PSICOLOGIA CLINICA E MALATTIA SOMATICA Carlo Pruneti Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Unità di Psicologia Clinica Università di Parma I PROBLEMI SONO TANTI CHE MI PROVOCANO MAL DI TESTA... LEGGE DI YERKES DODSON STRESS E MALATTIA Il ruolo dello stress come fattore di rischio per la salute è stato ampiamente studiato e confermato da innumerevoli evidenze empiriche. Le conseguenze dannose dello stress sulla salute sono mediate da modificazioni del sistema endocrino, immunitario e nervoso autonomo e dall’influenza negativa che esercita sui comportamenti rilevanti per la salute STRESS E STILE DI VITA STRESS STILE di VITA STRESS E STILE DI VITA Le persone sotto stress, OVVERO IN PREDA A STRESS CRONICO, hanno maggiore probabilità di mettere in atto comportamenti malsani o rischiosi, tra i quali: consumo di alcol, sostanze stupefacenti ad essetto euforizzante, sigarette, farmaci (soprattutto ansiolitici e ipnoinducenti), diminuzione delle ore di sonno, consumazione veloce dei pasti, ecc., il tutto, nel tentativo di ridurre la sensazione incombente di minaccia o di controllare le emozioni vissute come destabilizzanti. Per cui lo stress risulta anche come conseguenza dello stile di vita adottato La clinica… Psicologia e Ostetricia e Ginecologia NEUROMODULATORI: PRINCIPALI EFFETTI • Neurotrasmettitore del SNC somatomotorio e del SNA parasimpatico Acetilcolina • Effetti generalmente facilitatori • Movimenti muscolari, arousal, ciclo sonno-veglia, sonno REM, apprendimento e memoria • Monoamina Indolamina • Neurotrasmettitore del SNC • Effetti inibitori di tipo tonico ampiamente diffusi nel SNC Serotonina • Regolazione dell’umore, del sonno, dei sogni, dell’arousal, del dolore, della paura, dello stress, controllo dell’appetito ( ), della comunicazione (capacità relazionali) • Deficit serotoninergico: umore alterato in senso depressivo, difficoltà nella comunicazione, manifestazioni comportamentali di tipo ossessivo NEUROMODULATORI: PRINCIPALI EFFETTI • Ormone secreto dalla midollare del surrene coinvolto nella reazione d’allerta, Adrenalina risposta di attacco o fuga. CATECOLAMINE • Effetti simili all’ attivazione della porzione simpatica del SNA: aumento della PA, inibizione movimenti peristaltici, regolazione metabolismo energetico (liberazione del glucosio del fegato), diminuzione della secrezione urinaria • Neurotrasmettitore del SNC e delle terminazioni delle SNA simpatico; ormone secreto insieme all’adrenalina dalla midollare del surrene con azione analoga; potente vasocostrittore Noradrenalina • Implicata: vigilanza, comportamento sessuale, controllo dell’appetito, funzioni uditive, attività cardiovascolare e respiratoria,sonno, sogno, funzioni motivazionali ed espressione emotiva, regolazione della paura, del dolore e dello stress. • Deficit: depressione, astenia, perdita di motivazione, perdita dell’appetito • Livelli elevati sembrano essere correlati con la mania. • Neurotrasmettitore del SNC, precursore della noradrenalina con effetti sia eccitatori che inibitori Dopamina • Ruolo importante nei processi cognitivi e nel funzionamento motorio; nella creatività,nel piacere, nel comportamento sessuale; nell’attenzione e nell’apprendimento; negli effetti di rinforzo delle droghe • Alterazioni dei suoi tratti giocano un ruolo nella schizofrenia ( Parkinson ( ) • Deficit depressione psicotiche Livelli elevati ) e nel morbo di deliri, allucinazioni, manifestazioni NEUROMODULATORI: PRINCIPALI EFFETTI • Peptidi Oppioidi endogeni (endorfine, encefaline) Glutammato GABA • Neurotrasmettitori del SNC • Analgesia, inibizione delle reazioni difensive specie-specifiche come il nascondersi e il fuggire, rinforzo positivo (gratificazione), modulazione del sonno con effetti sedativi Principale neurotrasmettitore eccitatorio del SNC Principale neurotrasmettitore inibitorio del SNC Diversi ORMONI STEROIDEI, che normalmente vengono secreti nel corpo, e alcuni ormoni collegati all’azione del progesterone (il principale ormone della gravidanza) si legano ai recettori del GABA inducendo un EFFETTO SEDATIVO ASSE IPOTALAMO-IPOFISI-OVAIO controllo neuroendocrino Stimoli endogeni ed esogeni Noradrenalina Adrenalina Acetilocolina Glutammato + ± IPOTALAMO - Peptidi oppioidi GABA, CRF Dopamina, Ossitocina Serotonina GnRH: gonadotropin-releasing hormone FSH: ormone follicolo stimolante Estrogeni Progesterone Androgeni Inibine GnRH LH: ormone luteinizzante Il sistema ipotalamo-ipofisi-ovaio è influenzato ± IPOFISI anteriore da efferenze sopraipotalamiche. È noto che nella donna stress di varia natura (fisici ed emozionali) se prolungati o FSH LH sufficientemente intensi possono associarsi a deficit nella sfera riproduttiva come l’amenorrea, l’anovulazione, ecc, riconducibili ad uno OVAIO squilibrio nel controllo dell’asse ipotalamoipofisi-ovaio. Alcuni esempi… SINDROME PREMESTRUALE: CENNI STORICI L’esistenza di disturbi e modificazioni psicologico-comportamentali che possono manifestarsi in prossimità delle mestruazioni è un problema noto fin dai tempi antichi. Il primo riferimento sembra, infatti, essere contenuto nel canone medico di Ippocrate (circa 460-370 a.c). Il termine di "Sindrome Premestruale" è stato impiegato per la prima volta da Greene e Dalton nel 1953 e ad essa, da allora, sono stati attribuiti più di 150 sintomi che vanno ad abbracciare ambiti multidisciplinari: dalla ginecologia all’endocrinologia, dalla dermatologia alla neuropsichiatria. Nel 1983 si è svolto il primo convegno internazionale dedicato esclusivamente alle Sindromi Premestruali e nel 1987 nella terza edizione rivisitata del Manuale Diagnostico e Statistico de Disturbi Mentali (DSM-II-R) l’American Psychiatric Association (APA) ha incluso all’interno dei “Disturbi Depressivi Non Altrimenti Specificati”, come entità nosologica a sé stante, il Disturbo Disforico della Tarda Fase Luteinica, che è stato in seguito rinominato nel DSM-IV (APA, 1994) Disturbo Disforico Premestruale (DDPM), corrispondente a una forma più grave e invalidante della Sindrome Premestruale. SINDROME PREMESTRUALE: DEFINIZIONE E’ un’entità clinica caratterizzata da sintomi di tipo emozionale, fisico e comportamentale con un andamento ciclico. Nella sua accezione più ampia la PMS può essere definita come “la ricorrenza ciclica, nella fase luteinica del ciclo mestruale, di una combinazione di disagio fisico, psicologico e/o di cambiamenti comportamentali di severità sufficiente a condurre ad un deterioramento delle relazioni interpersonali e/o ad un’interferenza con le attività normali” (Reid R. L. 1985) SINDROME PREMESTRUALE I sintomi correlati con il ciclo mestruale (dismenorrea, menorragia, sindrome premestruale, disturbo disforico premestruale) sono entità cliniche che possono incidere significativamente sulla qualità della vita della donna, considerando la loro natura ciclica e cronica, così che il medico (solitamente il ginecologo e/o il medico di medicina generale) si trova spesso a confrontarsi con tali disturbi nell’esigenza di formulare una valutazione clinica approfondita adeguata all’impostazione di trattamenti che siano efficaci. SINDROME PREMESTRUALE Durante la fase luteinica la maggior parte delle donne sperimenta cambiamenti fisici, psicologici e comportamentali. Solo in alcune, tuttavia, questi cambiamenti sono di natura ed entità tale da essere percepiti come fastidiosi o insopportabili ed interferire con lo svolgimento delle attività ordinarie e i rapporti interpersonali. I disturbi premestruali sono molto eterogenei e variabili, per natura, numero, intensità e durata, da una donna all’altra, e, spesso, tra un ciclo e l’altro nella stessa donna. SINDROME PREMESTRUALE: DEFINIZIONE E PREVALENZA SINDROME PREMESTRUALE : • • • • • Insieme di sintomi fisici, psicologici e comportamentali Percepiti come fastidiosi D’intensità medio-moderata Non riconducibili ad una causa organica specifica Che interferiscono, in modo non significativo, con le normali attività del soggetto • Emergenti durante la fase premestruale (7-10 giorni prima dell’inizio delle mestruazioni) e che scompaiono o regrediscono durante il resto del ciclo. PREVALENZA: 70-90% delle donne sperimenta occasionalmente sintomi premestruali di entità sopportabile. 20-40% delle donne sperimenta frequentemente sintomi d’intensità medio -moderata, percepiti come fastidiosi, motivo di malessere e disagio SINDROME PREMESTRUALE (PMS) 2-9% delle donne sperimenta la medesima costellazione di sintomi con intensità e frequenza tali da interferire significativamente con lo svolgimento delle attività ordinarie e con i rapporti interpersonali DISTURBO DISFORICO PREMESTRUALE (DDPM) SINDROME PREMESTRUALE Eziopatogenesi: Fattori socioculturali Fattori psicologici Fattori biologici PMS E DDPM: VARIABILI INTERVENIENTI E FATTORI PREDISPONENTI NELL’INSORGENZA E NEL MANTENIMENTO DEI SINTOMI VARIABILI FISIOLOGICHE Modificazioni degli ormoni ovarici e LH: .valori assoluti estradiolo (+) e progesterone (-): eccesso o calo di estradiolo, carenza o calo di progesterone (ipotesi contrastanti) . rapporto estradiolo/progesterone iperestrogenia relativa . pulsatilità LH (aumento della frequenza e diminuzione dell’ampiezza) Eccesso dei livelli circolanti di prolattina Alterazione dell’asse renina-angiotensina-aldosterone, con un eccesso di quest’ultimo e conseguente maggior riassorbimento di sodio, e quindi ritenzione idrica Deficit dei livelli circolanti di prostaglandine Deficit dei livelli circolanti di ß-endorfine Modificazioni a carico di alcuni neurotrasmettitori: serotonina (-); dopamina (-); noradrenalina (-); GABA (-) Deficit di vitamina B6 causato da iperestrogenismo La vitamina B6 interviene nella sintesi di diversi neurotrasmettitori (dopamina, serotonina) considerati come possibili variabili eziopatogenetiche dei disturbi premestruali Deficit di magnesio, vitamina A, zinco e calcio PMS E DDPM: VARIABILI INTERVENIENTI E FATTORI PREDISPONENTI NELL’INSORGENZA E NEL MANTENIMENTO DEI SINTOMI FATTORI PSICOLOGICI e SOCIALI • Anamnesi positiva per distrurbi d’ansia, ecc. disturbi dell’umore, depressione post-partum, • Familiarità per i disturbi sopracitati • Status socio-economico elevato • Contesto culturale d’appartenenza • Tratti di personalità e variabili psicologiche come autostima e autoefficacia: le donne con PMS sono tendenzialmente dubbiose, apprensive ed emotivamente instabili, con poca autostima, poca fiducia in se stesse ed un forte bisogno di conferme da parte degli altri. • Credenze, stereotipi, pregiudizi • Stili di vita, comportamenti e abitudini • Stress: ruolo significativo nella genesi, mantenimento o incremento dei sintomi premestruali Gli studi relativi al ruolo dei fattori intervenienti nell’eziologia e nel mantenimento dei disturbi premestruali riportano risultati contrastanti. PMS DDPM CRITERI per la DIAGNOSI DIFFERENZIALE tra SINDROME PREMESTRUALE e DISTURBO DISFORICO PREMESTRUALE ENTITÀ DEI SINTOMI LIVELLO D’INTERFERENZA con lo svolgimento delle attività ordinarie e i rapporti interpersonali PMS E DDPM: MULTIFATTORIALITÀ EZIOPATOGENETICA MULTIDIMENSIONALE VALUTAZIONE La complessità e la natura multifattoriale dei disturbi premestruali richiede un approccio multidiscilplinare, la necessità di una valutazione mutidimensionale e di interventi basati sulla collaborazione dei diversi specialisti coinvolti. Dopo la diagnosi di PMS, le strategie nella scelta del trattamento più idoneo risultano essere • "convalidare l’esperienza soggettiva di ogni paziente"; • "comprendere i fattori che contribuiscono alla presenza dei sintomi premestruali"; • "comprendere le conseguenze psicologiche e sociali di una PMS di lunga durata"; • "insegnare modalità autogestite per controllare le PMS"; • "sensibilizzare la paziente a non minimizzare l’impatto della PMS"; • "prescrivere farmaci che riducono o risolvono i sintomi"; • "sostenere la paziente nel recuperare il danno che la PMS può aver provocato a lei ed alle sue relazioni interpersonali“ (Cassano e Coll., 1994),. SINDROME PREMESTRUALE: SEMEIOTICA SINTOMI SOMATICI SINTOMI PSICOLOGICI DOLORE AL SENO e/o TENSIONE MAMMARIA LABILITÀ EMOTIVA AUMENTO PONDERALE UMORE DEPRESSO SENSAZIONE DI GONFIORE ANSIA DISTURBI e/o DOLORI ADDOMINALI DOLORI ARTICOLARI e/o MUSCOLARI ASTENIA DOLORE AI RENI DIFFICOLTÀ DI CONCENTRAZIONE CEFALEA, TACHICARDIA, VAMPATE DI CALORE EDEMI (SENO, ADDOME, DITA, GAMBE,ecc) SINTOMI CUTANEI: ALLERGIE,HERPES,ACNE,SEBORREA,ecc. DISTURBI GASTROINTESTINALI: NAUSEA, DIARREA, STITICHEZZA,ecc. IRRITABILITÀ, NERVOSISMO, DIFFICOLTÀ RELAZIONALI MODIFICAZIONI DELL’APPETITO (solitamente aumento) INSONNIA o IPERSONNIA CALO DELLA LIBIDO IPERATTIVITA’ A VOLTE INCONCLUDENTE DISTURBO DISFORICO PREMESTRUALE (DDPM): CRITERI DIAGNOSTICI SECONDO IL DSM IV-TR A. Comparsa di sintomi del criterio B nella maggior parte dei cicli mestruali dell’anno precedente la visita, durante l’ultima settimana della fase luteinica e risoluzione di questi disturbi entro i primi giorni della fase follicolare. B. Presenza di almeno 5 dei seguenti sintomi, con almeno uno dei primi 4: 1. Umore depresso, con sentimenti di disperazione o autosvalutazione 2. Ansia, tensione, nervosismo 3. Labilità emotiva 4. Persistente marcata irritabilità, aumento dei conflitti interpersonali 5. Perdita d’interesse per le attività usuali 6. Difficoltà di concentrazione 7. Facile stancabilità, notevole perdita d’energia 8. Cambiamenti dell’appetito, desiderio insaziabile o improvvisa repulsione per alimenti specifici 9. Insonnia o ipersonnia 10. Senso di perdita di controllo 11. Sintomi somatici: aumento di peso, sensazione di gonfiore, ipersensibilità mammaria, cefalee, dolori muscolari o articolari C. Compromissione del funzionamento sociale (interferenza con le attività quotidiane e i rapporti interpersonali) D. Il disturbo non deve essere l’esarcebazione di sintomi di un altro quadro psicopatologico, quale depressione maggiore, disturbo di panico, disturbo distimico, disturbo di personalità. E. Conferma dei criteri A, B, C e D mediante un’autovalutazione prospettica della paziente (es, diario) per almeno due cicli sintomatici consecutivi (in attesa di tali informazioni si può porre una diagnosi PMS E DDPM: INDICAZIONI DIAGNOSTICHE Non esistono esami di laboratorio che permettano di diagnosticare la PMS e il DDPM Per effettuare una diagnosi di PMS o DDPM è necessario: • eseguire tutti gli accertamenti necessari per escludere eventuali cause organiche alla base dei disturbi lamentati • Diagnosi differenziale:escludere la possibilità che i sintomi siano riconducibili ad altri disturbi psicopatologici • i sintomi devono: - essere presenti da almeno due cicli consecutivi - essere circoscritti alla sola fase luteinica del ciclo mestruale fino a 2-3 giorni dopo l’inizio della mestruazione - avere andamento ciclico • utilizzo di strumenti per una valutazione adeguata della qualità, intensità e frequenza dei sintomi: questionari di autovalutazione, tra i quali il Premestrual Assessment Form (PAF) di Haldbreich e Endicott, 95 item e il Moos Menstrual Distress Questionnaire (MMDQ) , 47 item, diari, schede di automonitoraggio, ecc PMS E DDPM: TRATTAMENTO Il trattamento dei disturbi premestruali comprende strategie terapeutiche farmacologiche, cognitivo-comportamentali, spesso integrate. Interventi farmacologici: si possono suddividere in tre tipi 1. Trattamento basato sull’eziopatogenesi; 2. Trattamento inibente l’ovulazione; 3. Trattamento sintomatico • Ansiolitici (es, Alprazolam, Buspirone) e antidepressivi, in particolare quelli di ultima generazione: inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SRRI), come la Fluoxetina (Prozac), Clomipramina, Paroxetina e Sertralina. • Sali di litio (in caso di una sintomatologia bipolare, con livelli importanti di aggressività) • Bromocriptina (agonista dopaminergico, inibitore della secrezione di PRL) • Antinfiammatori • Diuretici, in particolare lo Spironolattone • Pillola contraccettiva (agisce solo sui sintomi fisici, dismenorrea, ecc) • Integratori di vitamina B6, A, E, calcio, rame e zinco • Sali di magnesio PMS E DDPM: INTERVENTI PSICOLOGICI . Informazione (informazioni corrette, rassicurazioni, consigli, suggerimenti…) . Intervento sui believes (credenze, convinzioni) . Intervento sugli stili di coping (modalità di fronteggiamento dello stress) . Tecniche di rilassamento (training autogeno, rilassamento progressivo, ecc). Modificazione dello stile di vita e delle abitudini alimentari: incremento attività fisica (aumento delle endorfine), riduzione dello stress e dei comportamenti stress-correlati, riduzione del consumo di zuccheri a rapido assorbimento, sale, tabacco, caffè, alcol; dieta ricca di carboidrati, vitamine e sali minerali, povera di grassi e proteine Interventi individuali, di coppia o di gruppo SINDROME POST-ISTERECTOMIA • La sintomatologia è in ogni caso estremamente variabile da donna a donna; i disturbi si manifestano secondo combinazioni diverse per natura, numero, intensità e durata. • Le modificazioni neuroendocrine conseguenti all’intervento sono tra i principali fattori eziopatogenetici (Richards, 1974). • La variabilità interindividuale nel vissuto cognitivo ed emotivo e nella sintomatologia lamentata è riconducibile anche all’influenza di variabili individuali e ambientali, di natura psicologica e socioculturale. • Somiglianze con la Sindrome Premenopausale in riferimento alla natura dei disturbi e alle variabili coinvolte nell’insorgenza e mantenimento degli stessi, soprattutto in caso di isterectomia con ovariectomia (menopausa chirurgica). SINDROME POST-ISTERECTOMIA: FATTORI PREDISPONENTI E CONCOMITANTI Nell’ INSORGENZA, MANTENIMENTO e PEGGIORAMENTO dei disturbi e del disagio vissuto dalla donna sottoposta a isterectomia sembrano intervenire fattori di diversa natura, pre e post-operatori quali: età della donna modificazioni fisiologiche, soprattutto nella prima fase post-operatoria possibili complicanze peri e post-operatorie presenza/assenza di precedente maternità, desiderio di maternità motivazioni all’intervento: patologia benigna o maligna modalità e tipologia dell’intervento livello di sofferenza e compromissione del funzionamento personale e del benessere psicofisico pre-operatorio Storia clinica SINDROME POST-ISTERECTOMIA: FATTORI PREDISPONENTI E CONCOMITANTI Nell’ INSORGENZA, MANTENIMENTO e PEGGIORAMENTO dei disturbi e del disagio vissuto dalla donna sottoposta a isterectomia sembrano intervenire fattori di diversa natura, pre e post-operatori quali: anamnesi positiva per disturbi psicopatologici, in particolare disturbi d’ansia e dell’umore disturbi clinico psicologici attuali Anamnesi familiare positiva per disturbi psicologici sistema di valori, credenze e convinzioni relative all’intervento e alla funzione dell’utero (mestruale, riproduttiva, sessuale), ecc… stili di vita, abitudini e comportamenti disfunzionali, stress correlati tratti stabili di personalità, temperamento, aspetti costituzionali strategie e risorse di coping fattori socio-ambientali ISTERECTOMIA: MODIFICAZIONI NEUROENDOCRINE E DISTURBI PSICOLOGICI L’isterectomia comporta modificazioni neuroendocrine a breve e/o a lungo termine conseguenti a uno stato temporaneo o permanente di insufficienza o sospensione dell’attività ovarica (sindrome acuta dell’ovaio, ridotta vascolarizzazione, asportazione dell’ovaio in caso di ovariectomia, ecc) e allo stress preoperatorio e chirurgico. Stress preoperatorio, chirurgico e quello relativo alla fase di adattamento alla nuova situazione. Le alterazioni neuroendocrine sono da considerare come variabili intervenienti rispetto dell’insorgenza e mantenimento dei disturbi psicologici che possono manifestarsi nella fase post-operatoria. (Polvani e coll., 2000) ISTERECTOMIA: MODIFICAZIONI NEUROENDOCRINE E DISTURBI PSICOLOGICI Quadro neuroendocrino caratteristico della fase post-operatoria (tendenze generali): ● RAPIDO E SIGNIFICATIVO CALO DEGLI ESTROGENI (alterazioni della funzionalità ovarica transitorie o permanenti) ● PICCO DEL PROGESTERONE (iperattivazione del surrene, risposta acuta dell’ovaio) ● ELEVATI LIVELLI DI PROLATTINA E CORTISOLO (risposta di stress) ● ELEVATI LIVELLI DI CATECOLAMINE, VASOPRESSINA, ACETILCOLINA, ISTAMINA, PROSTAGLANDINE (risposta di stress) (Pruneti, 1998; Polvani e coll., 2000) SINDROME POST-ISTERECTOMIA: ASPETTI CLINICO-DIAGNOSTICI Importanza dell’analisi e valutazione dei fattori di rischio preoperatori al fine di prevenire e/o intervenire il più precocemente possibile sull’insorgenza di disturbi di natura psicologico-affettiva. Valutazione delle possibili ripercussioni dell’intervento sulla qualità della vita e sul benessere psicofisico della donna. Valutazione del livello di sofferenza e della compromissione del funzionamento individuale prima dell’intervento. Indagine su possibili disturbi psicologici concomitanti in fase preoperatoria diagnosticati o non. Analisi e valutazione dei pensieri prevalenti della donna relativamente all’intervento e ai significati che essa attribuisce all’utero e alla sua asportazione. Valutazione del livello di motivazione all’intervento SINDROME POST-ISTERECTOMIA: ASPETTI CLINICO-DIAGNOSTICI La valutazione del profilo di personalità, dei comportamenti e stili di vita, del sistema di credenze e di valori, del funzionamento interpersonale e intrapersonale della donna può essere utile per meglio comprendere la natura e i meccanismi processuali alla base dei disturbi lamentati e per programmare interventi personalizzati. Particolari tipologie di personalità [instabilità emotiva (C-); apprensività, insicurezza ansiosa (O+), tensione, ansia somatica (Q4+)*] sembrano essere maggiormente predisposte a sviluppare la sindrome post-isterectomia. Un analisi delle strategie e delle risorse di coping può essere utile per individuare ed intervenire precocemente su eventuali modalità disfunzionali di fronteggiamento e su possibili deficit nelle risorse, da potenziare. * Sixsteen Personality Factors Questionnaire (16 PF-C) di R.B. Cattell (1956) SINDROME POST-ISTERECTOMIA: ASPETTI CLINICO-DIAGNOSTICI L’isterectomia, come qualsiasi intervento chirurgico, rappresenta un evento di vita stressante e come tale si associa ad un aumento del rischio di sviluppo, peggioramento e di possibili ricadute di disturbi psicopatologici, oltre ad un aumento dell’incidenza di disturbi psicofisiologici. Tuttavia in caso di una sintomatologia importante (benigna) con compromissione del benessere psicofisico e della vita di relazione come motivazione all’intervento, l’isterectomia si associa in ad una slatentizzazione dei disturbi psicologici preoperatori (ansia, depressione, problemi della sfera sessuale), in assenza di quadri psicopatologici gravi, come conseguenza di un miglioramento dello stato di salute fisica e della qualità della vita della donna. Non si evidenziano differenze significative tra isterectomia totale e subtotale nell’ outcome psicologico e nel miglioramento della qualità della vita (Thakar, Ayers, Georgakapolou, Clarkson, Stanton, Manyonda, 2004). SINDROME POST-ISTERECTOMIA: ASPETTI CLINICO-DIAGNOSTICI Secondo una recente review (Maas, Weijenborg, ter Kuile, 2003) i dati presenti in letteratura sulla possibile relazione tra isterectomia e i disturbi della sfera sessuale sono ancora contrastanti. Tale incongruenza è da ricondurre sia alla natura multifattoriale dei disturbi sessuali che alla conseguente estrema complessità del problema oggetto d’indagine. C’è da dire però che gli studi effettuati realmente interdisciplinari e su casistiche adeguate (non “single case report”) sono relativamente pochi. SINDROME POST-ISTERECTOMIA: INTERVENTO MULTIDISCIPLINARE Coinvolgere la donna nel processo decisionale fornendo le informazioni necessarie per una scelta consapevole, valutando e ponderando non solo le indicazioni al trattamento, ma anche i bisogni e le inclinazioni della paziente, al fine di: ● incrementare la compliance ● ridurre l’ansia anticipatoria, dubbi e paure ● contenere il distress, evitare risposte disadattive ● prevenire l’insorgenza di ulteriori disturbi medici, psicofisiologici psicologici e SINDROME POST-ISTERECTOMIA: INTERVENTO MULTIDISCIPLINARE Interventi informativi adeguati da parte del medico, insieme a interventi di consulenza e sostegno psicologico sono risultati positivamente correlati con: ● riduzione del disagio psicologico e dello stress pre e post operatorio ● tempi di degenza inferiori ● minor ricorso ad ansiolitici e antidolorifici dopo l’intervento ● minor incidenza e gravità della sindrome postisterectomia e di disturbi psicologici successivi all’intervento (Casadei e Fabbri, 1993) TABELLA DELLE REGRESSIONI VARIABILE INDIPENDENTE VARIABILE DIPENDENTE t p C (16 PF-C) A (SQ) - 3.014 < 0.01 L (16 PF-C) A (SQ) 2.483 < 0.05 O (16 PF-C) A (SQ) 2.582 < 0.05 Q4 (16PF-C) A (SQ) 4.061 < 0.01 I ( PSQ) A (SQ) 2.845 < 0.01 TOT (PSQ) A (SQ) 2.394 < 0.05 F (16 PF-C) D (SQ) - 2.41 < 0.05 L D (SQ) 2.272 < 0.05 D (SQ) 2.861 < 0.01 D (SQ) 2.387 < 0.05 (16 PF-C) Q4 I (16PF-C) (PSQ) Caratteristiche di personalità come la tendenza ad essere teso, frustrato, irritabile, emotivamente instabile (alti punteggi al fattore Q4 e bassi punteggi al fattore C), con un forte senso del dovere, associato a sensi di colpa, apprensione e insicurezza (alti punteggi al fattore O), risultano essere predittive di manifestazioni sintomatologiche di tipo ansioso-depressivo e di elevati livelli di ostilità. Anche i soggetti tendenzialmente diffidenti, scettici e dogmatici, con atteggiamenti “paranoici” (alti punteggi al Fattore L) sembrano avere una maggiore probabilità di manifestare alti livelli di ansia, umore depresso e irritabilità. C (16 PF-C) O (SQ) - 2.925 < 0.01 L (16 PF-C) O (SQ) 3.571 < 0.01 Uno stile di vita iperattivo e la messa in atto O (16 PF-C) O (SQ) 2.334 < 0.05 di comportamenti disfunzionali associati ad Q4 O (SQ) 4.533 < 0.01 elevati livelli di stress sembrano influenzare TOT (PSQ) O (SQ) 1.915 N.S. significativamente la comparsa dei disturbi O DS (PSQ) 2.228 < 0.05 (16PF-C) (SQ) psicologici climaterica. caratteristici della sindrome N° soggetti esaminati = 8 Età range = 16 – 27 (MA = 19,27 ± 2,2) Prima visita clinico psicologica o psichiatrica Dismenorrea da almeno 1 anno Esami clinico psicologici: MMPI – 2, SQ, PSQ, STAI (CBA), PPF. IL CASO DEL PCO (POLYCISTIC OVARY SINDROME) OVAIO POLICISTICO PCO altezza peso in Kg BMI 0 20 40 1 60 2 3 80 4 5 100 6 7 120 8 140 160 180 PCO 9 8 7 6 5 4 3 2 1 0 SR V 1 2 DS 3 PP 4 5 TL 6 I 7 PSQ con valori relativamente alti ma con profilo non omogeneo in DS (disturbi da stress), TL (Scarsità di tempo libero) 8 PCO 100 90 80 70 60 50 40 30 20 10 0 HY D 1 HS 2 PD 3 MF 4 PA PT 5 SC 6 PA 7 IS 8 MMPI: valori espressi in punti T corretti K, Valori significativi se oltre 65-70 Si può notare un andamento tipico di alcuni soggetti in MF La valutazione multidimensionale in CARDIOLOGIA LA VALUTAZIONE MULTIDIMENSIONALE DEL PAZIENTE CARDIOVASCOLARE Le malattie cardiovascolari rappresentano una delle principali cause di morte in tutto il mondo. I disturbi cardiovascolari sono riconosciuti come “l’epidemia” del secolo. Il rischio cardiovascolare è di natura multifattoriale; è importante a riguardo sottolineare come diversi fattori di rischio siano modificabili grazie ad interventi di modificazione comportamentale. Centralità di un approccio multidisciplinare alla patologia cardiovascolare sia sul piano della prevenzione che della cura RUOLO DELLO PSICOLOGO NELLA PREVENZIONE E/O CURA DELLA PATOLOGIA CARDIOVASCOLARE Le evidenze cliniche dimostrano e sottolineano l’efficacia di un approccio e di interventi multidisciplinari al paziente cardiovascolare. L’indiscussa importanza dei fattori psicologici rispetto allo stato di salute-malattia in generale e, nello specifico, al rischio e alla riabilitazione cardiovascolare sostiene la necessità di un approccio integrato alla malattia cardiaca, in cui lo psicologo viene ad assumere un ruolo di rilievo sia nell’ambito della prevenzione primaria e secondaria, che della riabilitazione e della programmazione di interventi personalizzati. RUOLO DELLO PSICOLOGO NELLA PREVENZIONE E/O CURA DELLA PATOLOGIA CARDIOVASCOLARE Interventi informativi e formativi di sensibilizzazione Interventi di educazione alla salute Consulenza e sostegno al paziente cardiovascolare e ai familiari Valutazione dei fattori di rischio e delle risorse sul piano psicologico e socio-ambientale. RUOLO DELLO PSICOLOGO NELLA PREVENZIONE E/O CURA DELLA PATOLOGIA CARDIOVASCOLARE Valutazione clinico-psicologica (tratti di personalità, stili di coping, livello di motivazione, ecc.) finalizzata alla progettazione di interventi riabilitativi personalizzati orientati a contenere lo stress connesso all’intervento e favorire l’aderenza al trattamento Diagnosi e trattamento di eventuali disturbi psicopatologici concomitanti e/o predisponenti (disturbi dell’umore, disturbi d’ansia, ecc.) Interventi di modificazione comportamentale orientati a: 1. riduzione dei fattori di rischio 2. riduzione degli stili di vita e comportamenti disadattivi, stress correlati 3. incremento di comportamenti preventivi e stili di vita salutari LA RIABILITAZIONE CARDIOVASCOLARE Secondo la definizione elaborata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la riabilitazione cardiovascolare comprende qualsiasi intervento in grado di riportare il paziente alle condizioni fisiche, mentali e sociali, le migliori possibili, compatibili con il proprio stato di malattia. Col termine Riabilitazione Cardiovascolare (RC) si intende “un processo multifattoriale attivo e dinamico che ha come fine ultimo quello di favorire la stabilità clinica di ridurre la disabilità conseguente alla malattia, di favorire un ruolo attivo nella società, in ultima analisi, di ridurre i rischi di successivi eventi cardiovascolari, di migliorare la qualità della vita e di incidere positivament sulla sopravvivenza”* *(Giannuzzi, P., 2003) LA RIABILITAZIONE CARDIOVASCOLARE L’obiettivo dell’intervento riabilitativo è perciò il raggiungimento del miglior stato di benessere psicofisico del paziente, mediante interventi integrati, che presuppongono l’impiego di diversi strumenti, tecniche e la collaborazione tra gli specialisti delle diverse discipline coinvolte (cardiologo, internista, terapisti della riabilitazione, psicologo, ecc). FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE: MODIFICABILI E NON MODIFICABILI L’individuazione dei fattori di rischio, il loro contenimento o la loro modificazione, qualora possibile, rappresentano un obiettivo fondamentale dell’intervento sia di tipo preventivo che riabilitativo Fattori di rischio modificabili Fattori di rischio non modificabili Fumo (sia attivo che passivo) Familiarità Ipercolesterolemia (> 250 mg/dl) Età Ipertensione arteriosa (sistolica>120; diastolica>80) Sesso Sovrappeso, obesità Stato post-menopausale Diabete mellito Ipertrigliceridemia Iperomocistieinemia Stress ossidativi Ridotto tono del parasimpatico Depressione Stress cronico a livello psicofisico Comportamento di tipo A (ostilità) COMPORTAMENTO DI TIPO A Tra i fattori di rischio cardiovascolare rientra il comportamento di TIPO A: (Friedman e Rosenman, 1974) configurazione di personalità caratterizzata da urgenza di tempo, impazienza, ostilità, competitività, ambizione e difficoltà a mostrare i propri sentimenti (compresa la rabbia) Suddetti comportamenti disadattivi insieme, all’ incapacità di gestire eventi stressanti, influenzano negativamente il benessere psicofisico dell’individuo, sia incrementando il rischio di sviluppare una patologia coronarica, che ostacolando il recupero della piena funzionalità Pisa Stress Questionnaire (PSQ) di C. Pruneti: strumento psicodiagnostico per la valutazione dei i comportamenti disadattivi, stress correlati; di facile e rapida somministrazione DEPRESSIONE E ANSIA Numerosi studi hanno evidenziato l’importanza della depressione nella prognosi di soggetti cardiopatici, sottolineando come questa debba essere considerata un fattore di rischio indipendente che influisce direttamente sul sistema nervoso autonomo (SNA) Anamnesi positiva per disturbi dell’umore, così come la presenza di una depressione attuale, sindromica o subclinica, sono predittive di un maggior rischio cardiovascolare, in soggetti senza alcuna evidenza clinica di cardiopatia così come in soggetti cardiopatici. Anche l’ansia è predittiva di un maggior rischio cardiovascolare, sia in soggetti sani, che in quelli cardiopatici Disturbi d’ansia e/o disturbi depressivi rappresentano, pertanto, fattori predisponenti, concomitanti e/o conseguenti rispetto alla patologia cardiovascolare. Si evidenzia un elevata comorbilità tra patologia cardiovascolare e disturbi psicologici quali la depressione, il disturbo di attacchi di panico con/senza agorafobia, ecc. SNA COME FATTORE DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE Recenti studi hanno sottolineato l’importanza che il SNA riveste nelle malattie cardiovascolari. Lo studio ATRAMI (Autonomic Tone and Reflexes After Myocardial Infarction) ha evidenziato come in soggetti con infarto miocardico acuto e in pazienti con ridotta frazione di eiezione l’aumento del rischio di morte è associato alla presenza di uno squilibrio nella regolazione autonomica. Gli indicatori di una ridotta attività vagale, come la minore sensibilità al baroriflesso (BRS) e la minore variabilità della frequenza cardiaca (HRV) sono importanti fattori prognostici di aumentata mortalità per eventi cardiaci. Nei pazienti che hanno subito un evento cardiaco acuto il SNA simpatico risulta avere una maggiore attivazione se ne deduce che, avendo un ridotto tono parasimpatico (BRS e HRV depressi), in questi pazienti è notevolmente aumentato il rischio cardiovascolare STRESS COME FATTORE DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE Il ruolo dello stress come fattore di rischio per la salute è stato ampiamente studiato e confermato da innumerevoli evidenze empiriche. Le conseguenze dannose dello stress sulla salute (fisica e psichica) sono mediate da modificazioni del sistema endocrino, immunitario e nervoso autonomo e dall’influenza negativa che esercita sui comportamenti rilevanti per la salute STRESS COME FATTORE DI RISCHIO CARDIOVASCOLARE Lo stress si configura come fattore di rischio per i disturbi cardiovascolari principalmente per due motivi: 1. Lo stress cronico si associa a squilibri neuorendocrini caratterizzati da un incremento delle catolamine (iperattivazione surrenale), cortisolo, prolattina, GnRH con evidenti ripercussioni sulla funzionalità dell’apparato cardiopvascolare 2. Le persone sotto stress hanno maggiore probabilità di mettere in atto comportamenti malsani o rischiosi (consumo di alcol, sigarette, tranquillanti, sonniferi, diminuzione delle ore di sonno, consumazione veloce dei pasti, ecc.) nel tentativo di ridurre la minaccia percepita o di controllare le emozioni attivate dall’esperienza potenzialmente dannosa. APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE AL PAZIENTE CARDIOVASCOLARE La diagnosi e l’intervento psicologico si vengono, dunque, ad affiancare alla diagnosi e all’intervento clinico-farmacologico e, nel caso, cardio-chirurgico (Task Force e GICR, 2003). CONFRONTO TRATTATI-NON TRATTATI PRE E POST (BASELINE), PRUNETI E COLL., ITALIAN HEART JOURNAL, 2002 80 80 70 70 60 60 50 50 40 40 30 30 20 20 10 10 0 0 SCR EMG RR PT HR SCR EMG RR PT HR Tratt. (Pre) 13,12 5,11 1,75 32,2 67,31 Tratt. (Post) 7,18 4,18 1,65 33,05 68,47 Non Tratt.(Pre) 12,23 4,57 1,96 32,15 66,84 Non Tratt. (Post) 11,48 4,14 1,74 32,57 62,5 CONFRONTO TRATTATI-NON TRATTATI PRE E POST (STRESS PRESENTATION) PRUNETI E COLL., ITALIAN HEART JOURNAL, 2002 100 90 80 90 70 80 70 60 60 50 50 40 40 30 20 30 10 0 20 10 0 Tratt. (Pre) Non Tratt.(Pre) SCR EMG RR PT HR 19,33 18,48 8,99 7,14 2,58 2,72 30,7 30,57 86,15 82,57 SCR EMG RR PT HR Tratt. (Post) 13,45 7,18 2,2 31,88 80,12 Non Tratt. (Post) 18,08 6,84 2,66 30,19 84,57 BIOFEEDBACK E DISTURBI CARDIOVASCOLARI • Tra le varie metodiche, nella pratica clinica, il biofeedback si è dimostrato una tecnica di intervento efficace nel controllo sia della pressione arteriosa che della frequenza cardiaca e quindi un importante ausilio terapeutico nella prevenzione e nella cura dei disturbi cardiovascolari, quali ad esempio l’ipertensione essenziale, le aritmie, ecc (Basmajian, 1985). • Vi sono numerose evidenze cliniche sulla possibilità di condizionare le risposte cardiovascolari di un soggetto, di mantenere tali apprendimenti nel setting naturale e nel tempo, anche se ancora mancano, studi clinici controllati, soprattutto su larga scala, che corroborino i risultati ottenuti sui singoli casi, consentendo una generalizzazione dei risultati. BIOFEEDBACK E DISTURBI CARDIOVASCOLARI • In particolare l’efficacia terapeutica del biofeedback in riabilitazione cardiologica riguarda, insieme all’acquisizione della capacità di controllare meglio determinate risposte fisiologiche, anche lo sviluppo di una maggiore consapevolezza delle proprie risposte emotive e di quei bisogni e di alcune necessità di cui normalmente non si ha coscienza. • Mediante questa tecnica il paziente apprende infatti a discriminare e a modificare non solo le proprie risposte disfunzionali o patologiche, ma anche le situazioni che sono in grado di provocare tali risposte, riuscendo in questo modo a imparare col tempo a prevenire tali comportamenti. • Il biofeedback è stato, inoltre, impiegato per valutare l’efficacia di determinati farmaci. Un uomo trovò un uovo d’aquila e lo mise nel nido di una chioccia. Per tutta la vita l’aquila fece quel che facevano i polli del cortile…un giorno vide sopra di sé, nel cielo, uno splendido uccello che planava maestoso ed elegante...”chi è quello?”chiese-”è un’aquila, le fu risposto”...E così l’aquila visse e morì come un pollo perché pensava di essere tale (Antony De Mello, 1995) Che cosa significa misurare La misurazione è un processo di assegnazione di un valore numerico (o di nomi di categoria), secondo determinate regole, a variabili che rappresentano quantità di una certa caratteristica Con che cosa misurare? MISURAZIONE APPARECCHIATURE MISURE CLINICHE TEST CLINICI E FUNZIONALI QUESTIONARI SCALE DI VALUTAZIONE Che cosa e come misurare? Prima di variabile poter (fisica misurare o comportamentale) definirla con una psicobisogna chiarezza e specificare / comprendere bene la procedura da usare Quattro livelli Organo (patologia) Persona (Menomazione) WHO ICF Modello di Malattia Tre contesti Psicologico Personale Fisico e Psicofisico Persona nell’ambiente (attività) Psicologico e Sociale Persona in società Posizione Sociale (Partecipazione) Benessere D. Wade ESEMPIO DI SCALA DI VALUTAZIONE NUMERICA Misurazione della velocità del cammino Misurazione della F.C. o della P.A. Età Peso Altezza …… Esempi di scale ad analogo visivo (Visual Analogue Scale - VAS) How severe has your arthritic pain been today? 0 No pain 100 Pain as bad as it could be NOMINALE LIVELLO ORDINALE Categorie Ordine per rango Classificazioni Intervalli non uniformi Caratteristiche Uso e significato dei numeri Solo codice Ordine (ma non differenze) Descrizione del gruppo Frequenze Moda Mediana Range Comparazioni tra gruppi Chi-quadrato Mann-Whitney Fisher's exact t. Wilcoxon ........ Kruskal-Wallis .. Correlazioni Concordanza inter-osservatore Phi Cramer K o Kw AD A INTERVALLO RAPPORTO Intervalli uniformi Assenza di zero Intervalli uniformi Presenza di zero Ordine e differenze, non valori assoluti Ordine, differenze, valori assoluti Media Varianza Media Coeff Variaz. t - test ANOVA t- test ANOVA Rho di Spearman r di Pearson Tau di Kendall K o Kw ICC r di Pearson ICC Misure in Riabilitazione Una misura in Riabilitazione [intesa come il risultato dell’intervento terapeutico] è essenzialmente una valutazione di cambiamento, la quale giudica come il paziente è adesso, in comparazione con una precedente occasione (salute/malattia, interventi medici …) Strumento valutativo - studiato per misurare l’entità del cambiamento nel tempo in un gruppo o in singoli individui. Appropriatezza L’appropriatezza richiede che l’esaminatore prenda in considerazione il grado di corrispondenza di uno strumento con le specifiche proposte, circostanze e richieste di un particolare progetto di ricerca Vi è necessità di analizzare in dettaglio: - gli scopi del progetto (& gli end-points) - la natura dell’intervento da effettuare - le caratteristiche del campione di pazienti - il contenuto degli strumenti candidati Criteri per selezionare una misura Affidabilità Precisione Adattamento trans-culturale Validità e responsività Appropriatezza Interpretabilità Accettabilità Fattibilità Affidabilità e validità (e anche responsività) non sono proprietà intrinseche ad uno strumento, ma devono essere valutate all’interno del contesto di utilizzo e della specifica popolazione da studiare. Criteri per selezionare una misura Affidabilità Precisione Adattamento trans-culturale Validità e responsività Appropriatezza Interpretabilità Accettabilità Fattibilità La variabilità di una misurazione può essere suddivisa in. Variabilità vera Variabilità dovuta ad errore La misurazione è affidabile quanto più è priva di “errore”, pertanto il dato registrato è vicino a quello “vero” AFFIDABILITÀ (RELIABILITY) (A) Affidabilità (b) Grado con cui una misurazione è ripetibile e libera da errore. Varianza vera Affidabilità = Varianza vera = Varianza totale Varianza vera + Varianza dell’errore Affidabilità (c) 1- Consistenza interna od omogeneità: corrisponde al livello con cui le voci di una scala stessa caratteristica misurano una (basata su una singola somministrazione della misura) Una buona scala misura differenti aspetti dello stesso attributi; cioè, gli item sono omogenei Alfa di Cronbach Item-total correlation Alfa di Cronbach Il coefficiente alfa è probabilmente l’indice più usato di omogeneità, ma non è un indicatore perfetto della unidimensionalità di una scala. Il suo principale difetto è “… di avere la tendenza a crescere parallelamente alla crescita del numero di voci…” (Hattie, 1985) Matrice di correlazione & Item-Total Correlation (ITC) Ogni voce deve mostrare una discreta correlazione con tutte le altre. Ogni voce deve correlare con il punteggio totale della scala (omettendo quella voce). Affidabilità (d) 2 – Stabilità o riproducibilità (esamina la riproducibilità di una misura somministrata in differenti occasioni) • • • • Stabilità test-retest (senza valutatori esterni) Stabilità intra-osservatori Stabilità inter-osservatori Stabilità tra differenti forme di somministrazione • Intervista diretta, telefonica, postale… Intraclass Correlation Coefficients Coefficiente Kappa Metodo di Bland e Altman … ecc. L’errore standard della misurazione (SEM) Il concetto di stabilità nella risposta è correlato all’errore di misurazione. Lo SEM è la deviazione standard degli errori di misurazione SEM = R (R = reliability coefficient) s 1- Lo SEM indica quanto è ragionevole che un punteggio possa variare nel corso di misure ripetute dello stesso soggetto. Bassa affidabilità = Alto SEM = più incertezza sul reale punteggio Affidabilità (e) “Le strategie per migliorare la struttura di una scala possono anche contribuire a ridurre la variabilità dell’errore” .. e aumentare l’affidabilità (Streiner DL, Norman GL) Bassa interpretabilità = Alta variabilità nelle risposte = Bassa affidabilità L’item è facile da capire da parte di differenti gruppi di popolazione? • Livello culturale (12 anni di età); Ambiguità (ad es. uso di termini come “di recente” o “occasionalmente”); Termini gergali o tecnici (ad es. uso di termini come “articolarità”, “caregiver”, ecc.); Voci troppo lunghe (= bassa comprensibilità); Domande a doppia risposta (prevedono 1 risposta per 2 domande fatte contemporaneamente); Comprensibilità dei termini (e traduzione inadeguata) Oswestry Disability Index x I can look after myself normally without causing extra pain x Posso gestirmi normalmente senza causare più dolore x Posso prendere cura della mia persona normalmente, senza che questo faccia aumentare il dolore Life Satisfaction Index x Compared to other people my age, I make a good appearance x Rispetto alle altre persone della mia età, io ho un buon appetito (sic !) Comprensibilità della forma di presentazione Qual è il grado di difficoltà che avverte nel… salire le scale? 0 100 Estrema difficoltà Nessuna difficoltà 0 Nessuna difficoltà 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 Estrema difficoltà Ambiguità Blocco articolare 15 Assenza di blocco e di sensazione di rigidità 10 Sensazione di rigidità senza blocco articolare 6 Blocco occasionale 2 Blocco frequente 0 Articolazione bloccata al momento dell'esame clinico Lunghezza dell’item L’item deve essere il più corto possibile (pur rispettando la comprensibilità) In generale, gli item di 70-80 caratteri hanno minor chiarezza di item di 10-20 caratteri Dolore x Dolore occasionale in attività sportive non agonistiche o in attività lavorative moderate, frequentemente provocato da attività energiche, corsa, lavoro faticoso, sport pesanti. x Il dolore viene abitualmente provocato dalla pratica sportiva, da leggere attività ricreative o lavoro moderato. occasionalmente appare durante il cammino, stando in piedi, lavoro leggero. Criteri per selezionare una misura Affidabilità Precisione Adattamento trans-culturale Validità e responsività Appropriatezza Interpretabilità Accettabilità Fattibilità Precisione Lo strumento cattura dettaglio e ampiezza delle reali differenze tra persone? La precisione si riferisce a tipo, numero e accuratezza delle distinzioni permesse dallo strumento • Formato delle categorie di risposta: Si/no; scala tipo Likert; VAS, ... • Distribuzione della difficoltà degli item e relazione tra una misura ed il fenomeno sottostante • Effetto pavimento e soffitto, ecc. Effetto pavimento e soffitto = molti punteggi al minimo o al massimo della scala ( > 20% sono Effetto pavimento e soffitto considerati significativi) L’effetto pavimento e soffitto rappresentano una limitata abilità dello strumento nel discriminare tra soggetti, cioè il range misurato dalla scala è inferiore al range rilevabile nel campione studiato. Criteri per selezionare una misura Affidabilità Precisione Adattamento trans-culturale Validità e responsività Appropriatezza Interpretabilità Accettabilità Fattibilità Validità La validità di una misurazione si riferisce alla effettiva capacità con cui uno strumento misura ciò che si intende misurare. Le misure di comportamenti/prestazioni possono presentare validità solo in relazione a particolari aspetti, circostanze e popolazioni. Vi sono tre principali tipi di validità: • validità di contenuto, • validità legata ad un criterio di riferimento • validità di costrutto. Validità di contenuto E’ essenzialmente un processo soggettivo di valutazione. Indica il grado con cui lo strumento di misura copre tutti gli aspetti effettivamente rappresentativi dell’ambito che si vuole analizzare Uno strumento ha validità di contenuto se: •riesce a coprire tutte le parti di cui si compone il costrutto da misurare e riflette l’importanza relativa di ciascuna parte •è libero dall’influenza di fattori che sono irrilevanti rispetto a quanto si intende misurare Validità correlata ad un criterio di riferimento La validità correlata ad un criterio di riferimento è dimostrata dalla correlazione della scala con altre misure del costrutto in esame (possibilmente con un “gold standard”) 1. Validità concomitante (le misure vengono prese contemporaneamente) 2. Validità predittiva (il criterio di riferimento è rilevato successivamente) Correlazione ; Regressione Validità predittiva 10-meter Walk Test (discharge) Rivermead Mobility Index (discharge) FIM (discharge) .622 - .708 .757 Validità di costrutto La validità di costrutto riflette l’abilità di uno strumento di misurare un concetto astratto (costrutto), non direttamente osservabile: quale la forza, l’indipendenza funzionale, l’ansia, il dolore, la qualità della vita…. Non è quasi mai un processo concluso. Numerose ricerche sono necessarie per dimostrare la validità di uno strumento. ALTRI INDICATORI INDICATORE VALIDITA’ DI COSTRUTTO CONCETTO PRIMARIO ALTRI CONCETTI Responsività Abilità di un indice nel rilevare reali cambiamenti nel tempo nel concetto da misurare (longitudinal validity) La grandezza del cambiamento che noi consideriamo importante [Minimal clinically important difference (MCID)] richiede un giudizio da parte del medico, del paziente o della società e deve essere definita in anticipo in ogni specifico studio Sensibilità al cambiamento (Sensitivity to change / Magnitude of the treatment effect) Rispecchia l’abilità di uno strumento nel misurare cambiamenti in uno stato, indipendentemente dal fatto che siano rilevanti o dotati di interesse per chi prende decisioni cliniche o gestionali Criteri per selezionare una misura Affidabilità Precisione Adattamento trans-culturale Validità e responsività Appropriatezza Interpretabilità Accettabilità Fattibilità Interpretabilità dei punteggi Le misure devono fornire risultati che siano facilmente comprensibili da tutti gli addetti • I punteggi sono espressi in modo tale da poter essere facilmente correlati con altre variabili di interesse ? Per esempio: 0 (livello peggiore) - 10 (livello migliore) [PEQ] è più comprensibile di 13 (livello peggiore) - 91 (livello migliore) [FIM] • Esistono valori normativi o di riferimento ai fini comparativi? • • Qual è la sensibilità al cambiamento? Si conosce la Minimal clinically important difference? Criteri per selezionare una misura di outcome Affidabilità Precisione Adattamento trans-culturale Validità e responsività Appropriatezza Interpretabilità Accettabilità Fattibilità Accettabilità L’accettabilità si riferisce a quanto accettabile da compilare sia uno strumento per la popolazione oggetto dello studio (in termini di lunghezza e contenuto) • Carico per chi risponde (frequenza di non-compilazioni totali e di risposte saltate, tempo di compilazione); • Applicabilità culturale; • Disponibilità di formati ridotti Criteri per selezionare una misura di outcome Affidabilità Precisione Adattamento trans-culturale Validità e responsività Appropriatezza Interpretabilità Accettabilità Fattibilità Fattibilità La fattibilità si riferisce alla semplicità nella gestione complessiva dei dati (carico tecnico-amministrativo e più in generale costi globali necessari per somministrare lo strumento) •Tempo richiesto per allenare lo staff ad usare lo strumento • Tempo richiesto per spiegare le norme di compilazione dello strumento ai pazienti • Presenza di sistemi complessi di assegnazione del punteggio, etc Criteri per selezionare una misura di outcome Affidabilità Precisione Adattamento trans-culturale Validità e responsività Appropriatezza Interpretabilità Accettabilità Fattibilità Adattamento trans-culturale Lo strumento è stato tradotto? Se sì, verificare l’equivalenza trans-culturale tra originale e versione nella nuova lingua (sotto il profilo semantico, idiomatico, concettuale e pratico) 1. Traduzioni 2. Retro-traduzioni 3. Revisione del comitato di esperti 4. Pre-testing e possibile ri-pesatura dei punteggi Caratteristiche ideali di una scala di misura clinica - 1 Un test di valutazione ideale dovrebbe: • definire i (rilevanti) concetti centrali che intende esaminare; • disporre di elevata affidabilità (intesa sia come ripetibilità, che come coerenza interna e chiarezza); • dimostrare buona validità (misurare quanto intende misurare, secondo le definizioni di validità di contenuto, v. correlata ad un valore di riferimento, e v. di costrutto); • essere dotato di adeguata sensibilità a significativi cambiamenti clinici, e/o di elevata capacità diagnostica o prognostica; • rappresentare - se la versione originale era in un’altra lingua - un adattamento trans-culturale ottenuto secondo rigorosi criteri scientifici definiti a livello internazionale. Caratteristiche ideali di una scala di misura clinica - 2 Un test di valutazione dovrebbe: • disporre di dati normativi derivati da ampie casistiche di popolazione generale e stratificati per età, sesso, categorie, patologie ecc.; • essere disponibile e testato in varie forme di somministrazione; • riuscire a catturare i dettagli e tutta la gamma delle reali differenze tra persone (evitando effetti “pavimento” o “soffitto”); • essere privo di voci o caratteristiche tali da renderlo inapplicabile in certe categorie di popolazione; • essere di lunghezza e contenuto accettabili per tutta la popolazione alla quale si rivolge; • essere facile nella somministrazione, nel calcolo dei punteggi e nell’interpretazione. Conclusioni In un periodo di crescente applicazione di misure nella pratica clinica, nel controllo di qualità e in procedure di revisione, coloro che devono rilevare dati in Riabilitazione devono acquisire le capacità necessarie per : • selezionare appropriate misure e somministrarle in modo opportuno; • analizzare nel miglior modo possibile i risultati. Selezionare una misura • Non tutti gli strumenti standard di ricerca sono adeguati e/o accettabili da parte di persone con importanti disabilità fisiche • L’utente deve scegliere uno strumento in base a: - la sua struttura, - le proprietà psicometriche/clinimetriche richieste per il fine specifico che ci si pone, - il precedente uso della misura in letteratura, in simili situazioni, - considerazioni di tipo pratico Allo scopo di diffondere la corretta applicazione di queste misure nella pratica riabilitativa e nei processi gestionali, le future ricerche dovrebbero approfondire sia problematiche metodologiche che applicazioni cliniche (ad es. utilizzando maggiormente tecniche basate sulla item-response-theory, mirando ad una migliore calibrazione e responsività degli strumenti, analizzando la comparabilità dei risultati in differenti popolazioni, ecc...). Qualsiasi punteggio può essere pensato come composto da due parti: • la variazione reale • l'errore. L'errore a sua volta può essere: • casuale (cioè attribuibile a fluttuazioni legate a fattori accidentali) • sistematico (cioè legato a fattori costantemente pregiudiziali). Studiando l'affidabilità nel test-retest nello stesso osservatore si può analizzare l'errore casuale, assumendo che il fenomeno studiato non subisca variazioni nel tempo. Sarebbe meglio studiare contemporaneamente più osservatori e poi applicare un'analisi della varianza che è sensibile sia ad errori casuali che sistematici. “Something that follows as a result or consequence” (Oxford English Dictionary) Il cambiamento ricercato in una misura o in uno stato di un paziente come risultato di un intervento. CHE COS’È UN OUTCOME? Outcome può essere semplicemente definito come ciò che un paziente sperimenta come risultato della sua malattia e del relativo trattamento L’outcomes research può allora essere intesa come la scienza che misura l’esito degli interventi nella prospettiva del paziente ALTRE DEFINIZIONI L’OBIETTIVO PRINCIPALE DELL’OUTCOMES RESEARCH È FORNIRE NUOVE INFORMAZIONI CHE POSSANO MIGLIORARE L’EFFECTIVENESS DELLA RIABILITAZIONE EFFICACY EFFECTIVENESS EFFICACY: Effetto biologico di un trattamento effettuato in condizioni controllate EFFECTIVENESS: Effetto biopsicosociale di un particolare trattamento per soggetti che lo ricevono in condizioni non sperimentali ma di vita reale Lo sviluppo dell’outcomes research ha avuto grande impulso dalla definizione di modelli teorici di disabilità. Nella letteratura riabilitativa hanno avuto vasta eco i seguenti modelli: International Classification of Imapirment Disability, and Handicaps (ICIDH) I MODELLI DELL’OUTCOMES RESEARCH Nagi formulation Le misure relative alla dimensione “impairment” sono di per sé insufficienti per lo studio della dimensione “persona” come la limitazione della funzione e la disabilità. Di conseguenza in riabilitazione sono cambiate le modalità con cui si misura l’outcome sia nella pratica clinica che in ambito di ricerca. MESSAGGIO FONDAMENTALE (Wade DT, 2003) Le misure di outcome si sono evolute da semplici dati dicotomici (sopravvivenza, comparsa di eventi clinici) a misure patient-oriented che vanno dai dati fisiologici alla qualità di vita (Epstein 1996) Ogni misura deve essere specifica e riferirsi ad uno specifico intervento misurato in una dato modo riflettendo l’interesse e le priorità di chi esamina i dati (ricercatori, clinici, amministratori, cittadini, ecc.) (Wade 2003, Epstein 1996) STRUMENTI DI MISURA MATRICE DEI TIPI DI RICERCA Tempo della rilevazione dei dati Obiettivo della ricerca Retrospettiva Prospettica Descrizione Non-sperimentale Non-sperimentale Analisi dei rapporti Non-sperimentale Non-sperimentale Analisi delle differenze Non-sperimentale Non-sperimentale sperimentale Outcomes research Manipolazione (sperimentale o non-sperimentale) Domholdt E. 2000, modificata In riabilitazione esistono diversi outcome di interesse, tutti rilevanti, che abbracciano diversi domini la ricerca in riabilitazione coinvolge interventi spesso mal definiti In riabilitazione ci vuole tempo per attuare gli interventi e per vederne l’esito Gli interventi riabilitativi sono spesso contesto-specifici TRIAL E RIABILITAZIONE RACCOLTA DEI DATI vantaggi svantaggi Dati clinici routinari Grande quantità di dati Impiego notevole di tempo Informazioni incomplete Abstract di dati clinici routinari efficienza Errori di codifica Scarsa specificità Database ad hoc Alta specificità, rapidità proprio della accesso, possibilità di struttura modifica database Notevole consumo di tempo e risorse Database ad hoc Elevata numerosità dei multicentrici dati, standardizzazione tra centri Necessità di forti motivazioni individuali nel team Adeguamenti del case-mix Tecniche per affrontare i missing Analisi di sopravvivenza Confronto fra scale (effect size) Analisi univariata e multivariata ANALISI DEI DATI Documentare outcomes nella prospettiva del paziente Sviluppare tecniche per misurare differenti outcomes Outcomes movement Quality assessment Effectiveness research Analisi di tipo economico Best practice OUTCOMES ASSESSMENT Outcome management: Prevede la misura sistematica degli outcomes e la revisione dei trattamenti che li precedono al fine di determinare il trattamento ottimale. Disease managenent: Prevede l’individuzione di percorsi ottimali per gestire i pazienti con conseguente riduzione dei costi e miglioramento degli outcomes. OUTCOMES E BEST PRACTICE IPERTIROIDISMO E PSICHE 1 Sono frequenti irritabilità, iperattività fisica, labilità emotiva, ansia, difficoltà di concentrazione mentale. I pazienti sono irrequieti, incapaci di restare fermi per un tempo anche limitato. Si ha spesso perdita di memoria I test di valutazione possono evidenziare un certo deterioramento mentale. Spesso si ha inclinazione al pianto o alla depressione Significativa riduzione della capacità lavorativa o scolastica con peggioramento della vita familiare. LA TIROIDE E’ un organo epiteliale la cui denominazione, coniata nel 1656 da Wharton, è dovuta ai suoi rapporti topografici con la cartilagine della laringe che ha la forma di scudo (tyro=scudo; eidos=aspetto) IPOTIROIDISMO Sindrome clinica dovuta ad un’insufficiente azione degli ormoni tiroidei a livello tissutale che determina un rallentamento di tutti i processi metabolici DEFICIT DI ORMONE TIROIDEO: SINTOMI Generali Intolleranza al freddo, Astenia, Lieve incremento ponderale, Voce roca Sistema nervoso Letargia Compromissione della memoria, Scarsa capacità di concentrazione Cambiamenti di personalità Muscolo-scheletrico Debolezza, crampi muscolari, Dolore alle articolazioni DEFICIT DI ORMONE TIROIDEO: SINTOMI Apparato gastro-intestinale Nausea, costipazione Apparato cardiorespiratorio Ridotta tolleranza allo sforzo Sistema riproduttivo Diminuzione della libido, Riduzione della fertilità, Disturbi mestruali Cute e annessi Cute secca, Edema del volto, Caduta dei capelli, Unghie fragili DEFICIT DI ORMONE TIROIDEO: SEGNI Generali Ipotermia, Obesità lieve Sistema nervoso Sonnolenza, Bradilalia, Psicosi mixedematosa, Riduzione del gusto e dell’udito, Atassia cerebellare, Ritardato rilassamento tendineo, S. del tunnel carpale Muscolo-scheletrico Forza normale, Articolazioni normali DEFICIT DI ORMONE TIROIDEO: SEGNI Apparato gastro-intestinale Apparato respiratorio Bradicardia, Ipertensione lieve, Versamento pericardico, Versamento pleurico Sistema riproduttivo Macroglossia, Ascite Caratteri sessuali secondari normali Cute e annessi Edema senza fovea delle mani, volto e caviglie, Pallore, Edema periorbitario, Colorio giallastro (carotenemia), Capelli grassi, Secchezza ascellare IPOTIROIDSMO: SINTOMI E SEGNI 1 Adinamia Cute secca e ruvida Sonnolenza 91% Eloquio rallentato 91% Edema palpebrale 90% Sensazione di freddo Macroglossia Edema del volto Fragilità dei capelli Cardiomegalia Riduzione della memoria 99% 97% 89% 82% 79% 76% 68% 66% IPOTIROIDSMO: SINTOMI E SEGNI 2 Stipsi Aumento di peso Dispnea Edema periferico 55% Voce rauca 52% Meno-metrorragie 32% Palpitazioni 31% Toni cardiaci parafonici Ipoacusia Precordialgie 57% 57% 55% 30% 30% 28% L’ipotiroidismo subclinico è associato spesso a sintomi aspecifici quali disturbi del sistema cognitivo e depressione Corssmit EP, Wiersinga WM Ned Tijdschr Geneeskd 2003 Il trattamento dell’ipotiroidismo lieve asintomatico protegge il sistema nervoso centrale da potenziali rischi di disfunzioni cognitive ed affettive Bono G, Fancellu R, Blandini F, Santoro G, Mauri M. Acta Neurol Scand, 2004 IPERTIROIDISMO E PSICHE 2 Tremore e debolezza muscolare Il tremore è limitato alle mani e alle dita ed è più evidente a mani protese ma può interessare braccia, lingua, gambe e capo. Spesso le prestazioni manuali che richiedono coordinazione diventano difficili se non impossibili. La debolezza muscolare interessa principalmente i muscoli prossimali. E’ presente aumento dei riflessi profondi. I pazienti affetti da Morbo di Basedow hanno una più alta incidenza di eventi stressanti (Stressful Life Events o SLE) probabilmente dovuta a modificazioni dell’assetto immunitario caratteristico di questa forma di ipertiroidismo Santos AM, Nobre EL, Garcia e Costa J, Nogueira PJ, Macedo A, De Castro JJ, Teles AG Acta Med Port 2002 Il primo passo nella diagnosi in un paziente affetto da disturbi psichiatrici, è quello di escludere una malattia somatica. Una iperfunzione tiroidea non prontamente riconosciuta potrebbe essere presente in un paziente con confusione mentale, agitazione psicomotoria ed allucinazioni visive. Ortega Calonge B, Simon Ilanes J, Moruno Arena F, Labad Alquezar A Actas Esp Psiquiatr 2004 I pazienti affetti da Morbo di Basedow hanno una più alta incidenza di eventi stressanti (Stressful Life Events o SLE) probabilmente dovuta a modificazioni dell’assetto immunitario caratteristico di questa forma di ipertiroidismo Santos AM, Nobre EL, Garcia e Costa J, Nogueira PJ, Macedo A, De Castro JJ, Teles AG Acta Med Port 2012 Ipertiroidismo il 2% dei pazienti con tireotossicosi. PRESENTANO • Deficit cognitivi soprattutto a carico della memoria (assai raramente di grado tale da configurare un quadro di demenza) • Talora manifestazioni psicotiche I disturbi sono generalmente reversibili con trattamento specifico Fattori stressanti, ansia, depressione e ipertiroidismo 86 pazienti e 18 volontari sani Test di valutazione utilizzati: • HAM-A( Hamilton rating scale for Anxiety) per la valutazione dell’ansia • Self rating Depression scale (Zung Scale) per la valutazione della depressione • Social Readjustment Rating Scale (SRRS) per la valutazione di fattori stressogeni esterni Ipertiroidei (n 39) alti score: HAM-A, Zung Scale e SRRS Rispetto agli eutiroidei (n 47) Tiroide e bulimia nervosa 135 donne con bulimia nervosa Sottoposte a 12 settimane di trattamento cognitivo comportamentale Follow up a 3 aa 71% ASSENZA DEL DISORDINE FASE DI PRETRATTAMENTO: Le concetrazioni di T4 e FT4 erano inversamente correlate rispettivamente alla restrizione alimentare e alla frequenza degli episodi di vomito autoindotto. Livelli di T4 sono quindi predittivi per la diagnosi del disturbo alimentare durante il follow up