Continuano gli incontri della Commissione per l’ecumenismo: a Piacenza padre Antonio Avashenuti ALLA SCOPERTA DEI COPTI Esperienze a confronto: “la Chiesa cattolica per noi è sorella: crediamo infatti in un solo Dio e riconosciamo gli stessi sacramenti”. Ma restano differenze sulla natura di Cristo e il ruolo di Maria Il cammino spirituale è fitto di ostacoli: la perfezione, ultima stazione di questo lungo percorso non si ottiene all’improvviso, ma con un’esistenza sobria e lontana dalle passioni mondane e materiali. Ottenere l’amore di Dio significa liberare il cuore da ogni altro sentimento che lo occupa: quando i desideri del corpo prevalgono sull’appagamento spirituale e sulla penitenza, l’uomo perde il rapporto con Dio, è “senza radice”. Meditazione e profondo legame con la tradizione cristiana delle origini: questi i punti fermi della relazione di padre Antonio Avashenuti, rappresentante della Chiesa copta-egiziana a Milano, per la prima volta nella nostra città, ospite della Commissione diocesana per l’ecumenismo, diretta da don Giampiero Cassinari. — Padre Avashenuti, qual è lo stato dei rapporti fra copti e cattolici? La Chiesa cattolica per noi è sorella: crediamo anche noi in un solo Dio e riconosciamo gli stessi sacramenti. La Chiesa copta è apostolica, nata dall’evangelista Marco, che morì in Egitto ad Alessandria. I veneziani ne trafugarono il corpo. Questo ci rende molto vicini ai cattolici, più dei greci-ortodossi. I rapporti fra le due Chiese sono molto buoni. — Quali sono le principali differenze a livello teologico e liturgico fra le due Chiese? Per capire le differenze è importante una premessa: la chiesa copta non è monofisita, non crede in una unica natura umana e divina di Cristo. Noi crediamo nelle due nature: umana e divina, unite ma non mescolate. La parola giusta è per noi il Verbo incarnato, ossia il divino che si fa umano. Questa è la parola di Atanasio, padre della nostra Chiesa e patriarca di Alessandria. A differenza dei cattolici non crediamo nel Purgatorio. Anche per noi Maria è madre di Dio, ma la consideriamo una persona comune: lo Spirito Santo, quando è sceso su di lei, l’ha purificata, quindi solo Gesù Cristo è senza peccato. Abbiamo conservato il digiuno, a differenza dei cattolici, che consiste nel mangiare solo cibi vegetali e nell’arco dell’anno assorbe un periodo di 7 mesi. Ci sono differenze anche nello svolgimento dei sacramenti: il battesimo avviene per immersione, nell’eucarestia noi non porgiamo l’ostia nelle mani del fedele, ma in bocca. Nella comunione offriamo sia il corpo che il sangue di Cristo: non solo il prete ma tutti i fedeli possono bere il sangue. — L’Egitto è storicamente un paese strategico per la questione mediorientale: come giudica il conflitto arabo-israeliano? Ci sono arabi musulmani e cristiani. La terra santa era in mano agli Arabi, prima che nel 1947 nascesse lo Stato di Israele. — È difficile la convivenza con i musulmani? Tanti cristiani vivono in Egitto. La convivenza è abbastanza serena. Rispetto ai conflitti che accompagnarono l’invasione araba e turca, dall’Ottocento (con l’ascesa al potere di Mehmed Alì) le confessioni cristiane professarono il loro culto liberamente. Nei monasteri la vita è tranquilla, le tensioni sono nella società. I copti in Egitto sono 15 milioni, quasi tutti ortodossi che seguono il rito alessandrino. La sede del Patriarcato è Il Cairo, le diocesi sono 40 e i monasteri 42, 30 riservati agli uomini e12 alle donne. — La chiesa etiopica è nata da quella copta? La Chiesa etiopica è figlia di quella copta. Fu Atanasio a consacrarla: molti libri religiosi in Italia considerano la Chiesa etiopica nata prima della nostra. Questo è un errore. — La comunità copta italiana come è organizzata? In Italia ci sono due diocesi, a Torino e a Milano, guidate rispettivamente dai vescovi Anbakirelos e Anbabarnaba. Quella milanese è la comunità più numerosa con circa seimila seguaci. Non conosco i dati esatti, ma i copti in Italia sono circa diecimila. — Un argomento molto dibattuto riguarda il ruolo di Gerusalemme come città di pace in cui le diverse religioni possano convivere pacificamente. Ritiene realistica questa prospettiva? A Gerusalemme c’è una lotta grande. La Terra Santa è il paese del Signore, ogni religione vorrebbe trovare lì la sua casa: per noi è come il Regno di Dio, dove pace e fratellanza possono convivere. —L’Egitto è considerata la culla del monachesimo. Per i copti il ruolo dei monasteri è fondamentale? Il fondatore del Monachesimo si chiamava Antonio Abate ed era egiziano, molto famoso anche in Italia. I nostri fedeli definiscono i monaci l’esercito della Chiesa. Nei monasteri è ancora intatta la fede ereditata dagli apostoli, dalla natura di Cristo all’eucaristia, senza alcun cambiamento dettato dal mutare dei tempi. Giacomo Nicolini