E’ giustificata una “medicina di genere”? Carlo de Martinis “Per la medicina un corpo è un corpo, e poco importa che appartenga a un uomo o a una donna. … Eppure negli ultimi anni ci si è resi conto che le cose non vanno proprio così e che una «medicina di genere» ha fondate ragioni di esistere”(Chiara Palmerini, Le Scienze dossier, 1999, 2, 4). Questa «medicina di genere» femminile non sembra essere giustificata solo dal fatto che alcune malattie sono esclusive delle donne e che altre si manifestano più frequentemente, e talora anche in modo diverso. A mio modo di vedere, ma non solo mio, è soprattutto giustificata da due fatti: il primo, che sulle donne agiscono diverse pressioni di carattere sociale, culturale, giuridico, religioso e familiare; il secondo, che, fino a pochi anni or sono, la sperimentazione dei farmaci tendeva a escludere le donne, assumendo che le loro sensibilità e reazioni fossero uguali o analoghe a quelle degli uomini. Il che non è sempre vero. Anche se lentamente, quest’ultima condizione sta cambiando proprio per la spinta dei movimenti femministi che hanno preteso la conduzione della sperimentazione clinica anche nelle donne fertili e hanno indotto il Congresso degli USA a approvare l’equivalente dell’emendamento sulla parità dei diritti stabilendo che le donne siano parte “paritaria” in tutti gli studi clinici finanziati dagli NIH Se, come detto prima, sulle donne agiscono diverse pressioni di carattere sociale, culturale, giuridico, religioso e familiare è quanto meno opportuno, per non dire indispensabile agire per attenuare ogni pressione che tenda a rendere più esposta la salute della donna. Ma non basta. Una veloce carrellata sulle malattie che possono essere considerate peculiari o più frequenti nelle donne indica la necessità di una «medicina di genere» femminile articolata sui vari livelli organizzativi e pragmatici dell’assistenza sanitaria e non solo. E’ sufficiente citare tre o quattro casi clamorosi di malattie ereditarie o condizioni congenite con riferimento a maggiori o minori ambiguità sessuali: la sindrome adreno-genitale, per la quale le femmine presentano spiccati e sgradevolissimi segni di virilizzazione, la sindrome di Turner, nella quale la mancanza di un cromosoma (XO invece di XX, femmina, o XY, maschio) porta allo sviluppo di un fenotipo (un aspetto) femminile con persistente infantilismo sessuale, nanismo, bocca a pesce e altre più o meno vistose anomalie visibili e degli organi interni, la sindrome da deficit dell’enzima che porta alla formazione dell’ormone caratteristico del maschio (il diidrotestosterone) e la sindrome del testicolo femminilizzante da totale insensibilità agli ormoni androgeni. Quest’ultima può portare a situazioni di alta drammaticità. Si tratta di soggetti geneticamente maschi, con un corpo da donna. Spesso sono donne belle, talora molto belle, dotate di testicoli ritenuti che possono essere scambiati per ernie. La riservatezza mi vieta di citare alcune bellissime attrici cinematografiche con tanto di… .Naturalmente non hanno mai mestruazioni, ma talora possono arrivare al matrimonio e scoprire di essere maschi solo quando affrontano le analisi per verificare le ragioni dell’infertilità. Dopo il menarca, cioè dopo l’inizio dell’attività ovarica, le ragazze possono andare incontro a una anemia da carenza di ferro per la perdita dello stesso con le mestruazioni, specie se abbondanti, prima che si ripristini un buon equilibrio tra assorbimento intestinale e perdite. Può non comparire il menarca, per una serie di ragioni, tra cui un possibile piccolo tumore, generalmente benigno, ma certamente in una posizione molto scomoda, cioè nell’ipofisi (microadenoma ipofisario). Dopo il menarca possono manifestarsi acne, talora deturpante, pelle grassa e peluria di tipo mascolino. Può trattarsi di una sindrome dell’ovaio micropolicistico, con secrezione eccessiva di ormoni ad effetto androgeno. Tipicamente femminile, e non può essere che così, è la cosiddetta sindrome premestruale, famosa anche per una giurisprudenza sui generis e conflitti di carattere sindacale. In due diverse corti d’assise, in Francia mi pare e negli USA, due donne accusate di omicidio furono ritenute non colpevoli perché il delitto fu commesso quando soffrivano di una sindrome premestruale. Dopo di allora ci si domandò se le donne potevano fare, o fare sempre, il giudice, o il chirurgo, o il pilota d’aereo e tante altre professioni e mestieri che richiedono una assoluta costanza di senso critico. Gli anni dell’adolescenza e quelli immediatamente successivi sono quelli durante i quali più frequentemente si manifesta l’anoressia nervosa, assai più comune e più grave nelle femmine che nei maschi. Tra le malattie esclusive, o quasi, delle donne si debbono ricordare le malattie del seno, quelle degli organi propri delle donne, come la vagina e l’utero, e quelle legate alla gravidanza, come la pre-eclampsia, l’eclampsia, l’ipertensione, la ridotta tolleranza ai carboidrati, la cardiomiopatia dilatativa e ancora l’anemia da carenza di ferro. Due malattie, irrilevanti nei maschi, hanno conseguenze drammatiche durante la gravidanza: la rosolia e la toxoplasmosi. La prima determina vizi cardiaci più o meno gravi, ma spesso gravi o gravissimi nel feto, la seconda provoca deficit fetali gravissimi come la mancanza degli occhi o la mancanza di parte o di tutto il cervello. Tra le malattie più frequenti nelle donne si ricordano l’osteopenia, la depressione e forse l’Alzheimer, l’ipertiroidismo da morbo di Flajani-Graves-Basedow e in genere tutte le malattie su base immunologica, come la malattia reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, la sclerosi sistemica. Particolarmente frequenti nelle donne sono gli episodi di cistite. A questo proposito si deve anche ricordare la sgradevole cistite post-coitale che impone di far seguire ogni rapporto da almeno una dose di antibiotico. Un problema che sta diventando di genere squisitamente femminile è l’obesità, spesso associata a diabete mellito e quindi con le drammatiche conseguenze di un diabete mellito non controllato. Per quanto riguarda le malattie cardiovascolari e le differenze di queste tra un sesso e l’altro, il problema è assai articolato. Le donne godono di una certa protezione nei confronti della cardiopatia ischemica fino alla menopausa, ma poi pretendono la parità e talvolta esagerano: la prognosi dell’infarto del miocardio è più grave nelle donne e il secondo infarto è più spesso fatale. Infine, è anche il caso di ricordare le complicanze mediche legate all’uso della “pillola” e della “spirale” e quelle legate al ricorso ingiustificato e all’abuso della medicina e della chirurgia “estetiche”. Per non parlare della diversa efficacia di molti farmaci, come l’aspirina nella prevenzione di accidenti vascolari, e della diversa frequenza e gravità degli effetti collaterali. Tuttavia, nonostante tutto quello che si è ricordato, le donne restano a godersi questo mondo assai più a lungo dei loro compagni, magari con qualche spiacevole disturbo come l’incontinenza. Beate loro!