1918 a Brest-Litovsk.
La pace della Russia provoca, a sua volta, quella della Romania il 7 maggio
1918.
L’assenza di Russia e Romania permette ai tedeschi di volgere tutte le proprie
forze contro il fronte occidentale sferrando attacchi che portano a una serie di
brillanti vittorie parziali. Eppure il fronte occidentale non cede e, nel frattempo,
gli americani, accelerano l’invio di truppe.
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I tedeschi sferrano l’ultimo colpo sul fronte della Marna. E’ questa la “seconda
battaglia della Marna” dopo quella del 1914. I tedeschi, però, sono esausti ciò
permette una controffensiva generale. Francesi, inglesi e americani possono ora
contare una superiorità schiacciante di mezzi che infliggerà ai tedeschi una
durissima sconfitta che è stata definita “la giornata nera” dell’esercito tedesco. A
seguito di ciò Guglielmo II prende in considerazione la possibilità di trattative
di pace.
Gli alleati, ormai forti della loro superiorità, pretendono la capitolazione totale
degli imperi centrali, condizioni che la Germania non intende accettare. La
situazione tedesca, però, è ulteriormente aggravata dalle condizioni critiche dei suoi
alleati: impero austro-ungarico, Turchia e Bulgaria che capitolerà il 26 settembre
1918. I tedeschi non sono più in condizione di resistere e retrocedendo
disciplinatamente sgomberano il nord della Francia e il Belgio occidentale.
Mentre la Germania si dibatte in piena crisi interna (si cerca di far abdicare
Guglielmo II in quanto Wilson ha una particolare avversione per l’imperatore e il suo
sistema politico autoritario, per cercare di avere più opportunità in eventuali
trattative di pace… Ma ovviamente Guglielmo II non abdica), la Turchia firma
l’armistizio il 31 ottobre 1918 con le potenze alleate e l’Austria si dissolve: a
Praga i nazionalisti proclamano la repubblica cecoslovacca, a Zagabria viene
costituito la stato iugoslavo e gli ungheresi danno vita a una repubblica
indipendente.
Il colpo decisivo all’impero ormai in sfacelo viene dato, però, dall’esercito
italiano. Il 24 ottobre il gen. Diaz ordina l’offensiva generale e a Vittorio Veneto gli
austriaci subiscono la disfatta definitiva.
Sotto la pressione della catastrofe militare anche la Germania si sgretola: l’8
novembre a Monaco viene proclamata la repubblica e il 9 anche a Berlino. I
socialdemocratici danno vita ad un governo provvisorio presieduto da Ebert e nella
notte fra il 9 e il 10 novembre Guglielmo II fugge in Olanda.
L’11 novembre 1918 una delegazione tedesca FIRMA L’ARMISTIZIO CON GLI
ALLEATI. Pochi giorni prima, il 3 novembre, l’Austria aveva firmato
l’armistizio con l’Italia. L’imperatore Carlo abdica dal trono d’Austria e Ungheria e
in Austria viene proclamata la repubblica.
E’ COSI’ FINITA LA PRIMA GUERRA MONDIALE: il bilancio fra i combattenti era
di circa 9 milioni di morti e 20 milioni di feriti gravi e mutilati.
L’8 gennaio 1919 il presidente Wilson indica i 14 punti su cui avrebbe dovuto
fondarsi la ricostruzione del mondo dopo la fine del conflitto.
1. Abolizione della diplomazia segreta così da permettere un pubblico
controllo sugli accordi internazionali.
2. Libertà dei mari
3. Libertà dei rapporti commerciali
4. Riduzione degli armamenti all’estremo limite compatibile con la
sicurezza interna dei paesi
5. Politica coloniale più illuminata tenendo conto dei diritti delle
popolazioni
6. Rispetto delle decisioni della Russia in materia politica ed
evacuazione dai suoi territori
7. Restaurazione della piena sovranità del Belgio
8. Restituzione dell’Alsazia e della Lorena da parte della Prussia ai
francesi
9. Rettifica delle frontiere italiane secondo i principi di nazionalità
10. Sviluppo autonomo dei popoli dell’Austria-Ungheria
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11. Riconoscimento dei diritti della Romania, Serbia e Montenegro e
garanzie per la loro indipendenza politica e economica
12. Autonomia delle zone non turche dell’impero Ottomano e apertura dei
Dardanelli alle navi di tutti i paesi
13. Creazione di uno stato polacco indipendente
14. Creazione di una società delle nazioni
Wilson era, comunque, portavoce consapevole degli interessi degli Stati Uniti: se
queste regole fossero state introdotte avrebbero sancito, in modo spontaneo e
naturale, la superiorità e il massimo sviluppo per gli USA.
Il 18 gennaio 1919 si apre a Parigi la conferenza di pace: appaiono subito
evidenti i contrasti tra gli obiettivi delle potenze vincitrici.
I francesi vogliono che la Germania finanzi la ricostruzione del paese distrutto dai
lunghi anni di guerra, i capitalisti francesi vogliono espandere la propria influenza in
Africa, in Asia e nei territori dell’ex impero turco
Gli inglesi, che hanno già raggiunto i loro obiettivi di distruzione della flotta tedesca
e loro conseguente eliminazione come concorrenti sui mercati internazionali, si
sentono appagati
Anche gli USA sono ormai soddisfatti
Il trattato di pace, redatto tra Francia, Inghilterra, USA e Italia è firmato il 28
giugno 1919 a Versaille (dove nel 1871 i prussiani hanno proclamato l’impero
germanico)
La Germania è accusata di essere la vera e unica responsabile della guerra e le
clausole principali che le vengono imposte sono:
1. Riduzione delle forze armate a soli 100.000 uomini
2. Abolizione del servizio di leva
3. Riduzione della flotta a un’entità trascurabile per esigenze di difesa
costiera
4. Smilitarizzazione della zona del Reno
5. Perdita di tutte le colonie e divieto di nuovi acquisti
Le perdite territoriali tedesche sono:
1. Restituzione dell’Alsazia e della Lorena
2. Cessione di tutte le colonie
Le perdite economiche tedesche sono:
1. Consegna ai vincitori della gran parte della flotta commerciale
2. Forniture di enormi quantità di carbone per 10 anni
3. Cessione alla Francia e al Belgio di grandi quantità di bestiame
4. 132 miliardi di marchi oro a titolo risarcimento danni
5. Occupazione per 15 anni della riva sinistra del Reno a garanzia del
rispetto delle clausole succitate.
La pace tra l’Intesa e l’Austria viene invece firmata il 10 settembre 1919 a
Saint-Germain, presso Parigi:
1. L’impero austro-ungarico non esiste più, perde immensi territori (la
nuova Austria si ritroverà con un ottavo del territorio originario)
2. Si formano i nuovi stati di Cecoslovacchia e Iugoslavia
3. Si ingrandiscono Polonia e Romania
4. Il Trentino fino al Brennero e l’Istria vanno all’Italia
5. Si scinde l’Ungheria
Il trattato di Trianon, il 4 giugno 1920, fissa le condizioni di pace con
l’Ungheria:
1. I suoi territori perduti vanno alla Cecoslovacchia, Iugoslavia e
Romania
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2. E’ condannata a pesanti riparazioni di guerra e a limitare
drasticamente le proprie forze armate
Il trattato di Neuilly, il 27 novembre 1919, fissa le condizioni con la Bulgaria:
1. Cessione della Tracia alla Grecia
2. Cessione della Dobrugia alla Romania
3. Cessione della Macedonia alla Iugoslavia
Assai complessa la pace con la Turchia firmato a Sevres il 10 agosto 1920:
1. Alla Gran Bretagna va il controllo dell’Iraq e della Palestina
2. Alla Francia va la Siria
3. La regione di Smirne va ai greci
4. Gli stretti, aperti a tutte le navi, cadono sotto controllo britannico
Il 28 aprile 1919 nasce la SOCIETA’ DELLE NAZIONI:
1. Cooperazione fra le nazioni
2. Non ricorso alla guerra
3. Relazioni internazionali fondate sui principi di giustizia
4. Rispetto del diritto internazionale
La Società delle Nazioni è così composta:
o Assemblea a cui partecipano tutti i paesi membri
o Un consiglio di 9 stati di cui 5 permanenti
o In caso di contrasti si sarebbe ricorso a una mediazione o a un arbitrato
o Nessun paese membro avrebbe dovuto ricorrere alla guerra.
LA RIVOLUZIONE RUSSA
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La Guerra Mondiale mette in evidenza l’arretratezza russa e fa esplodere contrasti
sociali al punto di far scoppiare la prima rivoluzione socialista.
Paradosso della rivoluzione russa è che non esplode in un paese capitalistico
avanzato, come pensava Marx, ma in uno poco sviluppato.
Il crollo dello zarismo avviene il 23 e 24 febbraio 1917 : scoppiano a Pietrogrado
scioperi contro la penuria di approvvigionamenti. Ben presto si mutano in agitazioni
politiche contro l’autocrazia zarista.
Il 25 febbraio si fermano tutte le fabbriche della capitale e il 27 si ha la svolta
decisiva: la rivolta è in effetti una vera e propria rivoluzione.
A Pietrogrado le masse degli scioperanti, a cui si sono uniti anche i soldati, si
organizzano e provvedono a eleggere un Consiglio di delegati (SOVIET).
La borghesia, sorpresa dalla rivoluzione popolare, rompe troppo tardi con lo
zarismo, solo quando capisce che altrimenti l’intero spazio politico sarebbe stato
occupato dalle forze socialiste.
Viene formato un primo governo provvisorio, su decisione della Duma,
presieduto dal principe liberale L’vov ( viene detto provvisorio perché in attesa di un
governo eletto a suffragio universale)
Dietro pressione del governo provvisorio lo zar abdica il 2 marzo del 1917 in
favore del duca Michele il quale, però, rendendosi conto delle spaccature presenti
nel governo, non accetta. La conseguenza è che l’impero diventa di fatto una
repubblica.
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Le masse degli operai e dei contadini sono rappresentate da due formazioni:
Socialrivoluzionari e Socialdemocratici (a loro volta divisi in bolscevichi e
menscevichi).
I socialrivoluzionari sono una formazione politica che raggruppa diverse correnti
poco coordinate tra loro. Essi si sentono i rappresentanti naturali delle masse
contadine.
I Socialdemocratici menscevichi e bolscevichi, al contrario, hanno le proprie radici
nelle città e nel proletariato urbano, considerato la forza fondamentale della
rivoluzione russa.
Il principe L’vov capisce ben presto di dover allargare il proprio potere, peraltro
molto fragile, e chiede al Soviet di entrare nel governo. Il Soviet accetta.
Nasce così il secondo governo provvisorio, sempre presieduto da L’vov.
Intanto nelle campagne i contadini, in conseguenza all’inerzia del governo a
prendere provvedimenti sulla questione agraria, iniziano una vera e propria rivolta
bruciando case padronali e uccidendo i possidenti. I bolscevichi, che dal canto loro
assumono un atteggiamento sempre più radicale, esortano il Soviet ad abbattere
il governo borghese e a prendere tutto il potere.
La Guerra Mondiale, tra l’altro, sorprende Lenin in Svizzera, dove si trova esiliato. Il
3 aprile 1917, tornando a Pietroburgo, fa conoscere le sue “tesi d’aprile” in cui, in
sunto, dice che l’unico partito in grado di rovesciare il potere borghese è il partito
bolscevico. Questo ha l’effetto di scatenare in luglio una repressione da parte del
governo contro i bolscevichi.
Un terzo governo provvisorio viene formato da Kerenskij. Questo governo è di
fatto minacciato da tre fattori: l’avanzata inarrestabile delle truppe tedesche,
dall’aperta volontà di dittatura degli elementi reazionari intono a Kornilov e dal
movimento bolscevico che, nonostante la repressione, si rafforza sempre di più.
Kornilov, infatti, appoggiato dagli inglesi, lancia a Kerenskij un ultimatum: si
chiedono le dimissioni del governo e il passaggio dei poteri a lui stesso. Kerenskij
reagisce prontamente ricorrendo all’ aiuto dai bolscevichi, i quali, estendono la
loro influenza. Kornilov viene arrestato e Kerenskij assume il comando supremo
dell’esercito.
La situazione precipita alla fine di settembre: due poteri in contrapposizione: il
governo da una parte e i Soviet dall’altra.
I Soviet di Pietrogrado e di Mosca sono a schiacciante maggioranza
bolscevica. Emerge la spiccata personalità di Trockij, presidente del Soviet di
Pietrogrado, che, insieme a Stalin sostiene la teoria di Lenin che spinge per
un’insurrezione diretta dai bolscevichi.
Di fatto, i bolscevichi, nella notte fra il 24 e 25 ottobre passano all’azione.
Assumono nelle proprie mani il controllo della capitale e il 25 mattina Kerenskij
fugge con la speranza di trovare al fronte truppe a lui fedeli.
Il 26 ottobre viene eletto dal congresso il primo governo rivoluzionario
socialista: il “Consiglio dei commissari del popolo” presieduto da Lenin.
Si vota a suffragio universale per eleggere l’assemblea costituente ma i risultati
sono ben lontani dalle aspettative bolsceviche. La maggioranza dei voti va ai
socialrivoluzionari. Lenin denuncia l’assemblea come roccaforte della borghesia e
la fa sciogliere. Egli rivendica il diritto del proletariato industriale come classe più
avanzata e progressiva della Russia, fra cui i bolscevichi hanno la maggioranza, e
cerca di stabilire la propria dittatura.
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LA CRISI DEL DOPOGUERRA
L’EUROPA FRA CONSERVAZIONE E RIVOLUZIONE
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Tra gi stati europei, la Gran Bretagna è quella che esce dal conflitto meno
danneggiata, grazie anche alle risorse del suo immenso impero. Verso di lei sono
fortemente indebitate Francia e Italia ma tutti lo sono, comunque, anche verso gli
Stati Uniti. I paesi sconfitti hanno debiti interni pesantissimi e può, dunque,
riassumere dicendo che tutti i paesi europei si trovano nella necessità d importare
molto più di quanto non siano in grado di pagare con le loro riserve ed esportazioni.
La conseguenza inevitabile è un rialzo dei prezzi e un’inflazione galoppante. Solo
la Gran Bretagna riesce a controllare un po’ la situazione.
Il paese in cui la crisi del 1919-20 si e fatta sentire maggiormente è la
Germania. Tra il 30 dicembre 1918 e il 1 gennaio 1919 viene fondato il partito
comunista tedesco: il programma è la rivoluzione proletaria. Tra il 10 e il 15
gennaio la repressione scatta durissima su ordine dei capi socialdemocratici
Ebert e Noske.
Come s’è visto, dunque, le speranze bolsceviche di vedere affermarsi la rivoluzione
internazionale nell’immediato dopoguerra nei paesi europei sono andate in fumo.
Nel marzo 1919, però, i russi prendono l’iniziativa di dar vita alla III Internazionale.
Il compito dell’Internazionale comunista doveva essere quello di guidare la
rivoluzione europea e mondiale.
L’Italia esce dalla guerra come potenza vincitrice ma in preda a una profonda
crisi: il suo sforzo è stato gigantesco ma, in effetti, modesto se paragonato a
Francia e Inghilterra. Ciò ha portato a un trattamento di secondo piano, per
l’Italia, al tavolo delle trattative e della pace. In più, a differenza di Francia e
Gran Bretagna, le masse popolari italiane non avevano sentito la guerra come
nazionale e patriottica ma solo come fonte di sofferenze.
E’ così che la polemica tra “neutralisti” e “interventisti” riprende violenta nel
1919. Gli interventisti, divisi in due gruppi, sono, alcuni sostanzialmente soddisfatti
dall’annessone del Trentino e dell’Istria (democratici), altri (imperialisti) un po’ meno
dato che miravano all’annessione anche della Dalmazia e di Fiume.
La “questione adriatica” (ovvero l’annessione della Dalmazia e di Fiume) suscita
in sede di trattative di pace le ostilità di Wilson che dichiara che le pretese italiane
violano i diritti di altre nazioni (Iugoslavia). Ciò porta Orlando e Sonnino (imperialisti)
ad abbandonare la Conferenza per poi farvi ritorno circa un mese dopo senza aver
ottenuto nulla di sostanziale.
Nasce, in conseguenza, tra gli interventisti imperialisti e gli strati borghesi la
frustrazione che li porta a ritenere di aver subito una vittoria mutilata.
Il dopoguerra vede la società italiana profondamente mutata: Innanzi tutto il
bilancio dello stato mostra un deficit pauroso, la moneta si deprezza sempre più,
le tasse crescono notevolmente, i prezzi salgono, la piccola e media borghesia si
trova all’improvviso impoverita e, per contro, la grande borghesia finanziaria e
industriale è stata l’unica vera beneficiaria della guerra (le fabbriche, durante il
conflitto, hanno lavorato a pieno regime). La classe operaia, organizzata nei
sindacati, ha resistito all’ascesa dei prezzi con gli aumenti salariali ma le masse
lavoratrici di contadini e piccoli proprietari hanno vita durissima.
Le condizioni precarie e il mutamento sociale diretto dai socialisti porta il
Vaticano a una decisione storica: consente la formazione di un partito di cattolici il
“Partito Popolare Italiano” nel gennaio 1919 sotto la direzione di Luigi Sturzo.
Nel loro programma i popolari prevedono, oltre alla difesa dei valori cattolici, il pieno
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riconoscimento della libertà di movimento delle proprie organizzazioni, la riforma
fiscale, la riforma elettorale secondo sistema proporzionale, il voto alle donne e lo
sviluppo della piccola e media proprietà (in contrasto con i socialisti).
Nonostante la forza propagandistica dei popolari attraverso l’opera dei parroci e
dei circoli sociali cattolici il partito maggiore restava quello socialista.
Alla fine del 1918 nasce il “movimento dei combattenti”:rivendica il valore e gli
ideali della guerra. I combattenti raccolgono consensi per lo più piccolo borghesi e
conquistano posizioni notevoli in meridione. In questo panorama si inserisce la
figura dell’ex dirigente socialista Benito Mussolini che, il 23 marzo del 1919 fonda
a Milano i “Fasci di combattimento”.
Allo scoppio della Guerra Mussolini si dichiara prima neutralista poi si sposta a
favore degli interventisti convinto che i socialisti, con il loro comportamento passivo,
si avviavano verso un dottrinarismo inerte.
I presupposti dei “Fasci di combattimento” sono la difesa della guerra e
dell’intervento, la messa in accusa della classe dirigente liberale, richieste di
mutamenti sociali e politici. In effetti il programma è poco coerente ma mette ben in
evidenza le contraddizioni dei ceti piccolo borghesi, la loro posizione intermedia fra
le grandi classi e la volontà di fare concorrenza al socialismo.
Di fatto i fascisti manifestano sfiducia nel passato e rivendicano:
o La repubblica
o Suffragio universale per ambo i sessi
o Fine della coscrizione obbligatoria
o Scioglimento della polizia politica
o Lotta agli speculatori
o Inasprimento fiscale per i ricchi
o 8 ore di lavoro
o Partecipazione degli operai agli utili aziendali
o Disarmo universale
o Convocazione di una Costituente
Di fronte alla crisi che la società sta attraversando la classe dirigente e liberale
appare improvvisamente invecchiata e questa crisi, tra l’altro, coincide con
l’organizzazione delle masse in due grandi partiti politici ben strutturati (socialisti e
popolari). Il governo Orlando cade nel giugno del ‘19 e gli succede Nitti che
rimarrà al governo un solo anno (da giugno a giugno).
Durante il governo Nitti si svolgono le elezioni generali (nel novembre ’19) e i
risultati mettono del tutto a vista la crisi liberale. Il fatto è che nessun governo
liberale può più contare su una maggioranza autonoma e quindi deve dipendere dai
socialisti o da popolari. A giugno del ’20 il governo Nitti cade e viene sostituito dal
vecchio Giolitti.
In politica estera Giolitti ha pieno successo: rinuncia al mandato dell’Italia
sull’Albania che viene riconosciuta indipendente, firma con la Iugoslavia il trattato di
Rapallo in cui l’Italia ottiene tutta l’Istria e la città di Zara, la Iugoslavia ottiene la
Dalmazia e Fiume viene dichiarata città-stato indipendente.
In politica interna affronta il conflitto del lavoro. Il più grande scoppiato nel paese
del dopoguerra: dopo che gli industriali rifiutano qualsiasi aumento salariale al
sindacato dei metallurgici (FIOM) questo proclama l’ostruzionismo (rallentare la
produzione), ma quando poi le officine Romeo di Milano risposero con una serrata
(chiusura su iniziativa padronale) la FIOM decide la l’occupazione delle fabbriche.
Giolitti agisce con abilità: rifiuta di affrontare l’occupazione delle fabbriche con la
forza militare, come invece chiedevano i conservatori, perché era convinto che si
sarebbe trasformata in una insurrezione politica. Tuttavia la borghesia vede
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nell’atteggiamento di Giolitti una sorta di debolezza del liberalismo e la grande
industria incomincia a vedere nei fascisti un utile strumento da contrapporre ai
movimenti operai. Così prese a finanziare i fasci. Siamo nel corso del 1920.
Alcune misure finanziarie prese da Giolitti creano qualche problema sia alla
borghesia ( aggravio delle tasse di successione) sia al popolo (abolizione del
prezzo politico del pane), tuttavia il deficit dello Stato diminuisce.
Il 1921 è l’anno decisivo per la crisi dello stato liberale e si intende subito che la
crisi avrebbe avuto sbocco a destra.
Nel gennaio del 1921, da un’ala estremista del partito socialista, nasce il partito
comunista italiano. L’idea è che la rivoluzione italiana, ormai matura, non ha inizio
perché la direzione del partito socialista è inadeguata. L’influenza dei comunisti
sul proletariato rimane, però, inferiore a quella dei socialisti.
Mussolini, dal canto suo, si rende conto che il movimento operaio stava perdendo
di slancio e, sempre nel gennaio del 1921, secondo il suo opportunismo, fa una
professione di fede nei confronti dei valori insostituibili del capitalismo
attirandosi le simpatie degli industriali.
Giolitti, in quell’anno, non più sostenuto dai socialisti che vedono in lui troppa
tolleranza nei confronti dei fascisti, sentendo traballare la sua maggioranza fa
sciogliere le camere e indice nuove elezioni per il maggio del 1921. I primi sei
mesi del ’21, comunque, sono anche contrassegnati da una devastante violenza
fascista nei confronti di socialisti, sindacalisti e gente comune.
Dopo i risultati elettorali Giolitti rinuncia a formare il governo e ciò indica che
lo stato liberale si avvia verso la fine decisiva.
LE POTENZE DEMOCRATICO-LIBERALI NEGLI ANN 20 E 30
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Il 1920 è un anno importante anche per gli Stati Uniti. Le donne ottengono il
diritto di voto e le elezioni di quell’anno chiudono un’epoca e ne aprono un’altra:
quella dell’isolazionismo di Harding (che viene eletto nuovo presidente) che durerà
un ventennio. Il programma è far fruttare la forza economica statunitense
promuovendo lo sviluppo produttivo interno. E’ anche l’anno del proibizionismo e
dell’avversione profonda verso i neri e verso gli stranieri in generale. E’ l’anno della
nascita del KU KLUX KLAN (setta che si erge a giustiziere dei cattolici, dei neri e
degli ebrei).
La crisi scoppiata nel ’29 con il crollo della borsa di NY interrompe la lunga
stagione del benessere economico. La crisi continuerà fino al ’32 e in quegli anni gli
Stati Uniti appaiono, addirittura, come una potenza povera.
Gli anni 30 e 40 sono dedicati a una sorta di ricostruzione economica e l’uomo
simbolo ne è Roosvelt. Eletto presidente proprio nel ’32, vara il New Deal ovvero
una sorta di Stato sociale favore delle persone più svantaggiate.
Nei 20 anni tra 1920 e il 1939, anno di inizio della 2° Guerra Mondiale, la Gran
Bretagna, pur ancora molto potente è in declino. Nel ’26 s verifica un’ondata di
agitazioni sociali e scioperi senza precedenti e i disoccupati sono diventati una
massa considerevole: circa 1 milione. Un altro problema importante è il rapporto
con le colonie dell’impero: mentre quelle più evolute come Canada, Australia e
Sud Africa diventano sempre più autonome, più complesso è il rapporto con il
Medio Oriente, l’Egitto e l’India.
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La più antica di queste colonie è senz’altro l’India e proprio negli anni della 1°
Guerra Mondiale in quelle terre emerse la figura di un leader importantissimo: il
Mahatma Ghandi, promotore del nazionalismo indiano.
Ghandi, negli anni precedenti al 1915 ovvero il suo ritorno in India, lavorava in Sud
Africa come avvocato proteggendo i lavoratori indiani nelle miniere. Una volta
tornato in India, nel 1915 appunto, si mise a capo della lotta per
l’indipendenza.
Il governo britannico affronta il nazionalismo indiano con una serie di leggi di
riforma e la più importante è l’”India act” del 1935: viene costituita una federazione
indiana e allargato il suffragio per l’elezione di un’assemblea legislativa pur
restando il paese sotto il controllo inglese. L’India si trova, così, a metà strada tra il
colonialismo e l’indipendenza acquistata. Tale condizione non poteva essere
accolta dai nazionalisti che voleva un’indipendenza senza limitazioni.
L’AVVENTO DEL FASCISMO IN ITALIA E LA REPUBBLICA DI WEIMAR
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In Italia, le elezioni del 1921, come abbiamo visto, non hanno dato a Giolitti il
risultato sperato e da qui le dimissioni da presidente del Consiglio. L’idea forte di
Giolitti, ma perdente, era quella di costituzzionalizzare il fascismo ovvero di
renderlo meno sovversivo, assorbendolo nella maggioranza parlamentare, e
spegnerne gradatamente gli effetti destabilizzanti. Il progetto non va in porto.
A Giolitti succede Bonomi, il quale costituisce un governo di coalizione con i
liberali, popolari e socialriformisti. Mussolini entra, così, per la prima volta al
parlamento come uno dei 35 deputati fascisti eletti nei “blocchi nazionali”
Mussolini, a questo punto, cerca di stabilire migliori rapporti con il Vaticano e
con la monarchia in quanto si rende conto che non avrebbe potuto diventare una
forza di governo senza quegli appoggi. Al congresso del novembre 1921 il
movimento fascista si trasforma nel Partito Nazionale Fascista.
Vi è un’unica soluzione per fermare i fascisti: un’intesa tra i due partiti di
massa: il partito popolare e il partito socialista. Ogni intesa, però, è impossibile:
troppi sono i reciproci sospetti e le divergenze.
Il 1922 è l’anno in cui il fascismo si organizza sul piano sindacale cogliendo i
successi delle violenze contro il movimento operaio. Nel Partito Socialista, intanto,
popola scissione dei comunisti nel gennaio del ’21, se crea un’altra: la maggioranza
massimalista, guidata da Serrati, espelle i riformisti che fondano il Partito Socialista
Unitario.
Mussolini capisce, allora, di avere via libera e si muove rapidamente su due
fronti: quello della violenza armata e quello della politica. Il 27 ottobre 1922
l’esercito delle “camicie nere” entra in azione e si dispiega nell’Italia
settentrionale e centrale pensando alla “marcia su Roma”.
Sostenuto dalla Confindustria, Mussolini, è deciso a chiedere l’incarico di
formare un nuovo governo dato che Facta, succeduto a Bonomi, si era appena
dimesso e nel pomeriggio del 29 viene informato che il re accetta le sue condizioni
(il re teme di mettersi contro i fascisti che sono sostenuti dalla classe dirigente).
Il ministero di Mussolini assume la forma di un governo di coalizione ma, in
effetti, è la vittoria del fascismo sulla vecchia classe dirigente liberale. Pur
disponendo di solo 35 deputati al parlamento i fascisti hanno dietro di loro
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l’appoggio attivo degli industriali, degli agrari, dei comandi militari, dell’alta
burocrazia, degli ambienti di corte e della magistratura.
La maggioranza liberale ritiene, però, un esperimento fascista ed è dominante la
convinzione che avrebbe rappresentato un governo transitorio di breve vita.
In Germania le elezioni del ’20 hanno determinato una svolta nella situazione
politica, portando alla formazione di un governo diretto da un esponente del centro
Cattolico. La repubblica di Weimar ha un unico “cemento” che tiene unita tutta la
nazione: il trattato di Versailles, che ha chiuso la 1° Guerra Mondiale, è considerato
un diktat che un giorno avrebbe dovuto essere respinto. Per il resto gli equilibri
sociali e politici sono quanto mai precari.
Nell’agosto del ’20 il Partito operaio tedesco prende il nome di Partito
nazionalsocialista tedesco. Un anno dopo vengono organizzate le SA, squadre di
assalto per la difesa e l’attacco contro gli avversari.
Attorno a Hitler si riuniscono a Monaco uomini come Rosenberg, Hess,
Strasser, Rohm e Goring. Il nazismo resta in un primo tempo un movimento locale
bavarese ed emerge sulla scena nazionale nel corso del 1923. In novembre,
infatti, Hitler tenta di prendere il potere con un Putsch che fallisce miseramente,
viene arrestato e condannato a 5 anni, il partito nazista viene messo fuori legge e in
prigione Hitler scrive la prima parte del “Mein Kampf”.
Uscito di prigione dopo meno di un anno, Hitler si accinge a dare una nuova
strategia al partito che nel 1925 torna legale e si ricostituisce. Influenzato
dall’esempio di Mussolini capisce che è impossibile arrivare al potere con la
violenza, bisogna seguire la strada della legalità e dell’alleanza con la classe
dirigente.
Le elezioni tedesche del 1930 si svolgono in un clima di tensioni e violenze fra
nazisti e comunisti. Queste elezioni sono di importanza cruciale nella repubblica di
Weimar, nella storia, dunque, del trapasso da repubblica a dittatura.
Nel 1931 tutte le forze conservatrici, ormai decise a liquidare la repubblica, si
uniscono e si costituiscono in un fronte unitario e dietro di loro si colloca a sostegno
la grande industria.
Nel 1932 ci sono nuove elezioni che segnano il trionfo nazista e Hitler ormai
aspira al cancellierato, ovvero al ruolo di primo ministro.
Agli inizi del ’33 il presidente della repubblica Hidenburg nomina Hitler
cancelliere del Reich. La repubblica di Weimar è storicamente finita.
FASCISMO E NAZISMO AL POTERE
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Mussolini diventa presidente del consiglio nell’ottobre del ’22. Gli ani tra il ’22
e il ’26 sono il periodo di trapasso in cui il fascismo ha distrutto le istituzioni
ereditate dallo Stato liberale: viene trasformato in una dittatura.
Giunto al potere costituisce il Gran Consiglio del fascismo, una sorta di suprema
direzione del partito, nasce la Milizia Volontaria per la sicurezza nazionale, una
organizzazione non statale ma di partito e realizza la fusione tra partito fascista e
partito nazionalista. Assume un atteggiamento sempre più ostile nei confronti del
partito popolare ma stringe migliori rapporti con il Vaticano e nel ’23 viene
approvata la riforma della scuola “Gentile” che segnerà la fine della scuola laica per
dare peso alla dottrina cattolica.
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Una nuova legge elettorale prevede che la lista di maggioranza avrebbe
ottenuto i due terzi dei seggi alla camera. Il parlamento è ormai un docile
strumento nelle mani del partito di governo e il disegno perverso è quello di
cancellare il sistema parlamentare.
Nel ’24, dopo le elezioni, il segretario del partito socialista Matteotti, tenta in vano
di mettere sotto accusa la validità delle elezioni stesse evidenziando le violenze
fasciste durante la campagna elettorale. Con questo segna la sua sentenza di
morte: il 10 giugno viene rapito e ucciso da sicari fascisti.
I comunisti guidati da Gramsci sono convinti che la “crisi Matteotti” sia la crisi
della borghesia e propongono alle opposizioni di costituirsi in un fronte unico: il
“vero parlamento delle opposizioni” in contrasto con il parlamento fascista e di
ricorrere allo sciopero generale.
I gruppi dell’Aventino (secessione dell’Aventino: i deputati non fascisti decidono di
non partecipare più ai lavori della camera) respingono l’offerta comunista ancora
fiduciosi nel re.
La trasformazione definitiva dello stato liberale in regime avviene attraverso
una serie di leggi dette “fascistissime”:
 Il presidente del consiglio muta in capo di governo
 Il capo di governo viene nominato e revocato dal re
 I ministri non sono più responsabili di fronte al potere legislativo
 Il capo del governo decide di cosa deve discutere il parlamento
Alla fine del ’26 vengono annullati tutti i passaporti, soppressi i giornali antifascisti,
sciolti i partiti di opposizione e viene istituito il confino per gli oppositori. Inizia
l’inquadramento dei bambini sotto i 12 anni nell’organizzazione dei “figli della lupa”,
tra i 12 e i 18 anni nell’Opera nazionale balilla e nel ’37 tutte le organizzazioni della
gioventù vengono inquadrate nella “Gioventù italiana del littorio”
Nel ’29 il risultato plebiscitario delle elezioni viene raggiunto anche grazie
all’invito della Chiesa che ha suggellato uno storico accordo fra lo stato fascista e la
Chiesa stessa. Avviene la cosiddetta “conciliazione” ovvero la firma nel palazzo
del Laterano di un accordo: i patti lateranensi. Comprendono tre parti: un trattato,
una convenzione finanziaria e un concordato.
I patti lateranensi (11 febbraio ’29) lasciano soddisfatti sia lo stato fascista sia la
Chiesa ma non tutti i problemi vengono appianati. Le due parti, infatti, nel ’31
entrano in conflitto per la questione dell’Azione cattolica. L’oggetto della
contesa sono la gioventù e la sua educazione. Il fascismo mira ad affermare in
questo campo i suoi esclusivi diritti mentre la Chiesa intende mantenere in modo
autonomo l’organizzazione cattolica dei giovani. Si arriva comunque a un
compromesso.
POLITICA ESTERA DELL’ITALIA FASCISTA
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Come abbiamo già visto l’Italia, come vincitrice della guerra, ha ottenuto dei
vantaggi dagli accordi di pace ma non è del tutto soddisfatta: non vi sono stati
adeguati compensi coloniali.
La crisi economica del ’29 seguito al crollo di Wall Street, la fortissima riduzione
degli scambi internazionali e l’affermazione di politiche autarchiche in Italia e
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Germania hanno contribuito in maniera determinante a provocare lo
sconvolgimento degli equilibri e la fine delle illusioni pacifiste.
Giappone, Italia e Germania, poveri di risorse, senza imperi coloniali e sentendosi i
parenti poveri del mondo chiedono una redistribuzione delle risorse mondiali che
metta un freno alla rapacità dei paesi più ricchi.
Mussolini considera l’ascesa del nazismo come la dimostrazione che il
fascismo è una forza internazionale e che un uso moderato della forza tedesca
avrebbe costituito un contrappeso alla Francia e che questa sarebbe stata, così,
disposta a costituire u nuovo equilibrio. Per questo Mussolini propone un “patto
a 4” tra Francia, Gran Bretagna, Italia e Germania per mantenere la pace sulla
base duna revisione dei trattati di pace.
Questo progetto suscita l’allarme dell’Unione Sovietica e la Francia chiede di
portare il problema in consiglio alla Società delle Nazioni il che ha significato
riconfermare lo status quo.
Mussolini, però, non rinuncia all’idea di dare all’Italia un grande impero
dilatando quello già esistente. Questi propositi pongono le basi per un
accostamento dell’Italia ai nazisti. Nel ’34 matura l’idea della conquista
dell’Etiopia, anche perché la crisi interna italiana si faceva sentire ancora in modo
pesante, e nell’ottobre ’35 l’Italia sferra l’attacco provocando una situazione che
determina la crisi totale della Società delle Nazioni (l’Etiopia è ne è membro come
l’Italia)
L’apparato propagandistico interno sfrutta a fondo la situazione esaltando lo
spirito nazionale e facendo credere che l’Italia, con le sue truppe, è in grado di
fronteggiare i 50 paesi della SDN. Sul piano militare l’Etiopia non è in grado di
resistere, l’Italia ha mosso un esercito con un’enorme larghezza di mezzi e nel
novembre ’35 il comando è assunto dal generale Badoglio. Il 3 maggio ’36 il
Negus fugge in esilio, il 5 Badoglio entra in Addis Abeba. La guerra è finita.
Durante la guerra l’Italia è stata assoggettata dalla SDN a una condanna come
aggressore. Vengono approvate sanzioni economiche e il divieto a tutti i paesi di
esportare in Italia diversi materiali di interesse militare oltre che il divieto di
concedere crediti.
Mentre l’Italia è impegnata nella guerra d’Africa e i suoi rapporti con Gran Bretagna
e Francia sono sempre più tesi, la Germania prende un’iniziativa volta a
dimostrare la debolezza proprio di Francia e GB: dichiara il 7 marzo ’36 che il
patto franco-sovietico ha una chiara impronta antitedesca il che rendeva
necessario un consolidamento dei confini ad occidente. Pensa di occupare la
Reanania militarmente. La SDN condanna solo verbalmente la Germania e la
rimilitarizzazione della Renania segna il crollo dell’assetto europeo dei trattati
del 1919.
LA GUERRA CIVILE SPAGNOLA
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Nell’estate del ’36 in Spagna scoppia una guerra civile di enormi
conseguenze. Si fronteggiano da un lato i repubblicani antifascisti e dall’altro i
reazionari fascisti sostenuti dall’Italia e dalla Germania.
La guerra dura dal ’36 al ’39 e termina con la vittoria dei fascisti spagnoli. La
situazione della Spagna è quella di una nazione povera e in crisi che, tra l’altro, si
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trascina una pesantissima arretratezza economica e un’incredibile corruzione
politica.
La guerra civile assume subito un carattere ideologico sociale generale:
accanto ai franchisti (reazionari fascisti) ci sono i conservatori di tutto il mondo e la
Chiesa cattolica che denuncia i repubblicani come comunisti atei. Accanto ai
repubblicani ci sono gli antifascisti, dai democratici borghesi ai socialisti e ai
comunisti. La repubblica si trova presto in un’irrimediabile debolezza militare:
non ha armi e non ha mezzi. Al contrario, i falangisti, aiutati da Germania e Italia in
modo massiccio sono assai ben equipaggiati.
Il fatto che l’Unione Sovietica sia l’unica che aiuti i repubblicani spagnoli da ai
comunisti un’influenza sempre maggiore e li mette in condizione, col tempo, di
assumere il controllo delle forze armate.
La guerra si profila, comunque, irrimediabilmente persa per i repubblicani che sono
relativamente saldi solo nella Spagna orientale. Le brigate internazionali (comunisti)
si ritirano, l’Unione Sovietica riduce drasticamente i suoi aiuti e l’esercito
repubblicano è ormai in disfacimento. Il 27 febbraio ’39 Francia e Gran Bretagna
riconoscono i regime franchista e in marzo i soldati di Franco fanno il loro
egresso a Madrid.
C’è ancora da dire che quando scoppia la guerra civile si pone immediatamente,
per le potenze europee, il problema dell’atteggiamento da prendere. La Francia
prende l’iniziativa di proporre il “non intervento” delle potenze nella speranza che gli
stati fascisti operino un sostegno massiccio ai ribelli spagnoli. GB, Germania e Italia
aderiscono ma ciò, come abbiamo visto, si rivelerà una truffa ai danni della Spagna
repubblicana. Germania e Italia violeranno del tutto l’accordo.
ASSE ROMA-BERLINO
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L’intervento nella guerra spagnola di Germania e Italia a fianco dei nazionalisti ha
come conseguenza un avvicinamento dei due stati. Il che significa l’allineamento
della politica italiana a quella tedesca.
Mussolini rinuncia, così, a contenere la minaccia nazista in Europa. Il 24 ottobre
’36 Italia e Germania firmano un accordo chiamato “asse Roma-Berlino”.
I punti su cui si basa sono:
 Permanenza solo strumentale dell’Italia nella SDN
 Impegno comune a lottare contro il pericolo bolscevico
 Sostegno a Franco
 Collaborazione economica nei Balcani
 Riconoscimento tedesco della conquista italiana in Etiopia
Un mese dopo, il 25 novembre del ’36, la Germania firma un altro trattato con
il Giappone detto “patto anti-comintern” contro l’Internazionale comunista. A
questo punto l’asse Roma-Berlino e Berlino-Tokyo possono triangolarsi nell’asse
Roma-Berlino-Tokyo. L’Italia annuncia il suo ritiro della SDN e Hitler può ritenere
conclusa la prima fase del suo progetto: la ricostruzione della potenza tedesca.
Si appresta a realizzare la seconda: l’unificazione nel Terzo Reich di tutti i
tedeschi europei (Austria e Cecoslovacchia).
In Austria, sotto le minacce di Hitler, il cancelliere in carica si dimette e al suo
posto viene nominato un fantoccio nazista. Quest’ultimo poco dopo richiede
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l’intervento delle truppe tedesche per salvare il paese dal “caos” e, in marzo ’38,
l’Austria viene annessa come Ostmark (provincia orientale). Tutto ciò accade senza
che nessuna potenza muova un solo dito. Anche Mussolini, ovviamente, lascia fare.
Assimilata l’Austria, Hitler può rivolgersi alla Cecoslovacchia con tranquillità.
La Francia è legata alla Cecoslovacchia da un preciso patto di alleanza ma
Chamberlain, primo ministro inglese, fa sapere che non combatterà per un lontano
paese “del quale si sa poco”. Chamberlain, però, chiede a Mussolini di fare da
mediatore presso Hitler: il Duce accetta. Si arriva a una conferenza a Monaco
(settembre ’38). Gli accordi vengono considerati provvidenziali per aver salvato la
pece ma in realtà sono solo una copertura diplomatica per lo strangolamento della
Cecoslovacchia. Infatti il 1° ottobre le truppe tedesche penetrano nel paese. Hitler si
accorda con la GB a risolvere ogni divergenza mediante negoziati e firma con la
Francia un trattato di non aggressione. Ha vinto su tutta la linea.
Ma tutto ciò non basta. Ora Hitler si rivolge alla questione Polacca. Danzica è
una città a popolazione tedesca, il cui territorio spezza la continuità tra la Prussia
orientale e il resto del Reich. La Germania chiede Danzica alla Polonia. La
Polonia rifiuta. Pochi giorni dopo le truppe tedesche invadono il distretto di Memel
sottraendolo alla Lituania.
Intanto anche ‘imperialismo italiano si mette in movimento. Mussolini guarda
con ammirazione le operazioni di Hitler e non vuole restare in disparte. L’Italia
passa all’azione in Albania: Il 7 aprile ’39 le truppe italiane sbarcano nel paese, il
re fugge in Grecia a Vittorio Emanuele III cinge la corona albanese.
Il 22 maggio ’39 le due potenze, Germania e Italia, stringono il “patto
d’acciaio” firmato dai due ministri degli esteri (per l’Italia è Ciano). Questo patto
mette l’Italia alla mercè dei piani più aggressivi della Germania. Il patto d’acciaio
stabilisce che se una delle due potenze entra in guerra l’alleanza scatta
automaticamente.
L’Unione Sovietica guarda con estremo timore l’espansionismo tedesco e per
questo cerca di avviare trattative con Francia e GB. Le trattative si arenano in fretta.
Compie, allora un gesto clamoroso: decide di accettare le proposte della Germania
la quale offre ai sovietici la possibilità di una normalizzazione dei loro rapporti.
Stalin ordina alla sua diplomazia di stringere le trattative che sfociano in un
trattato di non aggressione chiamato “patto nazi-sovietico”. Al trattato fa
seguito un protocollo segreto: i due stati si accordano per spartirsi la Polonia e,
quindi, Stalin da mano libera a Hitler per un’invasione.
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SECONDA GUERRA MONDIALE
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1939-1945 tutti i continenti sono coinvolti nella
2° Guerra Mondiale con
operazioni militari di intensità senza precedenti in Europa, Africa, Asia sia sugli
oceani che nei cieli, con enorme mobilitazione di risorse materiali e umane.
La guerra trascina nel conflitto anche la popolazione civile.
Mentre la 1° Guerra Mondiale è combattuta dagli eserciti, durante la 2° Guerra
Mondiale la popolazione civile è colpita da distruzioni, coinvolta nelle operazioni
belliche attraverso la guerra partigiana, costretta dallo spostarsi dei fronti a
trasferimenti collettivi, fatta oggetto di persecuzioni di massa.
L’estrema mobilità dei fronti fa sì che un gran numero di stati vengano occupati e di
seguito abbandonati e tutto un “volto” dell’Europa cancellato con i suoi tesori di arte
e cultura.
La mobilitazione totale delle risorse umane e tecnologiche porta l’industria a
diventare la protagonista principale e mette in luce superiorità della coalizione antifascista e anti-giapponese: gli Stati Uniti.
Anche durante la 2° Guerra Mondiale le potenze occidentali fanno della
democrazia e della pace internazionale la
loro bandiera ideale, in
contrapposizione al militarismo e all’autoritarismo del fascismo e del suo alleato
giapponese.
Le potenze fasciste e il Giappone invece agitano il mito di un nuovo ordine che può
dare ai paesi giovani e poveri il diritto di creare un nuovo ordine internazionale
ponendo fine all’imperialismo delle vecchie e ricche potenze democratiche e la
rivolta contro il bolscevismo.
In Jugoslavia, Russia, Francia, Italia, Grecia, Cina e molti altri paesi l’opposizione a
nazisti, fascisti e imperialisti nipponici dà origine al fenomeno della resistenza
armata da parte di civili e militari dietro le retrovie del nemico.
La 2° Guerra Mondiale inizia il 1° settembre 1939, quando la Germania attacca
la Polonia senza una dichiarazione di guerra.
Il 3 settembre Francia e Gran Bretagna dichiarano guerra alla Germania.
Il 5 settembre Stati Uniti e Giappone dichiarano la loro neutralità.
Il 17 settembre, nel rispetto del patto nazi-sovietico, le truppe sovietiche iniziano
l’occupazione della Polonia.
L’esercito polacco, però, è del tutto impreparato all’attacco delle forze tedesche e
di fatto la guerra termina il 18 settembre. I tedeschi sono fautori di un’occupazione
brutale mentre la Francia e la GB, sorprese da una così rapida conclusione del
conflitto, si trovano a combattere una “strana guerra”: dichiarata ma non
combattuta. Infatti per mesi e mesi, fino al maggio ’40, non si spara un colpo.
A smuovere le acque ci pensa l’unione Sovietica attaccando la Finlandia che,
sempre in funzione del protocollo segreto del patto nazi-sovietico, rientra nella
sfera di influenza Russa.
Hitler, il 9 aprile ’40, occupa la Danimarca e la Norvegia e il 10 maggio ordina
alle armate tedesche di iniziare l’offensiva a occidente contro la Francia e la GB
corsa in suo aiuto. Per colpire la Francia sul suo lato più debole, i tedeschi
invadono Paesi Bassi, Belgio e Lussenburgo senza dichiarazione di guerra e in
spregio alla loro neutralità. Il 14 giugno del ’40 Parigi viene occupata. Il governo
francese fugge e si trasferisce a Bordeaux. La linea Maginot è stata un
fallimento totale. Orgoglio dell’ingegneria militare francese, la linea fortificata, è
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stata aggirata ed evitata dai tedeschi. Infatti era stata costruita ingenuamente sul
confine tra Francia e Germania… I tedeschi passano dal Belgio.
Intanto, in Gran Bretagna, Chamberlain, la cui debolezza ha trascinato l’impero in
situazione drammatica, viene sostituito da Winston Churchill proprio il giorno i
cui la Germania attacca la Francia: il 10 maggio 1940.
Bisogna ricordare che il 1° settembre19’39, quando scoppia la 2° Guerra Mondiale,
l’Italia, assolutamente impreparata a un conflitto, dichiara la sua non belligeranza
che durerà fino al 10 giugno ’40 quando la Francia viene sconfitta.
I travolgenti successi nazisti spingono, il 10 giugno del ’40, Mussolini a entrare in
guerra contro la Francia e la Gran Bretagna per non correre il rischio di essere
escluso dalla vittoria.
La Francia, sconfitta sul proprio territorio e in preda a una crisi politica totale,
decide di firmare l’armistizio con la Germania e il 24 giugno ’40 è la volta
dell’armistizio con l’Italia. Ma non tutta la Francia è disposta a subire questa
umiliazione: il Generale Charles De Gaulle, riuscito a fuggire in Inghilterra, esorta i
francesi a non cedere e a continuare la guerra contro i tedeschi.
L’Italia nei piani di Mussolini avrebbe dovuto condurre una guerra parallela a quella
tedesca avente per linee direttrici l’espansione nel Mediterraneo e nel settore
danubiano-balcanico.
Le truppe italiane passano all’attacco sul fronte alpino il 21 giugno 1940 dopo che
Petain aveva già chiesto l’armistizio ai tedeschi.
Nel giugno ’40 sembra che, con la caduta della Francia, la posizione
dell’Inghilterra sia compromessa e, quindi, sia prossima alla resa. Ma
l’Inghilterra è in una posizione diversa da quella della Francia: la sua flotta, prima al
mondo, mantiene una superiorità schiacciante su quella tedesca ed è pronta a
contrastare un attraversamento della Manica.
Hitler, infatti, decide di preparare l’operazione “leone marino” cioè l’invasione
della grande isola. L’aviazione inglese, grazie anche all’utilizzo dei primi radar,
respinge con grande successo l’attacco tedesco e Hitler, non riuscendo a creare le
condizioni per uno sbarco sospende l’operazione “leone marino” e la rinvia senza
una data precisa; si ferma così lo slancio di conquista del nazismo ed inizia una
guerra di usura.
Non riuscendo a ottenere un decisivo successo militare i nazisti intensificano i
bombardamenti terroristici contro le città per determinare il crollo morale della
popolazione.
Severamente provata dalla resistenza dell’aviazione inglese, la Germania tenta
un’altra strategia: far cedere la Gran Bretagna sul fronte dei rifornimenti marittimi.
Atlantico e Mediterraneo diventano teatro di scontri durissimi dove i sottomarini
tedeschi sono i protagonisti assoluti : l’obiettivo è affondare i mercantili nemici.
Mussolini vuole fare la sua parte: pensando che, come per la Francia, la caduta
inglese sia imminente e volendo una parte nella divisione dei bottini, attacca gli
inglesi in Africa (agosto ’40).
Dapprima ci sono alcuni successi per l’Italia (le truppe del duca Amedeo d’Aosta
partendo dall’Etiopia penetrano nel Sudan e nella Somalia inglese nell’agosto del
‘40, poi a settembre l’offensiva in direzione di Alessandria d’Egitto ma la
controffensiva inglese si fa sentire e il mito di una guerra facile in Africa tramonta
ben presto (ottobre ’40).
Altro obiettivo di Mussolini è la Grecia. Il 28 ottobre ’40 l’Italia invade la Grecia
dopo che 27 settembre Germania, Italia, e Giappone firmarono a Berlino il patto
tripartito col quale vennero tracciate le linee generali del mondo dominato dalle
potenze fasciste e dai nipponici.
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L’offensiva contro la Grecia condotta con truppe inadeguate già verso metà
novembre si delinea come fallimento di fronte all’efficace difesa greca ma la
situazione è salvata dall’intervento tedesco del 6 aprile ’41 che inizia sia la
campagna di Grecia che quella di Iugoslavia. La Grecia capitola il 21 aprile 1941.
Anche la situazione africana è salvata dai tedeschi tranne che per l’Etiopia
dove gli inglesi, occupandola, permettono al Negus di rientrare ad Addis Abeba.
L’11 novembre gli inglesi decidono di attaccare la flotta italiana a Taranto,
prendendo le mosse dalla loro base a Malta, infliggendo gravissime perdite.
Gli USA, intanto, di fronte alla crisi europea, attenuano la posizione di
neutralità: una legge recente, 4 novembre, stabilisce che i paesi in guerra
possano acquistare merci e materiale bellico americano purché paghino e
trasportino con mezzi propri. Questa è chiaramente una scelta a favore della
Francia e della GB che hanno il controllo dell’Atlantico.
E’ una vera svolta: gli USA con queste misure abbandonano la neutralità. Dopo il
crollo della Francia e la disperata situazione della Gran Bretagna, Roosevelt
accelera la preparazione militare statunitense e cede agli inglesi 50
cacciatorpedinieri in cambio della concessione di basi aeronavali.
Roosevelt che viene rieletto per la terza volta nelle elezioni del novembre ’40.
Per aiutare ulteriormente la Gran Bretagna l’11 marzo 1941 il principio del “paga e
trasporta” viene modificato nella legge “affitti e prestiti” cioè diventa possibile
ottenere aiuti senza pagare immediatamente.
La solidarietà anglo-statunitense si esprime anche su piano politico: il 14 agosto
del 1941 Roosevelt e Churchill si incontrano. I due firmano una dichiarazione
comune, a bordo di una nave inglese al largo di Terranova, passata alla storia
come “Carta Atlantica” destinata a fissare i nuovi termini di una ricostruzione
mondiale. La politica di Roosevelt è quella di portare chiaramente ad una guerra
contro l’Asse.
E’ il Giappone a spingere definitivamente gli USA in guerra: il 7 dicembre 1941
aerei giapponesi, senza alcuna dichiarazione di guerra, attaccano Pearl Harbor
provocando danni enormi. La guerra è ormai realmente mondiale anche perché
alcuni mesi prima la Germania aveva attaccato la Russia.
Il problema è stato l’invasione tedesca della Iugoslavia che aveva, qualche
tempo prima, stretto un trattato di amicizia con l’URSS. Il 22 giugno 1941 Hitler
inizia l’invasione del territorio sovietico appoggiato anche da Finlandia, Romania e
Ungheria per un totale di circa 3 milioni di uomini con 10.000 carri armati e 3.000
aerei. Confida in una rapida vittoria che gli avrebbe portato enormi risorse
economiche che gli avrebbero permesso di sconfiggere l’isolata Inghilterra e
dettare il nuovo ordine.
Stalin non riesce a credere alla follia di Hitler che, attaccando il suo paese, si
impegnava contemporaneamente sia sul fronte occidentale che su quello orientale.
Stalin esorta il popolo sovietico a una dura resistenza contro i nazisti e
quando questi vengono sorpresi dall’inverno russo i giochi si fanno difficili. I
tedeschi si arenano sul fronte che va da Sebastopoli e Leningrado e l’esercito
sovietico ha, così, il tempo di riorganizzarsi. Quando nel giugno del ’42 lancia
un’offensiva generale, centro degli scontri è Stalingrado, i russi combattono con
un accanimento senza pari, strada per strada. I combattimenti proseguono fino al
marzo del ’43 quando i tedeschi vengono ricacciati al di là del Don. La battaglia
per Stalingrado è stata la battaglia più grande di tutta la storia umana. Hitler
ordina 4 giorni di lutto nazionale.
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Le ambizioni imperiali del nazismo sono stroncate dall’Armata Rossa che godrà
di enorme prestigio e Stalingrado diviene il simbolo della riscossa contro il crudele
totalitarismo nazista.
Se l’inizio del ’43 segna un’importante sconfitta dell’Asse in Russia, la fine
del ’42 segna l’importante sconfitta dell’Asse in Africa. Il generale inglese
Montgomery, che ha ricevuto sostanziali rinforzi, lancia una controffensiva generale
verso le forze dell’Asse. Si combatte furiosamente nei pressi di El Alamein e la
battaglia si conclude in un disastro per gli italo-tedeschi.
Agli inizi del ’43 si è così determinata una svolta in tutti i grandi settori strategici
della guerra: è finito lo slancio offensivo dell’Asse e l’iniziativa è in mano a
USA, GB e URSS.
Di fronte alle sconfitte militari il fronte interno italiano mostra la sua debolezza
mettendo in luce il divario tra il regime fascista con le sue promesse di grandezza
imperiale e le masse popolari colpite sempre più nel loro tenore di vita.
La conquista della Tunisia da parte alleata costituisce il preludio per
l’invasione della Sicilia. Nel giugno del ’43 cade l’isola fortificata di Pantelleria e
in luglio la Sicilia viene investita dalle forze anglo-canadesi-statutinetensi.
Segno grave per il regime erano stati scioperi del 1943 nelle fabbriche dell’Italia
settentrionale per motivi di natura economica ma di significato politico perché
erano una chiara protesta verso il fascismo.
La crisi del fascismo è sempre più vicina.
Il 19 luglio Mussolini si incontra a Feltre con Hitler; Mussolini non aveva saputo
mettere in atto una politica che tirasse le somme della situazione quindi il re che
voleva attuare una manovra di sganciamento dalle sorti del vacillante regime su
base politico-sociale conservatrice decide di sbarazzarsi di Mussolini.
Dino Grandi nella seduta del Gran Consiglio del fascismo del 24-25 luglio ‘43
assume l’iniziativa di mettere in minoranza Mussolini
su un programma
(eliminazione strutture totalitarie, ripristino statuto e riassunzione del re di
prerogative costituzionali) che convergeva con quello della monarchia
Il 25 luglio con un ordine del giorno di Grandi approvato a maggioranza (19 si, 7 no
e 1 astensione: fra i si anche quello di Ciano genero di Mussolini ).
Il re, allora, nomina il maresciallo Badoglio capo del governo e fa arrestare
Mussolini (25-26 luglio ’43).
La notte tra 25 e 26 luglio è di grande entusiasmo popolare; il re assume il
comando delle forze armate.
La caduta del fascismo faceva gravare sull’Italia la minaccia della reazione
tedesca che diffidava della monarchia e di Badoglio, nonostante questi avesse
dichiarato che l’Italia rimaneva fedele all’Alleanza.
Per il timore della reazione fascista e dei movimenti anti-monarchici e rivoluzionari,
Badoglio il 26 luglio costituisce un governo di militari e alti burocrati, smantella gli
apparati della dittatura fascista e organizza la repressione di manifestazioni
popolari.
Badoglio avvia trattative segrete con gli alleati e chiede l’armistizio in quanto
l’Italia non è in grado di fronteggiare la lotta impari contro gli avversari. La
confusione è al massimo: l’esercito, lasciato senza istruzioni, va disgregandosi e
il 9 settembre il re e Badoglio abbandonano Roma e fuggono a Brindisi occupata
dagli alleati. La risposta tedesca è fulminea. Circondata Roma la occupano con
duri combattimenti contro i reparti dell’esercito italiano a cui si uniscono elementi
popolari. E’ il primo atto armato della Resistenza italiana.
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Chiaramente la sorte delle truppe italiane all’estero è tragica. Parte di esse
viene fatta prigioniera dai tedeschi e portata nei campi di concentramento in
Germania, parte uccisi. Il “governo dei 45 giorni” di Badoglio porta l’Italia fuori
dall’alleanza con i nazisti ma lo fa in modo così inefficiente da determinare una
tragedia lasciando campo libero ai tedeschi.
Per gli alleati il fronte aperto in Italia è secondario e non può costituire una
svolta strategica decisiva. Arrivano alla decisione di aprire un nuovo fronte,
questa volta in Francia, durante la conferenza di Teheran (28 novembre-1
dicembre 1943) avvenuta tra Roosevelt, Churchill e Stalin.
Ai primi di settembre avviene lo sbarco degli alleati in Italia a Salerno e in Calabria
ma non porta i successi sperati.
I tedeschi si attestano nell’appennino meridionale lungo la linea Gustav che aveva
in Cassino il suo centro nevralgico e resistono sotto il comando del maresciallo
Kesselring nell’inverno 1943-1944.
Gli alleati provano uno sbarco a nord nella zona di Anzio che però viene contenuto
dai tedeschi e ritarda la liberazione di Roma che viene infine liberata il 4 giugno
1944 ma i tedeschi si riorganizzano lungo linea gotica nell’appennino tosco
emiliano opponendo resistenza.
Intanto il fronte italiano aveva perso importanza rispetto a quello apertosi in
Normandia divenuto vero secondo fronte.
La zona scelta dagli anglo-americani per lo sbarco è la Normandia. Scatta il
più grande attacco aereo e navale della storia. Sotto la direzione del generale
Eisenhower è organizzato un esercito di circa 3 milioni di uomini, 1200 navi da
guerra, 6500 mezzi anfibi e 13000 aerei cui i tedeschi non sono in grado di
contrapporre che poche centinaia di aerei e poche decine di navi.
Nella notte tra il 5 e il 6 giugno 1944 l’esercito alleato inizia la gigantesca
“operazione Overlord”. Lo sbarco riesce. Parigi insorge il 18 agosto ed è liberata
dalle truppe golliste e il 26 agosto De Gaulle fa il suo ingresso trionfale in città. A
metà settembre ’44 quasi tutta la Francia e il Belgio sono liberati.
Anche nel settore orientale i tedeschi subiscono disfatte da cui non si
riprenderanno: il 5 luglio Hitler sferra un’ultima offensiva contro i sovietici, i quali
sferrano una controffensiva che si estende su tutto il fronte.
Tutto ciò determina una profonda crisi all’interno della Germania che culmina nel
tentativo, da parte di un gruppo di congiurati, di eliminare Hitler. Il periodo fra
l’autunno ’44 e la primavera ’45 non è altro che la cronaca di una lotta senza
speranza dei tedeschi.
A metà gennaio 1945 i sovietici fanno un balzo finale in direzione della Germania.
Il 19 marzo 1945 Hitler dà ordine di fare nel territorio tedesco terra bruciata di
fronte agli invasori.
A fine marzo inizia la conquista dell’Austria e il 13 aprile viene occupata Vienna.
Il 25 aprile le truppe americane e sovietiche si incontrano sull’Elba.
Tra il 19 aprile e il 2 maggio ha luogo la battaglia per Berlino. Nel corso della
battaglia Hitler ordinata resistenza a oltranza.
Hitler si uccide il 30 aprile 1945.
Il 7 maggio 1945 a Reims la Germania firma la capitolazione senza condizioni.
La guerra in Europa è finita.
Anche oltre oceano la sconfitta giapponese si profila nettamente ciò
nonostante è ancora lontana. Il nuovo presidente americano, Herry Truman,
succeduto a Roosevelt morto nell’aprile ’45, decide, per evitare di perdere altre vite
umane, di utilizzare la bomba atomica su Hiroshima il 6 agosto ’45.
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Il 9 agosto ’45, dopo aver preso accordi con gli USA, l’Unione Sovietica
dichiara guerra al Giappone e si appresta alla conquista della Manciuria e della
Corea. Lo stesso giorno gli USA sganciano una seconda bomba atomica su
Nagasaki. Il Giappone capitola.
Viene firmato l’armistizio su una nave ammiraglia della flotta degli Stati Uniti il 2
settembre 1945.
La più grande guerra del mondo è finita. Germania e Giappone sono annientati e
l’Italia si trova nella posizione di stato senza alcuna importanza ma anche Francia
e Gran Bretagna sono uscite ridimensionate nel loro ruolo di grandi potenze. I due
grandi vincitori sono USA e URSS.
IL FENOMENO DEL COLLABORAZIONISMO E I MOVIMENTI POLITICI E MILITARI DI
RESISTENZA
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Nei confronti del nazismo le posizioni potevano essere solo due: collaborare oppure
opporsi. In mezzo vi sono coloro che hanno praticato l’attendismo, vale a dire i
fautori di un atteggiamento passivo in attesa di eventi.
Collaborazionisti sono stati soprattutto i governi della Francia occupata, dell’Italia
della repubblica di Salò (cioè il regime neofascista costituitosi dopo il crollo del
fascismo) e i regimi satelliti della Germania.
Oppositore del nazifascismo è stata la Resistenza: un fenomeno complesso e
dagli aspetti molteplici. I più organizzati erano i comunisti. I tedeschi hanno risposto
ovunque con ferocia ai resistenti e alla loro azione di lotta. La resistenza in
Europa si è avuta nelle città, nelle campagne e nelle montagne. I combattenti
della resistenza sono, infatti, operai e contadini con una partecipazione anche degli
strati piccolo borghesi. In Francia la resistenza si organizza soprattutto nella zona
occupata, in Jugoslavia è sfociata in una lotta di proporzioni veramente vaste e
anche in Grecia si sono verificate delle profonde spaccature.
L’Italia centro settentrionale, dopo l’8 settembre ’43 (caduta del fascismo), è
occupata dai nazisti. Mussolini, liberato dai tedeschi il 12 settembre ’43 a
Campo Imperatore (Gran Sasso), riprende la guida del neofascismo.
Viene messa sotto accusa la monarchia traditrice del regime e dell’alleato tedesco.
Il partito prende il nome di repubblicano e il regime si chiamerà Repubblica Sociale
Italiana (repubblica di Salò perché la sede del governo è a Salò sulle rive del
Garda). Inizia la repressione antipartigiana.
Contro il governo neo fascista c’era il Regno del sud con il Re e Badoglio stabilitisi
prima a Brindisi poi a Salerno.
Il governo monarchico il 13 ottobre 1943 dichiara guerra alla Germania ottenendo
dagli alleati la qualifica di cobelligerante.
Nel regno del sud era urgente la formazione di un governo in grado di
rappresentare i partiti politici anti-fascisti che avevano ripreso l’attività (mentre non
era stato così durante i 45 giorni).
Ma ci sono delle contraddizioni: mentre gli alleati (Churchill) esigevano il rispetto del
re e di Badoglio garanti dell’armistizio, i partiti antifascisti che si erano riuniti al
Congresso di Bari nel gennaio ‘44 erano in maggioranza ostili al re ritenuto
corresponsabile del fascismo e chiedevano far abdicare il re in attesa che la futura
assemblea costituente dell’Italia liberata decidesse della questione istituzionale.
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A sbloccare la situazione intervengono l’Unione Sovietica e il PCI di Togliatti.
Il 13 marzo 1944 l’URSS, con sorpresa, precedendo la Gran Bretagna e gli Stati
Uniti riconosce il governo Badoglio il ché trascina il riconoscimento degli anglo
americani.
Togliatti tornato il 27 marzo dall’URSS si esprime a Salerno per la formazione di un
nuovo governo Badoglio con la partecipazione dei partiti per realizzare l’unità
nazionale e combattere il nazi-fascismo rinviando a guerra finita se scegliere la
monarchia o la repubblica. Era la cosiddetta svolta di Salerno.
Di fronte alla decisione comunista, il partito d’azione, i socialisti e i repubblicani si
trovano sbalestrati e accettano le conclusioni comuniste accolti da liberali e
democristiani.
Così il 21 aprile 1944 si forma nuovo governo Badoglio con uomini e appoggio
partiti anti-fascisti dopo che il Re si impegna il 12 aprile a trasmettere i poteri al
figlio Umberto all’atto della liberazione di Roma e a sottoporre a referendum la
questione istituzionale.
Liberata Roma il 5 giugno 1944 il re trasferì i poteri e Badoglio si dimise.
Per designazione dei partiti, Bonomi il 18 forma il governo cui partecipano come
ministri senza portafoglio Croce (liberale), De Gasperi (democristiano), Saragat
(socialista), Togliatti (comunista) e Sforza (indipendente).
Il movimento di resistenza ha il massimo sviluppo nell’Italia del Nord e nel centro;
non nel meridione tranne che per l’insurrezione di Napoli dove il popolo dopo le
lotte dal 27 al 30 settembre (le 4 giornate) liberò la città che venne occupata il 1°
ottobre dagli alleati.
Nell’Italia centrale la resistenza si era sviluppata dopo l’8 settembre.
Il 9 settembre viene costituito il comitato di liberazione nazionale (CLN) con
rappresentanze dei partiti anti-fascisti.
Azioni di guerriglia nel Lazio: Roma 23 marzo 1944 azione che provoca morte di 32
militari tedeschi; vendetta voluta da Hitler spietata: 335 ostaggi trucidati in cava di
arenaria presso la via ardeatina (fosse ardeatine).
Al Nord abbiamo il massimo sviluppo della resistenza: dura dal settembre
1943 all’aprile 1945.
Qui operò fino a fine guerra la Repubblica di Salò quindi la lotta partigiana oltre che
lotta anti-tedesca diventa anche una guerra civile.
Dal punto di vista sociale ebbe 70.000 caduti tra militari e civili, abbracciando tutte
le classi sociali anche se la massa dei combattenti era composta dagli strati
popolari dove c’era la convinzione che la resistenza armata al nazi-fascismo
dovesse costituire il preludio per la rottura con il vecchio stato, con il suo
centralismo burocratico e con il dominio del privilegio sociale. La speranza è che a
fine guerra si possa attuare una rivoluzione sociale.
Interpreti di queste esigenze sono le formazioni partigiane di sinistra: le Garibaldicomuniste, le giustizia e libertà del partito d’azione, le Matteotti socialiste e anche
organizzazioni di orientamento moderato: le autonome apartitiche, le democristiane,
i partigiani liberali.
I moderati volevano mantenerla in limiti militari con minore caratterizzazione politica
possibile perché non condividevano l’impulso al profondo rinnovamento sociale e
istituzionale ma concepivano la fine del fascismo come la restaurazione dello stato
liberale o come l’instaurazione di un ordine sociale avverso alle sinistre e ai loro
progetti di rinnovamento sociale.
Nel Nord la lotta ad appoggio popolare è soprattutto fatta dal proletariato urbano.
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Dopo gli scioperi nel triangolo industriale dell’inverno 1943-1944, il grande sciopero
generale dal 1 al 9 marzo 1944 paralizza la produzione a Torino, Milano e Genova.
 Fu l’unico grande sciopero dell’industria nell’Europa occupata da nazisti.
 La direzione politica della Resistenza fu opera dei comitati di liberazione nazionale
che rappresentavano i partiti anti-fascisti. Nel gennaio ‘44 sorse il comitato di
liberazione nazionale alta Italia (CLNAI) come centro generale di direzione dei CLN
locali.
 Il 7 dicembre ‘44 avviene l’accordo tra i delegati CLNAI e gli alleati che riconosce il
movimento partigiano e l’autorità del comitato e sottopone le forze partigiane,
trasformate in corpo dei volontari della libertà (CVL), al comando militare supremo
con a capo il generale dell’esercito regolare italiano Cadorna affiancato da Longo
(comunista) e Parri (azionista).
 Sottopone questo comando alle direttive degli alleati e impegna le forze partigiane
all’atto della liberazione ad accettare le decisioni del governo militare alleato.
 La popolazione viene colpita da molte rappresaglie: la più grave ebbe luogo a
Marzabotto in provincia di Bologna dove tra il 29 settembre e il 1° ottobre ‘44
vengono trucidate circa 2.000 persone.
 L’insurrezione nazionale avviene il 25 aprile 1945.
 Mentre le truppe alleate iniziavano l’invasione nella valle del Po, il CLNAI dà ordine
ai partigiani di liberare le città e assume i poteri di un governo provvisorio.
 I Tedeschi si arresero o si ritirarono, così la Repubblica di Salò si disgregò.
 Mussolini dopo l’ultima resistenza in Valtellina, tenta di fuggire travestito da soldato
tedesco verso la Svizzera ma viene riconosciuto dai partigiani e giustiziato il 28
aprile ’45.
 L’ultima grande conferenza durante la guerra è quella di Jalta del 4-11
febbraio ’45. Le principali decisioni prese da Roosevelt, Churchill e Stalin sono:
 Divisione della Germania in quattro zone di occupazione da
assegnare a USA, URSS, GB e Francia;
 Misure di smilitarizzazione integrale del paese vinto;
 Pagamento ai vincitori delle riparazioni da parte della
Germania;
 Un accordo sul governo provvisorio polacco;
 I paesi liberati avrebbero dato origine a governi fondati su
libere elezioni;
 L’ONU sarà retto da un consiglio di sicurezza composto da
USA, URSS, GB, Francia e Cina;
 L’URSS si impegna a entrare in guerra contro il Giappone entro
2 o 3 mesi. (lo farà il 9 agosto).
 Alla conferenza di Potsdam, vicino a Berlino, presero parte Stalin, Truman, Churchil
prima e poi Clement Attlee (nuovo capo laburista del governo britannico dopo la
sconfitta dei conservatori) e si svolse da 17 luglio a 2 agosto 1945 dopo che la
Germania si era arresa e il Giappone stava per crollare.
 Il punto centrale degli accordi fu il trattamento da imporre alla Germania secondo le
linee già concordate a Jalta tranne che per il fatto che non si previde più lo
smembramento della Germania in più stati ma si stabilì che per il momento non si
sarebbe costituito alcun governo centrale tedesco favorendo il decentramento della
struttura politica.
 L’URSS ottenne assicurazioni per l’acquisizione di territori della Prussia orientale e
al trasferimento all’amministrazione polacca dei territori tedeschi a est dei fiumi
Oder e Neisse.
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IL SECONDO DOPOGUERRA
(La divisione del mondo e l’avvento della guerra fredda)
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La fine della 2° Guerra Mondiale ha lasciato l’Europa, il Giappone e parte della
Cina in una situazione di disastro per perdite umane e per distruzione di risorse
materiali. Gli USA sono l’unica tra le potenze in gioco ad essere uscita dal
conflitto indenne per quanto riguarda il territorio con un apparato produttivo in
espansione e perdite umane “modeste”. (non tanto se si pensa a Pearl Harbor e
allo sbarco in Normandia…. Comunque….). In totale persero la vita oltre 50
milioni di persone di cui 30 milioni in Europa.
Alla fine, nel 1945, ci sono solo due grandi potenze: USA e URSS perché la
Gran Bretagna che era la terza seguiva a distanza incolmabile.
Tra le due grandi potenze esistono fondamentali differenze: gli USA hanno una
superiorità in termini di potenza industriale e potere economico per dare aiuti e
dirigere le ricostruzioni nei paesi compresi nella propria orbita. L’URSS dispone
del più possente esercito di terra del mondo nonostante avesse subito gravi
perdite. In effetti gli anni del secondo dopoguerra segnano la fine sempre
più rapida delle speranze di cooperazione tra Sovietici e Occidentali.
Europa e Asia diventano il campo di uno scontro ideologico, politico e sociale fra
i due sistemi.
Così, il secondo dopoguerra, ha portato con se una nuova organizzazione:
l’ONU. Il suo statuto è approvato a San Francisco il 26 giugno del ’45 e vi
aderiscono da subito ben 50 paesi.
L’ONU doveva rappresentare assise dei popoli per la pace, la libertà e la
democrazia. In realtà l’assemblea generale di tutti gli stati membri ha scarso
potere di fronte all’organismo che opera in modo permanente cioè il Consiglio di
Sicurezza che è composto in modo permanente da Stati Uniti, URSS, Gran
Bretagna, Francia e Cina e da 6 membri scelti ogni 2 anni tra gli stati minori.
Costruita per porre fine a prevaricazioni dei grandi sui piccoli l’ONU nasceva
dominata dalle due maggiori potenze mondiali intorno alla cui strategia generale
gli altri stati si disponevano.Quando lo statuto dell’ONU venne votato crebbero
le tensioni tra Stati Uniti e URSS.
Il primo limite dell’autorità dell’ONU fu il fatto che le frontiere uscite dalla guerra
rispecchiarono i confini determinati dal limite raggiunto dagli eserciti al momento
della vittoria; e anche i regimi interni furono espressione delle potenze dominanti
in ciascuna sfera quindi i negoziati furono limitati.
Dopo una serie di negoziati a Londra (settembre 1945), Mosca (dicembre 1945),
Parigi (aprile-luglio 1946) dove emersero contrasti tra URSS e occidentali si
giunse tra luglio e ottobre 1946 alla Conferenza di Parigi che definì i trattati con i
satelliti della Germania: Italia, Bulgaria,Romania,Ungheria e Finlandia.
L’Italia perde la Venezia Giulia che viene ceduta alla Jugoslavia, perde le
colonie e vede le proprie forze armate ridotte drasticamente. L’URSS
mantiene il possesso di Estonia, Lettonia e Lituania e riceve dalla Polonia la
Bielorussia e l’Ucraina, in Asia orientale il Giappone perde tutti i territori in Cina,
la Corea e Formosa mentre Gran Bretagna, Francia e Olanda recuperano i
propri possedimenti in Africa.
Vinta la guerra contro i nazisti, gli USA si trovano in condizioni di superiorità di
fronte all’Europa devastata. Intanto l’influenza sovietica si sta definitivamente
consolidando nell’Europa dell’Est con il sorgere dei primi governi politici
direttamente controllati da Mosca. In Cina sta per delinearsi la vittoria di Mao e
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dei comunisti e anche in Francia e in Italia i partiti comunisti sono assai forti. E’
in queste condizioni che gli USA, per combattere l’influenza sovietica,
elaborano una strategia complessiva di opposizione e di contenimento del
comunismo.
Questa strategia ha la sua espressione nella “dottrina Truman” : è in atto una
guerra ideologica tra il mondo della libertà e il totalitarismo comunista. Per
difendere il sistema capitalistico e la libertà, gli USA devono intraprendere una
azione immediata e risoluta: nasce il Piano Marshall (’47).
Il 5 giugno 1947 il segretario di stato statunitense generale Gorge C. Marshall
indica in un discorso le linee generali della seconda fase di aiuti diretti a
sostenere anche i paesi dell’Europa orientale per favorire la penetrazione degli
Stati Uniti in quel settore.
L’Unione Sovietica rifiuta e dietro la sua pressione lo fanno anche i paesi
dell’Europa orientale (Polonia e Cecoslovacchia erano inclini a accettare) e la
Finlandia.
Il 3 aprile 1948 Truman firma la legge che stabiliva l’European Recovery
Program (ERP).
Per la gestione degli aiuti gli Stati Uniti con 16 paesi europei (senza Gran
Bretagna) danno vita il 16 aprile ‘48 all’organizzazione europea di cooperazione
economica (OECE).
Gli effetti del Piano Marshall sono imponenti. Nei paesi dell’OECE nel 1951
l’indice della produzione industriale sale del 134% così, i gruppi di dirigenti
moderati, hanno una base sulla quale procedere alla ricostruzione.
Unione Sovietica: è uscita dalla guerra avvolta da un immenso prestigio ma il
regime Staliniano si trova di fronte a due elementi fondamentali: un’immensa
povertà generale del paese e un’immensa potenza militare. Ma mentre la
produzione interna americana era raddoppiata, quella sovietica era diminuita del
42%. La ricostruzione avverrà secondo le regole del regime di Stalin e
porterà alla trasformazione delle strutture economiche da capitalistiche a
collettivistiche. Tra oriente e occidente cala quella che sarà chiamata la
CORTINA DI FERRO.
Iugoslavia: il partito comunista diretto da Tito ha forza e prestigio, conquistati
durante la resistenza al nazismo. Dopo la liberazione del paese Tito assume
tutto il potere e, pur professandosi amico di Stalin, non vuole sottostare come un
docile satellite alle decisioni di Mosca. Stalin teme che l’atteggiamento iugoslavo
possa essere imitato altrove e, non tollerando resistenze all’Unione Sovietica,
dichiara nel ’48 Tito e i comunisti iugoslavi “deviazionisti” e contro di essi è
rivolta aperta per tradimento e sabotaggio.
Germania: è il paese dove occidentali e sovietici si trovano di fronte. C’è innanzi
tutto l’occupazione di 4 eserciti (GB, USA, URSS e Francia), le città sono in gran
parte distrutte e i mezzi di comunicazione sono inutilizzabili. Berlino, di
occupazione sovietica, ha uno statuto speciale: è divisa in un settore ovest dove
risiedono inglesi, francesi e americani e uno est dove risiedono i sovietici. Lo
scopo degli alleati è ricostruire una Germania unita, almeno per i territori
occupati da loro e, così, nel ’49 i territori dell’ovest diventano una federazione di
regioni esistenti (Repubblica Federale Tedesca). Questo preoccupa Stalin che
vede risorgere lo spettro di uno stato tedesco antisovietico che si sarebbe
riarmato.
La risposta sovietica alla politica degli alleati in Germania trova espressione nel
tentativo di bloccare Berlino occidentale tra 24 giugno 1948 e 12 maggio 1949
chiudendo gli accessi per via terra ma il blocco fallì poiché gli Stati Uniti
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rifornirono la città con un gigantesco ponte aereo. Anche i sovietici vogliono
consolidare il proprio potere nel loro territorio e, sempre nel ’49, costituiscono la
Repubblica Democratica Tedesca, del tutto vassalla di Mosca. Fanno riforme
strutturali: l’industria pesante e quelle di una certa dimensione vengono
nazionalizzate come anche le banche; le grandi proprietà terriere furono
confiscate senza indennizzo.
Gran Bretagna: Qui, il dopoguerra, è stato in qualche modo sorprendente.
Churchill, capo della nazione e uno dei dominatori della politica mondiale, viene
messo in minoranza dagli inglesi nelle elezioni del luglio ’45 che danno la loro
preferenza ai laburisti. Churchill si ritira e il nuovo governo laburista, presieduto
da Attlee vara un programma di riforme sociali. Il programma è dare vita a uno
stato “assistenziale” (Welfare state) che protegga il cittadino “dalla culla alla
tomba”.
Francia: il Generale De Gaulle, eroe della resistenza ai nazisti, diviene capo del
governo. Le elezioni del ’45 esprimono la volontà dei francesi di darsi una nuova
costituzione, De Gaulle viene riconfermato capo del governo. Si dimetterà nel
’46 e non verrà più chiamato a formare il nuovo governo. Sempre nel ’46 viene
approvata la nuova costituzione.
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LA GUERRA FREDDA
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Tra il ’45 e il ’47 regge ancora, a livello mondiale, una sorta di alleanza tra le
potenze che hanno sconfitto il nazismo. Poi tra il ’47 e il ’50 i rapporti internazionali
tra USA e URSS vanno via via guastandosi. E’ l’inizio di quel lungo periodo
chiamato “guerra fredda”. Sostanzialmente è il confronto-scontro tra due super
potenze di ideologie opposte che agiscono in un contesto di nazioni globale e
integrato. USA e URSS devono elaborare nuove regole per un mondo bipolare e lo
fanno nel clima peggiore: quello della conflittualità.
Condizionati dalla paura per una rinascita tedesca, Francia e Gran Bretagna
firmano a Dunkerque il 4 marzo 1947 un trattato di mutua assistenza.
Questo viene ampliato nel marzo 1948 con l’adesione di Belgio, Olanda e
Lussemburgo : i 5 paesi firmano il 17 marzo 1948 il trattato di Bruxelles dando vita
all’Unione dell’Europa occidentale, un organismo sotto comando inglese. Il nuovo
trattato però non era più volto unicamente contro la Germania ma era antisovietico.
I paesi europei occidentali firmatari del trattato di Bruxelles sentendosi troppo deboli
avviano delle trattative con gli Stati Uniti ormai decisi a collegare militarmente e
economicamente l’Europa occidentale al loro destino in funzione antisovietica.
In quegli anni Francia e Italia si danno governi di impronta fortemente americana e
i comunisti sono estromessi dal governo. Infatti, uno dei momenti culminanti della
guerra fredda, è la costituzione di una “alleanza atlantica” che comprende un gran
numero di paesi nell’orbita degli Stati Uniti.
Il 4 aprile del ’49 si firma a Washington un “Patto Atlantico” (NATO) che
diviene struttura fondamentale militare nata dalla guerra fredda contro l’URSS ed
entrò in vigore nell’agosto del ’49. Partecipano Francia, Italia, Gran Bretagna, paesi
del Benelux, Norvegia, Danimarca, Islanda, Portogallo, Canada e USA; nel ’51
entreranno Grecia e Turchia e nel ’54 anche la Germania Federale.
Dopo la creazione dell’OECE (aprile 1948) per coordinare gli aiuti del piano
Marshall, nel maggio ‘49 viene costituito per iniziativa di Gran Bretagna e Francia il
Consiglio d’Europa articolato in un comitato di ministri e in un’assemblea consultiva;
i poteri erano modesti ma era più che altro un mezzo avere consultazioni coordinate
infatti la sua costituzione era seguita alla nascita di una serie di movimenti
europeistici di ispirazione prevalentemente antisovietica.
Nell’aprile ’51 su proposta della Francia e con il sostegno degli Stati Uniti si
costituisce la CECA (comunità europea del carbone e dell’acciaio), il cui scopo
è quello di organismo per il controllo della produzione e del prezzo del carbone e
dell’acciaio.
L’URSS, dal canto suo, affronta la guerra fredda rinsaldando il suo controllo sui
paesi dell’Europa dell’Est. Nel ’49 viene fondato a Varsavia il COMECON
(consiglio di mutua assistenza economica) da URSS, Bulgaria, Ungheria e Polonia;
poco dopo aderiscono anche Albania e Germania orientale.
Nel ’55 l’URSS e i paesi sotto il suo controllo firmano un trattato di amicizia e di
cooperazione: il Patto di Varsavia.
La guerra fredda ha profondamente mutato il panorama internazionale:
 È rimasto solo un conflitto: capitalismo contro comunismo
 Si congela la situazione internazionale
 Il mondo si riempie di armi
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L’ITALIA TRA IL ’45 E IL ‘48
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Dal punto di vista economico l’Italia del ’45 si trova in condizioni pesanti. Le
distruzioni belliche hanno portato una perdita del 20% del patrimonio nazionale. In
questa situazione si presenta anche il problema del tipo di direzione politica e
sociale da dare al paese.
 Nell’Italia del nord è vivace la convinzione che la liberazione della resistenza porti
un vero rinnovamento profondo ma Roma afferma la continuità del vecchio Stato
smorzando ogni entusiasmo.
 Come si presentano i partiti politici:
I comunisti sono orientati verso l’unità nazionale, la democrazia progressiva e una
durevole coalizione dei partiti di massa (svolta di Salerno del marzo ’44). Togliatti
riteneva che la classe operaia doveva imporre progressivamente la propria direzione
morale, politica e culturale su tutti i settori della società, creando un blocco storico da
contrapporre a quello della classe capitalista. Tutto ciò mantenendo una rete di
alleanze a livello sociale e politico senza la rivoluzione che avrebbe condotto il partito a
un periodo di illegalità e di scontro con gli alleati. I comunisti quindi accettarono senza
riserve il mantenimento in vigore delle vecchie strutture istituzionali e burocratiche per
poter mantenere l’alleanza con la DC anche a scapito delle importanti riforme che il
partito voleva realizzare.
La democrazia cristiana (fondata a Milano nel ’42 a casa di Enrico Falk
sull’ideologia del partito popolare di Don Sturzo) era vista dal capitalismo come il
partito del futuro ed era appoggiata dalla Coldiretti, dall’Azione Cattolica e dalla Santa
Sede. La grande maggioranza dei ceti medi, sia urbani che rurali, era profondamente
ostile al comunismo e al socialismo e molto più orientata verso quello che affermava la
morale cattolica della DC che prometteva di salvaguardare la proprietà, di assicurare
rispetto e protezione sul lavoro individuale e, inoltre, rivolgeva grandi attenzioni alla
famiglia.
Il partito socialista conta sul fatto di essere stato la prima espressione politica
organizzata delle masse lavoratrici italiane e il più forte partito di sinistra durante la crisi
dello stato liberale. Diviso tra Riformisti e Rivoluzionari nel ‘45 aveva forti legami con i
comunisti.
I liberali erano i tradizionali rappresentanti politici degli interessi degli industriali ma
rimasero un partito di elite che non poteva offrire alla classe imprenditoriale garanzie
elettorali.
Il partito d’azione sorto nel ‘42 era l’unico nuovo. Gli esponenti erano di tendenze
socialiste, borghesi, radical-liberali aperti alla prospettiva di moderatismo sociale.
Il partito dell’uomo qualunque fondato da Guglielmo Giannini ingaggiava una
costante battaglia su tutto quello che minacciava l’italiano qualunque ed era sostenuto
da signorotti locali del meridione ed ex fascisti.
 Avvenuta la liberazione il governo Ponimi doveva cedere il potere a un governo
che rispecchiasse la realtà dell’unificazione nazionale e sotto la pressione dei CLN
(comitati di liberazione del nord) si giunse alla designazione di Ferruccio Parri
(azionista e uno dei maggiori esponenti della resistenza il comandante Maurizio) il
19 giugno 1945. Nenni assunse gli esteri e Togliatti la giustizia.
 La linea di Parri in materia economica e politica venne giudicata dai conservatori
sbilanciata a sinistra quindi i liberali e i democristiani si ritirarono dal governo
determinandone la caduta il 24 novembre ‘45 con l’appoggio degli alleati inclini a
un governo più moderato.
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Nel dicembre 1945 si ha la formazione del primo ministero di Alcide De Gasperi che
pur con la partecipazione dei precedenti partiti, tranne quello d’azione, attua una
svolta in senso moderato.
Forte del fatto che il 1° gennaio 1946 gli alleati avevano restituito alle autorità
italiane l’amministrazione dell’Italia del nord, De Gasperi provvede a sostituire i
prefetti e i questori nominati dai CLN all’atto della liberazione reintegrando la
burocrazia centrale.
Le elezioni amministrative del marzo-aprile ’46 mettono in luce che i partiti di
massa sono 3: Democrazia Cristiana, partito Comunista e partito Socialista. Pochi
mesi dopo si tengono le elezioni per l’Assemblea Costituente e il referendum
per la scelta tra monarchia o Repubblica: i risultati sono che il referendum porta alla
scelta per la repubblica mentre le elezioni danno la Democrazia Cristiana al 35,2%,
i socialisti al 20,7%, i comunisti al 19%, i liberali al 6,8% e il partito d’azione al 1,5%.
La vittoria democristiana contribuisce all’influenza della chiesa schieratasi per la DC
su larghi strati popolari.
Il Referendum istituzionale porta alla vittoria dei repubblicani.
Come per le elezioni politiche anche per il referendum il sud vota in senso più
moderato e cioè per la monarchia.
La DC che ufficialmente si era espressa per la repubblica aveva lasciato però suoi
iscritti liberi di scegliere.
De Gasperi nel luglio ‘46 dà vita la suo secondo governo. Era ancora un governo di
coalizione in cui erano presenti DC, PRI, PCI e PSIUP.
Intanto l’assemblea costituente aveva iniziato lavori per il testo costituzionale.
Particolare valore ebbe la discussione sull’ articolo 7 che doveva sanzionare
l’inserimento nella Costituzione degli accordi del Laterano cioè il concordato tra
chiesa e stato fascista del 1929. Di fronte alla richiesta di De Gasperi che l’articolo
venisse votato, Togliatti, determinato a evitare una frattura con la DC che avrebbe
reso impossibile la permanenza del PCI al governo, annuncia il voto favorevole del
suo partito con l’argomentazione che i comunisti non volevano scatenare una
guerra di religione in un paese a maggioranza cattolica. Quindi viene votato con
l’opposizione di socialisti, repubblicani e azionisti.
Mentre il PCI cercava di garantire la sua permanenza al governo si produceva una
frattura destinata a opporre comunisti e democristiani nel quadro di una scelta di
civiltà.
La prima frattura si produsse nel PSIUP già diviso tra filocomunisti e autonomisti.
Nel gennaio ‘47 il capo dell’ala che si opponeva all’intesa con i comunisti, Saragat
dà vita al partito socialista dei lavoratori italiani PSLI.
Nel maggio ‘47 De Gasperi decide di liquidare il governo di coalizione con le sinistre
quindi forma il quarto governo De Gasperi, governo democristiano con
partecipazione di Einaudi (liberale) al bilancio e di Sforza (repubblicano) agli esteri
Il democristiano Scelba resse gli interni con propositi anticomunisti e anti-operai fino
al ’53.
Il 22 dicembre 1947 l’Assemblea Costituente, presieduta prima dal socialista
Saragat poi dal comunista Terracini, approva con 453 voti contro 62 il testo della
nuova costituzione repubblicana che entra in vigore 1 gennaio 1948.
La matrice fondamentale era l’antifascismo: i suoi contenuti esprimono un
compromesso tra i principi generali del liberalismo democratico e le istanze sociali
avanzate dai partiti di sinistra e dalla DC.
I grandi principi liberali (i diritti dell’uomo cioè libertà politiche e civili, sovranità
popolare, separazione dei potere) furono messi a fondamento di una concezione
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che si allargava al riconoscimento dei diritti sociali; questo indicava la coscienza
storica di un nuovo peso acquistato dalle masse lavoratrici; vennero introdotti il
diritto al lavoro (sul lavoro fu fondata la repubblica) le disposizioni a tutela dei
lavoratori, il diritto di sciopero; di particolare importanza il fatto che si affermasse la
possibilità di procedere a nazionalizzazioni e di porre limiti alla tutela della proprietà
privata tanto che si arrivava a contemplare l’eventualità di espropri dietro
indennizzo.
Per quanto riguardava le istituzioni parlamentari, la costituzione stabiliva secondo i
principi del bicameralismo e sulla base del suffragio universale esteso a entrambi i
sessi, la formazione di due assemblee: la Camera dei deputati e il Senato. A loro
spettava l’approvazione delle leggi e la concessione della fiducia al governo che era
composto dal presidente del consiglio dei ministri e dai ministri e veniva nominato
dal capo dello stato, il presidente della repubblica. Il presidente della repubblica era
eletto da assemblee legislative in seduta congiunta e durava in carica 7 anni.
La grande innovazione era la formazione delle regioni accanto a province e
comuni in quanto si voleva combattere il centralismo burocratico di origine
napoleonica fatto proprio dallo stato liberale e poi fascista.
Le regioni erano chiamate a esercitare poteri amministrativi e legislativi nel proprio
territorio limitatamente a certi settori.
Il potere giudiziario era riconosciuto autonomo e indipendente dagli altri poteri.
Altro importante elemento creato a tutela della sovranità popolare era l’istituto del
referendum popolare avente poteri di abrogare una legge in toto o in parte salvo
in materia di tributi, di bilancio, di amnistie e di ratifica di trattati internazionali.
I rapporti tra stato e chiesa erano improntati al riconoscimento da parte dello stato
della chiesa come ordinamento giuridico indipendente e sovrano e quindi
all’esistenza di una sfera di rapporti sottratta alla competenza dello stato.
Varata, la costituzione rimane per molti anni disattesa in molte delle parti più
innovatrici per la resistenza delle forze moderate.
La divisione dell’Europa in due sfere di influenza fondamentali ebbe conseguenze
quindi anche sulla politica interna italiana; l’opinione pubblica era spaccata: la
scelta per la DC era anche scelta a favore dell’occidente mentre la scelta per PCI e
socialisti era a favore dell’oriente.
Il 18 aprile 1948 alle elezioni politiche la DC esce nettamente vittoriosa. Detentore
della maggioranza assoluta alla camera dei deputati, De Gasperi avrebbe potuto
formare un governo monocolore democristiano ma abilmente volle evitare di
sostenere da solo la responsabilità del potere in una situazione sociale e politica
ancora difficile quindi offrì ai partiti minori PLI-PRI-PSDI di prendere parte al
governo: inizia così nel maggio 1948 un governo quadripartito sotto il controllo DC;
iniziava la fase storica cosiddetta del centrismo.
Nel ‘48 si ha la scissione della CGIL risorta come organismo sindacale unitario di
tutti i lavoratori nel 1941; l’occasione della scissione sindacale fu la crisi politica che
investì il paese dopo che 14 luglio uno studente nazionalista anticomunista Pallante
sparò a Togliatti ferendolo.
La reazione dei lavoratori fu immediata; l’ Italia era alle soglie della guerra civile ma
i dirigenti del PCI e in particolare Togliatti si opposero all’insurrezione quindi
l’agitazione si spense.
Il 14 luglio la CGIL proclama uno sciopero generale di protesta che da l’occasione
ai sindacalisti cattolici, che accusavano la CGIL di filocomunismo, di attuare nel
settembre ‘48 una prima scissione cui fa seguito nel giugno ‘49 una seconda dei
social-democratici e dei repubblicani.
Nel ’50 si costituisce la CISL di impronta cattolica.
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Ormai la guerra fredda all’interno dell’Italia non era solo una realtà di fatto ma
anche si esprimeva sul piano politico e sindacale.
La riforma agraria: De Gasperi e la DC erano consapevoli della necessità in Italia
di attivare profonde trasformazioni e di una giustizia sociale La Riforma agraria in
tre decreti, attuata tra il maggio e il dicembre del 1950 fu l’unico provvedimento a
cui è possibile attribuire il nome di riforma. Il tentativo di Gullo (ministro
dell’agricoltura comunista che aveva cercato in precedenza con i suoi decreti di
rendere democratica la gestione della terra al sud) di attuare la riforma non andò a
buon fine. Il nuovo ministro dell’Agricoltura del governo De Gasperi fu Antonio
Segni (DC). A seguito di numerose rivolte (1946/50) dei contadini, cominciate in
Calabria (strage di Melissa) e diffusasi in tutta l’Italia meridionale, il governo
promulgò una serie di riforme. Fulcro della contestazione l’unità dei contestatori e i
paesi in cui la cultura comunista dell’uguaglianza accomunava le famiglie e le
persuadeva a mettere in comune le loro risorse. La riforma prevedeva 3 decreti:
L’espropriazione di una parte dei latifondi e relativa ridistribuzione ai contadini.
Per la Sila le legge venne applicata solo ai fondi superiori per estensione ai 300
ettari e dichiarava possibili di confisca terreni che non erano stati sottoposti a
migliorie. Le altre 2 leggi consideravano la terra più in base al valore che
all’estensione e vennero create due tipi di proprietà: Il podere (da dare a chi non
aveva mai posseduto terreno e la quota (piccolo terreno da dare in aggiunta a chi
già possedeva un pezzo di terra).
Tutti i contadini dovevano pagare un piccolo affitto a riscatto per 30anni.
Carenze della Riforma:
Le terre senza migliorie vennero subito “migliorate” dai proprietari anche con la
costruzione di un misero capanno per gli attrezzi.
I grandi proprietari terrieri dei latifondi divisero la terra tra parenti.
Le terre erano spesso collinari molto aride e poco coltivabili tranne alcuni
appezzamenti in pianura.
Gli enti locali creati per la riforma discriminarono coloro che avevano protestato per
la terra o erano conosciuti come comunisti.
Le terra non fu sufficiente per tutti.
La riforma fu senza dubbio il primo serio tentativo nella storia dello stato di
modificare i rapporti di proprietà in favore dei contadini attaccando la grande
proprietà fondiaria assenteistica e conservatrice meridionale. Dal punto di vista dei
contadini e delle richieste formulate sull’onda della strage di Melissa la riforma fu
una vera delusione. La terra non fu sufficiente senza contare che una parte di essa
era già in loro possesso grazie ai precedenti decreti Gullo.
Le tre leggi di riforma toccarono solo l’aspetto della distribuzione della terra senza
toccare l’aspetto della bonifica, dei salari, delle condizioni di lavoro per braccianti e
contadini. Inoltre spezzò i tentativi di aggregazione e cooperazione che erano stati i
motivi ispiratori delle agitazioni contadine del 1944/50.
La riforma contribuì però, come strategia, ad assicurare alla DC il potere nel Sud.
Aiutò a costruire un sistema di alleanze sociali basato sul controllo delle risorse
della Stato (istituzione di un fondo statale per facilitare i mutui ai contadini per
l’acquisto della terra e la Coldiretti di Paolo Bonomi che assunse un ruolo
centrale per amministrare i contributi statali nelle zone agricole.)
Nel 1950 venne istituita la Cassa del mezzogiorno che sarebbe diventata
“l’elemento decisivo” per lo sviluppo del Sud.
La riforma agraria può essere considerata come un elemento del piano strategico
della DC per avere consenso al Sud basato sull’uso e sull’abuso del potere statale.
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L’ITALIA NEGLI ANNI DEL CENTRISMO
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Le elezioni del 18 aprile 1948 vedono il trionfo della DC (48,5%) e il timone viene
tenuto da De Gasperi. L’incapacità della DC di rispettare le promesse di giustizia
sociale gli costarono una perdita di voti alle elezioni amministrativa del ‘51-‘52, ed
ottenne solo il 35,1%. Da questo momento in poi la DC ricercò costantemente
alleati politici per poter governare.
Tra il ’48 e il ’53 si succedono, in Italia, 3 governi De Gasperi di coalizione con i
4 partiti di centro ( DC,PLI, PSDI, PRI). I partiti di sinistra si trovano di fronte alla
vittoria della DC che lascia il PCI e il PSI in una sorta di ghetto. Ma i fattori che
hanno portato alla grande vittoria della DC, ovvero anticomunismo e aiuti USA,
vengono progressivamente meno. De Gasperi, pensa allora, a un sistema per
rinsaldare l’egemonia del suo partito e introduce una legge in base alla quale i
partiti apparentati che avessero ottenuto il 50% + 1 dei voti avrebbero avuto alla
Camera il 65% dei seggi. La legge fu battezzata dai comunisti “legge truffa”.
Nonostante tutto le elezioni del ’53 segnano un pesante crollo della DC e un
rafforzamento delle sinistre anche se i voti persi vanno all’estrema destra
(MSI e monarchici i cui voti arrivano dalle città del Sud). Si determina così la
fine della leadership di De Gasperi e l’emergere dei movimenti neofascisti nel
panorama della politica italiana.
Gli anni 50 furono gli anni in cui la DC pose le basi del proprio sistema di potere
nello Stato; stato fortemente accentratore. Il funzionamento dell’amministrazione
italiana si basava sul principio tedesco del Rechtstaat: ogni azione condotta in
nome dello stato doveva avere tante leggi e statuti gestiti da una grande gerarchia
di funzionari pubblici con il risultato di avere uno Stato non solo centralizzato ma
lento e inefficiente. Inoltre la PA divenne terreno di coltura del clientelismo.
Lo stato repubblicano manovrato dalla DC comprende un intero sistema che parte
dalla riorganizzazione dell’esercito, polizia e carabinieri, magistratura (1957 nascita
del CSM) fino ad arrivare alla creazione di una miriade di enti pubblici, statali e
parastatali in cui spiccano l’IRI e l’ENI.
L’IRI era il più grande ente statale che interveniva nell’economia. Fondato nel 1933,
il suo intervento principale era concentrato nei settori siderurgico e meccanico, nella
cantieristica, nelle compagnie di navigazione, nell’elettricità e nella telefonia. Nel
1948 per l’IRI venne progettato un nuovo corso: i suoi interessi nella meccanica e
nelle costruzioni navali sarebbero stati messi sotto il controllo della Finmeccanica e
si decise che i fondi per il finanziamento delle aziende IRI sarebbero stati reperiti
ricorrendo al mercato privato invece che ai fondi del tesoro.
L’ENI venne creata nel 1953 da Enrico Mattei. La base del successo dell’ENI era
data dai profitti del metano. Mattei costruiva oleodotti e gasdotti rapidamente e con
totale indifferenza verso le purità locali. L’ENI, che era una società finanziaria,
attraverso le sue 5 principali aziende, diversificò presto il proprio intervento in un
gran numero di attività tra cui: la petrolchimica, i Motel, le autostrade, la gomma
sintetica, i tubi d’acciaio, le opere ingegneristiche, i prodotti tessili, l’energia
nucleare e la ricerca scientifica.
Nel settore della previdenza sociale, gli enti nati sotto il fascismo, presero corpo e
divennero INPS, INAIL e INAM.
Il governo locale dello stato repubblicano aveva previsto con la costituzione che
una parte del potere venisse devoluta alle regioni, ma nel ’50 solamente alla Sicilia,
alla Val d’Aosta e al Trentino Alto Adige erano state accordate assemblee regionali
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governate da statuti speciali. Si sarebbe dovuto attendere più di 20 anni prima che
venissero istituite le regioni anche nel resto d’Italia.
 La DC, rimasta al potere dal ’47 in poi, è caratterizzata da tensioni e conflitti su tre
livelli:
1) livello ideologico => mentre il partito appoggiava i valori cattolici dettati dal Vaticano,
la maggioranza degli esponenti abbracciò la causa della modernizzazione, anche su
influenza del modello capitalistico e liberalistico americano, che era stata messa al
bando dalla Chiesa.
2) livello dell’interclassismo => la DC cercava di rappresentare sia gli interessi del
grande capitale che quelli più variegati dei ceti medi urbani, senza sacrificare quelli dei
lavoratori cattolici; tutto ciò creava un grande conflitto interno.
3) livello delle correnti interne al partito => dopo De Gasperi, la DC divenne un partito
diviso tra correnti ben strutturate e sempre più potenti che facevano capo a uno o più
dirigenti di rilievo (corrente fanfaniana, corrente andreottiana, ecc.).
 Il governo di coalizione della DC ha creato una struttura ad arcipelago dello stato
(frazionata in burocrazie parallele) in cui si dovevano rispettare gli interessi di tutti i
partiti della coalizione.
 Gli anni ’50 videro la DC rafforzare la propria importanza di fronte alla gerarchia
ecclesiastica e al capitale privato. Le più importante organizzazione collaterale della
DC è la Coldiretti per difendere gli interessi dei contadini proprietari, le ACLI nate
con lo scopo di organizzare i lavoratori cattolici in senso cattolico e la CISL vero e
proprio sindacato cattolico.
 La DC aveva comunque una considerazione diversa a secondo delle diverse zone
d’Italia. Al Nord era impostata sulle associazioni che attiravano le famiglie in una
rete di attività e organizzazioni che costituivano una cultura del partito avvolgente.
Al Sud invece il partito si costruì il consenso attraverso l’uso clientelare delle risorse
pubbliche.
 Negli anni 50 i partiti italiani di sinistra e le collaterali organizzazioni sindacali e non
della CGIL, avevano una linea comune di pensiero e gli stessi obiettivi, anche se il
PSI aveva sempre avuto una specie di subordinazione verso il PCI.
 Di Vittorio esponente della CGIL presentò nell’ottobre 1949, al secondo congresso
internazionale un programma nazionale di spesa pubblica e di occupazione ( il
piano di lavoro) che però si risolse in un fallimento a causa del fatto che il governo
non aveva interesse ad accettarlo.
 Nel 1956 vi furono dei cambiamenti radicali nella sinistra italiana. Il punto di
partenza fu il 20esimo congresso del PCUS in URSS in cui furono presentate due
relazioni; una pubblica e l’altra segreta. L’ importante fu il rapporto segreto di
Kruscev che denunciò Stalin per aver compiuto la grandi purghe, distrutto la
democrazia e creato il culto della personalità. Questo evento suscito una forte
reazione nella sinistra italiana e quindi il PSI decise di staccarsi definitivamente
dalla sfera del PCI.
49
IL MIRACOLO ECONOMICO ITALIANO (’58-’63)

A metà degli anni 50 l’Italia era ancora un paese, soprattutto al Sud, per molti
aspetti sottosviluppato, di conseguenza molti italiani emigrarono verso le Americhe,
Il nord Europa e il Nord Italia nel triangolo economico (Lombardia, Piemonte e
Veneto). Ciò dimostrava che il mondo italiano rurale non era immobile e si stava
assistendo all’inizio di una rivoluzione sociale che cambiò radicalmente la struttura,
gli usi e i costumi della società italiana.
 I fattori che hanno contribuito alla realizzazione del boom economico furono:
1) La fine del protezionismo
2) la disponibilità di nuove fonti di energia ( scoperta metano e idrocarburi in Val
Padana, importazione di combustibili liquidi a basso prezzo),
3) trasformazione industria dell’acciaio
4) basso costo della manodopera
5) abilità imprenditoriale dei proprietari delle nuove fabbriche
6) capacità di utilizzare nuove tecnologie e rinnovare continuamente gli impianti
7) assenza organizzazioni sindacali
La straordinaria crescita dell’industria elettrodomestica italiana fu una delle espressioni
più caratteristiche del miracolo economico.
 Il miracolo economico portò anche a numerosi squilibri nella società italiana, il
primo fu la distorsione dei consumi (forte spinta di consumo dei beni privati anche di
lusso senza un adeguato sviluppo di scuole, ospedale, case, servizi pubblici ecc), il
secondo fu il dualismo dell’economia italiana cioè da una parte settori dinamici con
alta produttività e tecnologia avanzata e dall’altra settori tradizionali dell’economia
con grande intensità di lavoro e bassa produttività, il terzo fu il drammatico squilibrio
tra Nord e Sud.
 L’immigrazione di molti italiani dalle campagne verso le principali città
industrializzate e soprattutto verso il triangolo industriale del Nord, causò un
rimescolamento della popolazione e l’ingrossamento di molti centri urbani. Inoltre
molti nostri connazionale emigrarono in Germania, Svizzera e in Belgio.
 I motivi per cui la popolazione contadina abbandonava le campagne erano: la
scarsa fertilità del Sud, la sottoccupazione e la miseria, la frammentazione della
proprietà, la liberazione dei mercati cerealicoli (1955), e nel 1958 l’abolizione
dell’Imponibile di manodopera (contratto che obbligava il proprietario terriero ad
assumere un certo numero di braccianti in modo proporzionale all’estensione della
sua proprietà), l’introduzione delle meccanizzazione nel lavoro agricolo, la certezza
di un reddito più alto e regolare con un lavoro a orari più regolati.
 Per i giovani la lusinga della città era irresistibile e furono anche i primi a partire, in
un secondo tempo venivano raggiunti dal resto della famiglia e in condizioni molto
difficili e sfidando gli atteggiamenti razzisti e molto lentamente, si integrarono nel
mondo del Nord Italia.
 Gli investimenti pubblici di quel periodo furono orientati al Sud ma crearono solo
una sorta di cattedrali nel deserto, fabbriche che rimasero isolate dal resto del
paese.
 Nel centro Italia e nel Nord-est lo sviluppo economico fu diverso che al Nord e al
Sud. Le famiglie mezzadrili divenute proprietarie lasciarono la generazione più
anziana ad occuparsi della terra mentre i giovani partirono per trovare fortuna
altrove e diversificare le proprie fonti di reddito. L’industrializzazione della terza
Italia fu caratterizzata dalla diffusione di piccole fabbriche con pochi addetti
(abbigliamento, calzature, mobilio ecc) aziende molto flessibili, capaci di adattarsi al
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mercato e sempre più orientate verso le esportazioni. La crescita industriale non fu
confinata nelle grandi città ma si diffuse nei piccoli centri e nelle campagne:”
industrializzazione diffusa” e “campagna organizzata” sono termini usati per
descrivere questo modello di crescita economica.
Una contraddizione di questo periodo è legata al declino della forza lavoro attiva
legata alla non occupazione delle donne nell’industria e alla non attivazione delle
fabbriche del sud.
Manager formati su stile USA e impiegati crebbero di numero e trovarono lavoro in
molte aziende con ruoli nuovi legati alla comunicazione di massa e alla pubblicità.
Gli anni del miracolo toccarono tutti gli aspetti della vita quotidiana: la cultura la
famiglia, i divertimenti, i consumi e persino il linguaggio e le abitudini sessuali. La
televisione nata nel1954 e mano a mano cresciuta come in proporzione anche il
numero degli apparecchi televisivi. La tv era monopolio di stato, arma della DC e
fortemente influenzata dalla Chiesa. La televisione ha modificato moltissimo le
abitudine della famiglie italiane che si sono chiuse all’interno delle proprie case e
non si sono più dedicate ai passatempi di tipo collettivo e socializzante. Il cinema
continua ad essere uno dei passatempi preferiti (La dolce Vita di Fellini, Rocco e i
suoi fratelli di Visconti) ed inoltre, l’avvento delle automobili come la 600 e la 500,
portarono le famiglie italiane a scorrazzare, la domenica, per le autostrade italiane.
La dimensione media della famiglia diminuisce, soprattutto al Nord e cambia il volto
della figura della donna. Ora le donne cittadine soprattutto quelle sposate con figli si
dedicano, grazie al modello della pubblicità televisiva (Carosello) e delle riviste
(Anna, Amica, Annabella), alla casa, figli e marito con l’effetto di restare segregate
alla vita privata e lontane dalla vita politica e pubblica e del paese.
La conseguenza dell’esodo dalle campagne ha come conseguenze il drammatico
declino dell’influenza della Chiesa. La vocazioni sacerdotali diminuirono con
conseguente invecchiamento del clero.
Negli anni dello sviluppo economico non si è data alcuna importanza alla
salvaguardia dell’ambiente e fu attivata una grande speculazione edilizia
cementificando coste e montagne. Lo stato dette massima libertà all’edilizia privata
e non si fece nulla per attivare un piano regolatore.
La modernizzazione portava ad una maggiore prosperità materiale, ad un interesse
sempre più esclusivo per i prodotti di consumo e a un più spiccato individualismo,
diminuendo di conseguenza l’interesse per la politica e per i problemi della
collettività. Il modello americano si era compiuto!
Per concludere l’analisi di questo periodo occorre citare la ripresa dei conflitti sociali
nel Nord. Questi conflitti erano legati alle trasformazioni tecnologiche che avevano
modificato l’organizzazione del lavoro, alla consapevolezza degli operai riguardo il
loro ruolo e alla particolare insoddisfazione dei lavoratori meridionali. Gli operai
immigrati trovarono nella fabbrica il luogo privilegiato di un’azione collettiva che era
loro negata all’interno della comunità. La fabbrica diventa luogo d’incontro.
Nel 1962 venne il momento di rinnovare il contratto dei metalmeccanici e il
sindacato richiese una riduzione dell’orario di lavoro da 44 a 40 ore settimanali
distribuite su 5 giorni anziché su 6.
Ebbero inizio lotte molto dure (es. Piazza Statuto a Torino) che dimostrarono che i
sogni di uno sviluppo sociale armonioso erano profondamente sbagliati. Se da una
parte il boom favoriva un maggiore individualismo e facilitava l’assimilazione dei
valori dominanti, dall’altra era la causa dell’incontro dei giovani meridionali con
gli operai settentrionali e con la tradizione della resistenza. Tale incontro avrà
conseguenze esplosive e mostrerà come le spinte sovversive delle classi
popolari italiane non fossero scomparse.
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GLI ANNI DEI GOVERNI DI CENTRO SINISTRA (’58-’68)
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Le elezioni del ’58 videro la situazione politica quasi immutata. Fanfani (Presidente
del Consiglio, Ministro degli Esteri e segretario della DC) diventava sempre più
potente e allo stesso tempo sempre più impopolare. Egli andava sostenendo che la
DC avrebbe dovuto aprire a sinistra e coinvolgere i socialisti al governo. Ciò
avrebbe potuto costituire una solida base per attuare un riformismo moderato.
Nel marzo ’59 nella DC si creò una nuova e potente corrente minimalista, quella dei
Dorotei (i leader erano Rumor, Russo, Colombo e Taviani). I Dorotei divennero
presto la corrente dominante della DC controllando il partito per tutto il decennio
successivo.
Nell’ottobre ’59, al settimo congresso DC, venne eletto come segretario Aldo Moro.
Nel 1960 il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi incaricò Fernando
Tambroni di formare il nuovo governo. Che si poté concretizzare solo con
l’appoggio del movimento sociale.
Nel giugno ’60 l’MSI annunciò che avrebbe tenuto a Genova il suo congresso
nazionale. Genova era la città più legata ai valori della Resistenza e a questo la
popolazione cominciò a manifestare per le strade della città. Vi furono furiosi scontri
tra dimostranti e polizia e il Prefetto di Genova, in accordo con Tambroni, decise di
rinviare il congresso.
Per Tambroni fu una grossa sconfitta, inoltre compì l’errore di voler riaffermare la
propria autorità dando alla polizia il permesso di sparare in situazioni di emergenza
contro antifascisti e antigovernativi.
Dopo una serie di morti (1 a Licata, 5 a Reggio Emilia e altri a Palermo e Catania)
e molti feriti, la direzione DC cercò di sostituire Tambroni mettendo Fanfani a
costituire un governo ad interim.
La vicenda Tambroni chiarì una volta per tutte quella che doveva essere una
costante nella storia politica della Repubblica: l’antifascismo era divenuto parte
integrante dell’ideologia egemone, specialmente nel Nord e nel Centro Italia.
La DC non poteva più governare con l’appoggio del MSI, la strada verso destra era
chiusa mentre quella verso la sinistra ancora inesplorata.
Nei primi anni ’60 avvennero mutamenti significativi in due aree cruciali per la
politica italiana: la politica estera degli USA e la direzione della Chiesa Cattolica,
inoltre vi fu un lento processo di avvicinamento tra democristiani e socialisti.
Nel gennaio ’61 Kennedy si insediò alla Casa Bianca e per quest’ultimo il Centro
Sinistra era l’unica soluzione possibile per l’Italia. Il Centro Sinistra serviva a due
scopi: avrebbe dato all’Italia un governo più impegnato nelle riforme e quindi più in
linea con l’ideologia di Kennedy e sarebbe servito a emarginare i comunisti.
Nel ’58 muore Pio XII e la scelta del successore cade su Giovanni XXIII. Per tutto il
lungo pontificato (1939-1958) la Chiesa non si era mai astenuta dall’intervenire
nella politica italiana. Il breve papato di Giovanni XXIII (1958-1963) fu di carattere
assai diverso. Egli aveva la consapevolezza di quanto il mondo stesse cambiando e
di quanto fosse importante per la Chiesa adattarsi a tale cambiamento. Nel ’61 si
dichiarò favorevole all’apertura a sinistra del governo e che la Chiesa
abbandonasse la prassi di intervenire nella vita politica della Repubblica.
Nel maggio ’61 il Papa scrisse l’Enciclica “Mater et Magistra” dedicata alla giustizia
sociale e all’integrazione degli emarginati. Nel luglio del ’63 scrisse “Pacem in
Terris”, un invito alla conciliazione internazionale, basato sulla neutralità della
Chiesa e sul rifiuto di accettare le barriere della Guerra Fredda.
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Il papato di Giovanni XXIII legato solo al ruolo pastorale e spirituale della Chiesa,
apre lo spazio per un dialogo fra cattolici e marxisti e tra democristiani e socialisti.
Il XXXIV Congresso del PSI (marzo ’61) evidenzia tre correnti: l’Autonomia guidata
da Pietro Nenni, la Sinistra di Vecchietti e l’Alternativa di Basso. La corrente
autonomistica costituiva la parte più moderata del partito. Riccardo Lombardi,
principale teorico socialista del centro sinistra, appoggiò gli autonomisti e al
Congresso sostenne che esisteva la possibilità di conquistare lo Stato dall’interno e
che il miglior modo per combattere il neo capitalismo era sostituire il criterio del con
profitto con quello dell’utilità collettiva.
La corrente di Nenni, che aveva la maggioranza, sarà quella che porterà i partiti
socialisti ad allearsi con la DC. Questa alleanza aveva il doppio scopo di creare una
salda maggioranza alla camera e di facilitare l’organizzazione del consenso in una
società in rapida trasformazione.
Nel gennaio ’62 si svolse a Napoli l’VIII Congresso DC in cui Aldo Moro tenne un
famoso discorso a favore del Centro Sinistra, un capolavoro di ambiguità con cui
Moro riuscì contemporaneamente a rassicurare gli oppositori del Centro Sinistra e a
incoraggiarne i sostenitori.
I ceti imprenditoriali, legati alle grandi industrie pubbliche e private, erano favorevoli
all’apertura verso sinistra mentre i piccoli imprenditori, appoggiati alla Confindustria,
erano nettamente contrari.
La nuova coalizione di centro sinistra avrebbe dovuto attuare delle riforme che non
furono mai fatte.
Nel marzo ’62 Fanfani formò il primo governo di centro sinistra che comprendeva
DC, PSDI e PRI (mente il PCI non era legittimato a governare e questo era
chiamato “Fattore K”).
L’appoggio dei socialisti fu dato purché prima delle elezioni del ’63 venissero
attuate tre riforme: la nazionalizzazione dell’industria elettrica, la scuola media
unica e la creazione delle Regioni.
Venne creata l’ENEL e venne varata la riforma della scuola media unificata con
obbligo scolastico fino ai 14 anni.
Alla fine del ’62 la difficile situazione economica e politica causò l’interruzione delle
riforme e l’aumento dell’inflazione.
Venne bloccata la riforma inerente l’istituzione delle Regioni e la riforma della
pianificazione urbanistica presentata da Sullo nel luglio ’62.
Con il primo governo Moro del ’63 i socialisti entrarono a far parte del governo.
Nell’estate del ’64, con il secondo governo Moro, vi fu un tentativo di sovvertire
l’ordinamento democratico dello Stato.
Il 15 luglio ’64, durante le consultazione per il nuovo governo, il Presidente della
Repubblica Antonio Segni, prese l’iniziativa di convocare al Quirinale il comandante
dei carabinieri, generale Giovanni De Lorenzo.
Già nel ’62 De Lorenzo aveva creato una moderna brigata meccanizzata dei
Carabinieri fornita di carri armati americani.
All’inizio del ’64 De Lorenzo preparò il piano “Solo” che presenta una straordinaria
analogia con il piano “Prometeo”, utilizzato dal generale Papadopulus nel ’67 per
instaurare un governo militare in Grecia.
Il piano “Solo” prevedeva la redazione di una lista di persone pericolose
(sicuramente i leader comunisti) per la sicurezza pubblica e prepararne l’arresto e
la detenzione. Nello stesso momento sarebbero state occupate le Prefetture, le
stazioni radio-televisive, le centrali telefoniche e telegrafiche e anche le direzioni di
alcuni partiti politici.
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Secondo questo piano i Carabinieri dovevano agire da soli perché De Lorenzo
voleva colpire per primo per distruggere la minaccia comunista.
Il terzo governo Moro viene formato nel ’66. La principale caratteristica di questo
governo fu l’immobilismo.
L’impresa pubblica degli anni ’50 (IRI e ENI) aveva dato un buon esito. Tra il ’63 e il
’72, l’industria di stato perse la capacità di produrre profitti; questo perché potere
politico e direzione industriale si erano intrecciati. Inoltre vi fu una paralisi
dell’amministrazione pubblica e un rafforzamento del clientelismo in meridione,
legato principalmente allo sviluppo edilizio.
Il 21 agosto 1964 a Jalta muore Palmiro Togliatti. Il suo merito fu la costruzione del
grande partito di massa comunista e fece si che l’avventurismo non trionfasse sul
partito, lo condusse lontano dalle tentazioni insurrezionali.
Il perno della strategia di Togliatti fu la realizzazione di una serie di riforme radicali
che avrebbero aperto la strada al socialismo, anche se era chiaro che esse non
potevano essere realizzate senza generare un conflitto con le classi dominanti.
L’EPOCA DELL’AZIONE COLLETTIVA (’68-’73)
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Dal 1968 in avanti vi fu un periodo di straordinario fermento sociale e la più grande
azione collettiva nella storia della Repubblica italiana. Gli ideali erano l’uguaglianza
sociale ed economica, un modello collettivo di vita sociale e la democrazia diretta.
L’organizzazione della società fu messa in discussione a tutti i livelli. Era una rivolta
contro l’autorità, il capitalismo, l’individualismo, la repressione sessuale e il
consumismo eccessivo.
Il movimento del ’68, nato dai fatti del ’68 in Francia, fu un movimento di protesta
che si diffuse, oltre che nelle Università, nelle fabbriche e dentro la società.
Le origini del movimento studentesco devono essere rintracciate nelle riforme
scolastiche degli anni ’60 che però non erano state applicate alle Università, che
rimase così antiquate e poco efficienti rispetto alle richieste degli studenti. Le prime
rivolte sono scoppiate all’Università di Trento.
Il ’68 fu molto di più di una protesta contro la miseria della condizione studentesca,
fu una rivolta etica, un rilevante tentativo di rovesciare i valori dominanti dell’epoca.
Questa rivolta ricevette ispirazione e identità politica dalla drammatica congiuntura
internazionale (guerra del Vietnam, rivoluzione culturale in Cina e morte di Che
Guevara).
I valori del movimento furono: antiautoritarismo irriverente, famiglia sotto accusa,
disprezzo per il movimento delle forze tradizionali di sinistra, al posto delle
gerarchie dei centri di potere gli studenti avrebbero collocato la democrazia diretta
(ogni decisione doveva essere presa da assemblee di massa).
Gli studenti italiani furono comunque consapevoli sin dall’inizio che la loro
aspirazione a un cambiamento si sarebbe realizzata solo avendo al proprio fianco
la classe operaia soprattutto delle aree periferiche del nord Italia.
Un impressionante numero di gruppi rivoluzionari vide la luce in questi mesi tra i più
importanti ricordiamo la nuova sinistra italiana, lotta continua, potere operaio, i
maoisti di servire il popolo, avanguardia operaia (che nelle fabbriche diedero vita al
Comitato Unitario di Base).
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La DC cominciò ad interessarsi della forte pressione che il mutamento sociale stava
creandoe attua una politica riformatrice.
Nella primavera del 1970 furono istituite le Regioni.
Nel maggio del 1970 venne introdotto il Referendum abrogativo.
Inoltre furono attuate una serie di riforme sociali: una nuova legge sulle pensioni,
una legge che permetteva il divorzio (01/12/70) e una legge sull’edilizia pubblica.
LA STRATEGIA DELLA TENSIONE
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Il 12 dicembre ’69 una bomba esplose alla Banca Nazionale dell’Agricoltura in
piazza Fontana a Milano, provocando 16 morti e 88 feriti. La polizia e il ministro
degli interni annunciarono subito che i responsabili erano gli anarchici. Tra gli
anarchici sospettati figurava il ballerino Pietro Valpreda (arrestato per tre anni e poi
prosciolto) e il ferroviere milanese Giuseppe Pinelli che dopo 48 ore di fermo morì
cadendo dalla finestra del commissario Calabresi e anni dopo il tribunale stabilì che
Pinelli non era coinvolto con la bomba di piazza Fontana. Sei anni dopo, la versione
della polizia cominciò a spostarsi verso un gruppo neofascista del Veneto, facente
capo a Freda e Ventura che avevano legami con il colonnello del SID Giannettini.
Cominciò a venir fuori un quadro inquietante sui rapporti del servizio segreto
e i gruppi di estrema destra.
Una serie di attentati e di altri crimini avrebbero propagato panico e incertezza,
creando le precondizioni per un colpo di stato. In seguito a questi avvenimenti molti
settori della stampa e dell’opposizione politica chiesero al Governo e al Presidente
della Repubblica Saragat di aprire un’inchiesta sull’attività dei servizi segreti. Le
autorità massime dello Stato invece sembravano più interessate all’insabbiamento.
Con la scusa della sicurezza nazionale ai magistrati che indagavano su piazza
Fontana venne impedito l’accesso agli schedari del SID riguardanti Guido
Giannettini e altri ufficiali. La Corte di Cassazione intervenne per rinviare il processo
che si trascinò per lunghi anni. Nel 1981 Giannettini, Freda e Ventura furono
condannati all’ergastolo ma in seguito assolti in appello.
Un anno dopo, nella notte tra il 7 e 8 dicembre ’70, il principe Valerio
Borghese, comandante della X MAS durante la repubblica di Salò del ’44-’45,
tentò un colpo di stato. Le sue truppe riuscirono ad occupare il ministero degli
interni per alcune ore ma, dopo una misteriosa telefonata, si ritirò subito senza
sparare un colpo. L’opinione pubblica venne a conoscenza del fatto solamente nel
marzo ’70.
Borghese era sicuramente un avventuriero senza appoggi ma ancora una volta
emersero prove circa i suoi legami con l’esercito e i servizi segreti.
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LA SVOLTA A DESTRA (’71-’73)
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Dopo Saragat venne eletto l’avvocato Giovanni Leone, grazie all’appoggio del
movimento sociale.
Le elezioni del maggio ’72 videro uno spostamento a destra; sembrò che la
strategia della tensione avesse dato i suoi frutti. I veri vincitori furono i neofascisti
del MSI/DN diretti da Giorgio Almirante.
A seguito di questi risultati la DC formò un governo centro destra guidato da Giulio
Andreotti. Tuttavia questo governo di fisionomia antioperaia non era così marcato
sia nel paese che in parlamento per dare sufficiente stabilità ad Andreotti tanto che
cadde nel ’73 grazie alla crisi economica e alle nuove proteste operaie. Si riformò
subito una coalizione di centro sinistra (DC, PSI, PRI e PSDI) presieduta da Rumor.
In questi anni nel Mezzogiorno la mobilitazione sindacale e le lotte di fabbrica
furono molto limitate. Comunque il sud non rimase immune al cosiddetto “autunno
caldo”. La società era cambiata radicalmente per effetto dell’emigrazione e dello
sviluppo economico. Lo scontro di Avola (Siracusa) del dicembre ’68, tra i braccianti
senza terra che chiedevano salari e condizioni di lavoro migliori e la polizia che
causò la morte di due persone, ebbe un forte impatto causando uno scandalo
nazionale.
Il grande protagonista di questo periodo fu il sindacato introducendo i consigli di
fabbrica e i delegati sul posto di lavoro, conquistando diritti come le 150 ore e la
possibilità di tenere assemblee nelle ore di lavoro.
All’inizio degli anni ’70 appariva più chiaro che mai che prima di ogni altra riforma
occorreva riformare lo Stato, ormai diventato fonte solo di sprechi e inefficienze. Il
deficit pubblico aumentava con allarmante rapidità.
CRISI ECONOMICA, COMPROMESSO E ANNI DI PIOMBO
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La DC nel 1974 fu scossa da due scandali: il versamento di soldi illeciti delle
compagnie petrolifere agli uomini politici del partito per avere agevolazioni (in
seguito a ciò fu approvata la legge sul finanziamento pubblico dei partiti) e la
scoperta dell’ organizzazione neofascista “rosa dei venti” che si coordinava in
previsione di un colpo di stato.
Nonostante la contrarietà di esponenti del governo, della destra e del Papa Paolo
VI il 12 maggio del ‘74 gli italiani tramite referendum confermarono la legge sul
divorzio.
A partire dal 1973 cominciò una grande crisi economica. Nell’autunno i paesi
dell’OPEC aumentarono del 70% il prezzo del petrolio e diminuirono l’esportazione.
Questo insieme ad altri fattori come la fuga di capitali all’estero, il tasso di inflazione
alto, la crescita del lavoro nero, la diminuzione della produzione, il forte aumento
della spesa pubblica (sanità, istruzione, assistenza e cassa integrazione) portarono
il paese a un grande momento di recessione e stagnazione che lo costrinse a
contrarre prestiti internazionali.
In questi anni l’iniziativa politica più importante venne dal PCI. Il segretario Enrico
Berlinguer propose il “compromesso storico” ossia un’alleanza tra PCI,DC e PSI.
Secondo Berlinguer per evitare che in Italia le forze reazionarie facessero un colpo
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di stato come in Cile (dove era stato deposto Salvador Allende), egli dichiarò che
una più stretta alleanza a livello sociale tra la classe operaia e gli svariati settori dei
ceti medi, avrebbe evitato a questi ultimi una tentazione reazionaria. Berlinguer
presentò il suo progetto come una grande strategia dove comunisti e cattolici
avrebbero collaborato per creare un nuovo movimento politico sui valori
dell’austerità (contro lo spreco e lo sperpero), della ugualianza, della libertà e della
democrazia.
Il compromesso storico conteneva dei vizi di fondo: l’errata valutazione sulla DC
che ormai non avrebbe cambiato il suo stile consolidato da 30anni e il fatto che
l’appello agli italiani ad una vita più austera e basata sui sacrifici rimase inascoltato
in quanto proprio le famiglie basavano il loro successo solo su temi consumistici,
materialistici e individualistici. Inoltre questo progetto non propose mai alcun
contributo alla differenziazione tra riforme di struttura e riforme correttive e proprio
qui risiedeva la sua debolezza.
I gruppi rivoluzionari a metà degli anni ‘70 si strutturarono meglio e non persero la
lori influenza. Adriano Sofri nel 1973 divenne segretario di Lotta Continua. La
sinistra rivoluzionaria continuò a mantenere una forte influenza nelle principali città,
soprattutto al Nord, e ad essere presente in tutte le grandi fabbriche del Nord.
Il 20 ottobre del 1970 le Brigate Rosse annunciarono la loro costituzione,
come organizzazioni operaie autonome pronte a lottare contro i padroni (1° fase o
fase della propaganda armata). Decisione che portò a mettere al primo posto la
violenza illegale della lotta armata. I fondatori delle BR venivano da estrazioni
sociali diverse: Renato Curcio e Maria Cagol erano maoisti universitari, Alberto
Franceschini dalla FGCI, altri da gruppi cattolici passati a gruppi rivoluzionari.
Il modello ideologico delle BR fu quello dei movimenti terroristici sudamericani
(Tupamaros) e della Resistenza italiana. Si organizzarono in colonne a loro volta
suddivise in brigate che erano un’unità territoriali. I loro primi obiettivi furono
sindacalisti di destra, amministratori di fabbriche ma il 18 aprile ‘74 sequestrarono il
giudice di Genova Mario Sossi (2° fase o fase dell’attacco al cuore dello stato). Il
rapimento che durò 35 giorni permise al gruppo di raggiungere una certa fama
nazionale. Il giudice fu rilasciato indenne e senza che le loro richieste venissero
soddisfatte.
Dopo l’epidemia di colera che aveva colpito Napoli nel 1973, nasce il movimento
napoletano dei Disoccupati Organizzati che si strutturò in liste di disoccupazione
alternative a quelle statali e fece sentire la sua voce in tutto il paese.
Il femminismo: L’ultimo dei movimenti collettivi che si sviluppò negli anni ‘70 fu il
movimento femminista. Dopo il 1968 la presenza femminile nel mondo del lavoro
aumentò molto anche se sia i salari che le mansioni rimanevano molto inferiori a
quelli degli uomini. Inoltre le donne di quegli anni cominciarono a riunirsi per
discutere e risolvere problemi di eguaglianza e discriminazione. Si crearono gruppi
per lavorare su temi come la psicoanalisi, la teoria e la letteratura femminista,
Inoltre si crearono consultori femminili e movimenti per la casa.
Il 28 maggio del 1974 ci fu la strage di piazza della Loggia a Brescia legata agli
estremisti di destra.
Nella primavera del ‘75 venne riformato il diritto di famiglia che prevedeva il
principio di parità tra i due coniugi e il dovere di questi di educare e mantenere i figli
a seconda delle loro capacità naturali e delle loro inclinazioni e aspirazioni.
Nel giugno del 1975 le elezioni regionali videro un’avanzata del PCI ma anche se a
fatica la DC riuscì a mantenere il controllo del governo. Presidente del consiglio fu
nominato Benito Zaccagnini con l’appoggio di Moro.
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L’intenzione di Moro era di rispondere al momento giusto alla richiesta di alleanza
proposta da Berlinguer.
Nel settembre del 1975 Henry Kissinger riaffermò l’ostilità americana verso i
comunisti italiani.
Alle elezioni del giugno ‘76 il PCI aveva aumentato ancora il numero di voti ma la
DC grazie a molti appelli alle classi borghesi e all’apporto del nuovo gruppo
cattolico, Comunione e Liberazione, riuscì ad avere i voti necessari per poter
governare ancora ed evitare così il “sorpasso” del PCI.
Nell’estate del 1976 fu eletto segretario del PSI Bettino Craxi.
I due governi di quegli anni furono chiamati di “solidarietà nazionale” e ambedue
guidati da Giulio Andreotti. Dietro di lui, Moro, che sperava di compiere
gradualmente e senza traumi l’ingesso del PCI nel governo.
Nella seconda metà del ’75 tre fattori contribuirono alla crescita del terrorismo:
1) la crisi dei gruppi rivoluzionari e la loro successiva scomparsa che creò
improvvisamente un vuoto politico alla sinistra del partito comunista; un vuoto che
cercò di colmare Autonomia Operaia, un’organizzazione violenta dietro la quale si
nascondevano le bande terroriste
2) la frattura tra il partito comunista e quel ceto giovanile urbano che gli aveva dato
un appoggio nelle elezioni di giugno; l’errore di Berlinguer fu quello di diventare di
colpo il più zelante difensore della legge e dell’ordine
3) il rafforzamento in termini numerici delle bande terroristiche; le BR all’inizio del
’76 sembravano destinate a scomparire ma fu permesso loro di crescere
nuovamente nei diciotto mesi successivi in quanto ci fu un allentamento della
vigilanza da parte della polizia oppure gli fu permesso di espandersi per
condizionare in modo più pesante il clima politico italiano.
Dal ‘’77 al ’78 le BR annunciarono azioni indiscriminate miranti a colpire
professionisti e servi dello stato (3° fase o fase della strategia di annientamento).
All’inizio del ’78 le colonne delle BR in funzione erano 5: Milano, Torino, Genova,
Roma e nel veneto.
IL RAPIMENTO DI ALDO MORO (4° fase). Il 16 marzo 1978 alle 9,15 fu rapito
Aldo Moro nell’imboscata di via Fani, i poliziotti della scorta e l’autista vennero
uccisi e Moro scomparve. Per 54 giorni le BR, sotto la direzione di Mario Moretti,
tennero Moro prigioniero in un nascondiglio segreto. I rapitori volevano scambiare
Moro con un gruppo di terroristi in carcere; i socialisti con Craxi in testa si
dichiararono favorevoli a trattare con le BR, per i comunisti invece ogni
arrendevolezza verso i terroristi gli avrebbe incoraggiati e legittimati verso altre
azioni dello stesso genere; la DC di Andreotti scelse la strada di non trattare
(anche depistando le indagini e affossando tutte le prove emerse probabilmente per
non arrivare al compromesso storico). Moro fu ucciso il 9 maggio 1978; il
cadavere venne trovato nel bagagliaio di una R4 bianca in via Caetani a metà tra la
direzione della DC e quella del PCI. La crisi del terrorismo italiano (BR) prese
l’avvio dall’uccisione di Moro perché la decisione di eliminarlo creò gravi fratture
all’interno del gruppo e inoltre fu nominato a coordinare l’offensiva antiterroristica il
generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. Nel 1980 fu varata la legge sui pentiti che
sbaragliò le BR.
Le nuove leggi varate furono:
- n. 180/78 legge Basaglia sulla chiusura dei manicomi
- istituzione del Servizio Sanitario Nazionale e delle ASL nel 1978
- legge sull’aborto del maggio 1978.
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L’ITALIA DEGLI ANNI ‘80
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Agli inizi degli anni ’80 vi fu una rapida ripresa economica in diversi settori. Diversi
fattori tra loro concomitanti contribuirono a rendere la ripresa dell’economia italiana
particolarmente rilevante: il congelamento parziale della scala mobile, il declino del
terrorismo e la stabilità politica del governo di coalizione guidato da Craxi.
Un importante aspetto della ripresa economica è stata l’inversione di rotta
dell’industria pubblica. L’IRI di Romano Prodi fu privatizzata con ristrutturazioni
radicali e grossi investimenti e altri esponenti del nuovo capitalismo italiano come
Berlusconi, De Benedetti e Benetton lanciarono, con successo, le loro aziende a
livello internazionale.
A questo quadro ottimistico va però aggiunta una inefficienza del settore pubblico
che crea grossi sprechi e la fragilità dell’Italia rispetto alla fluttuazione dei prezzi
delle materie prime. Inoltre il problema del Sud rimane irrisolto.
Le classi sociali: gli anni ’80 vedono una netta crescita dei ceti medi urbani che
diventano il settore dominante della società italiana; la classe operaia invece non è
più vista, come in precedenza, una protagonista della vita sociale italiana; inoltre un
gran numero di italiani non ha beneficiato in alcun modo della nuova ricchezza del
paese e sono in questo periodo sotto la soglia della miseria (gli anziani, i giovani
delle periferie urbane e i lavoratori immigrati).
Il declino dei valori collettivi e la ricerca del benessere materiale da parte di singoli
nuclei familiari ha portato a una ripresa del familismo e a un interesse più tenue per
i problemi della collettività.
Gli anni ’80 sono stati un periodo di grande continuità politica. L’elezione nel ’79 di
Pertini a Presidente della Repubblica e la nomina di Bettino Craxi (’83-’87) a
Presidente del Consiglio hanno fatto si che la stabilità politica ed economica
permanesse per tutto il decennio anche se analizzando a fondo la strategia del
governo la stagnante e ripetitiva alleanza tra DC, PSI, PSDI, PRI e PLI non ha
saputo elaborare una vera riforma; inoltre il PCI non è riuscito a creare
un’alternativa credibile a questa alleanza.
Il periodo della tensione ha fatto sentire il suo peso anche nel corso degli anni ’80. Il
2 agosto 1980 alla stazione di Bologna esplose una bomba che provocò la morte di
85 persone. Un anno dopo fu scoperta l’esistenza di una loggia massonica
eversiva, la P2 (ne facevano parte figure di spicco dell’esercito, del mondo degli
affari e del mondo politico) con presunti collegamenti con la strage. Licio Gelli, capo
carismatico, stava cercando di costruire una rete anticomunista di controllo e di
aiuto reciproco dentro i più elevati settori dello Stato.
Al sud la mafia ha fatto sentire la sua mano pesante uccidendo il Generale Dalla
Chiesa il 3 settembre 1982. Essa infatti era sopravvissuta agli attacchi dello Stato e
allo spopolamento delle campagne.
Negli anni ’80 i valori tradizionali della famiglia si sono sposati a quelli della
democrazia parlamentare e del consumismo capitalista.
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LA NASCITA DELLA CINA COMUNISTA
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Nella 2° Guerra Mondiale, la Cina ha combattuto al fianco di USA, Gran Bretagna,
Francia e URSS contro il Giappone. All’interno ci sono due forze importanti: la
prima guidata da Chiang Kai-shek, nazionalista, che ha forti aiuti dagli USA e la
seconda guidata da Mao Tse-Tung, comunista, in posizione minoritaria.
Alla fine della guerra nel ’45 Mao afferma che i comunisti sono pronti per entrare in
un governo di coalizione ma Chiang sabota ogni tentativo reale e ogni progetto.
L’Unione Sovietica ha, verso la Cina, un atteggiamento contraddittorio: il suo
appoggio dovrebbe andare ai comunisti, invece appoggia Chiang. L’obiettivo non è
quello di una vittoria dei comunisti, che porterebbe a una reazione militare degli
USA, ma una strategia che ponga l’URSS in condizioni di sicurezza.
Nel ’46, però, Chiang scatena una campagna di annientamento dei comunisti e ha
così inizio una guerra civile. Nel ’48 le forze si capovolgono e Mao passa in
vantaggio. Il 1 ottobre ’49 Mao proclama a Pechino la Repubblica Popolare
Cinese. E’ una svolta epocale nella storia del mondo. Il primo paese a riconoscere
la Cina comunista è l’URSS e nel ’50 fra i due paesi si firma un trattato di amicizia
di durata trentennale.
MEDIO ORIENTE E ASIA
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La decolonizzazione: si sviluppa nei primi anni del secondo dopo guerra nel Medio
Oriente e nell’Asia sud orientale.
Gli Inglesi, che durante 2° Guerra Mondiale avevano cercato una strategia di
accordo con i paesi arabi per poter esercitare la sua influenza, si erano proclamati
nel ‘41 disposti a favorire l’unità di quei paesi e avevano promesso un appoggio.
Quindi nel settembre-ottobre 1944 la Conferenza Araba di Alessandria porta alla
formazione di una Lega degli Stati Arabi con fini di cooperazione composta da
Egitto, Trans-Giordania, Iraq, Libano, Arabia Saudita e Yemen.
Nel Marzo ‘45 al Cairo si arriva all’approvazione di una carta della Lega Araba.
Mentre la Gran Bretagna si atteggiava a protettrice degli arabi, la Francia
perseguiva con una politica più dura ma era troppo debole per avere successo con
questa linea repressiva essendo osteggiata da Gran Bretagna e Stati Uniti. Infatti
dopo scontri armati con i nazionalisti locali le truppe francesi dovettero lasciare Siria
e Libano e nel ’46 i due paesi ottengono l’indipendenza.
Una questione di estrema gravità che riguardava il Medio Oriente ma che per i suoi
riflessi toccava l’opinione pubblica mondiale era quella della Palestina e del ruolo
che in essa avrebbero avuto gli arabi palestinesi e gli immigrati ebrei.
In Palestina la lotta terroristica degli estremisti ebrei contro gli Inglesi divenne
costante e i rapporti tra arabi ed ebrei erano pessimi.
Infine la Gran Bretagna decise di lasciare alle nazioni unite la decisione relativa al
futuro della Palestina e annunciò che 15 maggio 1948 si sarebbe ritirata dalla
regione.
All’atto del ritiro delle truppe inglesi, nella parte ebraica viene proclamata il 14
maggio 1948 la nascita dello stato di Israele.
Questa soluzione viene considerata dagli arabi un atto di forza intollerabile perché
la fondazione di uno stato ebraico avrebbe significato l’emarginazione religiosa,
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politica, sociale ed economica della maggioranza araba che già costituiva
l’elemento socialmente inferiore della regione.
Tra il 15 maggio ‘48 e il 25 gennaio ‘49 si ha il primo conflitto tra israeliani e arabi.
Le forze arabe che comprendevano oltre alle armate palestinesi anche truppe dei
vari stati mediorientali furono sconfitte essendo mal guidate.
Quasi un milione di palestinesi espulsi dalla propria terra andarono incontro a una
vita miserabile nei campi profughi messi a disposizione dai governi arabi con l’aiuto
dell’UNRRA.
Iniziava così il conflitto tra arabi e israeliani in Medio Oriente destinato a diventare
sempre più acuto.
Venendo all’Asia, il secondo dopoguerra vede l’indipendenza dell’India.
Nel ’42 gli inglesi avevano promesso all’India lo Statuto di Dominion alla fine della
guerra; l’offerta però era stata respinta dai capi del nazionalismo che volevano
l’indipendenza subito.
Accanto al problema del rapporto tra India e Gran Bretagna, c’era il grave
problema interno dei rapporti tra indù e mussulmani. Questi ultimi consideravano
con preoccupazione un futuro che vedesse l’India unita con i mussulmani ridotti a
una minoranza culturalmente, socialmente e religiosamente oppressa.
Gli inglesi dal canto loro utilizzarono questo contrasto per perpetuare il proprio
dominio tra le proteste di Gandhi che chiedeva l’indipendenza subito e non dopo la
fine della guerra.
Il 15 agosto ’45 viene dichiarata l’indipendenza dell’India.
L’OCCIDENTE SOTTO LA LEADERSHIP DEGLI U.S.A.
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Gli aiuti degli Stati Uniti hanno un ruolo importante nella ricostruzione delle
economie europee e vengono usati per costruire agli occhi degli europei
un’immagine di un capitalismo che a differenza di quello che aveva trascinato il
vecchio continente nella rovina, esisteva possente al di là dell’Atlantico ed era
pronto a inaugurare un’era di progresso, bastava solo accettarne la leadership.
Gli Stati Uniti sentivano il ruolo come una missione a cui li chiamava la storia.
Erano il più grande centro dell’industrialismo, avevano una superiorità militare
rispecchiata anche nel monopolio dell’arma atomica.
All’indomani della fine della 2° Guerra Mondiale, gli Stati Uniti avevano intrapreso
una smobilitazione in massa della produzione di guerra iniziando la riconversione.
Già a metà del 1947, conclusa la riconversione, la piena occupazione con 60 milioni
di posti di lavoro era indice di prosperità della nazione.
Ma avevano un punto debole: le spese di governo erano fortissime con insufficienti
introiti fiscali e quindi il disavanzo di bilancio alimentava un forte inflazione.
Nel 1948 Truman riesce a farsi rieleggere grazie all’appoggio dei sindacati. Egli fa
approvare da un congresso a maggioranza democratica, ma con forti opposizioni,
alcuni punti del suo programma riformistico (aumento dei salari minimi e l’edilizia
popolare).
Truman aveva con la sua dottrina in politica estera indicato la volontà americana di
fronteggiare l’Unione Sovietica (politica del containment).
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Il Piano Marshall aveva completato sotto l’aspetto economico la leadership degli
Stati Uniti nel mondo non comunista.
Intanto la guerra fredda era esplosa rendendo attuale il pericolo di nuova guerra.
Punto di crisi acuto divenne la Corea che in base agli accordi fra le grandi potenze
era stata divisa lungo 38° parallelo; a nord il territorio era occupato dalle truppe
sovietiche e si era formato un governo presieduto da un comunista che aveva
guidato la guerriglia antigiapponese mentre a sud c’era un governo con a capo il
nazionalista conservatore Rhee.
La crisi coreana cade in un momento di deterioramento dei rapporti tra occidente e
unione sovietica: nell’aprile 1949 si era formato il Patto atlantico, nell’agosto l’URSS
aveva fatto scoppiare sua prima bomba atomica ponendo fine al monopolio degli
Stati Uniti, nel gennaio 1950 Truman decide che gli Stati Uniti devono procedere
alla fabbricazione della bomba all’idrogeno per riacquistare la supremazia.
La tensione fra le due coree è data dal fatto che nessuna delle due parti vuole la
divisione del paese così, i coreani del nord che avevano conseguito la supremazia
militare grazie agli aiuti sovietici, il 25 giugno 1950 passano in forze la frontiera con
lo scopo di occupare il sud. La tensione internazionale si aggrava. Truman decide
di far intervenire le truppe americane con l’avallo dell’ONU. La Cina, dal conto suo,
non può tollerare la caduta del regime nord-coreano e interviene con dei volontari. Il
comandante americano Mac Arthur propone di utilizzare l’atomica sulla Cina ma
Truman si oppone e lo destituisce. Dopo che le tensioni si sono allentate
cominciano le trattative di pace il 10 luglio 1951 a Kaesong, durano 2 anni e
finiscono con l’armistizio che riporta tutto come prima.
Le conseguenze della guerra di Corea sono importanti per i rapporti tra occidente e
oriente.
L’Europa rafforza la NATO agitando il pericolo che in Europa possa avvenire un
attacco da est analogo a quello che la Corea del nord aveva lanciato contro la
Corea del sud.
Gli Stati Uniti premono per iniziare il riarmo della Germania occidentale.
Si giunge quindi il 27 maggio 1952 alla firma del trattato di Parigi che istituisce la
comunità europea di difesa (CED) con la partecipazione militare tedesca sotto il
comando degli Stati Uniti.
Si avviano i contatti con il regime di Franco dando aiuti militari alla Spagna e si
danno aiuti al regime di Tito in rotta con l’URSS.
Anche in Asia le conseguenze della guerra di Corea sono considerevoli.
Gli Stati Uniti che avevano criticato la politica della Francia in Vietnam, appoggiano
ora con grossi aiuti la lotta contro il comunista Ho-Chi-Minh.
Muta anche l’atteggiamento verso il Giappone in quanto gli Stati Uniti favoriscono
una svolta interna conservatrice e anticomunista (nel determinare una nuova
politica nei confronti del Giappone erano evidenti le preoccupazioni per la vittoria di
Mao in Cina).
Nella conferenza di San Francisco del 1951 viene firmato il trattato di pace con il
Giappone.
Infine nel settembre 1951 gli Stati Uniti firmano il patto di sicurezza del Pacifico con
Australia e nuova Zelanda (ANZUS).
La crisi coreana e lo scoppio della bomba atomica russa suscitano negli USA una
sorta di caccia alle streghe. Un processo che ha suscitato reazioni in tutto il mondo
è quello ai coniugi Rosenberg accusati di aver venduto ai russi i segreti sull’atomica
vengono condannati a morte. A capo di questa caccia alle streghe è il senatore
McCarthy appoggiato dall’influente uomo politico Nixon.
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Nelle elezioni del ’52 i repubblicani, decisi a varare una politica conservatrice,
presentano la candidatura del generale Eisenhower che viene eletto
presidente. La spinta fondamentale è stata determinata da un’ondata di
moderatismo e di lotta determinata al comunismo. Il trionfo di Eisenhower volle dire
la formazione di un governo espressione diretta dei grandi esponenti del
capitalismo.
Il 1° novembre gli Stati Uniti avevano fatto esplodere la prima bomba all’idrogeno
nell’atollo di Eniwetok nel Pacifico.
In politica estera si sostituì la dottrina del contenimento dell’espansionismo
sovietico a quella assai più pericolosa della roll back cioè della riconquista
americana di posizioni entro la stessa zona di influenza sovietica.
La prosperità economica degli Stati Uniti porta nel ‘56 alla rielezione di Eisenhower.
Ma anni seguenti svelano tensioni interne legate ai diritti civili e al peggioramento
situazione economica: emerge la questione dei neri e della loro integrazione.
Nel maggio ‘54 la corte suprema aveva condannato la discriminazione scolastica a
danno dei neri ma negli stati del sud la sentenza viene accolta dai bianchi come
prevaricazione contraria alla propria autonomia. Nel ’56 iniziano disordini a Little
Rock nell’Arkansas dove il governatore locale assume la guida della resistenza
all’integrazione scolastica.
Eisenhower invia truppe federali costringendo le autorità a rispettare l’integrazione.
Il 1957 fu l’anno della recessione. La produzione industriale andava incontro a
molte difficoltà in quanto la ricostruzione degli apparati produttivi in Europa e
Giappone, la comparsa di una concorrenza internazionale diminuivano la possibilità
di esportazione e riducevano le possibilità nel mercato interno. Nell’estate del 1958
i disoccupati erano 5.300.000.
Altro importante fattore fu la comparsa dell’automazione e quindi di un minor
impiego di manodopera.
Inoltre il 1957 fu per gli Stati Uniti l’anno del trauma per comparsa nel cielo di un
satellite artificiale sovietico (Sputnik).
Nel timore di aver perso il primato scientifico-tecnologico nel settore aerospaziale si
da nuovo impulso alle ricerche scientifiche con grossi investimenti nel settore e nel
1958 gli Stati Uniti lanciano un satellite.
L’URSS E LE DEMOCRAZIE POPOLARI DA STALIN A KRUSCEV
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Nel ’53 Stalin muore e per il gruppo dirigente sovietico si apre un grave problema:
la successione.
Gli succede Malenkov come presidente del consiglio accanto a Beria capo
della polizia, Molotov per la politica estera e Kruscev come economista. Si
parla di direzione collettiva.
La fine del dominio staliniano porta con sé il desiderio di allentamento del terrore e
di innalzamento del tenore di vita.
Un segno della lotta all’interno del gruppo dirigente fu l’eliminazione fisica di Beria
nel dicembre ‘53 accusato di essere stato al servizio del capitalismo straniero.
La morte di Stalin fa esplodere la questione dei rapporti tra URSS e paesi
dell’Europa orientale.
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Nella Germania orientale nel giugno ‘53 avviene un’insurrezione operaia e popolare
causata dal basso tenore di vita in contrapposizione a quello crescente nella
Germania occidentale ma viene stroncata.
Ristabilita con la forza e con alcuni miglioramenti salariali la situazione in Germania,
negli altri paesi di democrazia popolare si fanno sentire gli effetti della nuova aria di
liberalizzazione dell’URSS.
I dirigenti sovietici consapevoli che la tensione con la Jugoslavia voluta da Stalin
era da eliminare per poter creare nuovo corso nell’Europa orientale, nel maggio ‘55
mandano una delegazione sovietica ad alto livello composta da Bulganin, Kruscev
e Mikoyan a Belgrado. Si riconosce la responsabilità sovietica per rottura del 1948
e si arriva il 3 giugno ‘55 alla dichiarazione comune in cui si afferma il principio che
le questioni delle forme diverse di sviluppo socialista riguardano ciascun paese
preso individualmente.
Imboccata la strada di una destalinizzazione di fatto, Kruscev ormai leader del
gruppo dirigente sovietico, dà a esso volto nuovo e nel corso del XX congresso del
PCUS del 14-15 febbraio 1956 espone due rapporti differenti, uno per il pubblico e
uno segreto per i soli dirigenti.
Nel primo dice che vista la potenza dell’URSS e degli altri paesi orientali si poteva
lanciare una politica di coesistenza pacifica con i paesi capitalisti, migliorando le
relazioni. In più sul piano della strategia politica sostiene che i partiti comunisti dei
paesi occidentali, per giungere al potere, potevano evitare la guerra civile e usare
strumenti della democrazia parlamentare (ponendo fine a un capitolo della teoria
leninista).
Nel rapporto segreto (reso poi pubblico dagli Stati Uniti ) demolì la figura di Stalin
attaccandone il culto della personalità e descrivendolo come un despota.
Al tempo stesso sostiene che sue scelte fondamentali erano state giuste nella lotta
contro le opposizioni interne e che nonostante i crimini da lui commessi la società
sovietica era sana nei suoi fondamenti (voleva eliminare gli eccessi, senza mettere
in discussione la struttura del potere sovietico).
La destalinizzazione ha ripercussioni in Polonia.
Si giunge all’amnistia per le vittime dello stalinismo. Tra i liberati c’è anche
Gomulka.
Ma la crisi si aggrava quando nel centro industriale di Poznan a fine giugno ‘56
inizia uno sciopero di massa sviluppatosi nella rivolta antisovietica appoggiata dalla
chiesa cattolica.
In ottobre Gomulka fu messo a guida del partito e del paese.
Dal canto suo il governo polacco ribadì la sua alleanza con l’URSS necessaria per
conservare la stessa integrità territoriale del paese.
Il regime polacco cerca un’intesa con la chiesa cattolica concedendole una libertà di
azione precedentemente negata.
In Ungheria avviene un vero e proprio crollo del regime comunista.
ACCENNI SUL VIETNAM
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Nel ’54 la scena internazionale è dominata dal Vietnam dove i francesi
subiscono una disfatta decisiva ad opera del generale Giap. Oltre 10.000 francesi
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sono fatti prigionieri. Nel ’54 si tiene una conferenza a Ginevra dove viene firmato
l’armistizio. Il Vietnam è diviso in due punti a livello del 17 parallelo e in attesa di
elezioni i due Vietnam si impegnano alla neutralità. Ma estromessa la Francia,
subentrano gli Stati Uniti nella parte meridionale. Essi rifiutano di riconoscere gli
accordi di Ginevra il che segna il fallimento degli accordi e la ripresa della guerra.
Gli Stati Uniti sono decisi a contenere il “pericolo rosso” in qualsiasi continente si
presenti.
LA GUERRA FREDDA (Mario Del Pero)
PREMESSE:
 Con questo termine si intende la situazione di antagonismo geopolitico e
competizione ideologica tra l’Unione Sovietica e gli Stati Uniti venutasi a creare
dopo la Seconda guerra mondiale (1945) fino al dissolvimento dell’URSS (1991).
 Tale competizione ideologica tra il modello democratico liberale statunitense, con
sistema economico capitalistico, e quello comunista autarchico dittatoriale sovietico
scaturisce da un assetto internazionale di natura bipolare, diverso da quello
precedente alla guerra di natura eurocentrico e multipolare. Delle nazioni uscite
vincitrici dal conflitto, solo USA e URSS assunsero un ruolo di grandi potenze, con
netto predominio economico e superiorità militare (possesso dell’arma nucleare)
statunitense: il bipolarismo è dunque asimmetrico.
 Entrambe le superpotenze vogliono consolidare la propria sicurezza nazionale e nel
farlo tendono a ingenerare insicurezza e paura nella controparte.
 USA: vuole evitare che una singola potenza (come l’URSS che già alla fine del
conflitto estende la sua influenza nell’Europa orientale) possa assumere il controllo
dell’Eurasia per attingere alle risorse presenti; vuole estendere la rete delle
democrazie di libero mercato per rafforzare la propria sfera economica.
 URSS: voleva garantito il sostegno dell’Europa orientale, per estendere la propria
fascia difensiva attraverso una zona cuscinetto; non era favorevole alla rinascita
della potenza tedesca (in accordo con gli USA in quanto Germania nemica
comune); il leader Iosif Stalin voleva rafforzare l’URSS con il potenziamento del
partito comunista nazionale e inoltre necessitava della collaborazione USA per
ricevere prestiti e finanziamenti utili alla ricostruzione del paese.
EVENTI:
 1945 Il successore di Roosevelt, Truman non concede prestiti a Mosca,
alimentando risentimento e diffidenza.
 Agosto 1945 Conferenza di Potsdam sulla ricostruzione della Germania
denazificata e neutrale, divisa in 4 zone d’occupazione (amministrate da Francia,
Gran Bretagna, USA e URSS) con progetti punitivi abbandonati da parte dell’USA
per evitare pericolosi rigurgiti tedeschi nazionalisti e antioccidentali, per un
essenziale apporto tedesco alla ricostruzione economica europea e per evitare un
vuoto di potere al centro d’Europa di facile influenza sovietica.
 1946 Stalin promuove la validità leninista della causa socialista, attraverso canali
unilaterali rigidi e di chiusura verso cooperazioni con le potenze occidentali; di
risposta alle affermazioni aggressive e minacciose sovietiche, Truman, su analisi di
Kennan, funzionario dell’ambasciata americana a Mosca, decide di contrastare con
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fermezza e decisione l’URSS, mentre Churchill propone un’alleanza tra USA e
Gran Bretagna contro l’espansionismo del regime totalitario, che è costretto a
ritirare dall’Iran le proprie truppe (presenti congiuntamente a quelle USA nel corso
del conflitto) abbandonando l’obiettivo di concessioni petrolifere e a rinunciare a
territori della Turchia per il controllo sugli stretti dei Dardanelli.
1947 la politica estera USA è finalizzata a contenere l’URSS entro la sua sfera
d’influenza (politica del contenimento - “dottrina Truman”) intervenendo
economicamente e militarmente in Europa con costi assai elevati: è il caso della
guerra civile in Grecia e in Turchia, per contrastare ed evitare la vittoria del partito
comunista.
1948-1951 La politica del contenimento prevedeva un consolidamento economico e
politico dei paesi europeo-occidentali (per gli USA, infatti, il comunismo in Europa
scaturiva sia dall’azione sovversiva autoritaria e repressiva di Mosca che dalle
difficoltà economiche dei paesi assoggettati): per facilitare la crescita economica e
consolidare i regimi democratici, gli USA promuovono un piano di assistenza per
l’Europa (Piano Marshall) presentato già nel 1947 e accettato da 16 nazioni
europee.
1947 Proposto calcolatamente anche all’URSS e ovviamente da questo rifiutato, il
piano, denunciato in parte da Italia (comunque l’opinione pubblica generale
concordava con la prospettiva di benessere del piano – infatti nelle elezioni del
1948 le forze comuniste subiscono una sconfitta rilevante) e Francia come
strumento imperialistico per nuovi mercati per i beni USA, ha avuto la risposta
sovietica della “dottrina dei due campi” di Zdanov, che postulava l’esistenza di
due fronti contrapposti: quello imperialista capitalista USA e quello socialista e
democratico URSS, di facile scontro anche in un eventuale conflitto.
1947 Si istituisce l’organizzazione internazionale Cominform (differente dal
Comintern sciolto nel 1943) che riuniva i partiti comunisti dell’URSS, dell’Europa
orientale, dell’Italia della Francia contro i progetti americani in Europa occidentale e
che permetteva un controllo maggiore di Mosca verso i partiti fratelli, con
un’integrazione sovietica delle loro economie.
Eliminare gli avversari politici o rimuovere leader comunisti eccessivamente
popolari e indipendenti da Mosca sono le mosse del potere centrale per la
sovietizzazione: esempio è il colpo di stato a Praga (1948).
La defezione all’interno del blocco comunista è rappresentata già dal 1948 dalla
Jugoslavia di Tito, che mantenendo un’equidistanza dalle due superpotenze,
ottenne aiuti economici e militari USA.
Maggio 1949: successivamente al blocco delle zone occidentali di Berlino operato
dall’URSS (i rifornimenti vengono forniti attraverso un ponte aereo dall’ovest) e alla
conseguente intransigenza negoziale promossa dagli USA per porvi fine, nasce la
Repubblica Federale Tedesca – zona più ricca per infrastrutture e materie prime
(dopo la precedente unificazione delle zone d’occupazione di Francia G. Bretagna e
USA). Pochi mesi dopo è la volta della Repubblica. Democratica Tedesca.
Aprile 1949 Si ratifica il patto dell’Alleanza Atlantica, tra 12 paesi (tra cui Francia
G. Bretagna Italia e USA) in cui gli USA si impegnano nella difesa dell’Europa
Occidentale da un’eventuale aggressione sovietica.
1949 Primo test dell’esplosione della bomba atomica da parte dell’URSS.
1949 Vittoria del partito comunista in Cina con Mao Tse-tung contro i nazionalisti
guidati da Chiang Kai-shek (rifugiato poi sull’isola di Taiwan). Solo per l’occasione
Stalin appoggia apertamente Mao, perché 1)sostenendo Mao fuori dalla sfera
d’influenza sovietica temeva un intervento USA; 2)temeva che Mao diventasse un
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Tito asiatico indipendente; 3)per il potenziale attrito geopolitico tra Cina e URSS.
Nasce la Repubblica popolare Cinese.
1950 Patto tra Cina e URSS, che si impegnava a difendere la prima da
un’eventuale aggressione giapponese.
La guerra fredda stava diventando più globale, spostandosi verso il continente
asiatico.
1950 Piano NSC-68 degli USA per un massiccio incremento militare del paese,
motivato anche dalla Guerra di Corea.
1950 GUERRA DI COREA. L’URSS appoggia la Corea del nord del comunista
filosovietico Kim Il Sung per la conquista dello stato del sud autocratico e
filoccidentale con a capo Singman Rhee oltre il 38° parallelo, che già in tempo di
guerra divideva il controllo del territorio rispettivamente delle truppe URSS e USA
(queste ultime poi ritirate gradualmente). L’appoggio di Stalin è motivato 1)per
evitare che la Corea del Nord chieda aiuto alla Cina; 2)pensando che gli USA non
sarebbero intervenuti.
Dopo la “perdita della Cina” gli USA, per salvaguardare l’opinione pubblica contro il
comunismo, intervengono con truppe dell’ONU, per evitare anche un’espansione
del comunismo in Asia.
Anche la Cina interviene a favore della Corea del Nord, anzi stanzia più dell’URSS
(l’antagonismo tra i due aumenta).
1951 Un accordo tra le parti riporta i confini degli stati sempre al 38° parallelo!!
1951 Gli USA e il Giappone (ex-nemico) si accordano per far stanziare truppe
americane sul territorio giapponese per difendere Taiwan da eventuali minacce
cinesi.
1951 I paesi membri dell’Alleanza Atlantica danno vita alla NATO. La
globalizzazione del contenimento corrisponde a una crescente militarizzazione: gli
aiuti USA all’industria europea sono orientati verso la produzione di materiale
militare, anche per tranquillizzare psicologicamente gli alleati.
1951 La Francia partecipa con Germania occidentale, Italia; Olanda, Belgio e
Lussemburgo alla formazione della Comunità europea per il carbone e l’acciaio
(CECA), consapevole che una collaborazione con la Germania avrebbe potuto
facilitarle l’accesso alle sue risorse.
1951 L’intensificazione della guerra fredda richiede una collaborazione militare
anche della RFT contro l’azione dell’URSS e del blocco comunista.
L’idea del riarmo tedesco, dopo la sconfitta del regime nazista, non è accolta però
positivamente soprattutto dalla Francia, che propone una Comunità economica di
difesa (CED) in cui le divisioni militari dei sei paesi sarebbero state subordinate a
un’autorità sopranazionale (tenendo sottocontrollo il riarmo tedesco); inizialmente
non vista di buon occhio dagli alleati perché non disposti a rinunciare alla propria
sovranità in ambito delicato come quello militare
Il processo di integrazione della Germania e il generale consolidamento dell’Europa
occidentale mirava alla crescita economica, per raggiungere prosperità e
benessere, necessari per frenare la diffusione del comunismo. Inoltre la creazione
di un’Europa autonoma e federata poteva, secondo gli USA, essere un efficace
contrappeso all’URSS, permettendo agli USA stessi una graduale riduzione
dell’impegno militare sul continente europeo (per la Francia però la presenza
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militare USA era necessaria sia per contrastare l’URSS che per tenere sotto
controllo la Germania: progetto CED affossato proprio dalla stessa Francia).
1955 Ingresso della Germania occidentale nella NATO; gli alleati terminano
l’occupazione militare del paese.
Di risposta, Mosca crea l’alleanza difensiva con stati comunisti dell’Europa orientale
(Patto di Varsavia)
1957 Trattati di Roma: istituzione Comunità economica europea (CEE) e Comunità
europea per energia atomica (EURATOM) dei sei paesi della CECA, promuovendo
liberalizzazione degli scambi tra i paesi membri.
1952 USA: presidente Dwight Eisenhower conservatore moderato del partito
repubblicano: approccio idealmente più aggressivo rispetto la politica del
contenimento del suo predecessore, volendo liberare i paesi dell’Europa dell’est dal
giogo sovietico. In pratica sarà simile a Truman. Vuole inoltre ridurre i costi militari
per alleviare il crescente deficit del bilancio. Strategia della “rappresaglia
massiccia”: dichiarazione dell’uso dell’arma nucleare anche in risposta offensiva
sovietica di tipo convenzionale.
1953 Dopo la morte di Stalin, lotta per la sua successione: Malenkov, primo
ministro, vuole orientare parte dei finanziamenti militari ad altri settori dell’economia
e per questo l’appoggio militare favorisce al potere Krusciov (1955). La politica
estera è più flessibile sia verso i propri alleati con i quali vuole migliorare i rapporti,
riavvicinandosi con la Jugoslavia (paesi satelliti: policentrismo) sia verso
l’occidente, prestando attenzione anche ai paesi del Terzo Mondo (appoggio cause
rivoluzionarie per comunque estendere la sua influenza).
1954 Incontri a Berlino tra USA, URSS G. Bretagna e Francia per discutere sulla
Germania (se debole: di facile preda sovietica; se forte: minaccia per gli altri paesi
europei); a Ginevra per Corea e Indovina.
1955 altre conferenze che concretamente non portarono a nulla ma
simboleggiavano un rilassamento dell’antagonismo bipolare con la coesistenza
pacifica, motivata anche dalla consapevolezza che l’eventuale uso dell’arma
nucleare da entrambe le parti avrebbe annientato l’intero pianeta.
1956 XX congresso del partito comunista: “discorso segreto” di Krusciov, in cui
denuncia i crimini di Stalin, scioglie il Cominform, appoggia la coesistenza sì
pacifica ma competitiva: progressi tecnologici bellici sovietici. Il dinamismo di Mosca
stimola la reazione statunitense. La distensione piano piano svanisce.
1956 La destalinizzazione promossa da Krusciov facilita in Polonia e Ungheria
riforme per quietare proteste operaie. In Ungheria però Mosca interviene
militarmente, reprimendo ancora una volta la volontà dei paesi allineati con l’URSS.
La decolonizzazione dei paesi in Africa e Asia vede gli USA interessati, per evitare
che possa essere l’URSS ad accedere alle risorse disponibili: tramite la CIA, in Iran
e Guatemala ribaltano i governi antistatunitensi, operando una nazionalizzazione
dell’industria petrolifera e una riforma agraria per loro vantaggiosa.
Il Medio Oriente diventa il nuovo teatro della guerra fredda.
Il sostegno USA verso il nuovo stato d’Israele (14 maggio 1948) è motivato da
interessi elettorali (all’interno del partito democratico) oltre che da spinte umanitarie:
inimicizia verso il mondo arabo.
1956 Mentre con Turchia, Iran e Iraq ci furono accordi statunitensi, con l’Egitto di
Nasser sorgono problemi.
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Il paese mediorientale vuole trarre vantaggio dall’antagonismo delle superpotenze:
riceve finanziamenti anglo-americani per la costruzione della diga di Assuan e armi
dall’URSS (per il tramite della Cecoslovacchia).
Per l’accordo con Mosca, gli USA cancellano i finanziamenti e per rappresaglia
Nasser nazionalizza il controllo del canale di Suez, ancora amministrato dai
britannici.
G. Bretagna, Francia e Israele attaccano l’Egitto, creando perplessità sia agli USA
che non si schierano per evitare inclinazioni ulteriori col mondo arabo, sia all’URSS
che minaccia i paesi europei dell’uso nucleare, con conseguente ritiro delle truppe
stesse.
Era chiaro che gli USA erano gli eredi dell’imperialismo europeo: in Libia e
Giordania gli aiuti statunitensi avevano il doppio intento di allontanare il comunismo
e il nazionalismo arabo.
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1960 Dopo la polemica del Missile gap usata contro Eisenhower dall’entrante
presidente democratico John F. Kennedy e contro l’avversario Nixon, riguardante il
possesso sovietico di missili intercontinentali e la conseguente sicurezza americana
sacrificata in nome degli imperativi di bilancio, inizia la dottrina della “risposta
flessibile”: il potenziamento delle capacità nucleari USA.
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1958 Dissidi tra Cina e URSS per avversione cinese della distensione URSS verso
l’occidente e per perplessità russa a fornire alla Cina assistenza militare data la sua
crescente influenza sui paesi del Terzo Mondo, presentandosi come potenza
competitiva.
1958 La Cina comunista attacca la Cina nazionalista di Taiwan, senza
autorizzazioni da Mosca. Gli USA sono pronti ad intervenire, ma la crisi si attenua
gradualmente.
1961 URSS con l’India nella disputa territoriale con la Cina.
1963 Primo test atomico cinese.
1958-1966 Dissidi anche nell’alleanza occidentale, tra Francia (che nel ’66 esce dal
Patto Atlantico) e USA soprattutto sulla eventuale dotazione atomica della RFT (più
auspicabile per Eisenhower, sfavorevole Kennedy). De Grulle vuole sviluppare un
proprio arsenale nucleare non coadiuvato dagli USA.
Agosto 1961 Si erge il muro di Berlino da parte del governo tedesco-orientale, per
evitare esodi nella RFT e per evitare la prospettiva di una Germania unita e
nucleare. E’ il simbolo della guerra fredda e della divisione del continente europeo.
Agosto 1963 Accordo USA e URSS per divieto esperimenti nucleari
nell’atmosfera (di comune accordo impedivano dotazioni atomiche Cina e RFT;
accettazione URSS della presenza USA in Europa – per contenere potere RFT – e
accettazione USA della divisione Germania). L’equilibrio raggiunto in Europa si
basa sulla duplice azione USA di contenimento: URSS e nazionalismo tedesco
(globalizzazione del contenimento).
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1959-1963 CRISI di CUBA Nel ’59 La dittatura di Batista viene rovesciata da Fidel
Castro, appoggiato dall’URSS. Nel ’61 la Cia addestra cubani anticastristi per
assoggettare l’Isola: sconfitta americana nella Baia dei Porci. Sempre nel ’61
l’URSS dispiega missili nucleari a Cuba. L’America li scopre e opta per un blocco
navale dell’isola (incomincia tra l’altro l’embargo). Krusciov, criticato poi da Cuba e
Cina, ritira i missili in cambio di promessa USA a non intervenire militarmente a
Cuba.
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1963 Inizia la GUERRA DEL VIETHNAM Gli USA subentrano al posto dei francesi
nel controllo della parte sud (filoamericano) del paese, diviso nel ’54 con gli accordi
di Ginevra che separavano il territorio all’altezza del 17° parallelo. Approfittando del
disordine interno del sud avvenuto dopo il colpo di stato nel ‘63, il nord comunista,
appoggiato da URSS e soprattutto da Cina, consolidava sempre più il regime di Ho
Chi Minh.
Kennedy, per paura di accuse di debolezza nei confronti del comunismo (come nel
’49 per la Cina il suo predecessore) e il successore Johnson (dopo l’assassinio di
K.) avanzano l’intervento militare. si temeva che la prossima costituzione di uno
stato unitario (previsto dagli accordi di Ginevra) fosse comandato dal comunismo.
L’impegno militare (bombardamenti aerei e combattimenti via terra) diventerà
sempre più massiccio: sarebbe stato comunque un dispendio inutile che durerà fino
al 1973, quando con l’accordo di Parigi si pone fine all’intervento USA, ritiro truppe
USA e nordvietnamite in Laos e Cambogia (che furono attraversate nel 1970),
divisione entro il 17° parallelo. L’impegno militare americano è contro l’opinione
pubblica che vede (nel ‘68) proteste per morti inutili, oltre a un processo
inflazionistico nel sistema finanziario.
1975 Il Viethnam del nord viola gli accordi di Parigi e riprende l’offensiva,
riunificando, sotto la bandiera comunista l’intero Viethnam: Saigon sotto la città
Hanoi.
Termina un conflitto costato 58.000 morti USA e 3.000.000 tra civili e combattenti
vietnamiti.
1978 Il Viethnam, appoggiato dall’URSS invade la Cambogia, sostenuta dalla Cina,
contro il folle e sanguinario regime dei Khmer rossi di Pol Pot.
 1964 Cade Krusciov incolpato delle divisioni interne del partito, a causa della
politica di destalinizzazione e di sostegno al policentrismo, nonché per il dissidio
con la Cina. La guida URSS è di un triunvirato che vede la figura di spicco di
Breznev: 1) politica interna repressiva: “Dottrina Breznev” che prevedeva
l’intervento sovietico nei paesi del blocco comunista se minacciati da forze
rivoluzionarie e filoccidentale; 2) politica internazionale ridimensionata nei paesi del
Terzo Mondo; 3) vano tentativo di riavvicinamento con la Cina.
 Crescita impressionante dell’arsenale nucleare sovietico.
 1968 Dopo il programma riformatore di Dubcek in Cecoslovacchia (primavera di
Praga) vi è l’intervento repressivo militare sovietico.
 Questo avvenimento recò antipatia verso il partito comunista da parte di Italia e
Francia. Inoltre avvicinò la Romania all’occidente.
 1972 Le tensioni con la Cina e l’economia sovietica in rilento porta alla seconda
distensione nei rapporti con l’Occidente.
 Emergere nell’assetto mondiale nuove potenze: Cina, Giappone e CEE.
 1972 Nixon, nuovo presidente USA, è in Cina: l’avvicinamento delle due potenze
avrebbe ridimensionato l’URSS e dato speranze di compromessi nella guerra del
Viethnam.
 Maggio 1972 Trattato SALT 1: accordo sulla diminuzione agli armamenti,
disciplinando la competizione nucleare delle superpotenze (nel ’69 l’ABM – sistema
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difensivo contro missili nucleari sovietici – rendeva sempre più costosa la corsa agli
armamenti) che aveva raggiunto costi spropositati. Inoltre sul tavolo delle trattative
la faccenda Viethnam.
1972 Accordo commerciale, che permette a Mosca di comprare grano dagli USA.
Giugno 1973 Breznev si reca a Washington.
1974 Nixon si reca a Mosca; poi il nuovo presidente Ford incontra Breznev.
Agosto 1975 Accordi di Helsinki: accettazione formale da parte di 35 stati degli
assetti territoriali della Seconda Guerra Mondiale, ossia inviolabilità dei confini tra
gli stati.
 Prima metà anni ’70 crisi economica americana, accompagnata dalle proteste
contro la guerra del Viethnam e per ottenere diritti sociali e civili.
 La distensione è in crisi, per nuove influenze in Medio Oriente e in Africa.
 1973 Gli USA sostengono il golpe in Cile di Pinochet che rovesciò il governo
socialista di Allende.
 Fine ’71 Tensioni tra India (appoggiata dall’URSS) e Pakistan (appoggiato da USA
e Cina) per il controllo della regione orientale del Pakistan (futuro Bangladesh)
 1973 Offensiva militare di Siria ed Egitto contro Israele che nel ’67 aveva allargato i
confini contro Egitto, Giordania e Siria.
 1974 Mozambico e Angola indipendenti dal Portogallo. In Angola guerra civile fino
al ’76, che vede l’accordo URSS e le forze comuniste angolane vincitrici
(appoggiate anche da Cuba) su quelle ostili appoggiate USA e Sud Africa.
 1977 Cuba e Angola entrano nello Zaire, con ricche risorse.
 1977 URSS sostiene l’Etiopia (inviando sempre truppe cubane) contro la Somalia.
 1978 Mosca si irrita vedendo l’alleato Egitto (al quale promuove un traffico d’armi
per ottenere profitti e per consolidare l’influenza sovietica nel Medio Oriente) di
Sadat, successore di Nasser, avvicinarsi agli USA, che promosse un accordo tra
arabi e Israele a Camp David.
 Il congresso americano limita il potere del presidente di entrare i guerra (come per il
Viethnam) senza il suo consenso. L’intervento del congresso anche in altre
questioni commerciali inclinano i rapporti USA e URSS.
 1976 Jimmy Carter alla presidenza: importanza dei diritti umani e accelerazione
controllo degli armamenti, con ammodernamenti di arsenali nucleari.
 1979 Trattato SALT 2: accordo limitazioni armamenti vantaggioso per Washington,
ma bloccato su spinte della destra conservatrice repubblicana.
 1979 Intervento militare sovietico in Afghanistan per rimuovere l’insurrezione
islamica (che poteva mettere in repentaglio altri paesi della sfera comunista,
perdendo però la possibilità di sfruttare l’antiamericanismo) e i componenti meno
controllabili del movimento comunista afgano. Careter risponde sostenendo gruppi
anticomunisti afgani, con l’embargo sulla vendita di grano all’URSS e
interrompendo trasferimenti tecnologici.
 1979 In Iran vi è l’avvento di un regime islamico: perdita di un alleato statunitense in
Medio Oriente
 La destra repubblicana osteggia la scelta di Carter di voler aiutare il governo
marxista (regime sandinista)in Nicaragua, per evitare un avvicinamento a Cuba e
all’URSS del paese. Regan sosterrà infatti militarmente finanziariamente il
movimento somoziosta dei contras.
 1980 vince il repubblicano Regan: ritorno a un antagonismo conflittuale. ”Dottrina
Regan”: 1) sostegno alle forze anticomuniste nel Terzo Mondo (Angola,
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Afghanistan e Cambogia) attraverso canali clandestini, con missione di difesa del
mondo libero! 2) Investimenti nel riarmo, con conseguente crisi nell’80-81 per deficit
federale.
 USA schierati con il governo autoritario del Salvador (preferibile comunque al
totalitarismo sovietico).
 1983 Stanziamento su territorio europeo di missili USA nucleari (come già deciso in
NATO nel 1979) con proteste della sinistra europea e comunque in risposta di un
dispiegamento di missili URSS in Europa negli anni ’70.
 1983 Intenzione USA di dotarsi di un sistema di difesa strategica, violando l’accordo
Salt sui sistemi difensivi ABM e creando dubbi agli alleati europei sulla credibilità
dell’impegno di difesa verso l’Europa, una volta avuto un’impugnabile sistema di
sicurezza.
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1980 In Polonia nasce in sindacato indipendente, appoggiato dalla Chiesa.
Nonostante l’URSS fosse minacciata dalla perdita del regime rosso polacco o
addirittura dall’uscita della Polonia dal blocco sovietico, non interviene con le armi,
ma con la forza di un colpo di stato.
1982 Regan propone il trattato START, ripartendo da zero il processo negoziale.
1983 URSS abbatte per errore un aereo civile sud coreano, che aveva violato lo
spazio aereo URSS. Reazioni indignate occidentali.
Gorbaciov entra sulla scena sovietica, volendo rafforzare la posizione
internazionale URSS. Per far ciò capisce che è necessario fare concessioni senza
precedenti: sospensione dispiegamenti nuovi missili in Europa, moratoria
unilaterale di esperimenti nucleari. Inizialmente viste da Regan con diffidenza,
l’opinione pubblica le considerò di buon occhio.
Dicembre 1987 Trattato INF, con rimozione di missili a media gettata presenti in
Europa (“opzione zero”). Tale decisione fu criticata per l’impegno finanziario di
alcuni paesi interessati allo stanziamento missilistico.
1988 riduzione sovietica di armi nell’Europa orientale; ritiro truppe dall’Afghanistan.
1989 dopo i primi due vani incontri (85 e ’86) tra Regan e Gorbaciov, Regan si recò
a Mosca: da una logica competitiva si passò a una strategia di sicurezza collettiva,
attraverso la collaborazione.
La politica repressiva finora usata dal controllo centrale di Mosca verso i paesi
satelliti, portò un malcontento popolare di indubbie simpatie occidentali. Gorbaciov
si impegnò in un programma di riforme interne, lasciando maggior autonomia agli
stati stessi.
1989 Polonia e Ungheria sono le prime a creare una spaccatura all’interno del
blocco comunista. Dall’apertura delle frontiere ungheresi con l’Austria, si verificò il
passaggio di migliaia di persone dalla RDC alla RFT col conseguente abbattimento
del muro (9novembre). Le settimane successive è la volta di Bulgaria,
Cecoslovacchia (multipartitismo e democrazia) e Romania (rovesciamento
dittatura con colpo di stato).
1990 Germania unificata: soluzione accettata da Mosca perché beneficiaria di aiuti
economici tedeschi.
1990 Iraq di Saddam Hussein invade il Kuwait
1991 liberazione del Kuwait per intervento nel Golfo Persico dell’Onu. URSS e USA
schierati dalla stessa parte per la prima volta.
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Gorbaciov, criticato per riforme interne (riduzione apparato militare, liberalizzazione
politica ed economica che conseguirono all’indipendenza di Lituania, Etnia e
Lettonia) e per il crollo del prestigio internazionale dello stato sovietico subì un
colpo di stato, la cui azione si spense grazie al nuovo presidente.
1991L’URSS si scioglie al posto della comunità di Stati indipendenti (CSI)
CONCLUSIONI:
 La caduta di Gorbaciov fece mancare un interlocutore cruciale, portando l’ex
Unione Sovietica in una fase transitoria e a volte deteriorata con l’Occidente.
 Il modello democratico liberale, sconfitto il suo rivale, è destinato a universalizzarsi,
con potenza incontrastata degli USA, paragonati alle subordinazioni militari ed
economiche di Giappone, Cina, Europa e Russia.
 La sfiducia nell’Onu negli interventi poco fermi in Somalia e ex-Jugoslavia, ha
riportato la Nato al centro della scena internazionale (contro i massacri in Bosnia
accordo di Dayton nel 1995 e intervento militare contro i Serbi di Milosevic e a
protezione del gli albanesi in Kosovo nel 1999).
 La debolezza dell’Onu è stata sopraffatta dall’egemonia statunitense, il cui modello
finanziario rischia di creare nuove forme di esclusioni e di marginalizzazione,
alimentando ostilità e risentimenti (vedi attentato torri gemelle nel 2001).
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