Bilancio di Missione: il Bilancio sociale delle organizzazioni non profit Alessandro Hinna* Quando si è chiamati ad introdurre per la prima volta il tema del bilancio sociale due sensazioni occupano subito la mente di chi scrive: da una parte il timore di seguire una moda aggiungendo inutili righe ad una già vasta e, alle volte, “copiosa letteratura”, dall’altra l'entusiasmo nel cogliere l'opportunità di introdurre concetti e strumenti che identifichino ciò che un bilancio sociale è, distinguendolo marcatamente da altri strumenti di comunicazione o di rendicontazione che, al contrario, nella teoria e nella prassi recente sono stati “marcati” come bilanci sociali, sebbene di questo alle volte non conservino neppure la finalità. Argomento spesso vissuto come stimolo all'improvvisazione e generalmente presentato come "giovane", quello del bilancio sociale, al contrario, è un tema che attraversa l’Europa da diversi anni: introdotto intorno al '70 in Francia dove a seguito di gravi tensioni sindacali fu gestito come strumento di comunicazione verso i dipendenti delle imprese, approda poi in Germania dove si erano registrate le prime esperienze già a partire dagli anni ’30; intorno al 1980, infine, diviene oggetto di osservazione da parte di alcuni importanti studiosi di economia d’azienda e scienziati della comunicazione. Dunque non pochi gli anni di maturazione e sebbene diversi i contesti ed i periodi nei quali questo particolare tipo di bilancio viene costruito o raccontato, comune a tutti gli scenari è la motivazione della sua introduzione: ogni qual volta le imprese profit hanno dimostrato l’esigenza di voler comunicare “i riflessi sociali” della propria attività sono venute a scontrarsi con i limiti di un bilancio, quello classico, tutto orientato alla rendicontazione di informazioni di natura economica e, pertanto, inadatto a “catturare” e “raccontare” quei risultati che fanno la creazione del valore sociale d’impresa. E’ avvenuto così che le strutture profit intuendo che “l”etica pagava” e che, pertanto, comunicare e rendere noti i propri comportamenti sociali era una leva fondamentale di marketing, hanno cominciato per prime a raccontarsi attraverso bilanci ambientali e bilanci sociali. Solo da poco le organizzazioni non profit hanno mostrato un certo interesse al tema della rendicontazione sociale, ovvero alla produzione di bilanci capaci di raccontare i fatti, intesi come risultati ottenuti, con parole più che con cifre, a destinatari assolutamente eterogenei portatori tutti di interessi sociali. Allo stato attuale, comunque, i bilanci sociali prodotti nel Terzo Settore sono ancora molto pochi e troppo spesso imitazione o, ai limiti, superficiali riadattamenti di modelli prodotti in ambiente profit. Ciò dimostra come il bilancio sociale, anche se ormai parte del vocabolario di molti, è nei fatti patrimonio culturale di pochi. E’ passato il nome, lo slogan, non è stata fatta propria la coscienza di come, sebbene diverso, questo rimanga comunque uno strumento di rendicontazione prima che di comunicazione saldamente legato, sia nella forma che nel contenuto, alla tipologia di azienda che intende rappresentare. Di qui l’esigenza, anche definitoria, di introdurre il concetto di bilancio di missione, il bilancio sociale delle aziende non profit, proprio a volere sottolineare come in questi casi esso assuma una valenza del tutto particolare, dovendo dimostrare alla collettività la coerenza tra scopi, attività e modalità operative dell’organizzazione. Una struttura di Terzo settore, a differenza di una impresa profit, con il suo bilancio sociale non risponde solo ad un domanda di “responsabilità sociale” di impresa, ma raccoglie una sfida ben più importante: dimostrare la sua legittimità sociale, raccontando ciò che è tramite ciò che fa. La missione di una organizzazione non profit si presenta, in altri termini, come un “contratto sociale” che necessita dell’accettazione della collettività per essere perfezionato e tale accettazione non può che avvenire attraverso il consenso sociale che, però, dovrà essere raccolto, stimolato ed ascoltato. Di qui l’importanza del bilancio di missione, strumento di comunicazione e trasparenza verso l’esterno di fatti, valori e non solo cifre che dimostrino agli stakeholders (portatori di interesse) l’efficacia del proprio intervento sul territorio. Tutto ciò è cosa ben diversa dalla ricerca di una “vetrina di risultati”, allontanando il bilancio di missione, o più in generale il bilancio sociale delle organizzazioni non profit, dalla possibilità di essere vissuto come mero strumento di marketing, motivando la domanda di contenuti, sistemi di rilevazioni e modalità di rappresentazioni assolutamente nuove e diverse da quelle proprie della rendicontazione sociale delle imprese orientate al profitto. Alessandro Hinna Dottorando di ricerca in Economia e Gestione delle Aziende e delle Amministrazioni Pubbliche Università degli Studi di Roma Tor Vergata Alessandro Hinna