INCONTRIAMO IL CORPO
“IL CORAGGIO DI ESSERE SÉ STESSI”
STEFANIA LANARO
I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO
ALIMENTARE….
UN PROBLEMA DI CIBO?
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono
complesse malattie che portano, chi ne è affetto, a vivere
con l'ossessione del cibo, del peso e dell'immagine
corporea.
Il peso, tuttavia, non è un marcatore clinico imprescindibile
di disturbi del comportamento alimentare, perché anche
persone di peso corporeo normale possono essere affette
dalla patologia.
Http://www.Salute.Gov.It/portale/salute/p1_5.Jsp?Id=63&area=disturbi_psichici
PER COMINCIARE……
Io ho un corpo
Io sono un corpo
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Sartre parlava di tre corpi:
- Leib ossia l’essere un corpo
- Korper avere un corpo
- L’essere un corpo per l’altro
L’immagine corporea è “l’immagine mentale personale della forma, della
dimensione e della taglia del corpo e dei sentimenti che proviamo rispetto a
queste caratteristiche e alle singole parti fisiche” (Costa, 2004; e. Mian,
2006).
Paul Schilder da una definizione che ancora oggi è tanto precisa quanto
sintetica, egli infatti la sintetizzò con “il quadro mentale che ci facciamo del
nostro corpo” (Paul Schilder, 1935; 1939; 1950, 1971).
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Immagine corporea è un costrutto psicologico complesso al quale
contribuiscono componenti
Senso percettive
size estimation
Cognitive
Affettive
Comportamentali
Relazionali
(body image satisfaction
giudizio di valore )
Dal punto di vista cognitivo - comportamentale,
l’immagine
corporea
viene
studiata
in
riferimento a due criteri di giudizio
denominati body image evalutation e body
image investiment.
La body image evalutation è concernente la
soddisfazione o l’insoddisfazione per la propria
immagine e dipende dalla concordanza o
discordanza tra la percezione del proprio
corpo e gli ideali estetici interiorizzati, il
secondo criterio si riferisce all’importanza
psicologica cognitiva e comportamentale che gli
individui assegnano al loro corpo.
LA PAURA DI ESSERE DEFORMI
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“Il corpo è un foglio di carta dove scrivere e
comunicare con il mondo, dove ridefinire i
confini, dove compattare una identità poco
coesa e reintegrare un dolore strisciante”.
Teoria delle lenti di Probst
Come sono realmente
Come vorrei essere
Come mi vedono gli altri
Come mi vedo
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Il corpo è il campo, è il soggetto e l'oggetto del
nostro essere al mondo, il luogo dove si gioca
l'identità, è il luogo del mostrare e dell'apparire,
è il luogo in cui si possono giocare le maschere, il
posto del far finta, il mezzo tra me, l'altro e il
mondo, la nostra storia.
Il corpo è il punto zero del mondo; laddove le vie e gli
spazi si incrociano, il corpo non è da nessuna parte: è al
centro del mondo questo piccolo nucleo utopico a partire
dal quale sogno, parlo, procedo, immagino, percepisco le
cose al loro posto e anche le nego attraverso il potere
infinito delle utopie che immagino.
Il mio corpo è come la Città del Sole, non ha luogo, ma è
da lui che nascono e si irradiano tutti i luoghi possibili,
reali e utopici»
Focault
LE ROTTURE SOCIALI,
GENERAZIONALI E CULTURALI
RENDONO IL MONDO PIÙ CONFUSO ED
INCERTO. OGNI ATTORE È OGGI
PORTATO,IN SOLITUDINE, A PRODURRE
LA SUA IDENTITÀ ATTRAVERSO UN
BRICOLAGE IN CUI LA GLOBALIZZAZIONE
MOLTIPLICA I MATERIALI POSSIBILI
Il corpo
ci permette di LA
definire
la nostra identità personale:
ATTRAVERSO
TRASFORMAZIONE
IN
l'identità corporea
non è solo
e fuori il corpo ma nel
SEGNI
E INdentro
ESTETICA
riconoscimento
cheCULTURA
il mondo fa come
conferma
del suo.essere lui
DELLA
DI ALTRI
POPOLI
o del suo essere lei.
E QUANDO IL CORPO DIVENTA
L’UNICO MONDO CHE CI SI PUO’
PERMETTERE DI ACCETTARE?
STORIA DI UN MANICHINO CHE VOLEVA VIVERE
Ci sono delle giornate in cui mi sento l’inutile manichino delle vetrine in
allestimento.
Sono l'oggetto nudo al di là di un muro vitreo, senza vestiti o una pelle vera
che mi difendano;
sono quell'essere privo di volto, assente, inespressivo; sono lo stereotipo
idealizzato da tempo della persona all'apparenza perfetta.
Sono quel che il mio proprietario sconosciuto vuole che sia.
Sono in balia di schemi mentali che non mi appartengono ma che ormai accetto
come parte di me.
Mi ritrovo così ad osservare da dietro una squallida vetrina la vita degli altri.
Le mura del negozio sono sicure ma iniziano ad essere pesanti, soffocanti.
Le giornate sembrano eterne, trasudano inutilità e monotonia rendendo
qualsiasi pensiero o percezione distorta.
Sono arrivata al punto di non ritorno.
Sopraffatto da rimpianti ho realizzato che non è questa la mia natura: devo
smettere di esistere e iniziare a vivere.
{Marta Canepa}
Il corpo può diventare un nemico, una difesa
contro le paure, una prigione che isola dal
mondo per non permettere al vuoto di
invadere tutto l'essere, il controllo sembra
l'unico mezzo per ricostruire un’omeostasi
tra quello che si è e quello che si deve
essere.
Lo sguardo verso il negativo viene deviato
verso l'obiettivo della perfezione e il vuoto
viene riempito da un corpo finto, da una
distorsione, dalla negazione della realtà.
La difficoltà di riconoscersi nel proprio
corpo, il non vederlo così come è, o riuscire
a viverlo solo come un ostacolo ne blocca
l'apertura verso il mondo e il corpo da
comunicazione si trasforma in costrizione,
bruttura da eliminare e sostituire: è la
dismorfofobia.
IL CIBO COME MEZZO …
IL CORPO COME STRUMENTO …..
Nella
malattia,
dismorfofobia
nella
dispercezione
corporea
della
il mondo diventa lo sfondo e il corpo
prende il posto del mondo,
lo sguardo cade sul corpo
come prima si posava sul mondo, il corpo diventa oggetto
del guardare; la malattia come scissione io/corpo, come
momento in cui non si riesce più ad abitare il mondo e si
va ad assumere uno sguardo scientifico, si osserva e si
vede il corpo fisico della medicina.
Nasce il controllo del corpo, che smette di
servire il vivere, il soggetto non riesce più ad
abitare il proprio corpo, la sensazione è
esserci incarcerati all'intero, è un'ossessione.
Quello che doveva essere la protezione contro
la dissoluzione e la perdita, finisce per
imprigionare il pensiero e fallisce l'obiettivo di
vita, non riesce più ad essere la casa che
custodisce e protegge ma una gabbia che
imprigiona
La dismorfofobia è sentirsi sempre nel corpo sbagliato,
brutto, deforme, impossibile da vivere come proprio, un
corpo di cui vergognarsi, è riconoscere solo quei
pensieri che lo definiscono tale e lo vedono
esattamente come impossibile da mantenere.
L'unica percezione accettabile è il giudizio.
Questa distanza tra il corpo
reale e il corpo immaginario
crea una crepa che fa
sentire il vuoto, che fa male
perché fa sentire il dentro,
il sè scoperto e nudo.
Si sente la mancanza, la
paura e la solitudine ma
soprattutto viene a mancare
il nome, e la domanda
diventa chi sono io?
“La falla dell'io, viene tamponata, occlusa,
frenata inutilmente attraverso qualunque
mezzo (cibo, alcool, sostanze, autolesionismo
shopping multi-compulsivo, cleptomania)
perché la posta in gioco non è in realtà solo la
forma del corpo ma la possibilità di evitare la
dissoluzione di sé.”
IL CORPO DIVENTA IL PALCOSCENICO
DA CALCARE PER POTER METTERE IN
SCENA IL PROPRIO VUOTO
MA IL CORPO È ANCHE IL MEZZO
ATTRAVERSO IL QUALE RACCONTARE
LA PROPRIA STORIA E PER POTER
RITROVARE IL MONDO
E TUTTO NASCE
DA QUI
L’IMMAGINE CORPOREA
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IL CORPO E LA SUA
RAPPRESENTAZIONE
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IL VUOTO e LA PAURA
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LA SOLITUDINE
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LA RICHIESTA
DI AIUTO
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IL CORPO E LA SOLITUDINE : le parole
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Incontrare il corpo è permettere alle persone la
richiesta, è creare situazioni, è permettere di
sperimentare, di sentire e creare un
paracadute e sostenere la ricerca di sè,
è permettere e non insegnare.
.
AMMETTERE DI AVERE PAURA
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IL CORPO E LA SUA CONOSCENZA
LA SOLITUDINE
INCONTRARE IL CORPO È
ANCHE RIUSCIRE AD
IMMAGINARE UN FUTURO
INCONTRARE IL CORPO NON È
CHIUDERSI IN UN CERCHIO,
ESSERE SIMBOLICAMENTE DUE, È
UN APRIRE, ALLARGARE LO
SGUARDO PER VEDERE OLTRE,
PERMETTERE IL DECENTRAMENTO,
CREARE LA SICUREZZA, MA NON
LA DIPENDENZA.
E ora potremmo provare di nuovo a
chiederci………
I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO
ALIMENTARE…. UN PROBLEMA DI
CIBO?
Incontrare
il proprio corpo
è
permettersi
di poter essere
Se rendo più scure le mie ciglia
E gli occhi più lucenti
e le labbra più rosse
o se chiedo, di specchio in specchio,
se tutto va bene,
non è per sfoggio di vanità:
io cerco il volto che avevo prima che il mondo
fosse creato.
W.B. Yeats