1. Gametogenesi e fecondazione Marco Massobrio e Alberto Revelli Universita’ di Torino 1.1. GAMETOGENESI 1.1.1. Ovogenesi La formazione dei gameti femminili inizia già verso il 60° giorno della vita embrionale, quando cellule germinali di provenienza extraembrionale migrano negli abbozzi delle gonadi, disponendosi nella zona corticale della gonade primitiva. La loro attiva moltiplicazione per mitosi costituisce una riserva di ovogoni, che raggiunge la massima consistenza numerica verso il quinto mese di vita intrauterina, quando queste cellule sono circa 6-7 milioni. La maggior parte degli ovogoni è destinata a degenerare, ma in molti di essi cessa la moltiplicazione e avviene la trasformazione in ovociti primari, in cui appaiono le modificazioni nucleari tipiche della profase della prima divisione meiotica. Gli ovociti primari si circondano di cellule fusate (progenitrici delle cellule della granulosa) dando origine al follicolo primordiale. Il processo della meiosi è definibile come il succedersi di due divisioni nucleari precedute da una sola replicazione dei cromosomi presenti nel nucleo da 46 (numero diploide; 2n) a 23 (numero aploide; n) in modo che al momento della fecondazione la fusione dei due gameti aploidi ricostituisca nello zigote il numero di cromosomi diploide, caratteristico della specie. La meiosi, inoltre, mediante lo scambio di geni tra cromosomi omologhi garantisce il riassortimento nei figli del patrimonio genetico dei genitori. A seconda dell’aspetto che assumono i cromosomi, il processo meiotico viene suddiviso in quattro diverse fasi denominate profase, metafase, anafase e telofase. A sua volta la profase della prima divisione meiotica si compone di cinque periodi: – leptotene: i cromosomi divengono visibili; precedentemente è avvenuta la replicazione del DNA, pertanto ogni cromosoma consiste di due cromatidi giustapposti; – zigotene: i cromosomi sono chiaramente individuabili all’interno del nucleo; quelli omologhi si avvicinano e si appaiono progressivamente, con un movimento che ricorda quello di una cerniera lampo; – pachitene: l’appaiamento dei cromosomi diviene ancora più intimo ed essi iniziano a scambiarsi reciprocamente alcuni tratti, mediante un fenomeno chiamato “crossing over”; – diplotene: i cromosomi omologhi tendono a separarsi, restando uniti solo in alcuni punti, detti chiasmi, dove i cromatidi sono disposti in modo tale da formare una X, e che corrispondono ai tratti in cui avviene lo scambio di materiale genetico; – diacinesi: i cromosomi appaiati tendono a migrare verso la periferia del nucleo. La prima divisione meiotica prosegue con la metafase, in cui si osserva la rottura della membrana nucleare e la formazione del fuso, costituito da fasci di fibre proteiche orientate in senso longitudinale. I due centrioli vanno a collocarsi uno dalla parte di un polo e l’altro dalla parte del polo opposto della cellula, e su di essi convergono le fibre del fuso, che dal capo opposto si connettono con i centromeri dei cromosomi. A questo punto il centromero di ogni cromosoma si sdoppia ed ogni centriolo trascina verso il proprio polo il cromatide corrispondente (anafase). Nella telofase i cromatidi giunti ai poli cellulari ripassano dallo stato di addensamento a quello più diffuso. Successivamente inizia la seconda divisione meiotica, che è essenzialmente uguale ad una divisione mitotica, con la differenza che il numero dei cromosomi è aploide, per cui si formano due gameti contenenti 23 cromosomi ciascuno. La meiosi si svolge in maniera del tutto identica nei due sessi per quanto riguarda il processo di riduzione numerica dei cromosomi. Vi sono invece delle differenze nel numero dei gameti prodotti a partire da un’unica cellula primordiale (fig. 1.1). Nella femmina, infatti, da ogni ovocita si formano un ovulo maturo e due corpuscoli polari destinati a degenerare, mentre nel maschio da ogni spermatocita primario si vengono a formare quattro spermatozoi maturi. I gameti femminili rimangono nello stadio di diplotene della prima divisione meiotica fino al momento in cui durante l’età fertile la meiosi viene riattivata. Ciò avviene in modo completo solo ad un ovocita per ogni ciclo mestruale. Il fatto che gli ovociti siano incapaci di moltiplicarsi dopo la nascita costituisce la base fisiopatologica della correlazione diretta che esiste tra l’età materna e l’incidenza di anomalie cromosomiche nel prodotto del concepimento. Infatti nelle donne in età più avanzata gli ovociti vengono esposti più a lungo agli agenti mutageni, in grado di determinare alterazioni nel proseguimento della meiosi (non disgiunzione di cromosomi omologhi), con conseguente aumento del rischio di aneupoidie (specialmente trisomie e monosemie) nel prodotto del concepimento. Già durante la vita fetale e poi durante tutto il periodo prepuberale come anche ad ogni ciclo mestruale avviene il reclutamento di un certo numero di follicoli primordiali che iniziano il processo di crescita e maturazione in risposta a stimoli in parte ignoti e in parte riferibili all’azione di fattori intraovarici. La stragrande maggioranza dei follicoli primordiali reclutati compie solo le prime tappe di questo processo. Durante l’età fertile lo stimolo determinato da fattori intraovarici in gran parte sconosciuti (verosimilmente citochine e fattori di crescita prodotti a livello locale) consente la prosecuzione della crescita e della maturazione follicolare. Il follicolo si trasforma così dapprima in follicolo primario, con un ovocita di circa 50 mcm di diametro circondato da un singolo strato di cellule della granulosa cuboidali. Questa fase della maturazione follicolare e’ gonadotropino-indipendente, ma ad essa segue in rapida sequenza la fase gonadotropino-dipendente, nella quale lo stimolo dell’FSH induce la proliferazione delle cellule della granulosa e l’evoluzione a follicolo secondario, con un maggior numero di cellule della granulosa e uno strato di cellule fusate all’esterno di esse, denominato teca interna. In questo stadio attorno all’ovocita si forma la zona pellucida, costituita da sostanze mucopolisaccaridiche e proteiche secrete dalle stesse cellule della granulosa. E’ importante sottolineare che studi molto approfonditi hanno dimostrato che il follicolo rappresenta un’unita’ morfofunzionale in cui l’ovocita e le cellule della granulosa che lo circondano sono interdipendenti, ossia si scambiano sostanze che favoriscono la crescita reciproca. La maturazione follicolare prosegue poi con la formazione di un follicolo antrale o terziario, nel quale un ovocita di circa 80 mcm è attorniato da numerosi strati di cellule della granulosa, in mezzo ai quali si forma gradualmente una cavità antrale ripiena di liquido follicolare, prodotto in parte per essudazione dal sangue circolante, in parte per secrezione attiva delle cellule della granulosa. A questo punto interviene la selezione del follicolo dominante per la quale un solo follicolo sarà in grado di completare la maturazione mentre gli altri andranno incontro al processo di atresia. La cavità antrale del follicolo dominante aumenta rapidamente di volume, e il suo diametro complessivo diviene di 18-22 mm (follicolo preovulatorio o di De Graaf). L’ovocita misura a questo stadio 80-100 mcm ed al momento dell’ovulazione, determinata dal picco plasmatico dell’LH, la prima divisione meiotica riprende rapidamente, completandosi fino all’espulsione del primo globulo polare. Inizia anche la seconda divisione meiotica, che si arresta però allo stadio di metafase. Riserva follicolare ovarica Il pool di follicoli primordiali presente nelle ovaie alla nascita costituisce la cosiddetta riserva ovarica. La dimensione della riserva ovarica e’ determinata da una serie complessa di controlli geneticamente determinati, che condizionano sia il numero degli ovogoni, sia la loro capacita’ di moltiplicarsi nella vita intrauterina, sia la proporzione di essi che va incontro ad apoptosi nel corso della vita fetale. Il bilancio tra moltiplicazione per mitosi e perdita per apoptosi determina alla nascita la disponibilita’ di un certo numero di follicoli primordiali che non puo’ piu’ crescere, ma solamente diminuire mese dopo mese nel corso della vita fertile. Quando il patrimonio follicolare si esaurisce del tutto, la donna entra in menopausa. La vastita’ della riserva follicolare e’ molto diversa da una donna all’altra e condiziona la longevita’ della vita fertile. La quantita’ di follicoli a disposizione e’ correlata con la qualita’ degli ovociti in essi contenuti. Vi sono soggetti che perdono la possibilita’ di concepire molto precocemente, addirittura prima dei 30 anni nel caso della cosiddetta sindrome da esaurimento ovario precoce (POF Sindrome, Precocious Ovarian Failure), altri che invece conservano ovociti atti ad essere fecondati anche oltre i 45 anni di eta’. E’ importante sottolineare che nelle donne di razza caucasica di solito la fertilita’ e’ conservata sin verso i 43-44 anni; successivamente anche se l’ovulazione e’ mantenuta sino ai 50 anni e oltre, gli ovociti presentano anomalie genetiche (aneuploidie) o strutturali che li rendono inadatti alla fecondazione. Va quindi rivisto il concetto classico che prevede che l’eta’ fertile termini con la menopausa: in realta’ esiste una fase intermedia nella quale i cicli mestruali sono ancora presenti, ma gli ovociti non consentono una normale fertilita’. Una stima approssimativa della riserva ovarica puo’ essere ottenuta mediante il dosaggio dell’FSH o. dove disponibili, quello dell’inibina B o dell’AMH (anti-mullerian hormone) in fase follicolare precoce. I livelli di FSH in questa fase del ciclo mestruale sono inversamente correlati alla dimensione della riserva ovarica e tendono ad aumentare nel corso degli anni, man mano che il numero di follicoli nell’ovaio diminuisce. 1.1.2. Spermatogenesi La struttura elementare nella quale avviene la maturazione degli spermatozoi all’interno del testicolo è denominata tubulo seminifero. Il tubulo seminifero è delimitato all’esterno da una sottile lamina basale connettivale a contatto con la quale, sempre esternamente al tubulo, hanno sede le cellule di Leydig, secernenti testosterone. All’interno del tubulo esistono numerose cellule, che si estendono dalla membrana basale fino al lume, le cellule di Sertoli, alle quali sono addossate le cellule che costituiscono l’epitelio seminifero. Quest’ultimo possiede un ciclo maturativo della durata di circa 70 giorni, durante il quale avviene la differenziazione e la maturazione delle cellule germinali maschili fino ad ottenere spermatozoi maturi. La spermatogenesi inizia con la moltiplicazione per mitosi degli spermatogoni di tipo A, cellule staminali adagiate sulla lamina basale del tubulo che vengono ulteriormente distinte, a seconda delle caratteristiche del nucleo, in tre varietà, spermatogonio lungo, pallido e scuro. Da queste cellule deriva un tipo di spermatogonio più maturo, lo spermatogonio di tipo B, e da ogni spermatogonio B originano due spermatociti primari. Nello spermatocita primario inizia la prima divisione meiotica, che riduce il numero dei cromosomi da 46 a 23. La seconda divisione meiotica, che segue immediatamente, fa si che da ogni spermatocita primario si formino dapprima due spermatociti secondari e poi, al completamento del processo meiotico, quattro spermatidi. A questo punto la spermatogenesi prosegue con una fase maturativa denominata spermiogenesi, in cui gli spermatidi, che si trovano in prossimità del lume tubulare, vanno incontro ad un processo di maturazione morfologica con perdita graduale di gran parte del citoplasma ed acquisizione della forma tipica dello spermatozoo maturo.Gli spermatozoi, non ancora dotati di moto proprio, vengono poi rilasciati nel lume tubulare e veicolati attraverso una serie di tubuli collettori, la rete testis, all’epididimo, organo ove si completa la maturazione funzionale, con acquisizione della motilità. Uno spermatozoo morfologicamente maturo si compone essenzialmente di tre parti: la testa, il tratto intermedio e la coda o flagello (fig. 1.2). La testa, che viene ulteriormente suddivisa in parte anteriore, segmento equatoriale e parte posteriore, contiene due strutture principali, il nucleo e l’acrosoma, ed è delimitata da una membrana plasmatica del tutto simile a quella delle altre cellule. Il nucleo dello spermatozoo, contenuto all’interno della membrana nucleare, contiene un corredo cromosomico aploide, che forma dei filamenti di cromatina estremamente condensati e compatti, grazie alla presenza di numerosi ponti disolfuro ed al legame con proteine istoniche e non istoniche. La condensazione del DNA fa si che esso non venga utilizzato per la trascrizione, e quindi che la sintesi di RNA e di proteine nello spermatozoo sia totalmente assente. Solo dopo la penetrazione all’interno dell’ovocita la cromatina spermatica si decondensa, consentendo l’espressione dei suoi geni. L’acrosoma è un organello simile ad un grosso lisosoma, che avvolge come un cappuccio la parte anteriore del nucleo. Esso è delimitato dalla membrana acrosomale, separata da quelle plasmatica e nucleare da un sottilissimo spazio. L’acrosoma contiene gli enzimi proteolitici utilizzati nel processo di fecondazione, tra i quali rivestono un’importanza particolare la ialuronidasi e l’acrosina, che viene conservata nello stato di precursore inattivo (proacrosina). Il tratto intermedio contiene numerosi mitocondri disposti ad elica attorno ad una struttura centrale. Questi mitocondri sono responsabili della produzione di energia che consente il movimento dello spermatozoo. Subito al di sotto della testa, nel tratto intermedio si ritrovano il centriolo ed una placca fibrosa, detta capitulum, dalla quale si dipartono le fibre che costituiscono la struttura portante centrale del tratto intermedio stesso e del flagello, detta assonema. Il centriolo e’ una struttura di enorme importanza, in quanto dopo la fecondazione provvede ad organizzare i micrutubuli del fuso mitotico, responsabile della segregazione dei cromosomi durante le prime mitosi dell’embrione. La coda o flagello è formata da una guaina fibrosa a fibre circolari che circonda esternamente l’assonema. Quest’ultimo, presente già nel tratto intermedio, comprende un complesso di 9 coppie di microtubuli che circondano due microtubuli centrali. Ogni coppia, costituita da tubulina, è connessa con la successiva da due bracci di dineina, sostanza in grado di convertire l’energia chimica in energia contrattile. La struttura “9 + 2” dell’assonema, cui la guaina fibrosa esterna assicura stabilità, consente la flessione laterale del flagello mediante un meccanismo di scorrimento delle doppiette periferiche rispetto alla coppia centrale. In tal modo i veloci spostamenti laterali della coda assicurano l’avanzamento progressivo dello spermatozoo, che si accompagna anche ad un movimento di rotazione attorno all’asse longitudinale della cellula. L’assenza congenita dei bracci di dineina (sindrome di Kartagener) provoca la sterilità da immobilità assoluta degli spermatozoi. 1.2. FECONDAZIONE Nella specie umana la fecondazione dell’ovocita da parte dello spermatozoo, definita come l’interazione e la fusione dei gameti, avviene generalmente nel terzo distale della tuba. Per acquisire la capacità fecondante i gameti, ed in particolare lo spermatozoo, vanno incontro ad alcune modificazioni funzionali che avvengono nelle vie genitali maschili e femminili. 1.2.1. Completamento della maturazione ovocitaria Nel tratto ampollare della tuba l’ovocita entra in contatto con le secrezioni tubariche e interagisce dinamicamente con esse. Si completa in questa sede la maturazione dell’ovocita, che comporta l’espansione del complesso cumulo ooforo-corona radiata, con aumento degli spazi intercellulari tra le cellule del cumulo e della corona e con conseguente parziale esposizione della zona pellucida. Quest’ultima nel ratto possiede sulla sua superficie e nella sua compagine tre proteine (ZP1, ZP2, ZP3), di cui le ultime due hanno funzione recettoriale e fungono da sito di legame per lo spermatozoo, mentre ZP1 fa parte della struttura intrinseca glicoproteica della zona. Un simile sistema di recettori sulla zona pellucida è verosimilmente presente anche nella specie umana. L’ovocita dopo l’ovulazione si trova allo stadio di metafase della seconda divisione meiotica (MII) ed ha già estruso il primo globulo polare. La meiosi verra’ portata a compimento solo se avra’ luogo la fecondazione. 1.2.2. Modificazioni a carico dello spermatozoo 1) Maturazione epididimaria ed acquisizione dello “sperm coat” La permanenza degli spermatozoi nell’epididimo è associata a profondi cambiamenti del metabolismo energetico spermatico, della forma, della struttura e delle dimensioni dell’acrosoma, della composizione lipoproteica delle membrane e delle proprietà antigeniche di superficie. Lo spermatozoo acquisisce la capacità di muoversi sfruttando il movimento del flagello. Al momento dell’eiaculazione alle modeste secrezioni epidimarie, che contengono gli spermatozoi, viene commisto l’abbondante secreto delle vescicole seminali e della prostata. Quest’ultimo non solo influenza profondamente il metabolismo spermatico, ma fornisce allo spermatozoo un rivestimento proteico (“sperm coat”), che ha funzioni molto importanti sia nei meccanismi della tolleranza immunologica femminile nei confronti degli antigeni spermatici, sia nell’interazione biochimica con le secrezioni vaginali e cervicali. 2) Capacitazione Gli spermatozoi eiaculati nel fornice vaginale si trovano in un ambiente poco favorevole alla loro sopravvivenza. Solo una parte di essi riesce a raggiungere il muco cervicale e ad indovarsi nelle cripte del canale cervicale. Da qui diversi gruppi di nemaspermi partono in tempi successivi dirigendosi verso le parti alte delle vie genitali femminili. Il fenomeno dell’immagazzinamento spermatico nelle cripte cervicali e la presenza di queste “microeiaculazioni” ripetute per alcuni giorni ha il significato funzionale di dilatare il tempo nel quale gli spermatozoi hanno la possibilità di incontrare l’ovocita maturo e quindi dare luogo alla fertilizzazione. Il passaggio attraverso il muco cervicale è importante anche perché è responsabile della rimozione pressoché totale dello “sperm coat” e del fenomeno della capacitazione. La capacitazione, che nella specie umana si realizza in circa 5-6 ore, è reversibile e calciodipendente; consiste essenzialmente nell’aumento della permeabilità e della fluidità delle membrane, che rende lo spermatozoo capace di andare incontro alla reazione acrosomale. La capacitazione comporta anche un certo incremento della motilità e della velocità del nemasperma, nonche’ della proprieta’ di avvertire stimoli chemiotattici provenienti dall’ovocita. E’ stato infatti dimostrato che anche nella specie umana esistono nello spermatozoo recettori di membrana in grado di reagire a stimoli chemiotattici condizionando la direzione del movimento del nemasperma e “guidandolo” verso l’ovocita. L’acquisizione della capacita’ chemiotattica va di pari passo con la capacitazione. 3) Reazione acrosomale e acquisizione della motilità iperattivata Gli spermatozoi capacitati raggiungono in alcune ore l’ampolla tubarica, ove avrà luogo la fecondazione. Durante il passaggio nella cavità uterina e nella tuba essi interagiscono con le secrezioni presenti in queste sedi, il cui effetto è tuttavia in gran parte sconosciuto. Nel tratto distale della tuba, dopo l’ovulazione, sono presenti, oltre al fluido tubarico, un quantitativo rilevante dei fluidi peritoneale e follicolare. Quest’ultimo, in particolare, contiene sostanze, come l’albumina o il progesterone, in grado di stimolare la reazione acrosomale e di indurre una netta attivazione della motilità spermatica. Gli stessi effetti vengono esercitati anche dalle secrezioni delle cellule del cumulo ooforo, che circondano l’ovocita. La motilita’ iperattivata e’ un tipo di movimento, piu’ frenetico e meno lineare, che viene acquisito dallo spermatozoo capacitato in vicinanza dell’ovocita. Il gamete maschile comincia a descrivere figure “a forma di 8” movendosi molto velocemente attorno alla cellula uovo. Cio’ ha evidentemente il significato di facilitare la fecondazione moltiplicando le probabilita’ di incontro tra i gameti. La reazione acrosomale comporta un massiccio afflusso di calcio extracellulare all’interno dello spermatozoo; lo ione attiva una serie di complessi processi biochimici che producono come effetto finale la frammentazione della membrana acrosomale esterna con liberazione all’esterno degli enzimi contenuti nell’acrosoma. 1.2.3. Interazione ovocita-spermatozoo 1) Superamento del complesso cumulo-corona Per introdursi all’interno del cumulo ooforo, passando tra una cellula e l’altra, lo spermatozoo utilizza specialmente la ialuronidasi liberata con la reazione acrosomale. La motilità iperattivata, con i battiti vigorosi del flagello, consente anche di sfruttare un’azione penetrante meccanica. Alcune sostanze secrete dallo stesso cumulo ooforo stimolano la reazione acrosomale e la motilità, anche se è stato documentato che nella specie umana spermatozoi intatti possono attraversare il cumulo, probabilmente utilizzando vie precedentemente aperte da altri nemaspermi. La corona radiata viene superata prevalentemente grazie all’azione delle esterasi liberate dall’acrosoma. 2) Superamento della zona pellucida La zona pellucida dell’ovocita umano maturo ha uno spessore di circa 4 mcm ed è composta in prevalenza da glicoproteine, mucoproteine e mucopolisaccaridi. Lo spermatozoo impiega dai 4 ai 10 minuti per attraversarla e il passaggio avviene in direzione obliqua. Sono avvantaggiati gli spermatozoi che hanno attraversato il complesso cumulo-corona senza liberare gli enzimi acrosomali, e sono quindi in grado di liberare gli enzimi acrosomali al contatto con i recettori ZP3 sulla superficie della zona. Liberato l’acrosoma e provocata un’iniziale “scalfittura” sulla zona mediante un potente enzima proteolitico denominato acrosina, il nemasperma si ancora alla zona stessa legandosi ai recettori ZP2 con la parte posteriore (equatoriale) della membrana acrosomale, che persiste dopo la reazione. Usando i vigorosi battiti del flagello, lo spermatozoo attraversa la zona e giunge nello spazio perivitellino, accostandosi poi alla membrana plasmatica dell’ovocita. 3) Fusione dei gameti Subito dopo il contatto dello spermatozoo con la membrana plasmatica dell’ovocita, quest’ultima stabilisce connessioni molto strette con la testa nemaspermica tramite appendici citoplasmatiche simili a microvilli. Avviene in seguito la fusione tra la membrana acrosomale interna, rimasta a contatto del nucleo spermatico dopo la rottura dell’acrosoma, e la membrana plasmatica ovocitaria. Tale fusione è calcio-dipendente e numerose fosfolipasi vi sembrano attivamente coinvolte. Ad essa segue immediatamente un’onda di depolarizzazione della membrana plasmatica dell’ovocita, che produce l’immediata refrattarietà della membrana stessa all’ingresso di altri spermatozoi (blocco elettrostatico della polispermia). Nei secondi successivi alcuni granuli corticali vengono rilasciati dall’ovocita nello spazio perivitellino, ove enzimi in essi contenuti causano un rimaneggiamento strutturale della zona pellucida con lisi dei recettori ZP3, ZP2, perdita dei siti di ancoraggio per gli spermatozoi e rinforzo del blocco (blocco chimico della polispermia). Dopo la testa anche il tratto intermedio e la coda dello spermatozoo vengono incorporati nell’ovocita e successivamente lisati. 4) Fusione dei pronuclei All’interno dell’ovocita il nucleo dello spermatozoo si rigonfia, la sua cromatina si decondensa e la membrana nucleare si frammenta. Nel processo di decondensazione della cromatina sono coinvolti sia fattori spermatici, come l’acrosina, sia sostanze di origine ovocitaria, come il “male pronucleus growth factor”. Vengono spezzati i legami tra gli istoni ed il DNA spermatico e le proteine istoniche vengono rapidamente lisate. La seconda divisione meiotica dell’ovocita riprende e conduce all’estrusione del secondo globulo polare (fig. 1.3). I cromosomi di origine spermatica si organizzano a formare il pronucleo maschile, mentre quelli ovocitari formano il pronucleo femminile. I due pronuclei vengono avvicinati per effetto della contrazione di microtubuli convergenti a fuso e si fondono, iniziando, con la duplicazione del DNA, la prima divisione mitotica dell’embrione. 5) Clivaggio dell’embrione, compattazione e formazione della blastocisti Il clivaggio dell’embrione, che avviene nell’ampolla tubarica ed è attivamente sostenuto dalle secrezioni tubariche, si identifica con i primi stadi della duplicazione cellulare che danno origine, attraverso una serie di divisioni mitotiche, ad un embrione formato da numerose cellule dette blastomeri. Nella specie umana il clivaggio è un fenomeno piuttosto lento, essendo richieste 14-26 ore per ogni duplicazione cellulare. Il primo clivaggio si verifica circa 16-18 ore dopo la fecondazione, poi l’embriore raggiunge lo stadio di quattro blastomeri a circa 48 ore dalla fecondazione, quello di otto blastomeri a circa 72 ore. Ad ogni duplicazione, inoltre, il volume cellulare si riduce, per cui l’embrione mantiene le stesse dimensioni nonostante la moltiplicazione delle sue cellule, e la dimensione di tutti i blastomeri e’ simile (clivaggio riduzionale e simmetrico). Inizia nel frattempo il movimento dell’embrione verso la cavità uterina, che avviene grazie all’attività peristaltica della tuba ed alle correnti del fluido tubarico, dirette verso l’utero. Durante la migrazione, che dura circa 96-144 ore, continua un’attiva moltiplicazione cellulare e attraverso un fenomeno denominato compattazione, nel corso del quale i blastomeri stabiliscono legami intercellulari piu’ stretti, si giunge alla formazione della morula, composta da 16 cellule, e poi alla blastocisti, formata da 32-64 cellule. Le cellule della blastocisti divengono ancora più strettamente connesse e interdipendenti per la formazione di “gap junctions”. Si forma la cavità blastocelica all’interno della quale, in posizione eccentrica, si isola un cumulo di cellule detto “massa cellulare interna”, da cui originerà il vero e proprio embrione. Le cellule che compongono la massa cellulare interna sono del tutto totipotenti e sono anche denominate “cellule staminali embrionarie” : dal loro impiego in vitro (coltura di linee cellulari eternizzate, differenzazione verso tipi specifici di cellule, eventuale ingegneria genetica con inclusione di sequenze definite di DNA, ecc.) originano grandi speranze per la terapia di numerose malattie croniche. La blastocisti rimane libera in cavità uterina per circa 2-3 giorni prima di iniziare l’impianto; essa è ancora circondata dalla zona pellucida, ma presto ne fuoriesce attraverso una soluzione di continuo (fenomeno dell’“estrusione”) per prepararsi all’impianto. La parte esterna della blastocisti (trofoectoderma) si differenzia in trofoblasto, ossia in tessuto dotato di attività proteolitica e atto a penetrare attraverso la decidua uterina e consentire pertanto l’impianto dell’embrione in utero. Figure Le stesse del libro precedente