6 - Don Bosco Torino

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DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE
(9 novembre)
 1 Re 8,22-23.27-30 - Signore, siano aperti i tuoi occhi verso questa casa.
 Dal Salmo 94 - Rit. Adoriamo il Signore nella sua santa dimora.
Oppure:
 Ez 47,1-2.8-9.12 - Vidi l’acqua che usciva dal tempio; e là dove essa giungeva, tutto
era risanato.
 Dal Salmo 45 - Rit. Con la tua presenza salvaci, Signore.
 1 Pt 2,4-9 - Come pietre vive, voi venite impiegati per la costruzione di un edificio
spirituale.
Oppure:
 1 Cor 3,9c-11.16-17 - Voi siete il tempio di Dio.
 Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Ecco, è giunto il tempo in cui i veri adoratori
adoreranno il Padre in spirito e verità. Oppure: Io ho scelto e ho santificato questo
tempio, dice il Signore, perché la mia presenza vi resti sempre. Alleluia.
 Gv 4,19-24 - I veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità.
Oppure:
 Gv 2,13-22 - Parlava del tempio del suo corpo.
Pietre vive di un edificio spirituale
Tema centrale di 1 Pt 2,4-9 è il seguente: i credenti, uniti a Cristo, formano un edificio
spirituale, consacrato al culto divino. Nel brano è valorizzata una serie di importanti detti
anticotestamentari intesi a provare la messianità di Gesù di Nazaret.
Pietre viventi di un edificio spirituale (vv. 4-6)
Gesù Cristo è pietra, qualificata come «viva» con riferimento alla risurrezione che lo
costituisce «spirito e vita» (cf 1 Cor 15,45). Gesù Cristo, infatti, è colui che dà la vita.
Parecchi testi del Nuovo Testamento presentano Gesù Cristo come la pietra posta a
fondamento di un edificio. Questo titolo si ricollega alla speranza del nuovo tempio, che
era molto viva nel tardo giudaismo e aveva le sue radici nell’Antico Testamento (cf Is
28,16). Cristo è la pietra viva per i credenti, che, a loro volta, diventano «pietre vive» a
motivo del suo influsso vitale, concretato nel dono dello Spirito Santo, che fa dei fedeli
una spirituale dimora (cf 1 Cor 6,19) e una comunità sacerdotale, dedicata al servizio di
Dio; per offrire a lui sacrifici spirituali, soprattutto attraverso l’esercizio delle opere di
misericordia e mediante l’azione apostolica.
La società cristiana, per la varietà dei suoi uffici e gli stretti vincoli che uniscono tra loro
tutti i membri, è paragonata a un edificio, di cui ogni membro è una pietra; anzi, un tempio eretto a onor di Dio, per rendergli un degno culto in Gesù Cristo, fondamento e sostegno di tutta l’opera grandiosa. Quanti compongono la Chiesa, infatti, sono chiamati a
svolgere funzioni sacerdotali.
I credenti pertanto devono riunirsi, come tante pietre viventi, nell’edificio spirituale che è
la Chiesa (cf Ef 2,21ss), presentata, con linguaggio metaforico, come un tutto organico
costruito e abitato dallo Spirito Santo.
L’accento è posto più sulla condizione e la funzione del popolo di Dio che sull’ufficio
particolare dei singoli individui; di riflesso, ecco l’appellativo di sacerdozio santo,
Dedicazione della Basilica Lateranense - “Omelie per un anno - vol. 2”, Elledici
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largamente comprensivo, riferito cioè a tutte le componenti della comunità ecclesiale e
riguardante tutta la Chiesa, che è organismo sacerdotale con varietà di compiti.
Il vocabolo greco tradotto con «sacerdozio» è stato coniato dai traduttori greci dell’Antico
Testamento per esprimere la missione provvidenziale del popolo d’Israele tra le nazioni
pagane. Il medesimo vocabolo quindi si riferisce al ruolo sacerdotale di tutta la Chiesa e
non alle funzioni particolari di ogni cristiano.
La Chiesa esercita il suo ruolo sacerdotale per mezzo di Gesù Cristo, pietra viva, rigettata
dai Giudei che non capirono nulla delle opere di Dio. Egli infatti ha eletto questa pietra
come capo d’angolo, cioè come la pietra che si pone a conclusione e coronamento di una
struttura architettonica e come il capitello sulla colonna. Chi crede in questa pietra non
sarà deluso nelle sue speranze e quindi non avrà da vergognarsi (cf Is 26,16).
Gesù Cristo, pietra d’angolo e pietra d’inciampo (vv. 7-8)
Onore dunque a quelli che credono. Il termine greco, tradotto con onore, deriva dalla
stessa radice dell’aggettivo sopra tradotto con preziosa, attribuito alla pietra viva che è
Cristo. L’autore applica alla Chiesa i medesimi titoli attribuiti a Cristo. Pietro a quelli che
credono contrappone gli increduli. È verosimile che questa qualifica di «increduli» si
rapporti ai Giudei. Il grave problema dell’incredulità di gran parte degli Ebrei è
ampiamente discusso da Paolo nella lettera ai Romani (9-11): secondo l’Apostolo, un
resto fedele, in base alle previsioni profetiche, ha accolto la salvezza; l’indurimento degli
altri è un effetto negativo di un’azione benefica di Dio nei loro riguardi. Cristo però,
scartato dagli increduli, è diventato la pietra angolare, cioè quella pietra posta come capo
d’angolo di cui sopra si è parlato. Anche Gesù aveva citato questo versetto per annunciare
la sua morte e la sua risurrezione (cf Mt 21,42 e par.). Non solo pietra angolare ma anche
pietra d’inciampo, poiché davanti a Cristo non si può mantenere un atteggiamento
neutrale (cf Lc 2,34).
Quello che Isaia (8,14) diceva di Iahvè, occasione di rovina per la dinastia incredula di
Israele e Giuda, Paolo lo applica a Cristo (cf 1 Cor 1,23). I Giudei hanno inciampato nella
Pietra, che è Cristo, non dando retta alla parola evangelica – che presenta Gesù Crocifisso
come il vero Messia Salvatore – per la quale pure erano stati posti, in quanto erano stati
scelti proprio per essere pronti ad accettare la rivelazione cristiana (cf Rm 11,7). Per
questo i Giudei sono decaduti dai loro privilegi, passati così ai cristiani, i quali hanno
creduto. Gli increduli non sono stati destinati da Dio all’incredulità, ma alla caduta se si
ostinano a non credere.
S. Pietro accumula le citazioni bibliche – sempre secondo la traduzione dei Settanta –,
adattandole al suo punto di vista (cf Is 28,16; Sal 118,22). Probabilmente questa specie
di «catena» biblica, come s’è accennato sopra, faceva parte dell’antica catechesi
apostolica, e qui risponde alla preoccupazione del cristianesimo nascente di spiegare con
l’Antico Testamento l’incredulità d’Israele.
Stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa (v. 9)
I titoli ricavati dall’Antico Testamento (cf Es 19,6; Is 43,21) sono applicati alla società
nuova, che appartiene a Cristo. I termini «stirpe, nazione, popolo» accennano, com’è
verosimile, alla varia provenienza dei fedeli (cf Ap 7,9) e al costituirsi di una comunità di
tipo nuovo. I cristiani sono presentati come un complesso di individui, impegnati e
abilitati a esprimere un’attività cultuale che sia nella linea di quella di Cristo e manifesti
ed esprima la loro condizione di servi e sudditi di lui.
L’espressione «sacerdozio regale» è una metafora presa dall’Esodo (19,6) e applicata a
tutta la comunità cristiana, in quanto è invitata a offrire se stessa a Dio, insieme ai
sacrifici di lode. Come spirituali sono le vittime, così spirituale è il sacerdozio, e non
rituale. S. Pietro usa infatti il termine ieràteuma, che ha normalmente senso passivo, a
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indicare che i fedeli sono membri della nuova nazione, consacrati al nuovo culto del vero
Dio, in dipendenza dei veri sacerdoti.
Del resto Pietro altrove (cf 1 Pt 5,1-4) suppone nella comunità religiosa la presenza di
un’autorità, costituita da presbiteri, chiaramente distinta dai singoli fedeli; non si può
quindi giustificare con questa espressione la pretesa che tutti i fedeli indistintamente siano sacerdoti allo stesso modo.
Con l’accenno alle opere meravigliose di Dio, Pietro applica alla Chiesa quanto era stato
detto del popolo dell’Antica Alleanza (cf Ap 1,6; 5,10).
Le tenebre opposte alla luce, dalle quali i fedeli sono stati chiamati, possono intendersi sia
del giudaismo che del paganesimo.
Riflessioni pratiche
Compresi di partecipare a un organismo vivente, che è la Chiesa, quali pietre vive di un
edificio spirituale con funzioni sacerdotali, viviamo il nostro sacerdozio rendendo a Dio un
degno culto in Gesù Cristo.
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