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L’Europa nel mondo nel XVI secolo
L’impatto che la presenza portoghese ebbe sulla storia dell’Africa e dell’Asia fu piuttosto marginale
rispetto a quello, devastante, avuto dalla presenza spagnola sulle società americane.
Spagna e Portogallo: due diversi imperi coloniali
Gli imperi coloniali creati dai portoghesi e dagli spagnoli nel Cinquecento avevano un elemento
comune: entrambi presupponevano un solido controllo militare del mare, l’oceano Indiano per il
primo, l’Atlantico per il secondo. Per quasi tutti gli altri aspetti, essi si differenziavano nettamente.
L’Impero spagnolo in America era un impero terrestre. Finita l’epoca dei saccheggi e dei massacri, i
conquistadores si trasformarono soprattutto in latifondisti e in rancheros, oltre che in concessionari
di giacimenti di metalli preziosi. Complementare alla conquista dovette perciò diventare la
colonizzazione. Intorno al 1570 vivevano nell’America spagnola almeno 150000 persone di origine
iberica; agli uomini si erano aggiunte le donne e un gran numero degli abitanti bianchi erano
bambini nati nel Nuovo mondo (un numero ancora più elevato era costituito da meticci nati da
unioni miste): una nuova società stava insomma sorgendo al di là dell’Atlantico, destinata ad
accrescere la sua autonomia demografica ed economica.
Alla stessa data, invece, i portoghesi che vivevano in Asia erano forse diecimila, dispersi nelle
agenzie e nei forti che sorgevano da Hormuz nel golfo Persico fino alle isole di Ternate e Amboina:
si trattava sempre di basi a stretto contatto con il mare, perché l’oceano non era solo un presupposto
del loro impero, ma si identificava con esso. I rapporti con la popolazione asiatica si esaurivano
all’interno delle città costiere conquistate, mentre dall’entroterra ci si potevano attendere solo
minacce.
Non diversamente andarono le cose in Africa: le micidiali malattie tropicali che colpivano coloro
che cercavano di inoltrarsi nel continente e l’incontro con società sufficientemente organizzate
(come nel Mani-Congo) tennero i portoghesi relegati sulla costa, occidentale e orientale.
Scarso, o forse meglio nullo, fu insomma l’impatto portoghese sulla storia asiatica e africana: la
creazione e l’espansione dell’Impero moghul e le vicende della Cina e del Giappone da una parte, il
crollo dell’impero Songhai e il disfacimento dell’Etiopia dall’altra, sono tutti fenomeni che si
svolsero senza avere grandi rapporti con la marginale presenza europea. Ben diversamente
andarono le cose per la storia americana, che non seguì più il suo corso: l’arrivo degli spagnoli
significò lo sterminio della popolazione indigena e la scomparsa di intere civiltà.
Come gli spagnoli riuscirono ad abbattere gli imperi azteco e inca?
Che alcune migliaia di portoghesi non siano stati in grado di influire sulla storia dei regni asiatici ci
appare naturale. Stupisce invece l’idea che le iniziali poche centinaia di spagnoli abbiano potuto
conquistare gli imperi americani, con milioni di abitanti e un notevole livello di organizzazione
dello stato. Non si può dire che questo problema abbia trovato una spiegazione del tutto
soddisfacente, ma certamente è difficile ridurre tutto alla superiorità che gli spagnoli potevano trarre
dalle loro armi da fuoco (oltre che dalle balestre), e lo stesso vale per i loro cavalli e cani mastini,
che terrorizzavano gli indios.
Comune agli imperi azteco e inca fu l’effetto devastante delle malattie importate dagli europei, ma a
questo fattore esterno occorre aggiungerne altri tre interni. All’assalto finale a Tenochtitlán
parteciparono anche migliaia di indiani di città che si erano ribellate agli aztechi; d’altra parte,
Pizarro poté ottenere l’aiuto dalla parte sconfitta (Manco e i seguaci di Huascar) durante la recente
guerra civile. Il secondo elemento è di ordine religioso: Montezuma e i suoi sacerdoti videro in
Cortés una divinità, Quetzalcoatl, il serpente piumato, che tornava dal suo esilio. Tuttavia, quando
gli aztechi si accorsero con chi avevano a che fare, gli spagnoli a stento riuscirono a scamparla.
Il terzo fattore è di ordine militare, ma riguarda la cultura e non la tecnica: le battaglie in Messico e
in Perú erano soggette a una forte ritualità e finivano con il riconoscimento della sconfitta da parte
dei vinti e non con il loro massacro; gli aztechi volevano prigionieri da sacrificare ai loro dèi, gli
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inca volevano dei sudditi. Gli americani non capirono che dovevano uccidere gli spagnoli e non
tentare di catturarli; allo stesso tempo, restarono sconcertati da nemici che non si arrendevano mai e
che uccidevano con una ferocia a loro sconosciuta.
Privati dei loro vertici imperiali, gli inca e ancor più rapidamente gli aztechi non riuscirono a
mantenere in funzione le strutture amministrative e cedettero alla demoralizzazione. Al contrario,
contro le tribù indiane più periferiche e disorganizzate del Messico settentrionale e delle regioni più
meridionali del Sudamerica gli spagnoli dovettero combattere una lunga ed estenuante guerriglia.
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