CUORE E PORTAFOGLIO. L’IMPETUOSO SVILUPPO DELLA FINANZA ETICA Vi sono cittadini, in numero crescente, propensi ad affidare i risparmi a chi li gestisce in modo ’socialmente responsabile’: compiono opera meritevole e conseguono un buon utile. La finanza etica è stata a lungo considerata un’attività di nicchia, rivolta solo ai risparmiatori ispirati da buoni sentimenti, che preferiscono dare il proprio denaro a chi lo impiega per aiutare il settore non-profit, beneficenza e opere di solidarietà. Nel corso degli ultimi anni ha dimostrato di essere anche un ambito per investimenti che premiano i risparmiatori con un buon utile. L’attrattiva economica non ha smentito le finalità etiche, ma le ha confortate come un potente incentivo. In Italia, questa piccola rivoluzione dell’etica è iniziata attorno alla metà degli anni ’90. Alla vigilia di Natale del 1994 è nata a Padova la Banca Popolare Etica con la finalità di finanziare il terzo settore. Nel 1995, la Fondazione Cassa di Risparmio di Roma ha dato vita a Cosis, Compagnia di sviluppo imprese sociali, la prima merchant bank etica italiana, che nei prossimi mesi dovrebbe assumere il nome di Alma Bank, ‘banca con l’anima’, magnanima. Nel 1997, forte della convinzione che i fondi di investimento sarebbero diventati una delle soluzioni vincenti nel campo del risparmio, il gruppo Sanpaolo-Imi ha creato il Fondo Sanpaolo azionario internazionale etico, orientato a sostenere il socially responsible investing, ossia gli investimenti compiuti con criteri di responsabilità socio-ambientale, certificati da una delle più severe agenzie di rating, l’americana Kld, e da un comitato presieduto dal cardinale Ersilio Tonini. In meno di cinque anni il fondo è arrivato a gestire depositi per un miliardo di euro e a garantire nei primi tre anni rendimenti superiori al 30%, contendendo il primato europeo all’inglese Friends Ivory & Sime, attiva dal 1984 e leader in Gran Bretagna con oltre il 50% del mercato di riferimento. In Italia il fenomeno è ancora nella fase iniziale dello sviluppo. In Europa, dal 1999 al giugno 2001 il numero dei fondi etici è aumentato del 58%, passando da 159 a 251, mentre il patrimonio gestito è salito da 11,1 a 15,6 miliardi di euro. L’investimento etico mostra di essere uno dei comparti finanziari più dinamici, con il 66% dei fondi quotati concentrati in Gran Bretagna, Svezia, Belgio e Francia. Quest’ultima vanta il maggior numero di fondi, ben 31, con un aumento del 170% in 18 mesi e un totale di patrimoni gestiti cresciuto di 11 volte, oggi pari a due miliardi di euro. In Usa, un dollaro ogni otto è investito in modo socialmente responsabile e il 35% degli investitori istituzionali, cominciando da quelli dei fondi pensione, offre la possibilità di investimenti socialmente responsabili. Il patrimonio gestito in questo modo raggiunge la cifra astronomica di circa 2mila miliardi di dollari. Le nuove sottoscrizioni hanno un’accelerazione impressionante: nel 1996 ammontavano a 80 milioni di dollari e l’anno dopo erano già 525, con un incremento maggiore del 600%. L’Italia è di fronte a prospettive promettenti. Malgrado i fondi gestiti in modo socialmente responsabile rappresentino solo 0,43% del totale, l’entità del capitale raccolto, quasi due miliardi e mezzo di euro, appare assai elevato se messo a confronto con quelli dei paesi di consolidata tradizione nel settore. In secondo luogo, l’Italia sta esercitando una forte attrattiva per gli stranieri. Nel corso dell’ultimo anno, il colosso americano Mellon Financial Corporation (500 miliardi di dollari di patrimonio gestito) ha lanciato in Italia il fondo Mellon Ethical Index Euro Tracker. Ha scelto il nostro paese per i suoi fondi eticoambientali anche Sustainable Asset Management, la società svizzera che fra l’altro, in collaborazione con il Down Jones americano, ha lanciato il Down Jones Sustainability Group Index, uno dei più importanti indici etici del mondo. Hanno poi varcato i nostri confini la belga Dexiam con i fondi Cordius, la francese Cortal con la gestione multimanager, la svizzera Ubs con il fondo Green Eco Performance. In Italia, il clima è dominato da una crescente attenzione alle molte, diverse modalità della finanza etica. Nel 2000 il Banco Ambrosiano Veneto aveva emesso un prestito obbligazionario per finanziare una casa per anziani a Vicenza. Bipielle ha lanciato Multifondo. La Banca Popolare di Lodi ha emesso un prestito obbligazionario etico per sostenere il restauro di Santa Croce ad Assisi. Diners Club Sim ha lanciato una linea di gestione patrimoniale denominata Obiettivo Uomo. Il gruppo Montepaschi di Siena ha varato il fondo Verde Ducato Ambiente e la Banca Verde. La Palladio Finanziaria, della Efibanca, è entrata nel settore dei fondi di investimento perseguendo proprio gli investimenti socialmente responsabili. Investar fa altrettanto ispirando la gestione dei fondi hedge e private equity a criteri di responsabilità sociale. L’Advantage Ethical Enterprise Fund, lanciato con Banca Advantage dai giovani imprenditori di Confindustria, ha selezionato da 2.500 società internazionali le 30 che rispettano criteri di ‘sostenibilità’ ed alle quali fa riferimento. Unipol ha creato il primo fondo pensione etico italiano. Tutto ciò accade perché le banche hanno bisogno di segmentare il mercato dei risparmiatori in funzione di nuove esigenze, una delle quali è appunto di natura culturale ed etica. I risparmiatori italiani ed europei sono diventati esigenti e vogliono conoscere l’uso che viene fatto dei loro soldi. Quale causa concorrente del successo della finanza etica bisogna considerare anche il fatto che i suoi nuovi prodotti rendono ormai come i fondi tradizionali, se non di più. Il rendimento aggregato dei fondi etici negli ultimi tre anni ha superato il 23% in Germania, il 22,1% in Norvegia, il 17,4% in Austria, il 16,4% in Italia. Il loro potere di attrazione del risparmio non può che crescere. Un fenomeno parallelo, che conferma la tendenza culturale, è stato messo in luce da una ricerca di Errepi Comunicazione ed Experian Research, secondo la quale da un campione di 800 aziende, rappresentative di 8.618, è emerso che nel 2000 ben il 44% delle imprese ha finanziato almeno una iniziativa di carattere sociale. Fin dal 1995 l’Assolombarda ha costituito Sodalitas, un’associazione per la promozione dell’imprenditoria nel sociale. (Condensato da:) F. Maggio, “Per soldi. Per amore?”, Ventiquattro, n. 3, 2002. (tratto da Social Trends Eurisko n°96 Aprile 2002)