PRIMO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA L’energia di un sistema termodinamico non si crea né si distrugge, ma si trasforma, passando da una forma ad un'altra. Un sistema può variare il proprio contenuto di energia solo attraverso scambi di calore e di lavoro con l'ambiente. DE= Q - L ∆E = variazione di energia interna Q = quantità di calore scambiata con l’esterno L = lavoro Q E L Il lavoro, nei sistemi come quelli biologici che operano a pressione costante, può essere calcolato come il prodotto della pressione per la variazione di volume L = P(V2-V1) Quindi la variazione tra energia finale ed iniziale del sistema è: DE= E2 - E1 = Qp- P(V2-V1) dove Q P= calore scambiato a pressione costante Quindi Q p= E2 - E1 + P · V2 - P · V1 cioè Qp = (E2 + P · V2) - (E1 + P · V1) E + P · V viene chiamata entalpia o contenuto termico totale del sistema (H) Quindi Q p = H2-H1 = DH La variazione di entalpia tra stato finale ed iniziale corrisponde al calore generato o assorbito dal sistema. In altre parole durante una trasformazione fatta avvenire a pressione costante la variazione di entalpia del sistema corrisponde al calore scambiato. Processi esotermici: il sistema cede calore all’ambiente Processi endotermici: il sistema guadagna calore SECONDO PRINCIPIO DELLA TERMODINAMICA L'entropia di un sistema isolato lontano dall'equilibrio termico tende ad aumentare nel tempo, fino al raggiungimento dell’equilibrio. In altre parole, qualsiasi sistema evolve spontaneamente verso lo stato di massimo disordine. Entropia (S) misura del disordine presente in un sistema, incluso, come caso limite, l'universo. La variazione di entropia in una trasformazione reversibile è DS = Q rev/T Dove Qrev è il calore scambiato nella reazione e T è la temperatura assoluta In una reazione di tipo chimico la variazione di entropia è: DS = S prodotti- S reagenti Nelle reazioni che avvengono con un aumento del disordine, l'entropia dei prodotti è maggiore dell'entropia dei reagenti, per cui: ∆S > 0. Nelle reazioni che avvengono con diminuzione del disordine, l'entropia dei prodotti è minore dell'entropia dei reagenti, per cui: ∆S < 0. Tenendo conto della definizione di entropia, il secondo principio della termodinamica può essere enunciato nel seguente modo: nei processi spontanei di un sistema isolato l'entropia S deve aumentare, cioè ∆S deve essere maggiore di zero . Esempi di stati a bassa entropia e ad alta entropia Le variazioni di energia e di entropia saranno importanti per determinare la direzione dei processi termodinamicamente favoriti. Però la formulazione del secondo principio non è utile in biologia perché non esistono sistemi isolati. I sistemi viventi possono scambiare energia e materia con l’ambiente esterno. Una funzione che racchiuda sia energia che entropia è l’energia libera di Gibbs (G) che tiene conto sia del termine entalpico (variazione di energia libera a P costante) sia di quello entropico (che misura l’importanza del grado di disordine) ENERGIA LIBERA Il cambiamento di energia libera per una trasformazione che avviene a T e P costanti corrisponde a: DG = DH – T · DS L’energia libera è un indicatore della spontaneità delle reazioni I processi che avvengono a T e P costanti (come quelli biochimici) sono spontanei quando la variazione di energia libera è minore o uguale a 0 (DG<0) I processi spontanei sono definiti processi esoergonici I processi non spontanei sono definiti processi endoergonici e sono possibili solo se accoppiati a reazioni esoergoniche, che forniscono energia. Se i termini DH e DS si equivalgono il DG è uguale a 0 e la trasformazione non è favorita né in un senso né nell’altro = il sistema è all’equilibrio. Per ogni trasformazione chimica e fisica è la competizione tra il termine entalpico e quello entropico che determina la direzione favorita. I processi termodinamicamente favoriti non sono necessariamente rapidi Un catalizzatore (enzimi) può aumentare la velocità di alcune reazioni ma la direzione favorita è sempre dettata dal DG e non dipende dal fatto che sia catalizzata o no L’entropia in un sistema aperto può diminuire: un organismo che ingerisce cibo sottoforma di piccole molecole disorganizzate e da esso costruisce macromolecole complesse e molto organizzate come le proteine e gli acidi nucleici. Si spende però molta energia. Quindi un organismo per superare l’entropia consuma energia , quindi se queste trasformazioni devono avvenire l’energia deve essere negativa LA VITA E’ UN PROCESSO IRREVERSIBILE ENERGIA LIBERA e IL LAVORO UTILE DG misura la massima quantità di lavoro utile che può essere ottenuto in un processo chimico (es lavoro implicato nella contrazione muscolare e motilità cellulare, nel trasporto di ioni e molecole…..) …….e indica che una parte di DH è sempre dissipato sottoforma di calore (T · DS dove DS =Q rev/T) e quindi non disponibile per altre cose. In una reazione redox: DG=-nFE Cioè il lavoro effettuato per spostare nmoli di elettroni contro un potenziale negativo (-Evolt) , F è il numero di coulomb per mole di elettroni cioè 96485 C/mole. Se la reazione viene condotta in condizioni standard (1M ): DG°=-nFE° ENERGIA LIBERA e la CONCENTRAZIONE DG: • Il valore assoluto indica quanto il processo sia lontano dall’equilibrio e di quanto lavoro utile sia ottenibile da esso. •Il segno della variazione dell’energia libera indica la direzione del processo termodinamicamente favorita …..in che modo l’energia libera di un sistema dipende dalle quantità dei vari componenti della soluzione? IL POTENZIALE CHIMICO G=aGA + bGB + cGC +…. Dove GA ecc rappresentano le energie libere molari parziali o potenziali chimici cioè rappresentano il contributo per mole dato da ciascun componente all’energia libera totale del sistema. Per soluzioni diluite ( aGA ) il potenziale chimico dipende soltanto dalla concentrazione della sostanza in questione e la relazione è logaritmica: A concentrazioni molto basse : GA=G°A+RTln[A] dove [A] è la concentrazione molare del componente A GB=G°B+RTln[B] …….. Per concentrazioni 1M GA=G°A cioè G°A ecc sono i valori di riferimento o valori in condizioni standard T= Temperatura assoluta e R (8.314 J/(mol.K)è la costante dei gas. L’equazione sopra riportata è molto importante perché ci permette di prevedere la direzione favorita di una trasformazione reale in condizioni definite Variazione di ENERGIA LIBERA L’ATP e i relativi composti mono e difosfati sono il passepartout che la cellula può utilizzare per compiere i processi vitali. In una reazione generica: aA+bB cC+dD La reazione procede con rapporti stechiometrici ben definiti che sono in accordo con la legge di conservazione della massa ed esemplificati dai coefficienti stechiometrici (a,b,c,d) Q = Quoziente della reazione =[ C ]c [ D ]d/ [ A ]a [ B ]b L’equilibrio si raggiunge quando la velocità con cui reagiscono A e B è uguale alla velocità con cui reagiscono C e D e la reazione si arresta. Allora: Q=K costante di equilibrio In questo caso non vi è più energia ad essa associata per compiere un lavoro. Reazioni prossime all’equilibrio: valori di Q pressochè uguali a quelli di K Reazioni irreversibili: valori di Q decisamente diversi da quelli di K Tutti i processi che avvengono negli organismi sono legati alla variazione di energia che può essere acquistata o ceduta da una determinata specie. Lavoisier già nel 1788 arrivò alla conclusione che il cibo viene lentamente bruciato nel nostro corpo per produrre energia e uno degli effetti fenomenologici di tale evento è la produzione di calore dal corpo stesso. E’ possibile stabilire quanto più una reazione è lontana dall’equilibrio? e di conseguenza quant’è l’energia associata alla reazione? Sì calcolando la variazione di energia libera di Gibbs (∆G): La variazione di energia libera deve essere uguale all’energia libera dei prodotti meno quella dei reagenti. Il ∆G dipende dalla concentrazione dei reagenti e dei prodotti: ∆G = cGC + dGD-aGA - bGB La forza che promuove la reazione corrisponde all’energia libera totale dei prodotti meno quella dei reagenti. Si sostituisce a ognuno la sua eq. (GA=G°A+RTln[A] ) e otteniamo: ∆ G=∆G°+RTln ([C]c [D ]d/ [A ]a [B ]b) Se la reazione è giunta all’equilibrio [C]c [D ]d/ [A ]a [B ]b=Keq e quindi ∆ G=0 -∆G°=RTlnK (° significa che la reazione avviene in condizioni particolari cioè standard in conc 1M) Il ∆G° ha un valore predittivo soltanto nelle condizioni standard cioè a predire il verso della reazione ∆G° = ∆G Ma non serve in condizioni fisiologiche perché non è modificato dai cambiamenti della concentrazione del prodotto e del substrato L’accoppiamento di reazioni o processi endoergonici a reazioni o processi esoergonici altamente favoriti viene utilizzato per spingere queste reazioni. Composti come fosfoanidridi, enol fosfati, alcuni tioesteri e i composti contenenti legami N-P sono considerati come trasportatori di energia libera della cellula. L’ATP e i relativi composti mono e difosfati sono il passepartout che la cellula può utilizzare per compiere i processi vitali. L’ATP La molecola di ATP, adenosina trifosfato, è costituita dall’adenosina (adenina + ribosio) cui sono legati 3 gruppi fosfato . ADP (adenosina difosfato) e AMP (adenosina monofosfato) contengono rispettivamente 2 e 1 gruppo fosfato Le reazioni di idrolisi dell’ATP sono molto rilevanti per il metabolismo cellulare. Queste reazioni fortemente esoergoniche sono accoppiate a numerosi processi biochimici endoergonici e li rendono possibili. Reazioni di idrolisi di una serie di composti del fosfato. GLI ENZIMI Gli enzimi sono proteine che catalizzano le reazioni chimiche che avvengono negli organismi viventi Sebbene gli enzimi agiscano con modalità differenti da reazione a reazione, la catalisi procede sempre attraverso la formazione di un complesso enzimasubstrato. La reazione più semplice può essere schematizzata come segue: E + S <=>ES <=>EP <=> E + P L'enzima si lega al substrato S formando il complesso enzima-substrato (ES). ES si converte nel complesso enzimaprodotto (EP) che si scinde in prodotto ed enzima libero, disponibile per una nuova reazione. GLI ENZIMI Gli enzimi accelerano le reazioni abbassando l’energia di attivazione. La velocità di una reazione enzimatica può essere fino a 1014 volte superiore alla velocità della stessa reazione non catalizzata. GLI ENZIMI La specificità della catalisi enzimatica è esemplificata dal modello chiave-serratura (Fischer 1894). Enzima e substrato possiedono una forma esattamente complementare che permette un incastro perfetto. Per spiegare la stabilizzazione dello stato di transizione del complesso enzima-substrato è stato proposto il modello dell’adattamento indotto (Koshland, 1958). La relativa flessibilità della struttura della proteina permette il rimodellamento del sito catalitico (o sito attivo dell’enzima) in base alla presenza o meno del substrato e permette all’enzima di completare correttamente la sua attività catalitica. GLI ENZIMI In base al tipo di reazione catalizzata gli enzimi sono classificati in sei differenti classi Classe Tipo di reazione Ossidoreduttasi Reazioni di ossidoriduzione. La classe include le ossidasi (ossidazione diretta con ossigeno), le deidrogenasi (rimozione di idrogeno), ecc. Transferasi Trasferimento di un gruppo funzionale da un donatore ad un accettore Idrolasi Reazioni di idrolisi, cioè rottura di legami con l’ausilio di molecole di acqua (proteasi, esterasi, ecc.) Liasi Addizioni di gruppi al doppio legame o eliminazioni con formazione di doppi legami Isomerasi Isomerizzazioni all'interno di una molecola (trasferimenti di gruppi all’interno della molecola) Ligasi Formazione di un legame covalente tra due molecole (C-C, C-S, C-O, C-N) GLI ENZIMI La velocità con cui gli enzimi operano dipende da molti fattori quali: •Concentrazione dell’enzima •Concentrazione del substrato •Temperatura •pH •Presenza di inibitori •Presenza di cofattori Concentrazione dell’enzima In condizioni normali la velocità iniziale della reazione (V0) è direttamente proporzionale alla concentrazione dell’enzima presente Concentrazione del substrato La velocità della reazione aumenta in maniera lineare all’aumentare della concentrazione del substrato fino alla saturazione di tutti i siti attivi. Il limite a cui tende V0 per concentrazioni saturanti di substrato rappresenta la massima velocità della reazione (Vmax). Ulteriori aumenti di concentrazione del substrato non influenzano più la velocità. GLI ENZIMI L’equazione di Michaelis-Menten descrive matematicamente la relazione tra velocità enzimatica e concentrazione di substrato V =(Vmax · [S]) / (Km + [S]) Km (costante di Michaelis e Menten) rappresenta la concentrazione di substrato necessaria per raggiungere metà della Vmax. A basse concentrazioni di substrato, considerando [S] è trascurabile, si ha V =(Vmax · [S]) / Km cioè la velocità è direttamente proporzionale alla concentrazione del substrato. Ad alte concentrazioni di substrato, Km diventa trascurabile e si ha V =Vmax cioè la velocità è la massima, indipendentemente dalla concentrazione del substrato. I valori di Km (indipendenti dalla concentrazione dell’enzima e del substrato) variano moltissimo da enzima ad enzima ed esprimono l’affinità che l’enzima ha per il substrato. Dal grafico è evidente che se Km è bassa, è necessaria una bassa [S] per saturare metà delle molecole di enzima (segno di alta affinità dell’enzima per il substrato), mentre se Km è alta, occorre una maggiore [S] per saturare metà delle molecole di enzima (l’enzima presenta bassa affinità per il substrato.) GLI ENZIMI Per un calcolo più accurato della Vmax e della Km è opportuno trasformare matematicamente l’equazione di Michealis-Menten facendo il reciproco di entrambi i lati dell’equazione V =(Vmax · [S]) / (Km + [S]) 1/V = Km / Vmax · 1/[S] + 1/Vmax Questa relazione lineare, o grafico dei dopi reciproci, è nota come equazione di Lineweaver-Burk GLI ENZIMI La velocità di una reazione enzimatica è influenzata dalla temperatura Inizialmente la velocità cresce al temperatura, raggiunge un corrispondenza di una certa definita ottimale e si riduce aumenti di temperatura per denaturazione dell’enzima. La variazione del pH influenza la velocità delle reazioni enzimatiche, dal momento che i cambiamenti di pH modificano il numero di cariche presenti sia sul substrato che sull’enzima. Anche in questo caso, la curva presenta un andamento a campana e l’attività enzimatica manifesta un massimo in corrispondenza di un valore definito pH ottimale in cui l’interazione del substrato con il sito attivo è favorita. crescere della massimo in temperatura per ulteriori effetto della GLI ENZIMI Presenza di inibitori La velocità di una reazione catalizzata è influenzata dalla presenza di inibitori, molecole specifiche o ioni che possono competere con le molecole di substrato nel legarsi con l’enzima ed inibirne l’attività. L’inibizione può essere reversibile quando l’enzima può recuperare la sua attività biologica, in questo caso il tipo di inibitore può essere: •competitivo •non competitivo L’inibizione é irreversibile quando l’enzima perde la sua attività biologica. In questo caso la molecola di inibitore si lega con un legame covalente ad un residuo di un amminoacido presente nel sito attivo, modificando in modo irreversibile la forma del sito attivo e la conformazione della molecola enzimatica. Nell‘inibizione competitiva: GLI ENZIMI Presenza di inibitori Inibizione competitiva: gli inibitori sono, da un punto di vista chimico, molto simili alle molecole di substrato e si legano agli stessi siti attivi. Può essere completamente rimossa aumentando notevolmente la concentrazione di substrato. Quindi, poiché per ottenere la stessa velocità di reazione che in assenza di inibitore è necessario aumentare la concentrazione di substrato, Vmax rimane invariata (infatti a concentrazione elevata di substrato tutta l’inibizione viene rimossa) mentre Km aumenta Inibizione non competitiva: gli inibitori si legano a siti dell’enzima diversi da quelli che legano il substrato e, pertanto, possono legarsi sia all’enzima che al complesso ES. Il legame dell’inibitore deforma la conformazione spaziale dell’enzima e del sito attivo, riducendo di conseguenza la capacità catalitica. Quindi, a qualsiasi concentrazione di substrato Vmax diminuisce mentre Km rimane costante, ENZIMI REGOLATORI Nel metabolismo cellulare, gruppi di enzimi catalizzano reazioni sequenziali di un processo metabolico, dove il prodotto di una reazione diventa il substrato della reazione successiva. La maggior parte degli enzimi di una data via metabolica segue la cinetica di Michaelis-Menten. Ciascuna via, però, include uno o più enzimi regolatori che influenzano marcatamente la velocità dell’intera sequenza di reazioni. L’attività catalitica degli enzimi regolatori, e quindi la velocità dell’intera sequenza metabolica, aumenta o diminuisce in risposta a determinati segnali, permettendo alla cellula di adeguarsi alle richieste di energia e di biomolecole necessarie. La modulazione degli enzimi regolatori può avvenire in diversi modi: •Legame reversibile di metaboliti e cofattori (modulatori allosterici) •Modificazione covalente reversibile (trasferimento di un gruppo funzionale su un residuo amminoacidico, ad es. fosforilazione) •Legame con specifiche proteine regolatrici •Scissione proteolitica (irreversibile) di segmenti proteici •Sintesi di precursori inattivi (proenzimi): gli enzimi possono essere sintetizzati in forma inattiva (proenzimi) e quindi attivati nel momento e nel sito cellulare appropriato. ENZIMI REGOLATORI Enzimi allosterici La regolazione è mediata da uno o più modulatori allosterici o effettori (metaboliti o piccoli cofattori) che si legano in siti diversi dal sito attivo attivando o inibendo la reazione enzimatica • Sono in genere più grandi e più complessi degli enzimi non regolatori. La maggior parte possiede due o più subunità • Oltre ai siti attivi o catalitici, possiedono uno o più siti regolatori, o allosterici, specifici per il legame con il modulatore • Il legame con il modulatore produce una modificazione conformazionale che converte l’enzima in una forma differentemente attiva Spesso il modulatore allosterico è lo stesso substrato. In questo caso gli enzimi regolatori sono detti omotropici. Quando il modulatore è una molecola diversa dal substrato l’enzima è detto eterotropico. Gli enzimi allosterici non seguono il comportamento descritto dalla cinetica di Michaelis-Menten Gli enzimi allosterici mostrano curve di saturazione con il substrato quando la [S] è sufficientemente elevata, però per alcuni di essi la curva di Vo in funzione di [S] ha una forma sigmoide, invece che la forma iperbolica tipica degli enzimi non regolatori. ENZIMI REGOLATORI Inibizione a feedback Il prodotto finale, a valle di una sequenza multienzimatica, va ad inibire l’enzima che catalizza la prima reazione della sequenza. In alcuni sistemi multi enzimatici, gli enzimi regolatori sono specificamente inibiti dai prodotti terminali della via metabolica, se la concentrazione di questi ultimi è più elevata rispetto al fabbisogno cellulare. Quando la velocità dell’enzima regolatore diminuisce, gli enzimi successivi funzioneranno a velocità ridotte, perchè la concentrazione dei loro substrati è drasticamente diminuita. Quindi la velocità di formazione del prodotto finale della via metabolica sarà conforme alle necessità cellulari. Questo tipo di regolazione è detto inibizione retroattiva (a feedback). L’aumento della concentrazione del prodotto terminale rallenta la velocità dell’intero processo. UNITA’ ENZIMATICHE Unità internazionale Quantità di enzima che catalizza la formazione di una micromole di prodotto in un minuto Kcat o numero di turnover Numero di molecole di substrato convertite in prodotto nell'unità di tempo da una molecola di enzima quando è saturata con il substrato GLI ENZIMI Cofattori o attivatori Molti enzimi richiedono la presenza di gruppi non proteici per svolgere la loro azione catalitica. Questi gruppi sono detti cofattori e rientrano in 3 gruppi principali: • Coenzimi: molecole organiche che possono essere separate dall’enzima. • Gruppi prostetici: sono legati all’enzima da cui non si distaccano né durante il corso della reazione, né ad enzima inattivo. • Ioni organici (K+, Na+, Mg2+, Zn2+, Ca2+, Fe3+, ecc). COENZIMI Trasportatori di equivalenti riducenti Coenzimi nicotinammidici: NAD/NADP Coenzimi flavinici: FAD/FMN Trasportatori di acili Acido lipoico (elettroni) Coenzima A 4’-fosfopanteteina Trasportatori di unità monocarboniose S-Adenosilmetionina Tetraidrofolato Biotina Trasportatori di gruppi funzionali Piridossal fosfato Tiamina pirofosfato Acido lipoico Coenzima A 4’-fosfopanteteina Biotina Tetraidrofolato S-adenosilmetionina I COENZIMI NICOTINAMMIDICI NAD (nicotinammide adenina dinucleotide) e NADP, dinucleotidi contenenti AMP, sono i coenzimi delle deidrogenasi (enzimi che catalizzano reazioni di ossidoriduzione) Il NADP differisce dal NAD per la presenza di un gruppo fosfato sul carbonio 2 del riboso che porta l’adenina L’enzima deidrogenasi trasferisce un anione idrogeno e elettroni (H:-) da un substrato al NAD+ or NADP+ NAD(P)+ + 2e- + 2H+ → NAD(P)H + H+ I COENZIMI FLAVINICI FAD (flavin adenina dinucleotide) e FMN (flavin mono-nucleotide ) sono derivati dalla riboflavina (Vit B2) e sono coinvolti nelle reazioni di ossidoriduzione catalizzate dalle deidrogenasi COENZIMI TRASPORTATORI DI ACILI Il coenzima A è costituito dalla cisteina, dall’acido pantotenico e dall’adenosina. Quando il coenzima A trasporta un gruppo acetilico viene definita acetil-CoA. Interviene in fondamentali in vie metaboliche quali l'ossidazione degli acidi grassi e il ciclo di Krebs. S-adenosilmetionina trasporta unità monocarboniose nel loro stato più ridotto (gruppi metilici). Cofattore delle metiltransferasi, che trasferiscono un metile da SAM a vari substrati biologici come acidi nucleici, proteine e lipidi. metionina COENZIMI TRASPORTATORI DI UNITÀ MONOCARBONIOSE adenosina La biotina è un trasportatore di unità monocarboniose nel loro stato più ossidato (CO2). E’ il cofattore delle carbossilasi COENZIMI TRASPORTATORI DI GRUPPI FUNZIONALI Il Piridossal fosfato (PLP), forma coenzimatica della Vit.B6 (piridossina), agisce da trasportatore di gruppi –NH2 a livello del sito attivo delle amminotransferasi. Oscilla tra una forma aldeidica (accettore di –NH2) e una forma amminata (donatore di -NH2) La tiamina pirofosfato è un trasportatore di frammenti bicarboniosi contenenti un gruppo chetonico LA GLICOLISI Via metabolica caratterizzata da 10 passaggi che convertono una molecola di glucosio in due molecole di piruvato con la contemporanea produzione di due molecole di ATP e due di NADH La glicolisi avviene nel citosol Le 10 reazioni possono essere distinte in due diverse fasi: Fase di investimento energetico GLUCOSIO -FASE DI INVESTIMENTO ENERGETICO: gli zuccheri fosfati vengono sintetizzati a spese dell’ATP ed il substrato a sei atomi di carbonio viene scisso in 2 zuccheri a tre atomi di carbonio -FASE DI PRODUZIONE ENERGETICA: i triosi fosfati sono convertiti in composti ad alta energia che trasferiscono il fosfato all’ADP sintetizzando ATP 2 ADP Fase di produzione energetica 4 ADP 2 NAD+ 2 ATP 4 ATP 4 NADH 2 piruvato Bilancio netto Glucosio 2 Piruvato 2 ADP 2 ATP 2 NAD+ 2 NADH FASE DI INVESTIMENTO ENERGETICO 1) fosforilazione ATP-dipendente del glucosio catalizzata dall’esochinasi 2) isomerizzazione del glucosio-6-P in fruttosio-6-P da parte dell’enzima fosfoglucomutasi (noto anche come fosfoesosoisomerasi) 3) fosforilazione ATP-dipendente del fruttosio-6-P in fruttosio-1,6-bisP da parte dell’enzima fosfofruttochinasi, reazione praticamente irreversibile in vivo. 4) scissione del fruttosio-1,6-bisP in 2 intermedi a 3 atomi di carbonio catalizzata dall’enzima aldolasi, la gliceraldeide-3-fosfato (GAP) ed il diidrossiacetonfosfato (DHAP) 5) isomerizzazione del DHAP in GAP da parte della trioso fosfato isomerasi FASE DI RESA ENERGETICA 1) ossidazione NAD-dipendente e fosforilazione della gliceraldeide-3-P in 1,3-bisP glicerato catalizzata dalla gliceraldeide-3-P deidrogenasi, reazione in cui si ha la formazione di NADH e la contemporanea ossidazione del carbonio carbonilico a gruppo carbossilico 2) fosforilazione a livello di substrato con sintesi di ATP e formazione dell’1-3-bisP glicerato in 3fosfoglicerato operata dalla fosfoglicerato chinasi 3) isomerizzazione del 3-fosfoglicerato in 2fosfoglicerato da parte della fosfoglicerato mutasi 4) disidratazione del 2-fosfoglicerato in fosfoenolpiruvato catalizzata dall’enzima enolasi 5) fosforilazione al livello del substrato con sintesi di ATP e formazione del piruvato da parte della piruvato chinasi 2) ISOMERIZZAZIONE DEL GLUCOSIO-6-P IN FRUTTOSIO-6-P DA PARTE DELL’ENZIMA FOSFOGLUCOMUTASI (DG°’ = +1,7 kJ/mol) PIRUVATO DEIDROGENASI il piruvato che è deriva dallanoto ossidazione carboidrati e’ una delle fonti di la acetilL’enzima anche come dei FOSFOESOSOISOMERASI CoA, molecola che entra nel ciclo di Krebs per essere completamente ossidata. reazione (isomeraizzazione di un aldoso in un chetoso è La conversione del piruvato in acetil-CoA e’ una decarbossilazione ossidativa reversibile alle normali cellulari dei due operata da un complesso noto comeconcentrazioni piruvato deidrogenasi fosfati La esosi reazione e’ molto complessa e prevede non solo la decarbossilazione del piruvato e l’attivazione metabolica dei due atomi di carbonio restanti, ma anche la produzione di equivalenti riducenti sotto froma di NADH. la reazione e’ fortemente esoergonica e praticamente irreversibile. il complesso della piruvato deidrogenasi e’ costituito da tre enzimi: • piruvato decarbossilasi • diidrolipoammide transacetilasi • lipoammide deidrogenasi Per la sua attivita’ catalitica questo complesso enzimatico necessita di 5 coenzimi: tiamina pirofosfato, acido lipoico, FAD, CoA e NAD. Il ciclo di Krebs Chiamato anche ciclo degli acidi tricarbossilici o ciclo dell’acido citrico E’ costituito da una serie di 8 reazioni Si compie nella matrice mitocondriale E’ una via metabolica anfibolica (partecipa sia a processi catabolici che anabolici). Il ciclo è deputato alla demolizione di acetilCoA in CO2. Anello di congiunzione delle vie metaboliche responsabili della degradazione di carboidrati, lipidi e proteine in CO2 e H2O con formazione di energia chimica. Quattro delle reazioni che lo compongono sono catalizzate da ossido-reduttasi e producono: 3 NADH + H+ e 1 FADH2 Il ciclo di Krebs fornisce inoltre anche molti precursori per la produzione di alcuni amminoacidi quali α-chetoglutarato e ossalacetato Via dei pentoso fosfati Pathway metabolico alternativo alla glicolisi e al ciclo di Krebs, che porta all'ossidazione del glucosio, alla produzione di NADPH e di intermedi metabolici di grande importanza per la cellula (ribosio e gliceraldeide 3P). La via si compone di due fasi distinte, la fase ossidativa e la fase non ossidativa. Fase ossidativa Realizza l’ossidazione completa a CO2 di uno degli atomi di carbonio del glucosio 6fosfato (decarbossilazione) con formazione di due molecole di NADPH + H+ e una molecola di pentoso (ribulosio 5 fosfato ). Via dei pentoso fosfati - Fase ossidativa Il glucosio-6-P è ossidato a glucosio-6-P, in una reazione (reversibile) catalizzata dalla glucosio-6-P deidrogenasi. L’enzima è regolato dal rapporto NADPH/NADP+ ed è inattivato dalla luce. Il 6-fosfogluconolattone è idrolizzato a gluconato-6-P dall’enzima gluconato-6-P lattonasi in una reazione irreversibile che richiede Mg2+. Il gluconato-6-P è poi decarbossilato a ribulosio-5-P dalla Gluconato-6-P deidrogenasi, una reazione reazione ossidativa irreverssibile, NADP dipendente. A questo punto le funzioni della via sono state espletate nella fase ossidativa con la produzione di ribulosio-5fosfato e NADPH Via dei pentoso fosfati - Fase non ossidativa Riarrangia il ribulosio 5 fosfato in modo che da tre pentosi si ottengano due esosi (fruttosio 6 fosfato) ed un trioso (gliceraldeide 3 fosfato). Una molecola di ribulosio 5-fosfato è isomerizzato a ribosio 5-fosfato (utilizzabile per la sintesi di nucleosidi e nucleotidi) e altre due sono epimerizzate a xilulosio 5-fosfato. L’enzima transchetolasi trasferisce un frammento a due atomi di C dallo xilulosio-5-P al ribosio-5-P con produzione della gliceraldeide-3-P e del sedoeptulosio-7-P. L’enzima come per la piruvato deidrogenasi necessita di TPP Via dei pentoso fosfati - Fase non ossidativa I due prodotti a 7 e 3 atomi di C reagiscono per azione della transaldolasi, che trasferisce un gruppo a tre atomi di C con il chetone del sedoeptulosio alla gliceraldeide per dare eritrosio-4-P e fruttosio-6-P. Nella reazione finale della via la transchetolasi, agisce di nuovo sullo xilulosio-5-P trasferendo un frammento bicarbonioso all’eritrosio-4-P generando una molecola di gliceraldeide-3-P ed una di fruttosio-6-P. In pratica in questa fase del ciclo da tre pentosi (contenenti in totale 15 atomi di C) sono stati prodotti due molecole di esosi (fruttosio-6-P) e una di trioso (gliceraldeide-3-P), secondo lo schema: C5 + C5 --> C7 + C3 --> C6 + C4 ; C5 + C4 --> C6 + C3. LE MEMBRANE BIOLOGICHE Le membrane delimitano il confine tra la cellula e l’ambiente esterno e tra specifici spazi all’interno della cellula. Sono strutture idrofobiche che costituiscono una barriera alla diffusione di ioni e molecole, che può avvenire solo attraverso specifiche strutture proteiche. Le membrane rappresentano inoltre la sede di importanti reazioni energetiche, quali il trasporto di elettroni fotosintetico (membrane tilacoidali) e respiratorio (membrane mitocondriali). Le membrane biologiche sono costituite da un doppio strato lipidico nel quale sono integrate proteine specifiche, distinte in proteine di membrana integrali (inserite nel doppio strato lipidico) e proteine periferiche, spesso associate alle proteine integrali.