Si parla per la prima volta di bioetica nel 1970 all`interno

Si parla per la prima
volta di bioetica
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Piuttosto che patire una vita d’inferno, davanti alla
prospettiva di una guarigione temporanea, che l’avrebbe
costretta ad un’esistenza fatta di continui controlli medici
e sofferenze, tutt’altro che normale, una tredicenne
inglese ha deciso di lasciarsi morire, rifiutando il
trapianto di cuore resosi disponibile, che l’avrebbe
salvata.
Non aveva speranze di sopravvivere. Con questa
giustificazione, la neonatologa Nadia Battajon,
dell’ospedale Cà Foncello di Treviso, ammette di aver
staccato la spina a un neonato del peso inferiore a
un chilo, affetto da gravi malformazioni che gli
avrebbero impedito di farcela.
Elena Moroni
Uno dei casi che senza dubbio fece più scalpore in Italia fu quello di un
ingegnere di Monza, Ezio Forzatti, che il 21 giugno 1998 si introdusse nel
reparto di terapia intensiva dove la moglie Elena Moroni, di 46 anni, si
trovava ricoverata in coma irreversibile a seguito di un edema cerebrale.
Egli aveva con sé una pistola scarica, che usò per minacciare il personale di
servizio e tenerlo a distanza mentre staccava il respiratore che teneva in
vita la moglie e, una volta accertatane la morte, si lasciò arrestare dagli
agenti di polizia nel frattempo sopraggiunti.
Processato, Forzatti fu condannato nel giugno 2000 dalla corte d'Assise di
Monza a sei anni e sei mesi di reclusione. La richiesta del pubblico
ministero era di 9 anni di reclusione, ma la corte riconobbe a Forzatti
l'attenuante della seminfermità mentale. Al termine del successivo processo
d'appello (aprile 2002), tenutosi a Milano, Forzatti fu ritenuto
completamente in grado di intendere e di volere, e assolto perché il fatto
non sussisteva. Tra le motivazioni della sentenza, decisiva fu quella
secondo la quale i giudici considerarono la donna clinicamente
morta al momento del distacco del respiratore. La sentenza
d'assoluzione fu salutata positivamente da molti e, di converso, suscitò
prevedibili polemiche da parte degli oppositori dell'eutanasia.
Terri Schiavo
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Negli Stati Uniti fece scalpore il caso di Terri Schiavo, in stato
vegetativo persistente (PVS) dal 1990, al cui marito Michael la corte
suprema dello Stato della Florida diede nel 2005 il permesso di
sospendere l'alimentazione forzata. Anche in quel caso si discusse
sulla correttezza dell'uso del termine eutanasia. La sospensione della
terapia in casi di coma irreversibile o PVS è prassi normale negli
Stati Uniti: il caso nacque perché i genitori di Terri si erano sempre
opposti alla richiesta del genero, imputandola solo al suo desiderio
di liberarsi della moglie. Terri divenne, suo malgrado, oggetto di
battaglia ideologico-politica tra i sostenitori e gli oppositori
dell'eutanasia.
L'esame autoptico praticato sulla donna dopo la sua morte appurò
che il cervello di Terri Schiavo pesava circa la metà di quello di una
donna in salute della stessa età, che gran parte delle cellule era
irrimediabilmente distrutta o danneggiata, e che essa era totalmente
incapace di percepire alcun senso, tanto meno sentire o vedere.
Piergiorgio Welby
Il dibattito sull'eutanasia si è riproposto, alla fine del 2006, quando il citato Piergiorgio
Welby ha chiesto che gli venisse staccato il respiratore che lo teneva in vita. Welby è
morto il 20 dicembre 2006 per insufficienza respiratoria sopravvenuta a seguito del
distacco del respiratore a opera del medico anestesista Mario Riccio, di Cremona.
Questi, in una conferenza stampa tenutasi il giorno dopo, ha confermato le
circostanze della morte di Welby e si è autodenunciato. La Procura della
Repubblica presso il tribunale di Roma ha avviato un'indagine sul medico. Nel
frattempo, il 1° febbraio 2007l'Ordine dei medici di Cremona ha stabilito che la
condotta tenuta da Riccio è stata corretta e non è meritevole di alcuna
sanzione, sebbene, anche in questa occasione, la notizia non abbia mancato di
suscitare polemiche. Il 23 luglio 2007 il GUP di Roma, Zaira Secchi, ha
definitivamente prosciolto il medico ordinando il non luogo a procedere perché il fatto
non costituisce reato. Secondo alcune posizioni, espresse soprattutto nella
Chiesa cattolica, in questo caso, si sarebbe impropriamente tirato in ballo
l'argomento "eutanasia", in quanto la questione riguardava solamente se
fosse fondata la richiesta di Welby di sospendere qualsiasi terapia che lo
tenesse in vita, incluso il distacco dal respiratore artificiale, cosa che lui,
immobilizzato per via della distrofia muscolare, non poteva fare. Come per
il caso Englaro, il ricorso era motivato dalla lettera del citato articolo 32
Cost.
Eluana Englaro
Ugualmente dibattuto - in quanto, riguardo al quale, si parlò e si
parla tuttora, benché impropriamente, di "eutanasia" - è il caso di
Eluana Englaro, una giovane donna di Lecco in coma irreversibile
dal 1992 a seguito di un incidente stradale avvenuto quando era
poco più che ventenne: nel rispetto delle volontà espresse a suo
tempo dalla donna, suo padre Beppino da tempo sta chiedendo la
sospensione delle terapie e qualsiasi accanimento terapeutico.
Propose il ricorso in sede giudiziaria, ma tale ricorso arrivò fino
alla corte di Cassazione, da cui, nel marzo 2006, fu respinta con una
motivazione tecnicistica: il ricorso non fu a suo tempo notificato ad
alcuna controparte portatrice di un interesse contrario a quello di
Eluana Englaro. Il ricorso era avvenuto ai sensi dell'articolo 32
della costituzione: «Nessuno può essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non
può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona
umana».
BIOETICA
Disciplina recente che si occupa
delle questioni morali che sorgono
parallelamente al rapido
progredire della ricerca biologica e
medica.
The science of survival, "La scienza
della sopravvivenza“ (1970)
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Potter considera la bioetica una nuova
disciplina in grado di armonizzare
conoscenze scientifiche e umanistiche, un
ponte tra le scienze sperimentali e le
scienze umane utile per rispondere a
questioni etiche vicine non solo all'uomo e,
ad esempio, alla pratica medica, ma anche
riguardanti l'ambiente e l'intera biosfera
del pianeta
In Italia il Comitato
nazionale per la bioetica è
sorto nel 1990 ed è un
organo consultivo
della Presidenza del
Consiglio dei Ministri
Comitati etici sono presenti in tutte le
strutture sanitarie pubbliche italiane
(AA.SS.LL., aziende ospedaliere, etc.), e
sono composti da personale medico e
paramedico, ed esperti
di psicologia clinica, filosofia, sociologia,
materie giuridiche, teologia, etc.
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Edmund Pellegrino, uno dei padri della
bioetica, ritiene che si debba ritrovare la
radice umanistica della medicina e che tale
operazione passi attraverso la riscoperta
della tradizione ippocratica. La bioetica
cattolica sostiene che "ciascun individuo
umano ha il diritto alla vita, intendendosi
come individuo l'uomo dal concepimento
(naturale) alla morte cerebrale totale"
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La situazione attuale della bioetica ha suscitato anche
critiche. Ad esempio Mariachiara Tallacchini in "Fuga
dalla bioetica" considera la bioetica come una disciplina
che ha avuto un impatto positivo negli anni '60 e '70,
quando per la prima volta comparivano discorsi
interdisciplinari e si considerava la responsabilità sociale
della scienza, avanzando quindi istanze democratiche di
partecipazione. In tale prospettiva la bioetica costituiva
anche una riflessione generale sulla scienza.
In seguito la bioetica, secondo Tallacchini, sarebbe stata
istituzionalizzata e burocratizzata, e ora tenderebbe a
riportare il punto di vista del potere (o dei vari poteri),
mediato da una quantità di commissioni che
deciderebbero cosa è giusto e cosa non lo è.
Bioetica e religioni
Buddhismo
Dalai Lama ha recentemente affermato: "Io credo che
noi dobbiamo trovare il modo di far sì che le
considerazioni etiche abbiano la loro influenza
sulla direzione che deve prendere il progresso
scientifico, specialmente le scienze naturali.
Facendo appello a principi etici fondamentali non
intendo promuovere una fusione di etica religiosa
e indagine scientifica. Intendo piuttosto riferirmi
a quella che io definisco etica laica, che abbraccia
i principi che noi condividiamo in quanto esseri
umani: compassione, tolleranza, rispetto per gli
altri e uso responsabile del potere e del
sapere. Questi principi trascendono le barriere
che si frappongono tra chi crede e chi non crede
in una religione: si tratta di pincipi che non
appartengono a un'unica fede, ma a tutte."
Islam
la ricerca scientifica è considerata positivamente
purché non vada contro la sharia, la legge
islamica contenuta nel Corano. Dal momento
che esistono interpretazioni molto diverse
nell'applicazione della legge coranica, nel mondo
islamico esistono posizioni molto diverse anche
in relazione dei diversi problemi di bioetica. In
generale si ritiene che se l 'uomo e' in
grado di svolgere determinate ricerche ed
esperimenti questo avvenga in quanto
Allah lo permette.
Ebraismo
la vita umana deriva il suo valore dal fatto
di essere stata creata da Dio ed è perciò
inviolabile. Bisogna però precisare che
benché tutte le autorità rabbiniche
riconoscano come base della giurisdizione
ebraica la Torah, il Talmud e le altre grandi
opere della legge ebraica, quando si tratta
di decidere su problemi che non hanno
chiari precedenti le controversie diventano
notevoli.
Cristianesimo
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il principio della sacralità della vita umana è alla base della
bioetica cristiana. In particolare la bioetica cattolica insiste su
questo concetto, non concedendo nessuna apertura alla cultura laica,
a differenza di ciò che fanno i valdesi e i luterani. La bioetica
cattolica si basa sui seguenti principi:
la vita umana va difesa dal concepimento alla morte;
la libertà è sacrosanta ma viene dopo la vita;
l'autoconservazione e la totalità dell'organismo umano sono lo scopo
della medicina;
il principio della socialità afferma che la vita è un bene della persona
ma anche della società;
il principio di sussidiarietà sostiene l'obbligo da parte dello Stato di
intervenire in aiuto di chi è in stato di necessità;
beneficialità-autonomia-giustizia sono collegate in ordine gerarchico;
senza negare l'importanza e il valor del progresso scientifico e
tecnologico si deve insistere sulla priorità della persona umana.
Testamento biologico
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volontà da parte di una persona (testatore),
fornita in condizioni di lucidità mentale, in merito
alle terapie che intende o non intende accettare
nell'eventualità in cui dovesse trovarsi nella
condizione di incapacità di esprimere il proprio
diritto di acconsentire o non acconsentire alle
cure proposte (consenso informato) per malattie
o lesioni traumatiche cerebrali irreversibili o
invalidanti, malattie che costringano a
trattamenti permanenti con macchine o sistemi
artificiali che impediscano una normale vita di
relazione.
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Secondo la costituzione italiana nessuno può
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l'Italia ha ratificato nel 2001 la Convenzione sui
diritti umani e la biomedicina (L. 28 marzo 2001,
n.145) di Oviedo del 1997 che stabilisce che i
essere obbligato a un determinato
trattamento sanitario se non per
disposizione di legge (art. 32)
desideri precedentemente espressi a
proposito di un intervento medico da parte
di un paziente che, al momento
dell'intervento non è in grado di esprimere
la propria volontà, saranno tenuti in
considerazione.
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Comitato Nazionale di Bioetica del 2003,
sostiene che il testamento è valido solo per
iscritto, che non possa contenere
raccomandazioni in contraddizione col diritto
positivo, con le norme di buona pratica clinica,
con la deontologia medica o che pretendano di
imporre attivamente al medico pratiche per lui in
scienza e coscienza inaccettabili e che il
paziente non può essere legittimato a
chiedere e ad ottenere interventi
eutanasici a suo favore.
Posizione della giurisprudenza
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Per la prima volta in Italia, il 5 novembre 2008,
il Tribunale di Modena emette un decreto di
nomina di amministratore di sostegno in favore
di un soggetto qualora questo, in un futuro, sia
incapace di intendere e di volere.
L'amministratore di sostegno avrà il compito di
esprimere i consensi necessari ai trattamenti
medici. Così facendo si è data la possibilità di
avere gli stessi effetti giuridici di un testamento
biologico seppur in assenza di una normativa
specifica
Accanimento terapeutico ed
eutanasia
stato vegetativo persistente
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I pazienti in uno stato vegetativo
persistente sono ritenuti in genere come in
stato di incoscienza e non consapevoli.
Non rispondono agli stimoli esterni,
eccetto, eventualmente, agli stimoli
dolorosi. A differenza del coma, dove si
osserva che gli occhi del paziente
rimangono chiusi, questi pazienti nello
stato vegetativo spesso aprono gli occhi
Coma
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In medicina si definisce coma un
profondo stato di incoscienza che può
essere provocato da intossicazioni
(stupefacenti, alcool, tossine), alterazioni
del metabolismo
(ipoglicemia, iperglicemia, chetoacidosi) o
danni e malattie del sistema nervoso
centrale (ictus, traumi cranici, ipossia)
Morte cerebrale
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La morte ha inizio con la cessazione irreversibile
di tre funzioni
cardiocircolatoria: morte clinica
respiratoria: morte reale
nervosa: morte legale.
Un paziente cerebralmente morto ha
un elettrocardiogramma piatto, e a un
esame neurologico non dà alcun segno di
funzioni cerebrali: nessuna risposta al dolore,
niente riflessi dei nervi cranici (pupille fisse,
niente riflesso oculocefalico né corneale) e
niente respirazione spontanea.
Accanimento Terapeutico
consiste nell'applicazione, in assenza di
consenso informato, di tecniche mediche
che prevedono l'uso di macchinari e
farmaci al fine di sostenere artificialmente
le funzioni vitali di individui affetti da
patologie inguaribili e tali da determinare
la loro morte in assenza dell'impiego di tali
tecniche.
La sospensione di cure inutili non significa
la fine delle sofferenze del malato, in
quanto la malattia reca un dolore forte
anche nella sua fase terminale. Senza
una terapia del dolore efficace e
un'adeguata assistenza domiciliare, la
sospensione delle cure è seguita da un
periodo di abbandono e sofferenza finale
del paziente.
La terapia del dolore riapre il problema
dell'eutanasia perché dosi forti di stupefacente
(soprattutto oppiacei quali la morfina) possono
provocare la morte del paziente, mentre una
loro assenza lo sottopone a provanti sofferenze.
L'aumento delle dosi si rende necessario via via
che è più acuto il dolore da vincere, oppure
quando l'assuefazione allo stupefacente ne
elimina l'effetto antidolorifico e costringe a
somministrarne dosi più alte per riottenere gli
stessi effetti.
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Per quanto riguarda l'idratazione e
l'alimentazione per via artificiale, non vi è
una posizione comune, per alcuni può
configurare accanimento terapeutico,
come fu ad esempio sancito nel caso
di Terri Schiavo, mentre per altri potrebbe
non configurarlo.
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rispetto al significato proprio del termine, l'eutanasia
è volontaria, ossia esplicitamente richiesta - se più di una volta e
in momenti differenti - e autorizzata dalla persona malata;
rispetto alle modalità di attuazione, si parla di eutanasia
attiva qualora la morte sia provocata in maniera diretta - ad
esempio con la somministrazione di sostanze tossiche ed eutanasia passiva qualora la morte sopraggiunga in via
indiretta, generalmente a seguito della sospensione delle cure
indispensabili a tenere in vita il malato;
nel caso non vi sia intervento diretto di terzi si parla
di suicidio assistito, forma di eutanasia che può essere
definita indiretta in quanto consiste nel fornire alla persona
richiedente i mezzi e le competenze necessarie a terminare la
propria vita nel modo più indolore possibile.
non si può definire eutanasia la cessazione delle cure dopo la
diagnosi di morte, in particolare dopo la diagnosi di morte cerebrale.
L'eutanasia
nell'antichità
La questione della correttezza morale della
somministrazione della morte è un tema
controverso fin dagli albori della medicina.
Nel Giuramento di Ippocrate (circa 420
a.C.) si legge: Non somministrerò ad
alcuno, neppure se richiesto, un
farmaco mortale, né suggerirò un
tale consiglio; similmente a nessuna
donna io darò un medicinale
abortivo.
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Nella Bibbia non si trovano riferimenti espliciti
alla pratica dell'eutanasia in quanto tale, poiché
non praticata negli ambienti semitici ove la
Scrittura è nata. Le posizioni etiche attuali,
ispirate dalla Bibbia, poggiano sui principi di
inviolabilità della vita umana, sulla dignità di
ogni persona in quanto creata ad immagine e
somiglianza di Dio e sulla dignità ed il valore
salvifico della sofferenza liberamente accettata
ed offerta.
Le opinioni
dal punto di vista giuridico, morale e
religioso vi è chi tende a considerare
l'eutanasia attiva una fattispecie
assimilabile all'omicidio. Anche dal
punto di vista della deontologia medica
qualche complicazione concettuale sorge
dalla non semplice riconducibilità
dell'eutanasia attiva ai concetti fondanti
della medicina, diagnosi e terapia;
riguardo all'eutanasia passiva vi è chi pone in
evidenza la sostanziale diversità - nel modo
"naturale" con cui avviene la morte - rispetto
all'eutanasia attiva (bisogna anche aggiungere,
per completezza di trattazione, che molti
tendono a non considerare "eutanasia" quella
passiva, consistendo tale pratica - in gran parte
dei casi - solo nell'astensione a praticare terapie
nel pieno diritto - sancito dalla legge - da parte
del malato di rifiutarle);
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c'è una netta tendenza alla diversità di approccio
sull'argomento tra gli ambiti religioso e morale, da un
lato, e quello giuridico dall'altro. Le posizioni bioetiche
ufficiali della Chiesa Cattolica, ad esempio, esprimono
l'idea che non vi è alcuna distinzione tra eutanaia
passiva ed eutanasia attiva e che queste forme devono
essere considerate moralmente identiche. Al contrario
nella giurisprudenza e nel codice di deontologia
medica i due casi devono essere considerati in modo
nettamente diverso: la Legge, infatti, proibisce ad un
medico di compiere terapie senza il consenso del
paziente, quindi ulteriori limiti e divieti si possono porre
solo sull'eutanasia attiva, mentre non si può fare nulla
riguardo all'eutanasia passiva che di fatto può essere
"garantito" dai diritti del paziente
altrettanto condivisa - e, in talune forme, anche
recepita nella pratica giurisprudenziale e
giurisdizionale - appare la discriminante tra
persone che richiedano l'eutanasia in condizioni
di piena capacità di intendere e di
volere (indipendentemente dal fatto che abbiano
la possibilità materiale di attuare praticamente il
proposito, vedi il caso-Welby) rispetto a coloro
che si trovino in situazioni di incoscienza
irreversibile (coma, stato vegetativo persistente)
e, comunque, incapaci di esprimere qualsivoglia
volontà;
Comitato nazionale
per la bioetica

L'alimentazione e l'idratazione dei pazienti
in stato vegetativo persistente
(settembre 2005).
In questo documento (composto poco
dopo la morte di Terri Schiavo) la relazione
di maggioranza (2/3) descrive
la PEG (alimentazione e idratazione con
sondino) come non assimilabile al caso di
accanimento terapeutico
La Chiesa Cattolica
è contraria sia all'eutanasia che
all'accanimento terapeutico, mentre è
favorevole alle cure palliative, anche nel
caso in cui il ricorso ad esse possa avere
come effetto secondario il rendere più
breve la vita del paziente.
Principali limiti etico-giuridici
Il dovere di tutela della vita garantito dall’art 2
della Costituzione e dall’art 3 del codice
Deontologico,
 L’art. 579 CP e l’art 17 del CD vietano e
puniscono l’omicidio del consenziente,
 La coscienza del medico quale espressione della
sua autonomia, a garanzia dell’assistito stesso,
davanti alla sua scelta dichiarata di volere un
suicidio assistito,
 La difficoltà a valutare l’effettiva capacità di
intendere e di volere dell’assistito che richiede
l’eutanasia.
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