Persinsala Teatro
Alessandro Alfieri
marzo 1, 2012
Alla Casa delle Culture, l’Aspettando Godot di Beckett torna
a metterci faccia a faccia con l’insensatezza della vita.
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Quando i critici e i giornalisti assaltarono Samuel Beckett in occasione
della prima messa in scena di Aspettando Godot, avvenuta a Parigi nel
1953 al Théâtre de Babylone, tutti erano ansiosi di avere risposta a una
domanda in particolare, “la” domanda su cui è costruita l’intera pièce: chi
è Godot? Venne interpellato lo stesso autore irlandese, che rispose: «Chi
sia Godot io non lo so…so solo che la cosa importante del titolo non è
Godot, ma “aspettando”…».
Beckett è forse il più grande drammaturgo del Novecento, la voce più
tagliente e l’interprete più potente dell’occidente del secondo dopoguerra;
nelle sue opere arte e filosofia si mescolano, fino a far emergere un
orizzonte amarissimo che oscilla tra il paradosso e la triste constatazione
della catastrofe che ci circonda, il non-senso nel quale siamo immersi e
che Beckett inietta direttamente nei suoi dialoghi, nei suoi testi, così
irreali, così “assurdi”. Eppure era Theodor W. Adorno a insistere su come
Beckett non fosse affatto un esponente del cosiddetto “teatro
dell’assurdo”, di contro ai francesi Sartre e Camus: se in questi ultimi,
l’assurdo veniva dichiarato, affrontato direttamente, attraverso una forma
linguistica classica che potesse teorizzarlo, in Beckett non c’è tale
possibilità di distacco. Siamo immersi nel flusso degli eventi e del nonsenso, non possiamo trarcene fuori per dichiararlo “assurdo”, anche
perché a finire destrutturata è la lingua stessa, la sua sintassi, la sua
costruzione semantica. Il contenuto è insomma montato con la forma,
questa la grandezza di Samuel Beckett. Presso la Casa delle Culture di
Roma, fino all’11 marzo, sarà in scena proprio Aspettando Godot,
spettacolo diretto da Claudio Capecelatro e prodotto da SiparioDramma
Flucù: lo stesso Capecelatro interpreta una delle due anime essenziali
dell’opera, Vladimiro, mentre Estragone ha il volto di Roberto Zorzut.
Abbigliati così come avrebbe voluto lo stesso Beckett, con abiti sporchi e
bombetta, i due protagonisti esprimono al meglio l’anima dell’opera
beckettiana: una sottile ironia profondamente cinica, che non degenera
mai in spirito cabarettistico e comicità. D’altronde, in scena v’è l’apologo
drammatico dell’esistenza umana, tra il suo destino metafisico sciagurato
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e la sua subordinazione alle tensioni sociali espresse al meglio dalla coppia
Pozzo (il “padrone”, interpretato da Marco Carlaccini) e Lucky (Alessandro
Gruttadauria, il “servo” condannato al suo triste destino). La messa in
scena è semplice, ma con tutto ciò che serve: l’albero, la luna, e poi un
pavimento scarno, un deserto che non fa che esprimere il nostro destino di
uomini. Lo spazio della Casa delle Culture si rivela un ambiente ideale per
attività teatrali, e sembra particolarmente predisposto per questo genere
di teatro: il palco è una grande scatola che si apre al momento dell’inizio
dello spettacolo. Come se Vladimiro ed Estragone si scambiassero i loro
paradossali dialoghi e continuassero ad attendere Godot dentro una
grande scatola, allegoria della vita di ciascuno di noi.
Lo spettacolo continua:
Teatro Casa delle Culture
via San Crisogono, 45 – Roma
fino a domenica 11 marzo
orari: da martedì a sabato ore 21.30, domenica ore 18.00 (lunedì riposo)
SIPARIODRAMMAflucù presenta
Aspettando Godot
di Samuel Beckett
regia Claudio Capecelatro
con Claudio Capecelatro, Marco Carlaccini, Giorgio Di Donato, Alessandro Gruttadauria, Roberto Zorzut
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