Omelie per un anno - Volume 1-Anno B - salesiani don Bosco

Omelie per un anno
Volume 1 - Anno “B”
Anno “B”
2ª DOMENICA DI AVVENTO
 Is 40,1-5.9-11 - Preparate la via del Signore.
 Dal Salmo 84 - Rit.: Mostraci, Signore, la tua misericordia e
donaci la tua salvezza.
 2 Pt 3,8-14 - Aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova.
 Canto al Vangelo - Alleluia, alleluia. Preparate la via del Signore,
raddrizzate i suoi sentieri! Ogni uomo vedrà la salvezza di Dio!
Alleluia.
 Mc 1,1-8 - Raddrizzate le vie del Signore.
Messaggio di speranza
“Alza la voce con forza... alza la voce, non temere”. Mi piacerebbe
poter leggere nel pensiero delle decine o centinaia di uditori seduti
nei banchi nel momento in cui, contenti o curiosi o rassegnati, si
dispongono ad ascoltare la predica. Nessuno si domanderà mai
perché il prete ogni domenica (e anche più spesso) si sente in dovere
di farla? Può darsi, purtroppo, che per qualcuno sia diventata
un’abitudine o un peso di cui ci si deve in qualche modo scaricare. Ma
le parole che ho citato da principio ci ricordano che, predicando (a
voce o per iscritto come faccio in questo momento), rispondiamo a un
comando divino. In questo clima di attesa che è il clima dell’Avvento,
esse ci comunicano anzitutto un messaggio di speranza. Forse c’è
qualcuno che orgogliosamente lo rifiuta, pretendendo di bastare a se
stesso; forse c’è qualcuno che, deluso e scoraggiato, ha rinunziato a
sperare. Proprio per questo la parola di Dio ci esorta: “Consolate,
consolate il mio popolo..., recate liete notizie in Gerusalemme”. Per il
popolo d’Israele, abbattuto da 50 anni d’esilio in Babilonia, era
l’annunzio della liberazione, opera di Dio potente e buono, pastore
che raduna il suo gregge. Anche per noi, spesso disorientati e smarriti
in un mondo che sembra abbia perduto il senso della verità, della
giustizia e dell’amore, dominato dall’odio, dalla violenza, dall’avidità
sfrenata del denaro e del piacere, è la parola della fede: “Ecco il
vostro Dio! Questi sono gli obiettivi della speranza cristiana. Certo,
non posso chiedervi d’essere indifferenti al dilagare della violenza,
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all’aumento dei prezzi, ai problemi dell’occupazione, alle vertenze
sindacali, agli interrogativi preoccupanti della situazione politica, alle
sofferenze dei poveri, vicini e lontani, sui quali si ripercuotono nel
modo più tragico le conseguenze della crisi. Ma il cristiano, vedendo
tutto nella luce della fede, crede alla presenza provvidente di Dio
anche nei momenti più bui della storia e ne trae motivo di speranza”.
L’invito alla speranza è espresso nel modo più autentico ed efficace
nelle prime parole del Vangelo di Marco: “Vangelo di Gesù Cristo,
Figlio di Dio”. È necessario prendere sul serio quella parola logora
dall’uso, “Vangelo”, come se la sentissimo per la prima volta. Non
significa né un racconto disinteressato di avvenimenti lontani ed
estranei a noi, né un sistema di dottrina, né un codice di morale, ma
il “lieto messaggio” che ci ha portato Gesù Cristo, Figlio di Dio. Il
messaggio è appunto la presenza, proclamata qui da Giovanni, di uno
che è più forte e immensamente più grande di lui, che è venuto a
inaugurare il regno di Dio e portare la salvezza agli uomini. Ogni
pagina che seguirà non sarà che il dispiegarsi, attraverso le parole e
le azioni di Gesù, soprattutto nel racconto della passione e della risurrezione, del lieto annunzio, invito alla speranza.
Sappiamo che Gesù, venuto nella pienezza dei tempi, come salvatore,
è e sarà con noi sino alla fine dei secoli. La sua presenza nel cristiano,
per la fede e per l’amore, nella Chiesa popolo di Dio e suo corpo
mistico, in ognuno dei fratelli, in primo luogo nei poveri, nei
sofferenti, nei dimenticati, negli oppressi, non è motivo di speranza?
Ma la 2ª lettura non sembra fatta per incuterci timore, per mettere in
crisi la nostra speranza, con quella descrizione terrificante: “I cieli con
fragore passeranno, gli elementi consumati dal calore si
dissolveranno e la terra con quanto c’è in essa sarà distrutta”? Questi
avvenimenti, però, presentati con un linguaggio figurato che
dobbiamo cogliere nel suo significato essenziale, senza prendere alla
lettera ogni espressione, non sono che il preludio d’una realtà di luce
e di bellezza, di nuovi cieli e di una terra nuova, nei quali il bene
celebrerà il suo trionfo e il disegno di Dio si attuerà pienamente per la
felicità degli uomini. È l’obiettivo finale della speranza cristiana. Molte
volte si è rimproverato ai cristiani di dimenticare la realtà del mondo
in cui vivono con le sue oppressioni e ingiustizie, per additare a chi ne
è vittima la soluzione finale nell’altra vita, distogliendo così i “paria”
della società dalla lotta per la giustizia e per l’uguaglianza e
perpetuando una situazione che impedisce alla maggior parte degli
uomini di vivere da uomini. Il rimprovero non è del tutto infondato,
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anche se è doveroso riconoscere che, mentre in tutti i tempi la Chiesa
è venuta in aiuto ai poveri e ai sofferenti, il suo magistero,
specialmente nell’ultimo secolo, ha richiamato con la massima
insistenza i doveri imposti dal Vangelo in questo campo, troppo
scarsamente assecondato dall’impegno dei cattolici.
Ma la Chiesa tradirebbe la sua missione se, pur lavorando per la
giustizia, la libertà, la solidarietà, limitasse le sue cure alle realtà
terrene. Cristo è venuto a liberare e salvare tutto l’uomo, in ordine
alla vita temporale e all’eterna. Perciò, mentre è da apprezzare il contributo di chiunque opera con rettitudine e impegno a pro della
comunità nei settori più vari, della produzione e del commercio, dei
servizi, della cultura, dell’assistenza, dell’arte, non è meno doveroso
riconoscere l’apporto di chi, seguendo una particolare vocazione e
aiutato da speciali carismi, continua la missione di Isaia, di Giovanni,
di Marco, di Pietro. Voglio dire di quel ruolo profetico a cui sono
chiamati tutti i battezzati, partecipanti al sacerdozio di Cristo, ma in
primo luogo i sacerdoti.
Del resto, quando e per quanti potrebbe realizzarsi quella giustizia
per cui è necessario e doveroso lottare? Quanti potrebbero vedere
compiute in questa vita le loro speranze? L’aspirazione di gran parte
dell’umanità dovrebbe essere per sempre frustrata da un destino cieco e implacabile? Quel bel canto che risuona nelle nostre chiese, eco
della parola di Dio che abbiamo ascoltato, richiama una verità
profonda e consolante, che deve sostenere la nostra speranza e farci
portatori di speranza ai fratelli (e quanti ne hanno bisogno come del
pane!): “Cieli e terra nuova/ il Signore darà/ in cui la giustizia/
sempre abiterà”. Dunque, come ci ammonisce la colletta, “impegno
nel mondo, ma che non ci ostacoli nel cammino verso il tuo Figlio”. È
ciò che chiederemo nella preghiera dopo la comunione: “Insegnaci
con questo sacramento a valutare con sapienza i beni della terra,
nella continua ricerca dei beni del cielo”. E perché questo avvenga,
perché la speranza sia stimolo all’azione, e così possiamo prepararci
bene al Natale, la parola di Dio ci dà insegnamenti ed esortazioni
preziose: che operiamo nella verità e nella misericordia, nella
giustizia e nella pace; che ci pentiamo dei nostri peccati e ci
convertiamo nell’attesa del giorno del Signore, che verrà come un
ladro; che cerchiamo “d’essere senza macchia e irreprensibili davanti
a Dio, in pace”; che impariamo da Giovanni l’austerità della vita,
reagendo alla mentalità dell’ambiente dominato dal consumismo.
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Ma di queste cose vorrei parlare nelle prossime settimane. Oggi
conchiuderò richiamando un versetto del salmo responsoriale: “La
terra darà il suo frutto”. Nella “terra” s. Agostino amava ravvisare
Maria, che ci ha dato il “frutto” del suo ventre, Gesù. Invochiamola
nella sua festa e in queste settimane d’Avvento. Nessuno meglio di lei
ci può insegnare col suo esempio e aiutare con la sua intercessione a
preparare la via del Signore per vedere la sua salvezza.
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