Nome scientifico: Aythya nyroca L

Gallo cedrone
Tetrao urogallus Linnaeus, 1758
Codice lista italiana: 110.460.0.002.0
Priorità: 13
RARITÀ GENERALE: valore = 3: Specie considerata “vulnerabile” nella nuova “Lista Rossa”
italiana, pur non a rischio di estinzione nell’immediato è sottoposto al rischio di estinzione
nel prossimo futuro. Le popolazioni alpine sono incluse nell’allegato I della direttiva
“Uccelli” (CEE/79/409), che elenca i taxa per la cui sopravvivenza sono previste misure
speciali di conservazione degli habitat. Protetto secondo la legislazione nazionale
(L.157/92). In Italia è presente solo sulle Alpi Centrali e Orientali; nel periodo 1983-1986
contava 2.000-3.500 coppie nidificanti.
COROLOGIA: valore = 1: Corologia eurosibirica boreoalpina, con areale esteso alla
Fennoscandia, Russia e a tutti i gruppi montuosi europei. Reintrodotto in Scozia.
FRAGILITÀ [dimensioni della popolazione]: valore = 3: Soggetto a declino, talora drastico,
in buona parte dell’areale (ad eccezione delle sole popolazioni scandinave) e ad estinzioni
locali. La popolazione europea è stimata in un minimo di 580.000 coppie nidificanti, di cui
500.000 concentrate però in Russia e Fennoscandia.
CONSISTENZA DEL POPOLAMENTO REGIONALE: valore = 3: Nidificante nelle Province di
Sondrio, soprattutto sul versante orobico della Valtellina, Bergamo e Brescia con
distribuzione non uniforme, occupa il 17,8% delle tavolette regionali. La popolazione
regionale è stimata in non più di 120-130 individui.
SELETTIVITÀ AMBIENTALE: valore = 3: Altamente selettivo, nidifica nei vasti comprensori
forestali soprattutto di conifere, spesso misti anche a latifoglie, disetanei, con intercalate
radure e con ricco sottobosco arbustivo, soprattutto a rododendro, lampone e mirtilli. Sulle
Alpi frequenta le quote comprese tra i 700 e i 1800m di quota, con preferenza per la fascia
compresa tra i 1100 e i 1500 m.
CRITICITÀ: valore = 3: Il territorio montuoso regionale, pur costituendo circa un quarto
dell’areale italiano ospita solo una minima parte della popolazione nazionale. In termini
quantitativi infatti, la popolazione lombarda poteva corrispondere, sul finire degli anni ’80,
a meno del 5% di quella nazionale. Tale situazione negli ultimissimi anni è quasi
sicuramente peggiorata.
STRATEGIE DI CONSERVAZIONE: La specie, in regresso in buona parte dell’areale, potrebbe
trarre benefici da interventi diretti sulla zoocenosi [A]. Una delle cause principali del
regresso risulta essere l’alterazione degli ambienti frequentati, sono quindi prioritarie le
strategie di conservazione consistenti in interventi diretti sull’habitat [B]. Lo status
negativo in cui versa la specie e la tendenza al regresso della popolazione, rendono
necessaria l’esecuzione di monitoraggi sulla popolazione esistente [C]. Gli effetti negativi
del disturbo umano, diretto o indiretto, a livello locale possono costituire una causa
importante della diminuzione dei contingenti, ciò rende necessari interventi sulla
componente sociale [D].
TIPOLOGIE DI INTERVENTO: La specie potrebbe trarre vantaggi dal controllo dei predatori
[A5]. Poiché il decremento della specie è causato principalmente dalle alterazioni
dell’habitat, vanno effettuati interventi finalizzati alla creazione e mantenimento di zone
aperte all’interno dei boschi [Bb2] e allo sviluppo del sottobosco [Bb3], alla rinnovazione
spontanea delle specie forestali autoctone (es. disetaneizzazione) [Bb4], al mantenimento o
ringiovanimento di ambienti aperti (praterie primarie, arbusteti bassi), anche attraverso il
decespugliamento [Bc10], nonché all’incentivazione del pascolo programmato con carico
minimo, controllo delle specie e del numero di capi [Bc12]. Il Gallo cedrone si riproduce in
arene di dimensioni limitate e persistenti nel tempo, è quindi di estrema importanza la
protezione dei siti riproduttivi [Bd4]. La situazione di crisi in cui versa la specie impone di
effettuare il monitoraggio sullo status delle popolazioni nidificanti e svernanti [C2], in
modo particolare alla scala locale per i nuclei più importanti [C1]. Importante la
definizione qualitativa delle potenzialità faunistiche del territorio [C4], così come la
verifica della disponibilità di adeguate risorse trofiche [C6]. Necessario anche il
monitoraggio delle cause di regresso tramite il monitoraggio dei predatori [C7]. Nelle
regioni in cui è ancora oggetto di caccia andrebbe effettuato il monitoraggio del prelievo
[C8]. E’ anche auspicabile l’effettuazione di studi particolareggiati finalizzati ad
individuare potenziali interventi futuri [C11]. Gli effetti negativi del disturbo antropico
suggeriscono di effettuare il controllo delle attività turistico ricreative montane [D6].
COSA NON FARE: Nelle pratiche selvicolturali bisogna evitare l’eliminazione degli elementi
di diversificazione dell’habitat, impedendo la chiusura delle radure e l’eccessiva
omogeneità strutturale delle foreste. Per evitare l’alterazione dell’habitat e il disturbo che
arreca, va evitato l’eccessivo pascolamento del sottobosco e delle aree arbustive
frequentate dalla specie. Anche l’eccesso di utilizzo delle risorse del sottobosco (frutti di
bosco) va evitato sia perché causa di disturbo sia perché può determinare il
danneggiamento dell’habitat.
FATTORI CRITICI: Il principale fattore critico consiste nell’alterazione degli habitat forestali
e arbustivi, e soprattutto nella loro evoluzione verso formazioni coetanee poco strutturate
conseguente all’abbandono delle pratiche selvicolturali tradizionali o, per contro,
all’eccessivo sfruttamento industriale e nella distruzione a causa della conversione
all’agricoltura. Altrettanto importanti le pratiche pastorali che se eseguite secondo metodi
tradizionali e con bassi carichi hanno effetti positivi, mantenendo aperte le radure e
controllando la crescita delle specie arbustive e arboree, se effettuate con carichi eccessivi
determinano l’impoverimento dell’habitat mediante totale distruzione di talune specie e la
nitrificazione del suolo con conseguente evoluzione verso praterie inospitali. Il Gallo
cedrone è tuttora cacciabile in alcune regioni, ed il prelievo venatorio favorisce
sicuramente il regresso di popolazioni già in crisi. La pratica, ancora utilizzata, della caccia
primaverile al canto è estremamente negativa essendo causa di pesante destrutturazione
delle popolazioni. La predazione su covate, nidiate e adulti ha effetti negativi sulle
popolazioni in condizioni di elevata densità dei predatori. Sicuro fattore critico è la
frequentazione turistico-ricreativa della montagna. Particolarmente vulnerabili sono le
arene di canto in periodo riproduttivo e le zone di allevamento della prole in periodo
estivo. La presenza di impianti di risalita è causa di morte per un numero imprecisato di
soggetti per l’impatto contro i cavi sospesi.
Appartenente alla famiglia dei Tetraonidi è il galliforme di maggiori dimensioni. Specie
suddivisa in quattro sottospecie; in Italia è presente Tetrao urogallus urogallus.
Dimorfismo sessuale molto marcato sia nelle dimensioni che nella livrea. Il maschio è
lungo circa 90 cm, la femmina circa 60 cm; apertura alare 87-125 cm. Il maschio ha colore
tendente al nero con varie sfumature di colore, scapolari e ala brune, copritrici alari
inferiori bianche, chiazza bianca davanti all’ala ripiegata e sulle cosce. In periodo
riproduttivo evidente caruncola rossa sopra l’occhio. Becco grigio-avorio, zampe nerastre.
La femmina ha piumaggio bruno sulle parti superiori, rossiccio sul petto, bruno grigiastro
su vertice e guance; ampie barrature sui fianchi.
Specie sedentaria e nidificante, dà luogo ad erratismi autunnali ed invernali. In Italia
l’areale della specie ha subito una contrazione che l’ha visto sparire dalle Alpi Occidentali
tra la fine del secolo scorso e gli anni ‘50. La Lombardia rappresenta oggi il limite
occidentale nella distribuzione del Gallo cedrone che è presente sul versante orobico della
Valtellina, nelle Province di Bergamo e Brescia e, con nuclei minori, in Valchiavenna
orientale. Segnalazioni isolate si riferiscono all’Alta Valtellina e al versante retico della
stessa valle. La specie è presente con popolazioni fortemente frammentate nei Parchi
Regionali dell’Adamello, dell’Alto Garda Bresciano, delle Orobie Valtellinesi e
Bergamasche, e nel Parco Nazionale dello Stelvio. Segnalazioni occasionali sono state
effettuate anche nel Parco Regionale del Bernina.
Sulle Alpi italiane l’habitat riproduttivo consiste di boschi maturi di conifere, boschi misti
o boschi di latifoglie. La tipologia maggiormente utilizzata è il bosco di conifere, talora
misto, disetaneo, con ricco sottobosco e scarsa vegetazione erbacea. In Lombardia nidifica
tra i 1000 ed i 1800 m di quota con preferenza per la fascia 1200-1500 m.
In periodo riproduttivo i maschi si radunano in arene di canto delle dimensioni di circa 20
ha all’interno delle quali ciascuno difende un proprio territorio in cui effettua le parate. Il
numero di occupanti le arene è basso, superando solo di rado i quattro maschi. Le femmine
frequentano le arene nel periodo dell’accoppiamento.
Tra la metà di aprile e maggio avviene la deposizione di 7-11 uova bianco-giallastre di 57
× 42 mm di dimensione. Il nido è costruito al suolo, spesso alla base di un albero sul lato
verso valle, talora al riparo della vegetazione. Covata unica. La schiusa, sincrona, avviene
in 24-26 giorni. La prole, precoce e nidifuga, diventa del tutto indipendente a 2-3 mesi
d’età.
L’alimentazione, quasi esclusivamente vegetariana, è basata principalmente su aghi di
conifere durante l’inverno per arricchirsi progressivamente fino a comprendere grandi
quantità di frutti di bosco in estate.
Massimo Favaron
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