Sabato 16 seffembre 2000 ore 17,30

Sabato 16 settembre 2000 ore 17,30
MODERNITA' DELLA POLITICA
DEL CENTRO DESTRA
Moderatore: On. Adriana Poli Bortone
Interventi:
Prof. Roberto Chiarini
On. Domenico Mennitti
On Teodoro Buontempo
On. Francesco Storace
On. Adriana Poli Bortone:
Allora io incomincerei, tanto si sa che poi arrivano sempre in ritardo, quindi è
bene incominciare, altrimenti facciamo come ieri che poi i tempi si sono molto
prolungati.
Inizio, innanzitutto, col ringraziare i relatori che sono qui intorno a questo tavolo:
il prof. Chiarini, ordinario di Storia dei partiti politici presso l'Università Statale di
Milano,
l'on. Domenico Mennitti, direttore di Ideazione,
l'on. Teodoro Buontempo che è stato con noi anche da non molto, quindi è un
ritorno dopo poco tempo nella nostra città e l'on. Francesco Storace,
presidente, non governatore, ma presidente della Regione Lazio che è la
novità, diciamo, di questo nostro incontro di quest'anno.
lì secondo incontro, ricordiamo, il primo, iniziammo lo scorso anno, con la nostra
fondazione Identità e Futuro che si riunì nello stesso periodo, qui a Casamassella, per
incominciare a discutere, si dirà, incominciare sembra quasi un fuor di luogo, per
discutere sulla destra, per individuare quale può e deve essere il ruolo della destra,
quali sono gli spazi politici della destra in Italia e in Europa, quali sono i rapporti tra
la destra e gli altri partiti in Italia e in Europa.
Noi concludiamo quindi l'incontro di quest'anno con questa tavola rotonda che
credo sarà interessante, dopo avere attraversato il discorso sulla destra
nell'arco di cinque giorni. Cinque giorni, perché ci sono stati tre giorni di campo
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di informazione politica per un gruppo di una trentina di giovani che hanno
trattato non soltanto la teoria, ma hanno anche affrontato i temi che riguardano
la pubblica amministrazione e, quindi, la possibile presenza anche di giovani
nell'ambito di amministrazioni che ci auguriamo diventino sempre più di centro
destra. E quindi c'è stato questo incontro di due giorni, nell'arco del quale si
sono avvicendate, tra l'altro le presenze di diversi amici che sono venuti come
esponenti anche di Identità e Futuro, dal Piemonte, dalla Lombardia, dal
Veneto, dalle Marche, dalla Toscana, dal Lazio, dalla Campania, dalla Calabria,
dalla Basilicata e anche, naturalmente, dalla nostra Puglia.
Abbiamo iniziato, lo dico per coloro che non erano presenti, che non hanno
partecipato, abbiamo iniziato, volutamente, con l'approvazione anche di un
documento sul rispetto dei diritti umani. Abbiamo proiettato un filmato su quelli
che sono stati il prodotto del totalitarismo, un filmato che riguardava alcune
scene dell'Olocausto, altre scene di Hiroshima e Nagasaki, altre ancora delle
foibe, perché il terzo millennio deve iniziare, a nostro avviso, sulla base del
rispetto dei diritti umani e, perché no?, anche con un occhio vigile e attento, a
quella che è la nostra tradizione, soprattutto la nostra tradizione cattolica.
Identità e Futuro si pone all'attenzione di coloro che vorranno discutere dei temi
della destra anche attraverso un foglio, un foglio di informazione di cui abbiamo
dato notizia oggi, e che si chiama I Conservatori
Abbiamo anche molto
discusso sulla definizione di conservatori e in questi giorni abbiamo ribadito che
non si tratta di essere conservatori, perché si conserva soltanto qualcosa del
passato, ma conservatori di valori, conservatori di tradizioni, volontà di
riconoscersi con una precisa identità.
Il dibattito si conclude, quindi questa sera, con un'appendice, poi, che avremo
nei prossimi giorni sulla destra e il federalismo. Questa sera parleremo di
"Modernità della politica del centro destra". Qualcuno mi ha detto : "Ma
modernità, che significa modernità?", ne stavamo discutendo, ne stava
discutendo Francesco Storace anche con un giornalista poco fa, anche perché
noi che siamo convintamene di destra, noi siamo altrettanto convinti del fatto
che la destra è attuale e moderna e sempre più diventa attuale. Basta guardarci
intorno, basta guardarci nelle esigenze che emergono anche quotidianamente
dalla società, basta guardare anche a quello che avviene e avverrà sempre di
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più, secondo me, in Europa, e quindi all'affermazione di valori che non possono
non appartenere alla destra. E allora quando dei giorni scorsi, qualcuno mi
chiedeva: "Ma che senso ha di nuovo quest'incontro"? A parte il fatto che sarà
un incontro annuale, perché è semplicemente uno spazio di dibattito che noi ci
creiamo, che offriamo a noi stessi, in alcuni giorni di settembre, alla ripresa dei
lavori, quando, poi, tutti quanti ci accingiamo alla nostra prassi politica
quotidiana, bene, che senso ha incontrarsi? Beh, incontrarsi per discutere,
incontrarsi per indicare delle linee politiche programmatiche, incontrarsi per
riflettere, incontrarsi per rimettersi anche in discussione, per vedere se,
effettivamente, le cose fatte sono fatte secondo determinati principi, secondo
determinate ispirazioni, secondo il riferimento principi di valori, ma senza
essere anti, lo voglio ribadire una volta per tutte, senza essere anti nessuno, ma
per cercare di proporre, insieme, con tutti coloro che si riconoscono nei valori,
nei principi, nei programmi della destra, per costruire un progetto di una destra
senza complessi, dico io. Ecco, forse questo, su questo dovremmo essere un
tantino più chiari. Io credo che ormai i tempi siano sufficientemente maturi per
affermarsi come destra senza complessi.
Nel 1994, casualmente, siamo andati al governo, ripetiamocelo un attimo,
casualmente ci siamo andati. Io facevo politica e come me tantissimi altri da
tanti anni, nessuno di noi pensava di ritrovarsi da un momento all'altro sulla
poltrona di ministro, non ci pensavamo nemmeno, non ci attraversava la mente,
eravamo felici di essere utopisti e di fare le cose nelle quali credevamo.
Vogliamo continuare a credere trasferendo questo nostro credo nella prassi
politica, è questo segmento che vogliamo cercare di costruire tutti quanti
insieme. E quando, dico, quindi una destra senza complessi, pongo
innanzitutto il problema che è un problema di fondo di come? Di come, in
termini di qualità e in termini di quantità e in termini anche di rappresentanza,
Alleanza Nazionale sta e starà per il futuro nell'ambito di un centro destra che
diventa un centro destra sempre più allargato. In termini di confronto, come
Alleanza Nazionale, con quali principi, con quali valori, con quali programmi si
confronta con gli altri partner del centro destra e che spazi politici saprà
conquistare Alleanza Nazionale dovendo fare una sana, sincera e libera analisi
al suo interno per vedere le cose che debbono essere probabilmente,
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semplicemente riaffermate, proprio, senza limiti, senza complessi, senza
ambiguità. lo non credo che sia più il momento dell'ambiguità, non credo che sia
più il momento della rincorsa al centro, il centro, l'abbiamo detto mille volte,
ormai è sovraffollato, ha tante di quelle sfaccettature che non c'è bisogno di
crearne delle altre, c'è invece bisogno, in Italia come in Europa, di una destra
che sia un destra chiara, dichiarata, una destra in questo senso moderna e
attuale, una destra che sappia stare nelle alleanze con la dignità che compete
alla destra.
Ecco, questo è il tema che mi appassiona profondamente, ma che credo che
appassiona tantissima gente. Perché basta girare un pochino in Italia, basta
girare nei nostri ambienti per sentire soltanto questo grande desiderio, di gente
che vuole, dichiaratamente essere considerata gente di destra, perché non
abbiamo nulla di che vergognarci, abbiamo da discutere su tanti temi che sono
temi di attualità. Il tema della socialità, io perché ho invitato Francesco Storace
quest'anno? Perché mi sembrava che proprio in prossimità, tra l'altro, di una
possibilità di governo del centro destra, noi dovessimo avere la necessità di
riaffermare, innanzitutto tra di noi, per esserne profondamente convinti, che
andare al governo, andare con altri partner, significa andare però, con un
patrimonio culturale che appartiene soltanto a noi stessi che ci siamo fatti nel
tempo e del quale dobbiamo essere profondamente convinti, che non può che
essere il patrimonio della socialità. Perché la grossa sfida è questa, la
globalizzazione dei mercati, il mondo senza frontiere, siamo tutti quanti cittadini
del mondo, ma con quale identità, comunque, siamo cittadini? Con quale
identità noi vogliamo presentarci a tutti quanti gli altri, e con quale forza culturali
e con quali radici?
Ecco, su questi temi credo che possiamo discutere del tutto serenamente. Ci
apprestiamo a fare una importantissima campagna elettorale nella quale
dobbiamo,
non
soltanto
essere
sostanzialmente
uniti;
essere
sostanzialmente uniti non significa che dobbiamo avere necessariamente tutti
quanti le stesse idee, anzi, dobbiamo cercarci sempre di più i momenti del
confronto. Ed anche noi dobbiamo sottolineare la nostra qualità di destra. Oggi
in tutte quante le amministrazioni si fa la corsa alla certificazione di qualità.
Ecco, mi piacerebbe una sorta di certificazione di qualità della destra D.O.C.,
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perché così non ci sono equivoci, chi ha diritto a certificare? E' questo il
discorso. Vediamo innanzitutto chi ha diritto a certificare, e quindi chi ha le
qualità per certificare la qualità, poi vediamo chi è certificato e lì mettiamo
insieme il tutto e cerchiamo di essere, tra l'altro, altamente competitivi. La sfida
del mercato politico, che brutta cosa, ma la sfida anche del mercato politico,
facciamola questa sfida, in termini di qualità del prodotto. lo credo che il nostro
prodotto sia un prodotto di altissima qualità. E questo lo dico e lo anticipo
adesso, perché può investire un discorso sano e sereno anche di confronto con
i nostri partner della Lega che non vorrei che dovessero fare delle fughe troppo
in avanti e dovessero poi connotarsi come destra, non sappiamo con quali
connotazioni precise.
Allora, ragioniamo in termini veramente molto sereni e anche con un approccio
estremamente laico per trattare i temi della socialità che sono i terni della
famiglia, che sono i temi dell'aborto, che sono i temi del diritto alla vita, che sono
i temi delle pensioni, che sono i temi dell'economia, dalla macro alla micro
economia, e trattiamo, i temi della immigrazione. Noi amministratori non
possiamo trattare in termini teorici il tema della immigrazione, perché noi,
quotidianamente, ci confrontiamo sul come affrontare in termini pratici il
discorso della immigrazione e vorremmo che il nostro affrontarli in termini
pratici fosse, poi, supportato da una teoria della quale siamo profondamente
convinti.
Allora, ragioniamo di tutte quante queste cose insieme e io sono certa che
Alleanza Nazionale nell'ambito della coalizione di centro destra saprà ritrovare
quegli spazi politici forti ed ampi che competono ad un partito che non abbia
vergogna di nulla, ad un partito che sia fiero di essere la destra in Italia.
Vi ringrazio.
In questa nostra carrellata credo che sarà bene iniziare da un'espressione
neutra, diciamo così, dal prof. Chiarini, che è, appunto, ricordiamolo ancora una
volta, ordinario di Storia dei Partiti presso la Statale di Milano e che, quindi, ci
vorrà inquadrare in termini storici quello che è un discorso attinente a quello che
noi abbiamo fin qui detto.
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Prof. Roberto Chiarini:
io mi sono preparato una sintetica, ma anche un po' densa introduzione, perché
credo che la funzione dell'intellettuale sia quella di aiutare a mettere a fuoco i
problemi, non certo quello di compiere delle scelte politiche.
Nella storia italiana l'intellettuale è sempre stato quasi sempre attratto dalla
voglia di mobilitarsi, di essere organico ai partiti, io credo che invece
l'intellettuale, tanto più è disorganico, tanto più, forse, può essere autorevole
per offrire momenti di riflessione.
Vediamo brevemente. lo credo che, non voglio con questo sfuggire al quesito
che è al centro di questa serie di lavori, ma offrire elementi per arrivare
all'attualità con alcune frecce magari un po' più appuntite, in maniera che le
scelte che vengono compiute, o gli orientamenti o gli indirizzi, siano a ragion
vedute.
Ecco, modernità e destra, lo diceva ieri, con il concetto di Europa il prof. Cardini,
ancor più sono delle categorie molto controverse, addirittura da molti rifiutate.
Naturalmente immaginatevi tra due entità controverse stabilire un rapporto che
risulta ancora più problematico, ovviamente. La modernità, sapete, è una
categoria recente, potremmo dire, data non più di due secoli, e soprattutto è
recente nella sua accezione positiva, perché la modernità, il moderno, il nuovo,
il cambiamento è sempre stato vissuto nella civiltà occidentale, soprattutto
quella antica, come un disturbo, coma una rottura di un equilibrio e quindi la
modernità significa, era in un'accezione sostanzialmente negativa. La
modernità nasce, si afferma come categoria che ha una precisa implicazione, e
cioè l'idea di un movimento, movimento però che deve essere lineare e
ascendente e cioè in cui c'è implicito anche una visione della storia, e cioè che
il dopo succede al prima e il dopo è anche il più rispetto al meno, cioè implica
che ci siano non ritorni, ma soprattutto quello che avviene dopo ha un valore
positivo e condanna il vecchio non solo perché è superato, ma anche perché è
di segno negativo in termini di valori.
E dicevo che, e credo di sfondare una porta aperta perché il concetto di destra,
voi sapete che, come tutti i concetti politici soprattutto della dialettica politica,
perché fa pandan con quello della sinistra, è un concetto in questi ultimi anni
molto controverso. Qualcuno addirittura, apertamente, rifiuta questa coppia di
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opposti e li ritiene non più attuali per cogliere la realtà politica di oggi. Non entro
nel merito. Il rapporto della destra, storicamente, in generale in Europa, e in
particolare in Italia è particolarmente problematico con la modernità, perché la
modernità nasce con una impronta politica ben definita. La modernità ingloba e
si alimenta delle ideologie del progresso che ha una precisa matrice culturale e
che è la matrice culturale del razionalismo, dello scientismo, dell'illuminismo e
dell'ideologia, diciamo così, democratico-borghese e democratico-liberale. lo
do definizioni schematiche, ma se sì vorrà poi si può riprendere, e connotata
anche dal superamento, dalla negazione dell'organizzazione sociale in termini
comunitari, rispetto ad un'organizzazione sociale-societaria, e cioè fondata
sull'individuo. In altre parole povere, non c'è più la concezione che esistono
degli aggregati, delle unità irriducibili nella vita sociale, la famiglia, la comunità,
il dan, il municipio, ma esistono solo degli individui e questa è la visione
societaria, proprio, appunto del liberalismo. Ora, è stato, insieme a questo,
dicevo, c'è anche una visione della storia che implica, dicevo, uno sviluppo
lineare ascendente dal poco al tanto, dal meno al più e questo è cadenzato da
tre processi, uno economico, e cioè la crescita economica e non a caso
abbiamo ormai interiorizzato questo, quando noi diciamo che un paese è
progredito, è positivo, è moderno, diciamo: il PIL aumenta, non del 2, non del 3,
ma del 5%. Quindi, la crescita quantitativa è, direi quasi, il simbolo della
modernità nell'accezione canonica.
C'è poi l'idea di emancipazione sociale, cioè sociale-culturale, cioè l'idea che
nella storia si siano sedimentate delle incrostazioni che vincolano, che
impediscono, che opprimono, è l'emancipazione sociale che ciascuno vede
come superamento dello sfruttamento di classe, nell'accezione marxista, verso
il superamento del privilegio, nell'accezione liberale, verso la oppressione
clericale da parte degli anticlericali. Sono tutte accezioni, che tutte riconducono
allo stesso albero, l'albero liberaI-borghese. Fino all'idea che il massimo della
realizzazione è nella realizzazione individuale, e cioè l'uomo come fonte di
bisogni e con il diritto di soddisfare i bisogni. Ora, vorrei dire anche che è
talmente compenetrata nella cultura occidentale, nella nostra cultura anche,
questa idea di modernità, che persino nelle categorie scientifiche è stato
incorporato questo significato. Quando noi parliamo di processo di
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contemporaneità, cosa sono i processi di contemporaneità? Sono i processi di
modernizzazione, l'urbanesimo, la rivoluzione industriale, la mobilitazione e la
partecipazione popolare alla vita politica.
Ora, detto questo, voglio concludere che è ovvio che a questo punto tutti questi
processi, tutte queste categorie consolidate sono andate sostanzialmente in
tilt nell'ultimo decennio, perché non è più chiaro cosa sia la modernità, non è
certo l'industrialismo. E' più moderno un ambientalista anti industrialista o un
industrialista anti ecologista? lo mi ricordo, da bambino, quando ho vista nel
mio paese che è arrivata l'asfaltatura nella piazza centrale, l'abbiam sentito
come l'arrivo, come per Carducci, l'arrivo della locomotiva; è arrivato il
progresso, non c'è più la polvere, non c'è più. Adesso, probabilmente,
toglieremmo il manto stradale per ritrovare i ciottoli, o il pavé o qualche traccia.
E, naturalmente, questo è un segno di quotidianità di banalità, ma voi
conoscete meglio di me, facendo politica, come ormai l'idea che la crescita, a
costi elevati per l'ambiente, per la società è diventato un disvalore, non un
valore. Quindi, la ideologie del progresso non è più accettata né sinistra né a
destra e lo stesso l'idea della modernità come crescita materiale, come
semplice emancipazione e realizzazione e soddisfazione di bisogni, è, anche
questo è………
Ecco, allora, da questo punto di vista, voglio affermare come, essendo due
categorie rimesse in discussione, nel momento in cui uno si pone il problema
della modernità e dell'essere destra, è ovvio che deve avere presente tutta la
problematicità di questi due elementi.
Avendo chiarito, più che chiarito richiamato, che il concetto di modernità ha una
precisa filiazione e che è di stampo liberal-borghese-rivoluzionario, è ovvio che
la destra storicamente, non dico in Italia, ma in generale, in tutto l'Occidente, ha
avuto un rapporto molto controverso. E, ciclicamente, positivo o negativo con la
modernità, sia la modernità strettamente economica, che la modernità politica,
cioè, sia il processo di urbanesimo, il processo di superamento della società
rurale, sia il processo di affermazione di una democrazia individualistica e
rappresentativa. Naturalmente, qui sorvolo su tutto, mi richiamo solo ad
accenni e potremmo dire che fin dall'inizio, fin daIl'800 o anche prima, noi
abbiamo una destra che incorpora due anime che poi l'accompagneranno con
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alterne vicende e modificazioni di rapporti fino ai nostri giorni dove fra
pochissimo arriverò. C'è una destra, cioè, antimoderna e una destra, invece,
modernizzante. Una destra antimoderna che rimpiange o ripropone la società
agrario-pastorale o rurale, che vede nei sintomi dell'urbanesimo i sintomi del
decadimento, l'alcolismo, la prostituzione. Tra parentesi, c'è una circolarità di
questa critica, perché voi sapete che il famoso Manifesto del Partito Comunista
di Marx che denuncia i mali della società borghese, ovviamente da sinistra, è
stato redatto con le denunce degli aristocratici che denunciavano i mali
dell'industrialismo da un punto di vista della difesa della loro società. Quindi,
questi costi, mali della modernità sono sempre stati presenti e denunciati a
destra e a sinistra, con un segno diverso ovviamente, ma anche contro la
modernità politica e cioè, innanzitutto, la sovranità popolare, l'impianto
individualistico, tutto il pensiero reazionario deII'800, ma che in Italia è stato poi
popolarissimo anche se non ha avuto espressione politica nel mondo cattolico,
da una certa parte del mondo cattolico, al punto tale che la destra era
etichettata a lungo come reazione, cioè, rispetto alla rivoluzione dei liberali
c'era la reazione di una destra antimoderna.
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C'è invece, parallelamente, una destra moderna che emerge, soprattutto nella
lì metà dell'800 in maniera egemonica e che naturalmente da questo punto di
vista che connotazioni ha?. Sul piano economico accetta e promuove lo
sviluppo e la crescita, ma con delle compatibilità comunitarie, diciamo così, o di
saldatura sociale, è contro un individualismo, diciamo così, libero, che diventa
un'anomia, una mancanza di, un'anarchia nella società, nella quale i più deboli
soffrono, invece attraverso il criterio della gerarchia e della solidarietà, offre la
sua ricetta. Nello stesso tempo esiste una destra politica, che è di volta in volta
conservatrice,
populista,
o,
diciamo
così,
come
si
dice,
democratico-plebiscitaria, e cioè, che accetta il valore e difende il valore della
partecipazione, ma non su base individualistica, ma su base, potremmo dire,
comunitaria, detto in parole povere.
Naturalmente, questa doppia anima, che potremmo dire, con un'etichetta che
fa ovviamente violenza alla storia, ma per chiarirci le idee, sostanzialmente una
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destra che col tempo diventerà sempre più modernizzante, diventerà liberale,
liberista, per usare un termine giornalistico dei nostri giorni, e che diventa, col
tempo, ovviamente, filo-occidentale, e se volete tradurre nei nostri giorni anche
filoatlantica , e invece una destra, diciamo così, che ha accezioni diverse, ma
comunque si pone in antagonismo con i processi di questo tipo di modernità,
perché abbiamo visto prima che se usiamo l'accezione univoca di modernità in
senso liberale è antimoderna, ma visto che adesso la modernità è controversa
e addirittura ribaltata, di segno opposto, paradossalmente può diventare una
destra che è nata da un impianto e da matrici antimoderne, ma che ha
un'attualità e una modernità forse maggiore dell'altra.
Io lo metto in termini problematici e anche un po' paradossali, ma questo per
stimolare la vostra riflessione, che può essere, dicevo, insiste sul concetto di
comunità e in America ha un grande successo, tutto il comunitarismo, il
populismo, e cioè l'idea che non c'è l'individuo, ma ci sono i popoli, le nazioni,
entità sopraindividuali. L'individuo è un'astrazione, non esiste. lo ho diritti, ho
dei doveri non in natura o fuori dalla storia, ma ce li ho dentro una comunità,
dentro il rapporto con gli altri che solo dà concretezza a questi rapporti e che,
ovviamente, diventano nell'accezione attualizzante, antiglobalizzante, perché
la globalizzazione non sarebbe altro che l'ultimo portato più catastrofico e
planetario di una trasformazione che prima ha investito le nostre comunità a
livello minuscolo, micro, adesso è a livello macro.
La destra italiana, cinque minuti e ho finito, non voglio rubare troppo tempo,
dico, la destra italiana ha vissuto e sedimentato queste due anime in maniera
originale. Cioè, dicendo che c'è una destra tradizionalista e una destra
modernizzante uso veramente l'accetta, ma voglio arrivare a porre quello che
secondo me è il problema cruciale del centro destra e di AN ai nostri giorni,
senza nessun tono di saccenza, ma in maniera molto umile, la comunicazione
dei risultati, della riflessione, della ricerca che sto conducendo da una
quindicina d'anni sulla destra italiana. E cioè, esiste una destra tradizionalista
che all'inizio, e cioè nell'800, è enormemente maggioritaria, non solo nel
generico mondo della destra, ma nel Paese, e che ha, però, questo destino che
ritroveremo come fosse una condanna storica negli ultimi cinquant'anni, fino
agli ultimi decenni, e cioè, che è maggioranza nella società, ma è minoranza, o
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addirittura non ha voce nelle istituzioni. Questa è una originalità dell'Italia, voi
guardate nell'800, guardate il Parlamento, c'è una destra e una sinistra, ma
sono tutte e due figlie di un pensiero giacobino di tipo modernizzante, altamente
modernizzante, addirittura una modernità che si impone contro la volontà del
paese, perché dice: lì paese, non solo non è consapevole, ma è un motivo di
orgoglio del mondo liberale, perché dice, non dice non si merita questa classe
dirigente, non arriva a tanto, ma dice questo: Noi abbiamo la missione storica di
modernizzare il paese, di unificarlo, di dargli una costituzione, di dargli un voto,
e quando gli si dirà: Ma perché quando c'è stato da votare con plebiscito l'unità
d'Italia, a parte che si votava, no?, con la segretezza, tutti gli italiani erano
cittadini e quando si tratta di nominare il Parlamento votano solo i maschi
proprietari
alfabeti?
Beh,
votare
un
Parlamento
significa
fare
poi
l'amministrazione, soprattutto poi del bilancio, un analfabeta non proprietario
non sa queste cose, quindi non vota, creando un fullus che poi incorporato a
lungo nei nostri giorni.
Dall'altro lato, dicevo, c'è una destra modernizzante che ha avuto allora una
funzione di classe dirigente, in larga parte, e che poi, nel tempo, invece, si è
inabissata ed è un po' scomparsa e si è ripresentata nel cinquantennio
repubblicano con questa simmetria, cioè con una destra tradizionalista che ha
una visibilità, diciamo così, mi riferisco al MSI, naturalmente tradizionalista
significa, so che in questo caso è ancora più bislacca la definizione, però ha in
corpo ora suggestioni o progetti di questo tipo e cha ha una visibilità, ma anche
una condizione ultraminoritaria e abbiamo, invece, la destra nell'opinione
pubblica e nell'establishment, modernizzante che non ha quasi visibilità
politica, al massimo i liberali, ma ha una enorme influenza nella classe dirigente
italiana, nei posti chiave, e cioè dalla Banca d'Italia a Mediobanca, ai quadri del
giornalismo, pensate il giornalismo italiano è quasi tutto figlio di questo
liberalismo che allora veniva connotato come di sinistra, per un gioco che
ricollocava i ruoli politici secondo il crinale dell'antifascismo che non è
propriamente quello della destra e della sinistra secondo altri criteri.
Arriviamo all'oggi. Con la rivoluzione degli anni '90, noi abbiamo queste due
destre che ci sono prepotentemente, almeno rispetto a prima, nel quadro
politico con una Forza Italia, con la Lega e io nel '95, quando ho pubblicato il
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libro sulla destra, '95 vi ricordate?, cioè l'ho scritto alla fine del '94, quindi
quando c'è stato il grande ribaltone, nel senso che allora nel mondo anche
intellettuale la Lega veniva qualificata, minimo, come centro, ma, massimo,
come costola della sinistra. Adesso non voglio fare una battuta, perché si
diceva non si teneva alla Lega stessa, antifascista, e così via. lo non voglio
attizzare nessuna polemica, perché non faccio politica, faccio solo riflessione
politologia, e io allora, secondo dei parametri politologici, l'ho trattata nella
storia della destra, perché avrà le sue, e ce le ha, sue accezioni
fortissimamente caratterizzanti, ma è dentro, in un mondo, in parte
modernizzante, allora lo era, poi se guardate a un anno fa invece, era
antimodernizzante, perché se voi guardate le produzioni intellettuali che,
ovviamente, poi non fanno notizia e che invece gli studiosi seguono, si è avuta
un'oscillazione gigantesca della Lega dall'essere portavoce del mondo piccola
borghesia produttiva proiettata nell'Europa, voleva essere, con Miglio, la macro
regione quasi collegata alla Baviera, no?, e adesso, invece, soprattutto un anno
fa, la polemica antiglobalizzante, la solidarietà con la Serbia, etc.,
antiamericana, adesso non vi so dire bene. Dicevo, e poi c'è AN, che, io qui do
un giudizio, e ovviamente non vi dico di condividerlo, nemmeno i relatori, poi ne
discuteremo, che è proprio il momento di apogeo, nella sua nascita dell'anima
modernizzante, che il progetto di AN è quello di chiudere una pagina di storia,
da tanti punti di vista, ma anche quello di immettersi nel gioco politico, nei
crocevia centrale delle correnti della destra mondiale, che è la destra che è
stata rilanciata da Reagan, dalla Tatcher, e cioè, all'insegna di un
liberai-liberismo. Storace, ovviamente, non sarà d'accordo dei tutto, fa bene,
perché... .no, la mia è un'etichetta grossolana, e so benissimo che non c'è solo
Storace, l'on. Storace, c'è tutto un mondo in Alleanza Nazionale, ma voglio dire,
l'operazione politica in quanto tale è quella di offrire un orizzonte che è
contrassegnato da questo. Poi l'orizzonte delle volte non si raggiunge o si
raggiunge come si raggiunge, con tanti bagagli diversi e la storia poi, non è mai
etichettabile con degli slogan, ma, però io dico il segno è quello.
Ecco, qual è il tratto di questa, però, rifondazione della destra? E' quella che
avviene, come dicono i politologi, secondo un processo molto conosciuto, e
cioè senza ricontrattazione dei fini.
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Cosa vuoi dire? Vuoi dire che ogni movimento, ogni partito, soprattutto che ha
una forte identità, ha fini che creano militanza, che creano la fede, che creano la
voglia di fare, che creano la identificazione con quei movimento, quando questo
fine viene messo improvvisamente messo in discussione, c'è il pericolo di un
collasso. E in genere che i fini si ricambiano continuamente, un conto è
cambiarli in giornata e mediarli, un conto invece buttarli nella spazzatura
all'improvviso. E' un trauma. E il film di Moretti sui PC con la gente del PC che
piangeva, non piangeva che perdeva rendite dì posizioni o cariche, perché a
quel punto lì diceva: lo mi guardo allo specchio e non sono più quello dì prima.
Che cosa vuoi dire questo? Ora, questa ricontrattazione dei fini che è un
processo traumatico, è un processo che a AN è costato una piccola scissione,
ma, dai punto di vista di uno studioso della politica, non ha comportato quel
profondo e lungo travaglio, perché significa incidere sulla carne viva degli
uomini, non significa solo degli slogan, ed è rimasto come ibernato, congelato,
nel senso che non si sente il dolore ma c'è, dalla euforia prima della vittoria, nei
'94, e poi dalle prospettive, sicuramente molto gratificanti, per i quadri e anche
per i militanti che hanno visto la destra uscire da un ghetto e perciò trovare una
dignità politica, perché per chi è stato nel ghetto cinquant'anni è una
gratificazione, capisco, molto alta.
Il problema però a questo punto, io finisco in maniera problematica e un po'
provocatoria, eh?, dico che si trova il centro destra e AN come spettro del
centro destra che incorpora questa contraddizione e questa vitalità con una,
diciamo, maggioranza "liberale" (tra virgolette), ma di un liberalismo che non ha
una precisa identità, non l'ha nel mercato della politica, perché è un liberalismo
un po'astratto e nello stesso tempo non è identitario, e cioè non è in grado di
animare una forte presa nell'elettorato, in maniera che resta sospeso tra un
passato che si scorda o che va rimasticato ed un futuro che è certo.
E questa credo che sia una delle ragioni per cui il partito, inteso come partito di
massa, abbia, come del resto gli altri, forse un po' meno di altri, un po' di
problemi.
Dall'altra parte esiste una minoranza che è una minoranza, io credo, siccome
abbiamo fatto delle indagini con dei questionari, che non è una minoranza
organizzata, ma che è una minoranza che ci è dentro in molti di AN. Non è una
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minoranza, è una parte della storia del partito che in molti è ancora palpitante,
in qualcun altro è dormiente, in qualcun altro è stata riassorbita o superata o
non c'è mai stata. Che è una minoranza, però, che non ha consenso, che non
ha una politica intesa, politica che si svolge nelle sedi istituzionali. Perché se
uno pensa alla politica come modo di discutere, di fare, di animare correnti di
opinione pubblica, quello è politica, anche politica, nobile politica, ma è politica
che è ancora a uno stadio, potremmo dire, ancora in filigrana, non è ancora a
livello maturo.
lo credo che questa sia la condizione del centro destra, che in Forza Italia è solo
una destra, quasi, non del tutto, ma quasi. Nella Lega c'è questa contraddizione
in maniera ancora più grossolana, direi, in AN c'è questo doppio livello, che,
ovviamente, se volete e avremo tempo e avrete voglia ne possiamo anche un
pò discutere, perché ovviamente questi processi non sono processi che
avvengono nel segreto delle stanze, avvengono nel vivo della storia, sulla base
degli stimoli, del contesto, della sfida che l'ambiente dà. Detto in parole povere
io credo che se AN avrà buoni, buoni conforti elettorali, è probabile che questa
contraddizione non esploda ed abbia anzi un processo di riassorbimento nel
tempo che creerà degli equilibri che ovviamente io non so, ma che nessuno sa,
se invece, malauguratamente per AN e per voi in particolare, avrà qualche
incidente di percorso, magari, sto facendo ipotesi di lavoro, teoriche, magari,
cattivi risultati AN, e cattivi risultati il centro destra, allora credo che questa
contraddizione difficilmente sarà contenibile.
lo ho detto questo non per fare l'uccello dei malaugurio, eh?, l'ho fatto solo
perché credo che una classe dirigente responsabile abbia bisogno di
motivazioni, di slanci, ma, innanzitutto e prima di tutto, di lucidità nel vedere i
problemi, poi le soluzioni, se è una classe dirigente all'altezza le offre, ma non
sta certo nascondendo i problemi che si risolvono.
On.
Adriana Poli Bortone:
Bene, mi pare che il prof. Chiarini con molta lucidità abbia posto una serie di
problemi, forse con troppa lucidità, dice Francesco. Effettivamente, le ultime
battute ci hanno indotto a pensare, ma in fin dei conti vogliamo pensare.
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Siamo qui proprio per riflettere, per discutere, l'abbiamo detto all'inizio di questa
tavola rotonda, per discutere quasi senza rete, proprio per venire fuori anche,
perché no?, attraverso la discussione da contraddizioni, o da momenti di
ambiguità o da ulteriori momenti di riflessione che, comunque, dobbiamo avere.
io penso proprio che queste ultime riflessioni fatte, offerte alla nostra attenzione
dal prof. Chiarini, possano consentire all'on. Mennitti di intervenire dal suo
osservatorio privilegiato, quello di Ideazione è un osservatorio privilegiato,
perché mette insieme, mette insieme più voci, si cerca continuamente il
confronto fra più voci e perché l'on. Mennitti può senz'altro, credo, aiutarci a dire
ad alta voce, secondo il suo pensiero, quale, attualmente, ritiene che possa
essere il ruolo della destra all'interno della coalizione di centro destra. Se c'è un
ruolo, che spazi ci sono per una destra e che tipo di destra può essere
fortemente presente e compatibile in un'area di centro destra che
probabilmente si accinge a vincere e quindi a governare in Italia.
On. Domenico Menniti
lo ti ringrazio Adriana, colgo l'occasione per salutare tutti e questo è un luogo
nel quale torno sempre con molto piacere.
Sintetizzo rapidamente le molte osservazioni del prof. Chiarini. Peraltro sono
stato io a suggerire, Adriana, l'invito del prof. Chiarini, perché è uno studioso
con il quale collaboro con la rivista e dal quale, debbo dire, ho ricevuto molti
stimoli interessanti. Uno fu quello di circa un anno fa, quando mi consegnò un
suo studio sulla cultura del Movimento Sociale italiano. Io lo lessi attentamente
e feci, come dire, una grande analisi rivolta anche a me stesso. E debbo dirlo in
quest'occasione, io poi lo portai a Fini cioè, e gli dissi: Vedi un po' questo lavoro
che mi sembra interessante, e vediamo se c'è la possibilità di determinare non
solo gesti che a volte sono clamorosi ed anche necessari per fornire delle
indicazioni alla politica, ma anche per costruire, con una riflessione più ampia e
più vasta, una risposta che sia un po' organica. Fini apparve molto interessato,
poi dopo qualche tempo mi disse che non riteneva, in quella circostanza
particolare, di dover aprire un fronte di quei genere. Ed io, io non lo pubblicai
quei documento, perché fui assalito dal Umore che qualcuno pensasse che ero
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andato via dal Movimento Sociale italiano e che volessi pubblicare sulla mia
rivista un documento, che per la verità, era un grande atto di accusa. Non io
pubblicai per questo scrupolo, poi il documento è stato pubblicato sulla rivista
Nuova Storia Contemporanea che è diretta da Francesco Perfetti, e mi dispiace
molto che non abbia promosso quella riflessione che a me sembrava molto
importante, anche perché lo dico, e chiedo scusa se naturalmente i presenti
non conoscono, diciamo, il merito di quel documento, ma è molto vero che per
quanto riguarda la storia del Movimento Sociale Italiano vi è il segno di una
nostalgia che ha molto influito sui nostri comportamenti, ed anche di un
isolamento che è stato politico ed esistenziale, però è anche vero, debbo dirlo,
che quel movimento fu caratterizzato da grandi stimoli di carattere politico e
soprattutto il mondo giovanile ebbe una capacità progettuale e, per certi versi, il
coraggio di proporsi in antitesi a quello che era un mondo intellettuale corrente,
che io credo, come elementi, andavano ricordati un po' di più prima di
archiviare.
lo, professore, sono, come dire, molto in contrasto con una tendenza del mondo
liberale che, avendo catalogato come catastrofico, sanguinano, dedito alle
dittature e ai totalitarismo tutto il '900, mette in condizione la classe politica e
quella intellettuale più di ricorrere all'abiura che al superamento. lo credo che
invece, in politica, il problema non sia quello di abiurare, ma sia quello di sapere
superare con dignità e serietà i momenti anche difficili e controversi che sono
stati vissuti.
La destra italiana. Una storia anomala in Italia dall'unità ad oggi, perché?.
Perché il movimento di destra perde le sue connotazioni nel momento in cui
subentra il fascismo. Il fascismo è una realtà nuova, la quale conferisce,
appunto, in quel momento, il primo grande colpo all'individuazione dei due
grandi
mondi:
la destra e la
sinistra,
che essendo organizzati
prevalentemente rispetto alla realtà dello Stato, in quel momento trovano una
prima difficoltà molto grave che sì ripercuote nell'immediato dopoguerra.
Nell'immediato dopoguerra vi è la grande presenza comunista e viene
fatalmente individuato come mondo di destra quello che faceva capo a coloro
che erano contro il comunismo, in quel momento si stagliano le grandi figure di
De Gasperi e Einaudi e nasce, come dire, una destra che non si definisce
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destra, ma che sostanzialmente viene concepita tale. E poi?. E poi nasce il
Movimento Sociale Italiano che non è, come per molto tempo si è detto, e come
per molto tempo noi stessi, abbiamo, come dire, voluto accredita re la
continuazione dei fascismo. Che in verità, continua anche in altri partiti, per
altre strade. E' la continuazione di quei periodo, di quella grande epopea che fu
la Repubblica Sociale Italiana, che, comunque vada giudicata, è un momento
non proiettabile, non ripetibile nella storia del paese. Nasce li il dato per il quale
noi abbiamo fatto testimonianza di non politica per circa cinquant'anni, ma
voglio dire che nella testimonianza c'è anche il pregio di aver saputo affrontare,
in momenti difficili e delicati, delle posizioni con grande coraggio. lo come te,
Adriana, non sono abituato a rappresentarmi per l'anti, però in un tempo in cui
l'anticomunismo è diffuso, forse non è un peccato, non è neppure una vanità,
ricordarsi che nei momenti in cui i cedimenti erano tanti, sul fronte liberale, sui
fronte cattolico, nel momento in cui i cedimenti erano tanti, il nostro
anticomunismo servì a tenere in piedi un elemento che poi oggi è ampiamente
riconosciuto.
E allora il problema qual è? il problema è che nel 19.., eh, quando finì la fase
rappresentata, per intenderci, come quella della grande maggioranza che
escludeva il Movimento Sociale Italiano, quando cioè si aprì di fatto una
prospettiva nuova, oltretutto perché il sistema era entrato profondamente in
crisi, diciamocelo, perché è così, non c'è il compiacimento di nessuno, c'è la
riflessione per quello che è accaduto, il Movimento Sociale italiano fece una
gran fatica a pensare che potesse svolgere, dopo il ruolo della rappresentanza,
anche un ruolo di carattere politico. Tu dicevi, Adriana, nel 1994 ci siamo
ritrovati all'improvviso, forza di maggioranza e di governo e il guaio sai quai è
stato? Che noi negli anni precedenti non avevamo, non dico immaginato, di
poter diventare una forza di maggioranza e di governo e quindi tentato di
attrezzarci a quell'evento, non lo abbiamo mai sperato, cioè abbiamo vissuto
nell'idea che la nuova Repubblica dovesse essere un fatto nei quale dal 4
passavamo all'8%, da 30 a 60 deputati e quello era l'elemento di novità, perché
se altra fosse stata la considerazione, ci saremmo dovuti attrezzare, e, senza
far polemica, voglio ricordare che chi qualche stimolo in quella direzione cercò
di darlo, veniva indicato il traditore il quale non ritiene di ammettere che questo
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è un partito di opposizione.
lo sapevo che l'opposizione si fa quando l'elettorato ti delega a fare
i'opposizione,ma che se credi nelle tue idee, beh, speri sempre che il destino
sia quello che un giorno le tue idee si affermino. Altro che figli di dio minore, noi
i figli degli sconfitti, perché anche noi, anche quelli che hanno 60 anni come me,
sono figli degli sconfitti dell'epoca, e che credevamo di poter sempre, di dover
sempre portare appresso questa mentalità degli sconfitti.
E invece, siccome la storia procede, gli eventi si svolgono e determinano
situazioni nuove, un giorno è accaduto che da una parte gli eventi determinati
sul piano giudiziario, ma nella verità io ho sempre sostenuto che Mani Pulite
non è il fatto che ha provocato, è l'effetto. La politica l'ha bloccato. Andava più
avanti, il fenomeno della corruzione c'era. io ogni tanto trovo difficoltà anche
nell'ambito dei polo a fare accettare questo concetto, non è che non ci fosse e
che se la sono inventata i magistrati, c'era e a un certo momento i magistrati
che facevano anch'essi parte di un sistema di compiacenze, per determinate
situazioni hanno messo in moto quel meccanismo. Ma è così che si svolge la
storia, prof. Chiarini, cioè, quando c'è la crisi. Noi avevamo l'idea che dovessero
crollare i palazzi, che dovessero cadere i ponti, non è così, la crisi in politica, la
paralisi è quando tutti vedono che le cose non vanno e bisognerebbe
modificarle e tuttavia una impotenza generale non consente di modificare nulla.
Questa è la condizione che portò al 1994, quando la caduta di quel sistema,
l'avvento di un personaggio come Berlusconi determinò le condizioni per le
quali AN diventò forza di governo e di maggioranza.
Bene, io devo dire una cosa, il grande merito di Fini fu quello di andare a Fiuggi
e di affermare due principi fondamentali. Lo debbo dire qui tra voi perché credo
che molti di voi questi elementi li conoscano bene.
li primo elemento fu l'affermazione della democrazia, dell'accettazione del
principio e della pratica della democrazia. Non è che sia un fatto, diciamo, di
scarso significato, perché il Movimento Sociale Italiano era stato un movimento
all'interno dei quale si poteva parlare e si praticava, in verità, la libertà; se
parlavi di democrazia; i guai cominciavano perché la interpretazione di questo
concetto veniva recepita come una sorta di cedimento a non si sa che cosa. Fini
va a Fiuggi e afferma senza più equivoco il principio della democrazia.
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Secondo dato fondamentale. Per un partito che era rimasto legato al concetto
del corporatismo, nasce l'affermazione netta: il mercato è l'elemento regolatore
dei fenomeni economici e sociali.
E sono i due grandi elementi innovatori che inseriscono Alleanza Nazionale
nella realtà della politica e che, diciamolo francamente, aprono le grandi
speranze, le grandi attese che nasca in Italia, davvero, il nuovo moderno partito
di destra. Diceva Adriana, il problema che dobbiamo affrontare in una sede
come questa non è soltanto la modernità del centro destra, che, francamente,
io ritengo oggi sia molto più moderno di quanto non lo sia la sinistra, ma di
stabilire il rapporto fra Alleanza Nazionale e l'aggregazione di partiti alla quale
essa partecipa.
Ed è qui che cercherò, con molta velocità, ovviamente, di introdurre alcuni
elementi che possano permettere a voi, che siete politici praticanti e con queste
instabilità attuali, di poter, non dico, fornire le risposte, siamo in un luogo di
dibattito, ma comunque portare contributi in questa direzione.
Che fa una destra che dopo cinquanta anni di esclusione giunge al governo del
proprio paese. io credo, vedi, Adriana, che l'elemento della socialità che tu richiami e
al quale sono inoltre sensibilissimi sia Francesco che Teodoro, non sia un elemento
che risolva il problema. Perché oggi il dato della socialità è, quantomeno,
teoricamente un dato diffuso. Cioè il problema oggi non è più che c'è una parte che
vuole affossare i lavoratori e un'altra, invece, che vuoi salvarla. Se consentite il
problema è un altro. E' quello di stabilire la strada che deve essere seguita per
realizzare ricchezza e per dare a questa ricchezza una redistribuzione più equa.
Quindi, voglio dire che, gli elementi che caratterizzano una forza politica, certo è
anche quello della socialità, ma io vorrei dire a tutti con molta franchezza, ho sentito
Francesco sempre la polemica, "noi non vogliamo essere liberali", ma chi chiede ad
Alleanza Nazionale di essere liberale? Cioè qui si tratta di passare da un concetto di
identità ad un concetto che riguarda un'aggregazione di forze politiche. Cioè, qui non
è più il momento della identità nella quale ogni forza secondo il vecchio criterio
ideologico assume un segmento di verità e pretende di imporla come verità assoluta a
tutti. Qui siamo in una fase nella quale culture diverse debbono interagire all'interno di
un'area per trovare poi il momento unitario che è quello politico. Cioè, la classe
dirigente e il programma. E allora, nessuno richiede ad Alleanza Nazionale di essere
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liberale, tutti richiedono che Alleanza Nazionale sia invece portatrice di un valore
aggiunto che non è solo quello di carattere elettorale, è proprio, come dire, un
valore aggiunto in termini di cultura, di idee, di progetto che Alleanza Nazionale
deve fornire a tutta quanta la popolazione.
lo credo che, quindi, esiste un problema che meriti di essere definito attraverso
un'analisi meno superficiale. lo ho l'impressiona che siamo in una fase in cui
tutti corriamo come matti e poi ogni tanto finiamo fuori strada.
Nella verità vi è ormai la mancanza di sedi, di discussione, di elaborazione. lo
ho sessant'anni, quindi ho anch'io le mie nostalgie. lo ricordo i comitati centrali
che duravano tre giorni e tre notti e che probabilmente ci facevano dire tante
cose anche inutili, però erano le occasioni nelle quali tu non soltanto elaboravi
una posizione politica, ma anche selezionavi la classe dirigente. lo ero un
ragazzo che venivo da Brindisi, mi facevano parlare ad un certo momento i
quattro o cinque dirigenti che contavano, riuscivano a individuarti e dicevano:
bah, questo ragazzo forse merita di essere valorizzato. Ma oggi, un ragazzo
dove va? Dove si fa sentire? Chi lo ascolta? Guardate, io non voglio applausi,
non faccio polemica con nessuno, ma è la fase che stiamo vivendo, non come
AN, come società politica in generale, oggi quello che c'è non è come si dice, la
deriva plebiscitaria, è la mancanza di classe dirigente e di dibattito all'interno
della classe dirigente. Nessuno sa, anche perché pochi leggono, quale era il
fervore del dibattito all'interno del fascismo. Mussolini era un dittatore e come
tale merita di essere considerato per quello che è stato, ma il dibattito all'interno
del fascismo ce lo sogniamo. Noi qui abbiamo oggi classi dirigenti che
sembrano molto alle corti le quali hanno le loro funzioni, ma non è quella della
una classe dirigente.
E allora io credo che recuperando elementi di costruttività e non di polemica, e
allora, cerchiamo di dare ad AN una sua connotazione, perché la legittimazione
non è quella che ti deriva soltanto dagli altri che ti riconoscono, la legittimazione
è quello che ti deriva da quello che tu rappresenti e quindi, autonomamente, ti
legittimi rispetto al paese.
lo sento dire sempre che noi non siamo equiparabili, e la cosa mi fa molto
fortuna, al fronte Nazionale di Le Pen, dicono che non siamo equiparabili ai
liberali-nazionalisti di Haider, che quindi siamo fuori da quel fenomeno che un
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politologo chiama della destra post industriale che si pone sostanzialmente
contro soprattutto gli aspetti della modernità. E poi, tutti dicono che non
esistono riferimenti, diciamo, molto interessanti, che so, con il conservatorismo
inglese e americano, con il popolarismo di Aznar, con il gaullismo dei francesi.
Allora, allora, cosa siamo? Ecco, allora, il problema è questo. Debbo dirti
Adriana, che come sai, per molto tempo ho sostenuto con forza l'idea che
definirsi conservatore non è una parolaccia, non è che offendi nessuno, perché
il problema è quello che conservi che è molto importante, però debbo
onestamente dire che in questa fase a me sembra difficile che ci identifichiamo
con un partito moderato, cattolico e liberale, perché lì c'è Forza Italia che ha un
grande ruolo e una grande presenza. Mi sembra anche un po' problematico,
oggi, definirsi un moderno partito conservatore, per dirla tutta, neppure un
partito del presidente.
Detto con grande franchezza, io credo che Fini abbia una grande capacità dal
punto di vista mediatico, non riconosco una grande capacità dal punto di vista
politico, cioè io non immagino una lista Fini per intenderci, cioè al di fuori di AN
e quindi di tutto quello che Alleanza Nazionale rappresenta. Detto questo come
analisi, beh, quello che non siamo è quello che siamo e il dato mi sembra meriti
di essere approfondito.
lo che non pretendo ricette da nessuno, ma soltanto di partecipare con
passione e con interesse, come sapete a questi problemi, voglio aggiungere
due cose in positivo, cioè, un partito di destra che va al potere, secondo me, ha
bisogno di recuperare alcuni valori che sono stati profondamente disattesi da
una fascia di governo e che hanno portato l'Italia a una condizione di
menomazione nella valutazione internazionale. Quando il Giappone fu
retrocesso dalla famosa agenzia Muti dal Al a ~, scrissero i giornali in
Giappone: siamo stati abbassati al livello dell'Italia. Giorni fa un giornale
pubblicava la notizia che probabilmente quando l'euro diventerà moneta
corrente, non ci sarà la moneta divisionale, non ci saranno gli spiccioli, e quindi
saranno dati resti con le caramelle e un giornale francese ha pubblicato: I resti
come in Italia, cioè noi siamo quelli che diamo i resti con le caramelle. Che so,
anche nella vicenda del soldato Ryan il più fesso è Italiano.
Quindi, vi è l'esigenza di recuperare un ruolo che io credo appartenga in
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maniera sostanziale a una forza di destra. Vedete, oggi c'è un brutto, orribile
termine che ricorre, che è quello della noità. Cioè, se un ebreo dice noi,
immediatamente tu fai riferimento a una connotazione religiosa, se un francese
dice noi, tu immediatamente fai in tono con una connotazione nazionale, vuoi
dire noi francesi, se diciamo noi, noi, noi chi? Noi tifosi della Lazio, noi iscritti al
PDS, noi iscritti al circolo di Canicattì, noi chi? E quando noi ci sentiamo
europeisti e lo dichiariamo più forte di tutti, ti capita di leggere che un uomo
intelligente come Indro Montanelli scrive: "lo sono lieto di diventare europeo
perché così non mi governeranno più gli italiani, mi governeranno invece gli
europei". Mi dispiace caro Montanelli, ma non è così, non esiste un governo
dell'Europa, esiste una sala di compensazione, Adriana tu la stai vivendo
questa vicenda direttamente a Bruxelles, dove valgono le capacità nazionali di
far valere le proprie esigenze.
E allora non vi pare, amici carissimi, che forse bisognava mobilitare, anche dai
punto di vista culturale, questo movimento per avere una propria connotazione,
una propria identità e quindi una propria funzione, quindi un valore aggiunto, in
un'Italia nella quale ormai bisogna costruire una realtà nuova, anche appellarsi
a certe cose, perché, e ho finito, io sono pienamente d'accordo con le analisi
che vogliono, come dire, il '900 portatore ma anche punto finale delle ideologie,
ma vedete di tutte le ideologie. Cioè vi sono alcune, quelle contrarie ai principi
di libertà e di democrazia la cui sconfitta è totale e irrevocabile, ma ve ne sono
altre e se volete anche la ideologia liberale, la quale, pur essendo uscita,
uscendo, molto meglio rispetto a tutte le altre, ha bisogno di aggiornamenti.
Guai a pensare come qualcuno pensa che ci sia una sorta di cantina liberale
dove vai e prendi la ricetta. Sei problemi sono epocali è perché un'epoca è finita
e un'altra comincia e allora anche i liberali sano che bisogna costruire in questo
paese il liberalismo post crociano, che bisognerà cioè fare del liberalismo, non
quello che è stato negli anni scorsi nel nostro paese dove noi ci inventammo,
noi soltanto, il liberista e il liberale per superare la contrapposizione tra Einaudi
e Croce.
Però, voglio dire, il problema non è quello di preoccuparsi di un pensiero unico
liberale, ma di preoccuparsi piuttosto di costruire un pensiero nel quale il mondo
liberale ha le sue esigenze di aggiornamento e comunque le affronterà, quello
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di AN, nato dal Movimento Sociale italiano, classificato di destra in un'epoca di
grande difficoltà, ha bisogno, come dire, di rinnovarsi e di ritrovare non se
stesso, ma un'identità che io caratterizzi rispetto alle vicende recenti.
Scusate, ho veramente finito.
On. Adriana Poli Bortone:
Beh, io credo che Mennitti abbia ripercorso anche con grande passione che
non ti sentivo da un po'. Non ti sentivo da un po', perché ti ho sentito negli ultimi
tempi molto in toni giornalistici e asettici, e meno passionali di quanto non sia
stato invece l'intervento di questa sera, forse con qualche lapsus ogni tanto, dei
quale poi parleremo a quattr'occhi. io l'ho sottolineato, me lo sono annotato per
mio conto. E credo che hai messo a fuoco diversi aspetti, diversi momenti,
alcune cose che condivido fino in fondo, anche perché le abbiamo vissute
insieme, fino in fondo, altre cose sulle quali dovremmo un tantino più ragionare,
soprattutto nel momento del passaggio da Movimento Sociale Italiano ad
Alleanza Nazionale, e quindi al ruolo, alle piccole contraddizioni delle quali
eravamo consapevoli anche noi, secondo me, nel momento in cui decidevamo
di diventare Alleanza Nazionale, e cioè di diventare un contenitore, così lo
chiamavamo, quanto era brutto dire un contenitore politico, ma non sapevamo
come definirlo, ma doveva essere un contenitore che contenesse, ci
auguravamo, quell'anima di fondo, quelle radici di fondo che non volevamo
assolutamente rinnegare, non volevamo neanche rinegoziare, poi riparleremo
di questo fatto della rinegoziazione, ma volevamo semplicemente ampliare i
nostri confini e creare una condizione attuale, non la definiamo neanche
moderna, ma attuale in quel momento, per consentire che tanti modi di sentire
uguali al nostro, potessero entrare in quel nuovo contenitore. E il fatto fu anche
abbastanza forte e traumatico, e quanti di noi non ricordano il momento in cui
calò la fiamma dei Movimento Sociale Italiano, venne fuori il simbolo di
Alleanza Nazionale, che pure avevamo voluto, cercato, costruito nel tempo, ma
non è che non ci fu rinuncia da parte di nessuno. Ci fu.
Ecco perché dico che oggi noi, invece, a distanza invece di qualche anno,
possiamo parlare di una destra, ripeto ancora volta, di una destra chiara e
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senza complessi. Tu hai posto dei discorsi fondamentali che sono quelli della
identità della destra di oggi. il ruolo lo hai indicato. Quando dici: AN deve essere
portatrice di un valore aggiunto, anch'io sono assolutamente convinta che AN
giova, può giovare sempre di più alla causa della Casa delle Libertà. io mi ero
tanto abituata a dire del Polo delle Libertà adesso mi devo riabituare a dire la
Casa delle Libertà, non so quante volte ci dovremo riaggiornare in questo
senso, ma diciamo a questa vasta area di centro destra che è l'area
maggioritaria certamente in Italia e Alleanza Nazionale, sono anch'io convinta,
che possa e debba rappresentare un valore aggiunto. li punto è come fa ad
essere, a rappresentare un valore aggiunto? Tu dici non soltanto in termini
quantitativi. Certo, però si sa anche che per vincere bisogna vincere essendo
vincitori e quindi contribuendo in termini quantitativi al perseguimento dello
scopo.
E allora, Alleanza Nazionale, è questo il dilemma che deve svolgere, è questa la
questione che deve approfondire sino in fondo, ed era questo che io intendevo dire
all'inizio quando ho parlato di questa anima, di questa caratterizzazione fortemente
sociale che deve avere Alleanza Nazionale. io su questo, scusami Mimmo, non sono
profondamente convinta, su quello che tu dici quando dici: Ormai il dato della socialità
è un dato acquisito. io di questo non sono assolutamente convinta, me ne convinco
sempre di meno quanto più sto in Europa, quanto più sento, partecipo, con una certa
circospezione ai discorsi della globalizzaione, del confronto,dei mercato della New
Economy, di tutte quante queste sfaccettature del mondo di oggi.
On.Domenico Mennitti:
No Adriana, scusami, solo perché non ci sia confusione. lo dico che l'elemento
della socialità non è più un elemento assorbente, nel senso che il problema è
spostato in un dibattito dove è il modo di realizzarla che diventa fondamentale.
On.Adriana Poli Bortone:
lo credo invece che su questo si debba discutere ancora molto e che si debba
avere anche la forza e il coraggio di discutere anche qui senza complessi, per
esempio, del tema della partecipazione che è strettamente legato al discorso
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della socialità. Perché socialità significa anche stabilire delle regole, per
esempio, nel mondo del lavoro, quindi stabilire delle regole nei rapporti nuovi,
più forti, più dinamici che ci devono essere, ma anche, non certamente di tutela,
perché ormai grazie al cielo la fase dell'assistenzialismo penso sia ormai
abbondantemente passata, e soprattutto per noi meridionali credo che sia
abbondantemente passata questa fase, ma è proprio qui, si, la rinegoziazione
del discorso nel mondo del lavoro che va vista, in termini, anche qui, di attualità
e anche qui assolutamente senza complessi.
Quindi, dire che il discorso della socialità sia acquisito, ecco su questo non
sono convinta fino in fondo, anche perché potremmo scrivere volumi interi sul
tema della socialità o del solidarismo, semplicemente enunciato e poi poco
praticato e anche poco individuato nelle modalità della sua realizzazione.
Comunque, questo è un tema forte, affascinante, secondo me, questo è il tema
del momento, ed è il tema della compatibilità delle diverse anime di questo
centro destra, perché non c'è che dire, ci sono. C'è un'anima che è fortemente
liberista e un'anima che non intende essere fortemente liberista e che vorrebbe
avere un ruolo forte all'interno dell'area di centro destra per affermare il
contemperamento delle esigenze.
E' questa la grossa sfida di quest'area che si vuole comporre e che vuole
diventare sempre più compatibile al suo interno, non certamente sempre più
omogenea nelle sue componenti, altrimenti l'offerta politica sarebbe un'offerta
del tutto piatta, saremmo assolutamente tutti uguali, e credo che l'errore di
Alleanza Nazionale nei recenti anni passati sia stato proprio questo, quello di
vedere un po' sbiadita, in qualche modo, la sua identità e quindi, di
conseguenza, di vedersi restringere gli spazi, anche di agibilità politica.
Ecco, io credo che questi temi adesso li debba, li possano affrontare bene
Teodoro Buontempo e successivamente Francesco Storace.
Scusa Teodoro.
On. Teodoro Buontempo
Mah, io ringrazio dell'invito, sono venuto volentieri, per rivedere gli amici con i
quali ci siamo incontrati qualche tempo fa. Sono venuto volentieri, innanzitutto,
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perché dico: ohibò, si parla di politica, e questo è stato uno stimolo molto forte,
perché trovare sedi deputate al confronto, al dibattito leale, franco, è un dovere
innanzitutto e, lo diceva Mennitti, oggi sempre di meno ci sono luoghi deputati al
confronto, al dibattito, luoghi dove il cittadino militante, elettore, cittadino
comunque che voglia interessarsi della società del futuro e della politica, non
trova cittadinanza all'interno dei partiti, compreso il nostro. E sono venuto
volentieri, si è allontanata la Poli Bortone, sperando, io che ho fatto un po' il
panda in questi anni di Alleanza Nazionale, e con un ruolo di esclusione,
sperando che la collega Poli Bortone e altri, (c'è stato un accenno quest'estate
di Alemanno e Storace), vogliano, con sempre più forza rompere questo muro
del silenzio, alzare il tiro del dibattito politico, sostanzialmente rialzare la testa,
rialzare la voce, rialzare il confronto, perché io, personalmente ,di questa storia
dei quattro amici al bar che, in uno studio televisivo, decidono la politica per tutti
noi, che poi diventano tre amici al bar, perché Buttiglione va in esplorazione a
sostenere D'Alema , e poi ridiventano cinque amici al bar che decidono e che
oggi parlano di devolution come se fosse un dato acquisito nelle nostre
coscienze, io personalmente ne ero, ne sono, sarò in contrasto assoluto,
perché la politica non può essere fatta, specialmente per un movimento politico
come il nostro, dal leaderismo, dalla deriva plebiscitaria, pur riconoscendo, al
nostro leader, pulizia morale, trasparenza, capacità, intelligenza, anzi, io gli
rimprovero che il vero uomo del cambiamento non poteva essere che il
quarantaquattrenne Fini, con un forte partito alle spalle, con una grande
credibilità nella opinione pubblica.
Quindi io mi auguro che la Poli Bortone, come altri colleghi, vogliano iniziare,
nel pieno rispetto delle regole che ci siamo dati, un dibattito che non abbia santi
in paradiso, perché si può anche vincere una campagna elettorale,ma il
problema è con quale programma si intende governare il paese, che fine fa un
partito politico al quale abbiamo legato l'intera nostra vita e che dobbiamo
onorare, e noi siamo i fortunati, perchè da quella storia siamo usciti vivi e liberi.
Altri che hanno avuto il nostro stesso percorso non hanno avuto la nostra
stessa fortuna, nessuno di noi, facendo militanza politica nel Movimento
Sociale Italiano sperava, aveva ambizione, certo faceva politica anche per
crescere, di diventare parlamentare, perché onestamente l'essere deputati o
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senatori, ma non sentire di far parte di una comunità politica e non avere la
coscienza che ogni giorno si costruisce un programma di alternativa di governo,
beh, questo è avvilente, perché diventiamo dei miseri impiegati del Parlamento,
Parlamento Europeo, del Senato ed è avvilente, umiliante per ciascuno e per
qualunque persona, a maggior ragione per chi ha la nostra gloriosa storia.
Io ho sempre sostenuto sin dal Congresso di Fiuggi che era la diversità dei
partiti del Polo a fare forte il Polo e a fargli vincere le elezioni. Devo fare
semplicemente una correzione così, di date all'amico Mennitti, non è vero che
noi abbiamo avuto successo dopo che è nata Fiuggi, noi siamo andati al
governo come Movimento Sociale Italiano sulla scia di quell'incredibile,
eccezionale campagna elettorale di Roma, dove, nel dicembre 1993
Gianfranco Fini, appoggiato dal solo Movimento Sociale Italiano prese il 47%
dei voti e il Movimento Sociale Italiano, che tutti davano in retroguardia a una
lista civica, prese il 32,5% dei voti da solo, come partito, e al primo turno
Gianfranco Fini prese il 36%, cioè la somma del Movimento Sociale, più il 2 e
qualcosa percento della lista civica e lì ovviamente nacque il fenomeno, cioè,
come questo partito emarginato, ghettizzato, con pochi consensi, come aveva
potuto, nella capitale d'Italia dove votano, solo nella città di Roma, 2.300.000
persone, raggiungere il traguardo del 32% dei voti. Allora, la grande colpa,
secondo me, che hanno avuto sia il Movimento Sociale Italiano che Alleanza
Nazionale è stata questa: il Movimento Sociale Italiano ha goduto, per quasi
cinquant'anni, del voto dei neofascisti in Italia, senza avere il coraggio, la realtà,
l'onestà, di rivisitare quel fenomeno storico, rientrarci dentro per dire cosa di
quel fenomeno noi accettavamo e cosa noi non accettavamo perché non più
adeguato alla società contemporanea.
Mentre il Movimento Sociale Italiano ha goduto di quel voto acriticamente,
Alleanza Nazionale ha cancellato una storia senza avere lealtà e coraggio di
entrare dentro la storia del Movimento Sociale Italiano per rivendicarne il
valore, le cose buone e le cose che non erano più attuali. E la cancellazione a
mio avviso, perché è vero che venne il fenomeno Berlusconi, ma la carta di
identità della credibilità morale della nuova Destra che nasceva era
rappresentata dal Movimento Sociale Italiano che aveva uomini in tutta Italia,
consiglieri comunali, sezioni, mentre dall'altra parte c'era un partito virtuale
27
legato a una persona che era un'opportunità che ci veniva presentata.
Allora, noi siamo andati al governo a marzo del '94, Alleanza Nazionale è nata a
gennaio del 1995, da quando è nata Alleanza Nazionale non abbiamo più vinto
nessuna elezione politica. Questa è la verità. E quando, con il complesso che la
Poli Bortone ha detto che ci dobbiamo togliere comunque, abbiamo tentato
oltre il Polo, improvvisamente senza preparazione, senza avere una proiezione
strategica, alle Europee con Segni, abbiamo clamorosamente perso un terzo
dei voti.
Allora, perché ho voluto fare questi accenni? Perché allora AN doveva essere
una"evoluzione" che non cancellava, ma che conservava e ammodernava il
linguaggio, lo stile, il modo di proporsi, integrarsi di più nei fenomeni della
società che si voleva. Noi avevamo il dovere, per esempio, questo, me lo
dovete consentire, non ho torcicollo, non sono nostalgico, non lo sono mai
stato, però a me dà un fastidio, proprio mi sento male, quando sento prendere
tutto il fascismo, buttato nel cestino della spazzatura. Perché questo? Lo diceva
il professore, la modernizzazione. L'Italia ha avuto la vera modernizzazione
negli anni '30 con il fascismo, che ha trasformato una società agricola in una
società industriale, creando i presupposti e i pilastri di una società moderna,
con l'IRI, per salvare le aziende per il bene comune, con la Previdenza Sociale,
perché non ci fossero più lavoratori senza diritti e senza tutela, con una scuola
degna di questo nome che ha retto per cinquant'anni in questo paese, rifacendo
i codici, le leggi bancarie perché noi parliamo spesso del fascismo regime,
perché, del fascismo Repubblica Sociale, perché è stato un epopea
eccezionale, del fascismo rivoluzionario, non parliamo della modernità del
fascismo regime. Oggi, se c'è un problema col quale ci dovremo confrontare,
l'Europa si dovrà confrontare sarà il problema della sicurezza, della vivibilità
delle città. E allora perché non rivendicare quella modernità urbanistica, fatta da
quel regime, perché da allora in poi non c'è stato più alcun disegno per costruire
le città, se non la sporca, bassa speculazione edilizia dei ladri di regime.
Oggi, scusate, la differenza qual è? Noi, oggi, al termine della società
industriale che portò alle grandi concentrazioni urbane, stiamo subendo la
nuova era dell'informatica, della telematica, del telelavoro senza regole, senza
timori, senza sapere dove andrà il nostro mondo e la nostra società. Il fascismo
28
degli anni '30 anticipò il processo di industrializzazione avendone il maggior
profitto possibile, sapendo coniugare modernità, sviluppo, industrializzazione e
tutela dei ceti più poveri, dei lavoratori che per la prima volta venivano
considerati esseri umani, persone.
Dico questo perché? Oggi ci risiamo in questo dibattito, perché? Il problema
oggi del ruolo di AN anche di fronte alla grande sfida della globalizzazione, della
nuova Europa, qual è? Non è solo liberismo, non liberismo. Noi dobbiamo
chiederci, nel momento in cui il profitto è l'unico dio a cui si guarda per
considerare il progresso di una società ci dobbiamo chiedere i costi di questa
logica del profitto, che pagheranno i nostri figli con l'ambiente devastato, perché
non c'è uno Stato, non c'è stata un'imprenditoria che abbia saputo creare
sviluppo e impresa nel rispetto dell'ambiente. Dobbiamo pensare ai costi che
avremo di fronte a una globalizzazione che non è solo mercato, è la
cancellazione di ogni identità, di ogni radice, di ogni storia, di ogni
appartenenza, di ogni cultura. Questa Europa che non è democratica, nessuno
di coloro che governano l'Europa sono stati eletti dai popoli europei. Noi
abbiamo persone che hanno un potere eccezionale, pensate al presidente della
Banca Centrale Europea, uomo che decide dov'è lo sviluppo, dove si deve
fermare, decide il futuro dei nostri figli, è un signore invisibile, che nessuno
conosce, ha un potere straordinario, non votato dai cittadini. Sta nascendo
un'Europa dove il capo del governo europeo ci impone quante vigne avere,
quante mucche abbattere, ci impone in quali settori lo sviluppo, in quali altri la
desertificazione, il quale è stato eletto dai capi di governo, secondo gli interessi
che hanno quei governi.
E allora, il problema vero che, ci si pone di fronte a una modernizzazione che è
inarrestabile, è un dato di fatto: Come le nostre idee antiche e la necessità della
modernizzazione si possono coniugare per fare in modo che la globalizzazione,
le multinazionali, che possono creare mercato, sviluppo, ricchezza, non
distruggano le identità, perché un mondo senza identità, diventiamo dei
consumatori senz'anima, e nel momento in cui non si è più consumatori, perché
si è al di sotto di una fascia economica si può morire per strada, si può non
avere un'assistenza sanitaria, si può non mandare a scuola i figli, si può essere
lasciato a marcire nella retroguardia di un'Europa fatta a più velocità.
29
E quindi, il problema vero che dentro il Polo, noi dovevamo, solo chiedere che
le diversità potessero esistere, perché la omologazione ci avrebbe indebolito.
Durante la campagna elettorale del '96, sembrammo tutti uguali, l'uno all'altro,
rincorrendoci sul liberismo, le privatizzazioni e quant'altro. Ma Berlusconi,
appena è entrato nel partito popolare europeo di queste cose ne parla con
molta cautela, perché si rende ben conto che se vuole essere capo di una
coalizione che ha oltre il 50% dei voti, non deve parlare a una categoria, ma
deve parlare all'intera società nelle sue molteplici articolazioni. Allora, io
chiedevo, chiedo ancora, spero, che il Polo diventi un soggetto democratico,
che ogni partito componente il Polo possa eleggere una classe dirigente che
deve diventare classe dirigente del Polo; che restino in piedi i singoli partiti con
i propri programmi e le proprie identità e che ci sia una classe dirigente,
democraticamente eletta dal basso che rappresenti il progetto di governabilità,
il progetto Polo della Libertà. Gli egoismi non lo hanno consentito fino ad ora, e
gli egoismi ci hanno portato all'indebolimento, per un certo periodo, del Polo.
Oggi c'è un forte rilancio, ne siamo felici, faremo di tutto in questa campagna
elettorale, perché la si possa vincere, guai a noi se vincesse la Sinistra, però
devo dire che sono seriamente preoccupato su quale sarà il futuro di Alleanza
Nazionale, ma non come etichetta, non come simbolo soltanto, ma per le idee
che comunque, anche se non portate a livello alto della battaglia politica e della
coerenza all'esterno, potrebbero scomparire il momento in cui AN non avesse
all'interno del Polo una propria autonoma visibilità.
Mi auguro che sempre di più la Poli Bortone e altri colleghi vogliano assumere
responsabilità politiche, perché questo partito a noi ha dato tutto, siamo stati
fortunati e credo che anche al termine delle nostre carriere politiche abbiamo il
dovere morale, abbiamo il dovere con noi stessi e con le nostre famiglie e con la
nostra comunità e con chi ha pagato prezzi altissimi, di non stare più sotto la
cenere a covare mugugni, ma dobbiamo far uscire all'esterno questa nostra
grande forza, questa nostra grande energia positiva.
Vedete, quando un partito abbandona la repubblica presidenziale come
l'elezione diretta del capo dello Stato che sia anche capo del governo è fatto di
una gravità inaudita, perché un presidente eletto per fare il presidente di
facciata, con un capo di governo eletto, invece, dai partiti, è tutta un'altra cosa.
30
Per me la democrazia diretta significa, significava, spero che significherà che il
popolo elegge chi governa un paese.
Abbandonare l'Assemblea Costituente, che era un nostro cavallo di battaglia,
perché non si possono fare le riforme, Francesco tu mi sei testimone di come
venivano fuori gli articoli della Bicamerale, tiro un pezzo a te, tiri un pezzo a me,
siamo entrati con il primo articolo per cancellare la Provincia e siamo usciti
dopo quattro ore con la Provincia che aveva più poteri di prima e con la nascita
dell'area metropolitana sulla carta, perché
32
ancora non si è realizzata e il primo articolo recitava: "I comuni, le province, le
regioni e le aree metropolitane sono elementi fondanti della Repubblica
Italiana". Cioè, lo Stato diventava, con un colpo solo, ente erogatore di servizi
perdendo la funzione alta ed etica dello Stato.
lo apprezzo chi la pensa diversamente, ma è una cosa di cui si deve discutere e
specialmente adesso; ecco un altro elemento di dibattito, perché se lo Stato
cede poteri verso l'alto, cede poteri verso l'Europa e cederà sempre maggiori
poteri verso le regioni, noi ci dobbiamo chiedere che fine farà la nazione e lo
Stato, perché noi rischiamo l'Europa delle piccole patrie. Nel momento in cui
non c'è più uno Stato, nel momento in cui non c'è più la nazione che ci
rappresenta all'interno del contesto europeo, automaticamente ci sono le
regioni o le macroregioni che sono delle piccole patrie, e allora sarà inevitabile
che Lombardia, Slovenia, che il Veneto costituiranno la macroregione, che
tratterà all'estero come se fosse uno Stato autonomo, lasciando il Sud alla
deriva. Con lo Stato non abbiamo fatto servizi, ferrovie, autostrade,
infrastrutture nel Sud, il momento in cui le regioni diventano autonome,
diventano dei piccoli stati, 5. Maria Goretti dovrebbe fare le infrastrutture per il
sud.
lo credo che, comunque uno la voglia pensare, è un problema molto forte
questo. Noi non possiamo accettare la devolution cosi. Ora sentite parlare in
questi giorni: deregulation, devolution, lavori in affitto, lavori a tempo. Beh, ma
ci rendiamo conto che nel momento in cui il lavoro viene preso in
considerazione solo per il suo costo e quindi per il profitto che ne viene al
capitale investito, noi diventeremo concorrenti del Terzo Mondo e saremo persi,
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perché noi non potremmo competere con quei paesi. Perchè quando il prodotto
costa di meno ci dovremo chiedere, quando compriamo una maglietta dalla
Benetton, quante ore di sfruttamento minorile è costata, quante ore di
sfruttamento senza tutela sanitaria, senza tutela previdenziale, quante ore di
lavoro hanno dovuto fare donne e minori per portare quel prodotto a meno
costo del nostro paese.
Allora, certo, se uno rinuncia alla tutela, alle garanzie, se il lavoratore può
essere affittato quando ha l'età con più energia, a 30 anni, se uno deve affittare
un lavoratore non l'affitta a 50 anni, lo affitta a 24, a 28, a 30 anni, quando è nel
pieno delle sue energie e dopo?. Diventa un rottame. Perché, non so se voi
sapete, ma la disoccupazione dei quarantenni, dei cinquantenni, è spaventosa,
e quando esci dal mercato del lavoro a 50 anni, con queste logiche sei un uomo
da rottamare che non ha più diritto al futuro. Questa è la realtà drammatica con
la quale noi ci dobbiamo confrontare.
Se la logica è che il progresso è fatto dal profitto e non è vero che il profitto crea
una società giusta, un equilibrio. Non è vero, perché abbiamo società
economicamente progredite, dove, se non hai i soldi per farti la polizza
assicurativa, muori per strada perché non trovi posto in un ospedale, perché
non ti accettano. Queste non sono chiacchiere, sono realtà drammatiche Noi
abbiamo il dovere di porci il problema: quale modello di sviluppo, verso quale
modello di sviluppo Alleanza Nazionale con le sue energie, le sue forze, i suoi
collegamenti, i suoi deputati, le sue rappresentanze comunali e provinciali deve
tendere, in ogni atto della sua vita politica, altrimenti qualcuno mi deve dire: se
noi accettiamo l'idea che è statalismo qualunque aiuto, io per esempio, ritengo
allucinante, incredibile, che non si sia capito nel corso di questi anni, con i
governi democristiani e socialisti, e di sinistra ultimamente, la funzione della
mamma quando allatta, perché li si forma lo spirito, l'ossatura, la personalità, la
forza di un bambino e c'era una volta lo Stato, e questo lo aveva capito, oggi ci
sta arrivando la Sinistra, in ritardo, e comincia a capirlo. E noi? Non siamo
visibili su un tema di questo genere.
Capire la scuola. E' inutile che diciamo la scuola non funziona. Dobbiamo
definire una nuova scuola che sia competitiva con le scuole della Gran
Bretagna, della Francia e della Germania. Allora va definito un progetto, dove lo
32
si discute, nel Polo? Benissimo. Troviamo una sede, perché non è una cosa di
poco conto decidere quale modello di scuola, quindi quale tipo di società. Noi,
in Italia, abbiamo un lavoro minorile spaventoso, sono cifre che vengono tenute
nascoste, è una cosa gravissima che in un paese come il nostro ci sia questo.
Ebbene, come far emergere questo e reinserirlo in una società ordinata? Ce Io
dobbiamo chiedere oppure no? E non ci dobbiamo forse chiedere, cosa
significa,
anche
la
questione dell'immigrazione, che chi ha vissuto
l'emarginazione come noi, non può essere contro nessuno, sia minoranza,
religiosa, di colore, di appartenenza, di cittadinanza. Ma si pone un problema
l'Europa e per l'Italia sulla spoliazione della propria identità; nel momento in cui
non c'è più la terra madre a cui il cittadino si sente legato, e quindi la cultura che
da questa ne viene, è un altro dei problemi che, secondo me, dovremmo
discutere con grande forza, perché il vero dibattito, nei prossimi anni, io ne sono
convinto, sarà proprio tra queste cose. Tra chi ritiene che la globalizzazione
debba essere assorbita acriticamente e chi ritiene invece sia necessario che
che è fatto, confrontarcisi, rivalutando, esattamente il contrario di quello che sta
awenendo, la piccola impresa, il legame al territorio, il legame di sangue,il
legame di fede, il legame con la propria terra, il legame con la propria famiglia, il
legame con la comunità, perché se una persona non si sente più facente parte
di una comunità è una persona allo sbando, alla deriva.
Vedete la colpa, io non la do tanto ai dirigenti, io la do moltissimo, scusate, mi
piace essere sincero, la do ai militanti di base, agli iscritti, agli elettori, come
diceva Mennitti, che ad un certo punto un partitino di minoranza, ma quel
partitino di minoranza aveva investito quando è crollato la DC, il totalitarismo in
Italia che non consentiva di poter governare a 360 gradi alle forze che si
presentavano alle elezioni. Noi eravamo credibili, altrimenti non sarebbe
accaduto che il Movimento Sociale Italiano potesse fare quel balzo in avanti, ciò
che non ha fatto il PDS, non hanno fatto il Partito Comunista Italiano. Allora non
si può dire come è avvenuto a Verona " non esiste più l'anticomunismo perché
non esistono più il comunisti", perché questo è stato un errore clamoroso che
abbiamo pagato con migliaia di voti. Si trattava, oltretutto, di una cosa non vera.
Perché vengono fuori queste cose da persone intelligenti? Vengono fuori dal
complesso della propria storia, vengono fuori dal complesso del proprio
33
passato.
In questa maniera non si va da nessuna parte. Si può superare recuperando, si
può superare modernizzando, ma non si può, cancellando, sperare di avere un
grosso futuro.
Non si può passare dalle privatizzazioni in assoluto, mi ricordo una visita fatta a
Londra, alla City, privatizzazioni come mito, come obiettivo essenziale, a
riscoprire lo Stato. Perché è giusto che questo avvenga, vuoI dire che abbiamo
persone intelligenti, capaci anche di riflettere sulle proprie dichiarazione, ma poi
va costruita l'ossatura di questo progetto, di questa idea.
Non mi sembra scandaloso l'accordo con la Lega , perché, obiettivamente,
questa Sinistra è andata oltre. Cioè, anche noi, siamo contro la Sinistra, siamo
stati anticomunisti, ma non pensavamo che la Sinistra avesse una tale debacle
nella governabilità del Paese, anzi c'era il mito dell'amministratore di
sinistra,etc., etc., invece si è dimostrato....
Quindi, noi dobbiamo vincere per il bene del nostro Paese e per entrare in piedi
in Europa. Però, non si può vincere solo per vincere, perché questa è mera
gestione del potere, che già ha tentato la sinistra e si è sputtanata per diversi
anni e ha perso la credibilità nel nostro paese.
Sì deve vincere, anche con Bossi si può vincere, perché, comunque,
rappresenta una protesta, un'aspettativa, una speranza per alcuni popoli del
Nord: Ma A.N. non dovrà consentire a Bossi di trasformare l'Italia nella
"Repubblica di Bossi", anche se questo dovesse costare grande conflitto
all'interno del Polo per la Libertà.
lo credo che Alleanza Nazionale per il Polo sia essenziale ancora per poco,
perché la corsa al Centro rischia, come sta avvenendo, che i partiti di centro
sposino alcune tematiche, le più visibili, che ci sono nei programmi del Centro
Destra e in questo verremo soppiantati, perché a quel punto Alleanza
Nazionale, se non è difesa dall'identità, se non è difesa dalla microeconomia,
se non è difesa dalla piccola azienda, se non è difesa dalla cultura, dalla
tradizione, dagli eletti, dall'appartenenza alla terra, se non è difesa della tutela
sociale. Certo, se tutelare un uomo, nel minimo della sua sicurezza, questo
debba costare minori profitti alle imprese che hanno avuto tutto da questo Stato
italiano, anche l'illecito, a cominciare dalla FIAT che continua a rubare i soldi
34
della Previdenza Sociale che sono i sudori dei lavoratori. E continuo. Hanno
rubato i soldi della GESCAL, che doveva servire a costruire le case dei
lavoratori, e allora, il grande confronto, e concludo sul serio, è tra una Destra
che è protagonista sui palchi, ma purtroppo smette di essere protagonista
all'interno del corpo della società civile e una Destra, invece, che con lealtà,
come noi siamo abituati, facendo del Polo delle Libertà un valore aggiunto,
perché una cosa che non si è capito quando si è fatta la lista Segni è che noi
non eravamo solo la somma dei nostri partiti, il Polo era un valore aggiunto, che
aveva permesso di riscattare il Polo delle Libertà dopo le note vicende dei
governi imposti dai presidenti della Repubblica.
La strada non è l'omologazione, non solo all'interno del Polo, ma neppure
all'esterno, perché su quella via noi troviamo la Sinistra; chi ha votato la legge
sul lavoro in affitto, chi ha votato la legge sul part-time e via via è stata la
Sinistra. La Sinistra che, invece di servire il popolo che aveva creduto nei Suoi
valori, si è messa a disposizione del grande capitale, dell'alta finanza, si è
inginocchiata davanti alle banche e la sinistra già lo sta occupando quello
spazio cosiddetto liberista.
Se vogliamo recuperare altri milioni di cittadini che non credono più nella
politica, dobbiamo rialzare forte la bandiera dei diritti, perché lo Stato non può
essere al servizio di quattro multinazionali, di quattro grandi famiglie, ma deve
essere in grado di tutelare il cittadino nella sua dignità, deve tutelare la società
nel suo sviluppo, e se si entra in Europa, l'Europa non può essere Europa
subita. Vogliamo sapere dall'Italia che tipo di Europa vuole prima che si arrivi
all'Europa delle micro-maxi regioni dove la nazione, l'identità, la cultura
verranno cancellati.
On. Adriana
Poli Bortone
Bene, ringraziamo Buontempo, il quale se gli avessimo altre due ore, credo che
avrebbe regolarmente continuato, perché, è vero che non abbiamo molti spazi
di dibattito, ma quando poi li abbiamo, insomma, ce li prendiamo veramente
tutti.
Comunque, è stato molto interessante, naturalmente, quello che ha detto, che
35
può essere condiviso in alcune cose, forse dovremmo approfondirlo in altre,
ma, certamente, ha rappresentato una serie di esigenze anche di
approfondimento di tematiche per la individuazione di un percorso che deve
essere un percorso politico molto chiaro, molto lineare e molto condiviso, al
massimo condiviso, al nostro interno soprattutto.
Bene, Francesco Storace conclude questa tavola rotonda in una sintesi che è la
sintesi difficile di chi poi si trova, come tutti quanti gli amministratori della destra,
quanto più si va verso livelli più alti istituzionali, chi si trova a governare e chi ha,
come noi abbiamo avuto nel '94, non soltanto la sorpresa di governare, ma il
dilemma su come cercare di governare, perché volevamo in quel momento
trasfondere, come credo ciascuno di noi, nella pratica quello che fino a quel
momento per noi era stato semplicemente teoria, e volevamo vedere gli effetti,
poi, di quella pratica politica. Non sempre è facile. Ed è anche questa la sfida
che un amministratore di destra fa con se stesso quotidianamente proprio
quando cerca di coniugare le due cose.
A te, Francesco allora, l'analisi e anche la sintesi di questo discorso che mi è
sembrato veramente molto, molto interessante e di questo sono grata a tutti voi.
On. Francesco Storace
Grazie, grazie Adriana, soprattutto per l'invito.
Non ti sono grato per l'invito alla sintesi, perché Io vedo come una coltellata. E'
difficile la sintesi dopo gli interventi che ho ascoltato, a partire dall'ultimo, quello
di Teodoro, è difficile per me dire dopo l'intervento che ha riscosso molti
applausi, di non condividerne parte, però Teodoro invoca democrazia.
E quindi alcune cose, in contrasto, ma solo per alcuni versi, parte degli
argomenti li condivido e li sottoscrivo, alcune cose le dirò, ma le dico perché
reputo, comunque, importante il contributo di chiunque ha parlato a questa
tavola rotonda, perché tutto questo serve a costruire Alleanza Nazionale, il
centro destra, serve a costruire la società che include e non la società che
esclude, perché questo è il tema, secondo me, che abbiamo di fronte.
E allora vorrei dire con grande franchezza a Teodoro, che non credo alla
visione catastrofica con la quale vede, con amarezza a con passione, il vissuto
odierno di Alleanza Nazionale. Mi preoccupa molto di più la catastrofe che ho
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trovato alla regione Lazio, nelle istituzioni, Il c'è la catastrofe. Allora, ecco, hai
ragione, quando dici: Dobbiamo farci trovare adeguati alla sfida, che può
sembrare impossibile, ma viva Dio!, non deve essere impossibile.
Però, consentimi, noi a Fiuggi abbiamo fatto una scelta netta, io la rivendico
tutta intera, può apparire impopolare a giudicare dal decibel dell'aula, della
sala, dai decibel che abbiamo riscontrato, però io non penso che possiamo
riproporre un modello che oggi deve essere solo affidato alla storia. Anche
perché non abbiamo più Mussolini, abbiamo la nipote, non credo che possiamo
fare molta strada, io voglio molto bene ad Alessandra, ma c'è un po' di
differenza. Noi oggi dobbiamo costruire la società di domani, il che non significa
prendere la parola modernizzazione, come taluni la intendono e pensare di
poter buttare a mare tutta la nostra storia, per quello hai ragione, però si tratta di
pensare a quello che deve accadere domani, perché una cosa è il compito della
storia, un altro quello della politica. La politica deve sapersi trovare preparata
ed è tremenda la sfida che ci annunci, quella che ci vuole in Europa, qui.
E' stata intitolata l'intera sessione dei lavori, Io leggo su quel cartellone:
"Terzo Millennio: Desfra ed Europa". A me ha spaventato una cosa che mi ha
detto una settimana fa il nostro ambasciatore a Bruxelles presso l'Unione
Europea, una cosa che conoscevo, ma i termini crudi con cui l'ha presentata,
quello che sarà, che rischia di essere il dramma del sud Italia, con l'ingresso di
altri paesi europei che sono stati sotto il giogo del comunismo: la fine
dell'Obiettivo l,la prossima agenda. Ecco, è una grande questione politica che
dobbiamo affrontare e che non ci possiamo permettere, ha ragione Teodoro, di
vivere con superficialità. Però, ecco, qui vale la ricchezza, la capacità di portare
ricchezza di idee, di contenuti. Un punto su cui non sono d'accordo, o sul quale
ero d'accordo fino a un po' di tempo fa, io, io al dibattito ci credo, e l'ho anche
abbastanza animato, quest'estate, e non certo per mettere in discussione il
presidente del partito, ma perché voglio anch'io, come tutti coloro i quali hanno
parlato, almeno mi riferisco a chi ha la nostra militanza politica, voglio che
Alleanza Nazionale sia protagonista, orgogliosamente protagonista del dibattito
politico e della costruzione della nuova Italia.
Anch'io invoco, perché forse è facile e sicuramente non è più moderno,
democrazia interna. Ma ci vuole. Però attenzione, l'ho detto anche ai miei
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colleghi di componente, perdonatemi se uso questa espressione, non ci
fermiamo solo a quell'aspetto. lì polo democratico, ma io ritengo di essere stato
eletto democraticamente presidente di una regione, mi hanno votato i cittadini.
Dice, certo, come sei stato candidato? Siamo stati candidati, per militanza,
credibilità, per autorevolezza, se permettete, perché ci è stato affidato un
compito di rappresentare una coalizione, ma il problema, oggi, non è del polo
democratico, perché io ho il terrore di un'esasperazione di questo concetto.
Polo democratico al suo interno, come capacità di selezione della classe
dirigente. Che succede laddove vince uno, gli altri li cancello? Perché nelle
istituzioni, io vinco le elezioni, governo, gli altri all'opposizione. No, il polo deve
essere unitario, deve includere, non escludere, guai a pensare che il futuro del
polo è la conta. No!, il futuro del polo deve essere la capacità di aggregare
attorno a sé tutte, le tante minoranze che è capace di esprimere la società e che
siano unite da un tessuto di valori comuni, perché altrimenti verrebbe meno la
ragione, anche, della nostra svolta, che non deve rappresentare cancellazione
tout court, certo, arricchimento, integrazione.
Allora, cominciamo ad individuare qual è il percorso nuovo che secondo alcuni, anche,
secondo me, deve avere la nostra politica, la politica del partito, la politica della
coalizione. Anzitutto, ed è sacrosanto quello che ha detto Adriana Poli Bortone, uscire
dai complessi, non è una colpa essere di destra, lo dobbiamo urlare, dobbiamo
caratterizzarci una politica, ed io comincio a dire qual è la cosa che mi infastidisce di
più, sembrerà una banalità, poi cercherò di spiegare che cosa intendo, io ho sentito
molto spesso qui parlare di Movimento Sociale Italiano e sono contento che si parli di
Movimento Sociale Italiano, perché quelle tre parole rappresentano una storia, una
cultura che molti tra noi hanno vissuto orgogliosamente, mi da fastidio di sentire
parlare di AN, perché AN rischia di assomigliare a una sigla, a un taxi, no?. lo voglio
Alleanza Nazionale, voglio mettere al bando la politica della sigla, la sigla, lo dico con
tutto il rispetto per le persone che hanno fatto una scelta anche complessa, difficile,
questa del CCD, CDU, non la destra di questo paese. La destra di questo paese è
ricca di valori, di contenuti, di programmi, di valori seri, condivisi da larga arte
del nostro popolo.
Ho l'impressione che quando si parla di modernizzazione in casa nostra, c'è
qualcuno che creda che modernizzare significa saper giocare al computer. Per
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me la modernità è un'altra cosa, se dobbiamo stare al tema per cui siamo stati
qui invitati da Adriana. La modernità è capacità di capire quali sono i problemi
dell'oggi e magari individuarli domani. Rappresentarli tutti i problemi,
non
lasciare alcuno senza rappresentanza e allora, interroghiamoci su che cos'è
il tratto di modernità in questa società. Per la sinistra che cos'è la modernità? E'
il matrimonio tra omosessuali, è una cosa moderna. Ricordo, durante le
giornate convulse che precedevano il Gay Pride a Roma, mi trovavo a
passeggiare per Roma e vidi due, due tipi, chiaramente di sinistra, che mi
guardarono, mi riconobbero e uno fece all'altro: Eccolo!. C'era il fastidio per la
mia presenza, e quello può essere legittimo, non possiamo piacere a tutti,
Teodoro direbbe, avrebbe ragione:
"Non
dobbiamo
piacere
a
tutti",
che
sarebbe
grave,
dobbiamo
caratterizzarci. E allora, c'era dall'altra parte della strada, queste persone
erano, avevano 40 - 50 anni, 50 anni circa. "Ma in fondo perché ce l'hanno con
questi ragazzi?". E c'erano un po' più in là due ragazzi, due maschi che si
baciavano. E lo diceva ad alta voce, quasi per provocare la mia reazione:
"Ma si, fanno bene". Poi uno dei due disse all'altro: "Ahò, ma hai visto chi c'è là?". Era
il figlio di uno dei due. Vi risparmio la scena alla quale ho assistito. Però se non ci
fosse stata quella scena loro sarebbero stati i moderni, io l'antico. Per la sinistra è
moderno, magari, il diritto a drogarsi, è molto moderno il diritto ad abortire. Ecco, sono
questioni pesanti sulle quali una società si scontra, che non vuoi dire vietiamo tutto,
no, sarebbe sbagliato. Ormai la donna pensa che quel diritto sia tale. Io vorrei trovarmi
in una società in cui sia reclamizzato in una maniera altrettanto vivace anche il diritto a
non abortire, a poter tenersi quella creatura e a trovare istituzioni che si sforzano di
aiutare quella donna a mantenere quella creatura anche se non ce la fa. E' antico o
moderno tutto questo, la rappresentazione di valori. Dove stanno questi valori, chi li
rappresenta? La sinistra, ricordate quando facevano la polemica sul
mondialismo?
Oggi dobbiamo far fronte attorno a un grande progetto, ecco la sfida, la
contraddizione nostra, la sfida, l'Europa. lo ho gioito quando ho saputo che
guarda i Verdi come votano, a differenza di qua, sono state messe al bando, sul
piano dei grandi principi, dei contenuti, le pratiche di donazione, dal Parlamento
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Europeo. Si dice no. Abbiamo rappresentato qualcosa e qualcuno, comunità.
Ricordo la polemica, a proposito di modernità, che noi conduciamo da decenni,
la destra in questo paese, le polemiche sulla politica estera, l'America,
ricordate? Quante parole abbiamo speso? Quante volte abbiamo invocato in
casa nostra l'esercito di volontari e poi nello scacchiere internazionale l'esercito
europeo? Per la sinistra tutto questo non sarebbe moderno, perché c'è la
parola pace che cancella tutto, però quando succede quel che accade alle
frontiere di casa nostra, se non arriva BilI Clinton, libero da Monica, le cose non
si risolvono, i problemi non si affrontano, le guerre non si risolvono; i conflitti
vengono affidati al gendarme che viene da fuori, è una parola dura,
un'espressione dura, perché non c'è bisogno di un'identità europea, non è un
grande valore da costruire.
Ecco, allora, vedete, il senso della modernità io lo trovo nelle cose che
mancano alla società, perché è troppo comodo dire le cose che oggi dice la
sinistra, non dà fastidio. lo trovo che una straordinaria manifestazione di
grandezza, quel grande atto di modernità che ha visto sfilare a ferragosto a
Roma due milioni di ragazzi attorno a un papa straordinario. Quello è un grande
atto di modernità, di civiltà, di affermazione di un'identità che deve entrare nella
società, che deve entrare nelle istituzioni. E la società che dobbiamo volere è la
società che mette insieme quel tessuto dì valori e che si propone anche come
capace di costruire uno Stato, e torno su un argomento di Teodoro, che metta al
centro la persona. Avete visto i manifesti di Berlusconi sui muri: £'Le Città
sicure, il sogno". A me piacerebbe un grande manifesto di Alleanza Nazionale,
che possa rispondere al chi è del nostro elettore. Chi è che ci vota? Qual è la
persona che vota Alleanza Nazionale? E' il cittadino semplice, è la persona
perbene, la persona che ha anche meravigliosi tratti umiltà.
Ecco, io vorrei lo Stato semplice, lo Stato semplice è quello, ecco la parola,
l'espressione, lo Stato semplice è quello che non è arrogante col cittadino
quando si presenta allo sportello comunale e regionale, lo Stato semplice è
quello cha fa norme chiare, ecco qui Teodoro, che libera l'economia, la libera,
consente all'impresa di dare lavoro. Non centra il lavoro interinale, il lavoro
part-time, non è quello il problema. lì problema oggi non è il lavoro part-time, il
problema è la disoccupazione, quello è il problema. E allora noi dobbiamo
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creano questo tessuto economico, politico, sociale del Paese che consenta,
appunto, di rappresentare la società che include, non quella che esclude.
Quando parlo di Stato semplice, è lo Stato più liberale che c'è, si ha poche
norme, chiare, si spoglia di poteri, è sussidiario, è lo Stato che dice sì o è lo
Stato che dice no, noi viviamo nello Stato che dice forse.
Adriana sa, chiunque, Teodoro l'ha fatto in consiglio comunale di Roma,
chiunque vive l'esperienza amministrativa, sa quale tragedia oggi è
rappresentata da quell'istituto chiamato Conferenza di Servizi. Era lo strumento
per velocizzare le procedure, è diventato l'arma del ricatto. Era lo strumento che
serviva a dire all'imprenditore che voleva investire: Togliamo subito i vincoli,
facciamo presto. E' uno strumento che rende impossibile investire soldi propri
per creare lavoro che serve alle nostre politiche. E allora, ecco, uno Stato che
dice forse non è uno Stato liberale. Dobbiamo cancellarlo.
E allora, una società che include è una società che rifiuta quello che era il
messaggio che persino abbiamo letto sui libri di storia all'inizio del secolo,
persino libri scritti da papi, che contestavano quello che stava per avvenire,
persino loro. La globalizzazione fa richiamare, richiama quel messaggio,
messaggio dell'inizio del secolo quando si diceva: "La patria rischia di essere
quella in cui si sta meglio" non è la stessa cosa di adesso? No, io voglio che la
patria nostra sia questa e questo sia il paese dove si sta meglio che altrove.
Ecco la grande battaglia di Alleanza Nazionale. Una grande battaglia per
affermare la competitività, la capacità di questo paese di non essere
secondario, di non essere superiore a nessuno, ma di non essere secondo a
nessuno. Questo è un problema che ci portiamo avanti, che non risolviamo se
non diamo vita ad una svolta autentica, a una svolta che ci consenta di essere
davvero moderni e di capire quali sono i problemi, le comunità che hanno
bisogno di rappresentanza.
La società che include, lo dico al prof. Chiarini, nella sua analisi, ecco, manca
un passaggio che è rappresentato dalla nostra nascita, dalla nascita di Alleanza
Nazionale. Anche li Alleanza Nazionale ha risposto a un problema di
rappresentanza, c'era un grande vuoto nella politica, mancava la destra nel
paese. Questa è la realtà, noi eravamo un partito grande, non eravamo un
grande partito, eravamo un partito ricco di storia, ma non avevamo la possibilità
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di governare in Italia, perché eravamo visti probabilmente in maniera che non ci
meritavamo, perché noi ci credevamo nella democrazia.
Non è vero, Mimmo, non ci credo che nel Movimento Sociale non si credesse
nella democrazia. Vogliamo cominciare a dire che per tanti anni l'abbiamo
subita la democrazia? Che siamo stati messi al bando, ai margini della società?
Ecco, allora, la democrazia l'abbiamo sofferta.
On. Domenico
Mennitti
No, no noi venivamo da una tradizione e abbiamo fatto una grande fatica,
questa è la verità
On. Francesco Storace
Beh, sarà una differenza di generazione. Ma io, quando sono entrato nel
Movimento Sociale Italiano, non mi hanno insegnato ad odiare la democrazia,
mi hanno insegnato a rispettare il fascismo, questo si. E non so se quello
significhi essere antidemocratico.
Il Movimento Sociale Italiano è stato una grande palestra, è stato una grande
scuola. Era necessario, perché altrimenti non si spiega perché di botto
passiamo a quel 15%, riempire un voto. Era altra cosa. Lo stesso 44% che pur
da segretario del Movimento Sociale Italiano prese Fini, il 47% alle comunali,
ma non era perché era segretario del Movimento Sociale Italiano, perché era
modernamente interprete di quel vuoto che lamentava la società. Non era
quello che si presentava il segretario del Movimento Sociale Italiano, era il
leader della destra di governo che anticipava un tempo. L'abbiamo vissuta
insieme quella storia, come facciamo a dimenticare quel popolo che fino a un
mese prima rifiutava il contatto con noi e si era improvvisamente risvegliato
attorno al nostro leader? Allora, infatti anche Alessandra Mussolini arriva lì
perché era nel pieno di quel disegno, non portava reticismo, portava futuro, una
speranza, il sogno che bisognava offrire ai cittadini. Allora, io non voglio fare la
ramanzina, però vorrei poter provare a delineare quelle che devono essere le
cose che dobbiamo fare.
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lo ho apprezzato molto le cose che ha detto Fini recentemente, sia pure in
alcune interviste, interviste che si sa, sono momenti di confronto, con chi opera
nell'informazione, momenti in cui si raccolgono le idee, che si lanciano, si crea
un dibattito. E' molto meglio ceti temi affrontarli a sedi delle quali si discute a
tutto tondo, però è già importante quello che ha detto Fini in queste settimane.
Pensare che un minuto prima del mercato c'è la società, è questa la questione
che va posta, che va posta e con grande forza, proprio per il momento in cui si
affaccia, entra prepotente la questione della globalizzazione. Ci sono sempre
più, nel nostro paese, milioni di poveri. Non è più un'equazione corretta quella
per cui si afferma che se cresce il prodotto interno lordo siamo tutti quanti più
ricchi. Molto spesso cresce il prodotto interno lordo e aumentano i poveri. I
poveri oggi chi sono? Sicuramente povero è la persona che vive malamente in
una casa nemmeno dignitosa, il povero è quello che non riesce a comprarsi i
vestiti, il povero è quello che ha difficoltà di mettere il pranzo con la cena, ma il
povero è anche quello che si veste appena dignitosamente, che ha una casa a
mala pena abitabile, che riesce forse a mangiare tutti i giorni a pranzo e a cena,
ma che non ha i soldi per fare il regalo a Natale a suo figlio.
C'è un fenomeno che è rappresentato in una frase brutta, in una espressione
brutta, la proletarizzazione del ceto medio, che c'è nel nostro paese. La famiglia
che perde terreno. Perché aumenta la necessità di costituire famiglie single? E'
anche una necessità sociale. Sono questioni che dobbiamo affrontare con
serietà, sono questioni sulle quali dobbiamo affrontare, che dobbiamo
affrontare anche capendo quai è l'assetto che il paese si deve dare. Di qui il
dibattito sul federalismo. Non è che viene a caso. E non è una questione che
deve vedere i presidenti delle regioni invocare poteri, ha ragione Teodoro, non
possiamo fare le mille repubbliche o le venti repubbliche regionali, è una follia.
Però questo non significa dire no al processo di devolution. La devoluzione di
poteri significa semplicemente, semplicemente!, magari fosse semplicemente,
significa trasferimento dallo Stato alla regione, decentramento di poteri, anzi,
qualcosa di più il decentramento del trasferimento. Significa che di queste cose
se ne occuperanno coloro i quali stanno in basso, che dovranno a loro volta
decentrare verso chi sta in basso, significa avvicinarsi al cittadino. Non Io dico
per chi già sa queste cose, lo dico per ribadire una necessità, la necessità di
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poter governare nel segno della partecipazione, nel segno del controllo, però è
chiaro che non è una ricetta che serve a risolvere un problema. Se la si pratica,
prendendo a modello un'Italia a macche di leopardo, Alleanza Nazionale ha
posto in quei quesiti delle regioni del nord il primato dell'unità nazionale. E' un
punto importante.
Oggi i giornalisti mi hanno chiesto: "Ma che farete nel Lazio?". Io ho detto:
"Voglio ascoltare che dirà domani Bossi". Perché pongo altre questioni, altre
questioni per me importanti, per la regione che guido importanti, la questione
della capitale, l'ordinamento federale in tutti i paesi del mondo in cui c'è il
federalismo c'è lo status della capitale. E dobbiamo vedere se questo è un
delitto nell'Italia federale che noi vogliamo proporre. Lo dico come esempio,
come simbolo di unità nazionale, come presidio dell'unità nazionale.
Ancora, che cosa ci aspetta? Chi è che deve tutelare quel cittadino, chi è che
deve rappresentare la società che include quel cittadino che non sa come
resistere di fronte ai potentati?
Di questi giorni la vicenda Telecom. Ma non è una cosetta da poco la questione
che abbiamo posto in conferenza dei presidenti delle regioni, non è da Stato
liberale quello che ha fatto Telecom. Le privatizzazioni sono importanti invece,
sono importanti perché servono a liberare lo Stato, servono a dare risorse
all'economia, libertà all'economia, la destra sociale non è destra socialista,
capiamo bene che cosa vuoi dire. Però è molto comodo per Colaninno fare il
privatizzatore, intascare sette mila miliardi dalla bolletta del telefono anche se
non faccio una sola telefonata nel traffico interno e poi mettere, nonostante i
profitti e i dividendi che ogni giorno sbandiera per reclamizzarsi in Borsa e per
reclamare nuovi investimenti sui suoi titoli, è molto comodo poi dire alla
collettività: Adesso pagami pure la Cassa Integrazione per migliaia di
lavoratori!. Questa non è privatizzazione, questo è dirigismo, questo è
statalismo, se permettete e uso un'espressione che troppo spesso ci viene
rinfacciata. E' chiaro, si spostano i centri di potere, i centri della decisione, non
decide la politica, decide l'economia.
Io non penso che sia questo il modello che deve perseguire Alleanza
Nazionale, non credo che sia il modello che voglia perseguire la coalizione di
centro destra. lì riferimento di Berlusconi all'economia sociale di mercato non
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può essere solo uno slogan, deve essere una politica fatta di contenuti. Ecco, io
ho molto apprezzato quel che ha detto Berlusconi, proprio sulla vicenda
Telecom, e non credo che centrino le questioni che riguardano il famoso
conflitto di interessi. Alla fine, quando mi capiterà di parlarne con il presidente
Berlusconi, beh!, questa storia dovrà pure finire, oramai l'Italia lo sa qual è
l'accusa della sinistra e decideranno i cittadini, perché davvero invoco il voto
democratico su questa questione.
Ma chi ha detto che il paese non sia maturo da capire se si ha sufficiente senso
dello stato per poter governare a prescindere dai propri interessi? Chi l'ha detto
che non sia possibile governare anche per chi ha avuto successo nella propria
professione? Perché dobbiamo privarci? Il conflitto di interessi non è forse
quello di chi manda avanti gli altri? Quanti conflitti di interesse potremmo
accusare, di quanti conflitti di interessi potremmo accusare e mi rifaccio a quello
che ha detto Teodoro, quel famoso senatore a vita che tanti soldi ha succhiato
allo Stato con la Cassa Integrazione e che risponde al nome di Gianni Agnelli?
Quante politiche ha prodotto?
Allora vedete, e non è un caso che proprio sulla questione Telecom ieri
abbiamo visto sulla stessa parte della barricata Colaninno e Cofferati ad
accusare i presidenti delle regioni di aver preso posizione. Erano di centro
destra, di sinistra, del nord e del sud quei presidenti delle regioni che hanno
detto basta a questo tipo di politica. E allora mi aspetto poi in Parlamento
domande forti al Governo su come intende rispondere alla questione
istituzionale che abbiamo posto a quel tavolo.
Partecipazione, democrazia come valori per la società, ecco, quello che vedo
nella fase di modernità della nostra destra. E questo è un percorso che va poi
praticato. Ha ragione Adriana quando dice: è difficile far l'amministrazione. lì
grande valore della trasparenza. Tra pochi giorni presenteremo a Roma un
bando su Cultura 2000, un bando che serve a finanziare progetti culturali.
Abbiamo organizzato una due giorni alla quale inviteremo, per capire come si
partecipa a questo bando, tutte, molte imprese del Lazio, associazioni culturali,
tutti gli assessori alla cultura del Lazio, ci sarà il Commissario Europeo, ci
saranno i funzionari della commissione che spiegheranno come si deve
partecipare. Non ci limiteremo a questo. lì valore della trasparenza, che ci ha
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insegnato un nostro grande Assessore alla Cultura che ci ha lasciato e che
ancora rimpiangiamo, come Marzio Tremaglia, il suo assessorato era alla
cultura, alla trasparenza, ebbene, quel grande valore, un primato. Noi non ci
limiteremo a questo atto che pure è democratico e che serve a spiegare a chi
opera qual è il suo diritto, qual è la sua opportunità. Lo reclamizzeremo anche ai
cittadini che non centrano niente con la cultura, con l'Europa, apparentemente,
con dei manifesti per tutte le strade del Lazio, perché devono sapere che c'è chi
sta riportando qui fondi che l'Italia ha chiesto ai cittadini con la tassa per andare
in Europa. E li portiamo con politiche concrete e trasparenti. Una volta quei
bandi erano riservati a pochi soggetti, noi vogliamo darli alla società, proprio
perché non c'è una politica solo per il potere.
E su questo noi dobbiamo caratterizzarci. Non è importante solo vincere le
elezioni. Io non ci sto a governare la regione Lazio come è stata governata da
altri per quarant'anni, io la voglio governare nel segno della discontinuità e
spero che il centro destra governi l'Italia perché questo sarà il destino dell'Italia
nel segno della discontinuità. Non che abbiamo già vinto la partita, ma è
possibilissimo vincerla. Certo è una partita difficile, non perché mi spaventino
gli Amato, i Rutelli, francamente ne abbiamo viste di partite, no!, dobbiamo
vincere quella che può essere la sfiducia del cittadino, dobbiamo ridargli
entusiasmo, dobbiamo ridargli motivazione. E questo è il grande compito di
Alleanza Nazionale. Lo faremo se ci saranno valori, se ci saranno politiche
capaci di garantire quei cittadini spaventati che l'Italia può essere ancora un
grande paese e che c'è spazio per tutti nella società che include e non più in
quella che esclude. Diciamoglielo, diciamolo con l'orgoglio di militare in una
grande formazione di destra. E se proprio non Io vogliono capire, permettetemi
di concludere così, usiamo il vocabolario, spieghiamo ai cittadini che il sinistro è
l'incidente, il destro è l'occasione.
On. Adriana Poli Bortone
Bene, credo che con queste parole non dobbiamo commentare più niente,
dobbiamo semplicemente dichiarare chiuso questo secondo incontro di
Casamassella con la soddisfazione di essere riusciti a parlare fra noi con tanta
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serenità, con tanta cognizione di causa e con la volontà comune di costruire e
certamente di non distruggere assolutamente niente per le migliori fortune di
Alleanza Nazionale.
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