Capitolo 1
FORMALISMO DELLA REAZIONE (e,e’p) E
PRINCIPALI SVILUPPI
1.1
Elementi del processo e + I ™ e’+ F
™
Consideriamo elettroni ultrarelativistici, di momento k ed energia  = ( k2+m 2e
)1/2 ~ k. Il processo di diffusione che vogliamo studiare, è caratterizzato da un elettrone
™
incidente ( 1, k
1)
che diffonde elettromagneticamente su un nucleo, in un volume V
™
di normalizzazione, andando in uno stato descritto dal quadrimomento ( 2, k
2).
Corrispondentemente il bersaglio passa da uno stato iniziale con quadrimomento del suo
™
centro di massa (Ei, K
descritto da |i> allo stato finale |f> con
i)
™
quadrimomento (Ef, K f).
™
F (Ef ,Kf )
™
™
e' ( 2,k 2)
e' ( 2,k 2)
™
F (Ef ,Kf )
™
q (,q)
Vertice di interazione
™
™
™
e ( 1,k 1)
I (E i,K i)
e ( 1,k 1)
a)
™
I (E i,K i)
b)
Figura 1.1: a) il processo di diffusione e + I ™ e’+ F; b) approssimazione di
Born, nel vertice di interazione viene scambiato un fotone virtuale.
-1 -
™
™
™
L’impulso e l’energia trasferita sono rispettivamente q = k 1 - k 2 e  =  1 - 2 ,
da cui il quadrimomento trasferito risulta
( E r r o r)!
q2 = qq = 2-q2 = -412sin2
(1.1)
con e l'angolo fra la direzione dell’elettrone incidente e di quello diffuso; notiamo
che in generale q2 ≠ 0, al contrario di quanto accade nella diffusione di fotoni reali su
nuclei (in riferimento a quanto detto nel capitolo introduttivo).
Per ottenere l’Hamiltoniana di interazione e quindi la sezione d’urto, invertiamo per
così dire le parti dell’elettrone e del nucleo, ritenendo il moto dei nucleoni responsabile
di una corrente elettromagnetica nucleare che viene diffusa dal potenziale di Møller generato dall’elettrone in moto [Cio80]. La corrente nucleare viene espressa dall’operatore
locale di densità ^
J (x ), al quale imponiamo solo di soddisfare l’equazione di

continuità
∂^
J (x) = 0 .
(1.2)
Il potenziale di Møller A(x) è soluzione dell’equazione di Maxwell
(1.3)
PA(x) = j(x)
dove al secondo termine appare la corrente elettronica data dall’espressione seguente
j(x)
-
= - e 1(x)2(x)
= -
eme

u2(k2) mu1(k1) eiq x
1/2
V(12)
(1.4)
in cui si suppone l’elettrone in onda piana, prima e dopo la diffusione;   sono le matrici
di Dirac, mentre (x) = ( me/V)1/2 u(k)eik
 x

le funzioni d’onda, soluzioni
ad energia positiva dell’equazione di Dirac per particella libera, con gli spinori u(k)
-
(u =u+0), infine  indica il numero quantico di spin. Dalla (1.3) si ottiene
A(x) = eaeiq
a =
 x

con
me
1 u (k ) u1(k1)
1/2
q 2 2 2
V(12)
-2 -
(1.5)
In tale schematizzazione, l’operatore hamiltoniano di interazione si scrive
^
^
4
H int = eA
 (x)J (x)d x
iq x ^
= e2a
J(x)d4x  ;
e
(1.6)
questa è la stessa espressione che si avrebbe seguendo le prescrizioni di Feynman per il
processo di interazione fra corrente elettronica e nucleare, quando l’interazione è mediata
dallo scambio di un solo fotone di quadrimomento q (come mostrato in figura 1.1.b).
La Hint equivale anche a prendere il primo termine nello sviluppo della vera
Hamiltoniana d’interazione in serie di potenze della piccola costante di accoppiamento
 = e2/4 ~ 1/137 (approssimazione di Born); tale approssimazione deriva dall’aver
considerato funzioni d’onda piana per l’elettrone, escludendo le distorsioni dovute al
campo coulombiano nucleare, ovvero escludendo lo scambio di più di un fotone.
Il fotone scambiato è associato al potenziale di Møller, che per la (1.5) soddisfa la
‘gauge’ di Lorenz q  A  = 0; esso è detto virtuale, poiché q 2 ≠ 0, e può indurre,
™
rispetto alla direzione di q , transizioni longitudinali oltreché trasverse.
Attraverso la (1.6) si può scrivere la matrice di transizione dallo stato nucleare iniziale
allo stato finale come
^
Tfi = <f|H
int| i>
™
fi
™
= (2)4e2aJ  (0) ( + Ei - Ef)(q + K
™
i
-K
(1.7)
f)
dove si è fatto uso dell’invarianza per traslazioni spazio-temporali della corrente nucleare
fi
J (x)
^
= <f|J
e dell’uguaglianza
(x)| i>

^
= ei(K f - K i ) x <f|J
(0)| i>
,(1.8)
1  iy x
 dx = (y). Quadrando la Tfi e dividendo per il
e
(2)4
tempo T in cui avviene il processo si ottiene la probabilità di transizione per unità di
tempo
wfi =
™
i
-K
|Tfi|2
T
= (2)4e4V
|aJfi
 (0)|
2
™
™
( + Ei - Ef)(q + K
(1.9)
f)
dove si è sfruttata l’uguaglianza ((y))2 = 1/(2)4 TV(y).
-3 -
La sezione d’urto per elettroni non polarizzati discende dalla wfi attraverso le seguenti operazioni:
-
•
•
mediare sugli stati di polarizzazione dell’elettrone incidente ( 1);
sommare sugli stati di polarizzazione dell’elettrone diffuso (  ), di cui sup
2
poniamo di misurare solo l’impulso;
•
dividere per il flusso incidente v1I /V, dove v1I è la velocità relativa tra
l’elettrone incidente ed il nucleo bersaglio; ci mettiamo nel sistema di riferi™
mento in cui il bersaglio è in quiete (Ei = Mi, K
i
™
=0
), sistema che coincide
per lo più con il laboratorio, per cui v1I = v1 = k1/1 = 1; quest’ultima
uguaglianza vale per l’ipotesi ultrarelativistica, che già per k = 10 MeV dà un
errore di circa 0.1%, errore che naturalmente diminuisce all’aumentare di k.
•
mediare sugli stati iniziali del nucleo (

i);
in generale il nucleo si trova in un
autostato dell’energia, per cui la media va fatta sugli stati degeneri. Poiché nel
nostro caso, tale autostato è lo stato fondamentale senza degenerazione, la media si riduce ad un solo termine.
•
sommare sui numeri quantici degli stati finali del sistema adronico che non vengono misurati (  );
f
•
moltiplicare per il numero di stati di impulso dell’elettrone finale
™
(V/(2 d3 k
N
2)
e delle N particelle rivelate in coincidenza con l’elettrone
™
(∏1 V/(2)3 d3 K
i).
Mettendo insieme i termini indicati in parentesi nella lista precedente, si trova che la
sezione d’urto differenziale con N+1 particelle nello stato finale delle quali si misura
l’impulso è
(1.10)
Error!,
e sostituendo la wfi con la (1.9) e la a con la (1.5) si ha
d3N+3
™
d3 k 2
N
d3™K j
= 22
1
q4;12
 W
j=1
-4 -
(1.11)
dove
= 2me 

i f
(u2(k2)u1(k1))(u2(k2)u1(k1)) *
(1.12)
W = VN+1 (2)3N-3 Error!<f|Error!(x)|i>(<f|Error!
*
(x)| i>) •
•
™
™
( + Mi- Ef)(q - K
(1.13)
f).
I due tensori di rango 2 appena introdotti contengono l’informazione leptonica il
primo, quella adronica il secondo; le proprietà delle matrici  permettono di giungere al
classico risultato per il tensore leptonico:
1




  = k1 k2 + k2 k1 + 2
2
q g 
(1.14)
essendo g il tensore metrico nello spazio dei quadrivettori.
1.2
La sezione d’urto del processo I(e,e’p)R in PWIA
Il processo di diffusione quasi-elastico che ci riguarda è caratterizzato da uno stato finale adronico composto da un nucleo residuo di A-1 nucleoni non rivelato e da un protone di cui viene misurato l’impulso, in coincidenza con l’elettrone diffuso. Con questa
particolare
configurazione
lo
stato
finale
del
sistema
nucleare
diventa
|f> = |p’,’;r >, dove ora la |r > è la funzione d’onda del nucleo residuo il cui
™
™
quadrimomento nel centro di massa indichiamo con (Er, K r), mentre con (Ep’, p
’) indichiamo il quadrimomento del protone che a grande distanza si può ritenere libero.
Riscriviamo la (1.13) con la nuova funzione d’onda, facendo attenzione a sommare
sugli stati del nucleo residuo (integrando sull’impulso del suo centro di massa per tener
conto del termine di rinculo) e sulle polarizzazioni del nucleone rivelato; in questo modo,
posto N = 1, otteniamo:
3™
W = V2 
d K r
•
™


r ’
<p’,’;r|J^
™
( + Mi - Ep’ - Er)(q + p
(x)| i>
^
(<p’,’;r|J
-5 -
’
™
-K
r) •
*
(x)| i>)
=
= V2


r ’
( + Mi - Ep’ - Er)
<p’,’;r|J^
•
^
(<p’,’;r|J
(x)| i>
*
(x)| i>)
(1.15)
™
dove abbiamo integrato in d3 K r, sfruttando le proprietà della funzione delta
dell’impulso.
Questo tensore, essendo relativo al processo  + I ™ p’ + R, può dipendere solo dai
tre
quadrimomenti
indipendenti
q,
e
Ki
p
’
 (il quarto Kr si ottiene dagli altri attraverso le leggi di conservazione energia-impulso)
; l’equazione di continuità della corrente nucleare (1.2), che implica q  W = Wq  = 0,
consente di scrivere W come tensore simmetrico in cui compaiono quattro funzioni
invariati, dipendenti dai prodotti scalari ottenibili con i tre quadrivettori [Gou61, DeF67];
infine, seguendo [DeF83] la condizione di Lorenz per il potenziale di Møller permette di
riscrivere il prodotto  W nel seguente modo ( è l’angolo fra il piano di diffusione
dell’elettrone e quello adronico, indicato comunemente come angolo fuori piano):
 W = Error!cos2
{
Error!
Error!
 Error!Wc + (-Error!+ tan2
)Wt +
q2 q2
e
+ q2 ( q2 + tan2 2 )
1/2
q2
Wicos +( q2
cos2  + tan2
)Ws}
Error!
(1.16)
Le funzioni Wc, Wt, Wi e Ws sono chiamate fattori di forma generalizzati (o funzioni
di
struttura)
e
dipendono
dagli
scalari
q

2
,
q • Ki,
q • p ’

,
Ki • p’,
 essi contengono tra l’altro l’intera informazione della parte nucleare.
Il significato delle quattro funzioni di struttura può essere chiarito rappresentando la
parte spaziale del quadrivettore della corrente nucleare nel sistema di riferimento in cui
™
^ 0=^
^ L,J
^  ,J
^ ¿), dove ^
uno degli assi coincide con q : ^
J  = (J
 ,J
J L è la
™
componente lungo q , detta componente longitudinale, ^
J
-6 -
è
la proiezione della
™
™
corrente nucleare nella direzione perpendicolare a q e p ’ (normale quindi al piano di
diffusione adronico) mentre ^
J
precedente e a
¿
è la proiezione nella direzione perpendicolare alla
™
™
q (ovvero perpendicolare a q nel piano adronico) . Con questa
rappresentazione l’equazione di continuità (1.2) diventa: ^
J L = /q ^
 e le funzioni di
struttura si esprimono come
Wc = < ^

2>
Wt = 2 < ^
J2
Ws = < ^
J2¿
>
> - <^
J2
^ > - < ^
Wi = - < J
J
¿
>
¿ > ,
(1.17)
Tradotte in parole le precedenti formule ci dicono che Wc rappresenta il contributo coulombiano (di carica) e della corrente longitudinale (per l’equazione di continuità), Wt
™
™
contiene il contributo della componente trasversa (rispetto a q e p ’) della corrente,
mentre Ws e Wi sono due termini di interferenza fra le due componenti trasverse il primo,
™
fra quella traversa a q e il termine di carica il secondo.
™
p' (Ep',p')
™
e' ( 2,k 2)
™
q (,q)
™
R (E r,K r)
™
p (Ep ,p)
™
e ( 1,k 1)
™
I (E i,K i)
Figura 1.2: diffusione quasi-elastica elettrone-nucleo in approssimazione
d’impulso (PWIA).
Per poter estrarre l’informazione nucleare dalla sezione d’urto, assumiamo che
l’interazione elettrone-nucleo si riduca all’interazione elettrone-nucleone e il nucleone
-7 -
emesso sia libero (non interagisca cioè con il nucleo residuo), ovvero descritto da
™
un’onda piana con quadrimomento (Ep’, p ’); nella figura 1.2 è mostrato il diagramma di Feynman del processo in questa approssimazione, che nel seguito indichiamo
con la sigla PWIA (Plane-Wave Impulse Approximation), come si fa comunemente. In
quanto segue ci limiteremo a considerare un protone il nucleone estratto.
L’impulso, nel nucleo, del protone che partecipa all’interazione è legato direttamente
all’impulso finale dello stesso e a quello del fotone virtuale: facendo riferimento alla fi™
™
™
™
gura 1.2 possiamo scrivere p = p ’- q
=-K
r.
Sostituendo nella (1.15) l’operatore della corrente nucleare con quello del singolo protone ^
J (x )  ^
J p(x ) e inserendo la relazione di completezza


(1.18)
Error!|r;p1,1> <r;p1,| = 1,
otteniamo:
W = V2 Error!*
•
•
Error!<p’,’|Error!p(0)|p2,2> <r;p2,2|i>
•
( + Mi - Ep’ - Er) .
•
(1.19)
™
™
Tenendo presente che <r|, <p,| e <i| sono autostati dell’impulso K r, p e
™
K
i
= 0 rispettivamente, possiamo sommare su p1 e p2 per giungere al seguente risultato
W = (2)6 Error!<p’,’|Error!p(0)|p,> *
•
^
<p’,’|J
p(0)|p,2>
•
™
S12( p ,Em)
•
(1.20)
dove
™
S12( p ,Em)
•
=Error!•
(- Em +  - Tp’ - Tr)
(1.21)
Tp’ e Tr sono rispettivamente l’energia cinetica del protone diffuso e del nucleo residuo,
Em = mp + Mr - Mi = Ui - Ur, con Ui l’energia di legame del nucleo bersaglio e Ur
-8 -
quella del nucleo residuo, mentre mp è la massa del protone.
™
Per l’approssimazione PWIA, i termini non diagonali di S12( p ,Em) sono nulli,
altrimenti l’unico operatore dipendente dallo spin che si può formare con l’unico impulso
™
è 
™
•p
, che essendo pseudoscalare non conserva la parità, quindi non ci può essere
dipendenza dallo spin; questo permette di scrivere
™
™
S12( p ,Em) = 1/2 12 • S( p ,Em).
(1.22)
™
La S( p ,Em) è chiamata funzione spettrale e il suo significato può essere più
facilmente compreso introducendo gli operatori di creazione ap + e di distruzione ap di
™
un protone con impulso p :
™
S( p ,Em) = <i|ap + (Em-(Hr-Ui))ap|i> ,
(1.23)
con Hr l’Hamiltoniana intrinseca del nucleo residuo; che da questa formula deriva la
(1.21) (tenuto conto della (1.22) e della somma sugli spin) lo si può vedere introducendo
nella (1.23) un insieme completo di stati del nucleo residuo e usando la chiusura di questo. Seguendo [G&L70] riscriviamo ora la (1.23) nella forma
™
™
(1.24)
S( p ,Em) = n( p ) P(Em)
™
dove n(p) = <i|ap + ap|i> è il numero medio di protoni con momento p ,
mentre
<i|ap+(Em-(Hr-Ui))ap|i>
P(Em) =
<i|ap+ap|i>
(1.25)
è la probabilità per unità di energia di trovare il nucleo residuo con energia di legame
™
Em + Ui avendo rimosso un protone con impulso p . In altre parole la funzione spettrale
™
rappresenta la probabilità di trovare nel nucleo iniziale un protone con impulso p ed
energia di separazione Em.
In un modello del nucleo a particelle indipendenti (IPSM), i nucleoni nel nucleo bersaglio riempiono gli orbitali fino alla superfice di Fermi (F) e lo stato che risulta
dall’espulsione di un protone, cioè lo stato fondamentale del bersaglio con una lacuna, in
assenza di interazione nello stato finale nella teoria PWIA, è autofunzione della
-9 -
Hamiltoniana del nucleo residuo. In questo modo la funzione spettrale può essere
espressa come somma sugli stati occupati di particella singola:
™
S( p ,Em) =

™
Ss|s( p )|2 (E-Em)
(1.26)
s≤F
dove |s|2 è la distribuzione di momento di particella singola per il protone dell’orbitale
s, con Ss il fattore spettroscopico.
Prima di passare alla sezione d’urto, notiamo che la W è fattorizzata in un termine
che contiene l’informazione della corrente nucleonica ed uno che riguarda la distribuzione dei nucleoni nel nucleo; il primo termine è formalmente identico a quello della corrente nucleare, e può essere chiamato w, proprio per questa analogia. Quando si scrive
la sezione d’urto compare ora il prodotto w a cui si può applicare lo stesso discorso
fatto per W, discorso che conduce ad un’espressione equivalente alla (1.16), dove si
pensi di sostituire le Wj con wj per ricordare che queste ultime non contengono più
l’informazione nucleare, essendo ora le funzioni di risposta del protone.
In definitiva la sezione d’urto si può scrivere:
d6
ded2dpdEp’
™
= p’Ep’ eN S( p ,Em)
(1.27)
dove de e dp rappresentano gli angoli solidi dell’elettrone e del protone diffusi mentre
ep =
22 2
4
q 1
w ,
(1.28)

è la sezione d’urto del processo elementare di diffusione elettrone-protone, formalmente
identica alla (1.11) a meno di un cambiamento di variabili; ora le Wj della formula (1.16)
™
sono fattorizzate in wj • S( p ,Em). In questo modo siamo riusciti a scrivere la sezione
d’urto del processo I(e,e’N)R in una forma tale che la struttura nucleare legata alla
™
S( p
,Em) e l’informazione del processo elementare elettrone-protone, con
quest’ultimo non libero nello stato iniziale (‘off-shell’), sono fattorizzate.
- 10 -
1.3
La sezione d’urto elettrone-protone legato
Per estrarre quindi le informazioni nucleari dalla (1.27), ovvero per determinare la
™
S( p ,Em) dobbiamo conoscere l’espressione relativistica della corrente nucleonica da
introdurre nelle wj della ep. Purtroppo si sa scrivere solo quella per il nucleone libero
[Fol52]:
^
<p’,’|J
•
N(x)|p,>
-
™
u’( p ’)
=
1
(2) 3
[FN1(q2)
•
iN
 + 2m
p
™
2
F2(q ) q]u( p )
N
(1.29)
dove F1N e F2N sono i due fattori di forma di Dirac e Pauli che tengono conto della
estensione della carica e del momento magnetico, mentre N è la parte anomala di
quest’ultimo in unità del magnetone di Bohr (p = 1.79, n = -1.91). La presenza di
due soli fattori di forma è conseguenza della conservazione della corrente nell’interazione
fotone virtuale-protone libero. Per considerare la natura ‘off-shell’ del protone sono state
proposte diverse prescrizioni: quella che seguiremo, dovuta a De Forest , è la più
frequentemente usata ed è stata presentata per la prima volta nel lavoro [DF&76]. Una
derivazione più dettagliata, insieme ad un confronto con altre prescrizioni si trova nella
classica referenza [DeF83]. De Forest assume la validità della conservazione della carica
(vedi §1.4.3), e quindi esprime la corrente nucleonica attraverso due fattori di forma,
dipendenti da q 2 , e identici a quelli del protone libero; la situazione ‘off-shell’ è
-
introdotta sostituendo nell’espressione della corrente del protone, q con q
)
Ep =
dove
-

= Ep’ - Ep,
™
™
p2 + m 2p (ricordiamo che p = - K r per l’approssimazione PWIA)
il protone avrebbe nel nucleo se fosse libero.
- 11 -

-
™
= ( , q
essendo
l’energia che
e'
p'
q= p'-p
 
q= e-e'
2
p =
e
2
Kr + mp, -Kr
p
Figura 1.3: grafico di Feynman in cui è mostrata la prescrizione data da De
Forest: il fotone virtuale scambia valori diversi di quadrimomento nei due vertici leptonico e adronico.
Abbiamo raffigurato pittorescamente la sostituzione attraverso la figura 1.3, dove è
rappresentato il diagramma di Feynman della diffusione libera, con la particolarità che
nel vertice leptonico vale la relazione corretta q = k1 - k2, mentre in quello adronico
-
la prescrizione di De Forest impone la relazione q

= p’
 - p, con p libero.
La sezione d’urto ep che si ottiene con questa prescrizione e’ chiamata CC1 ed è data
dall’espressione estesa della (1.28), analoga alla (1.16)
CC1 = M
4

4
q2
Error!
wc + (-2q2 +tan2
)wt +
{(qq
q2 q2
e
+ q2 ( q2 +tan2 2 )
q2
icos + ( q2
1/2w
)ws}(1.30)
Error!
cos2+tan2
dove
M =
22
q 4
(Error!)
2;  cos2
è la sezione d’urto di Mott,
e in particolare
1
wc = 4E E
p p’
{(E +E
p
)2
p’
(
2
F1
-
q2
+4m2
-
q2
wt = 2E E
(F1+F2)
p p’
p’2sin2
ws = E E
p p’
- 2
2 q
F1+4m2
(
2
F2
2
F2)
2
- 12 -
)- q2(F21
2
+F2 )2
}
-
2
p’sin
2 q
2
wi = - E E
(Ep+Ep’)(F1+4m2 F2)
p p’
™
,
™
essendo  l’angolo fra p ’ e q . Possiamo riscrivere la precedente formula in un modo
a cui faremo riferimento in seguito [Ref87], osservando che la sua struttura è indipendente dalla prescrizione, così come lo è la (1.30) dove non si esplicitino le wj:
(
)
CC1 =  TCC1 + LCC1 +
con  =
q k2

22 -q2 (1-) k1
TC
C1 =
22
q (wt + ws) ,
LC
C1 =
22 -2 q2
q
q2
TL
CC 1 =
TT
( + 1)TL
CC1 cos + CC1 cos2  ,
22
q
22
TT

=
CC 1
q
1
, =
1+
2q2
-q2
(1.31)
,
e
tg2
2
wc,
- 2 q2
q
wi,
 ws.
In realtà nell’articolo [DeF83] vengono presentate due sezioni d’urto, quella sopra
scritta (1.30) e la cosiddetta CC2; quest’ultima è derivata proprio dalla formula (1.29)
mentre la prima, più semplice da trattare e più frequentemente utilizzata, è ricavata
dall’espressione
^
<p’,’|J
•
N(x)|p,>
[  FN1(q2)
=
1
™
u’( p ’)

(2
•
N
2
N
+ N F2(q ) ] + (p’+p) 2m
p
N
2
F2(q )
]u(™p )
(1.32)
ottenuta dalla (1.29) utilizzando l’identità di Gordon [Pic86] (in cui si presuppone p
2
= mp), che ha permesso di ridurre le matrici .
1.4
Le principali approssimazioni adottate
Nel corso di questo capitolo abbiamo introdotto molte approssimazioni, che ora in-
- 13 -
tendiamo discutere, cercando di giustificarne la validità o di migliorarle se possibile.
1.4.1 L’approssimazione di Born (PWBA)
La prima che incontriamo è l’approssimazione di Born, che, come accennato, consiste
nel troncare al primo termine l’espansione in serie di potenze dell’ampiezza di diffusione
nel piccolo parametro di accoppiamento ; dalle formule della sezione d’urto sopra
scritte si nota che tale primo termine è proporzionale ad 2. A questo troncamento abbiamo aggiunto, come si fa generalmente, la semplificazione di considerare l’elettrone in
onda piana; ci si riferisce a tutto ciò con la sigla PWBA che sta per ‘Plane-Wave Born
Approximation’. Tale approssimazione non è adeguata per la descrizione di diffusioni su
nuclei pesanti, dove processi a più fotoni, come quelli indicati nella figura 1.4, non possono essere trascurati.
e
I
e
e'
I
F
I
F
a)
e'
F
I*
b)
Figura 1.4: processi di diffusione a più fotoni; a) distorsioni coulombiane, b) correzioni di dispersione.
Ad esempio per il processo a) usualmente si sostituiscono le onde piane dell’elettrone
con onde distorte (distorsioni coulombiane) indotte dal campo coulombiano del nucleo
prima e dopo l’interazione che fa cambiare stato di quest’ultimo; il caso b), di natura diversa dal precedente e difficile da trattare, è di solito trascurato essendo dell’ordine di
 4.
L’effetto delle distorsioni coulombiane può essere grossolanamente quantificato,
all’ordine più basso e per elettroni relativistici, attraverso il momento trasferito effettivo
qeff dato dalla seguente espressione:
- 14 -
qeff = q
[1 - V k
]= q[1 + 32
coul
1
3
Z e2
5 r0 A1/3 k1
]
dove il potenziale coulombiano nucleare è stato approssimato da quello di una sfera uniformemente carica
VCoul =
-3Ze2
2R
, con R =
5
3
r0A1/3 , essendo r0 = 1.12 fm.
Nel nostro esperimento il rapporto qeff/q rimane sempre compreso fra 1 e 1.008;
utilizzando il valore di qeff per il calcolo della cc1 si trova una differenza minore
dell’1% dalla cc1 calcolata con q . Questo risultato permette di evitare di correggere i
dati sperimentale dell’effetto di distorsione coulombiana.
e
e'
q
e
e'
p'
I
q
q
I
p'
a)
e'
R
I
R
e
R
b)
e
e'
q
c)
e
p'

I
R
p'
e'
q

I
d)
p'
R
e)
Figura 1.5: differenti processi che contribuiscono alla diffusione (e,e’p): a) approssimazione d’impulso PWIA, b) termine di scambio, c) interazione dello stato finale,
d) ed f) esempi di contributi delle correnti di scambio mesoniche e configurazioni isobariche.
1.4.2 L’approssimazione d’impulso: dalla PWIA alla DWIA
Un’altra importante approssimazione introdotta è la PWIA, ovvero abbiamo assunto
che (vedi figura 1.5a):
A) il fotone virtuale è assorbito da un protone singolo,
- 15 -
B) questo protone non subisce interazioni con il nucleo residuo e viene rivelato,
C) il nucleo iniziale è descritto sostanzialmente da un modello a particelle indipendenti (IPSM), dove l’interazione fra i nucleoni è schematizzata da un potenziale
medio; le proprietà del nucleone soggetto a tale potenziale sono essenzialmente
le stesse del nucleone libero. Quest’ultima assunzione è in teoria al di fuori dalla
PWIA, ma è generalmente assunta insieme ad essa.
L’ipotesi A) non considera l’interazione del fotone con altre particelle del nucleo (vedi
figura 1.5d,e): i mesoni virtuali, responsabili delle forze fra i nucleoni e la , che rappresenta uno stato eccitato (isobaro) dei nucleoni. Tali interazioni equivalgono a considerare, oltre alla corrente del singolo nucleone, una corrente a due corpi [Cio80, F&M84],
dovuta appunto allo scambio dei mesoni (MEC, ovvero ‘Meson Exchange Currents’) o
allo stato isobaro (IC, ovvero ‘Isobar Configurations’); questa distinzione è puramente
arbitraria, poiché in un trattamento completo dei gradi di libertà mesonici i due effetti si
tratterebbero congiuntamente.
Figura 1.6: le funzioni di risposta longitudinale RL (~ Wc) e trasversa RT
(~ Wt + Ws) della reazione inclusiva 40Ca(e,e’) a q=550 MeV/c. La curva continua
rappresenta la previsione di un modello a particelle indipendenti..
Per quel che ci riguarda, il contributo di questi fenomeni alla sezione d’urto è confinato ad energie  oltre il picco quasielastico e interessa principalmente la funzione di
risposta trasversa, così come mostrato nella figura 1.6; in particolare, in esperimenti di
coincidenza, i loro effetti si manifestano a grande energia mancante.
Vietato dalle assunzioni A) e B) è anche il processo indicato dalla figura 1.5b, dove il
protone estratto non subisce con l’elettrone alcuna interazione, la quale avviene invece
con il nucleo residuo. Il contributo di questo processo, che va sotto il nome di termine di
scambio, è comunque in genere piccolo, soprattutto per nuclei medi o pesanti e quando
™
™
p’, q e | p ’- q
| non sono fra loro comparabili [F&M84].
Rinunciando alla B), ovvero ammettendo, come avviene in realtà, l’interazione nello
- 16 -
stato finale (FSI) fra protone colpito e nucleo residuo (figura 1.5c) attraverso un potenziale di distorsione VD, si passa dalla PWIA alla DWIA (‘Distorted-Wave Impulse
Approximation’). Si vede subito che in questo contesto non è più valida la semplice rela™
™
™
zione p = p
’- q
™
, anzi non è più possibile dedurre esattamente l’impulso p del
nucle-one nel nucleo iniziale; questo impedisce in generale di fattorizzare la funzione
spettrale.
Formalmente si può tener conto conto della distorsione assumendo che lo stato finale
adronico soddisfi la seguente equazione agli autovalori:
™
™
™
a”( p ”)|p’’;r>DWIA = (2)3 2Ep” ’”( p ’, p ”)|r>
™
™
con la condizione di conservazione dell’impulso p ’+ K
™
r
™
-p
™
”=-p
(1.33)
e dove la
™
’”( p ’, p ”) rappresenta la funzione d’onda distorta del protone uscente,
™
™
™
riducendosi alla funzione ( p ’, p ”) in PWIA; a”( p ”) è l’operatore di
distruzione dello stato |p”,”>.
Nell’ipotesi che il potenziale VD non dipenda da termini spin-orbita allora la fattorizzazione può essere ripristinata, e vale una formula analoga alla (1.27)
d6
ded2dpdEp’
™
= p’Ep’ eN SDWIA( K
™
r, p
’,Em)
(1.34)
dove ora
™
SDWIA( K
™
r, p
™
™
™
™
2
’,Em) = 
d p |( p ’, p ”)| SPWIA( p ,Em)
(1.35)
è la nuova funzione spettrale che dipende da p’, Kr e l’angolo fra i due [N&I76], oltreché da Em. Introducendo la (1.26) quest’ultima espressione può essere riscritta:
™
SDWIA( K
™
r, p
’,Em) =

™
SS|sD(K;
™
2
r, p ’)|
(E-Em)
(1.36)
s
dove l’integrale di sovrapposizione è dato da
™
sD( K
™
r, p
™  ™ ™
™
’) = 
 d p  ( p ’, p ”) s ( p ) .
(1.37)
La possibilità di utilizzare la DWIA fattorizzata è stata analizzata nel lavoro [BG&79],
dove gli autori hanno confrontato questa con un calcolo più generale non fattorizzato
- 17 -
(GDWIA), per il
™
r)
¿K
12C,
™
™
nelle due condizioni cinematiche estreme: parallela ( p ’¿ q
™
™
e perpendicolare ( p ’_
|K
r);
la sezione d’urto elementare elettrone-protone
‘off-shell’ è stata approssimata attraverso la prescrizione della massa effettiva. L’analisi
ha mostrato che per esperimenti in cinematica parallela (la condizione del nostro
esperimento) la fattorizzazione è in accorto con i calcoli più generali, al contrario, in
cinematica perpendicolare la sezione d’urto non fattorizzata è significativamente differente da quella fattorizzata (10% circa).
Operativamente, nell’analisi di un esperimento, di solito, si confronta la funzione spettrale misurata (o la sezione d’urto) con quella calcolata per mezzo della (1.36) utilizzando il potenziale ottico di distorsione VD. Schematicamente si seguono i seguenti passi
[F&M84, Chi90]:
-
™
™
™
si espande la *p ’( r ) (antitrasformata di Fourier della ( p ’, p ”)) in
onde parziali:
4
™
*p ’( r ) = p’

[i
l
Rl*(r)
r
l
-
Ylm(r,r) Y*lm(p’,p’)
];(1.38)
m
si determina la Rl *(r) risolvendo l’equazione di Schrödinger radiale:
d2Rl*(r)
dr2
-

l(l+1)
+ (1r2
V*D(r)
- E
k
R*l(r)
)=0;
(1.39)
il potenziale ottico, che compare nella formula precendente è formato da:
VD(r) = Vc(r) - Vf(x) - i(Wf(xW)-4WD
df(xD)
dr
)(1.40)
- E r r o r• Error!
!
dove Vc(r) è il potenziale coulombiano di un sfera carica uniformemente, V la
parte reale del potenziale, W e WD i potenziali di volume e di superfice della parte
immaginaria, mentre Vso e Wso i termini spin-orbita reale e immaginario, che
distruggono
la
fattorizzazione
della
sezione
d’urto;
infine
le
f(x) = (1 + ex)-1 sono fattori di forma di Woods-Saxon che dipendono dai
due parametri  ed  inclusi nella x = (r - A1/3)/. I parametri del
- 18 -
potenziale ottico sono dedotti in genere dalla diffusione elastica di protoni da
nuclei.
-
Vengono calcolate le funzioni d’onda dello stato legato nello stesso modo, utilizzando però solo la parte reale del potenziale.
-
Per inciso va detto che questo metodo non assicura l’ortogonalità fra le funzioni
d’onda di diffusione e quelle dello stato legato; questo perché per determinarle si
utilizzano potenziali con differenti parametrizzazioni, e dipendenti dall’energia
degli stati. Gli effetti spuri che nascono da ciò diventano particolarmente
importanti quando q “ p’ [BC&82].
Qualitativamente la parte reale del potenziale ottico è causa di uno spostamento nella
variabile p’, o Kr dell’andamento della sezione d’urto rispetto a quella non distorta
™
™
[Wat68]: all’impulso p ’ misurato corrisponde un impulso prima della distorsione p
™
” ~ (1-Ep’/p’2 <Re(VD)>) p ’, che per la conservazione dell’impulso permette di
scrivere l’impulso del protone iniziale come [N&I76]
™
™
p ~-K
r-
Ep’
p’2
™
<Re(VD)> p
(1.41)
’
Quindi anche in presenza della distorsione è possibile avere informazioni dell’impulso
del protone nel nucleo bersaglio.
La parte immaginaria del potenziale ottico è responsabile di una riduzione nel flusso
delle particelle che raggiungono il rivelatore, e quindi di una attenuazione della sezione
d’urto e della funzione spettrale.
Resta da dire a proposito della DWIA che le relazioni fra FSI e le principali variabili
da cui dipende sono state studiate nel lavoro [N&I76], specificatamente per il
12C;
le
maggiori conclusioni a cui questa analisi è giunta possono essere così riassunte:
-
™
fissato Kr, e fatto variare l’angolo rp tra K
r
™
e p ’ i maggiori effetti di
distorsione si hanno per rp = 0° o 180°, cioè le distorsioni si risentono
maggiormente nelle cinematiche parallele.
-
La dipendenza dai parametri del potenziale ottico è poco marcata, specialmente
per cos rp = 0.
- 19 -
-
Infine è stato visto che all’aumento dell’energia del protone diffuso corrisponde
una diminuzione degli effetti di distorsione; per cos rp = 0 la variazione è
minima.
1.4.3 La sezione d’urto CC1 di De Forest
Un’ultima approssimazione che vogliamo discutere prima di concludere il paragrafo è
quella riguardante la prescrizione ‘off-shell’ di De Forest che abbiamo adottato per giungere alla sezione d’urto elementare elettrone-protone legato. In realtà dovremmo parlare
di sezione d’urto ‘half off-shell’ poiché il protone è legato solo nello stato iniziale
(almeno in PWIA). Seguendo il lavoro di Naus e collaboratori [NP&90] possiamo indicare nei seguenti punti i passi cruciali che i vari autori hanno fatto per giungere alla corrente elettromagnetica di un nucleone legato.
i)
La scelta della funzione d’onda dello stato iniziale del nucleone: generalmente si
è assunta quella di uno spinore libero, così come nel caso della CC1.
ii)
L’operatore di vertice: anche per questo si è utilizzato un operatore per particelle
libere (1.29) o addirittura semplificato attraverso la decomposizione di Gordon
(1.32). Con questo tipo di approssimazione, non solo si cambia la struttura
dell’operatore, ma si trascura la dipendenza dei fattori di forma dal parametro
p2.
iii)
Conservazione dell’energia: nel derivare la CC1 si è fatta l’assunzione ‘ad hoc’
-
di sostituire q con q

nella corrente nucleonica, come visto nel §1.3, in
questo modo l’energia del protone iniziale è quella del nucleone libero con
™
l’impulso p .
iv)
Conservazione della corrente: il fotone virtuale si accoppia con una corrente totale (nucleare) che si conserva, mentre con le ricette dei punti precedenti non si
ha questa conservazione. La scelta di De Forest per ripristinarla è quella di utilizzare come componente longitudinale della corrente non quella che viene fuori
dal modello, ma quella che si ottiene dalla densità di carica supponendo la conservazione, ovvero j™
q = j0/q.
- 20 -
La conclusione a cui giunge l’articolo, esaminando criticamente le varie prescrizioni, è
che queste conducono a risultati piuttosto ambigui; in definitiva, secondo gli autori non
ha senso prendere in esame effetti ‘esotici’ di qualche percento. Nonostante questa pessimistica affermazione, noi abbiamo estratto la densità di distribuzione di momento utilizzando la prescrizione di De Forest, che sebbene ambigua è un punto di riferimento
comune.
1.5
La funzione spettrale e la distribuzione d’impulso
La scelta naturale per descrivere le funzioni d’onda nucleari per stati di particella singola sono gli orbitali del modello a ‘shell’, indicati con i numeri quantici n, l e j. In un
modello a particelle indipendenti (IPSM) ci si aspetta che la probabilità di occupazione
degli orbitali sia 1 o 0, a seconda che questi siano sotto o sopra al livello di Fermi.
Comunque gli esperimenti fatti per misurare questa probabilità di occupazione hanno
mostrato che essa è significativamente minore di 1 (per gli orbitali vicini alla superfice di
Fermi); la semplice descrizione dell’IPSM, che permette di scrivere la funzione spettrale
secondo la formula (1.26), è quindi incompleta.
La stessa formula (1.26), come abbiamo in parte indicato, è troppo semplicistica, e
questo per almeno due importanti motivi:
-
a causa dell’interazione dello stato finale (FSI) lo stato di lacuna che risulta dal
protone espulso non è un autostato del nucleo residuo, ovvero l’interazione fra
protone emesso e nucleo residuo cambia lo stato del nucleo da un stato di lacuna
ad uno stato che si può rappresentare come sovrapposizione di un insieme completo di stati di particella singola; per questo motivo il fattore spettroscopico si
distribuisce su più livelli in energia mancante.
-
In secondo luogo, le correlazioni nello stato fondamentale del nucleo bersaglio
causano un’ulteriore frammentazione del riempimento; includendo le forze
internucleoniche, le funzioni d’onda dei nucleoni in differenti orbitali, calcolate
con un modello di campo medio, non restano fra loro ortogonali e quindi il protone espulso non lascia un singolo stato di lacuna ma una sovrapposizione di
- 21 -
questi. Tali correlazioni contribuiscono a ridurre il fattore spettroscopico per
orbitali sotto la superfice di Fermi ed a popolare gli orbitali sopra di questa.
Abbiamo già visto nel paragrafo precedente come tener conto dell’FSI; un modo per
considerare gli effetti delle correlazioni fra nucleoni è quello di espandere gli operatori di
creazione e distruzione presenti nella (1.23) come somma di operatori di creazione e distruzione di particella singola del modello a ‘shell’, ed usare le proprietà di ortogonalità
di questi ultimi:
™
S( p ,Em) = E r r o rP
! (Em) Error!(Error!) ,
(1.42)
dove
P(Em) = < i|a + (Em-(Hr-Ui))a + |i > ,
i cui elementi diagonali sono i fattori spettroscopici degli orbitali corrispondenti.
Utilizzando le funzioni d’onda ~ che diagonalizzano P, le quali in generale non corrispondono più ad orbitali del modello a ‘shell’ e che per essere trovate richiedono una conoscenza completa dello stato fondamentale del nucleo bersaglio |i>, è possibile ottenere una formula analoga alla (1.26)
™
S( p ,Em) =

™
S(Em)|~( p )|2
(1.43)

dove ora  si estende anche sopra il livello di Fermi e gli S, come indicato, dipendono
da Em.
La distribuzione di momento dell’orbitale  si ottiene integrando la funzione spettrale
intorno al picco in Em e sfruttando la simmetria sferica nello spazio degli impulsi
∞
(p) = 
 S(p,Em) dEm
(1.44)
0
da cui si giunge al fattore spettroscopico integrando nell’impulso in tutto lo spazio
™
S = 
(p)d p
∞
2
= 4 
(p)p dp ( = 2j + 1 nell’IPSM, in PWIA) . (1.45)
0
Naturalmente deve valere la seguente
- 22 -
∞
∞

2
4  dEm 
 dp p S(p,Em)  = Z
0

(1.46)
0
essendo Z il numero di protoni nel bersaglio. Poiché nella teoria DWIA la funzione spettrale dipende anche da p’ e dall’angolo rp, la simmetria sferica non è più soddisfatta; di
questo fatto si tiene conto nelle cinematiche più comuni (parallela e perpendicolare) at™
™
tribuendo un segno al modulo di p (ovvero di K r) , per cui l’integrale precendente va
riscritto
2 E r r o r= !Z ;
(1.47)
le formule che seguono presuppongono la simmetria sferica, ma si generalizzano facilmente al caso ora descritto sostituendo 4 con 2 e integrando in dp da -∞ a +∞.
Introduciamo ora i fattori che tengono conto dell’FSI e delle correlazioni:
a) il primo si ottiene dalla seguente formula:

(p’) = E r r o r= !E r r o r !
(1.48)
il calcolo effettivo viene in genere realizzato numericamente servendosi di un
potenziale ottico per il calcolo di DWIA, così come è stato delineato nel paragrafo precedente.
b) Delle correlazioni dello stato fondamentale si tiene conto attraverso il fattore N,
~
scrivendo S

= (2j + 1) • N.
In conclusione vale la seguente uguaglianza
∞
esp
2
4
 (Kr,p’) Kr dKr  = (2j + 1) (p’) N ,
(1.49)
0
da cui possiamo ricavare il valore sperimentale di N:
∞
N =
esp
4
 (Kr,p’)
0
∞
2
Kr
dKr
(2j + 1) (p’)
esp
2

 (Kr,p’) Kr dKr
0
= ∞
DWIA
2

 (p,p’)p dp
0
- 23 -
;
(1.50)
in realtà la distribuzione d’impulso si misura solo su un intervallo finito di Kr, per cui è
necessario restringere i limiti di integrazione dell’integrale a numeratore, nella formula
precedente. Questo comporta che N, non solo tiene conto delle correlazioni tra nucleoni
(ovvero dell’ineguatezza del modello a particelle indipendenti), ma anche dei limiti sperimentali di misura, che si cerca sempre di rendere il meno possibile influenti.
Questo metodo suppone che l’FSI e le correlazioni dello stato fondamentale non modifichino sensibilmente la forma della distribuzione di momento, ma solo la sua ampiezza.
Nella figura 1.7 è mostrato il valore misurato di N dell’orbitale di valenza per diversi
nuclei, estratto in parte dalla referenza [Wit90]; per nuclei con A ≤ 6 la teoria riesce a tener conto della riduzione del fattore spettroscopico, mentre per gli altri nuclei i calcoli
teorici di campo medio con l’inclusione delle correlazioni fra nucleoni, presentano una
differenza significativa (maggiore del 10 %) rispetto ai risultati degli esperimenti
(e,e’p).
100
Fattore spettroscopico (%)
4
3
He
He
6
Li
51
40
50
12
C
16 O
0
V
Ca
90
Zr 208 Pb
10
100
Massa del nucleo (A)
Figura 1.7: probabilità di occupazione degli orbitali di valenza dei nuclei dedotti
- 24 -
dallo studio di reazione (e,e’p); il fattore spettroscopico è N. I risultati teorici sono
indicati con i rettangoli a righe.
- 25 -