Anno A
5ª DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
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Is 58,7-10 - La tua luce sorgerà come l’aurora.
Dal Salmo 111 - Rit.: Il giusto risplende come luce.
1 Cor 2,1-5 - Vi ho annunciato la testimonianza di Gesù Cristo crocifisso.
Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Io sono la luce del mondo, dice il Signore; chi
segue me avrà la luce della vita. Alleluia.
 Mt 5,13-16 - Voi siete la luce del mondo.
I cristiani per il mondo
«Io venni in mezzo a voi in debolezza e con molto timore e trepidazione». Se questi furono i sentimenti di Paolo quando a Corinto diede inizio alla predicazione del Vangelo annunziando «la testimonianza di Dio», come dovrebbe sentirsi chi, a voce o per scritto, ha
l’ardire di parlare di Cristo al mondo d’oggi? Ci conforta quello che afferma lo stesso Paolo: «La mia parola e il mio messaggio non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza,
ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza». Come lui, anche oggi il
predicatore non conta «sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio»; e tali debbono
essere le disposizioni di chi ascolta o legge la sua parola. Come Paolo, anche oggi il
predicatore non deve «sapere altro in mezzo» agli uomini ai quali reca il messaggio «se
non Gesù Cristo», ciò che egli è, ciò che ha detto e fatto, che culmina nella morte in croce,
seguita dalla gloriosa risurrezione.
«Davanti agli uomini»
Nelle beatitudini, che abbiamo meditato la scorsa domenica, poteva sembrare che Gesù
avesse in vista soprattutto il comportamento personale dei suoi discepoli, anche se non
mancano i chiari riferimenti al rapporto con gli altri. Questo rapporto è presentato come
impegno essenziale nelle due immagini di cui egli si serve per additarci un programma di
vita e di azione: «Sale della terra, luce del mondo». Non si può essere cristiani solo per
sé. Dobbiamo sentirci responsabili di fronte a Cristo, del quale siamo testimoni,
responsabili di fronte ai fratelli, in forza di quell’ufficio profetico per cui ogni battezzato
partecipa al sacerdozio di Cristo. È questo uno dei temi di fondo su cui ritorna con
insistenza il Concilio quando parla della Chiesa.
Che cosa avviene in realtà? Ascoltiamo s. Giovanni Crisostomo: «Fa più danno un cristiano che si comporta male di un pagano che fa altrettanto». Continua con una informazione che può sorprendere per quei tempi (siamo sulla fine del IV secolo, ad Antiochia,
una città evangelizzata fin dall’età apostolica, dove Giovanni, contemporaneo di s. Massimo, era presbitero). Dice dunque: «Quando i pagani vogliono gettarci in faccia il
massimo degli insulti, dicono: “Quel cristiano!”». Poi, dopo aver accennato alla grandezza
degli insegnamenti di Cristo, rimprovera ai cristiani l’usura, l’avidità nel comprare greggi
di schiavi, argenterie, campi, case e suppellettili, arrivando anche alle ingiustizie di chi
usurpa il terreno altrui, spoglia le case, opprime i poveri riducendoli alla fame; e se fa
qualche opera di beneficenza, è solo per farsi notare.
Sono constatazioni gravi, e mi domando come dovevano reagire quei cristiani d’allora che
se ne sentivano toccati, se penso alle reazioni di certi cristiani d’oggi quando il predicatore, non pago di raccomandare la frequenza alla Messa e ai sacramenti, mette il dito
sulle piaghe delle sperequazioni ingiuste e intollerabili, della prepotenza e dello sfrut-
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tamento da parte di datori di lavoro (e certe volte di lavoratori dimentichi dei loro doveri),
delle bustarelle e delle evasioni fiscali, dell’ambizione e dell’intrigo politico privo di
scrupoli.
«Sale della terra»
Prendiamo questa immagine nel senso immediatamente comprensibile dell’uomo d’oggi.
Il sale dà sapore alle vivande: ne sanno qualcosa coloro che per ragioni di salute debbono
mangiare sempre e solo cibi senza sale. Il cristiano, con la parola e soprattutto con la vita,
è chiamato a dare all’ambiente in cui vive il gusto di Dio che è giustizia, amore, dono di sé
agli altri. Per dar sapore il sale si scioglie e scompare negli alimenti. Il cristiano deve
inserirsi nel mondo per essere «un testimone della risurrezione e della vita del Signore
Gesù e un segno del Dio vivo... in esso diffondere lo spirito, da cui sono animati quei
poveri, miti e pacifici, che il Signore nel vangelo proclamò beati». Dopo questo richiamo
alle beatitudini (Mt 5,3-9), il testo conciliare continua citando una parola incisiva di un
anonimo cristiano che scriveva intorno al 200: «Ciò che è l’anima nel corpo, questo siano
nel mondo i cristiani» (Lumen gentium, 38).
Perché questo avvenga in misura sempre più ampia il Concilio non si stanca di raccomandare in particolare ai laici, i quali «vivono nel secolo, cioè implicati in tutti e singoli i
doveri e affari del mondo e nelle ordinarie condizioni della vita familiare e sociale, di cui
la loro esistenza è come intessuta», di «contribuire, quasi dall’interno a modo di
fermento, alla santificazione del mondo mediante l’esercizio del proprio ufficio e sotto la
guida dello spirito evangelico, e in questo modo a manifestare Cristo agli altri,
principalmente con la testimonianza della loro stessa vita, e col fulgore della loro fede,
della loro speranza e carità» (Lumen gentium, 31). In famiglia e nella fabbrica, nell’ufficio
e nella scuola, nella politica e nell’economia, nell’esercizio della professione e nel tempo
libero, sempre e dappertutto, ricordare la parola di Gesù: «Voi siete il sale della terra».
«Luce del mondo»
S. Giovanni Crisostomo nota il passaggio dall’immagine del «sale» a quella della «luce»
«Prima dice “sale”, poi “luce”, perché tu comprenda quanto grande sia il valore di queste
parole così dense di significato e il vantaggio che proviene da questo sublime insegnamento». Lo stesso Crisostomo così parafrasa la parola di Gesù: «Sono io che ho acceso la
luce; sarà vostra cura rimanere accesi, non solo per voi, ma anche per quelli che dovranno beneficiare di questo splendore ed essere condotti alla verità». Prima di lui, s. Ilario di
Poitiers, riferendo questa espressione in particolare agli apostoli, aveva fatto questo
stupendo commento: «Gli apostoli sono i predicatori delle cose celesti e, per così dire, i
seminatori di eternità».
Perché la parola di Dio, in virtù della quale «la fede si accende nel cuore dei credenti, e
con la fede ha inizio e cresce la comunità dei credenti», mentre ci dice che cosa dobbiamo
credere e praticare, mentre aiuta gli uomini a «esaminare i problemi del loro tempo nella
luce di Cristo» (Presbyterorum ordinis, 4), guida la Chiesa peregrinante nel cammino
verso «Cristo nella gloria (cf Col 3,4), nella quale saremo simili a Dio, perché lo vedremo
qual è (cf 1 Gv 3,2)» (Lumen gentium, 48).
S. Ilario continua a spiegare: «Il mondo che non conosceva Dio era avvolto nelle tenebre;
gli apostoli gli recano la luce della scienza, la conoscenza di Dio lo illumina e dalla loro piccola persona, dovunque essi vanno, emana la luce che dirada le tenebre». Dobbiamo tuttavia riconoscere che s. Ilario, fissando l’attenzione sulla luce come insegnamento della
verità, non si sofferma sulla spiegazione che dà Gesù del «far luce»: «Così risplenda la
vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al
vostro Padre che è nei cieli».
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Raggiungiamo in tal modo l’immagine del sale, di cui abbiamo già parlato: far luce con le
«opere buone», più che con le parole. Ma questo perché quelli che le vedono «rendano
gloria al vostro Padre che è nei cieli». Non a chi fa le «opere buone». Lo sottolinea s.
Agostino: «Bisogna vedere l’intenzione del cuore dell’uomo, dove tenda e a cosa miri. Infatti se chi vuole che le sue opere siano viste dagli uomini cerca davanti agli uomini la sua
gloria e il suo interesse, non adempie per nulla ciò che il Signore ha ordinato in proposito,
perché pensa a praticare le sue opere buone davanti agli uomini, per essere veduto da
loro, e la sua luce non risplende davanti agli uomini al fine che vedano le sue buone opere per rendere gloria al Padre che è nei cieli».
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