Copromosso da Apq e Ceman, il Convegno di questi giorni “Associazionismo, esternalizzazioni e riorganizzazione negli Enti Locali” ha voluto tracciare un ritratto della situazione attuale, con l’aiuto di una ricerca svolta nel 2005 dal Ceman nel Lazio, e insieme definire alcune linee di riorganizzazione ai fini di migliorare i servizi resi ai cittadini. Nell’aprire i lavori del Convegno il Presidente di Apq, Roberto De Santis, ha messo in luce i significati più forti dell’iniziativa: “Premesso il ruolo dell’Apq, che si candida a fornire un valore aggiunto all’organizzazione, alle Federazioni di categoria e agli associati, la giornata di oggi vuole segnare l’avvio di una rete di Quadri della Pubblica amministrazione iscritti alla Cisl. Ferma rimanendo la titolarità contrattuale delle Federazioni, l’Apq vuole con questa rete arricchire le sue proposizioni anche di contenuto negoziale che provengono dai problemi, dalle esigenze, dalla cultura del pubblico impiego per rendere omogeneo e a tutto tondo l’impegno di contribuire allo sviluppo economico e sociale del Paese”. L’obiettivo maggiore del Convegno, ha spiegato De Santis, è di affrontare quanto più possibile in forma unitaria il tema del cambiamento organizzativo, della valutazione e degli incarichi di dirigenti e Quadri delle amministrazioni locali, superando la divisione tra aspetti organizzativi da una parte e aspetti contrattuali dall’altra. LA RICERCA – Ma come stanno le cose negli Enti Locali alla luce del decentramento amministrativo in corso nel Paese? Che impatto hanno sul territorio le riforme in corso? Come spiegato da Antonio Di Mico, responsabile del Ceman, la ricerca ha utilizzato un questionario, compilato in gran parte dagli assessori, quindi da politici e la loro rispondenza è stata elevata. Nello specifico, la ricerca ha voluto studiare la situazione dell’associazionismo tra gli Enti locali del Lazio (Comuni, Comunità montane, Consorzi, convenzioni e altre forme associative). Quadro descrittivo - Un primo dato: moltissimi Comuni partecipano a forme associative. Ma c’è un buon grado di confusione, contraddittorietà e distorsioni in questo tipo di associazionismo libero, un po’ “selvaggio”. C’è infatti poca progettualità. Ci si associa forse perché, come si dice, l’unione fa la forza, ma senza progettazione serve a poco. I principali servizi gestiti in forma associata sono la segreteria comunale (in modo da risparmiare sul personale), i servizi sociali, la polizia municipale, servizi culturali e nettezza urbana. Il grado di successo della cooperazione riguarda soprattutto i servizi sociale e poi la segreteria comunale. I servizi sono preferibilmente gestiti in forma associata per consentire il risparmio dei costi di gestione (48%) e il miglioramento della qualità dei servizi (37%). Le difficoltà più spesso registrate nella cooperazione riguardano divergenze nelle finalità e difficoltà di integrazione tra le strutture organizzative, ma anche nei rapporti di fiducia tra amministratori comunali. Anche la carenza di competenze professionali non è irrilevante (17%). Le condizioni che favoriscono l’Associazionismo intercomunale sono la forte volontà politica, una cultura amministrativa orientata ala collaborazione anche tra pubblico e privato e la presenza di una visione comune della natura e finalità dei servizi da rendere. Quali azioni facilitano la diffusione e lo sviluppo delle forme associative? Se al primo posto si collocano gli incentivi finanziari collegati al numero dei servizi, al secondo posto viene la richiesta di un miglioramento del quadro normativo, nel senso che tante forme associative producono confusione. Le norme non mancano, anzi, sono eccedenti, mentre quella che manca è una cultura della formazione, di base e avanzata. Di entrambe viene denunciata la grave carenza. Parimenti, le competenze professionali ritenute importanti per la gestione associata di funzioni e servizi non sono più solo quelle tecniche (25%), ma anche quelle gestionali 20%), attraverso le quali passa la vera riforma sul campo. Conclusioni - La riorganizzazione del servizio è il risultato maggiormente segnalato come frutto delle varie forme di gestione associata. Dalla ricerca emerge la necessità di un programma nazionale di aggregazione degli Enti locali e un bisogno di colmare il deficit di cultura organizzativa e di gestione del cambiamento organizzativo. E’ netta anche la consapevolezza che la “riforma sul campo” richiede volontà, fiducia, cultura collaborativi, integrazione “progettuale”. L’integrazione e la riorganizzazione necessitano di incentivi finanziari ma anche di assistenza, coerenza normativa e formazione di amministratori, dirigenti e personale. Nonostante i problemi e le criticità denunciate, c’è fiducia in questo processo riorganizzativo. Mettendo a confronto Italia, Francia e Spagna, il dato che risalta è il fatto che mentre in Francia e Spagna l’associazionismo tra Enti locali coinvolge in entrambe le Nazioni il 73% dei Comuni, in Italia siamo appena a quota 14%. Una differenza che fa pensare. Indubbiamente, ha commentato Di Mico, “la dirigenza locale è in movimento e gli amministratori locali ricercano risorse ed efficienza, ma spesso non ne sanno né di gestione né di organizzazione, si rifugiano nelle norme per timore dei controlli, confondono ‘organizzazione’ con ‘personale’ e non presentano progetti organizzativi in sede negoziale. Tuttavia, iniziano a comprendere la convenienza di lavorare meglio”. In conclusione, Regioni e Province potrebbero favorire i Contratti territoriali per semplificare e migliorare la contrattazione locale, l’utilizzo del fondo dell’1% per la formazione, anche sperimentando forme simili agli organismi bilaterali esistenti nel privato, nonché l’elaborazione e la presentazione di progetti sui fondi nazionali ed europei.Puntare allo sviluppo delle Risorse Umane nelle aziende italiane, ha concluso Di Mico, significa lavorare in aree quali flessibilità organizzativa e del personale, efficienza e controllo dei costi, sofisticazione di processi e strumenti, clima, cultura e valori, formazione e sviluppo, gestione del cambiamento”. L’Apq, nella collaborazione, l’elaborazione e il confronto con il Comune di Roma è impegnata in ambiti quali lo sviluppo organizzativo, la gestione del cambiamento organizzativo, i progetti di miglioramento organizzativo, la formazione, le carriere, la revisione dei profili, l’attribuzione di incarichi, la mobilità, il clima organizzativo (regole, mobbing, etica, ecc.) telelavoro, tempo di lavoro, assistenza legale e assicurazione dei rischi. GLI INTERVENTI Tra i maggiori, numerosi contributi al Convegno, quello di Domenico Trombino, Presidente dell’AC@P, i quadri del Comune di Firenze: “L’Apq, ha detto Trombino, si è data un indirizzo organizzativo che tende ad uno sviluppo orizzontale delle proprie attività che tende all’eccellenza. Si tratta di indirizzi politici che si basano sul principio di sussidiarietà. Si sono ormai create le condizioni per il superamento del modello centralistico a vantaggio di un nuovo modello statuale decentrato. Si registra un ovvio e naturale disordine. Il processo in atto deve a maggior ragione valorizzare le risorse umane. Ci vuole una leadership partecipativa basata sull’ascolto, interno ed esterno”. Ecco perché occorre muoversi per Centri d’eccellenza, punti di riferimento decentrati competenti per materia, laboratori che producono modelli verificabili da esportare anche altrove. Il Centro d’eccellenza, ha spiegato Trombino, non è per forza un luogo fisico. Può anche avere uno spazio on-line, poiché in realtà è essenzialmente una funzione, un momento, una fase circoscritta di tempo che offre un contributo ad una realtà che trae beneficio dal suo contributo. “La ricerca realizzata nel Lazio ha le caratteristiche di laboratorio, che si può esportare e produrre altrove, specie negli Enti locali e nella Pubblica amministrazione, tale da diventare, alla fine, addirittura, perché no, centro d’eccellenza dei centri d’eccellenza”. Non si tratta di creare una lobby del Pubblico impiego, ma una sorta di banca dati della prassi, in uno spirito di scambio solidaristico tra chi desideri prendervi parte. L’obiettivo? Accrescere la competenza dell’operatore e la soddisfazione del cittadino. Le linee di sviluppo della Pubblica amministrazione, ha concluso Trombino, tendono alle alte competenze e professionalità. La sua funzione è sempre più simile a quella del libero professionista, anche in termini di flessibilità d’orario di lavoro, con la differenza che il grado di solitudine è ridotto pressoché allo zero. Con condivisa veemenza, Stefeano Sepe – dirigente della Scuola Segretari comunali e provinciali di Lazio-Abruzzo-Molise, ha sottolineato come la formazione sia importante. “Ma dove ci si forma?”, si è chiesto Sepe. Ci si o nelle grandi università o sul campo. Molto addestramento spicciolo, poco qualificato. Per i Comuni, è molto difficile fare formazione. Perciò, ha sottolineato Sepe, forse proprio solo associandosi potranno creare moduli formativi, magari itineranti e alla portata delle loro possibilità. Il grande successo della formazione in aula è stato messo in evidenza da Giuseppe Dante, dirigente di Quadrinet, come pure della formazione a distanza. Difficile da sintetizzare l’intervento piacevolissimo e apprezzato da tutti di Luigi Di Marco Past Presidente Federmanagement, ricco di aforismi, trame narrative e apologi ad alto impatto nel suscitare e motivare la consapevolezza che fare formazione significa lavorare sui comportamenti, quindi sugli uomini di vertice e di base, per aiutarli a “lavorare per lavorare insieme”. Cioè a cooperare alla soluzione dei problemi in un atteggiamento di mutuo aiuto. E verificare anche in termini culturali i risultati, se cioè l’obiettivo è stato raggiunto. Numerose le testimonianze portate da Quadri provenienti da diverse aree del Paese, al termine delle quali è giunto il saluto conclusivo del segretario confederale Antonino Sorgi. “Nella Pubblica amministrazione, ha detto Sorgi, c’è da recuperare un deficit culturale, come pure dentro il sindacato”. “L’Italia, ha spiegato Sorgi, è un Paese che non ha una cultura di sistema, ma ha sempre ragionato in termini dualistici, una risorsa contro l’altra. Le categorie pubbliche erano potenti dal punto di vista delle risorse economiche, per cui seguivano l’attività confederale in modo superficiale, poco impegnato. Così, altre categorie hanno preso più spazio dentro la Cisl. Si è così persa una certa unitarietà e si è creato un deficit culturale”. “Non bisogna ripercorrere la frammentazione che c’è nella sfera pubblica, altrimenti trionfano le logiche clientelari e lottizzate. Invece, tutte le categorie del Pubblico impiego devono essere coinvolte in questo percorso di trasformazione, che ci chiede di essere competitivi sul mercato. E vincere. Ma per vincere occorre cooperare tutti insieme nel raggiungere fini comuni”.Certo, ha commentato Sorgi, è difficile che il processo di ammodernamento, di decentramento e di sviluppo delle Risorse umane proceda spedito se “mentre si dice di voler lavorare per questi obiettivi si aumentano del 30% le Direzioni Generali, che hanno un costo altissimo e, peggio ancora, una natura strettamente clientelare, difficile da comporre con quanto stiamo dicendo oggi in questa sede”. Forse, chissà, ha concluso Sorgi, in un confronto bilaterale tra sindacato e Governo si riuscirà a tentare un discorso sulla formazione vera, quella cioè che sviluppa competenze reali e spendibili all’interno delle varie organizzazioni del lavoro, aziende, istituti. “Ecco perché chiedo la costituzione della figura professionale del vicedirigente, che faciliti quel processo di costruzione dei profili professionali che nascono dalla contrattazione e dall’analisi dei bisogni organizzativi. Lobbismo e affari sono infatti le due logiche ancora da sconfiggere in Italia e che tuttora bloccano lo sviluppo del Paese”. Isabella Nuboloni