Nel 486 a.C. a Dario I
succedette Serse I. Il figlio
decise di vendicare la
sconfitta paterna e
organizzò subito una
nuova spedizione. Se la
guerra portata da Dario
doveva configurarsi
solamente come
spedizione punitiva nei
confronti delle città che
avevano aiutato i rivoltosi
ionici, l'impresa di Serse si
poneva, invece, intenti di
espansione e conquista
territoriale del continente
greco, al fine di ridurlo a
satrapia dell'impero.
Di fronte al pericolo i rappresentanti delle poleis greche si riunirono
presso l'istmo di Corinto (481 a.C.) e decisero di costituire un'alleanza
difensiva, conosciuta come Lega panellenica, sotto il comando del re
Leonida di Sparta, ritenendo che fosse opportuno coordinare le
operazioni militari e qualunque decisione di carattere politico e
strategico. All'accordo tuttavia non aderirono Argo, Corcira, Siracusa (a
causa degli scontri che la vedevano impegnata con i Cartaginesi, alleati
dei persiani) e neanche le città della Tessaglia, della Beozia, della Focide
e della Locride.
All'inizio del 480 a.C. gli
ambasciatori di Serse I si
recarono presso le città greche
(ma non Atene, che non
avrebbero comunque
risparmiato) e chiesero che
offrissero loro terra e acqua al
Gran Re, cioè la loro
sottomissione formale. Le città
rifiutarono e rimandarono
indietro i messaggeri, mentre a
Sparta furono uccisi.
Incominciarono le operazioni
belliche: mentre la flotta
persiana navigava verso l'Attica,
l'esercito passò l'Ellesponto con
un ponte di barche e penetrò
prima in Tracia e poi in Tessaglia.
I Greci, riuniti in una lega, si trovarono però subito in disaccordo su quale fosse la migliore tattica
difensiva: gli Spartani premevano perché si affrontassero i Persiani sulla terraferma e lo si
facesse all'imbocco del Peloponneso, presso l'istmo di Corinto, che nel frattempo veniva
fortificato; gli Ateniesi ritenevano invece che fosse preferibile opporsi con la flotta. Sui due
diversi punti di vista pesava soprattutto la considerazione dei rapporti di forza all'interno della
Grecia, dato che la fanteria oplitica spartana era di gran lunga la più forte e un'eventuale vittoria
sulla terraferma avrebbe arrecato gloria e potere soprattutto agli Spartani, mentre Atene
avrebbe ricavato benefici da una vittoria navale, dato che le sue navi costituivano il grosso della
flotta della Lega. Nonostante i progetti di iniziativa comune, I Greci si presentarono dunque
sostanzialmente divisi di fronte all'invasione: prevalse il piano spartano, ma gli Ateniesi spinsero
perché si cercasse di fermare il nemico più a nord.
A causa di questi contrasti, solo un ristretto
contingente si posizionò al passo delle
Termopili, che era la strettoia obbligata verso la
Grecia centrale, per sbarrare la strada ai
nemici. Nell'agosto del 480 a.C. avvenne lo
scontro tra i due eserciti. Dopo giorni di
combattimento il grosso dell'esercito greco si
ritirò, tranne i trecento spartani di Leonida e i
settecento tespiesi che, circondati dai nemici
per il tradimento di Efialte, il quale aveva
indicato ai Persiani un sentiero (l'Anopaia) per
aggirarli, si sacrificheranno per ritardare
l'avanzata persiana e dare tempo agli alleati di
ripiegare. Oltrepassato il passo, i Persiani
dilagarono in Grecia.
L'Attica e la Beozia furono devastate, Atene
saccheggiata e data alle fiamme. Gli abitanti si
salvarono solo grazie all'insistenza dello
stratega Temistocle, che riuscì ad evacuare la
città e a mettere la popolazione in salvo sulle
isole. Pochi giorni dopo la presa della città,
avvenne la battaglia navale presso Capo
Artemisio, che si risolse con un sostanziale
pareggio. La flotta greca, però, era ancora
integra.
A questo punto prevalse
la strategia della
battaglia per mare
dell'ateniese Temistocle,
che aveva assunto la
guida della lega
panellenica, dopo la
morte di Leonida: per
convincere gli alleati, gli
Ateniesi si servirono
anche
dell'interpretazione
tendenziosa di un
oracolo pronunciato
dalla Pizia, che aveva
consigliato loro di
difendersi con un muro
di legno. Temistocle
ritenne che il muro
dovesse essere
interpretato non come
l'invito a barricarsi nelle
città, ma in riferimento
alle navi.
Un mese dopo, in settembre, avvenne la decisiva battaglia navale presso
l'isola di Salamina, vinta dai Greci grazie a Temistocle, che sconfisse la
flotta persiana, più numerosa, ma che usava navi troppo grandi e
difficilmente maneggiabili in quella zona di mare.
Un contingente persiano si fermò in Tessaglia da dove, con il contributo
dei Tebani, nell'agosto del 479 a.C., fece ripartire l'offensiva persiana.
Nella battaglia campale di Platea, in Beozia, ci fu la sconfitta definitiva,
dove l'esercito persiano venne messo in fuga da quello greco, guidato
dallo spartano Pausania, mentre in contemporanea sotto il comando di
Leotichida avveniva la battaglia navale presso il capo Micàle, che si
risolse in un'altra sconfitta per i Persiani.
L'anno dopo (478
a.C.) le città ioniche
dell'Asia minore
furono liberate da
una flotta greca
guidata dallo
spartano Pausania
(che da lì a poco fu
richiamato in patria
ed accusato di
dispotismo).
A questo punto
Atene rimase la
sola potenza
ellenica interessata
all'Egeo e alla Ionia,
contro i Persiani.