Anno C 1ª DOMENICA DI QUARESIMA Dt 26,4-10 - Professione di fede del popolo eletto. Dal Salmo 90 - Rit.: Resta con noi, Signore, nell’ora della prova. Rm 10,8-13 - Professione di fede di chi crede in Cristo. Canto al Vangelo - Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria! Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio. Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria! Lc 4,1-13 - Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto e tentato dal diavolo. Quaresima: fede e conversione La Quaresima, ci ricorda la colletta della Messa, è “segno sacramentale della nostra conversione”. Parola usata e abusata questa, ma parola sempre attuale, perché autenticamente evangelica. La conversione c’impegna in ogni momento: ma la Quaresima ci richiama con una urgenza particolare. La Parola di Dio ci ha fatto ascoltare due professioni di fede. La prima è quella che Mosè prescrive al sacerdote, che la pronunzierà a nome di tutto il popolo. In essa si ricordano i benefici ricevuti da Dio che liberò gli Ebrei dalla schiavitù degli Egiziani conducendoli nella terra promessa. È un invito anche a noi a non dimenticare l’amore di Dio Signore e Padre, che ci accompagna in ogni passo del nostro cammino, che “ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione dei nostri peccati” (1 Gv 4,10), ci ha “liberati dal peccato” per farci diventare “servi della giustizia” (Rm 6,18), figli di Dio e suoi eredi, coeredi di Cristo (cf Rm 8,14-17; Gal 4,5-7). Liberandoci dal peccato, ci ha procurato la liberazione dalle miserie individuali e sociali che sono il triste frutto del peccato che continua a dominare in chi rifiuta il dono della libertà dei figli di Dio. Non erano frutti di peccato i maltrattamenti, le umiliazioni e la dura schiavitù imposta dagli Egiziani agli Ebrei? A questa realtà ci richiama la seconda professione di fede, che ci è insegnata da Paolo: “Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore, e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo”. Egli ci riconduce al nucleo del messaggio, alla “parola della fede” che non si stanca di predicare: “Gesù è il Signore... Dio lo ha risuscitato dai morti”. Perché Gesù è il Figlio di Dio. È il diavolo stesso che, con la provocazione due volte ripetuta: “Se tu sei il Figlio 1ª domenica di Quaresima “C” - “Omelie per un anno 1”, Elledici 1 di Dio”, ci richiama questa verità assolutamente fondamentale. È importante che teniamo sempre presente il centro della nostra fede. Mentre dobbiamo aderire fedelmente a tutto il contenuto della Parola di Dio come ci viene presentato dalla Chiesa, dobbiamo evitare quegli spostamenti d’accento, dall’essenziale al secondario, che porterebbero a una deformazione del messaggio. Si confessa con la bocca, dice Paolo, si crede col cuore. Non è degna del cristiano una fede che si chiude nell’intimo o per paura o per interesse rifiuta di esprimersi davanti agli altri. “Il prezzo dell’immortalità è per noi la nostra professione di fede, perché, come sta scritto, “con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza””. Così s. Ambrogio, che aggiunge: “Sebbene Dio conosca ogni cosa, tuttavia egli aspetta che tu esprima con la voce la tua professione di fede”. D’altra parte non è fede ma ipocrisia quella di chi si professa cristiano mentendo a se stesso o smentendo con i fatti quello che dichiara di credere. La Quaresima, tempo forte della vita del cristiano, è un richiamo a crescere nella fede. Un tempo l’occasione veniva offerta con i “quaresimali”, oggi con altre iniziative: omelie nella Messa, celebrazioni della parola, meditazione sulla Bibbia nei gruppi, studio della teologia, intensificazione della catechesi per i piccoli. “Non mangiò nulla in quei giorni” I Padri della Chiesa si richiamano costantemente ai 40 giorni di digiuno di Gesù (come ai 40 giorni di digiuno di Mosè e di Elia, al digiuno dei Niniviti per sfuggire alla minaccia di distruzione entro 40 giorni che incombeva sulla loro città) per esortare caldamente i cristiani a praticare il digiuno quaresimale, per molti secoli osservato con rigore. Dobbiamo considerare il digiuno come un relitto archeologico? A parte che sembra difficile, pur tenendo conto dei tempi mutati, cancellare con un colpo di spugna una realtà che occupa un posto di tanto rilievo nella Bibbia dell’Antico e del Nuovo Testamento, nella tradizione della Chiesa espressa nelle norme disciplinari e nella prassi diffusa e costante (e non si tratta d’un elemento presente solo nel mondo cristiano), bisognerà pur tener conto dell’affermarsi del digiuno, proprio ai nostri giorni, anche fuori dell’ambito religioso. Si tratta, per lo più, d’una forma di protesta, ritenuta da chi la pratica (e non soltanto da chi la pratica) tra le più valide ed efficaci per attirare l’attenzione su ingiustizie subite da una persona o da un gruppo sociale, su diritti conculcati, sull’urgenza di provvedimenti che vi pongano rimedio. Il suo significato non è cancellato dal fatto che c’è chi ne fa una forma di esibizionismo. Il digiuno cristiano tradizionale non può essere considerato anche come una forma di contestazione della società opulenta, di un consumismo provocato dalla concezione materialistica ed egoistica 1ª domenica di Quaresima “C” - “Omelie per un anno 1”, Elledici 2 della vita, non può essere suggerito dalla costatazione delle sperequazioni intollerabili che oppongono, nel nostro mondo come nel Terzo e nel Quarto mondo, pochi fortunati alla moltitudine di chi manca del necessario? Del resto, è un tema familiare alla tradizione cristiana quello che presenta la privazione del cibo (e di altre cose non strettamente necessarie), da parte di chi ne ha a sufficienza, e anche in sovrabbondanza, come un mezzo per aiutare chi ne è sprovvisto. Assistiamo anche nei nostri ambienti a un recupero del digiuno nel senso che abbiamo detto, specialmente da parte di giovani generosi, richiamo ed esempio per tutta la comunità. Vale poi sempre l’affermazione del nostro s. Massimo: “Per mezzo del digiuno noi mandiamo un’ambasciata a Dio, da lui invochiamo il soccorso, a lui ci rivolgiamo col cuore e con la preghiera”. E più innanzi s. Paolo stigmatizza quelli che dicono: “Mangiamo e beviamo, perché domani moriremo” (1 Cor 15,32). Il digiuno, ci ricorda la preghiera dopo la comunione, c’insegna “ad aver fame di Cristo, pane vivo e vero, e a nutrirci di ogni parola che esce” dalla bocca di Dio. Impara a vincere il demonio Sappiamo per esperienza come le tentazioni di Cristo si ripetono per noi, e non tre volte soltanto. La cosa non può sorprenderci. “Se il Figlio di Dio”, osserva Origene, “si è fatto uomo per te ed è tentato, tu, che per natura sei uomo, non devi sdegnarti se ti capita d’essere tentato”. E s. Ambrogio, sempre commentando questo racconto: “Ha vinto non per sé ma per te”. E soggiunge: “Impara dunque anche tu a vincere il demonio. Lo Spirito ti conduce, segui lo Spirito... Non fidarti di te, ma arrossisci di saperti bisognoso d’aiuto, mentre Cristo non ne aveva bisogno”. Come ci ricorderà il prefazio, Cristo, “vincendo le insidie dell’antico tentatore ci insegnò a dominare le seduzioni del peccato”. È un incitamento alla decisione, al coraggio nella lotta d’ogni giorno contro le tentazioni. “Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato”. La passione sarà la tentazione più terribile, ma anche da quella il Figlio di Dio uscirà vincitore, accettando la volontà del Padre, che poi lo risusciterà da morte. È questo che cerchiamo, è per questo che preghiamo e combattiamo nella Quaresima: “Perché (è ancora l’insegnamento del prefazio) celebrando con spirito puro il mistero pasquale possiamo giungere alla Pasqua eterna”. 1ª domenica di Quaresima “C” - “Omelie per un anno 1”, Elledici 3