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La Teoria dei Giochi è la disciplina che studia i problemi di
interazione strategica e le decisioni individuali che vengono
prese da uno o più decisori razionali in determinate
situazioni.
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Poiché nella vita queste situazioni sono spesso troppo
complicate per essere descritte in modo completo, a causa
della molteplicità dei fattori che intervengono, la Teoria dei
giochi prende in considerazione soltanto gli elementi più
adatti per la realizzazione di un modello, ovvero il gioco.
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La Teoria dei Giochi rappresenta, oggigiorno, un buon
modello per descrivere le interazioni strategiche tra agenti
economici.
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In particolare le maggiori applicazioni avvengono nell’
Economia delle imprese industriali, dove spesso gli agenti
hanno interessi contrastanti e nella microeconomia, dove
tutto ciò che riguarda le decisioni dei singoli soggetti è
materia della Game Theory.
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La Game Theory viene inoltre utilizzata in regimi di
mercato di Oligopolio e Duopolio.
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E’ importante inoltre precisare che la Teoria dei giochi si
basa sul fatto che i giocatori debbano essere
“intelligenti” e “razionali”, cioè sono in grado di fare
ragionamenti logici perfetti in modo da massimizzare le
loro chances di vittoria. Il presupposto della razionalità dei
giocatori prende il nome di “assioma di razionalità”
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La razionalità richiesta ai giocatori impone che valga la
proprietà transitiva nelle preferenze: se il diploma è
preferito alla vacanza e la vacanza al libro allora il diploma
deve essere preferito al libro.
: modello stilizzato che descrive situazioni di interazione strategica.
: Un gioco si dice non cooperativo quando il meccanismo delle
decisioni riguarda i singoli giocatori sulla base di ragionamenti individuali.
: Un gioco a somma zero descrive una situazione in cui il
guadagno o la perdita di un partecipante è perfettamente bilanciato da una
perdita o un guadagno di un altro partecipante. Da qui, la somma delle vincite
e delle perdite = 0
: la fase conclusiva del gioco, ovvero corrisponde al guadagno, la vincita
o la ricompensa, ecc.
d'azione
: In teoria dei giochi, la strategia di un giocatore è un completo piano
: Strategia strettamente migliore di ogni altra. Ogni giocatore
razionale tenderà sempre a orientarsi verso questa strategia.
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La nascita della teoria dei giochi avviene nel 1944: grazie all’uscita del
libro “Theory of Games and Economic Behavior”di John von Neumann e
O. Morgenstern.
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Entrambi volevano tentare di descrivere il comportamento umano nei casi
in cui l’interazione fra uomini comporta la spartizione o la vincita di
qualche tipo di risorsa.
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Fu proprio in campo economico che von Neumann formulò il teorema
minimax: esso stabilisce che in certi giochi a somma zero e ad
informazione perfetta, esiste una strategia che permette ad entrambi i
giocatori di minimizzare le loro massime perdite (da cui il nome
minimax).
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Un importante applicazione politica del teorema minimax fu la strategia
del terrore, applicata dallo stesso Neumann nel periodo della Guerra
Fredda.
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Il più famoso studioso ad essersi occupato successivamente della
teoria dei giochi, in particolare per quel che concerne i “giochi
non cooperativi”, fu il matematico John Forbes Nash, al quale è
dedicato il film di Ron Howard “A Beautiful Mind”.
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Nash, nel 1950, dimostrò che ogni gioco non cooperativo a due o
più giocatori, anche non a somma zero, ammette un equilibrio
(chiamato equilibrio di Nash), e per questo lavoro ottenne il
premio Nobel per l’economia nel 1994.
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L’equilibrio di Nash è una situazione in cui, dopo aver attuato le proprie strategie,
nessun giocatore può migliorare il proprio payoff modificando solo la propria
strategia.
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Se ne deduce quindi che se i giocatori raggiungono un equilibrio di Nash, non avranno
interesse a essere gli unici a cambiare strategia, pertanto il loro comportamento
dipenderà dalle scelte degli altri giocatori.
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Questo significa che è sempre possibile prevedere il comportamento dei giocatori: essi
giocheranno un equilibrio di Nash, poiché rappresenta sempre la strategia dominante,
e se esso è unico, l'esito del gioco è noto a priori.
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L’equilibrio di Nash rappresenta la soluzione del gioco, poiché nessun giocatore ha
interesse a essere l’unico a cambiare la propria strategia dominante, poiché in caso lo
facesse otterrebbe un guadagno minore.
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L'equilibrio di Nash rappresenta quindi la situazione nella quale il gruppo si viene a
trovare se ogni componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé, cioè mira a
massimizzare il proprio profitto a prescindere dalle scelte degli avversari. Tuttavia, non è
detto che l'equilibrio di Nash sia la soluzione migliore per tutti, come vedremo in
seguito.
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Due criminali vengono accusati con prove indiziarie di aver compiuto una
rapina. Gli investigatori li arrestano entrambi li chiudono in due celle
diverse impedendo loro di comunicare. A ognuno di loro vengono date
due scelte: confessare l'accaduto, oppure non confessare.
Viene inoltre spiegato loro che:
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se solo uno dei due confessa, chi ha confessato evita la pena; l'altro
viene però condannato a 7 anni di carcere.
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se entrambi confessano, vengono entrambi condannati a 6 anni.
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se nessuno dei due confessa, entrambi vengono condannati a 1 anno.
Confessa
Confessa
Non
confessa
(6,6)
(7,0)
Non
confessa
Il gioco viene rappresentato
con questa bimatrice; dove
nelle caselle sono indicati i
payoff di entrambi i giocatori.
(0,7)
Come probabilmente avrete
già notato, la combinazione
ottimale è quella di Non
Confessare, poiché in questo
caso otterremmo meno anni di
carcere.
(1,1)
Tuttavia, nel caso in cui l’altro
giocatore tradisca, ovvero
confessi, saremmo condannati
a 7 anni di carcere, mentre
invece lui sarà libero.
Che fare? Confessare o Non
confessare? Qual è quindi, la
soluzione migliore da
prendere?
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La Teoria dei giochi ci dice, a priori, che la miglior strategia di questo gioco non
cooperativo è (confessa, confessa), che corrisponde all’equilibrio di Nash. Da
questo esempio si vede che la teoria nei casi reali non è sempre la soluzione migliore.
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Si deduce immediatamente che, per entrambi, la strategia dominante è confessa,
infatti qualunque sia la scelta dell'avversario, scegliere confessa garantisce sempre un
guadagno maggiore rispetto a scegliere non confessa. Infatti confessando si rischiano
dai 0 ai 6 anni di carcere, non confessando invece se ne rischiano da 1 a 7.
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Poiché il nostro obiettivo è quello di massimizzare il nostro guadagno, (in questo caso,
minimizzare la nostra condanna) confesseremo; in quanto questo ci garantirebbe la
libertà. Ma poiché anche l’avversario farà il nostro stesso ragionamento, per l’assioma
di razionalità, ci ritroveremmo entrambi a confessare e verremmo condannati a 6 anni
di carcere ciascuno. In altre parole, se prendiamo in considerazione la non confessione
per prenderci soltanto 1 anno, non abbiamo la certezza che anche l’altro faccia lo
stesso, anzi sarà tentato a confessare per guadagnarsi la libertà.
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Il dilemma del prigioniero è l’esempio lampante di come spesso la razionalità
individuale contrasta la razionalità collettiva, infatti la soluzione ottimale è (n,n) ma
poiché è impossibile mettersi d’accordo si giungerà all’equilibrio di Nash e quindi non
necessariamente alla soluzione ottimale.
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E’ un concetto sviluppato dall’economista Vilfredo Pareto, secondo il quale non si può
migliorare la condizione di un soggetto senza peggiorare la condizione di un altro.
L’ottimo di Pareto è un concetto fondamentale nell’economia, per descrivere la
competizione pura fra diverse imprese venditrici che cercano di accaparrarsi la fetta
più grossa del mercato.
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Infatti, l'obiettivo del mercato è quello di giungere sempre ad un ottimo di Pareto, cioè
ad una situazione nella quale, indipendentemente dall'effettiva allocazione delle
risorse, non sia possibile trovare un'altra allocazione che porti ad un incremento della
ricchezza di alcuni senza sottrarre ricchezza ad altri. La ragione dell'importanza
dell'ottimo di Pareto è intuitiva: se esiste una soluzione che comporta un incremento del
guadagno di qualcuno senza che nessuno subisca delle perdite, vuol dire che esistono
delle risorse che non sono state allocate, e che quindi verrebbero disperse.
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Nel dilemma del prigioniero tutte le combinazioni di strategie, tranne (c,c) sono ottimi
paretiani. Infatti, presa una qualunque di queste combinazioni, non è possibile trovarne
un'altra che comporti per almeno uno dei due giocatori una riduzione degli anni di
carcere senza che aumentino quelli dell'altro.
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Il dilemma del prigioniero mette in luce un concetto cardine dell'economia: l'ottimo
di Pareto è razionale dal punto di vista collettivo, ma non lo è affatto dal
punto di vista individuale; in sostanza, se gli N agenti di un gioco (e quindi, per
estensione, di un mercato) agiscono secondo la razionalità individuale, cioè col solo
fine di massimizzare il proprio profitto personale, non è detto che essi raggiungano
un ottimo di Pareto, ed in tal caso le loro azioni comportano una dispersione di
risorse.
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Il confronto tra equilibrio di Nash e ottimo paretiano smentisce quindi quanto
sostenuto da Adam Smith, ritenuto, fino a prima della formulazione della teoria
dell'equilibrio, il "padre dell'economia moderna". Egli infatti riteneva che se ogni
componente di un gruppo persegue il proprio interesse personale, non può che
accrescere la ricchezza complessiva del gruppo. Oggi invece sappiamo che se ogni
componente del gruppo fa ciò che è meglio per sé, il risultato cui si giunge è un
equilibrio di Nash ma non necessariamente un ottimo di Pareto: è quindi possibile
(e, si è poi dimostrato molto frequente) che se ogni agente fa solo il proprio
interesse personale, si giunga ad un'allocazione inefficiente delle risorse.