STORIA ROMANA
Età regia
ETA’ REGIA
753-509 A.C.
Si formarono insediamenti stabili in prossimità del Tevere all’altezza dell’isola Tiberina,
gli insediamenti si propagarono verso l’interno e i sette colli, gli scavi archeologici
mostrano come area di origine il Palatino. La tradizione ricorda come re sicuramente
leggendario Romolo, quindi Numa Pompilio, Tullo Ostilio, Anco Marcio, secondo la
tradizione si alternarono come uno di stirpe romana e l’altro di stirpe sabina. Numa
Pompilio rappresentava l’aspetto sacerdotale del potere regio infatti riorganizzò le
credenze religiose romane, Tullo Ostilio con la distruzione di Alba Longa è espressione
della funzione militare dei re, Anco Marcio esprimeva la funzione economica come
fondatore del porto di Ostia e promotore della costruzione del ponte Sublicio sul
Tevere. Il fatto che la tradizione parli di un re latino e di uno sabino e la leggenda del
ratto delle sabine è attestazione del fenomeno del sinecismo tra le due comunità.
• La monarchia romana non era ereditaria ma elettiva, il re era scelto tra i capi delle
famiglie più illustri da cui provenivano i componenti del consiglio degli anziani
(Senato).
ETA’ REGIA
753-509 A.C.
ETA’ REGIA
753-509 A.C.
• Gli ultimi re di Roma (616 - 509) furono di origine etrusca e provenienti da
Tarquinia: Tarquinio Prisco, Servio Tullio ,probabilmente etrusco ma non
appartenente alla famiglia dei Tarquini, Tarquinio il Superbo il cui figlio Sesto
violentò Lucrezia, matrona romana, per cui ne nacque una ribellione e la
cacciata dei re. In questo periodo Roma divenne una città ben organizzata,
vennero assorbiti elementi etruschi quali i giochi pubblici, la cerimonia del
trionfo, i fasci littori, alcuni elementi cultuali, forse lo scultore Vulca scolpì le
statue del tempio dedicato alla triade capiltolina: Giove, Giunone, Minerva.
A questo periodo risale la Cloaca Maxima, che drenava le acque della
zona pianeggiante destinata ad ospitare il Foro, tra Campidoglio, Palatino e
Quirinale.
ETA’ REGIA
753 509 A. C.
BASAMENTO DEL TEMPIO DI
GIOVE OTTIMO MASSIMO
RICOSTRUZIONE DEL TEMPIO DI
GIOVE
MURA SERVIANE
• Si deve a Servio Tullio, secondo la tradizione, la costruzione di una cinta
muraria detta “Mura serviane”, anche i comizi centuriati vengono a lui
attribuiti, introdusse infatti la centuria come unità base dell’esercito oplitico
sulla base della quale ci si riuniva in assemblea.
LE ISTITUZIONI REPUBBLICANE
• Consoli: due, in carica per un anno, imperium militare e civile.
• Dittatore: uno, in carica per 6 mesi, tutti i poteri dello stato in situazione di emergenza.
• Pretori: due, in carica per un anno, imperium in ambito civile, si occupavano delle cause tra
cittadini romani e di quelle che coinvolgevano gli stranieri (Pretore peregrino)
• Questori: 4, annuali,competenze giudiziarie per i reati molto gravi e controllavano le casse dello
stato , collaboravano con i consoli.
• Edili: 4,annuali, si occupavano di polizia urbana e della manutenzione degli edifici pubblici
• Censori: 2, 18 mesi ogni 5 anni e si occupavano del censimento, potevano privare dei diritti politici i
cittadini con comportamento immorale.
• Tribuni della plebe: magistratura con veste definitiva dal 457, erano 10,per un anno , erano sacri ed
inviolabili, avevano il diritto di veto ovvero potevano bloccare provvedimenti sfavorevoli alla
plebe, promuovevano i plebisciti ovvero delibere votate dall’assemblea dei plebei.
LE ASSEMBLEE A ROMA
• I Comizi curiati erano le più antiche assemblee di cittadini romani, erano le
assemblee dei clan ovvero delle gentes, erano 30 curie. In età repubblicana
avevano poteri ridotti e più formali che sostanziali. Si dice che Romolo avesse
creato tali comizi a partire dalle tre tribù (Tizi, Ramni e Luceri), 10 curie per ogni tribù.
• I Comizi centuriati: i cittadini erano divisi per centurie e in 5 classi in base al censo, gli
equites fornivano 18 centurie di cavalleria, i pedites erano divisi in prima classe, con
80 centurie, seconda, terza e quarta con 20 centurie ciascuna, quinta classe con 30
centurie, infra classem con 5 centurie di ausiliari come fabbri, falegnami od altro.
Dal momento che si votava per centuria gli equites e la prima classe potevano
avere la maggioranza con 98 centurie contro 95.
• Comizi tributi : eleggevano i magistrati minori, non dotati di imperium, i cittadini
erano divisi in base alla residenza.
• Concili della plebe: formati da soli plebei, presieduti da tribuni della plebe,
varavano leggi in origine per i soli plebei.
LOTTE TRA PATRIZI E PLEBEI
• Il V e la metà del IV sec. si caratterizzano per una serie di rivendicazioni della
plebe. All’interno della città, la popolazione era suddivisa in due gruppi: i
patrizi, considerati i discendenti dei 100 patres che avevano affiancato
Romolo in senato, in età regia erano i capifamiglia delle gentes, le quali
riunivano più famiglie con antenati comuni, e i plebei che erano un gruppo
poco omogeneo che comprendeva nullatenenti, ma anche famiglie che
non erano state rappresentate in senato alle origini, pur benestanti, o
famiglie ricche immigrate a Roma in tempi più recenti, commercianti,
contadini. Tutti costoro avevano alcune rivendicazioni quali l’accesso alle
magistrature, la cancellazione della schiavitù per debiti, la divisione di ager
publicus, la certezza del diritto. Lo strumento di cui si servirono per imporre
alcuni cambiamenti fu quello della secessione ovvero il ritirarsi sul colle
Aventino o sul Monte Sacro e rifiutarsi di militare nell’esercito.
AVENTINO CON PALAZZO
CAVALIERI DI MALTA
LOTTE TRA PATRIZI E PLEBEI
• Con tale procedimento ottennero i tribuni della plebe che, ricordiamo,
erano sacri e inviolabili e potevano porre il veto e bloccare leggi contrarie
agli interessi della plebe, essi però dovevano prendere le decisioni
all’unanimità. Ottennero anche le leggi scritte nel 450/449 ( in tutto 12 tavole
di bronzo incise) grazie ad un collegio di decemviri formato di soli patrizi per
il primo anno e poi di patrizi e plebei. Con la legge Canuleia, frutto di un
plebiscito, si abolì la proibizione di matrimoni misti tra patrizi e plebei (445),nel
367 poi con le leggi Licinie-Sestie ottennero che uno dei consoli fosse
plebeo, che venissero ridotti i debiti e che ogni cittadino non avesse più di
500 iugeri di ager publicus(125 ettari). Da allora in poi si ebbe l’apertura
graduale a tutte le magistrature per i plebei e si formò la nobilitas costituita
da grandi e ricche famiglie sia patrizie che plebee i cui componenti
avevano ricoperto magistrature con imperium (consolato) o sedevano in
senato.
UOMINI E DEI
• In età regia il sovrano era garante della Pax deorum, i rituali religiosi
servivano a garantire la concordia tra divinità e la città, a tale scopo era
indispensabile saper leggere i segni celesti attraverso i quali gli dei
comunicavano con gli uomini, anche il volo degli uccelli poteva essere
interpretato. La classe sacerdotale addetta all’interpretazione (trarre gli
auspici) era quella degli auguri, l’arte aruspicina (saper leggere le interiora
delle vittime sacrificali) era stata ereditata dagli Etruschi. A Roma esistevano
anche dei legati alla dimensione della casa, il cui culto avveniva in
ambiente domestico, erano i Lari, divinità venerate presso il focolare e
addette alla protezione della famiglia. Vi erano anche i Penati, simili ai Lari
ma legati alla dispensa ove si custodivano le riserve alimentari.
UOMINI E DEI
• Il sacerdote in ambito familiare era il Pater familias, il quale presiedeva a riti
e cerimonie familiari. Egli aveva il diritto di vita o morte su tutti i membri della
famiglia, composta da moglie, figli, figlie, mogli dei figli e nipoti, nonché da
schiavi e beni. Più famiglie che si riconoscevano in un antenato comune
formavano una gens. Questa struttura ha il suo specchio nei tria nomina
dell’uomo romano ad es. Caio Giulio Cesare ( praenomen, nomen,
cognomen), il praenomen era il nome che individuava il singolo individuo, il
nomen era quello gentilizio, ovvero della gens, il cognomen individuava la
famiglia). L’uomo dotato di Pietas era colui che venerava gli dei, la patria e
la propria famiglia.
UOMINI E DEI
UOMINI E DEI
• I sacerdoti a Roma erano magistrati, dovevano eseguire correttamente i riti
e i culti, non operavano come singoli ma erano riuniti in collegi. Il collegio più
importante era quello dei pontefici presieduto dal pontefice massimo, essi
custodivano le norme del diritto e redigevano gli annali in cui si registravano
gli eventi più significativi di ogni anno. Del collegio degli auguri si è già
parlato, vi erano poi i Feziali che procedevano alla dichiarazione di guerra
scagliando una lancia su suolo nemico. I Flamini erano quindici e ognuno
addetto ad una specifica divinità. La carica di sacerdote era vitalizia ed
esisteva un collegio tutto femminile, quello delle vestali addette al
mantenimento del fuoco acceso e al culto della dea Vesta.
ROMA E LA GUERRA
• Dal V sec. a.C. Roma fu impegnata in molteplici guerre di espansione, in primo
luogo nel Lazio e poi nel resto della penisola. Inizialmente i conflitti furono contro la
Lega latina, la tradizione dice che i Romani riportarono una vittoria al lago Regillo
nel 496 ma nel 493 il foedus(patto) Cassianum sanciva l’alleanza tra Roma e i Latini
su un piano di parità. Un nemico importante fu la città etrusca di Veio che si trovava
a nord di Roma, le ostilità iniziate nel 406 durarono 10 anni, ci si contendeva il
controllo del Tevere; nel 396 dal dittatore Furio Camillo Veio fu distrutta ed il suo
territorio fu annesso allo stato romano, nel frattempo Roma aveva combattuto
contro Sabini, Equi e Volsci coalizzati che occupavano il Lazio meridionale ed
orientale,tali popoli furono battuti nel 458 nella battaglia del monte Algido grazie al
dittatore Lucio Quinzio Cincinnato. Nonostante l’egemonia di Roma nel Lazio
apparve un nuovo nemico per la città nel 390:i Galli. Essi erano Celti che avevano
valicato le Alpi e tentavano di espandersi nelle vallate fertili dell’Italia centrale. I
Romani tentarono di intercettarli presso il fiume Allia, affluente del Tevere ma
vennero travolti. La città fu saccheggiata, mentre la popolazione si rifugiava sul
Campidoglio, la tradizione dice che Brenno, il capo dei Galli, stava per ottenere un
riscatto quando Camillo, che aveva espugnato Veio, lo mise in fuga. In verità i Galli
si ritirarono dopo aver fatto bottino.
ROMA E LA GUERRA
ROMA E LA GUERRA
• Forte di un grande esercito, Furio Camillo ordinò alle truppe di dare l'assalto alle
mura di Veio, come mossa diversiva, per nascondere il movimento delle truppe
scelte che passavano entro il tunnel sotterraneo, segretamente scavato.
• « E si chiedevano (i veienti) con meraviglia come mai, mentre per tanti giorni non
c'era stato un solo Romano che si fosse mosso dai posti di guardia, adesso, come
spinti da un furore improvviso, si riversassero in massa alla cieca contro le mura »
• (Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 21)
• I Romani irruppero improvvisamente all'interno del tempio di Giunone, sulla
cittadella di Veio, e subito si diedero a colpire i nemici assiepati sulle mura, e ad
aprire le porte della città. Fu un enorme massacro, che terminò solo quando il
dittatore ordinò di risparmiare i nemici che abbandonavano le armi.
• « Questa mossa pose fine alla carneficina. »
• (Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 21)
BRENNO
ROMA E LA GUERRA
• Durante il sacco di Roma ad opera dei Galli, secondo le fonti romane, si
inserisce la leggenda delle oche del Campidoglio. Terminato il saccheggio
della città bassa i Galli si diressero nottetempo verso la rocca del
Campidoglio, dove si trovava l'ultima resistenza romana a difesa dei templi
(e dell'oro) della città. L'intenzione dei Galli era quella di cogliere di sorpresa
i difensori passando per un passaggio segreto. Il piano dei barbari fallì
perché le oche del Campidoglio, sacre a Giunone, allarmate dai movimenti
degli assedianti, presero improvvisamente a starnazzare svegliando così gli
assediati in tempo sufficiente per respingere l'assalto dei Galli. A seguito di
questo episodio sul Campidoglio venne edificato il tempio di "Iuno Moneta"
(Giunone Monitrice), dove in seguito vennero coniate le prime monete di
Roma: da qui l'etimo dell'attuale parola moneta. A questo episodio venne
dedicata una festività romana, che cadeva il 3 agosto, durante la quale le
oche erano portate in processione ed onorate come salvatrici della patria.
ROMA E LA GUERRA
• Brenno, capo dei Galli, si accorse ben presto che, sebbene egli controllasse Roma,
c'era il concreto rischio che si raggiungesse una condizione di stallo potenzialmente
pericolosa per il suo esercito. Probabilmente per questo motivo il condottiero
barbaro propose ai magistrati romani di riscattare la città contro il versamento di
1000 libbre d'oro. I Romani dapprima accettarono, poi protestarono sostenendo
che le bilance utilizzate per la pesa del riscatto fossero state alterate; Brenno allora
gettò sul piatto dei pesi anche la sua spada (in modo da aumentare il valore del
bottino richiesto ai Romani), pronunciando la famosa frase "Vae victis!", "Guai ai
Vinti!".
• La tradizione romana tramanda che Marco Furio Camillo, venuto a conoscenza
della richiesta di riscatto, tornò velocemente a Roma per affrontare di persona
Brenno. Una volta giunto alle bilance gettò anch'egli la propria spada sui piatti, così
da compensare il peso della spada del barbaro. Quindi gli si rivolse dicendo: "Non
auro, sed ferro, recuperanda est Patria", ossia: "Non con l'oro si riscatta la Patria, ma
con il ferro".
LE GUERRE SANNITICHE
• 343-341 Prima guerra. In area Campana la città di Capua, di origine etrusca, era entrata in
conflitto con i Sanniti, pastori di origine montanara (Appennino), per il controllo del territorio. Nel
343 Capua chiese l’intervento di Roma in aiuto della Lega campana a cui aveva dato origine.
Ebbe inizio la prima guerra sannitica che si concluse con un trattato di alleanza che manteneva la
stessa situazione.
• Nel frattempo, approfittando della debolezza di Roma impegnata nella guerra, la Lega latina si
ribellò a Roma ma venne battuta e sciolta nel 338.
• 327-304 Seconda guerra sannitica. Scoppiò per decidere il primato sull’area campana tra Roma
ed i Sanniti. Furono anni di battaglie con esiti incerti fin quando i Romani ottennero una pace che li
rendeva padroni di una vasta area in Campania ed Apulia (Puglia). Avevano però subito anche
alcune sconfitte, in particolare si ricorda l’episodio delle Forche Caudine nel 321, quando l’esercito
venne accerchiato in una gola di montagne, costretto alla resa e a passare sotto il giogo.
• 298-290 Terza guerra sannitica. Si formò una coalizione di Sanniti, Etruschi, Umbri e Galli che
tentavano di opporsi all’egemonia romana ma vennero sconfitti in Umbria a Sentino nel 295, poi
nel 290 ci fu la resa dei Sanniti rimasti unici a combattere. Ormai Roma ne controllava il territorio,
poteva continuare il suo movimento di espansione verso la Magna Grecia
I SANNITI
https://youtu.be/5wmRs2wk2yI
LA GUERRA TARANTINA
• 282 -272: Guerra tarantina. Roma viene in aiuto degli aristocratici di Turii in
una lotta civile contro i democratici della stessa città e invia navi nel golfo di
Taranto in violazione di un trattato precedente che imponeva a Roma di
non sconfinare con la flotta nel golfo tarantino. Ciò causò lo scoppio del
conflitto ed i Tarantini chiesero l’intervento di Pirro re dell’Epiro. L’esito delle
battaglie fu inizialmente favorevole a Pirro anche grazie all’uso degli
elefanti, sia ad Eraclea nel 280 che ad Ascoli Satriano nel 279, nel 275 però a
Malevento ci fu una battaglia di esito incerto per Pirro che tornò in Epiro e i
Romani conquistarono la Magna Grecia e chiamarono quella località
Benevento.
VIDEO RAI SCUOLA SU VITTORIA DI
PIRRO
http://www.raiscuola.rai.it
/articoli/pirro-una-vittoriadi-pirro-tutti-imotti/.../default.aspx
ORGANIZZAZIONE DELL’ESERCITO
ROMANO
• L’esercito era costituito principalmente da fanti, la cavalleria era un corpo
scelto e schierato ai due lati (ali) dell’esercito disposto secondo
l’ordinamento della falange, compatta, con lunghe lance puntate in avanti.
Unità base era la legione approssimativamente costituita di 5000 uomini. Il
limite di questa tecnica di combattimento risiedeva nel fatto che di norma
era efficace in campo aperto e su terreni pianeggianti ma inadeguata su
territori scoscesi e montuosi. In particolare tale limite si rivelò evidente
durante le guerre sannitiche, di conseguenza venne introdotta la tattica
manipolare, ovvero la legione venne divisa in piccoli contingenti chiamati
manipoli, autonomi rispetto al resto dell’esercito. Attraverso vessilli e
bandiere i legionari di ciascun manipolo seguivano il loro comandante in
spostamenti rispetto alla massa compatta, assicurando maggiore agilità
all’esercito.
ORGANIZZAZIONE DELL’ESERCITO
ROMANO
• Quando iniziava il combattimento in prima fila erano schierati gli Hastati,
giovani uomini armati in modo pesante e dotati di lancia (hasta),poi
seguivano i principes, più esperti e maturi e, per finire, i triarii (veterani)
capaci di determinare l’esito della battaglia grazie alla lunga esperienza.
Tali file erano disposte in modo discontinuo per manipoli in modo tale che si
potesse realizzare un gioco di avanzamenti o arretramenti a seconda della
necessità.
ORGANIZZAZIONE DELL’ESERCITO
ROMANO
• Connettersi ad internet per vedere video al seguente link
https://www.youtube.com/watch?v=etsCoMclq0M
ORGANIZZAZIONE TERRITORI
CONQUISTATI
• Le vie romane erano importantissime perché collegavano la capitale con le
terre più lontane. Venivano costruite per permettere alle legioni di trasferirsi
con rapidità e per facilitare quello che i romani sapevano fare meglio: la
guerra.
Una volta pacificato il territorio, l' utilizzo delle strade era libero, ma le
comunità locali dovevano provvedere gratuitamente alla manutenzione.
ORGANIZZAZIONE TERRITORI
CONQUISTATI
• La Salaria partiva da Roma e raggiungeva la costa adriatica presso Ascoli dopo
aver attraversato l’Appennino. Prendeva nome dall’attività di trasporto del sale, fatto
servendosi di essa, in periodi in cui il sale valeva come l’oro.
•
L'Aurelia congiungeva Roma alla Francia passando per Civitavecchia, Pisa e
Genova. L'Aurelia di oggi segue lo stesso percorso dell’antica, fino in Francia.
•
L’Emilia collegava Piacenza a Rimini.
•
La Flaminia portava da Roma a Rimini attraversando l’Appennino Toscano e Umbro.
Queste vie si congiungevano ad altre che raggiungevano il Friuli.
•
L'Appia andava da Roma a Capua e poi scendeva fino a Brindisi.
ORGANIZZAZIONE TERRITORI
CONQUISTATI
• Il sistema costruttivo di una strada romana era piuttosto complesso e affidato ai
legionari stessi. Per prima cosa, venivano definiti i margini e scavata profondamente
la terra per liberare la zona che successivamente sarebbe stata occupata dalla
carreggiata. All'interno dello scavo si sistemavano quindi quattro strati sovrapposti di
materiali diversi (viam sternere):
• lo statumen, la massicciata di base, composta di blocchi molto grandi e alta non
meno di 30 cm
• la ruderatio, fatta da pietre tondeggianti legate con calce, il cui spessore non era
mai inferiore a quello della massicciata
• il nucleus, uno strato di grossa ghiaia livellato con enormi cilindri
• il pavimentum, ossia il rivestimento, generalmente in grossi massi di silex, una pietra
basaltica di eccezionale durezza e sostanzialmente indistruttibile: i "basoli", da cui la
definizione di basolato per indicare la pavimentazione.
ORGANIZZAZIONE TERRITORI
CONQUISTATI
ORGANIZZAZIONE TERRITORI
CONQUISTATI
• La parte centrale della carreggiata era inoltre a schiena d'asino, per favorire
il deflusso dell'acqua piovana lungo i marciapiedi per mezzo di cunicoli e
canalette di scolo.La larghezza media di una strada romana andava dai 4
ai 6 metri - eccezionalmente 10-14 metri - per permettere l'incrocio di due
carri, a seconda dei luoghi e dell'importanza della viabilità; mentre i
marciapiedi, di terra battuta oppure lastricati, erano larghi dai 3 ai 10 metri
per parte.
• Ponti e viadotti permettevano di superare fossati e corsi d'acqua;
abbreviando i percorsi, essi evitavano di disegnare larghe curve fatte di
salite e discese in opposte direzioni.
LE FORME DEL DOMINIO
ROMANO
• La centuriazione romana, applicata alle terre conquistate, dava al
paesaggio l’aspetto di un vero e proprio "piano regolatore", che
comportava vere e proprie azioni di disboscamento dell’ambiente sul quale
si voleva effettuare il lavoro.
• La centuriazione consisteva nella misurazione e nella divisione regolare di
un territorio in grandi appezzamenti quadrati di duecento "iugeri", che
equivalgono a circa sessanta ettari, che si chiamavano CENTURIE; queste
venivano segnate mediante incroci di assi ortogonali.
• Le centurie costituivano la base catastale per l’assegnazione di terre da
parte dello Stato romano ai coloni. Essenzialmente la centuriazione
costituiva allora un sistema di organizzazione e di controllo dello Stato sulla
proprietà privata dei suoi cittadini.
LE FORME DEL DOMINIO
ROMANO
• COLONIE ROMANE
• Erano composte di soli cittadini romani che non perdevano i propri diritti,
potevano votare nelle assemblee ed erano regolarmente iscritti nelle
tribù.Erano territori parte integrante dello stato romano,come parti di Roma
dispersi su territorio italico.
LE FORME DEL DOMINIO
ROMANO
• LE COLONIE LATINE
• Avevano magistrati locali, autonomia amministrativa e, in alcuni casi, potevano
emettere moneta ma avevano l'obbligo di fornire, in caso di guerra, l'aiuto richiesto
da Roma. Gli abitanti delle colonie latine non erano Cives Romani Optimo Jure ma
possedevano lo ius connubii ( diritto di sposarsi con i romani), lo ius commercii(
facoltà di trasmettere agli eredi le proprietà e di rivolgersi a tribunali romani) e lo ius
migrandi (diritto di trasferirsi). Le colonie venivano fondate sia come forma di
controllo della diffusione della cittadinanza romana (in quanto considerata
superiore a tutte le altre), sia per motivi pragmatici: le colonie latine, non essendo
direttamente governate da Roma come le colonie di diritto romano ma avendo
magistrati propri, potevano meglio e più velocemente prendere decisioni per
difendersi da pericoli imminenti. Le colonie erano rette dai duoviri da un senato
locale e da un'assemblea popolare. I coloni perdevano la cittadinanza romana ma
ricevevano lotti di terra più grandi rispetto ai coloni romani
LE FORME DEL DOMINIO
ROMANO
• I MUNICIPI
• Città conquistate dai legionari, che avevano un'autonomia amministrativa e
propri magistrati, con alcuni obblighi verso Roma; tra questi c‘era l'obbligo di
pagare un tributo e di fornire un contingente di truppe in caso di guerra.
• Gli abitanti dei municipi erano i municipali, questi godevano di diritti civili:
libertà di compravendita, di matrimonio con i romani, di appello al giudice
per ottenere giustizia. A fianco di questi diritti civili, però, non tutti i municipi
avevano diritti politici, infatti, erano suddivisi in municipi cum suffragio e
municipi sine suffragio.
• I diritti politici consistono nell'essere parte di elettorato attivo e passivo, nel
poter ricorrere in appello al popolo in caso di condanna a morte o nel
partecipare alla divisione dell'agro pubblico.
LE FORME DEL DOMINIO
ROMANO
• LE CITTA' FEDERATE
• Città che si erano liberamente alleate con Roma con apposito trattato
chiamato foedus. Queste città avevano propri magistrati e proprie leggi e
non erano tenute a pagare tributi a Roma. Gli abitanti delle città federate
erano chiamati socii o alleati, godevano di autonomia amministrativa ma
non avevano diritti politici a Roma, non potevano accedere alle cariche
pubbliche o godere di privilegi fiscali riservati ai romani; erano , però,
obbligati a dare contingenti di truppe che combattevano ai lati
dell'esercito. ESEMPI : Locri , Reggio Calabria , Populonia , Volterra , Perugia,
ROMA CONTRO CARTAGINE
• La città di Cartagine era una colonia fenicia, aveva creato un impero
marittimo sul mediterraneo occidentale, erano infatti presenti anche in
Sicilia, Sardegna, Corsica, coste della Spagna. Il sistema politico prevedeva
due sufeti in carica per un anno, un consiglio dei capifamiglia aristocratici e
un’assemblea popolare che eleggeva i magistrati.
• L’esercito era composto di mercenari guidati da ufficiali aristocratici
cartaginesi.
• La flotta era fondamentale sia a scopi commerciali sia per difendere
l’impero marittimo. Lo scontro con Roma fu determinato dalla contesa per il
controllo del mare
LE GUERRE PUNICHE
• 264-241LA PRIMA GUERRA PUNICA
• Il conflitto scoppiò a causa dei Mamertini, mercenari che si erano
impadroniti della città di Messina e che furono attaccati da Gerone, tiranno
di Siracusa. i Mamertini prima chiesero l’intervento di Cartagine contro
Gerone, poi chiesero l’aiuto di Roma contro Cartagine. I Romani
sperimentarono l’uso dei corvi per trasformare i combattimenti da navali a
corpo a corpo e vinsero a Milazzo con il console Caio Duilio, nel 260.
Spostarono poi la guerra in Africa con Marco Attilio Regolo che subì una
sconfitta presso Tunisi. Dopo altre alterne battaglie nel 241 la flotta
cartaginese venne sconfitta presso le isole Egadi nel 241(Sicilia).
LE GUERRE PUNICHE
https://youtu.be/azmRweqjtH4
LE GUERRE PUNICHE
• Narra la tradizione che Cartagine abbia inviato l'illustre prigioniero Attilio Regolo a
Roma perché convincesse i concittadini a chiedere la pace. L'intesa era che, se
questi non avessero accettato, egli sarebbe ritornato a Cartagine e sarebbe stato
mandato a morte. Ma Regolo, in quegli anni di prigionia, aveva potuto
agevolmente rendersi conto delle terribili condizioni economiche in cui giaceva la
città nemica. Anziché perorare la causa della pace, rivelò ai concittadini la
condizione economico-politica dei nemici, esortando Roma a procedere con un
ultimo sforzo, in quanto Cartagine non poteva reggere alla pressione bellica e
sarebbe stata sconfitta. Al termine del discorso, onorando la parola data, fece
ritorno a Cartagine, dove fu giustiziato. Pare che l'episodio delle torture subite da
Regolo, il taglio delle palpebre per l'abbacinamento e l'ancor più famoso
rotolamento da una collina dentro la botte irta di chiodi siano, appunto, frutto della
propaganda bellica romana; e ricordiamo che Lucio Anneo Seneca parla di
crocifissione. Sta di fatto che, con questa fama, Marco Attilio Regolo, da figura
storica tutto sommato insipida, passa alla fulgida e forse immeritata leggenda di
eroe salvatore della patria, esempio di retta fermezza morale e virtù civiche,
epitome di onestà nella parola data, fino alle estreme conseguenze.
LE GUERRE PUNICHE
• 218-201 SECONDA GUERRA PUNICA
• I Romani, dopo la prima punica, imposero ai Cartaginesi di abbandonare
anche la Sardegna e la Corsica per cui questi ultimi guidati dalla famiglia
Barca spostarono le loro basi in Spagna e l’Ebro era il confine della zona di
influenza romana e cartaginese. Annibale Barca, figlio di Amilcare che
aveva capeggiato l’occupazione della Spagna, attaccò la città di Sagunto
che , pur trovandosi nell’area di influenza cartaginese era alleata romana, i
Romani inviarono un ultimatum a Cartagine con l’obbligo di consegnare
Annibale e lasciare Sagunto. Le condizioni vennero respinte e la guerra
ebbe inizio. Annibale penetrò in Italia valicando le Alpi nel 218 a. C.
contando nell’alleanza delle popolazioni italiche da poco sottomesse
contro Roma.
LE GUERRE PUNICHE
• Roma usò tanto l’esercito di terra quanto la flotta per impedire rifornimenti
dalla Spagna. Le battaglie furono al Ticino e Trebbia ed Annibale vinse
contro il console Publio Scipione, poi nel 217 Annibale vinse ancora contro i
Romani al Trasimeno e nel 216 annientò l’esercito romano a Canne (Puglia)
guidato dai consoli Lucio Emilio Paolo e Gaio Terenzio Varrone. Divenne
dittatore Quinto Fabio Massimo (Temporeggiatore) che evitò le battaglie
campali e usò la tattica della guerriglia. Ciò permise ai Romani la ripresa
anche grazie all’intervento di Publio Cornelio Scipione che cacciò i
Cartaginesi dalla Spagna mentre Asdrubale, fratello di Annibale, che era
sceso in Italia a sua volta, venne sconfitto nelle Marche al Metauro nel 207.
La guerra venne spostata in Africa dove Scipione si alleò con il re della
Numidia Massinissa. Nel 202 a Zama Scipione battè Annibale e si concluse la
guerra
LE GUERRE PUNICHE
https://youtu.be/ZwYihZmJ6Jo
LE GUERRE PUNICHE
Le guerre puniche
https://youtu.be/Z9ya4TqEAXU