Diocesi di Fano Fossombrone Cagli Pergola Sabato, 4 ottobre 2014 S. Messa a chiusura della Visita Pastorale nella Vicaria di Pergola OMELIA Chiesa in “uscita” “Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini” (Mt 4,19). La missione è una esigenza della sequela: non c’è sequela che non abbia uno sbocco missionario. La nostra pastorale è pensata soprattutto per quelli che sono già cristiani, per coloro che partecipano abitualmente alla vita ecclesiale. Se la prima parola di Gesù, il primo imperativo da lui pronunciato è “seguitemi”, l’ultima consegna che egli fa ai suoi discepoli è quella di “andare” (Mt 28,19). Questa missione è motivata dalla “compassione” che Gesù prova per le folle. Sono folle stanche e sfinite, come pecore senza pastore, smarrite nel cammino della vita. Occorre qualcuno che, al 0momento opportuno, dica la parola giusta, capace di radunare le pecore. Ma non si può essere missionari, se non si concepisce, prima, la bellezza della chiamata. Occorre sperimentare la gioiosità della chiamata. Gesù precisa che bisogna privilegiare, all’interno di Israele, le pecore perdute (Mt 10,6), ovvero, in termini moderni, Gesù invita i discepoli a cercare i lontani, quelli che non frequentano abitualmente la Chiesa. Il pastore pensa alle pecore che non sono dell’ovile. E’ questa la carità pastorale. Generalmente si afferma che il presbitero è il custode della memoria, colui che cerca di mantenere saldo il legame con le origini, con Gesù Cristo. Si parla poco però di un altro dovere fondamentale per un pastore: mantenere la comunità aperta e missionaria. Gesù prevede anche la possibilità del rifiuto (Mt 10,11-14). Tale rifiuto non va letto come un segno di fallimento. Il vero fallimento si verifica quando l’annuncio non suscita alcuna reazione, ma cade nell’indifferenza di chi ascolta. Gesù invita i suoi ad avere il coraggio di essere inermi, di fidarsi pur trovandosi in una condizione di vulnerabilità (Mt 10,16). “Ti basta la mia grazia; la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza” (2 Cor 12,9). Vorrei concludere questa riflessione iniziale con due osservazioni di carattere generale. Vorrei enunciare le due leggi fondamentali della missione, soprattutto tenendo conto dell’importanza che esse possono rivestire in questo preciso momento storico, nel quale le parrocchie dovrebbero misurarsi con la sfida missionaria. - La legge della semina. Bisogna tornare a essere dei seminatori, sulle orme del lavoro svolto da un missionario in Africa. Anzi, in Italia, si parte spesso con lo svantaggio di doversi confrontare con le idee distorte della fede diffusa tra la gente. La legge della semina costringe – chi la svolge – a dire l’essenziale, a comunicare le realtà centrali della fede cristiana. - La legge della inculturazione. Un missionario, generalmente, si interessa alla cultura del popolo cui è mandato. Egli cerca di capire qual è l’idea di Dio di cui i suoi interlocutori sono in possesso. E’ una operazione faticosa che richiede una grande duttilità. Si tratta di un lavoro da svolgere a livello di contenuto, più che di metodo. Non è scontato che il seme da noi seminato sia sempre quello evangelico. Quale chiesa, quale parrocchia per educare alla vita buona del Vangelo? L’incipit. Il futuro è di coloro che sanno generare e donare speranza. Ogni speranza è tale se regge alla prova della morte. 1. Perché essere cristiani? Per vincere la morte. “Se Cristo non è risorto vana è la nostra fede”. Occorre allora saper dire qual è la meta del cristianesimo, scatenare la voglia di vivere per sempre. Occorre saper narrare il volto di Dio: Dio è amore, luce, vita. 2. Una chiesa che sa stare nel cortile dei gentili. Una comunità cristiana capace di desiderare il Cielo ma al contempo sa vivere con gli uomini di questo tempo e sa generare speranza. Una comunità cristiana che vive nel territorio non come corpo separato ma come esperienza inclusiva e profetica, una chiesa serva anche del territorio. 3. Una chiesa simpatica che accoglie in luoghi propri chi è in ricerca della verità e chiede – coscientemente o no – di essere introdotto o accompagnato alla fede. Da qui l’interesse per la pastorale di ambiente, della pastorale familiare, della pastorale dei ‘ricomincianti’. Un passaggio fondamentale dai corsi ai percorsi per chi chiede i sacramenti (battesimo, cresima, matrimonio). Da non trascurare il ruolo delle aggregazioni laicali e soprattutto dell’Azione Cattolica. 4. Una chiesa materna, ovvero una comunità cristiana feconda, capace di generare nuovi cristiani: per questo fine è necessario innanzitutto che sia bella e desiderabile, una comunità dove siamo un cuor solo e un’anima sola, una comunità dove, prima di tutto, ci vogliamo bene sapendoci accogliere reciprocamente. La patosrale parrocchiale: un cuore che batte con il cuore di Cristo (il primato della vita spirituale). Una comunità vicina alla sofferenza con una pastorale degli infermi e del dolore dove si sappia annunciare la bellezza della speranza cristiana (l’importanza dell’evangelizzazione del dolore e della morte). Una comunità che sa vivere le gioie e le feste del popolo, senza pregiudizi e senza banalità: feste popolari, matrimoni, sacramenti tutti. Una comunità che vive una splendida liturgia semplice ma profonda, dove si intravveda e si viva il mistero e dove il cuore è vivificato dalla preghiera. Una liturgia avente come taglio eminentemente educativo oltre che celebrativo soprattutto per i ragazzi, i giovani, i separati, i divorziati, i poveri. Una comunità bella che pensa prima di tutto ai poveri. Occorre una significatica testimonianza di carità: i poveri sono io nostri signori. E’ opportuna un’attenzione particolare agli stranieri nel territorio, soprattutto alle ‘badanti’ che prestano servizio ai nostri anziani o malati (sarebbe bello , nel tempo natalizio, organizzare un momento collettivo di ritrovo e di festa ascoltando le loro nostalgie, sofferenze e bisogni). Una comunità misericordiosa. La misericordia è la più grande di tutte le virtù: ha la precedenza. La misericordia può sanare le persone, le famiglie, può far diventare un dono la diversità e perdono gli errori. La misericordia può generare una comunità sana e coraggiosa nell’arare le tante strade possibili della missione. Una comunità famiglia di famiglie. La centralità della pastorale familiare: una pastorale parrocchiale o è familiare o non è. Una comunità che sa educare all’amore. L’educazione affettiva delle nuove generazioni e in particolare dei giovani. Una educazione affettiva che sostiene le coppie cristiane prima e soprattutto dopo il matrimonio cristiano. Oggi sono venuti meno tutti i puntelli sociali del cristianesimo. Il matrimonio solo per chi sa amare, per chi diventa esperto della bellezza dell’amore. Una comunità che sa generare nuovi cristiani a partire dai bambini: una Iniziazione cristiana in continua riforma sin tanto che tutti i battezzati arrivano a vivere a 18 anni la solenne professione di fede. Una Iniziazione cristiana capace di generare cristiani e non si accontenta della sacramentalizzazione. Indispensabile: la dignità teologica e la crescita di responsabilità del laicato e la nuova formazione e l’aggiornamento dei formatori. ✠Armando Trasarti Vescovo