La crisi della Fisica Classica:
Meccanica Quantistica
M. Cobal, Università di Udine
Particelle e Interazioni Fondamentali – 2016/2017
Effetti Quantistici
 Su scala microscopica gli oggetti (corpi) si comportano in modo
MOLTO diverso !
L’energia è discreta, non è più continua
Si può calcolare solo la probabilità che un evento avvenga (non
vale il determinismo Newtoniano)
Le particelle “sembrano” essere in due posti contemporaneamente
Se cerchiamo di “misurare” un fenomeno ne alteriamo totalmente
lo stato
 Tutto ciò è contrario al “senso comune” (intuito), tuttavia l’intuizione è
basata sulla nostra diretta percezione, ma noi non abbiamo una
diretta percezione del mondo microscopico .....
Meraviglie e sorprese
della Meccanica
Quantistica
La Fisica alla fine dell’ 800
MECCANICA
GRAVITAZIONE UNIVERSALE
Newton 1686
F
ma
Equazione
del moto
ELETTRO-MAGNETISMO
Maxwell 1865
La crisi della Fisica Classica
La scienza di fine ‘800 si basava su due pilastri della fisica classica:
La meccanica
L’elettromagnetismo
In cui si identificavano due tipi di fenomeni, quelli corpuscolari e
quelli ondulatori, che avevano forme di evoluzione diverse e
inconciliabili tra loro.
Alcuni lavori sperimentali, realizzati, verso la fine dell’800,
mostrarono in modo indiscutibile delle caratteristiche in netto
contrasto con quanto previsto dalla fisica classica.
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Fine ‘800 – Inizio ‘900
Studio di Fenomeni su Scala Atomica:
•Dualismo Onda-Particella
•Relazione di Indeterminazione
•Probabilismo
•…
•…
MECCANICA QUANTISTICA
•c: velocità assoluta
•Dilatazione dei Tempi
•Non-conservazione della Massa
•…
•…
RELATIVITA’
La nascita della meccanica dei quanti
Può essere fatta risalire al 1900, quando Max Planck (1858-1947)
risolse il problema del corpo nero grazie all’idea che l’energia non è
emessa ed assorbita in quantità continue, ma in quantità discrete
dette appunto quanti.
La meccanica quantistica, introdusse nello studio dei fenomeni naturali
un atteggiamento opposto a quello tradizionale sostituendo alle
previsioni univoche sul moto dei corpi, tipiche della meccanica classica,
previsioni regolate dal concetto di probabilità.
La meccanica quantistica concerne la descrizione dei fenomeni che
avvengono su scala microscopica (atomica, subatomica, nucleare,
subnucleare)
.
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Onda o corpuscolo?
Una delle innovazioni fondamentali introdotte dalla meccanica
quantistica fu una particolare simbiosi fra due concetti originariamente
antitetici nella descrizione dei fenomeni naturali:
quello di onda e quello di corpuscolo, sui quali grandi scienziati come
Newton e Huygens si erano fondati per fornire interpretazioni opposte
sulla natura delle radiazioni luminose.
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Il corpo nero
Se un corpo assorbe tutta la radiazione che gli arriva,
Indipendentemente dalla sua temperatura e dalla frequenza della
radiazione incidente, si dice che si è in presenza di un corpo nero.
lo spettro di un corpo nero risulta essere lo stesso
qualunque sia la sostanza e la forma del corpo
Verso la fine dell’Ottocento ci si chiedeva quale fosse l’equazione che
descriveva lo spettro della radiazione emessa da un corpo nero.
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Nel 1860 Gustav Robert Kirchhoff dimostrò che si può ottenere un
dispositivo che si comporta come un corpo nero ideale mantenendo
a temperatura uniforme le pareti di un contenitore cavo (in pratica,
un forno) dalla superficie interna irregolare, nel quale è praticato
un piccolo foro. Le pareti calde emettono ed assorbono
continuamente onde elettromagnetiche e solo una piccolissima
frazione di tale radiazione riesce ad uscire dalla cavità
Allo stesso modo, le onde provenienti dall’esterno e che giungono
in corrispondenza del foro entrano nella cavità e, dopo diversi
processi di diffusione sulle pareti,vengono assorbite.
Radiazione di Corpo Nero
 La potenza totale di radiazione emessa aumenta con
la temp.
P   AeT 4
 Il picco della distribuzione delle lunghezze d’onda si
sposta verso lunghezze d’onda più corte al crescere
della temp (legge di Wien)
lmaxT = 2.898´10-3 m× K
Radiazione di Corpo Nero
 Teoria classica (energia associata all’intensità dell’onda  “catastrofe
ultravioletta” in disaccordo con l’esperienza)
 Ipotesi di Planck (1900): energia associata ad oscillatori sulla superficie
del corpo nero (cariche elettriche) che però è quantizzata (discreta)
En = n h f
 n numero quantico (n=1,2, ...)
 h = costante di Planck, 6,6310-34 Joule-secondo
 f = frequenza di oscillazione dell’oscillatore
 Gli oscillatori emettono/assorbono energia in quantità discrete: un
oscillatore irradia o assorbe solo quando cambia stato quantico
 Il modello funziona ! (Ottimo accordo esperimenti)
 Tuttavia Planck stesso lo considerò quasi un espediente matematico
per risolvere una discrepanza.
 Solo anni più tardi l’idea fu ripresa e sviluppata da Einstein
Effetto fotoelettrico
Concezione classica in crisi
 Dipendenza dell’energia cinetica dei fotoelettroni dall’intensità di luce
Prev. Classica:
Energia elettroni  Intensità luminosa
Esperimento:Energia cinetica max indipendente dall’intensità
 Ritardo temporale emissione fotoelettroni
Prev. Classica:
Luce debole -> misurabile ritardo
Esperimento:praticamente istantaneo
 Dipendenza dell’emissione di elettroni dalla frequenza della luce
Prev. Classica:
nessuna dipendenza specifica
Esperimento: se f < fmin  nessuna emissione
 Dipendenza energia cinetica elettroni dalla frequenza della luce
Prev. Classica:
nessuna relazione (solo dall’intensità della luce)
Esperimento:energia cinetica cresce con la frequenza della luce
L’ effetto Compton
Se il fotone, il quanto di radiazione elettromagnetica, è pensato come
un corpuscolo dotato di quantità di moto, allora per esso deve valere
tutta la teoria degli urti usuali dotati di quantità di moto.
E, in effetti, così è, come mise in luce sperimentalmente nel 1923 il
fisico americano Compton.
Egli realizzò un’esperienza che consentiva di deviare una radiazione
per mezzo di elettroni. Il fenomeno è noto come effetto Compton.
La conclusione di tale esperimento fu che:
un fotone si comporta
proprio come una particella.
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Effetto
Compton
 Secondo Einstein il
fotone trasporta una
quantità di moto
E/c = hf/c
 Compton verificò
impossibilità teoria
classica di spiegare la
diffusione di raggi X
da parte di elettroni
Diffusione di raggi X
da parte di elettroni
Effetto Compton
 Ipotesi di Compton: il fotone si comporta come una
particella di energia hf e quantità di moto hf/c,
l’esperimento è descritto come un urto tra tra due
particelle (elettrone/fotone)
h
'
 Verifica sperimentale:
  0 
1  cos  
me c
h
C 
 0.00243 nm
me c
La luce è un’onda o una particella ?
Onda
I campi elettrico e magnetico si comportano come onde
Sovrapposizione, Interferenza e Diffrazione
Particella
Fotoni
Collisioni con elettroni nell’effetto fotoelettrico
Quindi: tavolta Particella, talvolta Onda
La teoria del fotone e la teoria ondulatoria della luce sono
complementari !
Proprietà ondulatorie delle particelle
 Ipotesi di De Broglie: poichè i fotoni hanno caratteristiche ondulatorie
e corpuscolari, forse tutte le forme di materia hanno sia proprietà
ondulatorie che corpuscolari
 La relazione tra energia e quantità di moto per un fotone vale p = E/c
quindi usando la relazione di Einstein si ha
E hf hc h
p 


c
c c 
 Poichè il modulo della quantità di moto di una particella non
relativistica è p = mv, la lunghezza d’onda di De Broglie della
particella è
h h
l= =
p mv
e, in analogia con il fotone (Einstein)
E
f =
h
Proprietà ondulatorie delle particelle
 Nel 1927, tre anni dopo la formulazione dell’ipotesi di De Broglie,
Davisson e Germer riuscirono a misurare sperimentalmente la
lunghezza d’onda degli elettroni, confermando tale ipotesi, anche se lo
scopo originario del loro esperimento non era questo.
 La natura ondulatoria di altre particelle, quali neutroni e atomi di elio e
idrogeno fu anche osservata successivamente.
L’ aspetto ondulatorio della materia
In modo puramente teorico, nel 1924 De Broglie pensò
che se la radiazione presentava il duplice aspetto di onda
e corpuscolo, così doveva essere anche per la materia.
Questa intuizione non era però accompagnata da una precisa
formulazione teorica.
Fu Erwin Schrödinger a dare una sistemazione completa
a tutta la materia. Ne scaturì la meccanica ondulatoria.
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Onda o particella???
Richiamiamo alcune proprietà delle onde elettromagnetiche
. . .che ci aiuteranno a capire il comportamento degli elettroni.
L’interferenza
La diffrazione
Ottica classica
Interferenza
Le due onde in fase
interferiscono
positivamente
Le due onde sfasate
di 180°
interferiscono
negativamente
Se le ampiezze
fossero eguali
l’onda si
annullerebbe
Diffrazione
L’interferenza è alla base della diffrazione. La diffrazione dei raggi X
è l’esperimento più importante per determinare la struttura
cristallina di un composto.
Reticolo cristallino: gli atomi sono disposti
in modo ordinato nello spazio.
Consideriamo gli atomi su una
faccia di un cristallo: si possono
individuare diversi piani. Possiamo
trovare le distanze tra i piani
sfruttando l’interferenza tra onde
riflesse.
Consideriamo due piani del
reticolo.
Due raggi incidenti su piani
contigui
vengono riflessi
Sul piano ----- i raggi arrivano
sfasati perché hanno percorso
distanze diverse: la differenza è
AB+BC=2d sin 
L’interferenza sarà positiva quando:
2d sin  = n 
Variando  possiamo ottenere una figura di diffrazione, cioè una
serie di massimi di intensità dovuti a interferenza positiva che ci
danno informazioni sulle distanze d tra i piani reticolari.
Variando  possiamo ottenere una figura di diffrazione (diffraction pattern), cioè
massimi di intensità per i diversi piani reticolari ogni volta che 2di sin  = n .
piani reticolari

Esperimento di interferenza
delle due fenditure
Quando un’onda piana (per esempio un’onda elettromagnetica, o anche u
La forma della figura di interferenza dipende dalla lunghezza d’onda.
Interferenza costruttiva massima dove le onde sono in fase
Immagine sullo
schermo
Onda piana
monocromatica
Schermo con due
fenditure
Schermo ottico
Per gli oggetti classici la
probabilità di passaggio
attraverso le due fenditure
è eguale alla somma delle
probabilità di passaggio
attraverso ciascuna delle
due.
Insomma....onda o particella???
Se la luce è una particella.... Se la luce è un’ onda...
elettroni
Se una delle due fenditure è chiusa la distribuzione è come
per i proiettili . Ma se entrambe le fenditure sono aperte. . .
si ottiene una figura d’interferenza come per un’onda
!
Ma quello che è ancora più sorprendente. . .
. . .è che la figura di interferenza si ottiene anche con un
singolo elettrone!
Doppia fenditura di Young
d
Sorgente di
elettroni
monoenergetici
2 fenditure
separate da d
L
Schermo a
distanza L
Particelle
“classiche”
Onde
Particelle
“quantistiche”
Natura Ondulatoria della Materia
 Anche se passa un solo elettrone alla volta si osservarà una figura di
diffrazione
 Se osserviamo (“misuriamo”) da quale fenditura passa l’elettrone
(cioè le fenditure sono abbastanza separate) si “distrugge” la figura
di interferenza (cioè l’aspetto ondulatorio)
La dualità Onda-Particella per la luce
Dipende dai tipi di fenomeni che si osservano:
Fenomeno
Può essere spiegato in Può essere spiegato in
termini di onde
termini di particelle
Riflessione
Rifrazione
Interferenza
Diffrazione
Polarizzazione
Effetto fotoelettrico
Compton scattering
Il dualismo onda-particella fu osservato anche per gli elettroni.
La relazione di de Broglie
Gli elettroni sono allora particelle, o sono onde?
Come descrivere un elettrone con moto rettilineo ed
uniforme?
p Momento lineare
x
eNel 1924, il giovane duca francese Louis de Broglie conseguì il
dottorato con una tesi dal titolo Recherches sur la Théorie des
Quanta
Nella tesi dimostrava che gli esperimenti sugli elettroni portavano
alla conseguenza che ad un elettrone con moto rettilineo ed
uniforme e con momento lineare p è associata un’onda con
lunghezza d’onda
h

p
Voltaggio
più alto
Voltaggio
più basso
Le figure di diffrazione
dipendono dalla
lunghezza d’onda
associata all’elettrone. Se
gli elettroni vengono
accelerati in modo
diverso, la figura di
diffrazione cambia.
Calcolando l’energia
cinetica degli elettroni si
trova il loro momento p.
La lunghezza dell’onda
associata corrisponde a :
h

p
Esercizio
Qual è la lunghezza d’onda di un elettrone accelerato facendogli
attraversare un potenziale =1000 V (1.00 kV)?
Ragionamento. Abbiamo bisogno di ottenere il momento lineare,
così potremo applicare la relazione di De Broglie:
h

p
Per ottenere il momento lineare, dobbiamo conoscere l’energia
cinetica, che è anche l’energia totale, visto che l’elettrone si
muove di moto “rettilineo
e uniforme” (se fosse un oggetto
2
p
classico): E 
da cui p  E  2m
2m
L’energia che l’elettrone ha acquistato, è quella dovuta al potenziale
: E  e  
carica elettrica x differenza di potenziale
Coulomb x Volt
p  e    2m
Unità di misura e costanti
L’unico dato numerico è il potenziale, in volts. Il volt è l’unità SI di
potenziale, quindi va bene. 1 V x 1 C (Coulomb) = 1 J.
Poi abbiamo bisogno della massa dell’elettrone (m) e della sua
carica (e): dalle tabelle troviamo
m  9.109 10 31 kg
e  1.602  10 19 C
Quindi :

h
6.62
10 34
J s



1/ 2
31
19
3 1/ 2
(10  10  10 )
(kg  C V )1 / 2
2me  (2  9.109  1.602 )
Controlliamo le unità: dobbiamo ottenere una grandezza in metri.
Ricordiamo che 1 J = 1 N x m = 1 kg x m2 x s-2.
J s
J s
J 1 / 2  s (kg  m 2  s 2 )1 / 2  s



m
1/ 2
1/ 2
1/ 2
1/ 2
( kg  C V )
( kg  J )
( kg)
(kg)
OK!
h
6.62
1034


 31 19 3 1/ 2  m
1/ 2
(10 10 10 )
2me (2  9.109 1.602)
h
6.62
1034


 47 1/ 2  m
1/ 2
(10 )
2me (29.185)
h
6.62
1034


 48
m
1/ 2
2me 5.402 (10 10)
1034
 1.225  24
m
10  10
10 34 10 24
 1.225 
 m  0.388 10 10 m
3.162
  3.88 1011 m  38.8 pm
1 pm  1012 m
Legame chimico:  100 pm

Onda associata all’elettrone con momento
p
h

p
Ma allora dov’è l’elettrone?
C’est impossible
le savoir!
E’ impossibile
saperlo!
Louis Victor Pierre Raymond
duc de Broglie
L’elettrone è dovunque lungo la traiettoria
dell’onda.
La lunghezza d’onda di una particella che si muova in presenza di
un potenziale.
Lunghezza d’onda associata al moto di una particella in
assenza di potenziale:
Ecin
p2

2m
p  Ecin  2m

h
2mEcin
Moto di una particella in presenza di potenziale:
E  Ecin  V
Ecin  E  V

h
2mEcin

h
2m( E  V )
Una interpretazione
Consideriamo le onde elettromagnetiche come particelle (fotoni):
La probabilità di trovare un fotone in una certa regione dello spazio
probabilità N fotoni

inoltre
volume
V
N fotoni
 I  E2
quindi
V
probabilità
 E2
volume
• Sulla base del dualismo onda-corpuscolo la stessa cosa deve valere
anche per una particella
• Esisterà un’onda associata a ciascuna particella, la cui ampiezza è
associata alla probabilità di trovarla in una certa regione dello spazio
• Chiamiamo questa onda: funzione d’onda Y
• Potrà avere valori anche complessi ma |Y|2= Y*Y sarà sempre un
numero reale positivo, proporzionale alla probabilità
Riassumendo possiamo
dire, in termini
probabilistici, che
P  x  dx  Y dx
2
Y(x)
sotto la condizione


Y dx  1
2
la particella deve trovarsi da qualche parte

b
Pab   Y dx probabilità di trovare la particella in a  x  b
2
a
• Esiste una equazione (detta di Schrödinger) cui deve soddisfare la
funzione d’onda Y
d 2Y

 U Y  EY
2
2m dx
U  x  energia potenziale e E energia totale del sistema
2
• Tale eq. differenziale ha, in meccanica quantistica, la stessa funzione
svolta dalla II legge della dinamica (F=ma) nella meccanica classica
• Noto U e Y si ricava E l’energia, cioè lo stato dinamico del sistema.
L’ aspetto ondulatorio della materia
Esempio: calcoliamo la lunghezza d’onda associata ad una pallina
avente massa di 50 g e che abbia una velocità di 10 m/s.
Essa sarà:
h

mv
= 6,626 × 10-34 / 5 ×10-2 × 10 = 6,626/5 × 10-33
Si tratta come si vede, di una distanza infinitesima.
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59
Conseguenze della teoria quantistica:
Energia-Momento del Fotone + Dualismo Onda-Particelle

Principio di Indeterminazione di Heisenberg
L’osservatore in Meccanica Quantistica
La fisica si occupa esclusivamente di
ciò che può essere osservato
Per osservare qualcosa dobbiamo
farlo interagire con uno strumento
di misura
Questa interazione perturba
l’oggetto (ad es. un elettrone)
osservato
Esiste un limite intrinseco all’accuratezza
delle osservazioni che possiamo compiere.
Principio di indeterminazione di Heisenberg
 Se si esegue una misura di posizione di una particella con
indeterminazione Dx e una simultanea di quantità di moto con
indeterminazione Dpx, allora il prodotto delle due indeterminazioni
non può mai essere minore di ħ/2
x p x 
2
 È fisicamente impossibile misurare contemporaneamente la
posizione esatta e la quantità di moto esatta di una particella
Niente più descrizione deterministica !!!
Principio di Indeterminazione di Heisenberg
Il processo di misura perturba
irreparabilmente ciò che stiamo
misurando
E’ possibile conoscere con
precisione arbitraria la
posizione di una particella
E’ possibile conoscere con
precisione arbitraria la
sua velocità
Non è possibile conoscere entrambe
queste variabili con precisione qualsiasi

h
p
Momento lineare definito:
corrisponde ad un’onda
monocromatica delocalizzata
lungo la traiettoria classica
dell’elettrone. L’incertezza
sulla posizione dell’elettrone
è infinita.
Prendiamo più
onde, a diversa ,
e sommiamole
insieme.
L’onda risultante ha un picco massimo in una posizione che
corrisponde alla più probabile posizione dell’elettrone. L’incertezza
sulla posizione si è ridotta a x, ma c’è ora un’incertezza sul
momento p.
p x  h / 4p
Se sommassimo infinite onde, con tutte le lunghezze d’onda
possibili, otterremmo una riga infinitamente stretta: questa
corrisponderebbe ad una precisa localizzazione (x)
dell’elettrone, ma in compenso il momento resterebbe del
tutto indefinito
Quando determiniamo la posizione dell’elettrone la misura
produce la distruzione dell’onda monocromatica, e la
formazione di un “pacchetto d’onda” di una certa ampiezza,
che corrisponde all’indeterminazione della posizione.
Alcune considerazioni
h
p x 
4p
1. Il principio di indeterminazione chiarisce senza ombra di dubbio
l’impossibilità di predire una traiettoria per un elettrone.
2. Il principio di indeterminazione per un oggetto macroscopico è
trascurabile. Infatti, poiché p = m v, si ha v = p/m. Ma la
massa degli oggetti macroscopici è molto grande, e quindi v è
trascurabile.
3. Ci sono altre coppie di grandezze che non possono essere
determinate entrambe con precisione. Le vedremo in seguito.
Il gatto di Schroedinger
Alcuni elementi sono “instabili” e decadono (si trasformano) in altri
dopo un certo tempo
Queste sostanze sono dette radioattive.
esempio: 13N (azoto) decade in 13C (carbonio) + 1 elettrone + 1 antineutrino
 Il tempo caratteristico di queste reazioni è
detto tempo di dimezzamento (half-life):
tempo necessario perchè avvengano la metà
degli eventi di decadimento
 Il tempo di dimezzamento di 13N è 10 minuti !
 Se abbiamo un gran numero di atomi di 13N ,
allora, dopo 10 min, vi è per un generico
atomo una probabilità del 50% di essersi
trasformato in 13C (equivalente a giocare con
una moneta a testa o croce).
Il gatto di Schroedinger
Domanda: quale è la differenza tra i due atomi di azoto ?
Risposta: uno è diventato 13C, l’altro no. (banale !!!)
Domanda: quale è la differenza tra i due atomi, prima dei 10 min ?
Risposta (meccanica quantistica): Nessuna
Risposta (Einstein): Dio non gioca a dadi ! (la meccanica quantistica o
meglio le sue conseguenze sono errate !)
Effetti strani..il gatto di Schroedinger!
Perchè non succede
nella realtà?
Il gatto di Schrödinger
Sia dato un apparato contenente
atomi di 13N e capace di rivelare
quando uno degli atomi è decaduto
radiativamente.
Connesso al rivelatore vi è un relè
attaccato ad un martello che,
nell’istante del decadimeto si attiva
facendo cadere il martello che
colpisce un’ampolla contenente del
gas velenoso.
Tutto l’apparato è in un contenitore
insieme ad un gatto, ed aspettiamo
10 minuti.
Allo scadere esatto dei 10 min ci chiediamo: Il gatto è vivo o morto ?
Risposta (meccanica quantistica): è 50% vivo e 50% morto
Il gatto di Schrödinger
Conclusioni:
Finchè non apriamo la scatola non possiamo conoscere quale delle due
possibilità si è verificata.
In gergo quantistico si dice che il sistema è collassato in uno stato
È l’interazione con l’osservatore (misura) che fa collassare il sistema in
uno dei due stati
In un certo senso è una conclusione molto spiacevole perchè si perde il
senso della certezza che un evento avvenga.
Bisogna imparare a descrivere i fenomeni in termini di probabilità degli
stessi !
Effetti strani...effetto tunnel
‘900: Nascita della Fisica Moderna
Su scala macroscopica:
•velocità << c
•azione >> h
La fisica classica continua a descrivere bene la realtà
di tutti i giorni (che conosciamo e capiamo)
Niels Bohr, 1927:
Richard Feynman, 1967:
“Chi non resta sbalordito dalla
meccanica quantistica
evidentemente non la capisce”
“Nessuno capisce la
meccanica quantistica”
Visualizzazione di effetti quantistici
1
2
atomi di Fe su
superficie di Cu
cristallino
3
4
Visualizzazione di effetti quantistici