La funzione di trasmissione di una lente

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Elementi di
Teoria Scalare della Diffrazione
(versione provvisoria, non completa)
La funzione di trasmissione di una lente. Definizione della focale
t/2
R
(0,0,d/2-RL)
RL
z
d
Descriviamo una lente sottile come una struttura confinata tra due piani paralleli, perpendicolari all'asse ottico z, e
distanti tra loro d. Prendiamo come origine di un sistema x,y,z temporaneo il piano mediano tra i due piani suddetti.
Lo spessore t della lente, che sarà massimo al centro (x=0,y=0) ed andrà decrescendo con la distanza dall'asse,
corrisponde a 2z, dove z è la distanza del bordo della lente dal piano z=0.
Supponendo che le superfici della lente siano due calotte sferiche di raggio R L, la superficie destra appartiene alla sfera
con centro in (0,0,d/2-R), la cui equazione è
2
d

x 2  y2    R   R 2
2



d
 R  R 2  x 2  y 2 ossia, sfruttando il fatto che la lente è sottile
2
2
2 
2
2

x 2  y2
d
d
1  x  y   d  x  y
z   R  R 1


R

R

2
2
2R
R2
2R 2  2

da cui lo spessore
x 2  y2
t (x, y)  2z  d 
R
che, dovendo essere evidentemente uno spessore positivo, definisce il raggio R L della lente nel piano come la distanza
da cui z 






dall'asse in cui t=0:
R L  Rd
Notiamo che tra i piani tangenti alla lente, rimane uno spazio vuoto d-t(x,y)=(x2+y2)/R.
La funzione di trasmissione L(x,y) della lente sottile viene ora indicata semplicemente come uno sfasamento, descritto
dalla funzione moltiplicativa ei(x,y), dove la fase  corrisponde a 2 volte il numero di lunghezze d'onda contenute nel
tragitto tra i due piani che limitano la lente. Questo tragitto è di spessore d costante, ma la lunghezza d'onda cambia
da0 nel vuoto (ossia la parte tra i piani non occupata dallo spessore della lente) a 0/n entro lo spessore t della lente.
In totale (ricordando che 2/0=k0)

dt
 nt  2
x 2  y 2 
2

  2







x, y   2
d

n

1
t

k
d

k
n

1
t

k
d

k
n

1
d


0
0
0
0

  

0
R 
0
 0 
 0

x 2  y2
R
per cui la funzione di trasmissione della lente diviene:


 2n  1 2
Lx, y   e ink0d exp   i
x  y 2 
 0 R

k 0 nd  k 0 n  1


Definendo ora la focale della lente come la lunghezza f 
R
, otteniamo:
2n  1

 x 2  y2
Lx, y  e ink0d exp   i
 
f
0





L'integrale di propagazione di Kirchhoff-Fresnel
Consideriamo un piano x0,y0 ed un piano x,y a questo parallelo, posto a distanza z.
Una sorgente luminosa puntiforme posta a coordinate (x0,y0,0) sul primo piano crea un'onda sferica che nel generico
punto (x,y,z) del secondo piano vale:
 2

x  x 0 2  y  y 0 2  z 2 
exp i
ik 0 r
e
 0

Ax, y   A 0 x 0 , y 0 
 A 0 x 0 , y 0 
2
2
2
r
x  x 0   y  y 0   z




dove r è la distanza tra i due punti indicati e k0=2/0, dove 0 è la lunghezza d'onda della radiazione nel vuoto (aria). Il
valore di A0, che è in generale complesso, dà l'ampiezza e la fase della radiazione in uscita dalla sorgente.
y0
y
x0
x
r
(x,y,z)
z
(x0,y0,0)
Se sul piano x0,y0 vi è una distribuzione di sorgenti puntiformi, ognuna con una sua ampiezza e fase, allora A0 cambia
con la posizione, e l'onda che arriva in x,y,z sul secondo piano è dato dalla somma (l'integrale) su tutte le sorgenti del
piano x0,y0.
 2

x  x 0 2  y  y 0 2  z 2 
exp i
 0

Ax, y   dx 0 dy 0 A 0 x 0 , y 0 
2
2
2
x  x 0   y  y 0   z
Approssimazione parassiale.





Supponiamo ora che valga la approssimazione parassiale, ossia che i raggi congiungenti i due punti siano sempre molto
vicini all'asse ottico z, o, in altre parole, che la distanza z tra i piani sia sempre maggiore sia di x 0,y0 che di x,y.
Mentre nel denominatore dell'integrando l'approssimazione parassiale può essere presa addirittura al primo ordine
(
x  x
0
2  y  y 0 2  z 2   z ), la radice all'esponente sarà più opportunamente approssimata al secondo ordine:
In questa approssimazione:
x  x
z
0
 2  y  y 0  2  z 2   z
1
x  x 0 2  y  y 0 2
z2
 x  x 0 2  y  y 0 2
 z 1 

2z 2





x  x 0 2  y  y 0 2
2z
e di conseguenza:
i
Ax, y  
e
2
z
0
z
 2 x  x 0 2  y  y 0 2 


dx
dy
A
x
,
y
exp

 0 0 0 0 0 i  0
2z


  x 02  y 02 
  x 2  y2 
 2 xx 0  yy 0 
e ik0 z


exp i
dx
dy
A
x
,
y
exp
i
 exp  i
  0 0 0 0 0

z
z
z
z
 0

  0

  0

Questo è l'integrale di propagazione di Kirchhoff-Fresnel, che costituisce la base della teoria scalare della diffrazione. In
realtà, la formulazione rigorosa, che segue un'altra via, arriva ad un risultato che differisce da questo solo per una
costante moltiplicativa esterna, e che verrà qui ignorata.
Formazione della immagine in una lente sottile.
Consideriamo ora un piano-oggetti x0,y0 posto a distanza z=p da una lente sottile, collocata nel piano x,y, ed il cui
spessore verrà trascurato, considerando solo la sua azione sulle onde luminose provenienti dal piano oggetto tramite nla
funzione di trasmissione L(x,y) precedentemente trovata. Si consideri infine un piano x i,yi , posto nello spazioimmagini, ossia a destra della lente, a distanza q dalla lente stessa. Nulla impone che q e p, almeno fino ad ora, siano
scelti in qualche modo particolare o con una qualche relazione tra loro.
A0(x0,y0)
A(x,y)AL (x,y)
Ai(xi,yi)
z
p
q
x0,y0
x,y
xi,yi
Se l'onda che esce dal piano x0,y0 è indicata come A0(x0,y0), l'onda A(x,y) in ingresso alla lente è legata a questa
dall'integrale di Kirchhoff-Fresnel lungo la distanza p:
  x 02  y 02 
  x 2  y2 
 2 xx 0  yy0 
e ik0 p
Ax, y 
exp i
 exp  i
 dx 0 dy 0 A 0 x 0 , y 0  exp i

p
p 
p 
p
  0
  0
 0


A sua volta, l'onda AL (x,y) che esce dalla lente è data da A(x,y) moltiplicata per la funzione di trasmissione L(x,y)
della lente:

 x 2  y2
A L x, y  Lx, yAx, y  e ink0d exp   i
 
f
0


Ax, y 


infine, l'onda in arrivo sul piano xi,yi è data da un altro integrale di Fresnel, dal piano x,y al piano xi,yi lungo una
distanza q:
A i x i , y i  
  x i2  y i2 
  x 2  y2 
 2 xx i  yyi 
e ik0q
exp i
  dxdyA L x, y exp i
 exp  i

q

q

q
q
 0

 0

 0

La unione dei tre passaggi porta alla formula, alquanto poderosa:
Ai x i , yi   eink0d
  x i2  yi2 
eik 0q eik0 p
exp i

q
p
q 
  0


  x 2  y2 
 2 xx i  yyi 
 x 2  y 2 
dxdy exp   i
exp i
 exp  i

 

f
q 
q
0
 0



  0
  x 2  y2 
 exp i

p 
  0

  x 02  y02 
 2 xx 0  yy0 
dx0dy0A0 x 0 , y0  exp i
 exp  i

p 
p
 0

  0
che si può riscrivere come:
Ai x i , yi   eink0d

  x i2  yi2 
eik0q eik0 p
exp i

q
p
q 
 0
 dxdy exp i 0 x
 
2

  x 02  y02 
dx0dy0A0 x 0 , y0  exp i

p 
 0
 2   x x   y y   
 1 1 1 
 x i  0   y i  0  
 y2     exp  i
 
p
q
f

p   q
p  


0   q


Immagini nel piano coniugato
Consideriamo l'integrale
 dxdy exp i  0 x
 
2
 2   x i x 0   y i y 0   
 1 1 1 
 x 
  y 
 
 y 2     exp  i
 
p   q
p  
 p q f 
  0   q

Se scegliamo la distanza q del piano di arrivo in modo tale che
1 1 1
   0 , la qual cosa "coniuga" otticamente questo
p q f
piano con il piano oggetto, abbiamo che l'integrale si riduce a:

 2  x i x 0   
 2  y i y 0   
  y i y 0   




  y 
    dx exp  i
 
  dy exp  i
 
x
y 
 
q
p

q
p

q
p
 
  
 
 
0 
0 






Fino a che il dominio di integrazione è illimitato, ossia si estende da - a +, entrambi gli integrali sono del tipo:
2   x i
 dxdy exp  i  0  x q

x0
p



 exp  i2xa dx  a  , per cui


 1  x i x 0   1
  y i y 0  
  y 
   

 

   q  p   
q
p





  0
0




px 
py 
x  
y 



  0 p x 0  i  0 p y 0  i    0 p 2  x 0  i  y 0  i 
q 
q 
M 
M



2   x i
 dxdy exp i  0  x q

x0
p
 yi y0 
 
 
p  
 q
dove M è l'ingrandimento M=q/p definito nell'ottica geometrica delle lenti sottili.
In questo caso, l'integrale che porta ad Ai diventa:
Ai x i , yi   eink0 d

  x i2  yi2 
eik 0 q eik 0 p
exp i

q
p
q 
  0
 dxdy exp i 0 x
 
2

  x 02  y02 
dx 0dy0A 0 x 0 , y0  exp i

p 
  0
 2   x i x 0   yi y 0   
 1 1 1 
 x     y    
 y 2     exp  i
 
p   q
p  
  0   q
 p q f 

 eink0 d
  x i2  yi2 
eik 0 q eik 0 p
exp i

q
p
q 
  0
  x 02  y02 
xi  
yi 
2 
   0p   x 0   y0  
p 
M
M

 

 eink0 d
2
2
2
2


eik 0 q eik 0 p
0p 2 exp i  x i  yi  A0   x i , yi  exp i  x i 2 yi 
q
p
q   M M 
  0
  0 M p 
 eink0 d
2
2


eik 0 q eik 0 p
0p 2 exp i  x i  yi 1  1  A0   x i , yi 
q
p
q  M   M M 
  0
 dx0dy0A0 x 0 , y0  exp i 0

Se prendiamo il modulo quadro di questa espressione, otteniamo:
2
y 
 x
A i x i , y i   cos t. 2 A 0   i , i 
M
 M M
ossia, una immagine rovesicata (segno negativo negli argomenti), ingrandita di un fattore M, e di intensità attenuata di
M2.
2
1
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