LUCA SALMI
LA MARGINALITÀ NEI PERSONAGGI DI SAMUEL BECKETT
Il dramma di Samuel Beckett Aspettando Godot viene messo in scena nel penitenziario californiano
di San Quentin dalla compagnia Actor's Workshop di San Francisco. Herbert Blau, il regista, decise
di salire da solo sul palco prima della rappresentazione per preparare i detenuti a ciò che avrebbero
visto in scena. Blau paragonò lo spettacolo teatrale a un brano di musica jazz: “che va ascoltato per
scoprirvi qualcosa”, con l'obiettivo di invogliare i millequattrocento detenuti (che, probabilmente, si
aspettavano uno svago di tutt'altro genere, come soubrette o barzellettieri) alla visione, e con la
speranza che ognuno di loro avrebbe trovato in Aspettando Godot un significato personale.
Effettivamente ciò avvenne e con questa introduzione il regista riuscì a creare una fortissima
empatia con il pubblico. Aspettando Godot, che aveva infastidito il pubblico sofisticato di Parigi,
Londra, New York, è immediatamente compreso da un pubblico di detenuti1.
Perché un dramma d'avanguardia, criticato dal pubblico di tutto il mondo, viene compreso e
applaudito da un gruppo di detenuti? Questa è la domanda che sorge nella mente del critico teatrale
Martin Esslin, alla quale risponde ipotizzando due spiegazioni: perché li mette a confronto con una
situazione analoga alla loro, oppure perché loro, spettatori non sofisticati, hanno assistito allo
spettacolo senza pregiudizi e idee preconcette, ma osservando lo spettacolo per quello che era
realmente. Questo dramma non impone allo spettatore una morale e non offre una speranza
concreta2, rappresenta solamente un perenne clima di attesa, nel quale i detenuti di San Quentin si
riconoscono, tanto che, se alla fine fosse arrivato Godot, sarebbe stata una delusione per tutti3.
I personaggi di Aspettando Godot (nei quali si vede chiaramente l'influenza, tra gli altri, del
personaggio Charlot di Charlie Chaplin, soprattutto nel classico abbigliamento di Vladimiro ed
Estragone, che indossano scarpe rotte, abiti larghi e consunti, e l'immancabile bombetta) vengono
immediatamente riconosciuti dai carcerati come i personaggi marginali per eccellenza della società
contemporanea. Anche questi insoliti spettatori sono in attesa di qualcosa e, quando l'attesa sarà
finita, come per i protagonisti beckettiani, sarà arrivato il momento per loro di tornare a casa, e
allora non ci saranno più barboni né vagabondi4, la marginalità che contraddistingue il loro presente
scomparirà.
Il tempo qui diventa un elemento drammaturgico imprescindibile, o meglio, diventa il vero
protagonista dell'opera di Beckett, e il pubblico, come i personaggi, sperimentano, attraverso la
1
2
3
4
Cfr. Martin Esslin, Il teatro dell'assurdo, Roma, Abete, 1990. Introduzione, p. 15.
Ivi, p. 17.
Ivi, p. 16.
Ivi, pp. 48-49.
ripetizione incessante, lo scorrere del tempo. Lo spettatore sperimenta lo scorrere inesorabile del
tempo nella sua forma più pura ed evidente, essendo esposto all'azione del tempo stesso. Da un lato
questo dimostra che non esiste un minuto uguale all'altro, i personaggi (come gli spettatori) si
evolvono nello scorrere del tempo, ma dall'altro lato l'intercambiabilità e la ripetitività dei due atti
dimostrano che questo divenire non porta a niente (Vladimiro ed Estragone potrebbero morire da un
momento all'altro o non avere mai vissuto che sarebbe lo stesso) 5. I detenuti sperimentano anch'essi
lo scorrere del tempo, col quale devono fare i conti quotidianamente rinchiusi in una cella a
ripensare a quello che hanno fatto, per i quali ogni giorno all'interno della prigione è uguale all'altro.
Questo clima di attesa che contraddistingue questi personaggi marginali, questi vagabondi, questi
barboni, è centrale in tutta la drammaturgia di Samuel Beckett.
In Finale di partita i personaggi Hamm e Clov (padrone e servo), insieme ai due genitori di Hamm,
Nell e Nagg, sono gli ultimi uomini rimasti sulla terra. Qui la marginalità dei protagonisti è
evidente, entrambi vogliono staccarsi l'uno dall'altro e conquistarsi una loro autonomia, ma
entrambi sono consapevoli del fatto che non possono vivere da soli, che, se riusciranno a separarsi,
il loro destino è quello di vivere in solitudine, solitudine che li porterà inevitabilmente ad una morte
prematura6. Ma i due personaggi più borderline del dramma sono i genitori di Hamm, Nell e Nagg.
Questi vengono presentati da Beckett come privi di gambe e costretti a vivere in due bidoni
dell'immondizia. La volontà dell'autore è quella di mostrare al pubblico la situazione più marginale
possibile, ispirandosi a veri e propri homeless7.
In Atto senza parole Beckett supera però la condizione dei personaggi della sua opera precedente.
Qui il protagonista (che non ha nemmeno un nome, ma viene chiamato “A”) è da solo sulla scena,
tanto che alcuni hanno visto in questo personaggio una ideale conclusione della vita di Clov, il
servitore di Finale di partita, finalmente staccatosi dal suo padrone, ma destinato inevitabilmente a
una morte solitaria.
Ne L'ultimo nastro di Krapp il drammaturgo irlandese presenta un vecchio uomo solo, la cui unica
occupazione è quella di ascoltare bobine contenenti le registrazioni di giornate della sua vita
passata, nel giorno del suo compleanno, e di registrarne una nuova. Ma la fine incombe su di lui e
quindi, quella che registrerà in scena, sarà la sua ultima bobina, il suo ultimo “nastro”. Questo
vecchio non ha più nulla, nemmeno il ricordo della sua vita passata, possiede solo il suo registratore
(un vecchio magnetofono) che lo aiuta a ricordare la sua storia, che gli ricorda che lui è vissuto, e
che, allo stesso tempo, lo tiene in vita. Samuel Beckett, che aveva iniziato a scrivere la sua opera
dopo aver ascoltato alla radio la voce dell'attore irlandese Patrick Magee che leggeva alcuni brani
5 Vedi nota 4.
6 Cfr. Samuel Beckett, Teatro di Samuel Beckett. Finale di partita, Milano, Oscar Mondadori, 1971, pp. 121-171.
7 Samuel Beckett, negli anni '30, incomincia un periodo di vero e proprio vagabondaggio per l'Europa, quindi non è
un caso che i personaggi che mette in scena siano per lo più barboni e vagabondi ai margini della società, immersi in
una grande solitudine.
tratti proprio da suoi testi (il titolo originale dell'opera di Beckett era Magee monologue)8, nel 1963
diresse ancora una volta il dramma, ma scelse come protagonista Rick Cluchey, un carcerato. In
questo caso è possibile notare come la marginalità dell'attore si sovrapponga alla marginalità del
personaggio Krapp, concretizzando, se è possibile in modo ancora più marcato, il parallelismo tra i
personaggi borderline beckettiani e gli uomini borderline della società contemporanea, inaugurato
da Herbert Blau con la rappresentazione di Aspettando Godot nel carcere di San Quentin nel 1957.
Nella sua unica opera cinematografica, Film, Samuel Beckett dirige l'assurda fuga di un uomo, il
comico Buster Keaton nella sua ultima apparizione cinematografica. Questo singolare personaggio,
filmato solo di spalle, sta fuggendo attraverso un quartiere degradato, tenendo stretta a sé una
cartellina dal misterioso contenuto. Sembra vivere in un mondo tutto suo, non si accorge di tutto
quello che gli sta intorno, urta le persone che trova sul suo cammino, le quali lo guardano e sul loro
volto si palesa un'espressione terrorizzata. Fugge, questo bieco individuo, fino ad arrivare a un
appartamento nel quale si rinchiude. Una volta all'interno, cerca di isolarsi dallo sguardo del mondo,
coprendo tutto ciò che possiede (nella casa ci sono: una finestra, un cane, un uccellino in gabbia, un
pesce in una palla di vetro, uno specchio). Compiuta la sua opera di obliterazione, si siede su una
sedia a dondolo e apre finalmente la sua preziosa cartellina. Essa contiene le fotografie che
ritraggono il protagonista in vari momenti della sua vita. Ma improvvisamente Keaton, dopo averle
accuratamente riguardate, le strappa, manifestando l'intenzione di dimenticare la sua storia, di
scordarsi del suo passato. Dopo aver sminuzzato le sue fotografie, il protagonista si addormenta. Ma
la macchina da presa improvvisamente, quasi stando attenta a non svegliarlo (la macchina da presa
è il co-protagonista del film), lo riprende di fronte e si manifesta come il suo doppio, quello da cui
Keaton stava fuggendo9.
Non io è, insieme a Dondolo, il punto di arrivo della marginalità messa in scena da Beckett.
L'azione non ha né inizio né fine, si inserisce all'interno di un discorso frenetico e farneticante di
Bocca, un personaggio femminile del quale si vede solo la bocca. Il drammaturgo irlandese, per
questo personaggio, si è ispirato alle farneticazioni di una homeless irlandese 10. Questo dramma è
possibile metterlo a confronto con Quad, sempre di Samuel Beckett, per vedere come Beckett,
mettendo in scena i due poli opposti della comunicazione (in Non io la comunicazione è puramente
verbale, in Quad la comunicazione è puramente fisica)
11
produca il superamento della
comunicazione del dramma classico, dimostrando che tutte e due le forme di comunicazione (e, più
in generale, tutte le forme di comunicazione) non portino a nulla. È l'annullamento della relazione
8 Cfr. http://www.samuelbeckett.it/teatro.htm#krapp
9 Cfr. http://www.ubu.com/film/beckett_film.html
10
Si veda in particolare Dina Sherzer, Ritratto di donna. L’esperienza della marginalità in “Non io”, in Stefano Casi
(a cura di), Non io nei giorni felici. Beckett, Adriatico e il teatro del desiderio, Corazzano, Titivillus, 2010, pp. 7481.
11 Cfr. http://www.ubu.com/film/beckett_quad.html
interpersonale sulla quale si fonda lo statuto del dramma, perché non sono più valide né le forme né
le fonti della comunicazione, ovvero le funzioni del dialogo e dei personaggi.