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Firenze, agosto 1944: la liberazione e l’autogoverno
Ivano Tognarini?
Il 12 agosto 1944, 24 ore dopo che il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale aveva dato il
segnale, con il suono della martinella, dell’insurrezione della città e dell’assunzione dei poteri civili
e militari, giungeva un messaggio particolarmente significativo dal CLN di Grosseto, la prima città
toscana liberata:
“Apprendiamo in questo momento la liberazione della città cara a tutti gli italiani ed in
particolare a noi Toscani. Abbiamo trepidato per Voi e per Essa stretti nell’ansia per le
ignote rovine e le ignote vittime. Tuttavia siamo con Voi nella gioia della liberazione.
A mezzo Vostro salutiamo tutti i Vostri concittadini e con lo stesso Vostro orgoglio
esaltiamo il valore ammirabile dei Patriotti che hanno combattuto per difendere la loro
Città con la passione di figli e la dedizione di chi sa di lottare per un’idea che non può
morire. Che il Vostro lavoro, nella collaborazione di tutti i Partiti democratici, sia
largamente fecondo per il popolo italiano”1.
In effetti la consapevolezza della unicità, della eccezionalità di ciò che era accaduto o che
addirittura stava ancora accadendo a Firenze, era abbastanza diffusa e generalmente condivisa.
Gli effetti di questo stupore e di questa ammirazione si diffusero rapidamente e rimasero intensi
anche nelle settimane successive nel clima, molto particolare, di quei giorni. Come riferiva un
verbale del CTLN, redatto poco più tardi, il 29 agosto, tornando da Roma, il Prof. Calamandrei
portava la notizia che nella città c’era stata “un’ondata di letizia, di entusiasmo e di grande
ammirazione per l’operato dei Patrioti che sono riusciti a liberare Firenze dalla tirannia tedesca”.
Aggiungeva ancora:
“Le condizioni dell’Italia andranno mano a mano migliorando se verranno portati dei
mutamenti alle deliberazioni di Teheran [che] consideravano l’Italia un paese nemico da
occupare. Il Governo Italiano dovrà prendere atto della nuova situazione creatasi in Firenze
e che da qui sarà simile per tutta l’Alta Italia. Con questo l’Italia ha dimostrato di aver fatto
un gran passo verso la libertà e il progresso”2.
Non erano dunque campate in aria, né retoriche le parole di Carlo Levi che un anno dopo avrebbe
scritto:
“Firenze aveva dovuto inventare la guerra partigiana, la guerra di città, i Comitati di
Liberazione come organi di governo. […] Firenze mostrava la strada della guerra
popolare italiana, della rivoluzione popolare italiana. Non vi erano precedenti. […] La
battaglia di Firenze fu la prima battaglia cittadina; il governo del CTLN fu il primo
autogoverno popolare italiano. L’aver agito, nella lotta armata e nell’amministrazione,
con il senso sempre presente di un compito nazionale da attuarsi attraverso tutte le
particolari manifestazioni di libertà, è il valore storico della liberazione di Firenze”3.
E mentre le parole di un grande spirito come Umberto Saba, seppure consapevole della liberazione
finalmente conquistata (“Da una burrasca ignobile approdato / a questa casa ospitale, m’affaccio / liberamente alfine – alla finestra”4 ), mostravano una Firenze che “taceva assorta nelle sue rovine”5,
il corrispondente del “Times” sosteneva che questa città era stata “teatro di uno spontaneo
esperimento di autogoverno, che può avere una considerevole influenza nel determinare quale
?
Università di Firenze.
1
Isrt, Cln, b.36, Battaglia di Firenze, c.5387, Comitato Provinciale di liberazione Nazionale Grosseto, Grosseto 12 agosto 1944.
Isrt, Ctln,Verbale della seduta del 29 agosto 1944, Fondo CTLN, b.33 (26), fasc. “Verbali CTLN agosto 1944”
Altra copia in Lombardi,b.17,fasc.2; Berti,b.1, fasc. “Verbali CTLN (periodo post-Liberazione); Campolmi,b.2,fasc.1
3
Plb ll 804 lndp 11 agosto 1945
2
4
Avevo in lndp 9 ottobre 1944
5
Teatro degli artigianelli, ibidem
1
sistema politico dovrà succedere al fascismo”6.
I primi ad essere consapevoli del rilievo degli eventi che si vivevano e delle scelte che si operavano,
erano proprio i protagonisti della lotta di liberazione, i membri stessi del CTLN.
Alle ore 8 dell’11 agosto, evacuata la città dalle truppe tedesche, i membri del Comitato si
insediavano in Palazzo Medici Riccardi unitamente al Comando militare 7 . Immediatamente
deliberavano di invitare la popolazione a ritirarsi entro le case per ragioni di prudenza e davano
disposizioni perché le forze volontarie fossero dislocate alla periferia. Si delibera anche la
diffusione di un manifesto alla popolazione. Quindi preso atto che il Governo militare alleato
(AMG) stava provvedendo ad un invio di viveri e di acqua nella città, si predisponevano le misure
necessarie per il trasporto e la destinazione delle forniture. Infione venivano deliberati
provvedimenti per la caccia ai franchi tiratori.
Nel corso della stessa riunione il Comandante affermava che senza ritorni in forze considerevoli da
parte del nemico la nostra linea sarebbe stata in grado di reggere; tuttavia era necessario
economizzare le munizioni, per cui erano state date istruzioni di sparare soltanto quando si fosse
sicuri del bersaglio. In quel momento le linee erano tenute da 600 uomini. Il Commissario politico
osservava, per fare sì che ci si rendesse conto della problematicità della situazione, che i Tedeschi
avessero potuto fare una spedizione in città, tanto di sera che di giorno, solo che lo volessero. Per
parte sua il presidente Ragghianti informava che gli Alleati erano rimasti sorpresi molto
favorevolmente per il lavoro tecnico eseguito dal Comitato ed avevano perfino dichiarato che a
Firenze si erano trovati di fronte ad un fatto nuovo. Nonostante tutto però, aggiungeva, restava
necessario che il Comitato ottenesse un riconoscimento giuridico e non solo di fatto, tanto più che
per alcuni giorni aveva operato come governo ed al suo interno i partiti politici si erano comportati
di conseguenza8. A riprova di quanto la situazione stesse rapidamente cambiando e le novità si
inseguissero, il Comando militare comunicava che gli Alleati avevano richiesto che la parte centrale
di Firenze, compresa tra Piazza Stazione, Via dei Pucci, Via dei Benci, Ponte alle Grazie, fosse
immediatamente presidiata dai patrioti ed epurata dai franchi tiratori per rendere possibile l’ingresso
in città, durante la notte ad alcune pattuglie indiane.
Ma in un primo tempo il Ctln non intendeva enfatizzare l’eccezionalità del caso di Firenze e
soprattutto non voleva che si ipotizzassero contrapposizioni con quanto era accaduto a Roma e già il
7 giugno 1944, immediatamente dopo la liberazione, si era affermato che la capitale era stata
liberata ed era uscita quasi incolume dalla guerra anche perché i nazisti non avevano osato fare di
una città piena di Patrioti decisi a combatterli, un baluardo per la loro ultima difesa 9 . Da qui
scaturiva l’appello rivolto ai cittadini toscani a difendere “con tutti i mezzi e tutte le forze il proprio
paese, la propria casa, il proprio lavoro, la famiglia, la vita. Tutti hanno il dovere di trovarsi al loro
posto di combattimento. Tutti devono meritarsi la libertà, tutti devono operare per la resurrezione e
l'avvenire della Patria”. Invece si ribadiva con forza il ruolo del Comitato toscano di liberazione
nazionale, come rappresentante del popolo, unica autorità politica dell'Italia occupata, in grado di
“proclamare la mobilitazione generale di tutti i cittadini per la resistenza e la lotta contro
l’invasore” e di assumere sotto il proprio comando e controllo politico tutte le formazioni partigiane
della regione e tutti i capoluoghi di provincia e i centri minori.
Una riflessione a distanza di sessanta anni su questi eventi, implica lo scioglimento o quanto meno
la ripresa in considerazione di una serie di nodi su questioni rilevanti connesse sia al contesto
locale, sia agli sviluppi complessivi della situazione nazionale e della guerra in Italia ed in Europa.
Il ruolo di guida che il CTLN seppe assumere e mantenere soprattutto in ambito cittadino e
6
Plb ll 807
Verbale della seduta del giorno 11 agosto 1944 del CTLN 4Fondo CTLN b. 33 (26), fasc. “Verbali CTLN agosto 1944” Altra
copia in Lombardi, b.17, fasc.2 con note mss.; Berti, b.1,fasc. “Verbali CTLN” Pubblicato in C. Francovich, La Resistenza a
Firenze, Firenze, La Nuova Italia, 1975 (ris. Anast. 1961), pp. 305-306.
8
Verbale della seduta del giorno 12 agosto 1944 pomeriggio Fondo CTLN B.33 (26) fasc. “Verbali CTLN agosto 1944”
Altre copie in: Lombardi, b.17, fasc.2; Berti, b.1, fasc. “Verbali CTLN periodo post Liberazione”.
9
Verbale della seduta del giorno 7 giugno 1944 del CTLN Carte Berti b.1 fasc. 2 “Verbali del CTLN” Altra copia in: CTLN
b.33 (26) “Verbali CTLN giugno 1944”
7
2
provinciale e, successivo anche su gran parte della regione
La capacità di proclamare e di dare un seguito concreto alla parola d’ordine della mobilitazione
generale che ebbe due effetti diretti e tangibili: la manovra di avvicinamento alla città delle
formazioni partigiane in montagna e alla macchia, l’intensificazione delle azioni di sabotaggio, di
propaganda e di vera e propria guerriglia in città. Il tutto come preparazione della battaglia finale,
quella che portò alla liberazione di Firenze. Una domanda da porsi, a questo proposito, deriva dalle
parole stesse di chi ha scritto per primo ricordando o ricostruendo quegli eventi, come Carlo Levi, o
un inviato di uno dei più prestigiosi giornali del mondo in quel momento, il Times, o la redazione
de “Il Ponte”: quella di Firenze fu una insurrezione popolare, una battaglia cittadina, una
rivoluzione? Per rispondere occorre prendere in considerazione alcuni dati di fatto, oltre che
questioni di carattere concettuale. In primo luogo il numero delle persone coinvolte o partecipi
dell’evento ed il loro comportamento, le loro scelte, il loro livello di consapevolezza e di
convinzione. Una prima considerazione ci assicura che, tra cittadini armati e volontari che erano
perfino privi di armi anche minime, i partecipanti agli eventi furono molte migliaia. Nessuna di
queste persone agiva perché costretto o precettato. Era solo l’autorevolezza, il prestigio del CTLN e
le opzioni ideali e politiche individuali che erano riuscite a mobilitare le persone.
Si trattò di guerra civile? A giudicare dai dati finora disponibili, l’uso di questa categoria
storiografica non aiuta molto ad approfondire il senso di ciò che accadde a Firenze, non solo nel
periodo più incandescente della battaglia di agosto, o del periodo preparatorio del mese di luglio,
ma neppure in tutti i mesi della lotta clandestina, dopo l’8 settembre 1943 fino alla liberazione.
Comunque, ravvicinando l’analisi sui giorni dello scontro aperto e diretto con i nazifascisti, non
sembra che le due parti possano essere presentate come contrapposte, ma con pari dignità e con
equivalenti riferimenti ideali. Coloro con cui si scontrarono i partigiani, i patriotti di città, i
volontari, perfino i cittadini, furono, oltre ai tedeschi, reparti di SS italiane e gruppi di franchi
tiratori o cecchini che sparavano non solo su civili ma anche su donne, crocerossine, medici,
cappellani, soccorritori di feriti e portantini. Lo scontro, di cui erano protagonisti tanti civili e che
vedeva compiere atti efferati, aveva come suoi obbiettivi, ed ebbe come suoi risultati la liberazione
della città dall’occupante straniero e nemico, e la riconquista della dignità nazionale da parte degli
italiani. La svolta di Firenze fu anche il punto culminante della lotta contro l’attendismo, che
avrebbe rischiato di togliere agli italiani qualsiasi possibilità di riscatto dell’onore nazionale e di
proseguire nella ricostruzione di quel sentimento patriottico, che era stato profondamente corrotto
dal fascismo e che sembrava essere naufragato definitivamente con l’armistizio dell’8 settembre
1943.
Su un versante più caratterizzato dalla dimensione locale, si potrebbe tentare un bilancio dei
risultati, o meglio dei successi e dei fallimenti degli obbiettivi che l’azione del CTLN si era prefissi.
Ma anche in questo caso sarà necessario tenere conto dei molti fattori che influirono sugli sviluppi e
sugli esiti dell’impresa, ad esempio le carenze che i patrioti dovettero registrare sul piano degli
armamenti e dei rifornimenti, lo squilibrio pesante tra le due parti nella dotazione di artiglierie e di
mezzi blindati, la stessa preparazione militare, non sempre adeguata, di molti volontari che vollero
partecipare alla battaglia. Tra i dati negativi occorre annoverare il mancato salvataggio dei ponti,
soprattutto di quelli sull’Arno, per i quali furono fatti generosi tentativi di impedire la distruzione
con il pagamento di un prezzo in vite umane, ma senza raggiungere l’obbiettivo. Anche l’attacco
alle truppe nemiche, che avrebbe dovuto svilupparsi mentre erano in ritirata, fu fortemente
ridimensionato dalla tattica prescelta dai tedeschi e dai ritardi e dalle esitazioni degli alleati.
Resta il fatto, da annoverare tra i dati positivi, che la città, resa libera dalla ritirata decisa dai
nazifascisti, fu difesa dai patrioti e dai partigiani, pur con enormi difficoltà e con la consapevolezza
degli enormi rischi che ogni giorno si correvano, mettendo il CTLN in condizioni di governare e
creando una situazione idonea alla ripresa della vita civile. La battaglia di Firenze non fu né una
marcia trionfale, né uno “sbandieramento”, come qualcuno credeva, illudendosi ingenuamente. Fu
uno scontro duro, costoso in termini di vite umane, rischioso ma difficilmente evitabile, i cui
risultati però divennero punto di riferimento per il successivo svolgimento della campagna d’Italia,
3
fino alla liberazione del Nord, dove le nuove basi nel rapporto tra resistenza e alleati, divennero
elemento chiave. In questo contesto il ruolo del CTLN fu al tempo stesso rivoluzionario e legittimo
dal punto di vista istituzionale, capace di aprire strade nuove senza incrinare il senso di
appartenenza dei cittadini ma anzi rafforzando la coscienza che si stava costruendo la nuova Italia.
a-il CTLN e la svolta di Firenze
L’insurrezione e l’assunzione dei poteri fu una scelta consapevole e ponderata ed al tempo stesso fu
la conseguenza del fallimento di ogni altra ipotesi di transizione di regime, dall’occupazione
nazifascista all’arrivo degli alleati, dalla guerra alla fine della guerra.
Già il 2 novembre 1943 10 il CTLN si era dichiarato pronto ad assumere le responsabilità
nell'organizzazione della lotta antifascista e antinazista, perché “la guerra di liberazione non poteva
intendersi semplicemente come fatto militare, come schieramento di alcune forze sul fronte
antitedesco”, riducendosi in questo caso ad un “opportunistico cambiamento di fronte di un paese
battuto”, ma avrebbe invece dovuto interpretare e guidare “la rivolta del popolo italiano contro
fascismo e nazismo per il trionfo delle idealità civili da questi negate”. Il CTLN perciò si preparava
fin da ora ad assumere, appena possibile, l'intero controllo politico e amministrativo locale non
riconoscendo, al di sopra di sé, altra autorità se non quella del Comitato di liberazione nazionale
(CLN) o del governo emanazione dello stesso CLN. Il 3 gennaio 11 procedeva alla costituzione di un
Comando regionale, composto di un Comandante, un Ufficiale di stato maggiore ed un
Commissario politico, che avrebbe assunto l’effettiva direzione di tutte le forze armate operanti
nella regione. Ma soprattutto si decideva di costituirsi in governo provvisorio della città e della
provincia di Firenze, formato da tre delegati per ognuno dei partiti rappresentati nel CLN, con pieni
poteri. Non appena la situazione militare lo avesse reso possibile, tale governo si sarebbe insediato
in permanenza o in Comune o in altra sede che sarà ritenuta opportuna in base alla situazione del
momento. Primo provvedimento che il governo provvisorio avrebbe dovuto adottare, sarebbe stata
“la proclamazione del diritto del popolo italiano di darsi, attraverso una Costituente, forme
istituzionali scelte liberamente” e della decadenza di “tutte le istituzioni responsabili della rovina
del popolo italiano”.
Il 15 giugno, essendo stati riconosciuti dal Governo nazionale12 d'intesa col Comando alleato i CLN
che così avrebbero dovuto assumere l'esercizio dei poteri esecutivi ed il comando delle forze
armate, il CTLN si autoattribuiva tale delega quale solo rappresentante legittimo del popolo toscano
nelle province di Firenze, Pistoia, Pisa, Livorno, Lucca, Arezzo, Siena e Grosseto, ed istituiva nelle
singole province i rispettivi Comitati provinciali come propri organi locali. Intanto si era aperta la
discussione ed avviata la procedura per giungere alla designazione delle personalità cui attribuire gli
10
[Dichiarazione del CTLN del 2 novembre 1943] Pubblicato da Enzo Enriques Agnoletti, «Il Ponte», I, n. 5 (agosto 1945) Il
testo, proposto dall’esponente del PdA, si riferisce alla dichiarazione del Comitato centrale di liberazione nazionale del 16 ottobre
1943, che chiedeva la formazione di un governo espressione del Comitato e munito di tutti i poteri costituzionali.
11
[O.d.g. del PdA, 3 gennaio 1944] Pubblicato da Enzo Enriques Agnoletti, «Il Ponte», I, n. 5 (agosto 1945).
Verbale della seduta del 27 aprile 1944 del CTLN Carte Berti b.1 fasc. 2 “Verbali del CTLN”
Altra copia in: CTLN b.33 (26) fasc. “Verbali CTLN aprile 1944”
Verbale della seduta del giorno 7 giugno 1944 del CTLN
Carte Berti
b.1 fasc. 2 “Verbali del CTLN”
Altra copia in: CTLN b.33 (26) “Verbali CTLN giugno 1944”
Verbale della seduta del giorno 10 giugno 1944 del CTLN Carte Berti b.1 fasc.2 “Verbali del CTLN”
Altre copie in: CTLN b.33 (26) “Verbali CTLN giugno 1944”; Lombardi b.17 fasc.2
COMITATO TOSCANO DI LIBERAZIONE NAZIONALE, 15 giugno 1944 Carte Berti B.1 fasc. “Verbali CTLN”
Altre copie in: CTLN b.33 (26), fasc.”Verbali CTLN giugno 1944”; Campolmi,b.2,fasc.1
12
4
incarichi di governo locale, dal sindaco al presidente della provincia e nelle sedute del 4 e 6 luglio,
si stabiliva che i criteri di scelta delle persone dovevano tener conto della parte effettivamente presa
nella lotta contro il fascismo e per la liberazione. L’8 luglio si ribadiva che nel momento in cui i
tedeschi avessero abbandonato la città, il Comitato si doveva costituire in Governo provvisorio
assumendo tutti i poteri ed estendendo la sua giurisdizione possibilmente a tutta la regione. Subito
dopo si procedeva alla nomina di personalità tra cui figuravano uomini come Calamandrei,
Raffaello Ramat, Attilio Mariotti, Ranuccio Bianchi Bandinelli, Alberto Bertolino, Attilio
Momigliano, Eugenio Montale e tanti altri di rango intellettuale e civile analogamente elevato.
Nell’esaminare la situazione militare, e più specificatamente i piani militari, il comandante
informava che, a parte le colonne in ritirata, si riteneva che sarebbero stati riservati al mantenimento
dell’ordine ed ai servizi di polizia, 400 gendarmi e 2 compagnie di paracadutisti. Le forze della
liberazione, nelle condizioni in cui erano costrette ad operare, avrebbero potuto essere ammassate al
massimo con non più di 12 ore di anticipo rispetto all’attacco e sarebbero state in grado di sostenere
solo un brevissimo combattimento di 3 o 4 ore al massimo. Lo spirito combattivo delle squadre
inizialmente non era del tutto adeguato poiché, una parte almeno dei volontari aveva in mente la
convinzione di doversi preparare “ad una sbandierata”, più che ad un vero e proprio combattimento.
Però molto era stato fatto per sradicare questo sentimento ed ora si era finalmente in condizione di
affrontare “la prova con buon spirito”. Nel caso che i tedeschi fossero entrati in città dandosi al
saccheggio ed il popolo avesse reagito con una insurrezione, il Comando sarebbe stato in grado di
mettersi alla testa della lotta perché nel piano era già stato previsto l’inquadramento delle nuove
forze. Tuttavia si sarebbe avuto il massimo riguardo per la popolazione, ed ove fosse stato
necessario svolgere operazioni belliche, le si sarebbe dato modo di mettersi al sicuro.
Prendendo atto della situazione che si era creata a Siena, ci si rendeva conto che sarebbe occorso
condurre accorte trattative con gli alleati, facendo loro trovare, al momento dell’arrivo, situazioni di
fatto rispondenti sia alle loro esigenze sia alle necessità della vita cittadina. Prioritariamente si
sarebbe dovuto evitare che gli alleati al loro arrivo disconoscessero il Comitato e prendessero
contatti diretti con persone di loro scelta o con determinati partiti escludendone altri. Il Comitato
avrebbe dovuto essere riconosciuto come l’unico rappresentante delle forze politiche cittadine.
Il 21 luglio definendo con ancora più precisione e decisione la propria posizione, tenuto conto
dell’evolversi, sempre più rapido degli eventi, il CTLN aveva affermato la volontà di rendersi
padrone di fatto della città prima dell’arrivo degli alleati 13 , rifiutando al contempo qualsiasi
dichiarazione, o avviso, o promessa, o minaccia, od offerta di trattativa da parte dei tedeschi e dei
fascisti che dovevano essere attaccati in ogni modo e prima possibile. Era importantissimo non
lasciarsi prendere alla sprovvista, come era avvenuto a Roma ed a Siena dove l’entrata delle truppe
alleate era stata anticipata dal Comando di circa 10 ore rispetto a quanto preannunciato.
Il 1 agosto 1944 si approvava il testo di un manifesto per l’assunzione dei poteri.
Il 9 agosto, giunta una dichiarazione alleata che si riserva di indicare il momento utile per far
entrare in azione le forze patriottiche, il CTLN decideva di dare mandato al Comandante di passare
all’azione non appena lo avesse ritenuto possibile, perché perdere un solo momento avrebbe
significato “prolungare l’agonia della città”, mentre la volontà dei fiorentini era che l’azione contro
i nazisti fosse sviluppata ad ogni costo. Intanto il prof. Ragghianti, inviato in missione in Oltrarno
per trattare col Comando alleato, il 10 agosto pone il problema di una eventuale azione di carattere
militare e chiede che il CTLN sia riconosciuto come Rappresentante del Governo nazionale.
L’insediamento del CTLN in Palazzo Medici Riccardi al mattino dell’11 agosto, e i rintocchi della
Martinella che danno alla popolazione il segnale dell’insurrezione, sono atti che segnano una
profonda rottura in senso rivoluzionario e pongono le premesse per l’avvio dell’esperimento di
Firenze, per quella svolta che diventerà punto di riferimento per la Resistenza italiana. I primi
13 Verbale della seduta del giorno 21 luglio 1944 del CTLN Carte Berti B. 1 fasc. 2
Altre copie in: CTLN,b.33(26),fasc. “Verbali CTLN luglio 1944”; Lombardi,b.17,fasc.2
Già pubbl. in C.Francovich La Resistenza a Firenze, Firenze, La Nuova Italia,1961, pp.301-302
5
provvedimenti adottati, vasnno tutti in direzione dell’affermazione del ruolo del CTLN sia sul piano
politico e amministrativo (l’insediamento del governo della città e della provincia), sia sul piano
militare (assunzione di compiti ben precisi nella lotta per la liberazione dai nazifascisti in accordo
con gli alleati: il Comando militare deve adottare tutte le misure necessarie per l’attuazione del
piano alleato e deve ingaggiare una battaglia senza quartiere contro i franchi tiratori, che debbono
essere subito passati per le armi se trovati in azione, così come tutti i responsabili di atti di
delinquenza comune). Il riconoscimento del Comitato da parte degli Alleati era dunque un nodo
essenziale, per cui occorreva impegnarsi (dopo quello di fatto, doveva essere ottenuto quello “de
jure”). Il cammino però era ancora in salita, e così la decisione di pubblicare un manifesto
indirizzato alla popolazione veniva bloccata dagli alleati, ed una manifestazione per le onoranze
funebri dei patriotti caduti, veniva ridotta ad una piccola cerimonia nel Giardino dei Semplici con la
rappresentanza del CTLN al completo e del Comando militare scortato da 30 armati. Il 18 agosto un
incaricato degli Alleati, congratulandosi per l’opera veramente efficace svolta dal Comitato,
proponeva un accordo simile a quello in atto fra gli Alleati ed il CLN provinciale di Grosseto,
riconosciuto come Corpo politico con funzioni consultive. Punto centrale era l’autorizzazione della
pubblicazione della “Nazione del Popolo” come organo diretto dal CTLN.
Proposte e compromessi sulla via dell’insurrezione
Numerosi tentativi di compromesso, o di accordo per il passaggio dei poteri, avanzati da personaggi
di vario profilo, fallirono subito dopo essere stati concepiti o poco dopo. Sull’argomento ci si era
già soffermati più volte nel corso delle riunioni del CTLN e, ben presto si era assunta una
posizione netta ed inequivocabile respingendo all'unanimità ogni trattativa con le autorità
repubblicane, ma accettando di esaminare eventuali offerte di singoli individui appartenenti al
Partito fascista repubblicano che potessero servire alla causa della Liberazione. Gli argomenti ed il
terreno su cui queste trattative potevano svilupparsi erano ben definiti e delimitati e potevano
comprendere solo la liberazione dei detenuti, la cattura del magg. Carità, la consegna di armi, la
comunicazione di dati sulla situazione degli approvvigionamenti.
Più complessa fu la vicenda del generale Somma, che affermava di essere delegato dal Governo
nazionale sin dal gennaio come comandante delle forze armate della Toscana. Il 22 giugno si
stabiliva di sottoporre a verifica le intenzioni e le possibilità di questo generale 14. In un colloquio
svoltosi in S. Lorenzo a Firenze con un emissario autorizzato dal CTLN il Somma dichiarò che
proprio da pochi giorni aveva ricevuto la conferma dell’incarico da parte di un colonnello venuto
dal sud, che lo aveva fatto incontrare con il generale comandante dei carabinieri della Toscana.
Affermava di avere a disposizione tre generali di divisione, un generale di brigata, vari colonnelli ed
ufficiali, mentre già sarebbero state alle sue dipendenze le guardie di finanza, i carabinieri, il reparto
di PS. Concludeva infine che gli Alleati avrebbero riconosciuto in ogni modo lui solo.
In quegli stessi giorni di fine giugno si prendeva in esame anche l’eventuale opera di mediazione
del Cardinale, della cui opera umanitaria si ha il massimo rispetto, e nei cui confronti non si
affacciano preconcetti politico-religiosi, “assolutamente estranei alla nostra azione democratica
perfettamente autonoma”, ma che suscita non poche perplessità e riserve. Rompendo indugi ed
esitazioni, il 27 giugno si doveva prendere posizione ancora più nettamente e con maggiore
chiarezza per chiudere drasticamente le
trattative con elementi fascisti:15 “il CTLN dichiara non esserci più luogo a trattative dopo che è
risultata la continuazione degli assassini e delle violenze, dopo che gli elementi fascisti con cui
veniva trattato hanno scoperto chiaramente di agire per incarico di Pavolini e cioè per l'autorità
Verbale della seduta del giorno 22 giugno del CTLN Carte Berti b. 1, fasc. 2 “Verbali del CTLN”
Altre copie in: CTLN, b.33(26) “Verbali CTLN giungo 1944”; Lombardi,b.17,fasc.2 con il tit. “Deliberazioni del 22 giugno 1944”.
14
Verbale della seduta del giorno 27 giugno 1944 del CTLN Carte Berti b.1,fasc. 2 “Verbali del CTLN”
Altre copie in: CTLN,b.33(26), fasc. “Verbali CTLN giugno 1944”; Lombardi,b.17,fasc.2
15
6
repubblicana come tale e non come individui e gruppi locali desiderosi di diminuire la propria
responsabilità”. Quando era emerso con chiarezza che gli intermediari avrebbero dovuto trattare
direttamente con Pavolini”, e mentre gli arresti dei patrioti continuavano, ci si rese conto che
continuare con le trattative sarebbe stato contrario sia alla lettera che allo spirito di tutte le
deliberazioni prese dal CTLN e si considerò definitivamente chiuso il capitolo trattative. Anzi,
venuto a sapere che in alcuni comuni della Provincia, i CLN avevano accettato “il trapasso dei
poteri pubblici da parte delle autorità fasciste” ed agivano in tacita intesa con le truppe di
occupazione, dopo aver ricordato che era compito dei CLN guidare il popolo nella lotta contro il
nazifascismo per la liberazione dell'Italia, il CTLN sconfessava duramente tale operato e invitava i
CLN a rientrare immediatamente nei limiti dei loro compiti.
Quando, poco tempo dopo affiorò di nuovo una “questione Somma”, dopo una esauriente
discussione seguita all’ampia relazione del Comandante, nella quale interloquiscono tutti 16 , si
concluse che era necessario far comprendere al Gen. Somma che l'unico “mezzo di redimersi delle
colpe precedenti”, sarebbe stato quello di unirsi ad una formazione in campagna. In caso diverso,
poiché non era affatto probabile che il Gen. Somma aderisse a tale invito, si assegnava al Comando
"Marte" il compito di immobilizzarlo con tutti i mezzi di cui potesse disporre. Alcuni mesi dopo, a
liberazione avvenuta, il 16 gennaio 1945, era Eugenio Artom che ricostruiva i passaggi principali
della vicenda ed esplicitava i motivi per cui le cose si erano concluse negativamente. Infatti, assunte
informazioni su questo generale Somma, risultò che era stato fascista, di famiglia fascistissima, che
aveva comandato in Etiopia una divisione di Camicie nere, e che dopo la campagna era stato
chiamato dal fascismo in Senato. Non era possibile considerare il Somma senza una certa
diffidenza, anche perché continuava a frequentare esponenti repubblichini, con cui dimostrava
dimestichezza e, richiesto di fornire una prova convincente delle sue credenziali e delle sue
intenzioni, non poté ottemperare. Insomma per questo suo carattere di ambiguità, suscitava una
diffidenza non facilmente superabile. Infine i punti che maggiormente allontanavano il Somma dal
CTLN erano essenzialmente due: mentre il CTLN pensava di svolgere un ruolo consistente in una
vera e propria azione di guerra, il Somma pensava ad una azione di polizia come compito principale
del momento; poi qualsiasi soluzione si fosse trovata per il passaggio dei poteri, non si poteva
consentire ai fascisti di avvicinarsi ai loro scopi che consistevano nell’assicurare impunità ai
gerarchi, nel favorire la ritirata dei tedeschi, nel coprire i franchi tiratori.
Intanto si prendeva atto del fallimento delle trattative per fare dichiarare Firenze città aperta 17 e si
stabiliva di pubblicare e affiggere un manifesto relativo alla dichiarazione di Firenze Città aperta 18.
Le trattative erano state condotte dal Capo consolare, dal Cardinale, dal Vice Podestà e dal Vice
Prefetto con le autorità tedesche19, ma il Col. Fuch aveva dichiarato che l’ordine di Kesselring di
rispettare Firenze, non avrebbe potuto essere messo in pratica se gli inglesi avessero inseguito le
truppe tedesche, che si sarebbero difese non potendo di conseguenza garantire nulla, così come se
fossero state attaccate dalle forze partigiane.
b-insurrezione o battaglia cittadina (C. Levi) guerra popolare / rivoluzione popolare italiana
Come si può definire la vicenda vissuta da Firenze e dai fiorentini nel mese di agosto del 1944?
Carlo Levi ha proposto alcune definizioni ed alcuni concetti
Verbale della seduta del giorno 14 luglio 1944 del CTLN
Carte Berti
CTLN,b.33(26) fasc. “Verbali CTLN luglio 1944”; Agnoletti, b.1, fasc.6
16
b.1, fasc. 2 “Verbali del CTLN”
Altre copie in:
17 Verbale della seduta del giorno 27 luglio 1944 del CTLN
Carte Berti b. 1, fasc. 2, “Verbali del CTLN”
Altre copie in: CTLN,b.33(26),fasc. “Verbali CTLN luglio 1944”; Lombardi,b.17,fasc.2
18 Verbale della seduta del giorno 26 luglio 1944 del CTLN
Carte Berti b. 1, fasc. 2, “Verbali del CTLN”
Altre copie in: CTLN,b.33(26), fasc. “Verbali CTLN luglio 1944”; Lombardi,b.17,fasc.2
19 Verbale della seduta del giorno 30 luglio 1944 del CTLN Carte Berti b. 1, fasc. 2, “Verbali del CTLN”
Altre copie in: CTLN,b.33(26),fasc. “Verbali CTLN luglio 1944”; Lombardi,b.17,fasc.2
7
Il Ponte20 esattamente un anno dopo scriveva che Firenze aveva dato “il primo esempio in Italia di
un’insurrezione cittadina e di un governo insurrezionale antifascista: quello del CTLN”.
Un’insurrezione presuppone una larga partecipazione di popolo, che può assumere forme varie e
diverse
Il volantinaggio, cartelli stradali, chiodi e il sabotaggio delle comunicazioni
Per tutto il mese di luglio vengono effettuate decine di lanci di volantini, di affissioni di manifesti,
talvolta anche in pieno giorno. Il 2 a S. Frediano, il 3 nella prima zona, il 5 a Brozzi, il 6 a Bagno a
Ripoli, Antella e Osteria Nuova. E così accade ogni giorno. Si hanno lanci mirati, come quello del 7
a S. Martino alla Palma sopra Scandicci, destinato ai coloni. Ma si hanno anche nel cuore della
città: il 12 a Costa S. Giorgio dove, nella medesima azione venivano anche recuperate armi. O in
pieno centro dove il 13 venivano anche lanciati chiodi. In luoghi particolarmente connotati dalla
presenza popolare come Monticelli, il 14 venivano lanciati manifestini in pieno giorno e nel rione
del Pignone addirittura venivano affissi manifestini murali.
Ma un po’ tutte le zone sono investite, via dei Leoni, piazza San Firenze, via Senese, via San
Felice a Ema, S. Giusto di Scandicci e Soffiano, via dei Serragli e in decine di altri punti. Il 29 nel
rione San Frediano si giunge perfino a distribuire volantini in pieno giorno e ad effettuare
contemporaneamente una manifestazione antitedesca.
L’azione per ostacolare e sabotare i collegamenti e le comunicazioni dei nazifascisti si indirizzò
verso il danneggiamento della cartellonistica stradale, che interessò un po’ tutte le zone della città e
del suo territorio.
Il 5 luglio furono distrutti cartelli indicatori ad Arcetri, ed asportati quelli di ponte all'Asse, il 7 fu la
volta di via Tornabuoni, il 9 del Bandino. L’11 in viale Petrarca venivano tolti i cartelli che
segnalavano una buca scavata da operai dell'acquedotto e nottetempo un camion tedesco vi andava
a finire dentro. Anche in un altro punto della prima zona, il 14, essendo stati rimossi segnali
indicatori di interruzione stradale, veniva provocata la fuoruscita di strada di un camion. Talvolta i
cartelli indicatori stradali, anziché asportati venivano invertiti, come accadeva il 15 ancora nella
prima zona.
Poteva accadere talora che l’azione fosse ancora più incisiva, come quando venivano forate le
gomme a due automezzi tedeschi in via del Boschetto oppure venivano catturate due vetture e un
camioncino.
Con i primi di agosto le azioni assumono segno opposto: a Diacceto di Bagno a Ripoli e al Bandino,
le interruzioni stradali sono eliminate prima dell'arrivo degli alleati, e analogamente il ponte
sull'Ema viene riattivato prima dell'arrivo delle avanguardie alleate.
Anche il lancio di chiodi avveniva pressoché giornalmente un po’ in tutte le zone della città: il 2
luglio in via Senese, a Porta Romana, in via delle Due Strade. Poi, l’8 ancora in via Senese a San
Felice a Ema, il 9 in via della Colonna e in via del Ponte alle Mosse, il 10 al Bandino e così via. Si
trattava di chiodi tricuspidali che squarciavano le gomme e costringevano le auto a fermarsi come
accade a due auto tedesche a Porta Romana. Il 18 nei viali di circonvallazione veniva effettuato il
lancio di un nuovo tipo di chiodi tricuspidali che fecero sentire subito la loro efficacia.
Il sabotaggio dei collegamenti telefonici, il taglio e l’asportazione dei cavi era un altro tipo di
azione che vide dispiegarsi un largo e diffuso impegno da parte dei patrioti. Le comunicazioni
telefoniche furono interrotte ripetutamente in varie zone della città. Perfino in zone centrali e ben
controllate, come accadde il 10 luglio in viale Mazzini, venivano tagliati cavi telefonici. Qualche
giorno prima, il 6 era stata la volta dei collegamenti telefonici dei comandi tedeschi dislocati nella
1a zona. Il 20, nella zona del piazzale Michelangelo, si riusciva a tagliare in nove punti diversi due
cavi telefonici e ad asportarne alcuni metri. Il 3 agosto, in via del Paradiso, una partigiana
interrompeva una linea telefonica tedesca che passava nei pressi della sua abitazione.
20
Il Ponte, a. I, n.5, agosto 1945, Redazionale: La battaglia di Firenze, p.365
8
La liberazione dei prigionieri
Il mese di luglio fu contrassegnato anche da altri episodi di grande rilevanza, la liberazione di
prigionieri caduti in mano ai nazifascisti. Il 9 con un audace colpo di mano venivano liberate dal
carcere 17 prigioniere politiche, il 14 era la volta di alcune persone rastrellate dai tedeschi, il 25
venivano fatti fuggire sette patrioti dalle scuole Leopoldine, adibite a luogo di raccolta per i
deportandi. Ai primi di agosto, infine venivano liberati 4 partigiani arrestati e rinchiusi nei locali
della questura in via San Gallo.
Sempre in questo lasso di tempo, che preludeva all’inizio della battaglia di Firenze, si susseguivano
azioni di disarmo di fascisti, di eliminazione di spie, di recupero di armi nelle sedi fasciste o in varie
caserme.
Il 2 luglio venivano asportate armi dalla sede locale del PFR di Mantignano, il 3 in via Mannelli
veniva disarmato un repubblichino, un altro in via Calzaioli. Dalla caserma di via Santa Reparata
venivano asportate armi e munizioni, così come a Marciola di Scandicci o a Fiesole, prelevate da
automezzi tedeschi. A Poggio Sereno il 5, veniva disarmato il locale presidio della GNR. Il giorno
successivo venivano asportate armi e munizioni dalla caserma "Baldissera", ed il 7 dalla Fortezza
da Basso. Lo stesso giorno veniva giustiziato un milite GNR. Venivano recuperate armi anche alla
Caserma dell'84o fanteria. Il 10 in viale principe Eugenio veniva disarmato un fascista, mentre in
piazza Santa Maria Novella era giustiziata una spia fascista. Il giorno dopo, con un audace colpo di
mano, venivano recuperate armi anche dal comando tedesco di viale Machiavelli. In uno scontro
avvenuto il 12 in viale dei Colli, un ufficiale della milizia feriva un gappista. Scontri, ferimenti,
prelievi di armi si susseguono per tutto il mese di luglio con una fitta cadenza quotidiana, tale da
creare grossi problemi agli occupanti nazifascisti.
Verso la fine del mese il ritmo si intensificava e le azioni colpivano direttamente i tedeschi, come
accadde ad esempio il 25 alle Cinque Vie dove l'intervento di una donna impediva a un tedesco di
sparare su un partigiano, che riusciva a salvarsi, ma la reazione di altri componenti della SAP
metteva in fuga i tedeschi. Oppure in piazza Piave dove veniva assalita e disarmata una sentinella
tedesca posta a guardia di una passerella. Il 30 veniva fatta irruzione nel Commissariato di PS di
piazza Santa Maria Novella e vengono asportate armi e munizioni.
L’azione dei GAP ha occupato un largo spazio in tutto questo drammatico capitolo. Sono i gappisti
infatti che il 7 luglio alle Cascine giustiziano un milite GNR, ma sono ancora loro che il 9 con
grande audacia liberano dal carcere 17 prigioniere politiche. Numerose sono le spie giustiziate, ma
assai di frequente anche i gappisti cadono nelle maglie della repressione. Il 12 da parte della banda
Carità sono arrestati alcuni gappisti e viene ferito mortalmente il comandante dei Gap di Firenze.
Il 14 uno dei comandanti dei Gap di Firenze, arrestato, viene ferito mortalmente mentre tenta di
fuggire. Il 23 alle Cascine vengono fucilate 17 persone, fra cui tutti i gappisti arrestati.
Gli scontri con i tedeschi
Il 2 luglio, in via Aretina, la SAP PCI della 4a zona distruggeva due automezzi tedeschi con bombe
incendiarie mentre a Tavarnuzze (Impruneta) la SAP del Galluzzo attaccava automezzi tedeschi. Al
ponte del Pino, il giorno successivo la SAP PSI, confluita poi nella Brigata “B. Buozzi”, Divisione
Garibaldi “Potente”, disarmava tre tedeschi ma li lasciava poi liberi. L’8 in viale dei Colli elementi
del Fronte della Gioventù disarmavano un tedesco ed alla Fortezza da Basso alcuni partigiani della
SAP PCI della 1a zona, nel tentativo di sottrarre armi, erano fatti segno a colpi di arma da fuoco da
parte delle sentinelle tedesche.
Il 10, in via Massaia, la SAP PCI 4a zona sosteneva uno scontro a fuoco con pattuglie tedesche e
fasciste e
l’11, in viale Machiavelli, la SAP PCI della 1a zona con audace colpo di mano recuperava armi dal
comando tedesco. Il 14 la SAP PCI della 1a zona riusciva a liberare alcune persone rastrellate dai
tedeschi ed il 15, in via Veracini, la SAP PCI della 2a zona vuotava un magazzino tedesco
asportando vari generi. Il 17 elementi del Fronte della Gioventù recuperavano 8 bombe a mano da
9
un camion tedesco. Il 20 presso casa Salvini a Fiesole, staffette della SAP di Compiobbi si
scontravano con dei tedeschi ed a Firenze, tra il Mugnone e la Fortezza da Basso, la SAP PCI della
4a zona sosteneva uno scontro a fuoco con una pattuglia tedesca. Elementi poi confluiti nella Div.
GL, catturavano ai tedeschi due vetture e un camioncino. In via Magliabechi, elementi del Fronte
della Gioventù Firenze disarmavano un tedesco. Il 24 aS. Vincenzo a Torri (Scandicci), elementi
della 1a compagnia della 3a Brigata "F.lli Rosselli", confluita nella Divisione GL Firenze,
ingaggiava uno scontro con pattuglia tedesca di guardia ad un ponte. In piazza Piave la SAP PCI
della 1a zona, assaliva e disarmava una sentinella tedesca a guardia di una passerella. Il 26 a Ponte a
Ema, la SAP PCI della 1a zona asportava farina e grano da un mulino minato dai tedeschi che
reagivano dando fuoco al mulino e sparando sulla popolazione. A Ginestra Fiorentina (Lastra a
Signa) militari tedeschi violentavano e uccidevano una donna. Il 27 in piazza S. Marco, elementi
della SAS, squadra d’assalto confluita nella Divisione GL Firenze sabotavano un autocarro dei
VV.FF. catturato dai tedeschi. Il 29 in via IX Febbraio, la SAP PCI della 4a zona asportava armi
dalla locale scuola, adibita a caserma; durante l'azione si aveva uno scontro con i tedeschi. La SAP
PCI della 1a zona sottraeva un'automobile tedesca. A Ginestra Fiorentina (Lastra a Signa) due
mezzadri venivano trucidati dai tedeschi. Il 31 in via Aretina, la SAP PCI della 4a zona aveva uno
scontro a fuoco con pattuglia tedesca, mentre a Ponte a Greve la SAP PCI della 1a zona sottraeva
armi e munizioni da un'auto tedesca.
Il giorno successivo a Bagnolo (Impruneta), banda locale della Formazione "Teseo", effettuava un
rastrellamento contro retroguardie tedesche. Un partigiano rimaneva ucciso.
Il 1 agosto a S. Ilario a Colombaia (Scandicci), la SAP di Scandicci, Squadra autonoma di
Capannuccia si scontrava con due tedeschi che restavano uccisi. Il 2 in via del Fico, la 6a
compagnia della 2a Brigata “F.lli Rosselli” di città, catturava una spia fascista ed aveva uno scontro
a fuoco con pattuglia tedesca. In via Masaccio la 5a compagnia della 2a Brigata "F.lli Rosselli" di
città, attaccava tre autoblinde delle SS.
Il 3 a Scandicci venivano fucilati per rappresaglia 5 uomini e 1 donna. Il 4 all’Isolotto, la SAP PCI
della 1a zona si scontrava con i tedeschi sul guado dell'Arno a monte dell'Isolotto. Al ponte alla
Vittoria due squadre di arditi della SAP PCI della 1a zona, munite di armi automatiche, tentavano di
tagliare i fili che univano le mine alla stazione di brillamento. Avvistate dai tedeschi erano
sottoposte a violento fuoco e costrette a ritirarsi con perdite. Al ponte alla Carraia una compagnia di
patrioti della SAP PCI della 1a zona, tentava di impedire il brillamento del ponte ma non vi
riusciva. I tedeschi di guardia venivano uccisi.
In località Olmo, la SAP di Scandicci ingaggiava un combattimento a fianco degli alleati contro le
retroguardie tedesche.
A Sesto Fiorentino i tedeschi distruggevano gli stabilimenti: Arrigoni, Del Vivo, Magazzini
Farmaceutici e la stazione ferroviaria.
Il 5 presso il fosso delle Grazie, a Fiesole, la 2a Brigata "F.lli Rosselli", aveva uno scontro con due
tedeschi che venivano eliminati mentre un partigiano di questa stessa formazione uccideva un
tedesco al Poggio alle Tortore. Presso l’Istituto Chimico Farmaceutico Militare i tedeschi
fucilavano 12 civili.
Il gruppo Comando della 10a brigata Garibaldi “Caiani”, Divisione Arno, il 7, in località
Rovezzano, attaccava una pattuglia tedesca, mentre presso villa "La Massa" a Pontassieve, il
comandante della 2a Brigata "Rosselli", nel corso di uno scontro con una pattuglia tedesca, veniva
catturato. A Firenze, nel corso di un rastrellamento venivano catturati 15 uomini, in seguito
impiegati nei lavori di fortificazione della "Linea Gotica".
L’avvicinamento delle brigate di montagna e l’inizio della battaglia di agosto
Durante il mese di luglio le formazioni partigiane iniziavano un movimento per avvicinarsi a
Firenze e per prepararsi alla battaglia per la liberazione della città. A Firenze, l’8 luglio il CTLN
delibera di rimanere in funzione fino alla fine della guerra.
10
Intanto le forze britanniche del 15th Allied Army Group, 8th UK Army, XIII Corps si schieravano a
cavallo della parte meridionale del territorio provinciale mentre il primo Corpo d'Armata tedesco si
schierava lungo una linea che aveva come limite sul fianco sinistro Lucolena, Pian d'Albero, Troghi
e Rosano e sul fianco destro Castelfiorentino, Montelupo, Prato.
Il 15 luglio il fronte passava per il Massiccio del S. Michele e qui, nei pressi di Monte Scalari, gli
alleati stabiliscono la nuova linea del fronte.
Il 21 il CTLN delibera di conquistare la città prima dell'arrivo degli Alleati, attaccando i
nazifascisti. Lo stesso giorno iniziava lo spostamento della Brigata Sinigaglia verso Fonte Santa di
Bagno a Ripoli. Il 22 si ricongiungevano anche la "Lanciotto" e il comando della Divisione. Poi il
comando della Divisione si spostava mentre la brigata rimaneva sul posto. Il 23 la 2 compagnia
della "Lanciotto" raggiungeva Compiobbi, la 2a compagnia della 3.a brigata Rosselli si attestava in
Firenze, mentre la 1a compagnia restava dietro le linee tedesche e la 3a operava nella zona di
Montespertoli.
All’inizio di agosto le forze partigiane presenti sulla riva sinistra dell'Arno, inquadrate nella I zona,
disponevano di 780 uomini, 280 fucili e moschetti, 10 fucili mitragliatori, 2 mitra pesanti, 191
pistole, 490 bombe a mano. La 2a compagnia della 3a Rosselli si riuniva nella caserma di via Pier
Luigi da Palestrina.
Il 3 agosto alle ore 15 il Comando tedesco proclama lo stato di emergenza nella città, vietando alla
popolazione di uscire dalle proprie abitazioni.
Nei giorni successivi si avevano scontri con i tedeschi sul guado dell'Arno a monte dell'Isolotto e
contemporaneamente la Brigata Sinigaglia lasciava la sua postazione di Bagno a Ripoli e si metteva
in marcia per Firenze. Anche la 4 compagnia della Caiani si avvicinava a Firenze stabilendosi a
Compiobbi.
La Sinigaglia si riuniva con la 5 compagnia della SAP PCI della 1a zona, mentre la 4a Brigata
"Rosselli" entrava in Firenze, provenendo dalla zona Impruneta - Grassina in cui aveva operato.
Altri reparti dislocati nel borro di Rimaggio e spostatisi verso ovest per sfuggire ai tedeschi,
muovevano verso Firenze. A Villamagna la 5 e 6 compagnia della SAP PCI della 1a zona,
accerchiava 150 tedeschi.
A Pozzolatico la banda locale appartenente alla Formazione "Teseo" entrava in contatto con i
reparti alleati avanzanti e forniva utili informazioni sui campi minati della zona.
Il 4 le forze della Divisione Arno stabilivano contatti con i comandi delle avanguardie inglesi.
Il 6 il comandante del Comando Militare Toscano, Corpo Volontari della Libertà, prendeva contatto
con il maggiore capo dell'Ufficio Informazioni e con il capo di Stato Maggiore della Divisione
inglese schierata a sud della città.
L’8 la brigata “Caiani” attraversava l'Arno a Rovezzanoe stabiliva contatti con le forze alleate e con
la 1a e 2a Compagnia della Brigata "Lanciotto".
Il giorno stesso cadeva colpito a morte Aligi Barducci (Potente), comandante della Divisione. La
Divisione ne prendeva il nome.
L’11 una squadra della banda di Pozzolatico della Formazione "Teseo", dopo essere stata disarmata
dagli Alleati, riusciva ad attraversare l'Arno e ad unirsi ai patrioti che combattevano a nord della
città.
Al mattino del giorno stesso il CTLN si insediava in Palazzo Medici Riccardi, così come il
Comando Militare che lascia la sua sede clandestina di Piazza Strozzi. Palazzo Vecchio era
occupato e presidiato da forze partigiane. In via Cavour, via San Gallo, via Capponi si schieravano
squadre d’azione del PCI, di GL, del PLI. Sulla riva sinistra del Mugnone prendeva posizione la 3a
compagnia della “Caiani”. Anche la “Fanciullacci” iniziava lo spostamento da Monte Morello verso
Firenze, mentre la “Caiani” entrava in città dalla parte nord. I comandi della “Sinigaglia” e della
“Lanciotto” attraversavano l’Arno con 135 uomini. Numerosi altri erano i tentativi, alcuni riusciti,
altri falliti, di attraversamento dell’Arno, a nord e a sud, a Rovezzano o alle Cascine.
Le forze partigiane dislocate nella II zona sembra che ammontassero a 420 uomini con 170 fucili, 8
fucili mitragliatori, 2 mitra pesanti, 160 pistole, 275 bombe; quelle della III zona a 940 uomini con
11
371 fucili, 17 fucili mitragliatori, 402 pistole, 364 bombe; quelle della IV zona a 706 uomini con
230 fucili, 13 fucili mitragliatori, 2 mitra pesanti, 187 pistole, 316 bombe.
Alle ore 6 di quel giorno, 11 agosto, su ordine del Comando Militare veniva dato il segnale
dell'insurrezione mediante il suono a martello della campana di Palazzo Vecchio.
Il giorno stesso, l’11 agosto, in via dello Statuto, uomini della SAP PCI della 3a zona, superato di
slancio il Mugnone, attaccavano retroguardie tedesche, ma venivano arrestati e respinti, subendo 1
morto e 7 feriti. Iniziavano anche azioni di fuoco e tentativi di assalto contro i tedeschi che
occupavano la Manifattura tabacchi.
II 12 la brigata “Buozzi”, che era rimasta tagliata fuori, riusciva a superare la linea di fuoco nella
zona della ferrovia di Campo di Marte e si univa al grosso delle forze partigiane. Nei giorni
successivi gli scontri si susseguivano frenetici, la battaglia infuriava ed investiva numerosi punti
della città. Alcuni giorni dopo, il 18, la 3a Brigata "Rosselli" e la "Sinigaglia", stabiliti i contatti tra
loro, impegnavano combattimento contro i tedeschi nella zona di piazza Dalmazia, sulla destra del
Mugnone nella zona del Villino Boccaccio. Il 28 la 2a compagnia della Brigata "Buozzi" si sposta
in piazza delle Cure.
La battaglia contro i franchi tiratori
L’azione dei patrioti e dei partigiani durante questo periodo, dovette fare i conti con l’enorme
pericolo costituito dai franchi tiratori che imperversavano soprattutto contro la popolazione civile,
uccidendo indiscriminatamente e con intento terroristico. Combattimenti venivano ingaggiati sin dai
primi di agosto in varie parti della città, ovunque si presentasse la minaccia.
Così episodi si verificavano il 4 presso il ponte alla Vittoria, in piazzale Poggi, in piazza Tasso, al
Conventino. Se sulla riva sinistra veniva effettuato un rastrellamento delle case prospicienti l'Arno,
dopo l’11 analoghe operazioni si sarebbero svolte in via Calzaioli, in piazza San Firenze, in via del
Corso, in via Ghibellina. Ed ancora in zone che si presentavano più difficili, come presso
l’Ospedale Mayer, in via Masaccio, in via Fra' Bartolomeo, o in piazza Madonna, in via Nazionale,
in via Faenza, in Santa Maria Novella.
Spesso i franchi tiratori venivano snidati, nonostante ricorressero ad espedienti fantasiosi, come
quei quattro che furono attaccati, nonostante fossero travestiti da frati.
Per coloro che venivano catturati con le armi in pugno si procedeva alla fucilazione immediata,
come accadde in piazza Puccini ilo 12 o in via Dupré, il 16, o in via Baracca e al ponte alle Mosse il
20.
La battaglia in città
Innumerevoli furono gli scontri che si verificarono in città prima dell'arrivo degli alleati, in via della
Colonna, al ponte del Pino, lungo l’Africo, in via Masaccio, piazza Savonarola, alla Manifattura
Tabacchi, in viale Belfiore, in via Paisiello, in viale Belfiore, a Rovezzano, in via Madonna della
Tosse, in piazza Cavour e altrove un po’ dappertutto.
In complesso furono molte decine le scaramucce e le battaglie a fuoco con pattuglie e reparti
tedeschi, ma anche di SS italiane, come quelle attaccate il 13 al Ponte del Pino. Talvolta venivano
anche attaccati gruppi armati con mitragliatrici e cannoncini, o addirittura carri armati e mezzi
blindati.
Il 12 una compagnia della "Lanciotto", mandata a sbloccare un nucleo di partigiani delle SAP del
PSI, circondato dai tedeschi nei pressi del Mulino Biondi, in viale dei Mille, ricacciava fino alla
ferrovia i tedeschi. Tuttavia i rinforzi ricevuti dai tedeschi costringevano i partigiani a ripiegare.
Nei giorni successivi i partigiani furono talora affiancati da gruppi dell'esercito inglese e poterono
perciò agire con più efficacia. Talora si doveva rispondere al fuoco di artiglieria, che si avvaleva
anche di pezzi da 37, talaltra si dovevano respingere tentativi di infiltrazione nemiche.
Decine e decine, anzi centinaia furono i caduti ed i feriti tra i partigiani, i patrioti ed i civili che si
impegnarono nella dura battaglia per liberare la città.
12
Nella seconda metà di agosto i tedeschi, incalzati ora da partigiani e alleati, intensificarono le
operazioni per lo sganciamento e, protetti da una intense azioni di artiglieria, si ritirarono verso
Nord.
Nondimeno proseguirono cannoneggiamenti sulla città, come quello sul Parterre e furono effettuati
anche tentativi di infiltrazione, ad esempio nelle Officine Galileo, dove il presidio partigiano fu
costretto a ripiegare, o in via Faentina, dove reparti di paracadutisti si spinsero fino alla scuola
Boccaccio.
Il 24 i tedeschi tentarono addirittura un contrattacco per raggiungere piazza Viesseux provenendo
dalla ferrovia, da via del Romito, da via del Palazzo Bruciato, da via Montelatici. Furono respinti
ma 6 partigiani rimasero uccisi negli scontri.
Intanto partigiani della “Lanciotto”, con l'aiuto di truppe corazzate inglesi, avanzavano sulla via
Bolognese e, il giorno successivo, sulla via Faentina e Il Lapo.
Nella loro ritirata i tedeschi saccheggiavano le abitazioni distruggendo ciò che non riuscivano ad
asportare, come accade a Ponte a Mensola.
Gli sminamenti
Già prima dell’inizio della battaglia di Firenze, i patriotti si erano impegnati in una intensa azione
mirata a neutralizzare il sabotaggio tentato dai tedeschi con il minamento di strade, ponti,
monumenti.
Il 24 luglio a S. Felice a Ema la SAP PCI della 1a zona, disinnescava alcune mine e recuperava
materiale esplosivo. Il 29 venivano sabotate diverse mine tedesche da parte della SAP PCI della 1a
zona mentre tra il 4 e l’11 agostomembri della SAP PCI della 1a zona riuscivano a neutralizzare le
mine destinate a far saltare gli impianti dell'acquedotto di Mantignano.
Ritirandosi da Settignano, il 4-5 i tedeschi riuscivano a far saltare in aria buona parte dell'abitato,
così come avevano fatto al ponte alla Vittoria ed al ponte alla Carraia, nonostante i tentativi,
generosi ma inefficaci, dei patrioti. Alcuni partigiani della Brigata Garibaldi "B. Buozzi",
riuscivano a strappare le micce visibili che collegavano le mine poste sotto i ponti del Mugnone ed
al momento del brillamento il Ponte Rosso restava danneggiato solo parzialmente.
L’11 un reparto della 3a Brigata "Rosselli", attaccava alcuni paracadutisti tedeschi intenti ai lavori
di mina sulla scarpata della ferrovia ingaggiando un duro combattimento. Al ponte alle Mosse la 3a
e 4a compagnia della "Lanciotto", tentava inutilmente di evitare il brillamento delle mine sotto il
ponte alle Mosse. In viale Belfiore la 2a compagnia della 3a Brigata "Rosselli", attaccava pattuglie
tedesche che avevano minato il cavalcavia ferroviario. Il 15 agosto la Federazione di Firenze del
PSI organizzava e poneva a disposizione dei comandi alleati un distaccamento di 40 artificieri
specializzati per la rimozione delle mine. Il 25 la 3a Brigata "Rosselli" toglieva le mine tedesche in
via Casamorata, all’angolo di via Incontri, mentre la SAP del PLI neutralizzava 15 mine a villa
Bemporad, in località La Macina.
Le fasi della battaglia di agosto in città
Per ordine del Comando Militare Toscano “Marte”, l’11 agosto alle ore 6 veniva dato il segnale
dell'insurrezione mediante il suono a martello della campana di Palazzo Vecchio.
In località Tre Pietre, la SAP PCI della 2a zona, si scontrava duramente, prima dell'arrivo degli
alleati, con le retroguardie tedesche. Intanto una pattuglia della "Sinigaglia" attraversava l'Arno a
Rovezzano, mentre un’altra pattuglia veniva bloccata dalla reazione tedesca alle Cascine.
Reparti di patrioti della SAP PCI della 3a zona, superato di slancio il Mugnone in via dello Statuto,
attaccavano retroguardie tedesche, ma vengono arrestati e respinti, subendo 1 morto e 7 feriti. Al
ponte alle Mosse partigiani della 3a e 4a compagnia della "Lanciotto", tentavano inutilmente di
evitare il brillamento delle mine ed in via della Colonna, elementi della Brigata "V" riducevano al
silenzio una pattuglia tedesca. Nella zona del ponte del Pino – Africo combattevano SAP della 4a
Zona e partigiani della “Buozzi”, mentre altri della stessa formazione e della SAS GL sostenevano
il fuoco di tedeschi appostati dietro l’angolo di Via Fra’ Bartolomeo. In via delle Cascine, in viale
Belfiore e in via Paisiello le SAP di Firenze e la 3a e 4a compagnia della "Lanciotto" iniziavano
13
azioni di fuoco e tentativi di assalto contro i tedeschi che occupano la Manifattura tabacchi. In viale
Belfiore la 2a compagnia della 3a "Rosselli", attaccava alcune pattuglie tedesche che avevano
minato il cavalcavia ferroviario. Anche a Lungo l’Africola SAP PCI della 4a zona, si scontrava con
dei tedeschi che cercavano di far saltare un ponte.
In via Madonna della Tosse, angolo via Pascoli, in piazza Cavour, in via Landino angolo viale
Milton e strade adiacenti, dove combattevano elementi della Brigata "V", della "Rosselli" di città e
della "Lanciotto", un partigiano rimaneva ucciso. In via Lamarmora angolo via principe Amedeo, e
in via Masaccio elementi della Brigata "V" e della SAP PCI della 3a zona, si scontravano con
franchi tiratori e guastatori tedeschi.
Un gruppo della SAP PLI combatteva a Ponte a Mensola.
Intanto i tedeschi facevano saltare il ponte alle Mosse e apprestavano un centro di fuoco in via
Masaccio all’angolo con via Fra' Bartolomeo, dove per altro erano già in corso degli scontri. Il
CVL, Comando Militare Toscano “Marte” individuava anche due carri armati tedeschi in piazza
Cosseria, una batteria di mortai dietro ponte alle Mosse e nidi di mitragliatrici fra le macerie e nelle
case di via XX settembre e piazza Cosseria. Nonostante la resistenza dei partigiani i tedeschi
riescivano a penetrare nel Parterre.
Tra il 12 ed il 15 agosto la dislocazione dei tedeschi nel settore centrale della città, andava da via
del Romito a via Bolognese, con disseminazione di pezzi di piccolo calibro, piazzamento di fucili
mitragliatori e mitragliatrici nelle case e perfino con due carrarmati, uno in angolo di via Trento ed
uno in angolo di via del Pellegrino. Il comando si trovava in una casa d'angolo tra via 24 maggio e
viale Cadorna. La linea del fronte tedesco proseguiva verso est da piazza Berta al ponte alle Riffe, a
via Mossotti e viale dei Mille. Anche qui erano localizzati pezzi anticarro, e numerosi nidi di
mitragliatrici, mentre il comando era dislocato in P.za S.Gervasio angolo V. Baldesi.
Il diario dei giorni successivi era punteggiato da innumerevoli episodi a fuoco, con scontri
distribuiti in tutta la città. Nei pressi del Mulino Biondi la "Lanciotto" attaccava i tedeschi ma, dopo
averli ricacciati fino alla ferrovia i tedeschi, era costretta a ripiegare dopo l’arrivo di nuovi rinforzi
nemici. Al Casone Rosso detto La Nave, invece la Lanciotto respingeva i tedeschi, che tentavano di
occupare la zona. Cinque partigiani restavano feriti.
La “Rosselli” costringeva il nemico a retrocedere in viale Belfiore e dintorni e in piazza S. Marco
respingeva un tentativo di infiltrazione nello schieramento partigiano. Al Ponte del Pino
combattevano elementi del Fronte della Gioventù. Negli scontri a fuoco con retroguardie tedesche
attestate alla Manifattura Tabacchi, il Casone dei ferrovieri diveniva una importante postazione per
la "Sinigaglia" e per alcune pattuglie della SAP DC. Mentre in piazza S. Iacopino si avevano focolai
di combattimento, protagonisti la "Rosselli" e la "Lanciotto", alcune pattuglie tedesche riuscivano
ad arrivare fino al sottopassaggio di viale Belfiore prendendo sotto tiro il viale e via Benedetto
Marcello, ed altre due pattuglie attraversavano il ponte all'Asse e il ponte S.Donato, spingendosi
fino a piazza S.Iacopino e via Bartolini.
I tedeschi, attestati sulla riva destra del Mugnone, tenevano sotto tiro con mitragliatrici e cannoncini
la zona del ponte alle Mosse - p.za Cosseria - v. XX settembre - ponte Rosso, mentre due carri
armati ed alcune mitragliatrici battevano ripetutamente e con efficacia le vie parallele a via Lulli tra
il Terzolle e la zona dei Macelli. Ancora in S. Iacopino la “Sinigaglia” respingeva tentativi di
infiltrazione ed in viale regina Margherita la SAP PCI della 3a zona faceva fuoco contro alcuni
soldati nemici. Nella zona di ponte alle Mosse, la "Sinigaglia", e la SAP PCI della 3a zona
respingevano un attacco tedesco. A villa Demidoff la "Rosselli", respingeva alcuni attacchi di
nuclei tedeschi attestati dentro la villa. In via Laura un partigiano della SAP PCI della 3a zona
moriva in combattimento, mentre alla Fortezza da Basso la "Lanciotto" respingeva un reparto
tedesco munito di mitragliatrici e di mortai. Da parte dei nazifascisti intanto si insisteva nel
rafforzare la resistenza e nel contrattaccare: un reparto di SS italiane piazzava un centro di fuoco
con 2 mitragliatrici al ponte del Pino, mentre in viale dei Mille e viale Fanti i tedeschi facevano
fuoco sulle postazioni partigiane con pezzi da 37. Lungo il Mugnone era una compagnia della
“Rosselli", che reagiva al fuoco delle armi automatiche nemiche, in viale principessa Clotilde
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combatteva lo Squadrone "F" del Regio Esercito italiano mentre in piazzale Donatello teneva il
fronte la SAP PLI.
Nei giorni successivi, 15-16 agosto, mentre i cannoneggiamenti tedeschi causavano danni alla
chiesa di S. Michele a Monterigoldi a Pian dei Giullari, l’attività combattiva proseguiva con
intensità in S.Iacopino, dove infiltrazioni nemiche erano stroncate sul nascere, al Casone dei
ferrovieri dove era respinto un attacco in cui cadeva un militare germanico, alla stazione ferroviaria
di S. Maria Novella, dove il contrattacco tedesco con armi pesanti causava 3 morti e 3 feriti della
"Lanciotto". Nei viali di circonvallazione la "Rosselli" ed elementi della SAP PCI della 3a zona,
respingevano infiltrazioni tedesche ed in piazzale Donatello le SAP PSI attaccavano i nemici che
avevano occupato un edificio della piazza. Il giorno successivo un'autoblinda e una ventina di
tedeschi si infiltravano nelle linee partigiane ma, presi fra due fuochi, erano costretti ad
asserragliarsi in un rifugio antiaereo quindi a ritirarsi.
Il 16 agosto la linea del fronte tedesco andava, a nord-est, da Sant'Andrea a Rovezzano a Ponte a
Mensola, via S. Domenico, Accademia della Milizia Forestale, mentre a nord andava da viale Volta
a piazza delle Cure a via XX settembre e al Ponte allo Statuto, ed a nord-ovest dalla riva destra del
Mugnone a via delle Cascine e Piazzale del Re.
Il 17, la "Lanciotto", mentre indirizzava alcune puntate verso S. Domenico e l’ospedale di
Camerata, dove restavano uccisi 1 partigiano e 2 tedeschi, veniva attaccata alla Fortezza da Basso
mentre alcuni partigiani della “Rosselli” attaccavano, in cooperazione con le truppe inglesi le
postazioni nemiche in piazza Cavour.
Un cannoneggiamento germanico sull’ospedale di S. Salvi, provocava la morte di 6 civili
(infermieri e degenti) ed un rastrellamento a S. Vincenzo a Torri (Scandicci) so concludeva con la
fucilazione di 2 giovani. In questo momento i tedeschi potevano fare affidamento su artiglierie da
75 e 88 dislocate a Careggi, nuclei di mitragliatrici a Villa Incontri, 50 paracadutisti a Villa Salviati,
mortai a Settignano.
Intanto la "Lanciotto", costringeva in via delle Panche i tedeschi al ripiegamento e pattuglie della
"Sinigaglia" e delle SAP superavano il Mugnone ed entravano in contatto con il nemico.
La “Rosselli” e la “Sinigaglia”, stabiliti i contatti tra loro, impegnavano combattimento contro i
tedeschi in piazza Dalmazia e si congiungevano sulla destra del Mugnone nella zona del Villino
Boccaccio. In via Vittorio Emanuele II, la Brigata "V" e SAP PCI della 3a zona combattevano
insieme e in seguito a duri scontri riuscivano ad attestarsi lungo la linea del Mugnone mantenendo
pattuglie in piazza Viesseux.
In viale Bassi e via Centostelle la "Lanciotto", si scontrava con i tedeschi, mentre al Ponte di Mezzo
la “Sinigaglia" attaccava postazioni nemiche e la "Rosselli", occupava la fabbrica delle Officine
Galileo dopo aver sostenuto scontri nelle strade adiacenti. In un conflitto a Camerata, presso villa
Palmieri, la "Lanciotto" uccideva due tedeschi e recuperava 2 mitragliatrici ma subiva il ferimento
di cinque partigiani.
I tedeschi, dopo essersi ritirati da piazza Dalmazia, portando con sé i caduti, tentavano di nuovo, ma
inutilmente, di riconquistare la posizione, quindi, protetti da una intensa azione di artiglieria si
ritiravano a Nord di Firenze.
Il 19 agosto la "Lanciotto" individuava ed eliminava un osservatorio tedesco sul serbatoio
dell'acqua delle officine Pignone, mentre la SAP DC subiva uno scontro a fuoco in via Baracca e
Ponte alle Mosse ed in via Massaia combattevano elementi della Brigata "V" e della SAP PCI
della 3a zona. In via Vittorio Emanuele II, una pattuglia tedesca veniva respinta da un nucleo di
partigiani della "Lanciotto". Altri scontri avvenivano in S.Gervasio, in piazza Dalmazia, in viale
Morgagni. In via Vittorio Emanuele II, la "Lanciotto", effettuava un rastrellamento con l'appoggio
di 3 autoblinde alleate.
I tedeschi intanto cannoneggiavano il Parterre e fucilavano 2 civili per rappresaglia a Badia a
Settimo (Scandicci).
Il 20 agosto, grazie ad un partigiano della "Rosselli", si riusciva a scoprire le postazioni dei tedeschi
all'interno dell'Ospedale di Careggi; nello scontro a fuoco morivano 3 partigiani della “Buozzi”.
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Intanto i combattimenti proseguivano alla Manifattura Tabacchi dove le postazioni nemiche
venivano occupate dai partigiani della "Sinigaglia", che poi riducevano al silenzio un nido di
mitragliatrici nemico, dislocato in villa Sassetto, e successivamente espugnava una postazione
tedesca in via Torre degli Agli, dopo aver sostenuto combattimenti al Ponte alle Mosse, al Ponte di
Mezzo, al cimitero ebraico e in via Baracca, dove cadeva un partigiano. Il giorno successivo
attaccavano le Officine Galileo, che erano state riconquistate dai tedeschi, uccidendone 3 e
giustiziando 2 franchi tiratori.
La “Lanciotto” ingaggiava battaglia in via Bolognese, in S. Gervasio e in via Boccaccio dove
restavano uccisi due tedeschi ed un partigiano. Un altro partigiano, della "Sinigaglia", restava
ucciso al Ponte di Mezzo.
Un attacco tedesco proveniente da Maiano, veniva respinto al Salviatino dalla "Lanciotto", mentre
a S. Domenico (Fiesole) toccava alla "B. Buozzi" contrastare alcune pattuglie nemiche.
Intanto da parte tedesca l’intenso fuoco di artiglieria provocava numerose vittime fra la popolazione
civile della seconda zona, e puntate offensive si avevano in via Faentina, dove gruppi di
paracadutisti si spingevano fino alla scuola Boccaccio, in via Bolognese e al Pellegrino dove
venivano respinti dalla Brigata "V", in via Montughi e villa Fabbricotti, dove si trovava la
"Rosselli".
In via Cento Stelle e al Salviatino la "Lanciotto" costringeva il nemico, che aveva attaccato, al
ripiegamento ed il 24 agosto, dopo un temporaneo ripiegamento del fronte, causato da un attacco
nemico, riconquistava le precedenti posizioni in via Trieste.
A villa Ignesti, ex sede delle SS tedesche, la Brigata "V", sosteneva un violento scontro a fuoco ed i
partigiani della "Sinigaglia" erano costretti a ripiegare sulla linea del Mugnone, ponte di Mezzo. Il
tentativo nemico di raggiungere piazza Viesseux provenendo dalla ferrovia, da via del Romito, da
via del Palazzo Bruciato, da via Montelatici veniva respinto ma 6 partigiani restavano uccisi negli
scontri. Anche nella zona di piazza Dalmazia, una pattuglia tedesca, infiltratasi nello schieramento
partigiano, veniva respinta dalla “Rosselli”, così come alle Cascine faceva la "Sinigaglia" ed al
ponte del Pino la "Lanciotto", che aveva attaccato per prima.
La collaborazione tra partigiani ed alleati dava risultati molto positivi, ad esempio a villa Carobbi
sulla riva destra del torrente Terzolle, o a La Pietra in via Bolognese, dove intervenivano anche
truppe corazzate.
Mentre i partigiani della “Buozzi” si preparavano ad attaccare Fiesole, e per questo avevano
effettuano il rilevamento delle posizioni tedesche, e la “Lanciotto” effettuava alcune puntate alle
cave di Maiano, a Fontelucente erano arrestati e fucilati alcuni partigiani e gruppi di civili,
rastrellati nel paese, venivano adibiti allo scavo di trincee.
Il 25 la SAP PCI della 3a zona riconquistava le posizioni perdute il giorno precedente, attestandosi
sulla via Montemaggi - via di Rifredi, dove la "Lanciotto", attaccava il presidio tedesco.
La "Rosselli", appoggiata dagli inglesi, giungeva nelle immediate vicinanze dell'ospedale di
Careggi e la "Lanciotto", anch’essa appoggiata da mezzi corazzati inglesi, avanzava sulla via
Faentina.
Una puntata offensiva tedesca veniva respinta il 26 al ponte del Pino dalla "Buozzi", che ingaggiava
combattimento anche in via Boccaccio, al Salviatino, villa Palmieri e in via Faentina dove
eliminava 2 nemici.
Due partigiani della SAP che stavano scortando un militare americano in perlustrazione, restavano
uccisi in via dei Cappuccini nei pressi della chiesa, mentre nella zona del ponte di Mezzo, la "
Sinigaglia" effettuava rastrellamenti contro franchi tiratori.
Il 27 due squadre di patrioti della SAP attaccavano di sorpresa in via Borghini un reparto tedesco di
20 uomini costringendolo a ritirarsi mentre presso la Chiesa dei Cappuccini una pattuglia
partigiana della "Rosselli" eliminare il centro di resistenza nemico; contemporaneamente però le
posizioni partigiane della zona di via Vittorio Emanuele II piazza Dalmazia venivano
cannoneggiate.
Durante la loro ritirata i tedeschi saccheggiavano le abitazioni distruggendo ciò che non riuscivano
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ad asportare, come accadde a Ponte a Mensola.
Durante uno scontro sulla riva destra del torrente Terzolle, una squadra della "Rosselli", respingeva
20 paracadutisti tedeschi che tentavano di annidarsi nelle case lungo il torrente, prendendone due
prigionieri. Due partigiani della “Sinigaglia” cadevano in combattimento in via Celso e scontri
furiosi si svolgevano in via del Barco e in via del Pergolino, presidiata dalla "Buozzi". Tre
partigiani della "Lanciotto" restavano feriti da un violento fuoco di mortai in località La Pietra,
mentre a villa Palmieri una squadra della "Buozzi", con reparti angloamericani snidavano un nucleo
tedesco. Nel respingere un attacco tedesco in viale Corsica, il 29 un partigiano della "Sinigaglia"
restava gravemente ferito e tre tedeschi venivano uccisi.
Intanto i duelli delle opposte artiglierie causavano la distruzione della chiesa di Settignano, mentre
nella zona di Careggi, i tedeschi facevano saltare l'ultimo tratto di fognone, attraverso il quale i
civili internati all'ospedale raggiungevano la città. Il 30 nel I e II settore della città un intenso
fuoco di artiglieria e mortai si rovesciava sulle posizioni partigiane.
A Ponte a Mensola i nazifascisti compivano rappresaglie contro civili.
Il 31 dopo 20 giorni di combattimenti i tedeschi ripiegano da Careggi (Firenze) verso nord.
c-I CLN come organi di governo
La situazione alimentare ed igienico sanitaria di Firenze si presentava in termini drammatici
soprattutto nei giorni dell’emergenza, subito dopo il 3 agosto.
L’8 vi era stato un incontro tra alcuni notabili cittadini ed il comandante tedesco presso l’Albergo
Baglioni. Era stato fatto presente che l’impianto dell’acqua potabile non poteva funzionare per
mancanza di corrente elettrica. La cittadinanza assetata disponeva di una minima quantità di acqua
che veniva attinta a pozzi, talora inquinati. La distribuzione del pane era sospesa da tre giorni, e solo
il giorno 7 erano state messe in circolazione quantità minime di grano e farina. Non esistevano
scorte di altri generi alimentari e non era possibile rifornirsi. Le condizioni igienico sanitarie erano
gravissime. Case e strade erano piene di immondizie, le latrine erano ostruite per mancanza di
acqua, le abitazioni sovraffollate e mancanti anche di aria e di luce per la chiusura obbligatoria delle
finestre. Lo stato di salute della popolazione allarmante: c’era tifo endemico e dissenteria ed altre
infezioni. La mortalità dei bambini per mancanza di latte elevata.
Le risposte del comandante tedesco furono largamente insufficienti e prefiguravano una situazione
che avrebbe potuto precipitare a brevissima scadenza.
Di questa gravità era consapevole il CTLN che, l’11 agosto iniziava subito a lavorare per alleviare
le condizioni dei fiorentini. Già per il pomeriggio di quel giorno, alle ore 15, venivano adunati in
Palazzo Vecchio cento uomini robusti per impiegarli nel trasporto di viveri destinati dagli Alleati
alla città. Il trasporto avveniva attraverso il Corridoio vasariano.
Già nei due giorni precedenti erano arrivati 1.200 quintali di farina, ammassati nel garage della
prefettura e della Misericordia, ed erano stati distribuiti in ragione di 82 grammi equivalenti a 100
di pane al giorno a testa.
Intanto si mettevano in pratica le misure già deliberate alcuni giorni prima 21 : propaganda per
incoraggiare il conferimento agli ammassi, censimento di tutti i molini di ogni tipo, censimento
di tutti i mezzi di lavoro animali ad agricoli, incremento dell’importazione del bestiame da macello
dalla Maremma e dall’Agro Romano, dove si riteneva che i tedeschi non avessero potuto compiere
requisizioni su larga scala; immediato assoluto divieto della macellazione, soprattutto della
macellazione clandestina. Abolizione del blocco per la circolazione del vino per la Provincia e fuori
Provincia.
Verbale della seduta del giorno 5 agosto 1944 pomeriggio CTLN b.33 (26) fasc. “Verbali CTLN agosto 1944”
Altra copia in Lombardi, b.17, fasc.2; Berti,b.1, fasc. “Verbali CTLN”
21
17
d-CTLN e Firenze come “laboratorio politico e culturale” (The Times: teatro di uno
spontaneo esperimento di autogoverno) le idee per l’Italia liberata
CTLN ottobre 1943: assumere “l’intero controllo politico e amministrativo locale (Ballini, NA, 7)
“governo provvisorio della città e della provincia”
il manifesto del 7 giugno, proposto dal PdA: ISRT, fondo Berti, b.1, f.2, Verbali del CTLN, verbale
del 7 giugno 1944, pubblicato da Ragghianti 155-7
…tutte le formazioni partigiane della regione… devono seguire gli ordini che verranno
emanati dal CTLN…
verbale 22 luglio:
1-attacco alle retroguardie tedesche, escludendo a priori le formazioni compatte, e cioè
attaccare quando i rapporti di forza lo consentono
2-l’occupazione della città
3-3 il servizio di ordine pubblico
cambiamento della situazione con l’emergenza e la mancata città aperta
La seduta del 10 agosto
1 la liberazione come sviluppo e coronamento della guerra partigiana
le azioni del mese di luglio
la battaglia dell’agosto
2 la liberazione come autogoverno
3 il laboratorio politico e culturale del dopoliberazione
Il conflitto con il prefetto Paternò
E i rapporti CTLN governo
3 gennaio 1944 (del. Ctln)
governo provvisorio della città e della provincia di Firenze
decadenza di tutte le istituzioni
7 giugno 1944 (manifesto PdA appr. ctln)
il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale, come rappresentante del popoloi,
autorità politica dell’Italia occupata
Tutte le formazioni partigiane….
Tutti i poteri di governo….
unica
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Comitati…
17 giugno 1944 e 10-11 luglio (del. ctln)
Nomina giunta comunale
26 luglio (del. Ctln)
ottenere dagli alleati il riconoscimento come unico rappresentante del popolo toscano
riconoscimento di tutte le nomine e disposizioni assunte
2 – 16 agosto
il ctln assume i poteri di governo (Ragghianti)
(perché il 2 agosto???)
(perché il 16 agosto???)
10 agosto
il Ctln chiede di essere riconosciuto come rappresentante del Governo Nazionale
ante 10 agosto
elenchi componenti giunta ecc e attività fino al 10 agosto (isrt, carte berti, fasc. Miscellanea….
9 agosto 1944)
11 agosto
tutte le amministrazioni si insediano nelle diverse sedi “per assicurare la continuità dei
pubblici servizi” (isrt, carte berti, fasc. Miscellanea…. 9 agosto 1944)
Nel 1947, quando ormai si cominciavano a sentire i primi affetti della guerra fredda,
sarà ancora una rivista prestigiosa fiorentina, quella diretta da Piero Calamandrei, che vorrà
suggellare quella che viene consdierata come la conclusione di un ciclo, epico e travolgente
e titolerà un proprio numero speciale La crisi della Resistenza.
I convegni provinciali e regionali dei CLN
aprile 1945
20-21 maggio 1945
Emerge il significato profondamente regionalistico della liberazione di Firenze e della
Resistenza ma è un regionalismo che guarda alla nazione, al patrimonio dell’Italia unita
Non c’è traccia di egoismo
Anzi affiora la solidarietà con le altre realtà regionali italiane
Firenze e la Toscana per 8 lunghi mesi viene ad essere
Un laboratorio per l’Italia da ricostruire
Il punto più avanzato dove la Resistenza è un soggetto vivo e identificabile
Protagonista degli eventi
Ed è anche un terroitorio dove si vive un rinascimento di energie e risorse intellettuali…
Calamandrei, Montale, Saba
Artisti storici e critici dell’arte intellettuali
Le vicende successive prenderanno altre pieghe
19
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