UTILITÀ DEL DIGIUNO Omelia nel Mercoledì delle Ceneri 2009 Il Santo Padre Benedetto XVI nel suo messaggio per la Quaresima di quest’anno, tra le varie pratiche della tradizione biblica e cristiana — preghiera, elemosina e digiuno — ha sottolineato in particolare il digiuno. Ho però l’impressione che certe parole, nel contesto di pluralismo culturale, in cui viviamo e respiriamo, abbiano perso il loro significato. La nostra epoca è diventata sospetta nei confronti di ogni forma di rinuncia, di proibizione, di censura del desiderio. Il digiuno, l’astinenza e in genere ogni forma di rinuncia appaiono agli occhi dei più come una perdita in spontaneità, libertà e quindi in umanità. Ma è proprio così? Il digiuno ritorno alla sobrietà Che cosa abbiamo ascoltato dalla Parola di Dio? “Così dice il Signore: Ritornate a me con tutto il cuore, con digiuni, pianti e lamenti. Laceratevi il cuore e non le vesti, ritornate al Signore vostro Dio, perché egli è misericordioso e benigno, tardo all’ira e ricco di benevolenza e si impietosisce riguardo alla sventura” (Gl 2,12-13). Sono le parole del profeta Gioele al popolo di Israele che, frequentando il tempio, si riteneva pago del suo benessere e immune da ogni sventura. L’invito a quanto pare impopolare del profeta è alla vigilanza. Tra poco la liturgia ci inviterà ad un gesto semplice e carico di significato. Il Vescovo imporrà le ceneri sul capo di ciascuno — avendole prima ricevute da un altro confratello —, e accompagnando il gesto con questa esortazione: “Convertitevi e credete al Vangelo”, oppure: “Ricordati che sei polvere e in polvere ritornerai”. Questa seconda formula è quella che anzitutto provoca la domanda di senso della Quaresima. Perché la Quaresima? Perché questo gesto dell’imposizione delle ceneri e quel monito sulla propria identità fragile, precaria, mortale? Più di una voce ha messo in luce come la nostra epoca sia segnata dalla crisi di identità del soggetto. Stiamo forse per comprendere uno dei paradossi della società del benessere: il fatto cioè che il benessere porti l’abbondanza, ma nello stesso tempo il benessere ci fa intravedere quante sono le opportunità, che potremmo cogliere e che mai non potremo vivere, anche se fossimo i più ricchi della terra, perché ci manca il tempo per soddisfarle. Molti tendono a nascondere a se stessi la loro costitutiva finitezza. Vivono magari sopra le righe una vita di occasioni, e così rendono occasionale anche la vita, dissipandola. Ci dobbiamo chiedere, se la crisi di identità del soggetto non abbia alla sua radice proprio la mancanza di quella che la tradizione cristiana chiama la virtù della sobrietà: la virtù di chi ha imparato a dare una misura alla realtà, al lavoro e al tempo, ai guadagni e ai bisogni. “Meglio avere meno bisogni, che più cose per soddisfarli”, così amava definire la virtù cristiana della sobrietà S. Agostino nella sua regola di vita ai cristiani del suo tempo. Se uno non accetta limiti al suo avere tutto ciò che desidera, non conoscerà mai la gioia della comunione con gli altri, ma solo il travaglio della competizione, l’effimero gusto del sorpasso e, alla fine, la tristezza della solitudine del ricco epulone. Il digiuno via alla carità Che cosa ci ha detto Gesù nel Vangelo? “Guardatevi dal praticare le vostre opere buone davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli” (Mt 6,1). Sì, anche il fare carità necessita di un certo digiuno: il digiuno come discrezione, disinteresse e solidarietà. “Non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra”. Quali “proposte concrete” e quali “scelte piccole e semplici” per la Quaresima che incomincia? Qui dobbiamo chiarire subito un punto. Ci sono scelte che dobbiamo fare in Quaresima in quanto “momento favorevole” (2 Cor 6,2) — come richiama l’apostolo Paolo nella seconda lettura —, ma per poi smetterle nel tempo pasquale! Ci sono invece scelte che vanno oltre il tempo della Quaresima e chiedono tempi e orientamenti più prolungati. I nostri missionari, dal Sud del mondo, frustrato da debolezze secolari ma anche impoverito da politiche ed economie irresponsabili, ci chiedono da tempo una “Quaresima storica”. Cioè, non solo 40 giorni di sobrietà individuale ma... 40 anni di sobrietà comunitaria, intenta a riparare i danni già provocati agli equilibri sociali, ecologici e spirituali dal consumo energetico, da scelte economiche sul lavoro, sul mercato e sul risparmio prive di ogni preoccupazione etica, cioè di attenzione al bene comune; dagli acquisti a rate e dall’uso disinvolto di carte di credito, che spesso fanno spendere quello che non si è ancora guadagnato. Non mancano anche nella nostra realtà iniziative di orientamento educativo, come quelle che ho visto proposte nel nostro recente Convegno missionario diocesano. L’obiettivo comune è quello di adottare e diffondere stili di vita più giusti e rispettosi del creato. I modi possono essere diversi: dal commercio equo solidale, alla valorizzazione del mercato dell’usato come occasione di promozione umana — quale la nostra esperienza reggiana di “NuovaMente” insegna —, al microcredito sociale per chi ha bisogno di prestiti utili per avviare nuove attività, a fondi di garanzia, come stanno già facendo alcune Diocesi, o forme di adozione per famiglie con bambini e con monoreddito, in difficoltà a tirare la fine del mese. Il digiuno per rinnovare la spiritualità “Convertitevi e credete al Vangelo”, è l’altra formula che accompagnerà tra poco l’imposizione delle ceneri. È questo l’appello a rinnovare una profonda spiritualità e un’intensa vita sacramentale, come ci invita da ultimo il Papa: “la Quaresima sia pertanto valorizzata in ogni famiglia e in ogni comunità cristiana per allontanare tutto ciò che distrae lo spirito e per intensificare ciò che nutre l'anima aprendola all'amore di Dio e del prossimo”. È l'invito che si concretizza in un maggior impegno nella preghiera e nella frequentazione assidua della Parola (con la lectio), “nel ricorso al Sacramento della Riconciliazione e nell’attiva partecipazione all’Eucaristia”, che proprio nella Quaresima trovano il loro “tempo propizio”. Ci accompagnino in questo cammino la benedizione del Signore e la preghiera della Vergine Maria. + Adriano VESCOVO Cattedrale di Reggio Emilia, 25 febbraio 2009