2 C Pasqua - Don Bosco Torino

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Anno C
PASQUA DI RISURREZIONE
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At 10,34a.37-43 - Noi abbiamo mangiato e bevuto con lui dopo
la sua risurrezione dai morti.
Dal Salmo 117 - Rit.: Questo è il giorno di Cristo Signore:
alleluia, alleluia.
Col 3,1-4 - Cercate le cose di lassù, dove è Cristo; oppure: 1 Cor
5,6b-8 - Togliete via il lievito vecchio per essere pasta nuova.
Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Cristo, nostra Pasqua, è
immolato: facciamo festa nel Signore. Alleluia.
Lc 24,1-12 - Perché cercate tra i morti colui che è vivo?; op. se
già utilizzato nella Veglia: Gv 20,1-9 - Egli doveva risuscitare dai
morti; op. per la Messa vespertina: Lc 24,13-35 - Resta con noi
perché si fa sera.
PER COMPRENDERE LA PAROLA
PRIMA LETTURA
Il testo è un “kérygma”, una sintesi esatta del Vangelo,
perfettamente conforme al piano dei sinottici.
È il primo annuncio ai pagani. Pronunciato a Cesarea, nella casa del
centurione Cornelio, è inserito tra la visione di Giaffa (At 10,9-23) e la
discesa dello Spirito sui pagani (At 10,44-47).
Pietro aveva cominciato il discorso manifestando la sua sorpresa: “In
verità sto rendendomi conto che Dio non fa preferenze di persone,
ma chi lo teme e pratica la giustizia, a qualunque popolo appartenga,
è a lui accetto” (v. 34). Di fatto, in tutto l’episodio Dio ha l’iniziativa.
Pietro riassume gli avvenimenti ai quali i Dodici hanno partecipato (cf
At 1,21-22); sottolinea la missione di testimonianza affidata loro. Tale
missione, però, secondo lui doveva interessare soltanto “il popolo” (v.
42), cioè il popolo ebraico. A Cesarea, invece, comincia a rendersi
conto che la missione è molto più vasta.
La testimonianza è essenzialmente testimonianza della Risurrezione,
fondata su un’esperienza molto concreta: “Abbiamo mangiato e
bevuto con lui dopo la sua risurrezione dai morti” (v. 41).
E Pietro amplia la sua testimonianza: “Egli è il giudice dei vivi e dei
morti costituito da Dio” (v. 42). Quest’affermazione non è più fondata
sull’esperienza, ma è propriamente un atto di fede in senso forte: la
risurrezione ha fatto nascere negli apostoli la fede nella divinità di
Gesù: in una prospettiva biblica, giudicare i vivi e i morti appartiene
solo a Dio.
Pasqua di Risurrezione - “Omelie per un anno 1”, Elledici
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Un’ultima affermazione conclude il discorso: il messaggio dei profeti
converge su Gesù Cristo, che chiama alla fede per la remissione dei
peccati (cf At 2,38).
SALMO
Usato per la festa dei Tabernacoli. Per i cristiani è il salmo pasquale
per eccellenza.
– La festa dei Tabernacoli, festa del raccolto, celebrata all’origine
sotto capanne di frasche, è diventata una grande festa popolare che
evoca i ricordi religiosi di Israele.
Questo spiega le esclamazioni di vittoria e di ringraziamento del
testo: evocazione dei benefici di Dio verso il suo popolo.
– Per noi, la vera vittoria è quella della Pasqua di Cristo, vittoria sulla
morte, la sua e la nostra. Le immagini di guerra (“Mi avevano spinto
con forza per farmi cadere”, v. 13; “La pietra scartata dai
costruttori...”, v. 22) richiamano per noi la Passione che termina con
la vittoria di Pasqua. Pasqua è per eccellenza “il giorno fatto dal
Signore”.
SECONDA LETTURA (A SCELTA)
Lettera ai Colossesi
Questo brano si trova fra un richiamo contro alcuni errori (cap. 2) e
l’esortazione morale (cap. 3). Per comprenderlo, è bene considerarlo
come la conclusione del richiamo, più che come l’inizio
dell’esortazione.
“(Dio Padre) ci ha liberati dal potere delle tenebre e ci ha trasferiti nel
regno del suo Figlio diletto” (1,13); “Perché piacque a Dio di far
abitare in lui ogni pienezza” (1,18). Paolo fa queste affermazioni
pensando a coloro che vorrebbero condurre i Colossesi a osservanze
di cibo, di bevande, di noviluni (2,16). Il che vorrebbe dire condurli al
livello di questo mondo. I Colossesi devono invece cercare le loro
ricchezze solamente in Cristo, nelle “cose di lassù, non in quelle della
terra” (v. 2). Con queste parole, Paolo vuol colpire tutto ciò che non è
ispirato dalla fede in Cristo (cf 3,5ss).
Il credente è perciò alla ricerca delle “cose di lassù” (v. 1): “Risorto
con Cristo” (v. 1), che vive nella gloria di Dio, egli già da ora
partecipa a questa vita prima di condividerla pienamente un giorno.
Pasqua è la festa nella quale ogni cristiano mette la propria vita nella
vita del Cristo Risorto.
Prima lettera ai Corinzi
– Nella comunità di Corinto, un uomo dà scandalo (2 Cor 5,1s). Paolo
invita a emarginarlo in modo che non si corrompa “tutta la pasta” (v.
6).
Pasqua di Risurrezione - “Omelie per un anno 1”, Elledici
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– Per l’occasione, Paolo allude a un’usanza degli Ebrei: per celebrare
la Pasqua con pane senza lievito, cominciavano col far sparire dalla
casa tutti gli avanzi di pane lievitato.
– La traduzione parla di “lievito”, mentre si dovrebbe parlare di
“fermento”. Il “lievito nella pasta”, di cui parla il Vangelo (cf Mt
13,33), ha infatti un senso positivo, mentre il fermento può essere
utile o nocivo. Qui Paolo sottolinea appunto l’azione nociva del far
fermentare. Il Cristo risorto è la causa della nostra purificazione: per
mezzo di lui diventiamo uomini nuovi (cf Ef 4,24; Col 3,10).
VANGELO
Tutti gli evangelisti attribuiscono alle donne il primo annuncio della
Risurrezione (Mt 28,5-6; Mc 16,6; Lc 24,5). Giovanni parla soltanto di
Maria Maddalena. Dei discepoli fa intervenire unicamente Pietro e
“quello che Gesù amava” (v. 2). La scena sembra raccontata come un
ricordo personale molto preciso.
La tomba viene trovata vuota. Tre reazioni diverse di fronte a questa
constatazione. Maria Maddalena “vide che la pietra era stata
ribaltata” (v. 1). Si affretta a informare i discepoli. Sarà necessario
che Gesù le appaia e la chiami per nome, perché lo riconosca vivo
(Gv 20,11-18). Pietro constata che nella tomba vuota tutto è in
ordine, ma non manifesta alcuna reazione immediata di fede. “L’altro
discepolo... vide e credette” (v. 8). In lui la fede è presente già prima
di avere incontrato il Cristo risorto (cf Gv 20,29).
Per ognuno di questi tre primi testimoni della Risurrezione, la fede
autentica è quella nel Cristo risorto.
PER ANNUNCIARE LA PAROLA (piste di omelia)
Credo in Gesù Cristo
Pasqua, festa dei credenti, festa della fede.
Quando parliamo di fede, pensiamo a coloro che credono in Dio e a
coloro che non ci credono. Spesso la nostra riflessione non va oltre,
perché la nostra fede rimane deista: noi crediamo al “Dio dei filosofi e
dei pagani”, colui che spiega l’esistenza del mondo e che
conosceremo... quando l’anima sarà separata dal corpo.
Nella luce della Pasqua, invece, dobbiamo approfondire e rettificare
questa nostra fede. È un dovere tanto più vivo in quanto dobbiamo
testimoniare la fede in Cristo di fronte a coloro che hanno soltanto
una fede deista, molto statica.
Noi crediamo in Gesù Cristo. Una fede che non è solo ammirazione
per la sua persona e il suo messaggio. La fede autentica va ben oltre.
Giovanni ha visto la tomba vuota e ha creduto. Immediatamente la
fede ha acquisito una nuova dimensione: il Dio della Bibbia non era
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più qualcosa del passato, era il Signore-Dio della vita, sempre
presente. Tutto, la storia, le profezie, acquistava il suo vero senso.
Infine, Gesù diventava per lui il Cristo; persino Gesù crocifisso – la
sua passione e la sua morte – non erano più assurdità. Dopo la notte,
sorgeva l’alba. Anche noi dobbiamo ora seguire i suoi passi. In Pietro,
Maria Maddalena e tutti gli altri il progresso nella fede sarà più lento,
ma arriveranno allo stesso riconoscimento. Paolo lo dice chiaramente
quando ricorda ai Colossesi lo scopo della loro vita: “Risuscitare con
Cristo” (2ª lettura, Col).
Credere in Gesù Cristo significa anche credere nel mistero della
nostra vita personale. La nostra vocazione personale è oggetto di
fede.
Siamo stati invitati a riconoscerlo rinnovando le nostre promesse
battesimali. “La nostra vita è ormai nascosta con Cristo in Dio” (2ª
lettura), ma fin d’ora partecipiamo alla sua risurrezione e la sua gloria
si manifesterà in noi.
Testimoni del Cristo vivo
Testimone: una parola usata spesso, troppo spesso, col rischio di
logorarla...
Gli apostoli sono dei testimoni unici. Hanno “udito, visto,
contemplato” Gesù (1 Gv 1,1). L’hanno accompagnato dal battesimo
alla risurrezione (At 1,22).
Ma la fede va sempre ben oltre l’esperienza, la constatazione. Si può
benissimo non aver visto e unirsi ai testimoni nella fede. A sua volta,
la fede apporta un’esperienza e una conoscenza nuove. Tutti noi
conosciamo così, nella fede, Gesù risorto: egli era morto e ora vive
per sempre, è il Vivente.
Noi ci sforziamo di regolare la nostra vita su di lui: anche noi siamo
chiamati ad essere testimoni della beatitudine, della speranza, della
libertà, della gioia... Una vita totalmente orientata dalla risurrezione
di Gesù (cf 2ª lettura, Col) è di per se stessa un messaggio.
L’amore della vita, il rispetto dell’uomo sono segni della fede. Dal
momento che Dio non concede la vittoria alla morte, dobbiamo essere
attenti alla vita che è in noi, negli altri, specialmente nei più
minacciati. Bisogna rispettare la vita (1 Cor) e favorirla secondo lo
spirito di Cristo (Col).
Vittoria!
– Si è giustamente rimproverato alla Chiesa di esser stata per molto
tempo trionfalista. Ma possiamo dimenticare che porta in sé la vittoria
di Gesù Cristo?
Il salmo 117 e la sequenza “Alla vittima pasquale...” conferiscono alla
festa di Pasqua il tono che più le conviene. Pur nella loro sobrietà, le
Scritture ci recano un’immensa liberazione. L’esistenza comporta
un’angoscia
proporzionata
all’esperienza
vissuta:
sofferenze,
Pasqua di Risurrezione - “Omelie per un anno 1”, Elledici
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fallimenti, assurdità, la morte che separa e che distrugge... L’uomo
non può accettare tutto questo, non può ritenersi soddisfatto di fronte
all’incertezza su tali problemi. La posta in gioco è la nostra vita e
quella degli altri.
– Ma esiste una forza di vita alla quale possiamo unirci. “Morte e vita
si sono affrontate... Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo,
trionfa” (Sequenza “Alla vittima pasquale”). È la luce che illumina
tutte le nostre lotte di uomini, persino i conflitti più oscuri. In tal
modo possiamo essere sempre “risorti con Cristo” (Col). Sicuri di
vincere sempre fino alla vittoria definitiva, “quando anche noi saremo
manifestati con lui nella gloria” (Col).
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