Omelie per un anno Volume 1 - Anno “B” Anno “B” 2ª DOMENICA DI PASQUA At 4,32-35 - Un cuore solo e un'anima sola. Dal Salmo 117 - Rit.: Abbiamo contemplato, o Dio, le meraviglie del tuo amore. 1 Gv 5,1-6 - Tutto ciò che è nato da Dio vince il mondo. Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Perché mi hai veduto, Tommaso, tu hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto, crederanno. Alleluia. Gv 20,19-31 - Otto giorni dopo, venne Gesù. Un cuore solo e un'anima sola Il segno di riconoscimento Prima di lasciare i suoi, Gesù volle dare loro un segno da cui si potesse riconoscerli come suoi discepoli: «Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri» (Gv 15,35). I primi credenti presero sul serio la parola del Maestro. Cosa vuol dire Luca quando riferisce che « la moltitudine di coloro che erano venuti alla fede aveva un cuore solo e un'anima sola», se non che i discepoli di Gesù si amavano sinceramente tra loro? L'apostolo Giovanni, che, nel capitolo precedente della sua prima lettera, ha dato due volte la stupenda definizione: «Dio è amore» (4,8.16), ci riporta, nella 2ª lettura di oggi, al tema dell'amore. Amore per Dio e per Cristo, amore per gli uomini: per «colui che ha generato» e per «chi da lui è stato generato»; per Dio e «per i figli di Dio». L'amore, se è sincero, deve tradursi nelle opere, cioè nell'osservanza dei comandamenti di Dio: «In questo consiste l'amore di Dio, nell'osservare i suoi comandamenti». Come Gesù che, nell'ultima cena, aveva detto: «Bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato» (Gv 14,31). Nella Pasqua, Dio ci ha dato la prova suprema del suo amore per noi: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito» (Gv 3,16). Il Figlio, che è una cosa sola col Padre (cf Gv 10,30), si è dato a noi per amore: «Mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20). «Fare la Pasqua» significa credere all'amore che Dio ha per noi (cf 1 2ª domenica di Pasqua “B” • © Elledici, Leumann 2005 1 Omelie per un anno Volume 1 - Anno “B” Gv 4,16) e rispondervi amando Dio e i fratelli. Questa è la conversione che si esige da chi vuole veramente compiere il «precetto pasquale». Amore e comunione Ma vediamo come i primi cristiani (che non si chiamavano ancora con questo nome) vivevano l'amore fraterno: nella comunione. In essi si vedeva esaudita la preghiera di Gesù al Padre: «Che siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi una cosa sola» (Gv17,21). Comunione, senza dubbio, di spirito, profondamente sentita: «Un cuore solo e un'anima sola»; ma tradotta in pratica in modo concreto e vissuto. Qui è necessario integrare la notizia data nella la lettura con quanto Luca ha riferito in precedenza (2,42-47): «I fratelli erano assidui nell'ascoltare l'insegnamento degli apostoli». Quando si esalta la «prassi» fino a svalutare la fede come adesione dell'intelligenza alla verità rivelata, si dimentica che questa è la prima nota con cui è presentata la Chiesa ai suoi inizi. C'è un «insegnamento» che il cristiano è chiamato ad accettare perché proviene da Cristo, il Maestro, che esige fede piena e inconcussa alla sua parola. Quando ci si richiama alla comunità primitiva per rivendicare nella Chiesa una struttura «democratica» che non riconosce un'autorità di magistero e di guida pastorale, si deforma l'immagine della Chiesa nata dalla Pentecoste. Gli apostoli insegnavano, i «fratelli» ascoltavano; e non scegliendo secondo i loro gusti fra ciò che ascoltavano, ma con assiduità e impegno. Questo perché la sera del giorno di Pasqua Gesù aveva detto agli apostoli: «Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi». Non può essere diversamente nella Chiesa all'inizio del terzo millennio. Se ci fosse bisogno di dimostrarlo (e ce n'è bisogno!), dovrebbe bastare, per il cattolico coerente, il preciso richiamo del Vaticano II: «I vescovi, quali successori degli apostoli, ricevono dal Signore, cui è data ogni potestà in cielo e in terra, la missione di insegnare a tutte le genti e di predicare il Vangelo a ogni creatura» (Lumen Gentium, 24). Quando un singolo o una «comunità» pretendono di ignorare il vescovo e i sacerdoti che, per missione ricevuta da Cristo attraverso il vescovo, esercitano, «per la loro parte di autorità, l'ufficio di Cristo, pastore e capo, raccolgono la famiglia di Dio, come una fraternità animata dallo spirito d'unità, e per mezzo di Cristo nello Spirito la portano a Dio Padre» (Lumen Gentium, 28), non possono più 2ª domenica di Pasqua “B” • © Elledici, Leumann 2005 2 Omelie per un anno Volume 1 - Anno “B” presentarsi come Chiesa autentica, quella che realizza il disegno di Cristo. Certo, da parte dei vescovi e dei sacerdoti, si esige che essi si comportino secondo l'insegnamento e l'esempio di Gesù Cristo, «che non è venuto per essere servito, ma per servire» (Mt 20,28). Comunione «nella frazione del pane e nelle preghiere». Se il centro della comunione è Cristo che nello Spirito ci conduce al Padre, l'incontro con lui e tra noi nella celebrazione eucaristica è il momento in cui più fortemente si attua la comunione, quando la partecipazione alla Messa, che si realizza pienamente solo mangiando il pane che è il corpo di Cristo, sia sentita e vissuta non come chiuso atto di devozione individuale, ma con senso di vera fraternità. Così, in proporzione, è da dire della preghiera, ricordando la promessa del Signore: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro» (Mt 18,20). Ma veniamo all'espressione più concreta e più difficile dell'amore fraterno, della comunione fra i credenti: «Nessuno diceva sua proprietà quello che gli apparteneva, ma ogni cosa era fra loro comune». Poi spiegherà come si attuava la comunione dei beni: i proprietari d'immobili li vendevano, ne consegnavano agli apostoli il ricavato, che «poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno». Sentiamo come s. Massimo commenta questo passo: «Legati insieme dalla stessa religione, fruivano insieme dello stesso tenore di vita. Avendo in comune la fede, mettevano in comune anche le sostanze. Partecipando dello stesso Cristo, volevano partecipare di una stessa mensa. Quegli uomini religiosi reputavano indegno non far parte delle proprie sostanze a colui che era a parte della stessa grazia; e perciò con fraterna carità usavano in comune di tutte le cose». La fede, sorgente dell'amore Pensare che oggi si possa realizzare alla lettera ciò che avveniva - e non per obbligo ma per libera scelta - in una comunità di poche migliaia di credenti, sarebbe evidentemente troppo semplicistico. Quella era, per dirla con s. Giovanni Crisostomo, una «repubblica d'angeli». Ma rimane un insegnamento di fondo, perennemente valido e attuale, perché ispirato dalla fede autentica e coerente, come osserva ancora s. Massimo: «Vedete la fede di quegli uomini santi, come per Cristo si spogliavano di tutto il loro patrimonio, senza trattenersi nulla! Perché non temevano di aver poi a soffrir la fame essi stessi, mentre temevano che altri ne soffrisse». Non ha senso parlare di «un cuore solo e un'anima sola» se poi in fatto di portafogli ognuno fa gli affari suoi. Non tocca alla Chiesa proporre soluzioni tecniche di politica economica; ma la Chiesa non può non denunciare 2ª domenica di Pasqua “B” • © Elledici, Leumann 2005 3 Omelie per un anno Volume 1 - Anno “B” come contrario allo spirito del Vangelo il comportamento dei singoli o i sistemi sociali ispirati dall'egoismo, dimentichi della solidarietà che deve unire tutti gli uomini, in aperto disprezzo del comandamento divino: «Ama il prossimo tuo come te stesso». Nella 2ª lettura, Giovanni introduce il tema dell'amore partendo dalla fede: «Chiunque crede che Gesù è il Cristo, è nato da Dio». Più innanzi proclama: «Questa è la vittoria che ha sconfitto il mondo: la nostra fede. E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio?». Il racconto del Vangelo è centrato sulla fede. Prima, il rifiuto di Tommaso di credere agli altri discepoli che affermano di aver visto il Signore; poi il rimprovero di Gesù e l'invito: «Non essere più incredulo, ma credente»; la professione di fede dell'apostolo; la beatitudine, proclamata da Gesù, di coloro che crederanno senza vedere; la conclusione dell'evangelista che dichiara d'aver scritto per condurre i lettori alla fede in Gesù Cristo Figlio di Dio. Ameremo Dio Padre e Gesù Cristo Salvatore a misura della nostra fede. Sarà la meditazione, ispirata dalla fede, di quello che Dio ha fatto per noi nella creazione, nella rivelazione, nella redenzione, che ci porterà all'amore. Ameremo il prossimo se la fede ci farà vedere in lui l'immagine di Dio, il Figlio di Dio, il fratello in Cristo. Credendo e amando, avremo la vita nel nome di Gesù, come ci assicura l'evangelista. Perché, se la fede è radice dell'amore, l'amore è quello che porta a compimento la fede. S. Agostino, commentando la 2ª lettura, osserva: «Giovanni ha subito collegato la fede con l'amore, perché senza l'amore la fede è vana». L'amore di Cristo, rivelato, più che dalla parola, dal segno dei chiodi e della lancia nelle mani e nel costato che Cristo mostra a Tommaso e a tutti noi, sia invito e stimolo all'amore sincero e operoso per lui e per i fratelli. 2ª domenica di Pasqua “B” • © Elledici, Leumann 2005 4