Anatomia Patologica Prof. Carbone 29/10/2007 h.12.30-14.30 CARCINOMA DELLA MAMMELLA (prognosi e terapia) Tecniche Nella valutazione prognostica del K mammario, la citofluorimetria è importante in quanto ci dà un’idea della ploidia cellulare (contenuto di DNA per nucleo). Ha una sensibilità non superiore al 5%: quindi non riesce a rilevare mutazioni e altre alterazioni genetiche molecolari. Oltre a informazioni sulla ploidia, fornisce anche dati sulla frazione di sintesi del DNA (cioè della percentuale, nel tempo, di cellule che si trovano nella fase S del ciclo). Questi dati sono utili sia per la prognosi del tumore, sia per la valutazione della sua sensibilità alla terapia antiblastica. Nei casi in cui i tumori non sono proprio aneuploidi in modo evidente, il picco delle cellule tumorali all’esame citofluorimetrico non è molto distante da quello delle cellule normali (fig.2). La ploidia è alterata di poco: in questo caso, il tumore è definito “near-diploid ” (“quasi diploide”). 1 2 3 4 Fig. 1 1: detriti 2:emazie di trota 1 2 3 4 Fig.2 3:cellule normali 4:cellule neoplastiche Di conseguenza, se c’è overlapping dei profili, avremo qualche difficoltà nella definizione della frazione di crescita del tumore, perché non è possibile determinare la quota di DNA diploide e di DNA aneuploide Il DNA index è il rapporto tra il canale in cui osserviamo il picco del clone neoplastico e quello in cui osserviamo il picco del clone diploide, cioè normale. Perciò, questa metodica, nonostante ci consenta di effettuare una valutazione quantitativa, mostra i suoi punti deboli nei casi in cui la ploidia è alterata di poco. In queste situazioni, si deve necessariamente ricorrere a una metodica di tipo immunoistochimico, che fornisca informazioni visive sul numero di cellule che si trovano nella fase S del ciclo cellulare e che permetta di distinguere le cellule infiammatorie, o stromali reattive da quelle neoplastiche. L’attività proliferativa è un parametro molto importante e indica la risposta a terapia antiblastica e il grado di crescita di un tumore. Tuttavia, non può essere considerata un parametro in senso assoluto, né dal punto di vista diagnostico, né di terapia. Ad esempio, un istotipo speciale dei carcinomi mammari, il K midollare della mammella, ha un’elevatissima attività proliferativa ma bassissima aggressività biologica, perché in questo tumore l’apoptosi è molto rappresentata. Oggi si insiste molto sulla caratterizzazione biopatologica del K mammario perché si tenta di realizzare una terapia sempre più su misura per ogni singolo paziente, che massimizzi i benefici e minimizzi gli effetti dannosi, colpendo in maniera selettiva il bersaglio da combattere. Fattori prognostici e fattori predittivi Oggi la distinzione tra fattori prognostici e fattori predittivi suona un po’ artificiosa, perché alcuni elementi che determinano la risposta di un tumore alla terapia sono implicati anche nella prognosi della malattia stessa. Attualmente, i fattori predittivi di risposta alla terapia nel carcinoma della mammella sono sostanzialmente due: -ormonodipendenza: presenza del recettore degli estrogeni e del progesterone. -Her-2/Neu (o c-erb2): antigene di membrana che rende la cellula neoplastica vulnerabile all’azione di un anticorpo monoclonale diretto contro l’antigene stesso. Per capire la differenza tra un fattore prognostico e un fattore predittivo di terapia, proviamo a considerare il cancro della mammella in condizioni di trattamento o non trattamento per quel che riguarda un parametro specifico come lo stato linfonodale: sappiamo che è un fattore caratterizzante in maniera pesante il cancro della mammella (Fig.3). %sopravvivenza N-NEG N-POS Fig. 3 ER-NEG ER-POS Fig.4 Trattati Non trattati HER2Neu NEG Fig.5 HER2Neu POS Ora, i casi trattati vanno comunque meglio, ma in modo parallelo rispetto a quelli che non sono trattati, sia in caso di negatività che positività dei linfonodi metastatici. Questo significa che il peso specifico della positività dei linfonodi risente poco del trattamento contro il cancro della mammella, perché c’è proporzionalità fra risposta e non risposta a una terapia considerata in modo generico. Ciò significa che la positività o negatività dei linfonodi in cancro della mammella è un fattore prognostico assai importante ma non un fattore predittivo di terapia. Se consideriamo, invece, la presenza o meno dell’estrogeno-recettore (ER) (Fig.4) notiamo che i due andamenti (casi trattati e non trattati), non sono affatto paralleli. In caso di assenza dell’estrogeno-recettore, il trattamento rispetto al non trattamento influisce scarsamente sulla sopravvivenza. Quando, però, il recettore è presente c’è una grande differenza di mortalità tra i soggetti non trattati e quelli trattati. Quindi, l’estrogeno-recettore è considerato sia come fattore prognostico, sia come fattore predittivo di risposta a terapia. Lo stesso accade per Her-2/Neu (Fig.5): quando è presente, c’è una differenza significativa tra i casi trattati e i non trattati; mentre lo stesso non accade quando tale antigene è assente. Ormonodipendenza significa realizzarsi di particolari meccanismi fisiopatologici nell’ambito di cellule e tessuti neoplastici che rendono la cellula e i tessuti sensibili a una esposizione di tipo ormonale. Fisiologicamente, l’estrogeno è liposolubile, cosicché diffonde liberamente attraverso le membrane citoplasmatiche; entra ed esce indifferentemente dalle cellule. In determinate cellule riesce, però, a concentrarsi contro gradiente. La concentrazione così aumentata degli estrogeni provoca a un certo punto l’innesco di quella che è l’estrogenodipendenza, cioè la suscettibilità all’azione biologica degli estrogeni su tali tessuti. Per esempio, in questo tipo di distretti gli estrogeni inducono la crescita cellulare e la sintesi di molecole cosiddette “post-recettoriali” molto specifiche, la più importante delle quali è il recettore per il progesterone (PR). Tali tessuti riescono a concentrare contro gradiente l’estrogeno nelle cellule grazie alla presenza di recettori specifici per gli estrogeni. Legandosi a questi, l’estrogeno è intrappolato contro gradiente, cosicché le concentrazioni aumentano a livelli tali da provocare le due principali azioni biologiche precedentemente menzionate. I tessuti esprimenti i recettori per gli estrogeni (e che risultano quindi estrogenosensibili) sono prevalentemente l’endometrio e la ghiandola mammaria: in essi, i recettori per gli estrogeni non sono presenti in grande quantità, ma sono dotati di notevole affinità e specificità. La presenza di estrogeno-recettore e progesterone-recettore all’interno di un tessuto neoplastico (dato che nel tessuto sano sono la norma), ci indica che le cellule tumorali sono potenzialmente estrogeno dipendenti (cioè esiste un bersaglio che può essere attaccato con farmaci specifici). Ci segnala anche che l’interazione fra il ligando e l’estrogeno recettore ha una buona possibilità di stimolare un’azione biologica dell’estrogeno, perché è presente anche il progesterone recettore. Perciò, la contemporanea presenza dei due recettori ci garantisce in qualche modo l’efficacia dell’azione biologica dell’estrogeno, e quindi significa che il tumore può essere considerato veramente ormonodipendente e manipolabile a livello endocrino. La Tabella 1 illustra meglio il concetto sopra esposto Antigeni ER-/PRER+/PRER-/PR+ ER+/PR+ Percentuale di casi 27% 30% 2% 41% Risposta all’ormonoterapia 10% 32% 34% 71% Ma come mai solo il 71% dei tumori con entrambi i recettori ormonali risponde alla terapia? E perché rispondono alla terapia anche alcuni tumori privi dei recettori? Esistono diverse spiegazioni plausibili. Per quanto riguarda il secondo quesito, possiamo anche ammettere che, in quel 10% responsivo all’ormonoterapia, i recettori non fossero stati individuati per difetto tecnico e che, trovandosi al di sotto di una soglia di possibilità di rilevazione, fossero stati classificati come negativi pur essendo positivi magari per entrambi i recettori! E questa è la spiegazione più probabile. Altra eventualità: il recettore era stato mascherato dal legame con estrogeni endogeni, perciò non era stato possibile il riconoscimento con estradiolo triziato. Riguardo al primo quesito (entrambi i recettori sono presenti ma i pazienti non rispondono), sussiste un altro tipo di spiegazione. Nella cascata di signalling post-recettoriale della cellula normale, noi assumiamo che tutti gli step siano conservati, e ammettiamo che tutti i meccanismi (trasporto dal citoplasma al nucleo l’azione delle cicline, la sintesi del DNA, etc.) siano indenni. Nella cellula neoplastica, invece, possono insorgere alterazioni profonde, genetiche e biochimiche; di conseguenza, anche se i due recettori sono presenti, uno qualsiasi degli step successivi potrebbe non essere più funzionante e verrebbe a cadere l’azione biologica finale dell’estrogeno e del progesterone. I recettori sono visibili mediante tecniche immunoistochimiche affidabili e standardizzate, sebbene il punto debole della valutazione sia ancora l’interpretazione di tipo soggettivo. In ogni caso, si usa un anticorpo diretto contro un antigene nucleare, che compare come un segnale marrone bruciato nel nucleo. Ciò rende molto agevole la visualizzazione dell’estrogeno-recettore e del progesteronerecettore anche in campioni di tipo citologico. Infatti, la distribuzione degli antigeni (nucleari o citoplasmatici) è determinante a seconda che si tratti di una sezione istologica o di un preparato citologico Gli antigeni di tipo nucleare nelle indagini citologiche sono ben facilmente rilevabili ma non si può dire altrettanto di quelli di membrana o citoplasmatici (v. oltre) Her-2/Neu L’Her-2/Neu è un oncogene molto particolare e con ruolo storico molto importante (Her = Human Epidermal Receptor). Si tratta di una serie di recettori clonati da esperimenti sull’epidermide, e sebbene oggi si sappia che queste molecole sono rappresentate maggiormente in altri tessuti, la denominazione è rimasta invariata. L’Her-2 è una proteina transmembrana e ha una caratteristica molto particolare: è un recettore di membrana “orfano” (cioè non ha un suo ligando conosciuto) ma riveste una funzione importantissima nella dimerizzazione o nella doppia dimerizzazione di altri recettori di membrana adiacenti. In pratica, Her-2 riesce ad attirare a sé dei recettori di altri ligandi (di solito, macromolecole del tipo fattori di crescita) e ad esaltarne significativamente l’attivazione grazie a questa disposizione particolare. Perciò, anche se non ha un suo proprio ligando, possiede una funzione molto importante nel controllo della proliferazione cellulare, perché i ligandi dei recettori da esso attivati sono fattori di crescita. E’ importante studiare l’espressione di questa molecola sulla membrana del cancro della mammella, perché, se è presente sulla porzione esterna della membrana in quantità sufficiente, può essere raggiunta da un anticorpo monoclonale che è stato sintetizzato contro questa molecola. In seguito al legame con l’anticorpo di sintesi, l’Her-2/Neu non funziona più, non dimerizza con gli altri recettori, e la proliferazione cellulare è bloccata; se poi subentra anche un intervento di tipo infiammatorio, si assiste a una lisi cellulare. E’ allora importante selezionare i casi in cui la densità sulla membrana di questa molecola è talmente abbondante da permettere una terapia anticorpale. Il nome commerciale del suddetto anticorpo è Herceptin (principio attivo: Trastuzumab). Per studiare la suscettibilità a Trastuzumab non è sufficiente l’immunoistochimica (che si limita a studiare l’espressione della molecola sulla membrana). Infatti sappiamo che l’espressione aumentata è conseguenza di una profonda alterazione genetica: cioè, nel suo DNA c’è una amplificazione del gene che determina la iperespressione sulla membrana di questa molecola. E’ possibile valutare il numero di copie del gene di Her-2/Neu presente nel nucleo delle cellule neoplastiche mediante tecniche di biologia molecolare come FISH o PCR. Si può considerare anche uno step intermedio: studiare quanto mRNA è presente nelle cellule neoplastiche. È un metodo avanzato e difficile da realizzare data la fragilità dell’mRNA nel momento in cui viene estratto ed esaminato. Le RNAasi ne rendono difficile lo studio. In pratica si segue un algoritmo diagnostico abbastanza preciso: si fa prima lo studio immunoistochimico, poi l’amplificazione del gene nel DNA con la FISH (quest’ultima è costosa e indaginosa, relativamente difficile e non accessibile a tutti i laboratori) Algoritmo diagnostico Tessuto tumorale Immunoistochimica 2+ 3+ 0 o 1+: non amplificazione sicura 2+: risultato borderline 3+: amplificazione sicura FISH (+) (-) FISH (-) (+) Terapia con Herceptin Con la FISH si denatura il DNA, si espongono delle sequenze specifiche che possono legarsi a “probes” (sonde) marcate e quindi visibili. E’ la metodica di elezione per il riconoscimento della presenza del gene, ma anche dello stato di amplificazione. Solo se c’è amplificazione (cioè numero elevato di copie di gene per cromosoma) è possibile avere un’iperespressione sulla membrana dell’Her-2 nelle cellule neoplastiche, Non si può, invece, parlare di amplificazione se sono aumentati contemporaneamente sia il n° di copie di un dato gene, sia il n° di cromosomi in assoluto; in quel caso si parlerà di poliploidismo. Con la FISH, quindi, noi possiamo allo stesso tempo studiare il numero di copie di un gene e il numero di cromosomi che portano quel gene nel nucleo cellula neoplastica. Oltre alla FISH (Fluorescent In Situ Hybridization), esistono anche la CISH (Chromogenic In Situ Hybridization) e la SISH (Silver In Situ Hybridization). Tuttavia, la FISH, resta la tecnica d’elezione, perché ci consente in modo veloce e agile con semplice cambiamento di filtri (diversa della luce UV) di giocare con più di un fluorocromo, ed è inoltre l’unica tecnica che ci permette di fare diagnostica di poliploidismo e di studiare il numero di copie di gene. Nella CISH, invece, in cui il fluorocromo è sostituito da un cromogeno visibile al microscopio ottico, non possiamo effettuare tali studi particolari. Per analizzare l’amplificazione dell’Her-2/Neu con la FISH, si costituisce una sonda che riconosca il gene specifico e un’altra diretta contro una sequenza caratteristica del cromosoma 17 (è il cromosoma che ospita l’Her-2/Neu). Valutando intensità e numero dei due segnali capiremo non solo se l’Her-2/Neu è presente, ma anche se è amplificato, tramite il rapporto fra Her-2 e cromosoma 17 Il probe del cromosoma 17 è il centromero oppure la gastrina, che non sono quasi mai amplificati; (se infatti fossero amplificate anche le sequenze che usiamo come punto di riferimento avremmo un rapporto di 1:1 fra Her-2 e cromosomi: non risulterebbe evidente l’amplificazione di Her-2/Neu). Nell’esempio: rosso = probe per Her-2, verde = probe per cromosoma 17. Si contano gli spot rossi e verdi per nucleo e si calcola il rapporto numero di rossi / numero di verdi. Normalmente questo rapporto è 1. Se aumenta fino ad essere è uguale o superiore a 2, c’è amplificazione di copie di Her-2. Un altro approccio interessante, che ci dà un risultato numerico con l’ausilio delle operazioni biochimiche eseguite da una macchina è la rtPCR (Real Time Polymerase Chain Reaction); da non confondere con la “Reverse Transcriptase PCR”. Il principio è molto simile a quello della FISH; in più, ha la potenza dell’amplificazione delle sequenze genetiche a partire da quantità di DNA molto piccole, purché si approntino un primer e sequenze che riconoscono l’Her-2. Allo stesso tempo, possiamo avere iniziatori che amplificano sequenze specifiche del cromosoma 17, come quelle della gastrina o del centromero. Dopo un dato numero di cicli di amplificazione avremo una certa quantità di geni per Her-2 e gastrina: calcolando il rapporto fra queste due masse potremo stabilire se c’è amplificazione di Her-2/Neu o no. La PCR si effettua facendo denaturare il DNA del campione a una data temperatura e, a partire da primers di sequenze specifiche, nucleotidi e DNA polimerasi, si ottengono numerose copie di geni nel corso di una serie di cicli. È possibile analizzare sequenze specifiche che variano in dimensione a seconda della mappa di restrizione enzimatica. Essi riconoscono sequenze specifiche del DNA e tagliano il DNA nei punti riconosciuti. I frammenti hanno una lunghezza variabile a seconda delle sequenze rappresentate; perciò, se li facciamo correre su un gel capiamo se c’è stata alterazione nella sequenza o no. I campioni possono essere ricavati da: -Prelievi endoscopici minuscoli -Ago biopsie -Sezioni da materiale fissato in formalina o paraffina HER2Neu gastrina DNA (calibrazione) Gene non amplificato Gene amplificato 24 28 Fig.6 cicli 24 32 Fig 7. Nella Fig.6 è rappresentato il quadro di lettura alla PCR dell’Her-2/Neu. Nella Fig.7, quello della gastrina. L’amplificazione dell’Her-2/Neu comincia ad essere rilevata attorno al 28° ciclo di PCR; quella dellla gastrina intorno al 32°. Ciò significa che al ciclo 0 le sequenze di Her-2/Neu erano in numero di copie maggiore rispetto a quelle della gastrina, ma la differenza si nota solo intorno al 20° ciclo. C’è più Her-2/Neu rispetto alla gastrina: perciò c’è amplificazione di Her-2/Neu. Rispetto alla FISH, quindi, la PCR dà anche un risultato quantitativo. Consideriamo il campione di tipo citologico (FNABs). In esso si vedono bene gli antigeni nucleari (ER, PR), ma non quelli di membrana! Se un antigene è esclusivamente sulla membrana il rischio che si corre è che si generi un rinforzo continuo del segnale, il cosiddetto “sandwich effect” (il segnale di membrana o citoplasmatico si sovrappone a quello nucleare e copre anche la superficie di contatto con il vetrino. Questo ci dà un bias e provoca confusione di risultato. Perciò conviene usare la rtPCR rispetto a una FISH o a un esame immunoistochimico, quando si hanno campioni alterati per errata fissazione (incongrua o prolungata) o alterata processazione (fenomeni di coartazione citoplasmatica per shrinking). La rtPCR, infatti, saltando tutte le problematiche dedicate alla morfologia e riconoscimento di eventuali segnali sul preparato, può risultare veramente utile. Algoritmo diagnostico modificato Tessuto tumorale Immunoistochimica 2+ 3+ FISH (+) RT-PCR Terapia con (-) (+) (-) Di conseguenza, è possibile modificare l’algoritmo diagnostico per amplificazione di Her-2/Neu inserendo la rtPCR al posto della FISH (dopo il risultato 2+) oppure usare la rtPCR quando la FISH sia negativa o viceversa! Herceptin Pathology Navigation System (PNS). Nelle persone che seguono un certo tipo di algoritmo diagnostico e indagine devono esserci diverse expertise: diagnosi istologica e approfondimento diagnostico devono coincidere e la persona che ricopre questo ruolo centrale di diagnostica microscopica deve essere colei che attribuisce il significato di una lesione speciale ad una lesione microscopica. L’anatomia patologica ha una affidabilità diagnostica importante proprio per il sovrapporsi di questi livelli. Si compone di Macrodissection Microdissection Molecular Analysis Laser Capture Microdissection: possiamo catturare micro-aree istologiche; quindi al microscopio eseguiamo una diagnosi e un sub-campionamento per isolare nel campo istologico un elemento di interesse, che è una lesione su cui poi potremo eseguire studi molecolari anche molto sofisticati. E’ usata soprattutto in campo oncologico. Si sfrutta uno strumento che abbassa un filtro adesivo su una zona circondata in precedenza da una luce laser che la ritaglia dal contesto. Quando viene sollevato il filtro adesivo, questo si porta dietro la zona ritagliata; a sua volta trasferita in una struttura di analisi molecolare ( PCR o altro). Così si unisce capacità diagnostica e capacità di selezione, e si cerca di progredire sulla conoscenza di quella lesione in maniera indipendente dal contesto. Infatti i limiti più grandi delle tecniche di laboratorio derivano proprio dalla contaminazione del campione. Applicazione utile: si possono ritagliare le ITC = Isolated Tumor Cells, cellule in transito nei seni marginali dei linfonodi; isolarle e studiarne le caratteristiche immunofenotipiche o genetiche. Queste cellule, che hanno l’aspetto di essere le prime a distaccarsi dal tumore primitivo per metastatizzare, possono così essere isolate dappertutto per valutare che cosa determina il meccanismo di annidamento nel midollo osseo, e così via. Marcatori prognostici in corso di validazione nel carcinoma della mammella Sono marcatori che hanno in sé un germe di razionalità e che risultano utili anche nel carcinoma della mammella: o P53 o BCL-2 p53 E’ un famosissimo oncosoppressore. La sua alterazione rimuove dei meccanismi di controllo sulla divisione cellulare innescando una divisione cellulare incontrollata. Si studia quando è iperespresso, quando è presente in forma mutata, o comunque quando non espleta più la sua funzione soppressoria. Una cellula che presenti un’alterazione di un gene così importante ha una profondissima modificazione genetica. BCL-2 È un po’ diverso: è antiapoptogeno. Inibisce i meccanismi apoptotici fino a quando la cellula deve terminare il suo ciclo vitale. Ma è un meccanismo debole, è iperespresso nelle patologie come le malattie emolinfoproliferative poco aggressive (LLC, LNH a piccoli linfociti). Non conferisce di per sé aggressività: non fa altro che far “dimenticare” alle cellule che devono morire e queste si accumulano. È un parametro che ci può indicare una alterazione della trasformazione cellulare piuttosto blanda. Perciò, p53 e BCL-2 sono agli antipodi: se la p53 mutata indica una profonda alterazione genetica, BCL-2 non fa che inibire l’apoptosi. Questi due parametri correlano in qualche modo con una certa significatività: una diminuita BCL-2 si associa a un grado nucleare elevato, a negatività per estrogeno recettore, a una p53 particolarmente espressa e a positività di Her-2/Neu. E in campo oncologico possiamo considerare i tumori ricchi di BCL-2 meno aggressivi di quelli con grandi alterazioni della p53. Viceversa, una diminuita espressione di BCL-2 è associata a maggiori alterazioni di p53 e a un peggiore quadro clinico. Ringraziamenti a: -Luca Valerio, la cui consulenza è stata indispensabile per tagliare i tempi biblici di questa sbob -Dr.Marco “gallo” Moscarda, la cui consulenza è stata fondamentale per la parte di biologia molecolare -Silvia per l’amicizia e il sostegno morale che mi offre sempre -il gruppo badge per l’impagabile aiuto nei momenti in cui il dono dell’ubiquità farebbe davvero comodo -Cristina, Elena, Federica e Simona: perché compagne di avventura dal primo anno in questa sgangherata facoltà e perché finiamo sempre a parlare delle cose più strane -Piero per le crespelle (ehehehe ) e per il camice che devo ancora restituirti -Vitale per la disponibilità e la gentilezza -Gabriella per il caffè (ehehehehe ) e per l’invito a Romics che ho dovuto disertare causa impegni di reparto -Francesco Di Nardo, che in una sua sbob mi ha portato agli onori degli altari -e sicuramente quelli che ho dimenticato di scrivere per la fretta, ma non perché non fossero vicini al mio cuore. ILARIA