177dlgs-speciale-sole24ore - Ordine dei giornalisti Lombardia

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SPECIALE de “IL SOLE 24 ORE” del 17 settembre 2005.
Dlgs 177/2005. Un solo Codice in tutte le emittenti
Riordino all'insegna delle garanzie per il pubblico - Regioni, Province e Comuni non potranno
avviare imprese audiovisive - La televisione a pagamento non viene considerata un canale ma un
«servizio».
di Marco Peruzzi
Una lunga serie di tutele per gli utenti, in particolare minorenni, e regole più chiare sulle
interruzioni pubblicitarie. Sono questi, almeno dal punto di vista dei fruitori del servizio, i capisaldi
del Testo unico sulla radiotelevisione, il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 pubblicato sul
Supplemento ordinario 150/L alla «Gazzetta Ufficiale» 208 del 7 settembre 2005 e in vigore dall'8
settembre scorso (il provvedimento è consultabile sul sito Internet www.ilsole24ore.com/norme).
Il nuovo Codice. Il provvedimento «omnibus», emanato sulla base della delega contenuta nella
legge Gasparri (112/04), racchiude in un unico testo tutta (o quasi) la normativa in materia. E
stabilisce una volta per tutte che il finanziamento del servizio pubblico generale radiotelevisivo
dovrà essere effettuato in modo tale che i proventi del canone di abbonamento siano impiegati
«effettivamente ed esclusivamente» per la realizzazione dei compiti di servizio pubblico. Tanto da
obbligare - secondo quanto anticipato dalla legge Gasparri - la società concessionaria a predisporre
il bilancio di esercizio indicando in contabilità separata i ricavi derivanti dal canone e gli oneri
sostenuti nell'anno solare precedente.
Il divieto per gli enti locali e territoriali. Rafforzando una precedente disposizione della legge
Mammì, il Testo unico vieta inoltre a Regioni, Province e Comuni di dotarsi di proprie tv e radio.
Aprendo, in questo, un'ampia strada di dubbi su quale futuro potranno avere le intese raggiunte
recentemente da Rai, Telecom e Mediaset con diversi enti locali per il trasporto del segnale digitale
sulle proprie frequenze. Agli enti locali, insomma, resta solo la possibilità di diventare fornitori di
servizi. A eccezione della Rai, le amministrazioni pubbliche, gli enti pubblici anche economici, le
società a prevalente partecipazione pubblica e le banche - è scritto infatti nell'articolo 5 del nuovo
Testo unico - non possono «né direttamente, né indirettamente» fare l'operatore di rete o il fornitore
di contenuti.
Lo scontro sulla pay per view. Novità anche per la pay per view, la televisione a pagamento che,
sulla base di quanto previsto dal Testo unico, rientrerebbe nella definizione europea dei «servizi
della società dell'informazione», in pratica del servizio prestato dietro retribuzione, a distanza, per
via elettronica e a richiesta individuale. Non un canale vero e proprio, dunque, come del resto aveva
deciso il mese scorso l'Autorità per le comunicazioni. Un modo, in ogni caso, per escludere questi
canali dal 20% indicato dalla legge Gasparri quale limite per un unico editore nel controllo di canali
tv analogici e digitali via etere terrestre. Una misura contestata dall'opposizione, che l'ha definita un
vero e proprio colpo di mano, un «regalo» a Mediaset e Telecom che sul digitale terrestre hanno già
lanciato rispettivamente quattro e cinque canali. I Ds, in particolare, hanno annunciato un ricorso
alla Corte Ue.
Le rettifiche. Il Testo unico comprende poi una lunga serie di precisazioni sulla tutela degli utenti
di radio e televisione, che iniziano dalle persone direttamente interessate dalla diffusione di notizie
e finiscono con i minorenni. Il Codice prevede infatti che ai telegiornali e ai giornali radio si
applicano le norme che disciplinano la registrazione dei giornali e dei periodici. E così chi si ritiene
leso nei suoi interessi morali o materiali da trasmissioni contrarie alla verità ha diritto a chiedere
una rettifica all'emittente, al fornitore di contenuti privato o alla concessionaria del servizio
pubblico. La rettifica deve andare in onda entro 48 ore dalla data di ricezione della richiesta, in
fascia oraria e con il rilievo corrispondenti a quelli della trasmissione che ha dato origine alla
lesione. Se l'emittente non provvede, allora l'interessato può trasmettere la richiesta all'Autorità che
ha cinque giorni di tempo per pronunciarsi. Se la richiesta viene ritenuta fondata, la rettifica deve
essere trasmessa entro 24 ore dalla pronuncia.
La tutela dei minori. Il Testo unico della radiotelevisione contiene una lunga serie di norme a
tutela dei minori. Vieta, per esempio, la trasmissione di film ai quali sia stato negato il nulla osta per
la proiezione o la rappresentazione in pubblico oppure siano stati vietati ai minori di 18 anni. Le
pellicole cinematografiche vietate ai minori di 14 anni, invece, non possono essere trasmesse prima
delle ore 22.30 e dopo le ore 7. Specifiche misure a tutela dei minori sono poi previste nella fascia
oraria compresa fra le 16 e le 19 e all'interno dei programmi direttamente rivolti ai minori, sia
relativamente ai messaggi pubblicitari e alle promozioni, sia a ogni altra forma di comunicazione
commerciale e pubblicitaria. Inoltre (ma la regola viene messa in discussione da una serie di disegni
di legge pendenti in Parlamento) è vietato l'impiego di minori di 14 anni in programmi
radiotelevisivi, oltre che per messaggi pubblicitari e spot. Non solo. Sono anche previste campagne
scolastiche - rivolte a studenti e genitori - per un uso «corretto e consapevole del mezzo televisivo».
A verificare il rispetto di queste regole provvede la Commissione per i servizi e i prodotti
dell'Autorità in collaborazione con il Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione
tv e minori. Se accerta l'inosservanza dei divieti, la Commissione - dopo avere contestato la
violazione agli interessati e assegnato un termine non superiore a 15 giorni per le giustificazioni delibera l'irrogazione della sanzione amministrativa che consiste nel pagamento di una somma
compresa tra 25mila e 350mila euro, salvo, nei casi più gravi, disporre la sospensione dell'efficacia
della concessione o dell'autorizzazione per un periodo da uno a dieci giorni. Il mancato rispetto del
divieto di trasmettere film per i quali sia stato negato il nulla osta o di quelli destinati
esclusivamente a un pubblico maggiorenne può invece comportare anche la chiusura (intesa come
disattivazione) dell'impianto. Sanzioni, in ogni caso, che si applicano anche se il fatto costituisce
reato e indipendentemente dall'azione penale e alle quali va data una «adeguata» visibilità.
La pubblicità. Infine un lungo capitolo del Codice viene riservato alla pubblicità, con la raccolta e
la chiarificazione di tutte le regole in materia. Come quella riferita al divieto di reclamizzare le
sigarette e in generale i prodotti contenenti tabacco. La pubblicità è vietata - è scritto sul Testo
unico - anche se effettuata in forma indiretta mediante utilizzazione di nomi, marchi, simboli o di
altri elementi caratteristici di prodotti del tabacco o di aziende la cui attività principale consiste
nella produzione o nella vendita di tali prodotti». Per determinare l'attività principale dell'azienda
deve farsi riferimento all'incidenza del fatturato delle singole attività. Divieti simili sono infine
previsti anche per medicinali e bevande alcoliche.
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I CONTENUTI
Il via libera
Il Consiglio dei ministri del 29 luglio 2005 ha dato il via libera definitivo al Testo unico sulla
radiotelevisione. Il provvedimento - Dlgs 31 luglio 2005, n. 177 - è stato pubblicato sul
Supplemento ordinario 150/L alla «Gazzetta Ufficiale» 208 del 7 settembre 2005 ed è entrato in
vigore il giorno successivo, l'8 settembre
L'obiettivo
Obiettivo del nuovo Codice della radiotelevisione - emanato in base a una delega contenuta nella
legge Gasparri - è di mettere ordine e razionalizzare 30 anni di interventi legislativi, di
giurisprudenza costituzionale e di delibere dell'Autorità per le comunicazioni. Il Testo unico
dovrebbe in questo modo risolvere il problema dell'incertezza normativa dovuta alla stratificazione
di molteplici interventi transitori e presentare un quadro legislativo organico e razionale
Le misure principali
Norme a garanzia degli utenti, in particolare dei minori, e regole chiare per la pubblicità. Sono
queste le misure più significative contenute nel Testo unico sulla radiotelevisione
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L'utente
Per quanto riguarda la tutela dell'utente, in base al Codice la disciplina del sistema radiotelevisivo
deve garantire:
accesso dell'utente, secondo criteri di non discriminazione, a un'ampia varietà di informazioni e di
contenuti offerti da una pluralità di operatori nazionali e locali
trasmissione di programmi che rispettino i diritti fondamentali della persona e che, anche in
relazione all'orario di trasmissione, non nuocciano allo sviluppo fisico, psichico o morale dei minori
La pubblicità
Per quanto riguarda la pubblicità, invece, il Codice disciplina particolari restrizioni per le bevande
alcoliche, i tabacchi e i prodotti farmaceutici e una serie di disposizioni su televendite e trasmissioni
sponsorizzate:
diffusione di trasmissioni pubblicitarie e di televendite leali e oneste, che rispettino la dignità della
persona, non evochino discriminazioni di razza, sesso e nazionalità, non offendano convinzioni
religiose o ideali, non inducano a comportamenti pregiudizievoli per la salute, la sicurezza e
l'ambiente, non possano arrecare pregiudizio morale o fisico a minorenni
diffusione di trasmissioni sponsorizzate che rispettino la responsabilità e l'autonomia editoriale del
fornitore dì contenuti nei confronti della trasmissione, siano riconoscibili come tali e non stimolino
all'acquisto o al noleggio dei prodotti o dei servizi dello sponsor
IL MERCATO PUBBLICITARIO
Pubblicità tv nazionali
Sui principali gruppi televisivi nazionali, nel 2004, le diverse forme di investimento pubblicitario
(tabellare, telepromozioni, televendite), al netto degli sconti, sono ammontate a oltre 4,5 miliardi di
euro. Si tratta, in particolare, delle tre reti della Rai (1.343 milioni di pubblicità), delle tre reti
Mediaset (3.008 milioni), di La 7 (82,7 milioni), di Mtv Music Television (91,4 milioni) e, infine, di
All Music (25,3 milioni)
Pubblicità tv locali
Nel 2004 è stata di circa 400 milioni, nella peggiore delle ipotesi, la raccolta pubblicitaria delle
televisioni locali italiane (nella cifra sono comprese anche le televendite, che costituiscono il 50%
dell'importo della raccolta). Le televisioni locali, in Italia, sono circa 600. La stima di 400 milioni è
di Aeranti-Corallo, e si tratta della più prudenziale. Infatti Frt, l'altra associazione di categoria,
quantifica la raccolta 2004 in 410 milioni mentre alcune grandi concessionarie attive nel mercato
locale fanno riferimento a un mercato di 435 milioni di euro
Pubblicità radio nazionali
È pari a 400 milioni di euro anche il valore degli investimenti pubblicitari pianificati nel 2004 dalle
aziende sulle reti radiofoniche della Rai e sulle principali emittenti commerciali (Cnr, Radio 101
One-o-one network, Radio Capital, Radio Deejay, Radio Dimensione suono, Radio Kiss Kiss
Network, Radio Italia Musica Italiana, Radio Italia Network, Radio Latte Miele, Radio Montecarlo,
Rete 105 Network, Rtl 102.5 Hit Radio, Radio 24)
Pubblicità radio locali
La stima della raccolta pubblicitaria delle radio locali, nel 2004, è di 170 milioni. Come per le
televisioni locali si tratta anche in questo caso di un mercato molto polverizzato per l'elevato
numero di operatori: 1.093. Ne deriva che la stima di 170 milioni, di Frt, è la più prudente. La
quantificazione di Aeranti-Corallo si attesta invece a oltre 180 milioni di euro
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Offerte televisive a pagamento
È di 1,5 miliardi di euro, per il 2004, la stima del valore del mercato italiano dell'offerta televisiva a
pagamento, comprensivo degli incassi pubblicitari. Nell'anno fiscale 2003-2004 Sky Italia ha
generato ricavi pari a circa 1,7 miliardi di dollari, comprensivi della pubblicità. Il mercato della
pubblicità veicolata sulle tv satellitari conta su circa 140 milioni di euro raccolti dai canali pay
distribuiti da Sky, più altri 7 milioni da canali non distribuiti da Sky. Gli abbonamenti più la tv a
consumo di Fastweb, invece, ammontano a circa 27 milioni. RaiClick si attesta sui 3 milioni.
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ANALISI
Punto fermo per un settore in trasformazione
Non facile cristallizzare le regole con tecnologie in evoluzione - Coordinate tutte le norme, dalle
regionali a quelle comunitarie
DI FERNANDO BRUNO
Con la pubblicazione, nei giorni scorsi, del Testo unico della radiotelevisione si chiude un ciclo
triennale di profonda trasformazione e riordino dell'intero corpus legislativo nazionale in tema di
comunicazione.
Nel valutare le caratteristiche di unicità, organicità e completezza del testo è doveroso tenere conto
di alcune circostanze. In primis del peso della legislazione comunitaria e poi, in prospettiva, di
quella regionale. Inoltre, dell'intensa opera di delegificazione condotta in questi anni nel settore, con
i vasti poteri di regolamentazione attribuiti ed esercitati dall'Agcom, nonché dei poteri
regolamentari esercitati da altre Autorità amministrative indipendenti.
Si aggiunga a ciò che il fenomeno della convergenza delle tecnologie e dei mercati nel settore delle
comunicazioni ha comportato, in particolare sotto il profilo della disciplina delle reti, un crescente
fenomeno di convergenza del diritto e degli ordinamenti in materia televisiva e delle
telecomunicazioni, con la conseguenza di rendere certamente complessa l'estrapolazione, in un
Testo unico della radiotelevisione, di norme legislative proprie del settore delle comunicazioni
convergenti.
Non può tacersi, da ultimo, della difficoltà oggettiva a consolidare un Testo unico della
radiotelevisione in una fase di transizione tecnologica e, per ciò stesso, di affinamento degli
strumenti regolamentari e di ridefinizione degli stessi assetti di mercato. Infine, si deve anche tenere
conto delle non poche disposizioni di legge che, in quanto sopravvissute al lavoro di coordinamento
e di abrogazione, mantengono la loro vigenza nella vecchia collocazione.
Senza tacere di alcune incongruenze determinate da talune abrogazioni (per esempio quelle degli
articoli 13, 17 e 20.4 della legge Mammì), vediamo, in estrema sintesi la struttura del testo.
Il Titolo I contiene le definizioni e i principi generali del sistema radiotelevisivo. In particolare vi
sono declinati i "principi fondamentali" di obiettività, completezza, imparzialità i diritti degli utenti
(accesso, rettifica, privacy); i principi a tutela del pluralismo e della concorrenza; gli ulteriori
obblighi di servizio pubblico posti in capo alla Rai. L'indicazione più interessante di questa parte è
quella che sancisce il principio secondo cui l'attività radiotelevisiva, da qualunque emittente
esercitata, costituisce sempre «servizio di interesse generale». Il che presuppone e giustifica, in
linea con la consolidata giurisprudenza costituzionale, l'imposizione anche a soggetti di diritto
privato di vincoli e obblighi suscettibili di incidere sulla sfera delle stesse libertà di impresa, nel
nome di un ragionevole bilanciamento con il prevalente diritto all'informazione sancito dalla
Costituzione.
Il Titolo II richiama le competenze attribuite dall'ordinamento ai diversi protagonisti del sistema
della comunicazione.
Il Titolo III raccoglie, tra l'altro, le disposizioni di riferimento in materia di disciplina del sistema
radiotelevisivo nella prospettiva della transizione al digitale via etere terrestre. In particolare sono
qui concentrate sia le disposizioni destinate a disciplinare il rilascio dei titoli che abilitano
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all'esercizio delle diverse attività nel nuovo scenario tecnologico, sia le norme di chiusura del
sistema analogico radiofonico e televisivo, sia, infine, le disposizioni "cerniera" che, secondo
l'impostazione voluta dalla legge Gasparri, sono destinate ad accompagnare la fase di avvio delle
trasmissioni televisive in tecnica digitale.
È in questa parte del Testo unico che si rinvengono i principi relativi alla disciplina, e ai diversi
titoli abilitativi, riservati agli attori del mercato della tv digitale terrestre, nonché le disposizioni che
disciplinano il cosiddetto trading delle frequenze, ossia la possibilità, offerta alle emittenti televisive
locali e nazionali, di incrementare, ai fini della diffusione di programmi sperimentali in tecnica
digitale, la "copertura" del territorio attraverso l'acquisizione di frequenze di altre emittenti.
Nato come alternativa alle soluzioni di razionalizzazione dello spettro per mezzo della sola
pianificazione dall'alto, va riconosciuto che il trading ha sostanzialmente mancato di esprimere tutte
le sue potenzialità. Certamente per la situazione di sovraffollamento e di uso inefficiente dello
spettro frequenziale che, determinando altissimi rischi di interferenzialità, ha scoraggiato
all'acquisto di frequenze di incerto valore. Ma anche per la persistente chiusura del mercato
televisivo, secondo il modello della fotografia dell'esistente risalente all'epoca della legge del 1990,
che ha imposto per tutta la fase transitoria il divieto di ingresso a nuovi soggetti. Ciò ha fatto sì che
al trading abbiano fatto ricorso in misura prevalente i soli grandi broadcaster nazionali, con il
rischio di trasferimento degli attuali assetti oligopolistici nel nuovo scenario.
Il Titolo IV del Testo Unico raccoglie le norme a tutela dell'utente (si veda a pagina 15), mentre il
Titolo V richiama i principi in materia di uso efficiente dello spettro elettromagnetico.
Il Titolo VI raccoglie le disposizioni in tema di tutela della concorrenza e del mercato nel sistema
televisivo. Si rinvengono qui la disciplina del sistema integrato delle comunicazioni e la sua
definizione ai fini del calcolo dei limiti alle risorse economiche acquisibili da parte dei singoli
operatori del mercato, che ha sollevato autorevoli rilievi.
Altre disposizioni caratterizzanti questa parte del Testo unico sono l'individuazione dei limiti alle
risorse tecniche (ossia al numero dei canali nazionali) assentibili in capo a ciascun soggetto;
l'importante disciplina antitrust riservata ai singoli mercati della comunicazione, che mutua
strumenti di indagine e di analisi dal nuovo quadro regolamentare europeo in materia di reti di
telecomunicazione; il limite più stringente (10%) alla raccolta di risorse economiche nel Sic
imposto a Telecom Italia; la possibilità accordata ai broadcaster detentori di più reti televisive di
entrare nel mercato dell'editoria quotidiana a partire dalla fine del 2010.
Il Titolo VII raccoglie la disciplina nazionale in materia di promozione della distribuzione e della
produzione di opere europee.
Il Titolo VIII, infine, collaziona le disposizioni sul servizio pubblico radiotelevisivo, ossia gli
articoli dell'ordinamento che fissano i compiti del servizio pubblico, le modalità del suo
finanziamento, l'organizzazione e le modalità di nomina degli organi di gestione della società
concessionaria. Qui, tra le disposizioni più rilevanti, figura l'obbligo posto in capo alla
concessionaria pubblica di predisporre il bilancio tenendo una contabilità separata dei ricavi da
canone e degli oneri sostenuti per la fornitura del servizio pubblico radiotelevisivo.
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IL CODICE E LA PUBBLICITÀ - INTERRUZIONI, REGOLE E FREQUENZA
Spot, un'interruzione ogni 20 minuti
Durante i film i break arrivano ogni tre quarti d'ora - Concorrenza, la pay per view dribbla il limite
del 20% - Lo sponsor non può influenzare i contenuti del programma
di Margherita Acierno
Il decreto legislativo 177/05 coordina e armonizza in un unico provvedimento anche tutte le norme
già esistenti in materia di pubblicità radiotelevisiva. In alcuni casi, però, la disciplina vigente è stata
modificata per meglio adattarsi alle recenti innovazioni tecnologiche, prima fra tutte il digitale
terrestre.
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Intanto, va sottolineato che ai canali Dtt a pagamento con programmazione inferiore alle 24 ore
settimanali, per esempio quelli dedicati alle partite di calcio, non si applica il limite Antitrust del
20% indicato dalla legge Gasparri in riferimento all'irradiazione da parte di uno stesso soggetto.
Motivo? Secondo una decisione presa dall'Authority per le comunicazioni all'inizio dello scorso
mese, le reti «pay per view» sono considerate servizi, e non canali, data la durata della loro
programmazione. Insomma, non sono programmi veri e propri ma occasionali e pertanto restano
fuori dalle regole che disciplinano il mercato e la concorrenza a cui invece sono obbligati ad
attenersi tutti gli altri canali sia analogici sia digitali.
Nel codice della radiotelevisione l'argomento pubblicità viene introdotto già tra i principi generali a
garanzia degli utenti. Nell'articolo 4, comma 1 si rimarca l'obbligo da parte di qualsiasi forma di
pubblicità - che deve essere sempre riconoscibile come tale - al rispetto della dignità della persona;
si sottolinea il divieto di trasmissioni pubblicitarie e televendite nei cartoni animati destinati ai
bambini e durante la messa in onda di funzioni religiose; infine nel testo viene precisato che la
pubblicità non deve indurre a comportamenti pregiudizievoli per la salute, la sicurezza e l'ambiente.
Tutte le disposizioni sulla pubblicità sono poi contenute nel Titolo IV: cinque articoli, dal 37 al 40,
che contengono le regole in fatto di interruzioni pubblicitarie, limiti di affollamento, i criteri a cui
devono attenersi i programmi sponsorizzati e le disposizioni sulle televendite.
Interruzioni pubblicitarie. Spot o televendite possono essere inseriti nei programmi, anche quelli
in diretta. E le interruzioni consentite sono di una ogni 20 minuti. Nelle trasmissioni strutturate
in parti autonome e intervalli, la pubblicità invece trova la sua sede naturale proprio in questi spazi.
Durante la trasmissione di pellicole cinematografiche e film per la tivù che durano più di 45 minuti,
il break pubblicitario arriva ogni tre quarti d'ora. Via libera a un'altra interruzione se il film supera
la durata programmata (dall'inizio della sigla di testa alla fine della sigla di coda) di almeno 20
minuti. La messa in onda di funzioni religiose non può ospitare pubblicità. Stessa regola vale per
notiziari, rubriche, documentari, programmi religiosi e per bambini di durata programmata inferiore
a 30 minuti. Si rispettano invece le pause che di solito si fanno a teatro durante la trasmissione di
opere teatrali, liriche e musicali: una interruzione pubblicitaria per ogni atto se l'opera dura oltre i
45 minuti; un'altra pausa è consentita se lo spettacolo supera di almeno 20 minuti due o più tempi di
45 minuti ciascuno. Alle emittenti locali è però consentito un numero più alto di spot nell'arco della
trasmissione di opere teatrali, liriche, cinematografiche e musicali indicate al comma 7 dell'articolo
37.
Divieti e criteri di pubblicità per medicine, sigarette e alcool. Radio e tv censurano la
pubblicità di medicinali che si possono acquistare soltanto con ricetta medica. Stessa sorte tocca alle
sigarette e a tutto ciò che è a base di tabacco. Le bevande alcoliche, invece, per essere pubblicizzate
in tv e radio devono rispondere a una lunga serie di criteri. Al bando, anzitutto, la pubblicità di
alcolici rivolta ai minori e quella che ne induce al consumo per migliorare prestazioni fisiche,
raggiungere successo sociale e sessuale e in ogni caso è vietata una comunicazione che associ il
rilevante grado alcolico come qualità positiva della bevanda.
Limiti di affollamento. Lo spazio destinato alla pubblicità in Rai non può superare il 4%
dell'orario settimanale di programmazione e il 12% di ogni ora. Le reti Mediaset, La 7 e le altre
emittenti commerciali nazionali devono dedicare alla trasmissione di messaggi pubblicitari il 15%
dell'orario giornaliero di programmazione - che diventa del 20% se si considerano forme di
pubblicità diverse dagli spot - e il 18% di ogni ora. Stessi limiti sono fissati per le tv che
trasmettono in contemporanea su almeno 12 bacini di utenza. Le emittenti locali hanno invece un
limite di affollamento del 40% al giorno per la trasmissione di spot e altra pubblicità, e del 15% per
i soli break tradizionali.
Sponsorizzazioni e televendite. Nell'articolo 39 il Testo unico della radiotelevisione
raggruppa le disposizioni sui programmi sponsorizzati. A partire dalla imprescindibile condizione
che lo sponsor non può influenzare contenuti e autonomia del programma. Ogni trasmissione
sponsorizzata deve essere chiaramente riconoscibile (il nome o il logo dello sponsor va indicato
all'inizio e alla fine del programma) e non può pubblicizzare prodotti o servizi dello sponsor o di
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terzi. Chi svolge come attività principale la fabbricazione o vendita di sigarette, superalcolici e
medicine che si acquistano con prescrizione medica non può sponsorizzare programmi radio-tv. Per
le tivù locali vale infine la regola che le sponsorizzazioni possono essere fatte anche mediante
segnali acustici e visivi, di solito trasmessi nelle interruzioni dei programmi, accompagnati
comunque dalla citazione del nome e del marchio dello sponsor.
Tutto incentrato sulla tutela dei minori è l'articolo 40 che contiene le disposizioni sulle televendita.
Tra queste c'è il divieto a esortare gli under 18 a stipulare contratti di compravendita o di locazione
di prodotti e servizi; di mostrare i ragazzi in situazioni di pericolo; sfruttarne la loro inesperienza e
credulità oppure esortarli a persuadere genitori o altri all'acquisto del prodotto pubblicizzato.
DAL «LANCIO» ALLE TRASMISSIONI SPONSORIZZATE
Sport, cronache e intervalli. I programmi con parti autonome e intervalli ospitano pubblicità
e televendite soltanto all'interno di questi spazi.
Lungometraggi e film. Quando le pellicole superano i 45 minuti, possono essere interrotte una
volta ogni tre quarti d'ora. Un'altra interruzione è autorizzata se la durata programmata del film
supera di almeno 20 minuti due o più periodi completi di 45 minuti.
Notiziari, programmi religiosi e per bambini, documentari rubriche di attualità.
Queste trasmissioni quando hanno durata programmata inferiore a 30 minuti non possono essere
interrotti da spot e televendite.
Trasmissioni di opere teatrali, liriche e musicali. All'interno di questi programmi sono
consentiti messaggi pubblicitari negli intervalli che di solito si effettuano nelle sale teatrali. Se
l'opera dura oltre 45 minuti, è consentita una interruzione per ogni atto o tempo. È consentita
un'ulteriore interruzione se la durata programmata dell'opera supera di almeno 20 minuti due o più
atti o tempi di 45 minuti ciascuno. Alle emittenti locali le cui trasmissioni sono destinate al
territorio nazionale, ma a eccezione delle trasmissioni in interconnessione, sono consentite anche
due interruzioni pubblicitarie per ogni atto delle opere indipendentemente dalla loro durata. Per le
opere che durano 110 minuti e per quelle che superano questa durata sono consentite tre interruzioni
pubblicitarie più una interruzione supplementare ogni 45 minuti di durata ulteriore rispetto a 110
minuti.
Medicinali. In radio e in televisione non possono essere pubblicizzate medicine e cure mediche
disponibili unicamente dietro prescrizione del medico.
Sigarette. Divieto assoluto anche alla pubblicità televisiva di sigarette e di qualsiasi prodotto a
base di tabacco.
Bevande alcoliche. Pubblicità e televendite di bevande alcoliche non devono rivolgersi
espressamente ai minori né mostrare ragazzi con meno di 18 anni intenti a farne uso. I messaggi
pubblicitari di alcolici non devono comunicare successo sociale o sessuale o che tali bevande
abbiano qualità terapeutiche. Sono vietate tutte le forme di pubblicità che invitano all'uso eccessivo
di alcool e l'indicazione del rilevante grado alcolico come qualità positiva delle bevande.
Rai. La televisione pubblica non può trasmettere messaggi pubblicitari oltre il limite del 4%
dell'orario settimanale di programmazione e il 12% ogni ora. In caso di eccedenza, ma solo quando
supera il 2% nel corso di un'ora, essa deve essere recuperata nell'ora antecedente o successiva.
Quest'ultima regola vale anche per le tivù commerciali nazionali e locali.
Mediaset, La 7 e le altre televisioni commerciali nazionali. Le televisioni private
nazionali non possono eccedere il 15% dell'orario giornaliero di programmazione e il 18% di ogni
ora. Stessa regola è fissata per i soggetti autorizzati a trasmettere in contemporanea su almeno 12
bacini di utenza. Il limite di trasmissione quotidiana di pubblicità sale al 20% quando oltre agli spot
sono compresi anche televendite e telepromozioni. Il tempo di trasmissione dedicato a queste ultime
due non deve comunque superare 1 ora e 12 minuti al giorno.
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Televisioni locali. Il limite posto alla trasmissione di messaggi pubblicitari sulle reti locali è del
25% di ogni ora e di ogni giorno di programmazione. Per le altre forme di pubblicità il limite è
portato al 40 per cento. Alle tivù locali che hanno una programmazione composta per oltre l'80% di
televendite questo limite non viene applicato.
I programmi sponsorizzati. Contenuti e programmazione di trasmissioni sponsorizzate non
possono essere influenzati dallo sponsor. Durante questo tipo di programmi - che devono essere
chiaramente riconoscibili come tali - è vietato stimolare l'acquisto di prodotti e servizi dello sponsor
o di terzi.
Televendite. È vietata la televendita di sigarette e più in generale di prodotti a base di tabacco.
Questa formula pubblicitaria non deve ledere la dignità umana, indurre a comportamenti
discriminatori e pregiudizievoli. Sono vietate le televendite che mostrano minori, senza motivo, in
situazioni di pericolo e quelle che li esortano a stipulare contratti di compravendita o di locazione di
prodotti e servizi e comunque che sfruttano la loro inesperienza e credulità.
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Il mercato 2005 punta a crescere
di Margherita Acierno
Nei primi sei mesi del 2005 il mercato della pubblicità televisiva nazionale ha raggiunto il valore di
oltre 2.643 milioni di euro. Il dato, su fonte Nielsen Media Reaserch, è relativo alla raccolta di Rai,
Mediaset, La 7, Mtv Music Television, All Music e comprende ogni forma di investimento
pubblicitario, quindi spot, televendite e telepromozioni.
Le tre reti Rai hanno rastrellato più di 790 milioni di euro pari però al 2% in meno rispetto allo
stesso periodo del 2004. Canale 5, Italia 1 e Retequattro hanno invece avuto una performance
migliore: 1.732 milioni, ossia il 3,9% in più rispetto al primo semestre dell'anno scorso. La 7 ha
toccato i 50,78 milioni (+21.6%), Mtv 55,55 milioni (+15,9%) e infine All Music che ha chiuso i
primi sei mesi di quest'anno a quota 14,17 milioni di euro (+10%).
Nel 2004 le tivù nazionali avevano generato un fatturato pubblicitario di 4.551 milioni. Un risultato
nettamente migliore rispetto all'anno precedente: l'incremento è stato infatti di 430 milioni. La Rai
nel 2004 ha portato a casa 1.343 milioni, Mediaset 3.008 milioni, La 7 82,7 milioni, Mtv 91,4 e All
Music 25,3 milioni.
Le televisioni locali, invece, si sono dovute accontentare di chiudere il 2004 a quota 400 milioni di
euro, comprensivi anche delle televendite che costituiscono il 50% del mercato. L'emittenza locale è
un settore molto frammentato essendo composto da circa 600 emittenti: non stupisce, pertanto, che
al valore di questo mercato vengano date diverse stime. Aeranti-Corallo lo dà a quota 400 milioni
ma Frt, l'altra associazione di categoria, basandosi sullo studio economico del settore televisivo
locale italiano, parla di una raccolta pari a 410 milioni. È invece di 435 milioni il valore di questo
mercato stando alle stime di alcune grandi concessionarie che operano nell'emittenza locale.
A completare il quadro della pubblicità televisiva c'è poi l'offerta a pagamento, comprensiva degli
incassi pubblicitari che, nel 2004, ha totalizzato 1.550 milioni di euro. Leader indiscusso del settore
è Sky Italia. La piattaforma satellitare di Rupert Murdoch nell'anno fiscale 2003-2004 ha generato
ricavi pari a circa 1,7 miliardi di dollari, di cui fanno parte anche gli introiti derivanti dalla
pubblicità. Secondo gli operatori di mercato, la raccolta pubblicitaria delle tv distribuite da Sky è
stata di 140 milioni, mentre quella delle emittenti satellitari di 7 milioni. Tv a pagamento, ma di
nuovissima generazione, è quella offerta da Fastweb e da RaiClick. Si chiama tv on demand e per
essere vista bisogna appunto abbonarsi o pagare soltanto ciò che si decide di seguire. Gli
abbonamenti a Fastweb ammontano a circa 27 milioni. RaiClick raggiunge invece i 3 milioni.
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IL CODICE E IL FUTURO - IL DIGITALE TERRESTRE
Sei concessioni per ogni area
In ambito locale il limite scende a tre - Individuate le sanzioni per chi viola gli obblighi sui
programmi
di Paolo Pozzi
Sono 614 le domande arrivate sulla scrivania della direzione generale per i servizi di comunicazione
elettronica e di radiodiffusione (in sigla Dgscer) del ministero delle Comunicazioni entro il termine
stabilito, il 25 luglio scorso: undici imprese televisive nazionali e 603 locali che hanno chiesto il
prolungamento delle concessioni e delle autorizzazioni in tecnica analogica per la conversione in
digitale. E a breve arriveranno le risposte del ministero che consentirà alle aziende di proseguire
l'attività sino alla scadenza per la definitiva conversione delle trasmissioni in tecnica digitale,
ovvero fino al 31 dicembre 2006. Anche se è quasi scontato che la data verrà prorogata. In questo
caso le concessioni dureranno fino alla nuova data che verrà prefissata.
I soggetti potevano presentare domanda solo se già trasmettevano contemporaneamente in tecnica
digitale e, se emittenti nazionali, con una copertura in tecnica digitale di almeno il 50% della
popolazione nazionale. Non è previsto alcun termine, invece, per le domande di autorizzazione per
fornitori di contenuti sia televisivi sia radiofonici. Anche se sono già alcune decine le domande di
autorizzazione per la fornitura di contenuti televisivi e un centinaio quelle di autorizzazione per
fornitori di contenuti per la radiofonia. Nel caso delle radio si tratta di domande di soggetti già
concessionari di attività radiofonica in tecnica analogica. Nel caso delle televisioni si tratta invece
sia di soggetti già operanti che intendono realizzare programmi diversi da quelli già trasmessi in
tecnica analogica sia di soggetti che invece non sono titolari di concessioni analogiche.
Uno stesso soggetto non può detenere più di tre concessioni o autorizzazioni per la radiodiffusione
televisiva all'interno di ciascun bacino di utenza di ambito locale e più di sei per bacini regionali
anche non limitrofi. Nel limite massimo di sei, invece, sono le concessioni o autorizzazioni
all'interno di ciascun bacino di utenza. Nella fase sperimentale, cioè fino all'attuazione del piano
nazionale di assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale, i soggetti esercenti in
possesso dei requisiti richiesti possono svolgere l'attività anche attraverso la ripetizione simultanea
dei programmi già diffusi in tecnica analogica. E sempre fino all'attuazione del piano nazionale di
assegnazione delle frequenze televisive in tecnica digitale sono consentiti trasferimenti di impianti o
di rami d'azienda tra soggetti che esercitano attività televisiva sia nazionale che locale, a condizione
che le acquisizioni operate siano destinate alla diffusione in tecnica digitale.
Delle domande, della durata e dei limiti delle concessioni e delle autorizzazioni televisive su
frequenze terrestri in tecnica analogica, in attesa della conversione definitiva delle trasmissioni in
tecnica digitale, si parla nell'articolo 23, comma 1 (articolo 24 invece per le frequenze radiofoniche)
del testo unico della radiotelevisione, il decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177 entrato in vigore
l'8 settembre scorso. Un provvedimento che raccoglie tutte le norme vigenti in materia,
coordinandole fra loro e apportando solo quelle modifiche e integrazioni che servono al loro
coordinamento. Sono 17 gli articoli, dal numero 15 al 31, elencati nel Titolo III del Testo unico,
quelli che regolamentano il passaggio dall'analogico al digitale.
All'articolo 51, infine, sono dettagliate anche le sanzioni di competenza dell'Autorità nel caso di
violazione degli obblighi in materia di programmazione, pubblicità e contenuti radiotelevisivi. Per
violazioni relative al rilascio delle concessioni o per violazioni alla radiodiffusione in tecnica
digitale da parte dei fornitori di contenuti, ad esempio, le sanzioni variano da 10.329 euro a 258.228
euro. Per violazioni relative invece alle disposizioni sulla pubblicità, sponsorizzazioni e televendite,
le sanzioni pecuniarie variano da 5.165 euro a 51.646 euro.
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Per le emittenti «comunitarie» pubblicità al 5%
Le trasmissioni della tv sociale sono per il 70% monotematiche e di servizio
di Paolo Pozzi
Si chiama digitale la scommessa delle emittenti locali che attualmente occupano solo il 2% del
mercato pubblicitario italiano. Quasi tutte le emittenti, infatti, hanno mantenuto la concessione di
più di una frequenza.
Nel Testo unico sulle radiotelevisioni trovano ampio spazio anche loro. Intanto, già all'articolo 2 del
nuovo Codice - quello interamente dedicato alle «Definizioni» - si chiarisce cosa si intende per
trasmissioni televisive, programmi-dati, operatori di rete, fornitori di contenuti, programmi originali
autoprodotti, produttori indipendenti («che in un periodo di tre anni non destinino almeno il 90%
della propria produzione a una sola emittente»), fornitori di servizi («il soggetto che fornisce,
attraverso l'operatore di rete, servizi al pubblico di accesso condizionato, compresa la pay per
view»), l'accesso condizionato, il Sistema integrato delle comunicazioni (l'ormai ben noto Sic).
Tutte figure e definizioni che necessitavano di una sistemazione organica, visti i rapidi mutamenti
del settore.
Ed è proprio in questo articolo 2 che trova spazio e definizione anche tutto ciò che riguarda
l'emittenza ormai suddivisa in sei grandi categorie: nazionale, locale, commerciale, comunitaria,
pubblica e privata. Se chiara è, infatti, la definizione di ambito nazionale sia per la radio sia per la
tv, si intende invece per «ambito locale radiofonico» l'irradiazione del segnale fino a una copertura
massima di 15 milioni di abitanti e «ambito locale televisivo» l'esercizio dell'attività in uno o più
bacini, comunque non superiori a sei, anche non limitrofi, purché con copertura inferiore al 50%
della popolazione nazionale». Se poi il bacino è unico e ricade sul territorio della Regione o della
Provincia, la televisione si potrà chiamare regionale o provinciale.Il decreto legislativo 177/05
ribadisce poi che la televisione comunitaria è quella costituita da associazione, fondazione o
cooperativa che si impegna a non trasmettere più del 5% di pubblicità per ogni ora di diffusione
(per la radio la quota è del 10%) e a trasmettere programmi originali autoprodotti di carattere
culturale, etnico, politico, religioso per almeno il 50% dell'orario di trasmissione giornaliero
compreso tra le 7 e le 21 (per la radio la quota è del 30%).
Sono invece televisioni a carattere sociale (classificate come emittenti di servizio) quelle che, in
ambito locale, per almeno il 70% della programmazione quotidiana hanno trasmissioni
monotematiche di utilità sociale come la salute, la sanità, i servizi sociali.
È emittente televisiva a carattere commerciale in ambito locale quella che non ha specifici obblighi
di informazione (la televisione commerciale nazionale ha invece l'obbligo di informazione), mentre
viene definita televisione a carattere informativo in ambito locale quella che, tra le ore 7 e le ore
23.00, trasmette, per non meno di due ore, programmi informativi di cui almeno il 50%
autoprodotti, almeno la metà di interesse locale e telegiornali diffusi per non meno di cinque giorni
alla settimana.
È invece radio commerciale locale quella senza particolari obblighi di palinsesto che comunque
destina almeno il 20% della programmazione settimanale all'informazione, di cui almeno il 50%
all'informazione locale.
Alle syndication (emittenti che trasmettono alcune ore con lo stesso marchio) è invece dedicato
l'articolo 29 del Testo unico: l'autorizzazione a trasmettere in contemporanea è concessa per sei ore
nel caso delle radio e per dodici ore nel caso delle televisioni.
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Cosa cambia nel mercato / L'impatto della tecnologia
La televisione si arricchisce di professionalità
Per la radio le frequenze sono già insufficienti
di Paolo Pozzi
Che cosa cambia con l'avvento del digitale terrestre per la televisione e per la radio? Procedure,
tecnica, frequenze sono differenti. Lo stesso mercato è differente. In ambito radiofonico il digitale
terrestre è rappresentato dal cosiddetto DAB-T che non opera, come in ambito televisivo, sulle
stesse frequenze dell'analogico. Non è un caso che per la radiofonia non è previsto lo "switch off",
cioè il momento in cui, dal 31 dicembre 2006 (così come previsto dalla legge Gasparri) dovranno
cessare le trasmissioni in analogico e si trasmetterà esclusivamente in digitale, ma su frequenze
differenti.
La radiofonia, che in analogico viene esercita in modulazione di frequenza sulla banda da 88 a 108
MHz, in digitale dispone della sottobanda VHF III (in corrispondenza del canale 12 televisivo) e di
una sottobanda UHF-L (intorno ai 1400 MHz). In questo caso, quindi, non dovranno cessare le
trasmissioni in analogico per dare spazio a quelle digitali, ma dovranno essere create nuove reti.
Ma il fatto è che le frequenze disponibili sono largamente insufficienti per accontentare i circa
1.300 operatori tra locali e nazionali. Cosicché, in tecnologia digitale, le reti radiofoniche verranno
esercite da consorzi formati dagli operatori dell'analogico (non necessariamente i medesimi
soggetti, come nel caso del mercato televisivo). L'ambito radiofonico e le norme sul digitale DAB-T
sono contenuti nel Testo unico all'articolo 2, comma 1 (lo stesso della tv) mentre la disciplina degli
operatori di rete è contenuta nell'articolo 15 e quella di fornitore di contenuti radiofonici all'articolo
19.
Ciò che cambia per la tv, invece, con l'avvento del digitale terrestre, fa riferimento soprattutto agli
operatori. In ambito analogico c'era la figura dell'editore televisivo che faceva tutto (palinsesti,
gestione degli impianti a radiofrequenza e operatore di telecomunicazione). Con l'avvento del
digitale lo scenario è mutato. Mentre la legge 223/90 (legge Mammì) definiva l'obbligo di
concessione per l'esercizio dell'attività di radiodiffusione privata, la legge 66/2001 e la 112/2004
(legge Gasparri), definendo lo scenario digitale, hanno individuato diverse figure operanti, non
necessariamente facenti capo allo stesso soggetto. Infatti la tecnica digitale, comprimento i segnali e
quindi consentendo di collocare su una stessa frequenza più programmi, ha virtualmente
moltiplicato gli spazi. L'equazione «un canale = un programma» in digitale non è più valida. Sono
così nati gli operatori di rete da una parte e i fornitori di contenuti dall'altra. I primi sono operatori
di telecomunicazioni, che eserciscono gli impianti a radiofrequenza, le postazioni, i miltiplexer, i
trasmettitori. I secondi sono i veri e propri editori televisivi, e hanno la responsabilità sui contenuti
mandati in onda.
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IL CODICE E LE TUTELE - I DIRITTI DEGLI UTENTI
Sugli schermi niente sesso né violenza
Banditi i film per gli adulti - Garantita la fascia oraria per i bambini - Per radio e tv obbligo di
rettifica entro 48 ore dalla richiesta
di Paolo Pozzi
Dei dieci titoli in cui è diviso il Testo unico ce n'è uno, il quarto, interamente dedicato alle «Norme
a tutela dell'utente». Quattro i blocchi: la tutela del cittadino-utente di fronte alla cronaca
radiotelevisiva con relativo diritto di rettifica, la tutela dei minori, le trasmissioni transfrontaliere e
la tutela dei cittadini di fronte alla pubblicità. Di questi quattro, i due legati alla tutela dei minori e
le disposizioni sulla pubblicità occupano gran parte dell'intero Titolo IV (il Testo unico è
consultabile sul sito Internet www.ilsole24ore.com/norme).
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L'articolo 32 sul diritto di rettifica chiarisce che una radio o una televisione, avendo notiziari e
giornali con un direttore responsabile, rispondono in tutto e per tutto alle stesse leggi deontologiche,
civili e/o penali di un giornale su carta stampata. Quindi chi si sente leso da una notizia trasmessa in
un giornale radio o televisivo ha il diritto di chiedere adeguata rettifica con le stesse norme previste
per i giornali (articoli 5 e 6 della legge 8 febbraio 1948, n. 47) purché quest'ultima non abbia
contenuto che possa dar luogo a responsabilità penali. La rettifica deve essere effettuata da parte
della radio o della televisione entro 48 ore dalla data di ricezione della richiesta e in fascia oraria e
con il rilievo corrispondenti a quelli della trasmissione che ha dato origine alla lesione degli
interessi da parte dell'utente.
Se, trascorso il termine delle 48 ore, la rettifica non va in onda, il cittadino può trasmettere la
richiesta all'Autorità che si deve pronunciare entro cinque giorni. Se l'Autorità ritiene necessaria la
rettifica, questa deve andare in onda entro le 24 ore successive. «Fatta salva - prevede sempre
l'articolo 32 del Codice - la competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria».
L'articolo 34 sulla tutela dei minori, invece, è quello che, forse più di altri, è stato al centro di
polemiche e ha ormai recepito le istanze e le richieste delle stesse associazioni di tutela dei
minorenni. Si basa su numerosi altri riferimenti di legge ma, in particolare, sul «Codice di
autoregolamentazione Tv e minori» siglato nel 1997 (il 26 novembre) tra Rai, Mediaset, Cecchi
Gori Communication, Frt e Aer. Un codice ripreso e attualizzato oggi nel Testo Unico.
Il Codice di autoregolamentazione e l'articolo 34 del Testo Unico partono dal presupposto che
l'utenza radiotelevisiva, in alcune fasce orarie, è costituita anche (e in alcuni casi prevalentemente)
da minori che hanno il diritto di essere tutelati da trasmissioni che possono nuocere al loro sviluppo
psichico e morale, anche nei casi in cui la famiglia sia carente sul piano affettivo. Particolare
attenzione è posto, tra l'altro, verso la fascia più debole, quella da zero a 14 anni. È così che si è
ribadito, nero su bianco, che la televisione nella fascia oraria compresa tra le 7 del mattino e le
22,30 di sera deve essere di tutti. Di conseguenza, i film vietati ai minori di 14 anni non possono
essere trasmessi, né integralmente né parzialmente, prima delle 22,30 e dopo le 7 (comma 2,
articolo 34 del Testo unico). Durante la giornata, in verità, le imprese televisive si erano anche
impegnate (nel Codice di autoregolamentazione) a non trasmettere sequenze particolarmente crude
o brutali o film, fiction e spettacoli che facciano ricorso gratuito di turpiloquio e scurrilità.
Invece si considera (o si presume) che nella fascia compresa tra le 19 e le 22,30 il pubblico dei
minori eventualmente all'ascolto sia supportato dalla presenza di un adulto. È per questo che, in
questa fascia oraria, alcune trasmissioni prevalentemente destinate a un pubblico adulto vengono
segnalate in anticipo o con iconografia particolare. Mentre i programmi direttamente rivolti ai
minori nella fascia dalle ore 16 alle 19 (comma 4, articolo 34), considerata «fascia protetta» devono
avere particolare attenzione e riguardo ai messaggi pubblicitari, alle promozioni e a ogni altra forma
di comunicazione commerciale e pubblicitaria e proporre programmi di buona qualità e di piacevole
intrattenimento.
Specifiche misure devono anche essere osservate nelle trasmissioni di commento degli avvenimenti
sportivi, in particolare calcistici, «al fine di contribuire - si legge sempre all'articolo 34 - alla
diffusione tra i giovani dei valori di una competizione sportiva leale e rispettosa dell'avversario, per
prevenire fenomeni di violenza legati allo svolgimento di manifestazioni sportive». L'impiego di
minori in trasmissioni televisive, infine, oltre che vietato in messaggi pubblicitari e spot, è
disciplinato con regolamento di tre ministeri: quello delle Comunicazioni, del Lavoro e delle pari
opportunità.
AD AMPIO RAGGIO
Diritto di rettifica. Ai telegiornali e ai giornali radio si applicano le norme che disciplinano la
registrazione dei giornali e dei periodici contenute negli articoli 5 e 6 della legge 8 febbraio 1948, n.
47. Questo in sostanza significa che chiunque si ritenga leso nei suoi interessi morali o materiali da
trasmissioni contrarie alla verità ha diritto a chiedere un'apposita rettifica all'emittente, al fornitore
di contenuti privato o alla concessionaria del servizio pubblico. La rettifica deve andare in onda
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entro 48 ore dalla data di ricezione della richiesta, in fascia oraria e con il rilievo corrispondenti a
quelli della trasmissione che ha dato origine alla lesione.
Comunicati di organi pubblici. Il Governo, e così pure le amministrazioni dello Stato, le Regioni
e gli enti pubblici territoriali, per gravi ed eccezionali esigenze di pubblica necessità, possono
chiedere alle emittenti, ai fornitori di contenuti o alla concessionaria del servizio pubblico generale
radiotelevisivo la trasmissione gratuita di brevi comunicati
Tutela dei minori. È vietata la trasmissione di film ai quali sia stato negato il nulla osta per la
proiezione o la rappresentazione in pubblico oppure siano stati vietati ai minori di 18 anni. I film
vietati ai minori di 14 anni non possono essere trasmessi, né integralmente né parzialmente, prima
delle ore 22.30 e dopo le ore 7. Specifiche misure a tutela dei minori sono poi previste nella fascia
oraria compresa fra le ore 16 e le ore 19 e all'interno dei programmi direttamente rivolti ai minori,
con particolare riguardo ai messaggi pubblicitari, alle promozioni e a ogni altra forma di
comunicazione commerciale e pubblicitaria. È, poi, vietato l'impiego di minori di 14 anni in
programmi radiotelevisivi, oltre che per messaggi pubblicitari e spot. Sono infine previste
campagne scolastiche per un uso corretto e consapevole del mezzo televisivo. Le campagne devono
essere rivolte sia agli studenti sia ai genitori
Vigilanza e sanzioni. La verifica dell'osservanza dell'articolo 34 («Disposizioni a tutela dei
minori») spetta alla Commissione per i servizi e i prodotti dell'Autorità, in collaborazione con il
Comitato di applicazione del Codice di autoregolamentazione tv e minori. Il ministero delle
Comunicazioni fornisce il supporto organizzativo e logistico. Nei casi di inosservanza la
Commissione prima contesta la violazione agli interessati e assegna un termine non superiore a 15
giorni per le giustificazioni, poi delibera una sanzione amministrativa con il pagamento di una
somma da 25mila a 350mila euro e, nei casi più gravi, la sospensione della concessione o
dell'autorizzazione per un periodo da uno a dieci giorni. In caso di ulteriore violazione del divieto la
sanzione può arrivare anche alla disattivazione dell'impianto. Le sanzioni si applicano anche se il
fatto costituisce reato e indipendentemente dall'azione penale. Alle sanzioni inflitte deve essere data
adeguata pubblicità anche attraverso la stessa emittente sanzionata nei notiziari diffusi in ore di
massimo o di buon ascolto
Trasmissioni transfrontaliere. È assicurata la libertà di ricezione di trasmissioni televisive
provenienti da Stati dell'Unione europea (direttiva 89/552/Cee modificata dalla direttiva 97/36/Ce).
Allo stesso tempo è però vietata la trasmissione di programmi con scene pornografiche o di
violenza gratuita, di incitamento all'odio basato su differenza di razza, sesso, religione o nazionalità.
I provvedimenti vengono notificati alla Commissione Ue da parte dell'Autorità nel termine non
inferiore a 15 giorni dalla notifica per iscritto all'emittente televisiva. In caso di violazioni
commesse per almeno due volte nel corso dei 12 mesi precedenti, l'Autorità può sospendere le
trasmissioni
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OLTRE IL PROVVEDIMENTO
Il Testo unico non basta a coprire tutta la casistica
È più ampia la rete di protezione per i più piccoli
di Paolo Pozzi
La tutela dei diritti dei minori non è prevista solo dall'articolo 34 del Testo Unico per la
radiodiffusione. Numerosi, infatti, sono i riferimenti di legge che concorrono a regolamentare il
settore. A cominciare dall'articolo 31 della Costituzione che impegna la comunità nazionale, in tutte
le sue articolazioni, a proteggere l'infanzia e la gioventù. Oppure dall'articolo 3 della Costituzione
Onu del 1989, divenuta legge dello Stato nel 1991, secondo cui «i maggiori interessi del bambino-a
devono costituire oggetto di primaria considerazione» e che impone a tutti di collaborare per creare,
per i minori, condizioni di pace, tolleranza, dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà.
A regolamentare, più in particolare, il settore radiotelevisivo, poi, oltre alla legge 112/2004 (articolo
10) che ha permesso la stesura del Testo Unico, ci sono l'articolo 8, comma 1 e l'articolo 15, comma
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10 della legge 6 agosto 1990, n. 223 (legge Mammì) che impone alle emittenti radiotelevisive di
osservare le disposizioni per la tutela dei minori previste dal «Codice di autoregolamentazione tv
minori» siglato nel 1987 tra gli operatori e recepito poi il 29 novembre 2002.
Qualsiasi altra integrazione, modifica o adozione di nuovi documenti di autoregolamentazione
relativi alla tutela dei minori dovranno essere recepiti con decreto del ministero delle
Comunicazioni, ai sensi dell'articolo 17, comma 3 della legge 23 agosto 1988, n. 400, previo parere,
tra l'altro, della Commissione parlamentare prevista, invece, dalla legge 23 dicembre 1997, n. 451.
Accanto a questi riferimenti, i giornalisti che lavorano in qualsiasi testata (su carta, in tv o in radio)
hanno, infine, altri due Codici a cui attenersi: il Codice di deontologia relativo al trattamento dei
dati personali (articolo 25 della legge 675/96) e la cosiddetta Carta di Treviso del 5 ottobre 1990
stipulata tra Ordine dei giornalisti, Federazione nazionale della stampa e Telefono Azzurro. I Codici
deontologici, tra l'altro, prevedono di non utilizzare minori in situazione di gravi crisi (per esempio
che siano fuggiti da casa, che abbiano tentato il suicidio, che siano strumentalizzati dalla criminalità
adulta o inseriti in un giro di prostituzione, che abbiano genitori in carcere o genitori pentiti) e in
ogni caso è da garantire l'assoluto anonimato.
È anche previsto che non si debba far partecipare dei minori a trasmissioni nella quali si dibatte se
sia giustificato o no un loro allontanamento da casa o un'adozione, se la condotta di un genitore sia
stata dannosa. E non è permesso utilizzare minori con gravi patologie o disabili per scopi
propagandistici o per qualsiasi altra ragione che sia in contrasto con i loro diritti e che non tenga
conto della loro dignità.
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LE REAZIONI DELLE ASSOCIAZIONI
Il no dei consumatori: «Limiti solo sulla carta»
«In aumento i casi di pubblicità ingannevole»
di Paolo Pozzi
Negativo il parere delle associazioni dei consumatori sul Testo unico per la radiotelevisione:
numerosi capitoli del provvedimento - questo il senso principale della critica - non risponderebbero
realmente ai diritti degli utenti.
«Alla elencazione dei diritti fondamentali degli utenti - dice Francesco Luongo, responsabile del
dipartimento telecomunicazioni del Movimento difesa del cittadino - non si accompagna la reale
volontà del legislatore di attuarli concretamente. Siamo d'accordo, per esempio, sul divieto di
trasmissione di programmi vietati ai minori dalle 22.30 alle 7, ma riteniamo il mero richiamo al
Codice di autoregolamentazione Tv e minori del tutto insufficiente. La massiccia pubblicità
all'interno dei programmi per ragazzi e la sistematica violazione del divieto di utilizzare minori
negli spot sono sotto gli occhi di tutti», stigmatizza Luongo. «Il Governo - lamenta il responsabile
del dipartimento telecomunicazioni del Movimento difesa del cittadinosi - si è limitato a prendere
atto dello status quo rinviando a un regolamento ministeriale su cui le associazioni dei consumatori
non sono state mai ascoltate».
Sotto la lente d'ingrandimento delle associazioni dei consumatori anche i controlli, attesi alla prova
dei fatti. Ma il vero fronte di disappunto è, in realtà, sul versante della pubblicità. «Le tecniche
sempre più aggressive del marketing radiotelevisivo stanno rendendo le pubblicità sempre più
ingannevoli per i consumatori», sostiene Luongo. «Stiamo presentando decine di denunce»,
aggiunge.
Rincara la dose Emanuele Piccari, portavoce dell'Unione nazionale consumatori. «Intanto - dice l'affollamento pubblicitario e le pubblicità urlate ad alto volume nei programmi per ragazzi sono
diventate una cosa insopportabile: continuano a trasmetterle alla faccia di tutti i regolamenti e testi
unici. Poi c'è ancora il grave problema delle televendite: il prodotto che arriva a casa del
telespettatore, spesso, è diverso da quello visto in tv. E il telespettatore, se non ha avuto l'accortezza
di registrare il programma portandolo a prova, non ha neanche la possibilità di farsi valere in
tribunale». Piccari, a questo proposito, invoca un'altra legge dello Stato, quella sul commercio
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(114/98), secondo cui, trattandosi pur sempre di vendita (anche se in tv), controlli e vigilanza
devono essere fatti dai vigili urbani in ogni Comune.
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