Specificità e punti di forza per un progetto comune di Sergio Chiamparino Sindaco di Torino Le trasformazioni in corso nelle due città: infrastrutture, polo fieristico e servizi Il progetto Milano-Torino non è un’idea nuova. Di creare una sorta di alleanza strategica fra le due città già se ne parlava molti anni fa, ma nulla è stato concretizzato. Oggi la questione si ripropone, anche se su scenari mutati e con nuovi fattori. Guardiamo il panorama internazionale innanzitutto. Il progressivo processo di globalizzazione mette in competizione sistemi territoriali diversi da un tempo. Ora non sono più solo gli Stati a competere, ma sono piuttosto macroaree o macroregioni in grado di porsi come soggetti di peso nella scena economica internazionale. Dunque, ragionando in termini globali o glocali, come si dice adesso, si capisce come l’ipotesi di questo progetto riprenda attualità e significato. Innanzitutto questo progetto non può escludere Genova. Bisogna infatti ragionare sull’area del NordOvest che, con 15 milioni di abitanti, il 30 % del Pil nazionale e il 40 % dell’export, raggiunge la “massa critica” adeguata per competere a livello internazionale in termini di risorse, capacità produttive e infrastrutture ed è in grado di porsi come attrattore di investimenti e fattore di sviluppo per il Paese. Inoltre, geograficamente, si realizza così un sistema territoriale complesso che si colloca come cerniera tra l’Europa e il Mediterraneo. Torniamo alle due città: attualmente sia Milano sia Torino sono impegnate in una fase di trasformazione – questo forse vale di più per Torino, ma interessa anche Milano – molto importante. E le fasi di trasformazione non sono solo di incertezza e difficoltà, ma sono anche quelle in cui si liberano risorse e dunque più foriere di cambiamento e di futuro. Questo, secondo me, è il contesto dell’ipotesi Mi-To. Quello di cui si sta parlando quindi non è un’alleanza fra debolezze, perché tale tipo di alleanze sono destinate a finire. Stiamo parlando di un’alleanza di due città che rivestono – secondo diverse modalità e mantenendo nel confronto specifiche caratterizzazioni di vocazione – un ruolo di primaria importanza nello scenario economico italiano. Credo dunque che ora ci siano le condizioni per cui, se si mettono da parte facili entusiasmi, il progetto Mi-To può accompagnare e aiutare questa fase di trasformazione. In questo scenario, la realizzazione della linea ad Alta Velocità può costituire una solida base su cui realizzare idee di crescita e di sviluppo da portare avanti insieme. Credo anche che questo progetto, per funzionare, debba avere le caratteristiche di quella che definisco un’“alleanza competitiva”. Questa alleanza si sviluppa su due piani. Uno più ovvio, che prevede che l’alleanza debba essere competitiva all’esterno. La Regione europea quindi deve essere più forte nello scenario globale. Le ragioni di un incontro saranno quindi subordinate alla crescita di progetti che, per superare una certa soglia e quindi potersi proporre in maniera competitiva all’esterno, dovranno essere coordinati dai e fra i soggetti di un sistema territoriale più complesso di una singola città o Regione. Ma – e questo è l’altro piano – questa alleanza non deve divenire ‘una camicia di forza’ per le città – storicamente e naturalmente in competizione fra loro – che devono anzi essere messe in condizione di giocare fino in fondo le proprie carte. Se non possono fare questo, l’alleanza generale alla fine non produce i risultati di competitività verso l’esterno, che è quello che interessa di più, e dunque è destinata a fallire. Coordinamento e libera concorrenza Quindi è bene individuare fin da subito le aree in cui risulta indispensabile attuare una forma di coordinamento e quelle che si possono lasciare alla libera concorrenza. Ad esempio, per quanto riguarda questioni di logistica e di infrastrutture, lavorare da soli costerebbe troppo e si farebbe concorrenza inutile. Da questo punto di vista, inoltre, credo sarebbe sbagliato non coinvolgere Genova perché, nel momento in cui si parla di infrastruttura e di logistica, è del tutto evidente che Genova è un punto di riferimento importante, come lo è la ferrovia ad Alta Velocità. Ci sono poi degli altri temi, su cui già da ora si può fare meglio insieme che ognuno per conto proprio. Pensiamo ai rispettivi aeroporti: Caselle ovviamente non è, e non può essere, un hub internazionale come lo è Malpensa, però è un aeroporto che – grazie anche ai lavori che si stanno facendo per le Olimpiadi – sarà in grado di offrire un’ottima rete di servizi a scala interregionale, se collegato con un sistema di trasporto veloce con la città di Torino, con la città di Milano e con l’aeroporto di Malpensa. Questo è un progetto sul quale vi sono già, almeno per quel che ci riguarda, tutte le condizioni per lavorare insieme, ad esempio creando un gruppo di lavoro che definisca i progetti, le cose che bisogna ancora fare, i cambiamenti ai progetti in corso ecc. Diverso è il discorso per il polo fieristico, non perché non si veda una prospettiva, ma perché, da parte nostra, c’è l’esigenza di creare delle condizioni che allo stato attuale non abbiamo. Non possiamo dimenticare, infatti, che abbiamo un gestore privato, che il patrimonio appartiene alla società del gestore privato e che quindi ci sono se non altro da definire alcune condizioni di governance locale sul problema. Sono condizioni minime, ma indispensabili per poter essere protagonisti e non comprimari di un progetto comune. Infine ci sono delle cose che ritengo si possano lasciar fare alla concorrenza, salvo però sforzarci di presentare un’offerta comune all’esterno e quindi cercando quelle forme di collaborazione che servono a questo scopo. Penso a tutto l’ampio spazio dei servizi alla persona e alla formazione. È difficile, ad esempio, pensare che di due Politecnici se ne possa fare uno. È invece possibile e auspicabile pensare che ognuno veda in questo una delle più straordinarie risorse competitive che tutti noi abbiamo – sia Torino che Milano – e sforzarci eventualmente di non duplicare progetti che servono a migliorare l’offerta che entrambi fanno all’esterno. Come è importante però non perdere di vista le specifiche vocazioni e punti di forza anche nella definizione di scenari comuni. Pensiamo al settore dell’auto. Giusto, credo, sviluppare politiche comuni per quanto riguarda ad esempio la regolamentazione delle auto inquinanti, definendo una serie di disincentivi validi per tutta l’area o incentivi per le auto ecologiche. Per quanto riguarda la ricerca e l’applicazione di nuove tecnologie in questo campo, si tratta di giocare tutte le carte che abbiamo a disposizione. Torino ha la storia dell’auto, il know-how, gli uomini e per quanto riguarda le ‘nuove frontiere’, come i motori alimentati a idrogeno, è Torino che già fa la ricerca e anche le prime produzioni, potendo in questo caso sviluppare progetti autonomi. Nulla vieta che si possa coordinare e portare avanti progetti comuni, partendo però da quello che le due città autonomamente stanno facendo e che possono ulteriormente sviluppare. Infine, bisogna riflettere su come questo processo debba essere governato. A mio avviso il modo migliore è quello di definire un governo leggero che si può realizzare con incontri periodici in cui le rappresentanze istituzionali si trovano per fare il punto sulla situazione, per valutare cosa sta capitando e per vedere cosa mettere a fuoco, per garantire, in sintesi, un maggior coordinamento fra le nostre realtà territoriali. Queste azioni, se strutturate con intelligenza e concretezza, possono accompagnare e aiutare l’attuale fase di trasformazione e imprimere una spinta positiva in grado di porre l’area come interlocutore di rilievo nella sfida competitiva internazionale e contribuire in questo modo anche alla crescita di tutto il Paese.